E decidetevi!
14-02-2011, 16:27Berlusconi, feste, ho una teoriaPermalinkNoi a questo punto non è che pretendiamo molto.
Non è che vogliamo che ci tiriate fuori dalla crisi - ok, è una crisi più grande di voi e di noi, si è capito.
Non è che pretendiamo che sappiate con chi va a letto B. stanotte - al limite, via, se poteste selezionare le tipe all'ingresso, sequestrare i videotelefonini, ecco, sarebbe una cosa ragionevole da parte vostra. Però non è che si può pretendere, eh.
Insomma, non è che pretendiamo moltissimo. Giusto i fondamentali, per esempio: tra un mese c'è una festa nazionale o no? Ce la fate a dircelo in settimana? Perché avremmo anche noi degli impegni, capite.
E sì, vabbe', capisco che è difficile, avevate soltanto... 150 anni di tempo per decidervi.
Non è che vogliamo che ci tiriate fuori dalla crisi - ok, è una crisi più grande di voi e di noi, si è capito.
Non è che pretendiamo che sappiate con chi va a letto B. stanotte - al limite, via, se poteste selezionare le tipe all'ingresso, sequestrare i videotelefonini, ecco, sarebbe una cosa ragionevole da parte vostra. Però non è che si può pretendere, eh.
Insomma, non è che pretendiamo moltissimo. Giusto i fondamentali, per esempio: tra un mese c'è una festa nazionale o no? Ce la fate a dircelo in settimana? Perché avremmo anche noi degli impegni, capite.
E sì, vabbe', capisco che è difficile, avevate soltanto... 150 anni di tempo per decidervi.
Il 17 marzo si fa festa o no? Chiediamocelo insieme sull'Unità, commentando qui.
Io non credo di avere particolari doti di leadership, e forse la maggior responsabilità che mi è toccata nella vita è stata gestire un piccolo gruppo scout di provincia, una cosa piuttosto alla buona, parecchi anni fa. Evidentemente non ero tagliato per farlo, eppure ricordo bene una cosa: persino nella nostra totale improvvisazione di ventenni, eravamo perfettamente in grado di offrire ai genitori dei nostri ragazzi il calendario delle attività e delle uscite con due, tre mesi di anticipo. Insomma, era il minimo: se non sai organizzare un calendario, non puoi gestire non dico una nazione, non dico un'azienda, ma nemmeno un gruppo parrocchiale.
Per questo motivo vorrei qui mettere tra parentesi tutta la questione della celebrazione risorgimentale e formulare una semplice, retorica domanda: considerato che oggi è il 14 febbraio (auguri a tutti i fidanzati, compresa la misteriosa ragazza di Silvio), è possibile che operai, funzionari, studenti, insegnanti, non sappiano ancora se tra un mese c'è una festa nazionale o no? Non siamo tutti opinionisti affascinati dal dibattito sulla necessità del centocinquantenario: siamo perlopiù persone normali; svolgiamo comunissime occupazioni, abbiamo scadenze da rispettare e alcune addirittura oltrepassano il fatidico 17 marzo: un giorno o un ponte tra un mese potrebbero fare la differenza. A questo punto non vogliamo necessariamente essere messi al corrente del parere di Bossi o della Marcegaglia o della Gelmini: vogliamo solo sapere se le scuole saranno chiuse o no; se gli uffici saranno chiusi o no; se quel giorno potremo andare in banca, o alle poste, se l'asilo di nostro figlio terrà aperto, perché insomma è di un giorno della nostra vita che si sta parlando; un giorno che in teoria ci appartiene, e non dovrebbe più dipendere dai capricci di un sovrano distratto e dei suoi litigiosi ciambellani.
Chi dice che un giorno di vacanza in più potrebbe avere funeste ripercussioni sul PILpotrebbe anche, in linea di massima, non avere tutti i torti. Certo, sarebbe bastata un'occhiata un po' più attenta al calendario per rendersi conto che quest'anno pasquetta cade il 25 aprile, e quindi di che vacanza in più stiamo parlando? Io sono tra i primi a ritenere che le feste primaverili siano un fattore di disordine (soprattutto le feste mobili); nel mio piccolo ho anche avanzato una proposta in merito. Avrei capito un serio invito a rimboccarmi le maniche: dopotutto siamo in crisi, anche se ci avete ripetuto per anni il contrario; non importa; ormai ci siamo e in qualche modo dovremo pure uscirne. Ma come si può lavorare serenamente senza avere davanti nemmeno il calendario degli impegni del mese prossimo? Cari leader leghisti, cari dirigenti di confindustria: pensate che l'incertezza di milioni di lavoratori non avrà essa pure qualche ripercussione sul PIL?
Quanto al governo, insomma: che razza di governo è, se l'uomo “del fare” non è nemmeno in grado di far rispettare un giorno di festa? Certo, qualche cosa può sfuggire anche al migliore statista, ma come si fa a farsi prendere alla sprovvista da una data che poteva essere prevista 150 anni fa? Come ammise lo stesso Gianni Letta in gennaio, alle celebrazioni del 17 marzo non saranno presenti capi di Stato stranieri semplicemente perché non c'è stato il tempo per invitarli. O doveva essere Sarkozy, doveva essere Angela Merkel a telefonare a Berlusconi sei mesi fa e chiedergli se facevamo qualcosa per il centocinquantenario della nascita della nostra nazione?
È un dettaglio tra tanti, d'accordo, e in questi mesi ce ne sono di più pittoreschi; però la leadership si misura anche da queste cose. Si poteva discutere sulla necessità di una festa una tantum: se ne poteva discutere anche per dieci, per venti mesi, in fondo il governo di centrodestra dal suo insediamento ha avuto tre anni per farlo. Ma a un certo punto si decide, e quel che si decide si fa. Punto. È semplicemente surreale che si continui a parlare di una cosa del genere a un mese di distanza. Se Berlusconi è momentaneamente distratto dalle sue vicende giudiziarie, i suoi uomini e le sue donne potrebbero fargli il favore di non contraddirsi a vicenda, di dare almeno l'impressione di un esecutivo compatto; perché non è poi una parola scelta a caso, “esecutivo”. Ma insomma non vi rendete conto di quanto risulti poco serio, poco autorevole, poco professionale, un governo che non sa ancora dirci cosa esattamente cosa faremo da qui a trenta giorni?
D'accordo, siete tutti parlamentari; ormai è da un anno che parlate di elezioni anticipate una settimana sì e l'altra pure. Probabilmente avete interiorizzato un senso di precarietà totale, probabilmente avete smesso da mesi di fare progetti più lunghi di due, o tre giorni. Alcuni di voi non sanno nemmeno in che gruppo parlamentare siederanno la settimana prossima. Che dirvi: il Paese, grazie al cielo, ha progetti a più lungo termine dei vostri. Anche chi quaggiù è precario, non lo è così tanto da ritenere il prossimo 17 marzo un traguardo remoto. No, probabilmente ha del lavoro da consegnare, un viaggio da fare, una riunione da organizzare. Non è per essere sgarbati, ma anche noi, senza essere capi di Stato, abbiamo un'agenda; se ci volete invitare a una festa, dovete farlo per tempo e con buona educazione. È il minimo per gestire non dico una nazione, non dico un un'azienda, ma anche solo un gruppo parrocchiale. Senza offese per le parrocchie, che a questo punto sono piene di gente pronta a governare il Paese (davvero, non potrebbero fare peggio di questi qui).http://leonardo.blogspot.com
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L'elefante più crudele
10-02-2011, 11:10giornalisti, Giuliano FerraraPermalinkHeautontimorumenos
"Non c'è reazionario più implacabile dell'innovatore fallito, non c'è nemico degli elefanti selvatici più crudele dell'elefante addomesticato" (Brecht, mi pare, su Galilei).
A volte ancora mi domando, ed è una domanza oziosa come tante altre: cos'è Giuliano Ferrara? Che forma avrebbe, Giuliano Ferrara, se lo si potesse togliere dai contenitori che ha riempito, dalle nicchie che ha trovato vuote?
Adesso, per esempio riempirà una mutanda – e sappiamo che la cosa umanamente gli costerà – non gli piace esibire le proprie nudità, soffrì sinceramente l'estate che le sue chiappe chiare finirono sui giornaletti. Ma adesso il capo ha bisogno di una mutanda e la mutanda gli toccherà riempire. Lo farà, ovviamente, contro qualcuno, in questo caso i perbenisti del Palasharp e della manifestazione di sabato prossimo. Le belle anime che non amano la vita, non amano i liberi scambi di sesso e soldi e poltrone. “Non abbiamo orrore dello scambio e del denaro, ci fa senso il vostro disgusto per la bigiotteria galante di Arcore”, e quindi tutti in mutande, hanno già aderito Sallusti e Iva Zanicchi, e Pietrangelo Buttafuoco “un po' il nostro Saviano”, peccato non ci sia Banfi, poteva essere il vostro Marlon Brando.
E sì, è lo stesso Ferrara che dopodomani magari si infilerà un cilicio e si digiunerà per espiare i peccati di una generazione di scopatori abortisti. O non lo sapete che il sesso “da quando ha smesso di giocare la sua libertà con le interdizioni della natura e della cultura, da quando si è stupidamente liberato e ha perso la sua aura casta e peccaminosa, è diventato sommamente ridicolo e sempre meno efficace rispetto allo scopo, che è di fare figli in giovane età coltivando attraverso il piacere la carità e l'amore di sé che sono l'essenza del genere umano e la sua anima razionale o spirituale”... Sì, va bene, ma che c'entra, un conto è la gente normale e meccanica che dovrebbe fare sesso esclusivamente per riprodursi (“Il preservativo, la pillola e l'aborto hanno trasferito il sesso in palestra, sostituendo il labirinto del piacere, se non il dono luminoso dell'amore, con il trade mill della fitness”), un conto è il capo, potrà ben disporre come vuole delle sue tartarughine, delle sue bustarelle, delle sue poltroncine di ministero? E se le scambia per un po' di sesso, vogliamo fare i moralisti? No, Ferrara oggi ha in orrore il moralismo. Ieri invece non gli dispiaceva. Cos'è cambiato.
Potremmo sostenere, con qualche ragione, che per Ferrara il moralismo è ok finché non riguarda Silvio Berlusconi. Ma è una cattiveria inutile, io ho il sospetto che a Ferrara non freghi molto nemmeno di Berlusconi – sì, è il suo capo, sì, Silvio paga – ma non è mai stato un problema di soldi, né di potere. Ferrara è stato anche ministro ma fisicamente non ha retto lo stress, e i grossi soldi li fece al tempo in cui in Rai si strappavano contratti miliardari. In un certo senso Ferrara è in pensione da più di dieci anni, il Foglio è uno di quei negozietti a perdere che aprivano le professoresse in pensione, le baby pensionate del servizio pubblico; l'investimento iniziale ce lo mette il marito, così la signora sta un po' fuori di casa mentre lui si porta dentro le escort. Questo per dire che Ferrara non è del manipolo di disperati che non hanno altra scelta che seguire Berlusconi fino alla fine. Non è nemmeno di quel gruppo di professionisti delusi, che salirono sul carro B sinceramente convinti di poter dare il loro apporto nella rivoluzione liberale, giornalisti avvocati economisti che che dopo una dozzina d'anni si ritrovano scavalcati da veline letterine meteorine, e la cosa li scandalizza. In realtà Ferrara potrebbe mollare il capo in qualsiasi momento; varie volte ha minacciato di farlo; qualche volta sembrava davvero che lo avesse fatto. Se alla fine non ci riesce mai, non è per fedeltà o per convenienza. È solo per far rabbia a noi.
Tutto qui? Sì, davvero, probabilmente è tutto qui. Ferrara è solo un calco in negativo delle nostre passioni. Nel novembre del 2001 – le ceneri del World Trade Center erano ancora calde – il movimento che aveva sperimentato la repressione di Genova sfilò per la prima volta a Roma contro la guerra di Bush. Nei mesi successivi ci sarebbero state altre oceaniche marce ad Assisi e di nuovo a Roma. Ferrara era a piazza del Popolo, con alcuni suoi amici e un po' di bandierine di Israele. Ma gliene è mai fregato veramente qualcosa di Israele, a Giuliano Ferrara? Non è la stella di David un po' come la mutanda, una cosa che ci agita davanti perché si è accorto che ci dà fastidio? Ai tempi in cui ci piaceva far sesso senza procreare, lui indossava il cilicio e ci esortava a smettere quella ginnastica impura. Ora, di fronte alla ginnastica un po' ossessiva di SB, ci riscopriamo un po' bacchettoni, e Ferrara è pronto a mettersi in mutande. Quindi alla fine cos'è il sesso per Ferrara? Non si sa, è una domanda inutile: non avendo alcuna forma, a Ferrara non resta che riempire quelle che trova, e sono sempre i calchi in negativo delle nostre. In fondo non ha senso neanche rimproverargli la scarsa coerenza, lui non fa che intonare il controcanto alla nostra. Antiabortista quando facevamo quadrato sulla 194; pro-life quando chiedevamo rispetto per la signora Englaro; clericale ateo tra gli anticlericali, sionista gentile tra gli antisionisti, libertino asessuato tra i bacchettoni, Ferrara in realtà è sempre in mezzo a noi. Non c'entra molto con la stampa di destra, quella vera, con Feltri Sallusti o perfino Signorini. In realtà il Foglio è la cosa più radical chic che si possa leggere nelle edicole italiane, solo che va letto in negativo.
In un romanzo per il resto non molto riuscito, Giancarlo De Cataldo immagina il disappunto di un opinionista di assalto ex comunista nei giorni della caduta di Craxi. “Attraversato il pensiero di aver commesso, nell'abbandonare il partito, una colossale castroneria, valutò i possibili esiti di un cambio di squadra. Poteva prendersi una mesata sabbatica, cominciare a limare i toni dei suoi editoriali, e poi lanciare in grande stile l'operazione riallineamento. “Ho sbagliato, compagni, non dovevo andarmene, eccomi qua, sono tornato”. I compagni erano abbastanza idioti da credere al pentimento. Ma anche anche abbastanza astiosi da fargliela pagare a caro prezzo. Dunque non aveva altra scelta che continuare a combattere”. È come se Ferrara continuasse a scontare, con gli anni, un errore di calcolo: qualsiasi cosa sarebbe stata meno umiliante di ammettere i suoi errori e tornare indietro. Qualsiasi cosa. E così, mentre Gianfranco Fini diventa un eroe della sinistra, Giuliano Ferrara si ritrova al Teatro del Verme in mutande, un autodafè che nessuno gli ha chiesto, l'ennesima umiliazione che si infligge da solo. Come quando tirò le uova su Benigni, non perché gli dispiacesse Benigni, ma tutti a sinistra lo amavano e in mezzo a tanta grigia unanimità ci voleva pure qualcuno nella parte del severo censore; Ferrara è così: se c'è bisogno del cattivo, del fariseo, del basso del melodramma, lui si sobbarca, senza risparmio: mette in gioco l'unico corpo che ha, ed è un corpo complicato, difficile da gestire. Mettersi in mutande gli costerà qualcosa, ma sa che ne vale la pena, che anche stavolta riuscirà a farci voltare la testa. Come fa a saperlo – è facile: ne soffrirà per primo lui, e lui non ha mai smesso di essere uno di noi. L'elefante più crudele di tutti.
"Non c'è reazionario più implacabile dell'innovatore fallito, non c'è nemico degli elefanti selvatici più crudele dell'elefante addomesticato" (Brecht, mi pare, su Galilei).
A volte ancora mi domando, ed è una domanza oziosa come tante altre: cos'è Giuliano Ferrara? Che forma avrebbe, Giuliano Ferrara, se lo si potesse togliere dai contenitori che ha riempito, dalle nicchie che ha trovato vuote?
Adesso, per esempio riempirà una mutanda – e sappiamo che la cosa umanamente gli costerà – non gli piace esibire le proprie nudità, soffrì sinceramente l'estate che le sue chiappe chiare finirono sui giornaletti. Ma adesso il capo ha bisogno di una mutanda e la mutanda gli toccherà riempire. Lo farà, ovviamente, contro qualcuno, in questo caso i perbenisti del Palasharp e della manifestazione di sabato prossimo. Le belle anime che non amano la vita, non amano i liberi scambi di sesso e soldi e poltrone. “Non abbiamo orrore dello scambio e del denaro, ci fa senso il vostro disgusto per la bigiotteria galante di Arcore”, e quindi tutti in mutande, hanno già aderito Sallusti e Iva Zanicchi, e Pietrangelo Buttafuoco “un po' il nostro Saviano”, peccato non ci sia Banfi, poteva essere il vostro Marlon Brando.
E sì, è lo stesso Ferrara che dopodomani magari si infilerà un cilicio e si digiunerà per espiare i peccati di una generazione di scopatori abortisti. O non lo sapete che il sesso “da quando ha smesso di giocare la sua libertà con le interdizioni della natura e della cultura, da quando si è stupidamente liberato e ha perso la sua aura casta e peccaminosa, è diventato sommamente ridicolo e sempre meno efficace rispetto allo scopo, che è di fare figli in giovane età coltivando attraverso il piacere la carità e l'amore di sé che sono l'essenza del genere umano e la sua anima razionale o spirituale”... Sì, va bene, ma che c'entra, un conto è la gente normale e meccanica che dovrebbe fare sesso esclusivamente per riprodursi (“Il preservativo, la pillola e l'aborto hanno trasferito il sesso in palestra, sostituendo il labirinto del piacere, se non il dono luminoso dell'amore, con il trade mill della fitness”), un conto è il capo, potrà ben disporre come vuole delle sue tartarughine, delle sue bustarelle, delle sue poltroncine di ministero? E se le scambia per un po' di sesso, vogliamo fare i moralisti? No, Ferrara oggi ha in orrore il moralismo. Ieri invece non gli dispiaceva. Cos'è cambiato.
Potremmo sostenere, con qualche ragione, che per Ferrara il moralismo è ok finché non riguarda Silvio Berlusconi. Ma è una cattiveria inutile, io ho il sospetto che a Ferrara non freghi molto nemmeno di Berlusconi – sì, è il suo capo, sì, Silvio paga – ma non è mai stato un problema di soldi, né di potere. Ferrara è stato anche ministro ma fisicamente non ha retto lo stress, e i grossi soldi li fece al tempo in cui in Rai si strappavano contratti miliardari. In un certo senso Ferrara è in pensione da più di dieci anni, il Foglio è uno di quei negozietti a perdere che aprivano le professoresse in pensione, le baby pensionate del servizio pubblico; l'investimento iniziale ce lo mette il marito, così la signora sta un po' fuori di casa mentre lui si porta dentro le escort. Questo per dire che Ferrara non è del manipolo di disperati che non hanno altra scelta che seguire Berlusconi fino alla fine. Non è nemmeno di quel gruppo di professionisti delusi, che salirono sul carro B sinceramente convinti di poter dare il loro apporto nella rivoluzione liberale, giornalisti avvocati economisti che che dopo una dozzina d'anni si ritrovano scavalcati da veline letterine meteorine, e la cosa li scandalizza. In realtà Ferrara potrebbe mollare il capo in qualsiasi momento; varie volte ha minacciato di farlo; qualche volta sembrava davvero che lo avesse fatto. Se alla fine non ci riesce mai, non è per fedeltà o per convenienza. È solo per far rabbia a noi.
Tutto qui? Sì, davvero, probabilmente è tutto qui. Ferrara è solo un calco in negativo delle nostre passioni. Nel novembre del 2001 – le ceneri del World Trade Center erano ancora calde – il movimento che aveva sperimentato la repressione di Genova sfilò per la prima volta a Roma contro la guerra di Bush. Nei mesi successivi ci sarebbero state altre oceaniche marce ad Assisi e di nuovo a Roma. Ferrara era a piazza del Popolo, con alcuni suoi amici e un po' di bandierine di Israele. Ma gliene è mai fregato veramente qualcosa di Israele, a Giuliano Ferrara? Non è la stella di David un po' come la mutanda, una cosa che ci agita davanti perché si è accorto che ci dà fastidio? Ai tempi in cui ci piaceva far sesso senza procreare, lui indossava il cilicio e ci esortava a smettere quella ginnastica impura. Ora, di fronte alla ginnastica un po' ossessiva di SB, ci riscopriamo un po' bacchettoni, e Ferrara è pronto a mettersi in mutande. Quindi alla fine cos'è il sesso per Ferrara? Non si sa, è una domanda inutile: non avendo alcuna forma, a Ferrara non resta che riempire quelle che trova, e sono sempre i calchi in negativo delle nostre. In fondo non ha senso neanche rimproverargli la scarsa coerenza, lui non fa che intonare il controcanto alla nostra. Antiabortista quando facevamo quadrato sulla 194; pro-life quando chiedevamo rispetto per la signora Englaro; clericale ateo tra gli anticlericali, sionista gentile tra gli antisionisti, libertino asessuato tra i bacchettoni, Ferrara in realtà è sempre in mezzo a noi. Non c'entra molto con la stampa di destra, quella vera, con Feltri Sallusti o perfino Signorini. In realtà il Foglio è la cosa più radical chic che si possa leggere nelle edicole italiane, solo che va letto in negativo.
In un romanzo per il resto non molto riuscito, Giancarlo De Cataldo immagina il disappunto di un opinionista di assalto ex comunista nei giorni della caduta di Craxi. “Attraversato il pensiero di aver commesso, nell'abbandonare il partito, una colossale castroneria, valutò i possibili esiti di un cambio di squadra. Poteva prendersi una mesata sabbatica, cominciare a limare i toni dei suoi editoriali, e poi lanciare in grande stile l'operazione riallineamento. “Ho sbagliato, compagni, non dovevo andarmene, eccomi qua, sono tornato”. I compagni erano abbastanza idioti da credere al pentimento. Ma anche anche abbastanza astiosi da fargliela pagare a caro prezzo. Dunque non aveva altra scelta che continuare a combattere”. È come se Ferrara continuasse a scontare, con gli anni, un errore di calcolo: qualsiasi cosa sarebbe stata meno umiliante di ammettere i suoi errori e tornare indietro. Qualsiasi cosa. E così, mentre Gianfranco Fini diventa un eroe della sinistra, Giuliano Ferrara si ritrova al Teatro del Verme in mutande, un autodafè che nessuno gli ha chiesto, l'ennesima umiliazione che si infligge da solo. Come quando tirò le uova su Benigni, non perché gli dispiacesse Benigni, ma tutti a sinistra lo amavano e in mezzo a tanta grigia unanimità ci voleva pure qualcuno nella parte del severo censore; Ferrara è così: se c'è bisogno del cattivo, del fariseo, del basso del melodramma, lui si sobbarca, senza risparmio: mette in gioco l'unico corpo che ha, ed è un corpo complicato, difficile da gestire. Mettersi in mutande gli costerà qualcosa, ma sa che ne vale la pena, che anche stavolta riuscirà a farci voltare la testa. Come fa a saperlo – è facile: ne soffrirà per primo lui, e lui non ha mai smesso di essere uno di noi. L'elefante più crudele di tutti.
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Fido e Tiziana
09-02-2011, 02:59cattiva politica, razzismiPermalinkFido e Tiziana Maiolo: due carriere a confronto
Nel 1992 Tiziana Maiolo è eletta alla Camera dei Deputati nella lista di Rifondazione Comunista, come indipendente. Nello stesso anno Fido è un cucciolo che vuole bene al suo padrone.
Nel 1994 Tiziana Maiolo è eletta alla Camera dei Deputati nella lista di Forza Italia. Nello stesso periodo Fido continua a voler bene al suo padrone.
Nel 2010 Tiziana Maiolo, eletta nella lista del PDL, passa a Futuro e Libertà. Fido, un po' malconcio, non ha smesso di voler bene al suo padrone.
Io se fossi in Berlusconi alla prossima tornata metterei in lista Fido. Senz'altro più facile da addestrare di Tiziana Maiolo.
Nel 1992 Tiziana Maiolo è eletta alla Camera dei Deputati nella lista di Rifondazione Comunista, come indipendente. Nello stesso anno Fido è un cucciolo che vuole bene al suo padrone.
Nel 1994 Tiziana Maiolo è eletta alla Camera dei Deputati nella lista di Forza Italia. Nello stesso periodo Fido continua a voler bene al suo padrone.
Nel 2010 Tiziana Maiolo, eletta nella lista del PDL, passa a Futuro e Libertà. Fido, un po' malconcio, non ha smesso di voler bene al suo padrone.
Io se fossi in Berlusconi alla prossima tornata metterei in lista Fido. Senz'altro più facile da addestrare di Tiziana Maiolo.
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Il peggio di Leonardo 2010 (2)
08-02-2011, 11:29autoreferenziali, essere donna oggi, greatest postsPermalinkQuello che sto facendo, disse il vecchio, è una cosa sommamente reazionaria. Parlare di contatori, di accessi, nel 2011! Molti lo hanno addirittura tolto, il contatore, o finto di. A un certo punto – più o meno verso il 2005, quando gli accessi hanno smesso di crescere in modo rettilineo – ci siamo convinti che i dati dei contatori non fossero attendibili, o comunque interessanti. L'unico modo di valutare l'importanza di un blog era il ranking, e siccome quallo lo decideva google senza spiegarci il perché, e non c'era insomma modo di specularci su – abbiamo iniziato a sviluppare ranking alternativi, classifiche basate sui link. Più uno era linkato, più era importante. Notate che essere i più linkati non significa necessariamente essere i più letti: i tumblr per esempio non fanno che linkarsi, ma portano pochi accessi; per contro ci possono essere personaggi più o meno sconosciuti fuori dalla loro cerchia che hanno comunque accumulato zoccoli duri di migliaia di lettori. Ma questo era abbastanza irrilevante. Stare in classifica significava semplicemente essere al centro della nuvola. Poi però secondo me la nuvola si è dissolta, oppure è entrata in un'altra nuvola più grande, insomma, la butto lì, ma secondo me da facebook in poi le classifiche hanno smesso di avere senso. Non segnalano più il vero traffico, che oggi passa per i social network ed è oggettivamente molto più difficile da tracciare. Ma insomma, il mio pezzo più linkato su blogbabel risale al 2007, votate Rosy Bindi alle primarie del PD, rendetevi conto. È possibile che non abbia più scritto nulla di altrettanto interessante? Voglio dire che l'altra sera, mentre mi addormentavo, ho scritto un pezzo praticamente con un occhio solo, mi è uscito un po' approssimativo, ebbene, nel giro di due giorni quel pezzo ha totalizzato più di tremila accessi, se fossimo ancora nel 2010 sarebbe a metà di questa classifica, e stavolta non è neanche servito facebook, sapete cos'è successo? L'ha linkato Ok No Virgilio, esatto, esiste ancora, e se ti trova qualcosa d'interessante ti manda tremila accessi in due giorni. Ma le classifiche non se ne accorgono. Ma a questo punto vale la pena, mi chiedo, accorgersi delle classifiche? Ci rispondiamo da soli: abbiamo smesso di leggerle, piuttosto andiamo su friendfeed a contare i like. Comunque secondo Google Analytics i cinque pezzi più letti del 2010 sono i seguenti:
5. Cattiva Giovanna
Io non ho cambiato idea: lo spot è divertente e autoparodico, e non offende il corpo delle donne più di quanto non prenda per il culo il desiderio maschile (le donne dello spot sono vestite, brave a verniciare, fanno tutto loro, il maschio è un pirla guardone). Però probabilmente in luglio non avevo idea della posta in gioco. Insomma, c'è una guerra, là fuori, e gli spot beceri sono campi di battaglia. Poi un bel giorno arrivo io, pretendo di fare il solito pezzo semiologo un tanto al chilo, fenomenologia del fernovus + abbasso qualsiasi censura, e scoppia il casino. Lì si è vista la potenza di facebook, perché un certo pubblico qui non c'era mai arrivato. Hanno lasciato cose fantastiche, una mi ha scritto che le donne non fanno più le serve, al sud ce ne sono che portano i camion. Mi hanno detto che non potevo costringerle a vedere questo spot – in effetti no, non posso e nemmeno ci tengo, ma forse vi sfugge il problema: al massimo siete voi che avete costretto me a non vederlo più in tv. Va bene, ho sbagliato, volevo far salotto nel bel mezzo di una guerra. Del resto avete ragione, tutti questi culi e queste tette sono una vergogna – però spiegatemi perché Brava Giovanna siete riuscite a rimuoverla mentre il sedere di Belem è rimasto sodissimo al suo posto. Ah, no, pare che lo stiano togliendo. Ok, state vincendo, mi arrendo.
4. Uno, cento, mille Cossiga
Non si sa mai cosa può decidere il successo di un pezzo, ma in generale non è quasi mai quello che c'è scritto sopra. Certe volte è il titolo. In questo caso piuttosto le foto. In margine a un articolo tutto sommato sensato in cui si ipotizzava la presenza di infiltrati alle manifestazioni studentesche, le foto di un manifestante ragazzino che durante gli scontri di Milano sembrava collaborare con la polizia, foto che anche grazie a questo sito hanno fatto il giro d'Italia. Di solito non cancello gli errori che faccio, mi sembra giusto che finiscano nell'archivio anche loro. In questo caso le foto le ho tolte, perché mi è sembrato che danneggiassero il messaggio. Si è saputo che quel ragazzo non era un infiltrato, ma appunto, il pezzo diceva che chiunque può essere infiltrato senza volerlo: basta fare esattamente la cazzata che si aspettano che tu faccia. Cossiga insegna, dobbiamo esser fessi per non voler imparare.
3. Nella polvere ci ritroveremo
In gergo si chiama OS war. Scrivere un pezzo anti-Apple, o filo-Apple (ma funzionano meglio i primi). Come sparare ai pesci in un barile, salvo che i pesci fanno un po' pietà, i fanboy Apple no, nessuna. Diciamo che è troppo facile così, diciamo che a ogni blog è concesso scrivere un pezzo del genere una volta ogni cinque, vah, dieci anni. È una promessa. NdB da un anno a questa parte ho rotto solo un laptop e un disco mobile.
2. Alle mie quotidiane verginelle
Pezzo di berlusconologia emotiva. Ve l'ho detto, questa roba invecchia in fretta, ma se la scrivi al momento giusto è irresistibile. È buffo, a distanza di mesi è difficile ricordarsi di cosa si trattasse – dunque, il PdL era stato escluso dalle elezioni della regione Lazio per un problema di timbri, ed era partita tutta una mobilitazione stile Repubblica, Noi Non Ci Stiamo, Noi Abbiamo Sempre Avuto Tutti I Timbri In Regola (che posso dirvi, beati voi), Fotografiamoci con il nostro certificato del catasto in ordine. Insomma, si sentiva nell'aria la necessità di un pezzo cinico. Questo è stato anche segnalato dal New York Times, che deve avere un algoritmo strano; ho persino provato a tradurlo, non so se ci sono riuscito.
1. Eliminato
In un anno in cui ci hanno lasciato, tra gli altri, Beniamino Placido, Raimondo Vianello e Sandra Mondaini, Edoardo Sanguineti, Bekim Fehmiu, Lelio Luttazzi, Cossiga, Monicelli, Bearzot, l'unico coccodrillo a finire nella top 10 (ma al primo posto) è quello su Pietro Taricone. Anche in questo caso il titolo ha fatto discutere, per via del cinismo. Ecco, vorrei dire che a volte io faccio tutto il possibile per sembrare cinico, ma stavolta mi è venuto spontaneo, non me ne ero assolutamente reso conto. Il titolo l'ho trovato alla fine, era la conclusione di un ragionamento che stavo facendo: il vero show Taricone lo ha giocato dal 2001 in poi, quando uscito dalla casa ha smesso di “essere sé stesso” per cercare di diventare qualcosa di migliore. Ogni tanto ci capitava di ritrovarlo, al tv, o al cinema, e in generale si faceva il tifo per lui, sembrava che potesse farcela. E poi un giorno ha smesso di esserci, di colpo; e la cosa mi fa ancora, se ci penso, una certa impressione. Eliminato. Non volevo offendere nessuno, non mi pare ci sia niente di male nel prendere la vita come un gioco. Mi sembra perfino una bella epigrafe, “eliminato”, personalmente non la vorrei sulla mia tomba, ma solo perché non sento di meritarmela: mi sembra piuttosto (soprattutto se mi confronto con uno come Taricone) di essere un panchinaro storico. Fine della top10.
Non trovate che manchi qualcosa?
Io sì. I pezzi belli. Ecco, tra i dieci più letti, o segnalati, o visitati, non ce n'è nessuno che avrei votato io. Sembra proprio che abbiamo gusti diversi: a me piacciono i raccontini, ai lettori le parolacce. Veniamo a un compromesso: raccontini con più parolacce? Non so, ditemi voi.
5. Cattiva Giovanna
Io non ho cambiato idea: lo spot è divertente e autoparodico, e non offende il corpo delle donne più di quanto non prenda per il culo il desiderio maschile (le donne dello spot sono vestite, brave a verniciare, fanno tutto loro, il maschio è un pirla guardone). Però probabilmente in luglio non avevo idea della posta in gioco. Insomma, c'è una guerra, là fuori, e gli spot beceri sono campi di battaglia. Poi un bel giorno arrivo io, pretendo di fare il solito pezzo semiologo un tanto al chilo, fenomenologia del fernovus + abbasso qualsiasi censura, e scoppia il casino. Lì si è vista la potenza di facebook, perché un certo pubblico qui non c'era mai arrivato. Hanno lasciato cose fantastiche, una mi ha scritto che le donne non fanno più le serve, al sud ce ne sono che portano i camion. Mi hanno detto che non potevo costringerle a vedere questo spot – in effetti no, non posso e nemmeno ci tengo, ma forse vi sfugge il problema: al massimo siete voi che avete costretto me a non vederlo più in tv. Va bene, ho sbagliato, volevo far salotto nel bel mezzo di una guerra. Del resto avete ragione, tutti questi culi e queste tette sono una vergogna – però spiegatemi perché Brava Giovanna siete riuscite a rimuoverla mentre il sedere di Belem è rimasto sodissimo al suo posto. Ah, no, pare che lo stiano togliendo. Ok, state vincendo, mi arrendo.
4. Uno, cento, mille Cossiga
Non si sa mai cosa può decidere il successo di un pezzo, ma in generale non è quasi mai quello che c'è scritto sopra. Certe volte è il titolo. In questo caso piuttosto le foto. In margine a un articolo tutto sommato sensato in cui si ipotizzava la presenza di infiltrati alle manifestazioni studentesche, le foto di un manifestante ragazzino che durante gli scontri di Milano sembrava collaborare con la polizia, foto che anche grazie a questo sito hanno fatto il giro d'Italia. Di solito non cancello gli errori che faccio, mi sembra giusto che finiscano nell'archivio anche loro. In questo caso le foto le ho tolte, perché mi è sembrato che danneggiassero il messaggio. Si è saputo che quel ragazzo non era un infiltrato, ma appunto, il pezzo diceva che chiunque può essere infiltrato senza volerlo: basta fare esattamente la cazzata che si aspettano che tu faccia. Cossiga insegna, dobbiamo esser fessi per non voler imparare.
3. Nella polvere ci ritroveremo
In gergo si chiama OS war. Scrivere un pezzo anti-Apple, o filo-Apple (ma funzionano meglio i primi). Come sparare ai pesci in un barile, salvo che i pesci fanno un po' pietà, i fanboy Apple no, nessuna. Diciamo che è troppo facile così, diciamo che a ogni blog è concesso scrivere un pezzo del genere una volta ogni cinque, vah, dieci anni. È una promessa. NdB da un anno a questa parte ho rotto solo un laptop e un disco mobile.
2. Alle mie quotidiane verginelle
Pezzo di berlusconologia emotiva. Ve l'ho detto, questa roba invecchia in fretta, ma se la scrivi al momento giusto è irresistibile. È buffo, a distanza di mesi è difficile ricordarsi di cosa si trattasse – dunque, il PdL era stato escluso dalle elezioni della regione Lazio per un problema di timbri, ed era partita tutta una mobilitazione stile Repubblica, Noi Non Ci Stiamo, Noi Abbiamo Sempre Avuto Tutti I Timbri In Regola (che posso dirvi, beati voi), Fotografiamoci con il nostro certificato del catasto in ordine. Insomma, si sentiva nell'aria la necessità di un pezzo cinico. Questo è stato anche segnalato dal New York Times, che deve avere un algoritmo strano; ho persino provato a tradurlo, non so se ci sono riuscito.
1. Eliminato
In un anno in cui ci hanno lasciato, tra gli altri, Beniamino Placido, Raimondo Vianello e Sandra Mondaini, Edoardo Sanguineti, Bekim Fehmiu, Lelio Luttazzi, Cossiga, Monicelli, Bearzot, l'unico coccodrillo a finire nella top 10 (ma al primo posto) è quello su Pietro Taricone. Anche in questo caso il titolo ha fatto discutere, per via del cinismo. Ecco, vorrei dire che a volte io faccio tutto il possibile per sembrare cinico, ma stavolta mi è venuto spontaneo, non me ne ero assolutamente reso conto. Il titolo l'ho trovato alla fine, era la conclusione di un ragionamento che stavo facendo: il vero show Taricone lo ha giocato dal 2001 in poi, quando uscito dalla casa ha smesso di “essere sé stesso” per cercare di diventare qualcosa di migliore. Ogni tanto ci capitava di ritrovarlo, al tv, o al cinema, e in generale si faceva il tifo per lui, sembrava che potesse farcela. E poi un giorno ha smesso di esserci, di colpo; e la cosa mi fa ancora, se ci penso, una certa impressione. Eliminato. Non volevo offendere nessuno, non mi pare ci sia niente di male nel prendere la vita come un gioco. Mi sembra perfino una bella epigrafe, “eliminato”, personalmente non la vorrei sulla mia tomba, ma solo perché non sento di meritarmela: mi sembra piuttosto (soprattutto se mi confronto con uno come Taricone) di essere un panchinaro storico. Fine della top10.
Non trovate che manchi qualcosa?
Io sì. I pezzi belli. Ecco, tra i dieci più letti, o segnalati, o visitati, non ce n'è nessuno che avrei votato io. Sembra proprio che abbiamo gusti diversi: a me piacciono i raccontini, ai lettori le parolacce. Veniamo a un compromesso: raccontini con più parolacce? Non so, ditemi voi.
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Ricordare stanca?
07-02-2011, 12:15ho una teoria, memoria del 900, razzismi, scuolaPermalink
Stavo per scordarmi. La classe ariana per un giorno è on line sull'Unita.it e si commenta qui.
“Collega, devo chiederti un favore. Tu insegni nel corso Z, vero?”
(È un racconto di invenzione, non esiste nessuna terza zeta, qualsiasi riferimento alle scuole dell'obbligo dei vostri figli è assolutamente casuale).
“Collega, devo chiederti un favore. Tu insegni nel corso Z, vero?”
“Certo”.
“Senti, devi darmi una mano per la Giornata della memoria, perché non ne posso più. Tu quest'anno cos'hai fatto?”
“Il 27 gennaio? Mah, di solito cerco di proiettare un film, sai, una lettura di Primo Levi, le solite cose...”
“Ecco, appunto, io dopo dieci anni di La vita è bella non ne posso più, mi esce dalle occhi”.
“Ecco, appunto, io dopo dieci anni di La vita è bella non ne posso più, mi esce dalle occhi”.
“Vabbe', ma scusa, è come se la prof di matematica si stancasse del teorema di Pitagora”.
“Guarda, non so come funzioni con Pitagora, ma Auschwitz dopo un po'... non hai letto De Bortoli sul Corriere? Ricordare stanca”.
“Va bene, e quindi? Cosa vorresti fare?”
“Ecco, io stavo pensando di fare qualcosa di coinvolgerli di più, i miei ragazzi... per esempio, so che in una scuola da qualche parte hanno osservato per un giorno le leggi razziali”.
“Le leggi razziali?”
“Ma sì, funziona più o meno così: la prof entra in classe e legge una circolare che impone di separare gli alunni ariani dai semiti, e poi si osserva come reagiscono. Che ne pensi?”
“Guarda, non è una brutta idea”.
“Ecco, però per realizzarla mi servi tu”.
“Io?”
“Ma sì, perché io di alunni semiti nel corso A non ne ho proprio, capisci”.
“Perché invece io?”
“Ma figurati se non ne hai, scusa... tutti i marocchini e i tunisini, sono semiti anche loro”.
“Ah sì?”
“Per la Bibbia sì. Per non parlare dei camiti, le leggi razziali parlavano anche di loro...”
“Perché i camiti chi sarebbero, scusa?”
“I neri”.
“Ah, allora sì, ho due senegalesi un ghanese e una nigeriana. Invece di semiti ho tre marocchini, un'egiziana e... gli albanesi contano?”
“Non saprei".
"Altrimenti ho due rom".
"Gli zingari sono perfetti. Vedi? Ne hai fin troppi, prestamene un po'”.
"Altrimenti ho due rom".
"Gli zingari sono perfetti. Vedi? Ne hai fin troppi, prestamene un po'”.
“Per la giornata della memoria?”
“No, facciamo per una settimana... così prima si ambientano in classe, e poi il ventisette arrivo, leggo la circolare e li metto nell'ultima fila... una cosa così”.
“Senti, però, scusa, io capisco il realismo e tutto quanto, ma non ce l'hai nella tua classe un altro studente di una minoranza? Anche se non è africano, voglio dire, è il pensiero che conta...”
“Ho il figlio di un dentista ungherese, è biondo con le lentiggini, dai, non è la stessa cosa. E poi se suo padre non la prende bene finisce che ci denuncia”.
“Ma scusa, e il cinese? Io l'avevo pur visto un cinese nella vostra classe...”
“Ah, sì, poverino... l'avevano messo da noi perché si era iscritto all'ultimo momento... ma non spiccicava una parola e stava sempre nell'ultimo banco...”
“E che fine ha fatto?”
“Ecco, non si sa bene. È scomparso”.
“Come scomparso”.
“Ma infatti in segreteria stanno telefonando, solo che non trovano nessuno che parli italiano... del resto si sa come sono i cinesi”.
“Ma non è vero, io ne ho due, vengono sempre, in bicicletta, con la pioggia e col sereno”.
“Ma sì, ma che c'entra... la tua è una classe multietnica, si trovano meglio... invece in A, sai com'è, tutti bianchi...”
“Ecco, ma infatti, appunto, com'è questa storia? Che io ho quindici stranieri in classe e tu solo uno? La Gelmini non aveva promesso che...”
“Ma sì, la storia della quota. Non se ne sente più molto parlare, ma avrebbe dovuto cominciare lo scorso settembre con le prime elementari... e comunque riguarderebbe soltanto i bambini non nati in Italia, invece scommetto che molti dei tuoi risultano nati qui”.
“Sì, ma che vuol dire, molti di loro fan fatica lo stesso”.
“Però dai, è un ambiente molto stimolante”.
“È faticoso, e siamo sempre indietro col programma... Ma scusa, non potevano dividerli in parti uguali quando hanno fatto le prime? Se ne potevano mettere quattro o cinque in ogni classe, avremmo lavorato tutti meglio e tu avresti i tuoi studenti semiti”.
“Ma lo sai che il corso A è quello di tedesco, no?”
“E che c'entra tedesco, scusa, è la seconda lingua, cosa cambia se fanno due ore di tedesco alla settimana?”
“Cambia tutto, perché i genitori fanno la fila per iscrivere i figli”.
“E i figli degli stranieri vengono esclusi?”
“Ma no, non capisci? Non c'è nessun bisogno di escluderli – infatti per esempio il dentista ungherese ha iscritto suo figlio a tedesco. Ma i genitori degli africani semplicemente non sono informati. Oppure pensano che sarà una classe più difficile e preferiscono iscrivere il figlio al corso Z. È una specie di selezione naturale, capisci”.
“Così nella mia classe ci sono quindici alunni semiti o camiti”.
“Sì”.
“E nella tua neanche uno. Mi ricorda qualcosa”.
“Adesso però non fare il polemico, eh. Se non facessimo così molti genitori iscriverebbero i figli altrove. E se perdessimo delle cattedre, indovina qual è la prima che cade”.
“La Z”.
“Bravo. Allora, mi aiuti o no? Potremmo fare così... tu mi presti quattro studenti semiti e io...”
“E tu mi presti cinque studenti biondi e ariani che parlano tedesco! Ci sto. Sarà una grandissima giornata della memoria. Oppure... senti, ho un'altra idea. Perché non andiamo a vedere il campo di concentramento?”
“Ma è un viaggio lungo, e poi quando arrivi non è che ci sia molto da vedere...”
“Sì, però senti questa: ci andiamo con un treno speciale, chiudiamo la mia classe in un vagone merci e i tuoi ragazzi ogni tanto li sciacquano con la pompa dell'acqua! Urlando in tedesco!Achtung Juden! O qualcosa del genere. Sanno dire Achtung Juden?”
“Sei sempre il solito”.
“Secondo me stanno imparando”.
“È impossibile lavorare con te, non sei mai serio”.
“No, ma scusa eh, passiamo il tempo a ricordare una legge che ha funzionato soltanto per una manciata di anni dopo il '38, e nel frattempo quanti anni sono che discriminiamo i ragazzi nelle nostre classi? Ho una teoria. Secondo me...”
“Uff, le tue teorie”.
Ma quest'Africa, poi, dove sta?
04-02-2011, 19:46essere donna oggi, medio oriente, rivoluzioni, VeltroniPermalinkProfessione Disastro
Quello che è riuscito a fare Walter Veltroni nelle ultime settimane è incredibile. Stupefacente anche per chi pensava di conoscerlo un po', Walter Veltroni; di essersi assuefatto, a Walter Veltroni. No. Veltroni ha questo, che riesce a essere sé stesso e a stupirti lo stesso sempre.
Vogliamo riassumere? Due settimane fa - Silvio Berlusconi era già discretamente a mollo nelle sue stesse secrezioni - Veltroni pensò bene di convocare un'adunata della sua corrente, un Lingotto Due dove lanciò, tra le altre, l'idea fantastica di una patrimoniale. Fantastica, sì, peccato che la presentò in un modo per cui praticamente la dovremmo pagare un po' tutti, la patrimoniale di Veltroni. A questo punto, ed è un'incredibile coincidenza, no? Un vecchio amico di Veltroni, praticamente uno di famiglia, Giuliano Ferrara, si è scrollato di dosso la polvere clericale che si era accumulata in anni di abbandono, ed è tornato a contare qualcosa nello staff berlusconiano. Esempio commovente di topo che non abbandona la nave che affonda, Ferrara ha scritto per conto di Berlusconi una commovente letterina in cui scongiura Bersani di non fare la patrimoniale. Bel colpo, no? Bersani (che ovviamente ha dovuto respingere la proposta) si è ritrovato cucito addosso una patrimoniale che non era nel programma del PD. La ha anche sconfessata pubblicamente a Ballarò - troppo tardi, tra un po' si va a votare e il PD sarà presentato come il partito che vuole carotare tutti gli italiani con una casa di proprietà. Tutto questo dimostra che Ferrara non è ancora un vecchio arnese, e poi? Che altro dimostra? Ah, sì. Che Veltroni è... Veltroni. Ma si può essere più disastrosi di Walter Veltroni? Si può fare? Qualcuno può superarlo?
Ma certo che si può. Veltroni stesso, ad esempio: lui può. Non c'è limite. No limits. Ieri è morta la dolce Maria Schneider, e voi direte vabbe' che c'entra. Cosa vuoi che c'entri. Assolutamente nulla, uff questi blog che saltano dal palo alla frasca. Sì, ma aspettate. Vi ricordate, vero, che Veltroni è uno studioso di cinema? Che ne conosce a mucchi, di cinema? Che scriveva le trame dei film in tv per il Venerdì, nello stesso periodo in cui faceva non so se il Ministro alla cultura o il Vicepremier o il segretario dei DS al minimo storico o tutte e tre le cose? Ebbene, Veltroni ha voluto scrivere il coccodrillo per Maria Schneider. Bene: è un esperto, scriverà cose belle su di lei. Bof. Cinque righe, non molto originali, senza un solo apprezzamento per le sue qualità di attrice.
No, ma sul serio? Quindi insomma Walter "Vado-in-Africa" Veltroni non ha la minima idea di quello che sta succedendo al Cairo? E ci tiene comunque a dircelo? A lanciare il suo messaggino di ignoranza benpensante ad usum del lettore della Stampa, affinché tutti noi possiamo, domani, al bar, sentire più forte e chiaro il tizio che Signora mia, se va via Mubarak quelli metteranno le donne sottochiave? Roba che neanche Christian Rocca, ormai?
Via Lia, allego una gallery di foto di donne che stanno manifestando al Cairo. Adesso. Si trovano su Internet, una rete di condivisione delle informazioni di cui forse Veltroni non ha sentito ancora parlare. Va bene, non importa, è ancora un giovane, diamogli tempo, ne abbiamo così tanto.
Quello che è riuscito a fare Walter Veltroni nelle ultime settimane è incredibile. Stupefacente anche per chi pensava di conoscerlo un po', Walter Veltroni; di essersi assuefatto, a Walter Veltroni. No. Veltroni ha questo, che riesce a essere sé stesso e a stupirti lo stesso sempre.
Vogliamo riassumere? Due settimane fa - Silvio Berlusconi era già discretamente a mollo nelle sue stesse secrezioni - Veltroni pensò bene di convocare un'adunata della sua corrente, un Lingotto Due dove lanciò, tra le altre, l'idea fantastica di una patrimoniale. Fantastica, sì, peccato che la presentò in un modo per cui praticamente la dovremmo pagare un po' tutti, la patrimoniale di Veltroni. A questo punto, ed è un'incredibile coincidenza, no? Un vecchio amico di Veltroni, praticamente uno di famiglia, Giuliano Ferrara, si è scrollato di dosso la polvere clericale che si era accumulata in anni di abbandono, ed è tornato a contare qualcosa nello staff berlusconiano. Esempio commovente di topo che non abbandona la nave che affonda, Ferrara ha scritto per conto di Berlusconi una commovente letterina in cui scongiura Bersani di non fare la patrimoniale. Bel colpo, no? Bersani (che ovviamente ha dovuto respingere la proposta) si è ritrovato cucito addosso una patrimoniale che non era nel programma del PD. La ha anche sconfessata pubblicamente a Ballarò - troppo tardi, tra un po' si va a votare e il PD sarà presentato come il partito che vuole carotare tutti gli italiani con una casa di proprietà. Tutto questo dimostra che Ferrara non è ancora un vecchio arnese, e poi? Che altro dimostra? Ah, sì. Che Veltroni è... Veltroni. Ma si può essere più disastrosi di Walter Veltroni? Si può fare? Qualcuno può superarlo?
Ma certo che si può. Veltroni stesso, ad esempio: lui può. Non c'è limite. No limits. Ieri è morta la dolce Maria Schneider, e voi direte vabbe' che c'entra. Cosa vuoi che c'entri. Assolutamente nulla, uff questi blog che saltano dal palo alla frasca. Sì, ma aspettate. Vi ricordate, vero, che Veltroni è uno studioso di cinema? Che ne conosce a mucchi, di cinema? Che scriveva le trame dei film in tv per il Venerdì, nello stesso periodo in cui faceva non so se il Ministro alla cultura o il Vicepremier o il segretario dei DS al minimo storico o tutte e tre le cose? Ebbene, Veltroni ha voluto scrivere il coccodrillo per Maria Schneider. Bene: è un esperto, scriverà cose belle su di lei. Bof. Cinque righe, non molto originali, senza un solo apprezzamento per le sue qualità di attrice.
Maria Schneider era bellissima. Di una bellezza assai rara. Era sfrontata, con il suo corpo rassicurante. Era angelica, con quello sguardo da adolescente impertinente. La sua sensualità era moderna, un impasto di solitudine e nevrosi. Era, esteticamente, figlia del ‘68 e della rivoluzione femminista. Era una ragazza del suo tempo. Un tempo giovane, per la vecchia Europa.Par di capire che era bella e basta. Ma aspetta. Dove sta andando a parare?
Ci pensavo guardando in queste ore le immagini delle rivolte nel Nord Africa. In piazza sono tutti giovani, segno di società dinamiche. Ma, in piazza, sono tutti uomini. Indice di comunità che negano diritti fondamentali e protagonismo alle donne.
No, ma sul serio? Quindi insomma Walter "Vado-in-Africa" Veltroni non ha la minima idea di quello che sta succedendo al Cairo? E ci tiene comunque a dircelo? A lanciare il suo messaggino di ignoranza benpensante ad usum del lettore della Stampa, affinché tutti noi possiamo, domani, al bar, sentire più forte e chiaro il tizio che Signora mia, se va via Mubarak quelli metteranno le donne sottochiave? Roba che neanche Christian Rocca, ormai?
Via Lia, allego una gallery di foto di donne che stanno manifestando al Cairo. Adesso. Si trovano su Internet, una rete di condivisione delle informazioni di cui forse Veltroni non ha sentito ancora parlare. Va bene, non importa, è ancora un giovane, diamogli tempo, ne abbiamo così tanto.
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L'unica democrazia buona
03-02-2011, 20:00democrazia d'esportazione, medio oriente, rivoluzioniPermalinkCari egiziani, fate i bravi, tornate a casa. L'unica democrazia buona è quella che si esporta. Diffidate del prodotto locale.
(English version).
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Il peggio di Leonardo 2010 (1)
03-02-2011, 10:53autoreferenziali, blogPermalinkSapete in cosa sono cambiati i blog, disse l'anziano del villaggio? Una volta parlavano molto più di sé stessi. Oltre che ovviamente dei loro autori. Quest'ultimo aspetto più o meno è rimasto, si chiama autoreferenzialità ed è ciò che tuttora fa girare la blogopalla. Quella che invece è venuta un po' a mancare, e bisogna essere un po' maniaci per sentirne la mancanza, è la meta-referenzialità. Non tanto il parlare di sé stessi blogger, ma il parlare di sé stessi blogger in quanto blogger blogganti.
Ne sento un po' la mancanza. Dibattiti sui commenti: è meglio averli o no? I feed rss sono il futuro o un gadget per trascurabili minoranze? L'etica dello scambio di link. La Storia del blogroll nei secoli. Sembra impossibile, ma abbiamo passato anni a scrivere di queste cose, e poi ce le leggevamo e ci facevamo i complimenti. Tutto questo è finito, ormai bloggare è una cosa normale, magari un po' demodé, ma neanche abbastanza da meritarsi quei bei titoli del tipo “il blog è morto” che scatenavano lunghe discussioni sulle chances di sopravvivenza di un medium scritto quando ormai era a tutti chiaro che il futuro di internet era, era, Second Life. Ormai è andata, scrivere qui sopra è una cosa normale, persino da noi. Si fa se si ha voglia di farlo, e quasi sempre si raccontano cose su di sé e sugli altri – niente più riflessioni sulle implicazioni della partecipazione a un ipertesto collettivo. È da un po' che nessuno pubblica il solito scarabocchio gigante con la galassia dei blog vicini e lontani, uniti da lineette che non si capisce mai con che algoritmo siano state tracciate ma in fondo anche chi se ne frega, l'importante è trascorrere una lieta mezz'ora a misurare la distanza tra noi e Beppe Grillo. Neanche le classifiche fanno più litigare nessuno. Siamo diventati grandi?
Eppure i rischi di ricaduta esistono. Io per esempio sono riuscito a tenermi per anni lontano da Google Analytics. Intuivo che sarebbe stata la mia fine, come gli alcolisti di Zola davanti al distillatore di assenzio. Poi Liquida mi ha costretto a iscrivermi, in cambio di due spicci (sui quali non sputo, eh, anzi grazie Liquida, gli altri hanno parole, solo tu hai ricevute per compenso occasionale).
Di fronte a Google Analytics, ogni altro contatore di accessi è da considerarsi droga leggera, caramella al liquore. Ci puoi perdere le notti, su Google Analytics. Il giochino che mi ha preso di più, e forse ha contribuito a cambiare il mio modo di scrivere on line, è la classifica dei post più letti. Non è un mistero che bloggare sia un'attività competitiva. Però competere con gli altri è frustrante, specie quando perdi. Invece competere con sé stessi è stimolante, c'è sempre un traguardo da battere, e vi libera anche dall'annuale incombenza di scrivermi qual è il pezzo che vi è piaciuto di più dell'anno scorso: ce l'ho già la classifica dei 2000 pezzi più letti, me l'ha data Google Analytics, e io qui sotto vi allego soltanto i primi dieci posti. L'intervallo è quello tra 25 gennaio 2010 e 25 gennaio 2011: il decimo anno.
10. Le fette, non troppo sottili
Novembre è stato un mese di passione, come vedremo. La ciliegina è questo pezzo, in cui arriva per la prima volta su Leonardo una storia piuttosto complicata e delirante che è cominciata quest'estate. Qualcuno ha preso il pezzo per un attacco agli Autistici/Inventati. Non è esattamente così, volevo soltanto raccontare come l'anonimato totale (che è quello offerto da A/I) può oggettivamente mettere nei guai una persona, in questo caso me. Potevo essere più chiaro? sì. E non mi avrebbe letto nessuno. Che volete, un blog è anche un posto dove la gente viene a litigare.
9. Film per adulti
L'unica recensione cinematografica nella top ten. Tra l'altro è un pezzo lungo, e non semplice, dedicato a un film coraggioso come Noi credevamo, scritto a fine novembre quando ce n'erano ancora poche copie in giro (sono andato fino a Mantova, maledizione, la settimana dopo era all'Eden qui dietro). Insomma, un pezzo di cui andare fieri, non tanto di me stesso quanto dei lettori che premiano pezzi così complessi... anche se in realtà io so, e voi lettori sapete, che sotto questo titolo ci avremmo anche potuto mettere frasi a caso, capitoli di Alfonso Luigi Marra all'incontrario, sure coraniche e versetti dell'Upanishad tradotti da Melissa P, perché quello che fa veramente il traffico in questo caso è il titolo: Film Per Adulti. Sì, Google ha indicizzato. Tuttora arriva gente che sta cercando dei porno, e invece si trova davanti una riflessione didattica sull'opportunità di proiettare un film di tema risorgimentale nelle scuole medie. Potrei anche dire che l'ho fatto apposta. Però è triste, no? possibile che siamo ancora qui nel 2011, ad aumentare gli accessi con questi mezzucci da SEO anni Novanta? Che senso ha cercare di scrivere pezzi sempre più interessanti, quando potrei raggiungere più lettori semplicemente aggiungendo le parole Cacca o Culo nei titoli? E perché no, in fondo? Smettereste di leggermi, se in cima al solito articolo su Berlusconi o Veltroni ci trovaste la parola “Culo”? E coi venti euro in più che ci raggranellerei in capo al trimestre, potrei offrire una pizza a mia moglie e mostrare che avevo ragione io, che un giorno o l'altro tutto questo scribacchiare mi avrebbe fruttato. Andiamo avanti.
8. I funerali della volpe
Un pezzo di classica berlusconologia, scritto a metà novembre. Ci terrei a far presente che scrivere di Berlusconi è meno semplice di quel che sembra: il mercato è assai inflazionato, bisogna avere idee lucide e originali. E poi sapere arrivare nel momento giusto: quando tutti lo danno per spacciato far notare che no, non è così, ha ancora tutte le corazzate al loro posto. Sono pezzi che già dopo qualche mese non dicono più molto, ma se appaiono al momento giusto esprimono lo stato d'animo di un sacco di gente che poi ti ringrazia, ti scrive, ti fa delle proposte, e per un po' ti sembra di aver fatto qualcosa d'importante. Poi passa.
7. Dalla parte del consumatore
Il titolo neutro nasconde uno dei più esplosivi flame mai nati su questo amabile sito amatoriale. Il flame, per chi non lo sa (beato lui, comunque se vuoi provare il primo tiro è gratis) è una lunga polemica che nasce nei commenti e a volte si propaga in altri siti. In questo caso – era novembre, primo round del caso bunga-bunga – dopo una settimana di severe riflessioni su dignità, decoro, corpo della donna, io pensai che considerare Berlusconi un semplice puttaniere era un po' come inserire Marchionne nell'insieme degli operai della fiat, una forzatura: e che in fondo i primi a non apprezzare l'accostamento avrebbero dovuto essere i puttanieri stessi. Andai anche su un paio di forum a controllare, ma non trovai molto (quei ragazzi hanno un chiodo fisso), e allora il pezzo lo scrissi io, in prima persona. Perché malgrado tutti i miei sforzi per trasformarmi in un padre di famiglia responsabile e prudente, io sono così: quando fiuto la cazzata, quando punto la cazzata, quando sento il richiamo della foresta in fiamme, nulla può più trattenermi. Ora le femministe mi odiano – no, aspetta, mi odiavano già da prima per la storia di Saratoga, ci arriveremo. Alcune hanno anche scritto a Concita De Gregorio affinché mi licenzi, per una cosa che, notate, non ho scritto sull'Unità, ma su un sito di fatti miei. E magari, ecco, se avessero letto le cose che scrive la De Gregorio sull'argomento, si sarebbero risparmiate la fatica.
Comunque ho capito cosa significhi vivere in una società laica. Grosso modo, si tratta di dividere il mondo con gente che non vede le stesse cose che vedi tu, tu unisci i puntini e vedi una cosa, loro li uniscono in un altro e vedono altro; al punto che è come se appartenessimo a religioni diverse, e in fondo è proprio così. C'è gente che cammina nelle stesse strade in cui cammino io che ha scritto che in Italia non esiste, non può esistere, prostituzione senza sfruttamento; che se anche una ragazza volesse provare a metter fuori un annuncio, sarebbe subito preda del racket, qualsiasi cosa ciò significhi (credo che significhi che arrivano quelli del racket, ti incatenano e poi ti sfruttano). Ma il migliore resta sempre quel signore che mi scrisse “Il mercato sono i puttanieri come te. Fatti una sega la prossima volta. E pensa che te la sei fatta con una mano insanguinata”. Che è una cosa che mi è rimasta dentro, la sega al sangue, eccone un altro che poteva diventare poeta o pubblicitario e invece si è perso nei meandri del blogging. Ma soprattutto: dopo dieci anni che mi prendo del segaiolo in quanto blogger, finalmente qualcuno che mi rimprovera per non farmene abbastanza – anche se in realtà non c'è niente da fare, l'apologia del puttaniere è una colpa indelebile, di una religione laica che non ha ancora messo a disposizione confessionali, per cui nessuna sega laverà il sangue dalle mani che scrissero questo post. Poi come fai a prendertela coi cattolici? Sul serio: il giorno che in Italia non ci fossero più preti, mi assicurate che non vanno al potere questi qui? Coi preti almeno ci discuti, loro hanno dei vizi e tu hai i tuoi, ci sono i margini per trovare compromessi. Ma questi nel giro di una generazione le mani ce le tagliano, l'Iran è più vicino di quello che ti aspetti (e soprattutto non arriva dalla parte da cui te lo aspetti).
6. Se i bimbominkia sapessero
A settembre Berlusconi sonnecchiava e passavo il tempo scrivendo pezzi contro la lingua italiana che hanno avuto un insperato successo – ma no, in realtà nel pazzo mondo dei blog italiani la grammatica è sempre stata sexy. E Google Italia mi vuole bene, per cui se scrivo un pezzo sui bimbominkia, esso arriva subito nella prima pagina dei risultati per bimbominkia. E poi basta, non avrei molto da aggiungere. Ah, sì: un pezzo come questo non sarei mai riuscito neanche solo a concepirlo se non fossi diventato negli anni un lettore compulsivo di Malvestite, uno dei pochi blog che mi hanno davvero insegnato delle cose, cose importanti (Twilight, il vecchiettismo) che addirittura mi sono state utili sul luogo di lavoro, e che oggi mi manca tantissimo, ogni volta che leggo qualcuno che cerca di sfottere i libri di Alfonso Luigi Marra senza essere Betty Moore.
Ne sento un po' la mancanza. Dibattiti sui commenti: è meglio averli o no? I feed rss sono il futuro o un gadget per trascurabili minoranze? L'etica dello scambio di link. La Storia del blogroll nei secoli. Sembra impossibile, ma abbiamo passato anni a scrivere di queste cose, e poi ce le leggevamo e ci facevamo i complimenti. Tutto questo è finito, ormai bloggare è una cosa normale, magari un po' demodé, ma neanche abbastanza da meritarsi quei bei titoli del tipo “il blog è morto” che scatenavano lunghe discussioni sulle chances di sopravvivenza di un medium scritto quando ormai era a tutti chiaro che il futuro di internet era, era, Second Life. Ormai è andata, scrivere qui sopra è una cosa normale, persino da noi. Si fa se si ha voglia di farlo, e quasi sempre si raccontano cose su di sé e sugli altri – niente più riflessioni sulle implicazioni della partecipazione a un ipertesto collettivo. È da un po' che nessuno pubblica il solito scarabocchio gigante con la galassia dei blog vicini e lontani, uniti da lineette che non si capisce mai con che algoritmo siano state tracciate ma in fondo anche chi se ne frega, l'importante è trascorrere una lieta mezz'ora a misurare la distanza tra noi e Beppe Grillo. Neanche le classifiche fanno più litigare nessuno. Siamo diventati grandi?
Eppure i rischi di ricaduta esistono. Io per esempio sono riuscito a tenermi per anni lontano da Google Analytics. Intuivo che sarebbe stata la mia fine, come gli alcolisti di Zola davanti al distillatore di assenzio. Poi Liquida mi ha costretto a iscrivermi, in cambio di due spicci (sui quali non sputo, eh, anzi grazie Liquida, gli altri hanno parole, solo tu hai ricevute per compenso occasionale).
Di fronte a Google Analytics, ogni altro contatore di accessi è da considerarsi droga leggera, caramella al liquore. Ci puoi perdere le notti, su Google Analytics. Il giochino che mi ha preso di più, e forse ha contribuito a cambiare il mio modo di scrivere on line, è la classifica dei post più letti. Non è un mistero che bloggare sia un'attività competitiva. Però competere con gli altri è frustrante, specie quando perdi. Invece competere con sé stessi è stimolante, c'è sempre un traguardo da battere, e vi libera anche dall'annuale incombenza di scrivermi qual è il pezzo che vi è piaciuto di più dell'anno scorso: ce l'ho già la classifica dei 2000 pezzi più letti, me l'ha data Google Analytics, e io qui sotto vi allego soltanto i primi dieci posti. L'intervallo è quello tra 25 gennaio 2010 e 25 gennaio 2011: il decimo anno.
10. Le fette, non troppo sottili
Novembre è stato un mese di passione, come vedremo. La ciliegina è questo pezzo, in cui arriva per la prima volta su Leonardo una storia piuttosto complicata e delirante che è cominciata quest'estate. Qualcuno ha preso il pezzo per un attacco agli Autistici/Inventati. Non è esattamente così, volevo soltanto raccontare come l'anonimato totale (che è quello offerto da A/I) può oggettivamente mettere nei guai una persona, in questo caso me. Potevo essere più chiaro? sì. E non mi avrebbe letto nessuno. Che volete, un blog è anche un posto dove la gente viene a litigare.
9. Film per adulti
L'unica recensione cinematografica nella top ten. Tra l'altro è un pezzo lungo, e non semplice, dedicato a un film coraggioso come Noi credevamo, scritto a fine novembre quando ce n'erano ancora poche copie in giro (sono andato fino a Mantova, maledizione, la settimana dopo era all'Eden qui dietro). Insomma, un pezzo di cui andare fieri, non tanto di me stesso quanto dei lettori che premiano pezzi così complessi... anche se in realtà io so, e voi lettori sapete, che sotto questo titolo ci avremmo anche potuto mettere frasi a caso, capitoli di Alfonso Luigi Marra all'incontrario, sure coraniche e versetti dell'Upanishad tradotti da Melissa P, perché quello che fa veramente il traffico in questo caso è il titolo: Film Per Adulti. Sì, Google ha indicizzato. Tuttora arriva gente che sta cercando dei porno, e invece si trova davanti una riflessione didattica sull'opportunità di proiettare un film di tema risorgimentale nelle scuole medie. Potrei anche dire che l'ho fatto apposta. Però è triste, no? possibile che siamo ancora qui nel 2011, ad aumentare gli accessi con questi mezzucci da SEO anni Novanta? Che senso ha cercare di scrivere pezzi sempre più interessanti, quando potrei raggiungere più lettori semplicemente aggiungendo le parole Cacca o Culo nei titoli? E perché no, in fondo? Smettereste di leggermi, se in cima al solito articolo su Berlusconi o Veltroni ci trovaste la parola “Culo”? E coi venti euro in più che ci raggranellerei in capo al trimestre, potrei offrire una pizza a mia moglie e mostrare che avevo ragione io, che un giorno o l'altro tutto questo scribacchiare mi avrebbe fruttato. Andiamo avanti.
8. I funerali della volpe
Un pezzo di classica berlusconologia, scritto a metà novembre. Ci terrei a far presente che scrivere di Berlusconi è meno semplice di quel che sembra: il mercato è assai inflazionato, bisogna avere idee lucide e originali. E poi sapere arrivare nel momento giusto: quando tutti lo danno per spacciato far notare che no, non è così, ha ancora tutte le corazzate al loro posto. Sono pezzi che già dopo qualche mese non dicono più molto, ma se appaiono al momento giusto esprimono lo stato d'animo di un sacco di gente che poi ti ringrazia, ti scrive, ti fa delle proposte, e per un po' ti sembra di aver fatto qualcosa d'importante. Poi passa.
7. Dalla parte del consumatore
Il titolo neutro nasconde uno dei più esplosivi flame mai nati su questo amabile sito amatoriale. Il flame, per chi non lo sa (beato lui, comunque se vuoi provare il primo tiro è gratis) è una lunga polemica che nasce nei commenti e a volte si propaga in altri siti. In questo caso – era novembre, primo round del caso bunga-bunga – dopo una settimana di severe riflessioni su dignità, decoro, corpo della donna, io pensai che considerare Berlusconi un semplice puttaniere era un po' come inserire Marchionne nell'insieme degli operai della fiat, una forzatura: e che in fondo i primi a non apprezzare l'accostamento avrebbero dovuto essere i puttanieri stessi. Andai anche su un paio di forum a controllare, ma non trovai molto (quei ragazzi hanno un chiodo fisso), e allora il pezzo lo scrissi io, in prima persona. Perché malgrado tutti i miei sforzi per trasformarmi in un padre di famiglia responsabile e prudente, io sono così: quando fiuto la cazzata, quando punto la cazzata, quando sento il richiamo della foresta in fiamme, nulla può più trattenermi. Ora le femministe mi odiano – no, aspetta, mi odiavano già da prima per la storia di Saratoga, ci arriveremo. Alcune hanno anche scritto a Concita De Gregorio affinché mi licenzi, per una cosa che, notate, non ho scritto sull'Unità, ma su un sito di fatti miei. E magari, ecco, se avessero letto le cose che scrive la De Gregorio sull'argomento, si sarebbero risparmiate la fatica.
Comunque ho capito cosa significhi vivere in una società laica. Grosso modo, si tratta di dividere il mondo con gente che non vede le stesse cose che vedi tu, tu unisci i puntini e vedi una cosa, loro li uniscono in un altro e vedono altro; al punto che è come se appartenessimo a religioni diverse, e in fondo è proprio così. C'è gente che cammina nelle stesse strade in cui cammino io che ha scritto che in Italia non esiste, non può esistere, prostituzione senza sfruttamento; che se anche una ragazza volesse provare a metter fuori un annuncio, sarebbe subito preda del racket, qualsiasi cosa ciò significhi (credo che significhi che arrivano quelli del racket, ti incatenano e poi ti sfruttano). Ma il migliore resta sempre quel signore che mi scrisse “Il mercato sono i puttanieri come te. Fatti una sega la prossima volta. E pensa che te la sei fatta con una mano insanguinata”. Che è una cosa che mi è rimasta dentro, la sega al sangue, eccone un altro che poteva diventare poeta o pubblicitario e invece si è perso nei meandri del blogging. Ma soprattutto: dopo dieci anni che mi prendo del segaiolo in quanto blogger, finalmente qualcuno che mi rimprovera per non farmene abbastanza – anche se in realtà non c'è niente da fare, l'apologia del puttaniere è una colpa indelebile, di una religione laica che non ha ancora messo a disposizione confessionali, per cui nessuna sega laverà il sangue dalle mani che scrissero questo post. Poi come fai a prendertela coi cattolici? Sul serio: il giorno che in Italia non ci fossero più preti, mi assicurate che non vanno al potere questi qui? Coi preti almeno ci discuti, loro hanno dei vizi e tu hai i tuoi, ci sono i margini per trovare compromessi. Ma questi nel giro di una generazione le mani ce le tagliano, l'Iran è più vicino di quello che ti aspetti (e soprattutto non arriva dalla parte da cui te lo aspetti).
6. Se i bimbominkia sapessero
A settembre Berlusconi sonnecchiava e passavo il tempo scrivendo pezzi contro la lingua italiana che hanno avuto un insperato successo – ma no, in realtà nel pazzo mondo dei blog italiani la grammatica è sempre stata sexy. E Google Italia mi vuole bene, per cui se scrivo un pezzo sui bimbominkia, esso arriva subito nella prima pagina dei risultati per bimbominkia. E poi basta, non avrei molto da aggiungere. Ah, sì: un pezzo come questo non sarei mai riuscito neanche solo a concepirlo se non fossi diventato negli anni un lettore compulsivo di Malvestite, uno dei pochi blog che mi hanno davvero insegnato delle cose, cose importanti (Twilight, il vecchiettismo) che addirittura mi sono state utili sul luogo di lavoro, e che oggi mi manca tantissimo, ogni volta che leggo qualcuno che cerca di sfottere i libri di Alfonso Luigi Marra senza essere Betty Moore.
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Cercando un altro Egitto
01-02-2011, 02:18Berlusconi, poveri piccoli imprenditori, rivoluzioniPermalinkCos'ha l'Egitto che non abbiamo noi? Un po' di coraggio, forse. Ma alla fine la principale differenza credo sia questa: se l'Egitto oggi è in crisi, se arranca e malgrado le risorse non riesce a garantire il benessere ai suoi cittadini, la responsabilità di Hosni Mubarak e dei suoi uomini è sotto gli occhi di tutti. E da noi?
Per arrancare, arranchiamo anche noi. Ma non riusciamo a identificare il colpevole. Quanto a Berlusconi, passava di lì per caso: pochi osano sostenere che il declino dell'Italia sia opera sua. Al massimo si ammette che non abbia fatto nulla per fermarlo, avendo egli altre priorità (salvare aziende sue e processi a carico suo). Anche i più incattiviti degli antiberlusconiani preferiscono concentrarsi sul bunga bunga, le offese al decoro, il corpo della donna eccetera. E se invece che da puttaniere cominciassimo a trattarlo da ladro? Se osassimo affermare che questa lunga discesa verso il sottosviluppo non è cominciata a fine '80 per una semplice coincidenza? Che le lussuose ville dentro le quali sarebbe “libero di fare quel che gli pare” (io se tocco una minorenne in casa mia vado in galera, ma tant'è) se le è prese coi soldi nostri? Che i milioni spesi in pastura di mignotte sono indirettamente prelevati dalla stessa cassa da cui non esce più un soldo per finanziare sviluppo, ricerca, scuola, turismo, spettacolo? Che è, sissignore, un re che fa i bagordi a spese nostre?
La rivoluzione che in Egitto si può fare, in Italia resta al palo per questo motivo: anche molti che di lui non ne possono più, non lo identificano come il responsabile. È solo un ostacolo, uno che sì, a questo punto dovrebbe andarsene, ma non perché ci opprime, no: perché ci impedisce di vedere i veri problemi. Come se lui non fosse un vero problema. E dire che lui, appena può, fa tutto il possibile per ricordarcelo. Giusto ieri ha scritto a Bersani una bella letterina in cui gli propone una rivoluzione liberale in comproprietà. Di cosa si tratta? Dunque, a sentire Berl. (o Ferrara per lui, cambia nulla) non bisogna fare la patrimoniale. Basta non fare la patrimoniale e il PIL s'impenna. In sostanza non tassiamo i ricchi e i ricchi s'impegnano a farci crescere del 3-4% in un anno, e... ma sì, anche a evadere un po' meno, dai. Allora. Berlusconi meriterebbe di cadere per questo, non perché mantiene un condominio a fine arrizzamento. La letterina di Berl. (o di Ferrara per lui, è proprio la stessa cosa) è un'offesa al senso comune e all'intelligenza degli italiani assai più molesta della telefonata a Lerner. Ma almeno fa chiarezza: chi è davvero Berlusconi? Chi rappresenta? Quali sono gli interessi che difende? Gli interessi di chi non vuole pagare la patrimoniale. Punto. I ricchi, chiamiamoli pure così, non è mica un'offesa. Una volta li avremmo chiamati classe imprenditoriale, ma era quando imprendevano ancora qualcosa. Una generazione fa, diciamo. Poi cos'è successo?
Ecco, è un po' questo il problema. I vecchi sono diventati un po' più vecchi, e anche se non hanno tutti sviluppato la scopofilia di B., non si può dire che rappresentino più una forza innovativa. I giovani sono quasi sempre figli dei vecchi e rappresentano, oserei dire, la classe dirigente più cialtrona dell'Europa occidentale: quella che ha studiato meno. No, non parlo di te che stai leggendo, parlo del tuo compagno di tennis, hai presente quell'idiota con la suoneria di Rihanna e il diplomino in ragioneria? Ecco, ci siamo capiti. Poi, chissà, può anche darsi che l'Italia fosse spacciata ugualmente, del resto campava di tessile e meccanica alla vigilia del boom cinese. Però dal momento che la grande risposta dei nostri eroici padroncini fu delocalizzare in Cina o in Romania e votare Berlusconi che tenesse a freno le fiamme gialle, cosa ci dovevamo aspettare? Allora, niente di personale, ma secondo me il declino dell'Italia siete voi. E Berlusconi vi ha rappresentato al meglio e al peggio. Certo, è riuscito a farsi votare anche dai vostri operai, è stato il suo capolavoro. Ma nel momento della verità è sempre lì che si ritorna: a quante tasse può togliervi. Lui vi toglierà le tasse e voi, all'improvviso, partorirete le geniali idee che non avete avuto in questi tristi vent'anni, creerete posti di lavoro con la sola imposizione del blackberry. Bisogna soltanto darvi fiducia, perché non vi abbiamo mai dato fiducia? Sì, è anche vero che abbiamo pagato le tasse anche per voi, però... però si vedeva che lo facevamo con poco entusiasmo, ecco, probabilmente è andata così, è mancato l'entusiasmo da parte nostra. Scusate.
Cos'ha l'Egitto che ci manca? Chiarezza. Al governo c'era una classe dirigente rapace, che dilapidava risorse e non garantiva il benessere ai suoi cittadini. Ma questo era almeno davanti agli occhi di tutti, in Egitto. Da noi no, da noi c'è sempre in mezzo una velina, un processo, una polemica, uno schizzo di fango, una proposta bipartisan, qualcosa che ci impedisce di vedere l'orribile realtà: l'oro per coprire Ruby e le compagne lo hanno preso dalle nostre tasche. Fosse appena un po' più chiaro, le piazze sarebbero piene già da un pezzo.
Per arrancare, arranchiamo anche noi. Ma non riusciamo a identificare il colpevole. Quanto a Berlusconi, passava di lì per caso: pochi osano sostenere che il declino dell'Italia sia opera sua. Al massimo si ammette che non abbia fatto nulla per fermarlo, avendo egli altre priorità (salvare aziende sue e processi a carico suo). Anche i più incattiviti degli antiberlusconiani preferiscono concentrarsi sul bunga bunga, le offese al decoro, il corpo della donna eccetera. E se invece che da puttaniere cominciassimo a trattarlo da ladro? Se osassimo affermare che questa lunga discesa verso il sottosviluppo non è cominciata a fine '80 per una semplice coincidenza? Che le lussuose ville dentro le quali sarebbe “libero di fare quel che gli pare” (io se tocco una minorenne in casa mia vado in galera, ma tant'è) se le è prese coi soldi nostri? Che i milioni spesi in pastura di mignotte sono indirettamente prelevati dalla stessa cassa da cui non esce più un soldo per finanziare sviluppo, ricerca, scuola, turismo, spettacolo? Che è, sissignore, un re che fa i bagordi a spese nostre?
La rivoluzione che in Egitto si può fare, in Italia resta al palo per questo motivo: anche molti che di lui non ne possono più, non lo identificano come il responsabile. È solo un ostacolo, uno che sì, a questo punto dovrebbe andarsene, ma non perché ci opprime, no: perché ci impedisce di vedere i veri problemi. Come se lui non fosse un vero problema. E dire che lui, appena può, fa tutto il possibile per ricordarcelo. Giusto ieri ha scritto a Bersani una bella letterina in cui gli propone una rivoluzione liberale in comproprietà. Di cosa si tratta? Dunque, a sentire Berl. (o Ferrara per lui, cambia nulla) non bisogna fare la patrimoniale. Basta non fare la patrimoniale e il PIL s'impenna. In sostanza non tassiamo i ricchi e i ricchi s'impegnano a farci crescere del 3-4% in un anno, e... ma sì, anche a evadere un po' meno, dai. Allora. Berlusconi meriterebbe di cadere per questo, non perché mantiene un condominio a fine arrizzamento. La letterina di Berl. (o di Ferrara per lui, è proprio la stessa cosa) è un'offesa al senso comune e all'intelligenza degli italiani assai più molesta della telefonata a Lerner. Ma almeno fa chiarezza: chi è davvero Berlusconi? Chi rappresenta? Quali sono gli interessi che difende? Gli interessi di chi non vuole pagare la patrimoniale. Punto. I ricchi, chiamiamoli pure così, non è mica un'offesa. Una volta li avremmo chiamati classe imprenditoriale, ma era quando imprendevano ancora qualcosa. Una generazione fa, diciamo. Poi cos'è successo?
Ecco, è un po' questo il problema. I vecchi sono diventati un po' più vecchi, e anche se non hanno tutti sviluppato la scopofilia di B., non si può dire che rappresentino più una forza innovativa. I giovani sono quasi sempre figli dei vecchi e rappresentano, oserei dire, la classe dirigente più cialtrona dell'Europa occidentale: quella che ha studiato meno. No, non parlo di te che stai leggendo, parlo del tuo compagno di tennis, hai presente quell'idiota con la suoneria di Rihanna e il diplomino in ragioneria? Ecco, ci siamo capiti. Poi, chissà, può anche darsi che l'Italia fosse spacciata ugualmente, del resto campava di tessile e meccanica alla vigilia del boom cinese. Però dal momento che la grande risposta dei nostri eroici padroncini fu delocalizzare in Cina o in Romania e votare Berlusconi che tenesse a freno le fiamme gialle, cosa ci dovevamo aspettare? Allora, niente di personale, ma secondo me il declino dell'Italia siete voi. E Berlusconi vi ha rappresentato al meglio e al peggio. Certo, è riuscito a farsi votare anche dai vostri operai, è stato il suo capolavoro. Ma nel momento della verità è sempre lì che si ritorna: a quante tasse può togliervi. Lui vi toglierà le tasse e voi, all'improvviso, partorirete le geniali idee che non avete avuto in questi tristi vent'anni, creerete posti di lavoro con la sola imposizione del blackberry. Bisogna soltanto darvi fiducia, perché non vi abbiamo mai dato fiducia? Sì, è anche vero che abbiamo pagato le tasse anche per voi, però... però si vedeva che lo facevamo con poco entusiasmo, ecco, probabilmente è andata così, è mancato l'entusiasmo da parte nostra. Scusate.
Cos'ha l'Egitto che ci manca? Chiarezza. Al governo c'era una classe dirigente rapace, che dilapidava risorse e non garantiva il benessere ai suoi cittadini. Ma questo era almeno davanti agli occhi di tutti, in Egitto. Da noi no, da noi c'è sempre in mezzo una velina, un processo, una polemica, uno schizzo di fango, una proposta bipartisan, qualcosa che ci impedisce di vedere l'orribile realtà: l'oro per coprire Ruby e le compagne lo hanno preso dalle nostre tasche. Fosse appena un po' più chiaro, le piazze sarebbero piene già da un pezzo.
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Il lessico centrifugo di Silvio B.
31-01-2011, 14:21Berlusconi, contro la lingua italiana, ho una teoria, tvPermalinkNoi non siamo stati capaci di batterlo, Berlusconi, perché non abbiamo capito che Berlusconi sa parlare a questi e a quelli, guarda per esempio la lingua di Berlusconi. Postribolo. Turpe. Spregevole. Insufflare. Giuoco. Cribbio. Mi consenta. Lo vedi? Berlusconi sì che sa parlare al popolo.
La lingua centrifuga di Berlusconi (H1t#60) è on line sull'Unità.it e si commenta qui.
Ci si abitua a tutto, col tempo, e il giorno che Berlusconi a rete unificate mostrerà le chiappe ai giudici noi spegneremo la tv sbadigliando, ormai assuefatti. Nel frattempo la scorsa settimana si è limitato a telefonare in diretta a Gad Lerner rimproverandogli di condurre non una trasmissione ma un “postribolo”, e di farlo in modo “spregevole, turpe, ripugnante”. Diamo per scontato che l'intervento di Berlusconi sia stato estemporaneo, e che lui abbia usato nella foga le prime parole che gli venivano in mente; al limite se le sarà appuntate su un foglietto prima di prendere la linea. Non suonano comunque incredibilmente sue?
La lingua centrifuga di Berlusconi (H1t#60) è on line sull'Unità.it e si commenta qui.
Ci si abitua a tutto, col tempo, e il giorno che Berlusconi a rete unificate mostrerà le chiappe ai giudici noi spegneremo la tv sbadigliando, ormai assuefatti. Nel frattempo la scorsa settimana si è limitato a telefonare in diretta a Gad Lerner rimproverandogli di condurre non una trasmissione ma un “postribolo”, e di farlo in modo “spregevole, turpe, ripugnante”. Diamo per scontato che l'intervento di Berlusconi sia stato estemporaneo, e che lui abbia usato nella foga le prime parole che gli venivano in mente; al limite se le sarà appuntate su un foglietto prima di prendere la linea. Non suonano comunque incredibilmente sue?
In effetti, chi altri in tv può permettersi, al colmo dello sdegno, di usare la parola “turpe”? Forse lo stesso presidente del Milan che si compiace di pronunciare “giuoco”, che si lamentava che qualcuno “insufflasse” notizie tendenziose ai quotidiani stranieri. Berlusconi del resto può dire quello che vuole, essendo il capo. Chiunque altro vada in tv, soprattutto sui suoi canali (cioè tutti, ormai), ha imparato da anni a limitarsi, a ridurre il proprio vocabolario a quelle mille, quelle cinquecento parole che sono più che sufficienti a vendere qualcosa a un “bambino di undici anni, neanche tanto intelligente” (da sempre il target ideale Mediaset). Quindi: non si dice “postribolo”, ma “bordello”, e meglio ancora “casino”; non “spregevole”, ma “stronzo”, che è effettivamente cosa spregevole, o “capra” quando si vogliono evitare grane legali. Eppure il Capo non parla proprio così. L'insipida neolingua televisiva l'ha imposta a tutti, tranne che a sé stesso.
Il fatto che B. parli strano non significa che parli difficile. Le sue stravaganze lessicali non appartengono al gergo grigio degli intellettuali di fine Novecento; non sono i soliti termini vacui o incomprensibili evasi dall'ambito accademico. Berlusconi pesca piuttosto nel melodramma ottocentesco, nel repertorio lessicale al tempo stesso magniloquente e popolare dei libretti d'opera e dei romanzi d'appendice. Gli arcaismi che sceglie o si lascia sfuggire diventano immediatamente comprensibili, grazie al contesto e alla sintassi sempre lineare. Quando dice “insufflare” capiamo tutti al volo cosa intende, anche se non abbiamo mai sentito la parola: la rarità del termine però aggiunge al messaggio qualcosa di più. È quel dettaglio dissonante che in un qualche modo rafforza la verosimiglianza della frase, e in gergo televisivo si direbbe che “fora”: attira l'attenzione di spettatori e commentatori, in nove casi su dieci finisce sui titoli dei giornali e a volte crea veri e propri tormentoni.
Due giorni prima dell'intemerata berlusconiana all'Infedele, sullo stesso canale Pier Luigi Bersani aveva confessato a Irene Bignardi di avere anche lui parlato 'difficile' in gioventù. Del resto il segretario PD si è fatto le ossa nel periodo delle "convergenze parallele", quando il linguaggio della politica era un idioletto comprensibile a pochi. Col tempo ha saputo rinnovarsi, eliminando i tecnicismi e cercando slogan tra i modi di dire della quotidianità. Lo sforzo di voler parlare a tutti c'è, non si può negare, ma non si può nemmeno fingere che non sia uno sforzo. Anche Veltroni, l'indomani, al Lingotto, ha regalato un altro dei suoi lunghissimi discorsi in cui è riuscito a parlare di tutto, inserendo aneddoti anche gustosi, ma in un italiano rigorosamente medio, un po' pedestre, mondato di ogni stravaganza. Insomma, mentre Veltroni e Bersani censurano consapevolmente il proprio dizionario nel tentativo di farsi capire da un non meglio identificato italiano medio, Berlusconi se ne frega e attacca ai lati, mescolando alto e basso, “turpe” e “coglione”, “postribolo” e “bunga bunga”. La differenza tra le due manovre assomiglia a quella tra certe fiction rai dove tutti (studenti, professori, bidelli) parlano lo stesso irrealistico italiano medio, appena appena impreziosito da qualche intonazione dialettale, e i feuilleton Mediaset con Garko e la Arcuri, che sfoggiano termini desueti come chincaglieria non sempre comprensibile, ma straordinariamente decorativa. Alla fine c'è un pubblico per entrambi i prodotti, ma il secondo sembra ancora il più popolare.
E la teoria qual è? Beh, forse Berlusconi ha vinto quando ci ha convinto che gli italiani stessero al centro, e che per raggiungerli avremmo dovuto rinunciare alle nostre parole difficili, tecniche, espressive. E mentre ci autocensuravamo alla ricerca del fantomatico Centro lui operava nel senso opposto, prosperando ai bordi, riuscendo nell'impossibile impresa di conciliare gli estremi, nazionalisti e leghisti, imprenditori e disoccupati, cattolici e puttanieri, mescolando barzellette e melodramma – una forza centrifuga che spingeva verso l'esterno, verso l'estremo, schiacciandoci al centro in una morsa. Se invece di seguire i suoi consigli avessimo ragionato sul suo linguaggio, chissà, forse oggi ci sarebbe rimasto qualche elettore in più. O almeno qualche parola in più, che è meglio di niente.http://leonardo.blogspot.com