Bob Dylan, fantasma

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Bob Dylan (Bob Dylan, 1962).

(L'album successivo: Live at the Gaslight).

Well, I don't know why I love you like I do
Nobody in the world can get along with you

Cos'è questo rumore. C'è un tizio che strimpella in un caffè del village. È bianchissimo ma cerca di cantare come un nero. È un ragazzino ma vuole sembrare un vecchio. Ha preso uno di quei vecchi ragtime da 78 giri e lo canta come se girasse a 45 - forse è un modo per scaldarsi, forse nei giorni di magra va a suonare sopra le grate della metropolitana, col berretto sul marciapiede. A modo suo è anche bravo. Pare che sia in giro da un anno, pare che abbia già trovato un tizio alla Columbia che gli vuol far firmare un contratto. C'è un piccolo revival del folk, in città, il rock'n'roll ha un po' stancato e non ci sono novità all'orizzonte. E va bene, ma quanto può andare avanti un movimento del genere, voglio dire, chi ha davvero voglia di ascoltare ancora quelle vecchie canzoni? Siamo nel futuro, perdio, siamo nel 1962.

In occasione del conferimento a Bob Dylan del premio Nobel per la letteratura, mi sono deciso a un passo che accarezzavo da anni - si possano accarezzare i passi? vabbe' - ho ascoltato tutti gli album del premio Nobel in ordine cronologico. Sono ancora vivo per raccontarlo, credo (ma se accostate il cuore al mio petto, sentirete il vibrare metallico di un'armonica).

Bob Dylan è il disco di Dylan che nessuno conosceva. Tanti anni fa, quando non esistevano i servizi streaming e non c'era abbastanza banda per scambiarsi intere discografie p2p, se volevi fare il dylanologo c'era un solo complicato sistema: ti dovevi far prestare i dischi dai vecchi. Erano brutti dischi in vinile, segnati - molti che li comprano oggi in libreria non hanno idea di quanto facilmente si rovinassero quegli affari di plastica; e anche le copertine, bellissime, ma compresse l'una contro l'altra perdevano il lucido abbastanza presto e si sgualcivano più in fretta dei libri.

Questi vecchi che conservavano i dischi di Dylan a loro volta li avevano presi in prestito da altri ancora più vecchi, che a volte li avevano addirittura comprati nei negozi, perché sì, a quei tempi esistevano negozi che quel tipo di dischi te li vendevano - il prezzo al chilo era esorbitante. Questo li costringeva a fare scelte abbastanza ciniche. Perciò anche i dylaniti più strettamente osservanti, quelli che avevano diecine di suoi dischi in casa e ci avevano investito centinaia di migliaia di lire, Bob Dylan no, non lo avevano mai comprato. E adesso tenetevi forte: siccome non lo avevano comprato, non lo avevano nemmeno mai ascoltato.

Carnegie Hall, settembre '62.
Proprio così. Non c'era modo di farselo prestare, né di telefonare a una radio per chiedere You're No Good. Bob Dylan era già famosissimo, forse lo era un po' più di adesso, ma il suo primo disco non lo aveva nessuno. Dimenticato. I due pezzi originali erano stati ristampati in qualche compilation più o meno ufficiale, e tanto bastava. Nel frattempo uscivano già ristampe assurde, prove di prove di prove, ci fu un periodo in cui la Columbia ricattava Dylan, se non torni con noi pubblichiamo certe canzoni orribili che hai registrato per scherzo qualche anno fa - lo fecero davvero. E poi ci fu quel momento in cui Dylan disse, vaffanculo, volete ascoltare tutto? Proprio tutto? Volete che apriamo gli scaffali e vi facciamo ascoltare venticinque take diverse di Like a Rolling Stone? Tenete, beccatevi questo ennesimo disco di roba che qualsiasi altro artista butterebbe via. E i vecchi compravano, i vecchi avevano accesso a misteriose fonti di liquidità - però il primo disco no, niente da fare. Non era considerato interessante. Perché non l'aveva scritto lui, sapete. Dylan era considerato soprattutto un cantautore a quei tempi. L'idea che avesse iniziato come interprete suonava fastidiosa.

Così ho deciso di scrivere un commento a tutti i dischi ufficiali di Bob Dylan, dal primo all'ultimo. Compresi i live? Nei limiti del possibile, sì. Compresa la bootleg series? Se ce la faccio, sì. Compreso quel disco con venticinque prove diverse di Like a Rolling Stone? No. 

Non è che fosse una rarità. Tecnicamente non credo che lo sia mai diventato, veniva ristampato meno degli altri ma con regolarità. Ma era considerato una falsa partenza. Questo ci dice tanto sul modo in cui è cambiata la nostra immagine di Dylan col tempo, perché se oggi decidi di ascoltare quel primo disco - su Spotify ci metti due minuti a trovarlo - assolutamente no, tutto ti sembra tranne una falsa partenza. Quel ventunenne spavaldo sulla copertina è già Bob Dylan. Ha già idee tutte sue su come si stravolge una canzone. Quel modo di trasformarle nella parodia di loro stesse - ma senza tradirle mai davvero - lo sta già applicando. Sta già trasformando vecchi blues dolenti in cose diverse, cose moderne, di un genere ancora inascoltato e inascoltabile (non credo di avere il diritto di usare la parola protopunk). Suona folk e sta già prendendo in giro il genere folk (Pretty Peggy-O). Suona blues e sta già giocando a cambiare un accordo per vedere se per caso non gli capita di inventare qualcosa di nuovo (Baby, Let Me Follow You Down). Soprattutto, suona già la chitarra e l'armonica come Bob Dylan. In certi pezzi viene il sospetto che le suoni molto meglio qui che altrove. Dylan non è ancora un poeta - ha già scritto diversa roba ma perlopiù l'ha buttata via, come fanno gli adolescenti. Non è ancora un compositore. Ma come musicista è già maturo. Temprato da mesi di gavetta in strade gelide e tutto il resto.

Old New York City is a friendly old town,
From Washington Heights to Harlem on down.
There's a-mighty many people all millin' all around,
They'll kick you when you're up and knock you when you're down.
It's hard times in the city,
Livin' down in New York town.

Foto di Joe Alper: Dylan con Suze Rotolo.
(Ne risentiremo parlare).
Dylan viene dal passato. Non dal suo personale, di cui non ci parla mai (continua sul Post)
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Vita da gatto, un film da cani

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Una vita da gatto (Nine Lives, Barry Sonnenfeld, 2016)

Perché la maggior parte della gente cerca di comportarsi bene? Ok, qualcuno pensa di andare in paradiso. Qualcuno spera di lasciare un buon ricordo. Qualcuno proprio per fare il cattivo non è tagliato (ci vuole coraggio, ambizione, inventiva, è complicato). Ma la maggior parte della gente, perché non si comporta male tutto il tempo? Probabilmente credono nella metempsicosi: sperano di reincarnarsi nei gatti d'appartamento. Che altro chiedere dalla vita? Per dire che anche dietro a un film apparentemente inutile come Una vita da gatto c'è un'importante figura dell'inconscio collettivo: il sogno di finire come Kevin Spacey, palazzinaro di New York, troppo preso dalla sua carriera per vedere le esigenze di moglie e figlia bla bla bla bla, che una sera cade dal suo grattacielo e si risveglia nel corpo del gatto di famiglia. Scoprirà che non sono tutte rose e fiori e gomitoli di lana.

Perché l'Europa Corps non fa dei bei film, invece di farli brutti? Non è una domanda così peregrina. Nine Lives aveva un budget di 30 milioni di dollari (il triplo di Big Game): sono pochi? Se puoi scritturare Kevin Spacey, Christopher Walken e Jessica Gardner, e alla regia Barry Sonnenfield (La famiglia Addams, Men in Black); se hai abbastanza computer-grafica da riuscire ad animare un gatto che sembra vero, perché non riesci a costruirci non dico un capolavoro, ma un film abbastanza carino? Coi film d'azione forse è più facile - no, non mi riferisco a Lucy, Lucy è un episodio imperdonabile. Però finché è azione puoi sempre spararle grosse, magari non centri il bersaglio ma un effetto lo ottieni lo stesso, e anche un po' di ridicolo involontario non guasta mai (vedi il ciclo di Taken). Nine Lives invece vorrebbe essere un film per le famiglie: una cosa molto più delicata. Lo hanno scritto in cinque, senza mai azzeccare il tono. Si capisce che l'idea della trasformazione in gatto non è partita da un autore - qualcuno che avesse veramente voglia di dire qualcosa sui gatti d'appartamento, sul loro modo di essere e non essere parte della famiglia - ma dal reparto effetti speciali: ehi, guarda qui, siamo riusciti ad animare un gatto che sembra vero. Facciamoci un film, come quelle vecchie pellicole della Disney in cui a Dean Jones succedevano le cose più strane - in uno si trasformò effettivamente nel cane di famiglia. Perfetto, che problema c'è?

C'è che i gatti non sono cani, per esempio (continua interessantissimo su +eventi!) Immaginare un gatto che si strugge per cercare di dimostrare la propria umanità è faticoso. In generale, è faticoso immaginare un gatto che si strugge. Se sogniamo tutti di reincarnarci in felini è proprio perché sappiamo che quando finalmente ci arriveremo non ci fregherà più nulla di nulla - il nirvana. Gatto-Spacey invece si dà un sacco da fare, deve salvare la sua azienda, finire in qualche video buffo su youtube, creare quei simpatici casini domestici che fanno gli animali, e scoprire tante cose importanti sulla propria famiglia. Addirittura a un certo punto cerca di aiutare sua figlia coi compiti - ma un gatto che fa i compiti non è un gatto. Non fa nemmeno ridere. Nine Lives è un film che mette meccanicamente assieme tante cose che in teoria potevano fare un film, ma non ci riesce. Resta un'accozzaglia di cose messe lì. Negli USA è uscito il 5 agosto 2016, una delle date più terribili della storia del cinema mondiale (uscì anche Suicide Squad). Nine Lives non è altrettanto brutto, ma dimostra che il cinema americano non è un'alchimia così semplice. Anche con buoni attori americani, con un veterano americano alla regia, con un concetto tipico dei film per famiglie americane, il risultato è inferiore alla somma degli addendi. Lo trovate al Cityplex di Alba (19:00); al Vittoria di Bra (20:15); al Cinelandia di Borgo San Dalmazzo (15:15, 17:20, 20:15, 22:30); al Fiamma di Cuneo (18:10, 21:10); ai Portici di Fossano (20:00); all'Italia di Saluzzo (20:00); al Cinecittà di Savigliano (20:20, 22:30).
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Se Grillo fosse, semplicemente, il migliore?

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Quello che sta succedendo sarebbe divertente, non stesse capitando a noi. Per sommi capi: il movimento che ha sempre osteggiato la legge elettorale di Renzi, ora vuole andare a votare al più presto proprio con quella legge; il partito che trovava la stessa legge bellissima, democraticissima, un esempio per tutta l'Europa... ora la vorrebbe cambiare. Nel frattempo si rinfacciano la scarsa coerenza, che pare sia una virtù imprescindibile se fai politica. Entrambe le fazioni sono guidate da personaggi che in passato avevano promesso di ritirarsi dalla politica in caso di sconfitta: Beppe Grillo prima delle catastrofiche europee del 2014; Matteo Renzi prima di questo referendum che evidentemente si illudeva di vincere, o almeno di perdere di misura. Probabilmente continueranno a sfidarsi anche nel '17.

Da questa distanza l'italicum è sempre sembrata una legge pessima, e più adatta a Grillo che a Renzi. Lo scrivevo all'indomani del vertice del Nazareno, non ho avuto in seguito motivo per cambiare idea; (l'ho scritto anche sul quotidiano di riferimento del Pd, finché ho potuto). Non solo era una legge che faceva confusione tra presidenzialismo e parlamentarismo e attribuiva un premio abnorme; ma col ballottaggio avrebbe naturalmente premiato il voto contro, ovvero il M5S. Credo che Grillo oggi sia d'accordo, se ora propone di estendere la stessa legge al Senato (anche se non si può). Credo che anche al Pd condividano la stessa opinione, se smaniano di cambiar legge. Ma ci vuole una maggioranza e non è detto che ci sia.

C'è poi il solito problema del Senato: con una delle sue tipiche mosse impazienti, Renzi fece approvare una nuova legge elettorale che cambiava soltanto il meccanismo della Camera, confidando sul fatto che il referendum confermativo avrebbe eliminato le elezioni del Senato. Era una fiducia, col senno del poi, veramente mal riposta. Confesso: credevo che dietro ci fosse una qualche machiavellica astuzia; anche se fosse stato sconfitto al referendum, Renzi sarebbe rimasto a Palazzo Chigi con la scusa che a quel punto bisognava rimetter mano alla legge elettorale. Il fatto che giusto un mese fa la direzione del Pd avesse dichiarato ufficialmente di volerla modificare era un indizio ulteriore in tal senso. Mi sbagliavo: una volta sconfitto, Renzi non ha voluto restare a Palazzo Chigi un attimo in più del necessario, con tanti saluti al dibattito sulla legge elettorale. Se poi non si riuscisse a formare un altro governo, e si andasse davvero a votare in questa situazione con l'italicum alla Camera e il mattarellum emendato dalla Consulta al Senato, sarebbe davvero reponsabilità di Grillo?

Più in generale: chi dei due ci sta facendo una figura migliore? Non è solo una questione di successo elettorale: oggi Renzi è nella polvere e Grillo è sugli altari, due anni fa era il contrario, chissà che succederà da qui in poi. Ma chi dei due sta mostrando di avere più il polso dei suoi elettori e in generale degli italiani? Chi dei due sta approfittando meglio della situazione - e la politica è anche l'arte di approfittarne? Chi dei due si sta rivelando il migliore politico?

Su un'altra cosa sbagliavo: non credevo che i grillini avrebbero fatto una campagna referendaria così intensa. Ero convinto che questa volta avrebbero lasciato alla propaganda renziana campo libero perché, tutto sommato, una vittoria del Sì non li avrebbe affatto danneggiati. E dopo Roma non mi sembravano così ansiosi di prendere il potere. Mi stavo sbagliando. Il M5S rischia seriamente di vincere un'elezione nel 2017. Se succedesse, attenzione, non sarà una vittoria dell'antipolitica. Se Grillo vincerà, sarà grazie alla sua astuzia e alla sua capacità di cogliere le opportunità e metterle a frutto. Vincerà perché sarà stato più bravo, o gli altri molto più scarsi. In ogni caso se la sarà meritata.
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Renzi avrebbe vinto, se non fosse Renzi

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Il ragazzo è un missile. 

Qualche mese fa, in un momento di apparente lucidità, Matteo Renzi ammise che la personalizzazione della campagna referendaria era stata un errore. Già al tempo si sapeva come sarebbe andata a finire; già al tempo qualcuno apprezzò quello che sembrava un tentativo di correggere il tiro. Già allora qualcun altro scuoteva la testa - insomma: è Matteo Renzi. Per forza personalizza. Se l'acqua non bagnasse, se il vento non soffiasse, se Matto Renzi non personalizzasse. Cresciuto politicamente tra provincia e comune di Firenze, in una fase in cui partiti e corpi intermedi si ritiravano lasciando spazio a personaggi e personaggetti, Renzi è progettato per vivere ogni battaglia politica nel modo più plebiscitario possibile. O con lui o contro di lui. Del resto è così che si diventa sindaci, che si diventa personaggi mediatici, e forse funziona così anche con le primarie del Pd, ormai. Con palazzo Chigi le regole (per ora) sono un po' diverse, ma forse era un po' tardi per impararle. Prima o poi doveva metterseli tutti contro e andare a sbattere. È anche difficile prendersela con lui, insomma: è fatto così. Lo avevate pur capito che era progettato così. Un missile innescato dai tempi delle prime Leopolde. Non è che possa cambiare traiettoria in corsa, non è che possa imparare un gioco diverso. I missili solo una cosa sanno fare.

A mezzanotte e un quarto, quando ancora il conteggio delle schede era una stima, Matteo Renzi ha voluto salutarci e mostrarci quanta importanza stesse dando davvero al testo costituzionale - perché a quel punto c'era ancora qualcuno che pensava che il referendum fosse sulla Costituzione, sapete. Ha spiegato che è stata colpa sua, tutta sua. Che i suoi elettori non c'entrano. Che ha fatto tante belle cose ma adesso lascia, perché evidentemente qualcuno non lo vuole. Ha fatto il suo concession speech, tanto simile a quello delle primarie di quattro anni fa, perché alla fine nella sua testa il politico è quella figura americana che ammette le sconfitte a conteggi in corso. Tra qualche tempo forse riuscirà più evidente l'assurdità della cosa: sulla scheda non c'era scritto Renzi, non c'era scritto PD, non c'era scritto Cambia Verso Rottamiamo i Professoroni. C'era un quesito costituzionale. Ma per Renzi le croci sul No erano contro di lui e queste è l'unica cosa che importi: lui. Se l'acqua non bagnasse, se il vento non soffiasse, forse sarebbe andata in un modo diverso.

È la fine della sua carriera? A occhio non sembra, anzi. Non fosse Renzi, avrebbe di che festeggiare, e non è escluso che in privato non lo abbia fatto. Alle europee di due anni fa il PD di Renzi valeva 11 milioni: il 40%. Dopo due anni di governo, con un logoramento inevitabile, senza una parte importante del PD, è riuscito a ottenere il Sì di tredici milioni di italiani. Insomma si tratterebbe di una vittoria, da spartire con alleati evanescenti (Alfano? Verdini?) che difficilmente avranno portato al mulino un milione di elettori in tutto. I sostenitori del Sì e i renziani più o meno entusiasti avrebbero di che festeggiare per un risultato che attesta la popolarità del loro leader, collocandolo al centro dell'arco costituzionale con un pacchetto di consensi che non si sta consumando col tempo. Avrebbero avuto più di un motivo di reclamare un risultato che dice, semplicemente, che qualsiasi futura maggioranza di governo dovrà fare i conti con loro.

Ma non sarebbero stati renziani. Non starebbero vivendo questi anni di governo come il talent show del giovane primo ministro contro tutti. Sir Robert Baden-Powell, il fondatore dello scoutismo, proponeva di lasciare il mondo migliore di come lo avessimo trovato. Renzi lascia il PD devastato, il principale movimento di opposizione più compatto che mai, la scuola disorientata, il mondo del lavoro in stagnazione e un sistema bancario sull'orlo del baratro. Qualcun altro si sarebbe sentito responsabile per tutto questo. Qualcun altro avrebbe cercato di evitare una consultazione referendaria, magari cercando di far passare qualche riforma attraverso la maggioranza qualificata del parlamento. Se non avesse funzionato, qualcun altro avrebbe potuto almeno recepire le critiche che arrivavano da costituzionalisti insigni e da membri del suo stesso partito. Infine, qualcun altro avrebbe potuto sganciarsi davvero dalla campagna, magari scaricandola sulle spalle della sua ministra delle Riforme, che nessuno considera una bella statuina; qualcuno potrebbe aver mantenuto un profilo super partes, dopotutto è già successo che una maggioranza perdesse un referendum e non è stata la fine di quella maggioranza. Qualcuno avrebbe potuto non essere Matteo Renzi, ma è andata così.

E adesso che succede? Forse niente. Le borse che dovevano crollare sono state calme, confermando che il dramma è tutto televisivo. Matteo Renzi ha finito la sua campagna, Matteo Renzi ha promesso soldi a tutti, cartelle di Equitalia condonate e ponti sugli stretti di Messina, ora l'intervallo è finito. C'è per l'ennesima volta da trovare la quadra a un bilancio difficile, c'è da affidare l'incarico all'ennesimo tizio grigio che alzerà le tasse e si farà odiare da tutti. Renzi se ne torna a casa a contare il suo gruzzolo di Sì, ad aspettare il momento in cui tutti lo rimpiangeremo. Non è escluso che non succeda molto presto, persino a me.

Vorrà dire che tra qualche mese o anno, complice il susseguirsi degli eventi o il rincoglionimento, mi sarò dimenticato quel piccolo dettaglio: il ragazzo è un missile. Forse non sarà per sempre un ragazzo. Forse un giorno imparerà a non andare dritto come un missile. Forse. Ma a quel punto forse è meglio provare qualcos'altro. E la vecchia domanda: ma come andò quella volta, ma chi si mise in testa per primo che quel missile sarebbe stato un ottimo segretario del Pd, un ottimo presidente del Consiglio? Non si vedeva che era un missile? E i missili solo una cosa sanno fare. Magari anche bene, eh. Ma solo una.
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Capitan Sully, l'eroe di due minuti

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Sully (Clint Eastwood, 2016).

Anche i migliori a volte hanno dei dubbi. Per esempio Clint Eastwood, come dire, la Storia del cinema. Secondo me ogni tanto se lo domanda: e se avessi sbagliato qualcosa? E se avessi fatto un errore? Quell'inquadratura era da dilettanti. Quel raccordo non riesco a perdonarmelo. Quante cazzate che ho fatto, e diciamolo, come attore valevo nulla. Ok, ho scoperto Michael Cimino, ma forse era meglio se lo avessi lasciato a girare pubblicità, per lui e per tutta l'industria. Magari sta uscendo da una macchina, Clint Eastwood, magari cammina su una passerella; tutt'intorno un cordone di sicurezza, sconosciute che vorrebbero abbracciarlo, c'è gente a cui Clint fa sesso a 80 anni, e intanto lui pensa: forse faccio pena.

L'unico modo per cambiare idea è riguardarsi uno dei suoi film. E commuoversi. No, Cristo, io non faccio pena, io sono la fottuta storia del cinema. Ho portato a casa film impossibili, ho dato un capo e una coda persino ad American Sniper - ok, la gente sarebbe andata a guardarlo anche se fosse stato girato e montato da un ragazzino daltonico, ma io ne ho fatto un fottuto film di guerra e di pace, e ci ho messo anche la retorica, ma solo quel pizzico che non stomaca e ti lascia il sapore dolce sul finale. Ed era la storia di un cecchino mitomane, Cristo, lasciate perdere i critici. Non sanno cos'è il mestiere, non se lo immaginano, non possono capire. Nessuno sa cosa vuol dire trovarsi sul set sotto pressione, a un'età in cui dovreste stare ai giardinetti, a stingere i denti e macinare un altro film da 60 milioni di dollari. Nessuno sa quanto sono bravo. Solo io posso capirlo. Gli altri al limite devono fidarsi. Di Clint Eastwood.

Sully forse non è un grande film, ma proprio per questo è un film straordinario. C'erano tanti modi di raccontare un'impresa epica, ma brevissima (cinque minuti tra il decollo di un jet di linea e l'ammaraggio più riuscito della storia dell'aviazione civile, 155 superstiti salvati nelle gelide acque del fiume Hudson, nessuna vittima). Hollywood conosce tantissime ricette per allungare il brodo e produrre film di successo, e Clint Eastwood le ha scartate tutte. Avrebbe potuto concentrarsi sulla biografia del pilota, darci dentro coi flashback; e invece a Eastwood dopotutto il passato di Sully non interessa un granché. Avrebbe potuto insistere sui passeggeri, raccontare le loro vite che si intrecciano casualmente sullo sfondo di una tragedia contemporanea evitata per un soffio - trovando nei nostri cuori più di una corda da suonare, in fondo siamo tutti passeggeri, siamo tutti potenziali vittime, potenziali eroi - invece no, neanche i passeggeri in fin dei conti sono così importanti per Clint. Avrebbe potuto insistere sul procedurale, offrirci dettagli ancora più specifici dell'inchiesta, le manovre vere o presunte della compagnia per pagare qualche migliaio di dollari in meno d'indennizzi - non ci avremmo capito quasi nulla, ma ci sarebbe piaciuto lo stesso, come in quei film di avvocati o broker finanziari. Ma non era quello il punto.

A Clint Eastwood interessavano solo quei due minuti: quelli in cui capitan Sully ha fatto la differenza (continua su +eventi!)


Questo non è il film (ma nel film è uguale).


A Clint Eastwood interessavano solo quei due minuti: quelli in cui capitan Sully ha fatto la differenza. Ce li mostra una, due volte: e poi le simulazioni, quattro simulazioni, in tempo reale; e giusto quando stavamo pensando Grazie, Clint, basta anche così, ci infila a forza le cuffie e ci fa riascoltare la scatola nera. Non è neanche più esattamente cinema, non è narrazione, ma nemmeno documentario; alla quinta volta che ritorni nella stessa cabina, è qualcosa di più simile a un addestramento, o a una liturgia. Scordati il passato, non pensare alla famiglia, non preoccuparti dei processi che ti faranno - faranno bene a farteli, ma adesso non ci devi pensare: e anche al boato dei passeggeri lì dietro, non c'è tempo per soffrire con loro, devi salvarli. È tutto lì. È veramente tutto lì. E se andrà a finire bene, ti daranno dell'eroe o del pazzo incosciente, ma che ne sanno? Non ne sanno nulla. Tutti i critici veri o computer-simulati non possono capire cosa vuol dire trovarsi al comando in quel momento, e prendere la decisione che non è mai giusta, la decisione che è meno sbagliata delle altre. Ti odieranno, ti ameranno, ti daranno dell'eroe, ma nessuno potrà capirti. E tu stesso avrai dei dubbi, tu stesso saprai di non poterti fidare dei tuoi ricordi. La memoria fa scherzi assurdi, l'inconscio di notte cambia le carte in tavola.

Sully è la piccola storia straordinaria di un tizio che fa una manovra mai fatta, viene immediatamente acclamato come eroe, ma in cuor suo sospetta di aver sbagliato tutto, di aver perduto un aereo, la pensione, e (soprattutto) l'autostima. Sully è un film che si appoggia con la leggerezza di un jet sul grande tema dello stress post-traumatico: che tra mille modi di commuoverci sceglie di ricordarci quei momenti in cui ci svegliamo di soprassalto pensando a un incidente che stavamo per commettere, e che in un mondo parallelo è successo, e siamo morti tutti, tutti. È un film che prosegue con un paragone azzardatissimo: dopo aver salvato il suo equipaggio, Sully salverà sé stesso, con lo stesso stile: poche semplici manovre al momento giusto. Il discorso con cui impone alla commissione la sua versione dei fatti è efficace e stringato (un altro segno subliminale che l'età di Obama è finita, forse anche nei film di Spielberg i discorsi si asciugheranno). Eastwood aveva a disposizione 60 milioni di budget e Tom Hanks nell'ennesimo ruolo di Capitano d'America. Poteva usarli come li voleva: li spende per dirci che il successo, il boato del popolo che ti ama e ti abbraccia, non significa niente. Se sei un professionista, l'unica verità sta nella scatola nera. Se sei un professionista, il miglior critico di sé stesso sei tu. E Sully questo è: un professionista. Come le hostess che da un attimo all'altro cominciano a eseguire una procedura mai fatta prima, una di quelle che non funziona quasi mai e di solito dopo si muore di schianto. Come tutta la città di New York, tutti i suoi abitanti e impiegati portuali che se vedono un aereo planare non perdono neanche un istante a domandarsi cosa fare: c'è una cosa sola da fare, se sei un professionista. E poi sarai anche un eroe, ma l'impresa eroica è quel tipo di cosa che ti capita se sei un professionista.

Sully è al Cityplex di Alba; al Cinelandia di Borgo San Dalmazzo; al Vittoria di Bra; al Fiamma di Cuneo; al Multilanghe di Dogliani; ai Portici di Fossano; al Baretti di Mondovì; al Cinecittà di Savigliano.
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Tra due dinosauri, scegli quello in via d'estinzione: vota NO.

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21) Poi c'è chi voterà Sì ben sapendo che si tratta di una riforma brutta, scritta male, che probabilmente complicherà le cose, rendendo il clima politico ancora meno respirabile, ma l'alternativa è peggio, perché l'alternativa sarebbe... D'Alema. O Berlusconi. Insomma i vecchi.

Che è un po' la storia che il Sì ha cercato in tutti i modi di raccontare nelle ultime settimane, quelle in cui Renzi, potendo scegliersi un avversario da talk show, ha optato per Ciriaco De Mita. Contro di noi c'è l'accozzaglia, contro di noi i pensionati, contro di noi i dinosauri. Restando nel campo della buona fede, prendiamo Francesco Costa:

Cos’altro succederebbe con una vittoria del No? Un’intera anziana e vastissima generazione politica si guadagnerebbe il diritto a un ultimo giro di giostra: da Brunetta a D’Alema, da Bersani a Berlusconi, da Maroni a Monti, da Gasparri a Fassina, persone che hanno fatto in modi diversi la storia della Seconda Repubblica e ora sono sul punto di uscirne, come fisiologicamente accade in ogni democrazia, conquisterebbero nuova centralità e vitalità nei loro partiti e quindi nel paese. Lo dico a prescindere dal giudizio nei loro confronti: è un fatto che alle successive elezioni bisognerebbe ancora, di nuovo, fare i conti con loro.

22) Il momento in cui i renziani hanno sorpassato
a destra la Casaleggio, occupando pagine di facebook
con meme beceri creati per l'occasione
(vedi Leonardo Bianchi su Vice).  Che a pensarci
è già un altro ottimo motivo per votare No. 
Questo argomento immagino abbia sicura presa coi trentenni, specie se cognitari: gente che tutti i giorni si misura nel luogo di lavoro con capi incompetenti che hanno il doppio della loro età (ehm no, non è il caso di Costa, ma per capirci). Cosa potrei obiettare? Secondo me non è vero: non vedremo D'Alema, Monti o Bersani in primo piano alle prossime elezioni. Non funzionerebbero - non credo stiano funzionando nemmeno adesso, non sono loro a spingere il No: al massimo sono un bersaglio comodo per la propaganda del Sì. Berlusconi è un discorso a parte, per gli interessi dell'azienda che rappresenta (e che gli sopravviverà). Ma alla fine non è tanto questo il problema.

Fingiamo che davvero ci sia una lotta generazionale, dinosauri contro rottamatori; fingiamo che tutto si decida conquistando i ventenni e i trentenni, ebbene: cari ventenni, cari trentenni, pensateci bene. Tra il dinosauro in via d'estinzione e quello che ha la vostra stessa età, con chi scegliete di combattere?

Sul serio: da una parte gente che ormai ha dato tutto quello che doveva dare. Bersani non dirigerà più il Pd, Monti non è più un nome spendibile per Palazzo Chigi. Berlusconi al limite può fare ancora il kingmaker, con esiti per ora mediocri. Ma Renzi, se lo votate, non ve lo levate più dal groppone. Fin qui l'anagrafe giocava dalla vostra parte, ma (cari trentenni) non sarà sempre così.

Ok, siete abituati a misurarvi nel luogo di lavoro, tutti i giorni, con colleghi e superiori incompetenti più vecchi di voi. Ma fateci caso: cominciano a farvi posto. Cominciano a chiedervi come funziona la tal procedura, perché ormai è innegabile che siate più svelti. Cominciano ad andarsene in pensione. E tra un po' se ne saranno andati tutti. Ma siate sinceri: il clima sta migliorando? Guardatevi attorno: non li vedete i trenta-quarantenni arroganti, quelli convinti di aver capito le cose meglio di voi, quelli che combinano casini pasticciando con le procedure e poi cercano di addossare la colpa a qualcun altro - magari a voi? Quelli che si credono d'aver capito qualcosa, quelli che pensano di poterla spiegare a tutti, quelli in pensione non ci andranno per un pezzo? Capace che vi ci mandino voi. Quelli, se non vi date da fare, ve li tenete finché campate.

Lo so che è uno choc. Fin qui qualsiasi persona odiosa, qualsiasi coglione, per quanto insopportabile, aveva pure una data di scadenza. C'era qualcosa di irresistibilmente comico nella deriva senile di Berlusconi: da una parte le faceva enormi, dall'altra si capiva che non sarebbe durato. Ma avete dato un'occhiata a Renzi, alla Boschi? Quelli non scadranno ancora per tanto, tanto tempo. E vi dicono che dovete scegliere: o loro o quelli vecchi. Io non avrei dubbi, davvero. Di motivi per votare No ne ho tanti altri, e un po' più seri: ma se è una questione generazionale, si risolve alla svelta. Tra due prede da inseguire, sempre scegliere quella stanca e ferita. Tra due nemici, sempre guardarsi dal più giovane e in forze. Lasciate che i morti seppelliscano i morti e votate No.

Gli altri motivi:

1. Non si riscrive la carta costituzionale col martello pneumatico.
2. Non si usa una brutta legge elettorale come moneta di scambio.
3. Non mi piacciono le riforme semipresidenziali.
4. Meglio un Renzi sconfitto oggi che un Renzi sconfitto domani
5. Mandare 21 sindaci al senato è una stronzata pazzesca
6. Mandare sindaci al senato è davvero una stronzata pazzesca.
7. Nel nuovo Senato alcune Regioni saranno super-rappresentate, ai danni di altre
8. Si poteva scrivere meglio, ma non hanno voluto.
9. Di leggi ne scriviamo già troppe: non abbiamo bisogno di scriverne di più e più in fretta, ma di farle rispettare
10. Il numero di firme necessarie per richiedere un referendum abrogativo va aumentato e basta
11. Non è vero che sarà più facile approvare leggi di iniziativa popolare, non fate i furbi.
12. Dio ci scampi dai referendum propositivi.
13. Il Presidente della Repubblica non sarà necessariamente una figura sopra le parti.
14. Gli abitanti delle città metropolitane non avranno il diritto di eleggere i loro rappresentanti? Ma siete scemi?
15. Chi abolisce le Province non capisce il territorio.
16. Se passa la riforma, per un po' ce la dovremo tenere; se non passa, possiamo subito proporne una migliore
17. Perché non vorresti mai darmi ragione.
18. Perché "NO" almeno sai come si scrive
19. Se vuoi risparmiare taglia le poltrone; costringere sindaci e consiglieri a sedere su più poltrone contemporaneamente è una cattiva gestione delle risorse.
20. Perché anche se vincesse il Sì, la riforma non sarà stata approvata dalla maggioranza dei cittadini.
21. Perché tra due generazioni di dirigenti poco capaci, la più pericolosa è quella giovane e ancora in sella.
22. Perché la propaganda renziana è scesa a livelli intollerabili.
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Un quinto degli italiani ha il diritto di cambiare la Costituzione di tutti?

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20) Ok, domani si vota. So che non vedete l'ora. E mettiamo che il Sì vinca, ma di misura. Sarà tutto regolare?

No, non sto parlando di brogli. C'è un problema un po' più grosso, ovvero: quanto sarà credibile una vittoria del Sì, se al referendum non votassero in tanti?

Immaginatevi la situazione. Mettiamo che vada a votare meno del 50% degli aventi diritto - una stima anche ottimista, considerando gli ultimi referendum: diciamo venti milioni di italiani. Mettiamo che il Sì prevalga di poco, come suggeriscono alcuni sondaggi (che sbagliano sempre). Diciamo 11 milioni, in linea con le europee del 2014 (due anni dopo Renzi non sembra altrettanto popolare, ma ultimamente s'è speso molto, anche in tv - anche se forse la tv non serve, e tuttavia). Cosa succederà?

Tecnicamente sarà tutto regolare: undici milioni di italiani avranno ratificato la riforma Renzi-Boschi. Fine della storia.

Politicamente, sarà lo strappo definitivo. Milioni di italiani non accetteranno il risultato. Vuoi per tigna, vuoi per livore antipolitico. Ma anche per una questione di buonsenso.

Vi ricordo che la consultazione referendaria è necessaria perché la riforma, in Parlamento, non è passata con la maggioranza qualificata richiesta (2/3 dei votanti). Aggiungiamo che l'attuale parlamento è stato eletto con una legge elettorale incostituzionale. Questo non significa che sia illegittimo: nella stessa sentenza la Corte lo ha escluso, in virtù del "principio fondamentale della continuità dello Stato": nell'attesa di una legge elettorale finalmente costituzionale (attesa che si sta rivelando un po' faticosa), un parlamento deve pur esistere, e quindi ci teniamo quello eletto incostituzionalmente. Forse non era il parlamento più adatto per modificare così profondamente la Costituzione, ma Napolitano ci teneva tanto, Renzi pensava di potercela fare, e così eccoci qui.

Ricordiamo en passant che lo stesso Renzi governa con una maggioranza che al momento delle elezioni non esisteva, dato che non esistevano i partiti che la compongono; quello di Alfano, quello di Verdini (che adesso non so più come si chiamino) e il PD di Renzi - quest'ultimo, sì, esisteva, ed aveva pure vinto il super-premio di maggioranza alla Camera, ma presenandosi alle elezioni del '13 con un programma diverso, e un altro leader (Bersani): Renzi era stato sconfitto alle primarie e non s'era nemmeno candidato alle politiche.

Ricapitolando: c'è un parlamento eletto con una legge incostituzionale, che può legiferare soltanto perché finché non scrive una legge costituzionale non ci può essere un altro parlamento più legittimo. C'è un governo che è espressione di una maggioranza composta da partiti che alle elezioni non si sono nemmeno presentati. Il suo leader può contare su una maggioranza, alla Camera, grazie a un premio elettorale (incostituzionale) conquistato dal suo predecessore, che non ne condivideva le idee e i progetti di riforma costituzionale. Questo nuovo giovane leader, invece di limitarsi a far riscrivere una legge il più costituzionale possibile e rassegnare le dimissioni, auspicando lo scioglimento del parlamento... decide di presentare allo stesso parlamento la riforma costituzionale più radicale dal 1946. Servono però i due terzi dei parlamentari: ce li ha? No. Malgrado il super-premio (incostituzionale), malgrado le alleanze (strette dopo le elezioni con partiti che non si erano nemmeno presentati), Renzi quei due terzi non ce li ha. E allora chiede di indire un referendum propositivo.

Il referendum lava più bianco: non importa quanto sia raffazzonata e trasformista la compagine che sostiene Renzi: non importa che provenga da un parlamento eletto incostituzionalmente, perché a questo punto la palla passa ai cittadini. Se più della maggioranza degli elettori troverà buona la riforma Renzi-Boschi, il fatto che sia stata scritta da gente arrivata al governo un po' per caso non avrà più importanza. Più che la Renzi-Boschi, sarà la riforma del popolo italiano. Tutto bene? Insomma.

C'è un piccolo intoppo. Il referendum propositivo non ha il quorum. 11 milioni di italiani potrebbero reclamare il diritto di cambiare la Costituzione per gli altri 50 (per altri 40 di aventi diritto). Vi sembra giusto? A milioni di italiani non sembrerà giusto. Non lo accetteranno. Potrete sempre inveire contro di loro sui social: trattarli da ignoranti che non capiscono la democrazia.

Dove la democrazia è quella cosa che secondo voi funzionerebbe così: un parlamento eletto con una legge incostituzionale, invece di scriverne un'altra costituzionale e sciogliersi, vota la fiducia al governo diretto da un tizio che non ha vinto le elezioni - era opposizione interna nel partito che le ha pareggiate, non si è neanche candidato - e approva (ma senza maggioranza qualificata) una riforma costituzionale voluta da costui: la stessa riforma viene poi confermata mediante referendum da... un cittadino su quattro. Ma siete proprio sicuri che la democrazia sia ancora questa cosa qui? Siete sicuri che i grillini, oltre a essere beceri, ignoranti, livorosi, non abbiano semplicemente ragione?

Nel dubbio, fossi in voi, voterei No. Magari la prossima volta si fa una riforma più condivisa.

(Gli altri motivi:

1. Non si riscrive la carta costituzionale col martello pneumatico.
2. Non si usa una brutta legge elettorale come moneta di scambio.
3. Non mi piacciono le riforme semipresidenziali.
4. Meglio un Renzi sconfitto oggi che un Renzi sconfitto domani
5. Mandare 21 sindaci al senato è una stronzata pazzesca
6. Mandare sindaci al senato è davvero una stronzata pazzesca.
7. Nel nuovo Senato alcune Regioni saranno super-rappresentate, ai danni di altre
8. Si poteva scrivere meglio, ma non hanno voluto.
9. Di leggi ne scriviamo già troppe: non abbiamo bisogno di scriverne di più e più in fretta, ma di farle rispettare
10. Il numero di firme necessarie per richiedere un referendum abrogativo va aumentato e basta
11. Non è vero che sarà più facile approvare leggi di iniziativa popolare, non fate i furbi.
12. Dio ci scampi dai referendum propositivi.
13. Il Presidente della Repubblica non sarà necessariamente una figura sopra le parti.
14. Gli abitanti delle città metropolitane non avranno il diritto di eleggere i loro rappresentanti? Ma siete scemi?
15. Chi abolisce le Province non capisce il territorio.
16. Se passa la riforma, per un po' ce la dovremo tenere; se non passa, possiamo subito proporne una migliore
17. Perché non vorresti mai darmi ragione.
18. Perché "NO" almeno sai come si scrive
19. Se vuoi risparmiare taglia le poltrone; costringere sindaci e consiglieri a sedere su più poltrone contemporaneamente è una cattiva gestione delle risorse.
20. Perché anche se vincesse il Sì, la riforma non sarà stata approvata dalla maggioranza dei cittadini).
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Se vuoi davvero risparmiare, taglia le poltrone, Matteo Renzi

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19) Ma è il modo di risparmiare?

La riforma in sé ormai non la difende nessuno. Nessuno riesce a parlarne bene restando serio. Romano Prodi ha deciso che vota sì "anche se le riforme proposte non hanno certo la profondità e la chiarezza necessarie", che è un modo neanche troppo garbato per dire che le riforme proposte sono troppo superficiali e per niente chiare. Epperò tanta gente le voterà, perché... così si risparmia.

Adesso, onestamente: se il boss di un'azienda con  milioni di
dipendenti vi dicesse che la sua ricetta salvacrisi è un taglio
di 215 posti, non gli ridereste in faccia?
E a questo punto dovrei mettere anch'io mano alla calcolatrice e mostrare che no, non si risparmia così tanto, e che molti numeri messi in giro da Renzi sono falsi e dettati da un'ansia che assomiglia molto alla disperazione. Che è il problema di chi si gioca sempre tutto: a un certo punto vorrà fregarti. Non è colpa sua, ma ha moglie, figli, un Paese intero sul groppone, te la puoi prendere se alla voce "abolizione del Cnel" conteggia anche i costi di gestione dell'edificio? Un bel palazzo liberty, secondo voi dal giorno dopo lo chiudono e non mandano neanche un inserviente a pulire ogni tanto? Luce, riscaldamento, ci stai dicendo che tagli le utenze? Ma per chi ci hai preso? Eh, ma qui o si fa l'Italia o si muore, per cui sorbitevi questa e altre puttanate. Vabbe'.

I conti qualcuno li ha fatti davvero, e con un po' di fatica potete trovarli anche voi. Con questa riforma si risparmierà, ma non tanto quanto sta promettendo Renzi. Piuttosto di buttar giù una tabella, preferirei aggiungere una riflessione: c'è modo e modo di risparmiare. Pensi che il parlamento costi troppo? Taglia i seggi. Dimezzali. Metà parlamentari, metà gettoni, metà rimborsi-indennità-eccetera. Chiudi il senato e trasforma Palazzo Madama in un museo della politica italiana. Metti il biglietto a cinque euro e a fine anno forse hai anche coperto il riscaldamento. Facile.

Ma a Renzi non piacciono le cose facili. Piacciono queste cose un po' lambiccate da manager del consiglio parrocchiale. Invece di tagliare i senatori, offre lo stesso incarico a chi ne ha giù uno. Da qui in poi saranno tutti consiglieri e sindaci, e quindi un mensile l'avranno già. Che gran pensata.

Mi ricorda certi ambienti in cui ho lavorato. C'è bisogno di una figura professionale nuova? Dovremmo assumerlo. Non si può. Diamo lo stesso lavoro a uno che sta già facendo un'altra cosa. Ah, e non lo paghiamo - al massimo rimborsi, bonus, aiutini, ci mettiamo d'accordo in corridoio, mi raccomando non dirlo ai colleghi. Naturalmente il tizio lavorerà poco e male, del resto come fai a prendertela con lui? Ha già un altro lavoro da fare. E poi neanche lo pagano. E avanti così.

In controluce, un'idea della politica (e del lavoro) avvilente: roba che si fa nei ritagli di tempo. Nessuno si aspetta che tu la faccia bene. C'è una sedia da riempire e per risparmiare ci mandiamo te che hai già altre cose da fare, ma che ti costa? Sei mesi dopo succede un casino e magari è colpa tua, però alla fine mica se la possono prendere con te, tu avevi altro da fare, mica puoi accorgerti di tutto, e poi per quel che ti pagano.

Volete pagare meno i politici? Pagate meno i politici. Riducetegli il mensile, o riducete le poltrone. Ma lasciare quasi invariato il numero delle poltrone e tentare di spalmarci un numero inferiore di natiche di politici è un'idea semplicemente scema. Se l'ha capito anche la Meloni, son contento che persino la Meloni abbia capito qualcosa. Se Renzi e la Boschi non ci arrivano, sono mortificato: siamo al punto in cui persino la Meloni potrebbe dar loro una lezione di management e, beh, di democrazia.

Però se votiamo no e facciamo finta di niente magari tra un po' ci dimenticheremo del momento in cui un ex sindaco proponeva per "risparmiare" di far fare ai sindaci e consiglieri il mestiere dei senatori a tempo perso. Ditemi un solo altro Paese al mondo dove qualcuno ha proposto seriamente una cosa del genere.

(Gli altri motivi:

1. Non si riscrive la carta costituzionale col martello pneumatico.
2. Non si usa una brutta legge elettorale come moneta di scambio.
3. Non mi piacciono le riforme semipresidenziali.
4. Meglio un Renzi sconfitto oggi che un Renzi sconfitto domani
5. Mandare 21 sindaci al senato è una stronzata pazzesca
6. Mandare sindaci al senato è davvero una stronzata pazzesca.
7. Nel nuovo Senato alcune Regioni saranno super-rappresentate, ai danni di altre
8. Si poteva scrivere meglio, ma non hanno voluto.
9. Di leggi ne scriviamo già troppe: non abbiamo bisogno di scriverne di più e più in fretta, ma di farle rispettare
10. Il numero di firme necessarie per richiedere un referendum abrogativo va aumentato e basta
11. Non è vero che sarà più facile approvare leggi di iniziativa popolare, non fate i furbi.
12. Dio ci scampi dai referendum propositivi.
13. Il Presidente della Repubblica non sarà necessariamente una figura sopra le parti.
14. Gli abitanti delle città metropolitane non avranno il diritto di eleggere i loro rappresentanti? Ma siete scemi?
15. Chi abolisce le Province non capisce il territorio.
16. Se passa la riforma, per un po' ce la dovremo tenere; se non passa, possiamo subito proporne una migliore
17. Perché non vorresti mai darmi ragione.
18. Perché "NO" almeno sai come si scrive
19. Se vuoi risparmiare taglia le poltrone; costringere sindaci e consiglieri a sedere su più poltrone contemporaneamente è una cattiva gestione delle risorse).
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Il vero motivo per votare No

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17) Ok, se siete arrivati fin qui, adesso vi dico davvero perché dovrete votare No.

Sentite, io lo so che in questo momento sembra che vi stiate giocando il tutto per tutto. Ve lo dicono in ogni dove, ve lo dice gente degna di fede, persino Romano Prodi, insomma stavolta o si fa la riforma costituzionale o si muore. Sembra proprio così.

Ma sarà sempre così, da qui in poi.

Inevitabile
Tra un anno si faranno le elezioni, e di nuovo Renzi tornerà in tv da mane a sera; di nuovo vi impesterà la bacheca con spot elettorali non molto rispettosi delle vostre facoltà intellettive. Di nuovo vi spiegheranno che è la volta buona, che o vince Renzi o arriverà lo Spread, i grillini con le loro sofisticatissime catene di sant'antonio, le cavallette. E se non saranno le elezioni, si farà un referendum d'indirizzo sull'eurozona. Vi preoccuperete molto, di nuovo; vi sembrerà che il clima sia irrespirabile, di nuovo; e tratterrete il respiro, di nuovo; ma forse a un certo punto vi sorprenderete a pensare: ma non è già successo, tutto questo? Non c'era almeno uno che lo ha previsto, in un blog? Ma vuoi vedere che aveva ragione?

E a me non piace avere ragione.

Mettiamo che Renzi vinca, domenica - perché Renzi può vincere. Altrimenti non ci crederebbe così tanto. È riuscito a tornare anche dalla D'Urso (a proposito: se le tv sono così importanti, perché non si preoccupa del conflitto d'interessi? E se invece non sono così importanti, perché è sempre in tv?) Mettiamo che Renzi ce la faccia. Poi dovrà cambiare l'Italicum, come ha promesso a Cuperlo. Mettiamo che lo cambi con una legge ancora peggiore, ancora più distorta, ancora più "Io solo contro tutti e chi arriva prima si piglia un premio spropositato". Mettiamo, insomma, che vada proprio come sto dicendo io.

Siete proprio sicuri che volete darmi ragione?

Poi immaginatevelo, Renzi, dopo una campagna così. Renzi che sfida tutti, e sembra sotto per otto mesi, e poi nel rush finale vince. Per un'incollatura, magari, ma non importa: è un referendum, chi arriva primo vince tutto. Immaginatevelo a quel punto: ce la farà a star serio? Altro che #ciaone, stavolta. E se anche lui nel frattempo avesse capito che le vittorie vanno gestite con più sportività delle sconfitte, ve li immaginate i suoi subordinati? Gente che ormai gli deve tutto e in caso di sconfitta scomparirebbe dai radar? Immaginate tutta questa gente lunedì resuscitare, esultare; immaginateli spernacchiare i grillini con mimiche e argomenti ormai indistinguibili da quelli messi in circolo dalla Casaleggio. E poi immaginateli tra un anno, ancora lì, garruli, a difendere Renzi perché Renzi è l'unico senso che hanno. Quanto potranno ancora reggere, prima di essere spazzati via? Non è una cosa che gli auguro; non credo che chi verrà dopo sarà per forza meglio, ma prima o poi Renzi sarà sconfitto, e non ci sarebbe niente di male - se sapesse perdere. Se le leggi che lui stesso sta scrivendo non servissero proprio a ridurlo in briciole, la prima volta che toccherà a lui perdere. E quando succederà, non sarete affatto contenti di darmi ragione.

Ma ammettiamo pure che dopo il referendum Renzi vinca le elezioni, e si ritrovi il parlamento proprio come lo vuole lui; quello che nelle vostre proiezioni è il lieto fine. Quanto ci metteremo a scoprire che i sindaci/senatori non funzionano? Che non ci sono quando servono, o che spesso sono in conflitto di interessi, che in città vengono criticati perché stanno a Roma e a Roma nessuno si accorge di loro? Quanto ci metterà un giornalista a trovare i rimborsi spese; quanto ci metterà l'opinione pubblica a trovarli vergognosi, anche se equivalessero giusto al vitto, all'alloggio, e all'abbonamento frecciarossa in prima classe? In breve: pensate che basterà vincere per l'incollatura il referendum per trasformare una cosa stupida (i sindaci al senato) in una cosa accettata da tutti? Un sacco di gente non l'accetterà. Un sacco di gente starà là fuori attenta alla minima magagna. Finché forse anche a voi non verrà il dubbio - come se non vi fosse già venuto - forse quei 21 sindaci in senato non sono poi un'idea così brillante. Forse aveva ragione Leonardo.

Ma voi non volete darmi ragione.

E l'iter legislativo. Quello che dovrebbe andare spedito. Cosa succederà alla prima legge che si perde nel ginepraio dell'articolo 70, quello che secondo i costituzionalisti degli spot di Renzi è scritto bene (ma nemmeno provano a spiegarlo)? Cosa succederà quando arriverà alla Gazzetta Ufficiale la prima infornata di leggi approvate velocissimamente, ma scritte con i piedi? Vi ricordate tutte le volte in cui una legge ammazza-internet scritta da gente che non distingueva tra un blog e una testata giornalistica è stata provvidenzialmente abbattuta tra Camera e Senato; cosa succederà la prossima volta, quando tra la Camera e la Gazzetta Ufficiale non ci sarà più che la firma di un presidente della Repubblica? E quando eleggeranno il prossimo, e magari si scoprirà che la maggioranza parlamentare effettivamente ha i numeri per eleggere chi vuole, sarete contenti di dovermi dare ragione? No, nessuno è contento quando mi dà ragione.

E quando cominceremo a celebrare referendum propositivi che contraddicono l'azione del governo? E quando qualcuno si domanderà: ma tutte le iniziative di legge popolare che il parlamento avrebbe dovuto mettere all'ordine del giorno, che fine hanno fatto? Non vi costerà darmi ragione? A me costerebbe.

Nel frattempo la vita andrà avanti; ognuno avrà la sua parte di disgrazie: frane, alluvioni, terremoti. E ogni volta qualcuno si dirà: è mancata la prevenzione. D'altro canto i comuni sono troppo piccoli, ognuno pensa alla sua sponda di fiume, manca il quadro generale. Le regioni sono troppo grandi, di fiumi ne hanno tanti. Le province - ma esistono ancora? Nella costituzione sono sparite. Da qualche parte c'è un'assemblea di sindaci che ogni tanto si riunisce, ma non è chiaro cosa facciano, nessuno ne parla mai. Cioè. Un tizio su un blog ne parlava, e magari aveva la sua parte di ragione.

Ma che me ne faccio io della ragione?

Preferirei un bel torto. Che vinca il No, e che i renziani tornino a casa convinti di essere quasi riusciti a cambiare in meglio il Paese. Poi il tempo passerà, virando in rosa i dettagli più schifidi, e ai nipotini sarà più facile raccontare che Renzi aveva in mano una riforma bellissima, bellissima, ma i fascisti cattivi e i grillini matti non gliel'hanno fatta passare. Sarà un meraviglioso storytelling, e uno come me farà la comparsa nel ruolo di villano di complemento. Oppure scomparirò, preferisco. Tutti questi pezzi che ho scritto, a rileggerli, non avranno più senso; magari li cancellerò. La gente passerà di qui e penserà che in novembre mi ero preso una pausa, o che cominciavo - giustamente - a preoccuparmi davvero per Trump, o per il riscaldamento globale. Sul serio, preferirei così. E anche voi, se ci pensate bene. Per questo dovete votare No. Nessuno dovrà mai sapere che avevo ragione.

18) Oppure potete votare "NO" perché è l'unica opzione che sulla scheda è scritta in italiano corretto.

(Gli altri 16 motivi:

1. Non si riscrive la carta costituzionale col martello pneumatico.
2. Non si usa una brutta legge elettorale come moneta di scambio.
3. Non mi piacciono le riforme semipresidenziali.
4. Meglio un Renzi sconfitto oggi che un Renzi sconfitto domani
5. Mandare 21 sindaci al senato è una stronzata pazzesca
6. Mandare sindaci al senato è davvero una stronzata pazzesca.
7. Nel nuovo Senato alcune Regioni saranno super-rappresentate, ai danni di altre
8. Si poteva scrivere meglio, ma non hanno voluto.
9. Di leggi ne scriviamo già troppe: non abbiamo bisogno di scriverne di più e più in fretta, ma di farle rispettare
10. Il numero di firme necessarie per richiedere un referendum abrogativo va aumentato e basta
11. Non è vero che sarà più facile approvare leggi di iniziativa popolare, non fate i furbi.
12. Dio ci scampi dai referendum propositivi.
13. Il Presidente della Repubblica non sarà necessariamente una figura sopra le parti.
14. Gli abitanti delle città metropolitane non avranno il diritto di eleggere i loro rappresentanti? Ma siete scemi?
15. Chi abolisce le Province non capisce il territorio.
16. Se passa la riforma, per un po' ce la dovremo tenere; se non passa, possiamo subito proporne una migliore
17. Perché non vorresti mai darmi ragione.
18. Perché "NO" almeno sai come si scrive).
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Dialogo tra un riformista e un No

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(Negli ultimi giorni, come avrete notato, volevo buttare giù qualche argomento contro la riforma costituzionale, ma la cosa mi ha lievemente preso la mano. Qui sotto c'è una specie di riassunto degli ultimi 16 argomenti, in forma di dialogo. Magari è più semplice da linkare agli amici. Magari è un modo di perderli, gli amici. D'altro canto, chi ha bisogno di amici quando ha il CNEL?)


Il CNEL ti ha mai deluso? Perché vuoi deludere il CNEL?
Ciao. Mi puoi dire in breve perché voterai No alla riforma?

Perché non mi piace.

Tutto qui?

Non sono un esperto.

Non pensi di dover dare un giudizio più completo?

Credo che non riuscirò a farne a meno, ma non significa che sia giusto. Sono una persona qualsiasi, non sono tenuto a conoscere il diritto costituzionale.

Vabbe', ma allora tutti. 

Un buon motivo per non fare un referendum.

Ma allora non cambia mai niente!

Non è necessario il referendum per cambiare la Costituzione. Basta proporre una riforma condivisa, e farla approvare ad almeno due terzi del parlamento.

Grillini e Berlusconi non l'avrebbero approvata mai.

I grillini forse no - con Berlusconi fu Renzi a strappare, dopo l'elezione di Mattarella. Ma comunque, se questo parlamento non poteva fornire una maggioranza qualificata, forse era un buon motivo per scioglierlo - tanto più che è stato eletto con una legge che abbiamo poi scoperto incostituzionale. Forse Renzi avrebbe dovuto limitarsi a cambiare la legge elettorale e poi rimandare il tutto alla prossima legislatura. Invece dopo due anni cosa abbiamo ? Una brutta riforma costituzionale che forse domenica sarà bocciata, e una legge elettorale che sarà cambiata.

Ecco, lo sapevo, ce l'hai con Renzi.

In realtà mi è capitato di votarlo, e non escludo di farlo in futuro. Ma naturalmente ce l'ho con lui.

Lo ammetti pure.

Io non è che ce l'ho con queste riforme perché le ha fatte Renzi; ce l'ho con Renzi per le riforme che ha proposto. L'impronta che dà a questa riforma è chiarissima: i sindaci al senato e l'abolizione delle province erano cose che proponeva già alle prime Leopolde, quando ancora non era nemmeno leader di una vera e propria corrente del suo partito. Le ho sempre trovate proposte sbagliate, e quindi non le voto.

Qual è la riforma più sbagliata che avrebbe proposto Renzi, sentiamo.

Probabilmente l'Italicum.

L'Italicum non è nella Riforma!

Giusto.

Voti no alla Riforma solo perché il suo ispiratore ha anche ispirato l'Italicum?

Forse non posso, ma insistere sulla bruttezza dell'Italicum non è stato così inutile, visto che alla fine hanno deciso che lo cambiano (anche perché sennò ci perdono le elezioni).

Ecco, appunto, lo cambiano: quindi ora puoi votare per la Riforma.

Sembra quasi che vogliate propormi uno scambio: mi ridate una legge elettorale decente se io vi voto la vostra brutta riforma. Ma una legge elettorale non è una moneta di scambio. E tanto l'Italicum lo cambieranno lo stesso.

Ma dimmi una cosa che non ti piace della Riforma.

Mah, per esempio, i sindaci al Senato.

Che c'è di male?

È un doppio incarico, crea conflitti di interesse.

Però così si risparmia!

Se vuoi risparmiare puoi tagliare il numero delle poltrone. Che senso ha trasformare una delle due camere in un dopolavoro per sindaci già altrimenti indaffarati?

Ma un sacco di sindaci a Roma ci va a già.

A curare - si spera - gli interessi dei cittadini del loro comune, non della loro regione.

Non è così difficile da capire. Come sindaci cureranno gli interessi del loro comune; come senatori eletti dai consiglieri regionali cureranno gli interessi della loro regione. 

Pensi che non confliggano mai?

A volte confliggeranno, ma...

In caso di conflitto, chi è che può minacciare di farli decadere? A chi devono veramente il posto?

A chi?

I consiglieri regionali non hanno l'autorità per farli decadere da senatori. Ma i consiglieri comunali possono togliere la fiducia al loro sindaco in qualsiasi momento. Avremo maggioranze in Senato che si fanno e si disfano con manovre congiunte a Ravenna o Canicattì. Ti ricordo che i sindaci/senatori sono pagati in quanto sindaci, non in quanto senatori: perché quando scoppia un conflitto d'interessi tutto ha importanza, anche il lato in cui tieni il portafoglio.

Tanto il Senato non sarà poi così importante.

Può ritardare l'attività legislativa della camera; approva le riforme costituzionali, nomina due giudici della Corte Costituzionale (che diventerà ancora più importante, ora che l'iter legislativo diventa più breve) ed elegge il presidente della Repubblica. Pensa. Una crisi municipale a Canicattì potrebbe cambiare il quorum necessario all'elezione del presidente della Repubblica.

Va bene, i sindaci al Senato non ti piacciono. Tutto qui?

Nel prossimo Senato un molisano varrà cinque marchigiani.

Eh? 

Sia ai molisani che ai marchigiani spettano due seggi, ma in Molise abita un quinto della popolazione delle Marche.

Si fa per salvaguardare le minoranze.

I molisani sono una minoranza?

No, ma gli altoatesini...

Siamo nel 2016, qual è il rischio che corrono gli altoatesini esattamente? Perché devono avere un cinquantesimo dei seggi al Senato, se non arrivano all'1% della popolazione nazionale? Perché i lucani devono avere un senatore ogni 300mila abitanti e i liguri uno ogni 800mila?

Si fa per rappresentare il territorio.

Non mi pare, altrimenti la Sicilia - che è la regione più grande - dovrebbe avere molti più senatori del Veneto. No, è solo un pasticcio causato dal fatto che hanno ridotto drasticamente il numero dei senatori, senza però rinunciare alle prerogative delle regioni a statuto speciale, e cercando ugualmente di rispettare un criterio di proporzionalità. Ma la coperta è troppo corta: o rinunci ai due seggi fissi per le province autonome, o la proporzionalità diventa una farsa. Bastava dare un occhio con la calcolatrice. Sembra che non ci abbiano guardato.

Tanto il Senato non sarà così importante. Quasi tutte le leggi le approverà la Camera e basta.

Aridagli. Ma sei sicuro?

C'è scritto così.

In che articolo?

No, non cominciare anche tu con l'articolo 70.

Hai capito cosa c'è scritto?

Non del tutto, ma mi fido.

Io no.

Lo hai ammesso all'inizio che non sei un esperto, non puoi pretendere che una materia così complessa sia...

Si poteva comunque scrivere un po' più chiaro.

Come fai a dirlo?

L'ho riscritto un po' più chiaro.

Eh, ma chi ti credi di essere?

Un insegnante di italiano.

Ok, ma non sono tutti altrettanto attenti alla prosa e alla sintassi, va bene?

Non potevano chiedere una mano?

Vuoi votare No soltanto perché un articolo è un po' scritto male?

Voglio votare No perché avevano tutto il tempo e l'agio per scriverlo meglio, e non l'hanno voluto fare. Il problema non è scrivere male, scriviamo tutti troppo e male. Il problema è scrivere male apposta.

Comunque gran parte dell'attività legislativa sarà svolta dalla Camera. Si andrà molto più spediti.

Perché?

Da: Valerio Di Porto, I numeri delle leggi. Un percorso
tra le statistiche delle legislature repubblicane.
Che razza di domanda è? 

Perché l'attività legislativa dovrebbe procedere più spedita?

Ma siamo nel Duemila, sta tutto accelerando.

Hai bisogno di leggi più nuove, più adeguate ai tempi?

Sì. 

In Italia si scrivono già molte più leggi che in altri Paesi europei, hai notato?

E con questo?

Abbiamo bisogno di leggi buone che vengano rispettate, non di leggi emanate rapidamente che magari si scoprino inapplicabili. Spesso un'eccessiva produzione di leggi nasconde il fatto che le stesse leggi non vengono rispettate. Non so se hai presente il primo capitolo dei Promessi Sposi...

Cheppalle prof. E comunque le leggi si potranno abrogare coi referendum.

Non è questa gran novità.

Ma se raccogli trecentomila firme in più, il quorum diminuirà. 

Grillo sarà contento...

Che c'entra Grillo adesso.

...ma io mi fido poco dei referendum, penso che dovrebbero essere episodi rari ed eccezionali.

Allora caschi male, la riforma introduce anche i referendum propositivi.

Quindi tra un po' faremo un referendum per uscire dall'Euro.

Eh?

Grillo è da anni che lo promette ai suoi, figurarsi se si fa sfuggire la possibilità. E se vince il sì che si fa? Si esce dall'Euro?

È fantascienza!

Già, è come pensare che... che la Gran Bretagna esca dall'Unione Europea. Anche quello era un referendum propositivo, in effetti.

Comunque avrebbe solo valore consultivo.

Già. Possiamo sempre dire al popolo che si sbaglia, che dopotutto il suo parere non ci interessa. Che grande idea questo referendum propositivo.

Immagino che avrai qualcosa da obiettare anche sulle leggi di iniziativa popolare.

Ma le iniziative popolari erano già previste.

Sì, ma d'ora in poi non scompariranno nel cassetto. Saranno realmente discusse in parlamento.

In che modo?

Scriveranno un regolamento che imporrà ai parlamentari di discuterne in tempi brevi.

Vorrà dire che le casseranno in tempi brevi.

Cosa potrà mai andar storto?
Come sei pessimista.

Sono realistico: un'iniziativa di legge popolare non ha nessuna speranza di essere approvata da un parlamento ostile. Di solito viene presentata per attirare l'attenzione, per creare un caso mediatico. Magari un po' di attesa può anche aiutare. Promettere che ne discuteranno in tempi brevi significa ammettere che la cestineranno subito.

Ma perché il parlamento dovrebbe essere ostile? Se invece è sensibile all'argomento?

Se alla Camera c'è qualche deputato interessato all'argomento, la proposta di legge può scriverla lui; non c'è nessun bisogno di fare un'iniziativa popolare e raccogliere 50.000 firme.

No, saranno centocinquantamila.

Ah già dimenticavo, le avete pure triplicate.

Così diventano più importanti.

Sì ma scusa, mi stai dicendo che nella riforma c'è scritto che sarà più facile approvare leggi di iniziativa popolare - ma nella riforma l'unica modifica riguardante le iniziative popolari è l'aumento del numero di firme! Mi vuoi prendere in giro?

Non vogliamo prenderti in giro.

L'impressione purtroppo è quella. Per esempio quando dite che da qui in poi sarà impossibile eleggere presidenti della repubblica super partes...

Certo che sarà impossibile!

E perché?

Perché anche dopo il quarto scrutinio saranno comunque necessari i voti dei tre quinti dell'assemblea, e non soltanto la maggioranza assoluta come adesso.

Sai quanti saranno?

Te l'ho detto: i tre quinti.

E siccome gli elettori saranno 630 deputati più 100 senatori, stiamo parlando di 438 elettori, invece che 366. Comunque meno di adesso (per eleggere Mattarella ne sono serviti 665 su 1009).

L'importante è che siano i tre quinti. 

E se un partito ha i tre quinti dell'assemblea?

Improbabile.

Ma non impossibile. A proposito, ti ricordi quanti seggi da deputato metteva in palio l'Italicum a chi superava il 40% dei suffragi?

E che c'entra?

Ottantotto. Chi passava il 40% si sarebbe preso il 54% della Camera, senza nemmeno il ballottaggio.

Non sarebbero stati comunque sufficienti a eleggere... ma perché stiamo ancora parlando di Italicum? Tanto lo cambiamo.

Sei sicuro?

C'è un impegno scritto, l'ha firmato anche Cuperlo.

Possiamo stare sereni, insomma.

Vabbe', se la metti su questo piano...

No, scusa, ma in politica conta anche la fiducia, e bisogna guadagnarsela. Può darsi che cambino l'Italicum, ma non ne sono sicuro; può darsi persino che lo peggiorino. Quest'estate Orfini parlava di modello greco, un maxipremio di maggioranza al primo partito che arriva al fotofinish.

Ma cosa c'entra?

Non mi sento di escludere che con una distorsione del genere un partito conquisti davvero i tre quinti del parlamento. Aggiungi che dal settimo scrutinio chi esce non sarà conteggiato, e il quorum necessario a eleggere il presidente diminuirà.

E che c'è di male?

In una situazione di stallo anche un solo senatore potrebbe cambiare le cose, e ti ricordo che con questa riforma del Senato ci sono metodi molto curiosi per sloggiare i senatori.

E cioè? 

Farli decadere dal ruolo di sindaci o di consiglieri regionali - appena decadono smettono di essere anche Senatori, ma le votazioni vanno avanti col quorum abbassato. Una cosa abbastanza bizantina, non trovi?

Mi sembra improbabile che per eleggere un presidente facciano cadere un comune.

Tutto è improbabile finché non si realizza: guarda Trump. Però, anche se non si realizzasse mai, che fiducia posso avere di riformatori che non notano difetti così macroscopici?

Il nuovo titolo V però è sacrosanto.

Devo essere onesto?

Ti piaceva prima?

Non tanto, no - anche se l'ho votato nel 2001. Ma così è peggio.

Ma come fai a dirlo. Finalmente ha abolito le province. 

Ha solo cancellato la parola dalla Costituzione. In realtà esistono ancora. E comunque a me piacevano.

Ti piacevano le province?

Giuro. Non siamo rimasti in tanti, mi rendo conto. Ma le ho sempre trovate più sensate delle regioni. Sono modellate sui territori, racchiudono in un insieme organico un tessuto urbano e il contado circostante. Sono l'unità ottimale per la gestione dei fiumi, la prevenzione del dissesto geologico, la gestione delle strade... ma anche delle scuole e degli ospedali. Del resto nessun governante si sogna di eliminarle davvero: raschiare la parola "province" dalla Costituzione è solo un contentino che si voleva dare a grillini e soci. Pensa che la prima proposta di cancellare la parola arrivò dall'Italia dei Valori. Nel frattempo le province restano, anche se non votiamo più direttamente per i politici che le amministrano - alla faccia della tanto sbandierata accountability. Non mi dire che si fa per risparmiare, perché alla fine anche se sono fuori dalla Costituzione le province continueranno ad avere un budget. Sarà solo più difficile notarle, il che non è necessariamente un bene.

Almeno hanno lasciato le Città Metropolitane.

Una toppa che fa vedere il buco. Prima ogni italiano era cittadino su tre livelli: comune, provincia e regione. Con la nuova Costituzione ci saranno 40 milioni di cittadini su due livelli (comune e regione) e 20 milioni su tre: comune, città metropolitana e regione. Mi dà fastidio anche solo esteticamente, è un'asimmetria senza senso.

Pensi che i cittadini metropolitani siano avvantaggiati perché sono rappresentati su tre livelli?

In realtà sono svantaggiati - perlomeno quelli che non abitano nel comune capoluogo, ma in quella che ieri si chiamava "provincia", l'area periferica della città metropolitana. Sai che non hanno diritto a eleggere il proprio sindaco metropolitano? Per legge il sindaco metropolitano è il sindaco del comune capoluogo. A Napoli, per dire, lo eleggono soltanto i cittadini residenti a Napoli.

E che male c'è? È il comune più importante. 

Anche se fosse, rimane una questione di rappresentanza. E comunque gli abitanti del comune di Napoli non arrivano al milione.

E quelli della città metropolitana?

Tre milioni.

Ah. 

Più di due milioni di napoletani-metropolitani non avranno diritto di votare per il proprio sindaco metropolitano. Se poi quest'ultimo mostrasse di anteporre gli interessi del centro a quelli della periferia, sarebbe così biasimevole? Ogni politico si preoccupa di chi lo vota, non degli altri.

Questa comunque è la legge Delrio, non è propriamente la riforma costituzionale. Torniamo al Titolo V: qualcos'altro non ti convince?

Guarda, l'articolo 117 mi lascia un po' perplesso.

Quello che riconsegna allo Stato le sue competenze? Dai, ma era necessario. Quello attuale era un casino, c'è una mole spaventosa di contenziosi tra Stato e regioni...

Ecco, appunto, c'era bisogno di far chiarezza. Ma nel nuovo articolo le due liste di competenze tra Stato e regioni non sono poi così chiare.

A me sembrano chiarissime. Allo Stato tornano le competenze in materia di sanità...

...e alle Regioni la "programmazione e organizzazione dei servizi sanitari e sociali".

Allo Stato torna l'istruzione...

...e alle Regioni la "promozione del diritto allo studio". Insomma c'è ancora margine per litigare. Però devo dire che non me intendo.

Meno male. 

Ma anche se fosse un ottimo articolo, più che di riforma ormai stiamo parlando di controriforma, rispetto alle innovazioni del 2001. A proposito, tu cos'hai votato nel 2001?

Non mi ricordo. 

E nel 2006?

Per cosa abbiamo votato nel 2006?

Una riforma costituzionale.

Un'altra?

Sì, e l'abbiamo bocciata. Questa è la terza volta in 15 anni che mi capita di votare una riforma costituzionale.

Ma stavolta è più importante.

Perché?

Perché se non la cambiamo stavolta, non se ne parlerà più per anni. 

Perché?

Come perché? Se Renzi perderà...

Che c'entra Renzi? Stiamo parlando della riforma costituzionale.

Non fare il furbo.

Pensavo si dovesse discutere sul merito.

Non è così facile separare le cose. 

Già, lo sto notando. Quando cominci a notare i difetti della riforma, ti dicono che sono tutti pretesti, che ce l'hai con Renzi. Al nono o decimo difetto che trovi cominciano a dirti, ehi, va bene, non sarà perfetta ma... qui o si salva Renzi o si muore!

E non è così? Se cade lui cosa succederà?

Non credo che cadrà. Se anche dovesse perdere, difficilmente andrà sotto il 40%. Continuerà a essere un protagonista. D'Alema non tramontò col fallimento della bicamerale, anzi andò a Palazzo Chigi; Berlusconi, quando la sua riforma fu bocciata da un referendum, non fece un plissé. Renzi sta drammatizzando molto di più, ma un risultato lo porta comunque a casa.

Ma se non si faranno le riforme stavolta non si faranno più.

Ma perché? Sono 15 anni che si fanno e si difano riforme. Ah, nel frattempo Tremaglia è riuscito a inserire nella Costituzione il voto degli italiani all'estero. La Merel ci ha fatto inserire il pareggio di bilancio - insomma la Costituzione si riscrive continuamente. Perché dovremmo fermarci se Renzi perde un referendum? Anzi, è più facile pensare il contrario. Se Renzi lo vince, per qualche anno non si potrà più toccare il suo Senato senza senso. Ma Renzi non vincerà per sempre, e quella roba prima o poi bisognerà cambiarla. Meglio prima che poi, no?

Cioè stai dicendo che sarà più facile riformare la Costituzione votando No?

Non si tratta semplicemente di riformarla: si tratta di migliorarla. Non è che qualsiasi riforma vada bene: ce ne sono di migliorative e di peggiorative. Questa in certi casi rasenta il vandalismo.

Oh, ma lo sai che mi stai convincendo?

Sul serio?

No, scherzavo. 

Ti prometto che se voti No domenica, io alle prossime elezioni voto Renzi.

Come faccio a fidarmi?

Eh, ti capisco.
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