9. Ne abbiamo avute di occasioni, perdendole
25-05-2022, 07:18Battiato, la Gara, musicaPermalink1967: Le reazioni (#249)
1974: No U Turn (#136)
8. L'Etica è una vittima incosciente della Storia...
24-05-2022, 07:51Battiato, la Gara, musicaPermalink1980: Venezia-Istanbul (#48)
(*) sullo spartito c'è proprio scritto "uomini" tra parentesi, me lo ricordo benissimo, ce l'aveva mio cugino.
7. In quest'epoca di bassa fedeltà e altissimo volume
23-05-2022, 08:00Battiato, la Gara, musicaPermalink6. Gli orchestrali sono uguali in tutto il mondo, simili ai segnali orari delle radio
22-05-2022, 08:00Battiato, la Gara, musicaPermalink[Benvenuti alLa Gara, un effimero torneo di canzoni di Battiato, che Battiato non avrebbe mai autorizzato ma così impara a lasciare questa ruota dolorosa che è l'esistenza sulla terra, tie'! no scusa maestro è che certe volte mi manchi così tanto].
1980: Arabian Song (#80)
L'uomo è l'animale più domestico e più stupido che c'è. Battiato tra il 1980 e il 1982 è in stato di grazia. Dopo tanto penare in cerca di musiche inascoltabili, all'improvviso ha scoperto una formula che sulla carta non potrebbe mai funzionare, e invece gira che è un piacere – a volte persino a dispetto dello stesso artista, che le prova tutte per renderla meno orecchiabile: ad esempio ci canta un ritornello nella lingua meno pop che si possa nel 1980 immaginare, l'arabo (parole quasi a caso, lo stava appena imparando), mentre le strofe sono un collage di ricordi di un'infanzia in provincia ormai completamente strappati al contesto della nostalgia, ricopiati e assemblati a caso come i frammenti di poesie scolastiche e luoghi comuni che compongono gli altri testi di Patriots. L'insieme dovrebbe risultare freddo e cervellotico, non è escluso che Battiato avesse in testa una musica più astratta e impassibile tra Krautrock Nowave e Stockhausen, ma finché alla chitarra c'è Alberto Radius che si diverte così il risultato è completamente l'opposto: una musica felice, che proietta lampi di luce sia sul grigiore del passato grigio sia sulle inquietudini del futuro. Sarà anche così stupido l'uomo, ma che musica gli scappa, a volte.
1993: Ricerca sul terzo (177)
"Mi siedo alla maniera degli antichi Egizi". Parlare di meditazione non è facile. Si dà per scontato che serva molta pratica, e di conseguenza un linguaggio iniziatico. Battiato, che quando vuole sa nascondersi dietro miraggi lessicali, qui sceglie la via inversa e cerca di spiegare come fa lui, a meditare, nel modo più semplice possibile, con le parole più chiare a disposizione. Se è stato un guru, è stato il più simpatico, quello che si è fatto pagare meno e che ha saputo disfarsi di un orpello forse non previsto dai manuali orientali: lo snobismo. Hai veramente la sensazione che potresti sederti vicino a lui e imparare qualcosa. Nel mio caso non può funzionare perché la strumentazione (il sitar, la tabla) che dovrebbe evocare l'India, non può che farmi venire in mente... George Harrison. Ricerca sul terzo sembra veramente un omaggio a Within You Without You.
1995: Tao (#208)
250 milioni di spermatozoi! In un solo orgasmo! Un solo uomo può popolare la terra! Questa cosa che per i taoisti è fondamentale eiaculare il meno possibile io la scoprii molto prima che Battiato mi ragguagliasse, su un volume che si chiamava Tao dell'amore che in qualche modo riuscii a rintracciare in casa mia benché i miei genitori lo avessero nascosto ben bene. Non so che dire, mi sembra che la civiltà occidentale abbia preso la direzione opposta: nel dubbio eiaculiamo, e dopo le cose per un attimo ci sembrano più chiare, più distanti (ma dura pochissimo). L'ombrello e la macchina da cucire è un disco difficile da apprezzare. Il ritorno all'elettronica – in relativa sintonia coi trend internazionali del periodo – avviene attraverso un linguaggio così personale e solipsistico che a volte l'ascoltatore può sentirsi di troppo, cioè forse Battiato queste canzoni le ha scritte per essere lasciato solo (solo con Sgalambro?) Sono anche brani che sfiorano pericolosamente l'autoparodia; in effetti c'è molto del Battiato che ci piace canzonare. E il video, se è davvero il video ufficiale, non ha retto l'ingiuria del tempo, mettiamola così.
2019: Torneremo ancora (#49)
Finché non saremo liberi torneremo ancora, e ancora. L'ultima canzone incisa da Franco Battiato (e cantata con una fatica percepibile, e straziante) ha un titolo solo apparentemente di buon augurio – da un punto di vista buddista, "tornare ancora" è una maledizione: occorrerebbe liberarsi, sottrarsi da questo loop infernale che è l'esistenza, ma come si fa? Battiato ci ha provato per buona parte della sua vita, complicata dal fatto che per vivere doveva comunque fare il cantante e l'autore. Anche Torneremo ancora era stata scritta pensando ad Andrea Bocelli (su istigazione di Caterina Caselli), ma non è difficile capire perché la canzone fu respinta – perlomeno è più facile di immaginare il vocione di Bocelli scandire "La luce sta nell'essere luminosi, irraggia il cosmo intero" senza farlo sembrare un recitativo. Scritta con Juri Camisasca, incisa con la Royal Philarmonic Concert Orchestra durante il breve tour che Battiato fece con loro nel giugno 2017 (ma la canzone uscì due anni più tardi), Torneremo ancora chiude la traiettoria artistica di Battiato con l'ambiguità con cui si era aperta, quel dubbio sospeso tra Occidente e Oriente: è meglio vivere o togliere il disturbo? Battiato in teoria preferiva la seconda cosa: ce lo ha scritto tante volte, lo ribadisce anche qui, ma appunto, se era così ansioso di lasciarci perché ci ha messo così tanto? perché ha continuato a fare concerti finché non si è rotto un femore a 71 anni, perché ha continuato a incidere canzoni con l'ultimo filo di voce che gli era rimasto? E quindi ce l'ha fatta a liberarsi da ogni desiderio, a raggiungere il nirvana, o anche lui tornerà ancora?
5. Vuoto di senso, senso di vuoto
21-05-2022, 08:00Battiato, la Gara, musicaPermalink[Benvenuti alLa Gara, un torneo di canzoni di Battiato. Oggi per puro caso si scontrano tre canzoni di apertura di tre dischi diversi, più un singolo che Battiato non ha nemmeno firmato].
1973: Sequenze e frequenze (#144)
Ogni tanto passava una nave. Sequenze e frequenze tra breve compirà cinquant'anni ed è ancora un brano meraviglioso che comincia con una splendida lirica, semplice ed evocativa. Nella storia artistica di Battiato rappresenta una pietra miliare meno visibile di altre ma più profonda: la scoperta del proprio passato. Fin qui il Battiato '70 era un artista completamente proiettato in un futuro di suoni sintetizzati e inquietudini fantascientifiche. Per il suo pubblico deve essere stato un certo choc ascoltare le prime parole, scandite con un timbro insolitamente opaco: "La maestra in estate ci dava ripetizioni nel suo cortile. Io stavo sempre seduto sopra un muretto a guardare il mare". Maestre, ripetizioni, cortili, muretti, tutto un crepuscolarismo di ritorno che si manifesta qui per la prima volta e da cui Battiato non si separerà più. Da un punto di vista strumentale, si sviluppa l'intuizione intravista già in Plancton: sovrapporre agli strumenti moderni (synth e chitarre elettroniche preparate) altri tradizionali se non arcaici: vibrafono, tabla, mandolino, che dialogano assieme in una coda lunghissima (16 minuti, tutto il primo lato di Sulle corde di Aries).
1978: Adieu (#241)
Mon métier, faire le musicien. Di cose strane e non del tutto spiegabili Franco Battiato & Giusto Pio ne hanno fatte tante, ma forse nessuna eguaglia quella volta che si inventarono una popstar a tavolino, "Astra", e siccome nessuno dei due intendeva impersonarla... mandarono in tv a cantare e suonare in playback il figlio di Giusto, Stefano Pio. Come ricorda quest'ultimo, più che di nepotismo fu una questione di massima resa con minima spesa, "non costavo nulla: come figlio infatti, non era contemplato un mio pagamento". Il brano è interessantissimo per vari motivi: è l'anello di congiunzione tra dischi così apparentemente diversi come Juke-box e L'era del cinghiale bianco; è la conferma che Giusto Pio aveva preso nella vita di Battiato lo stesso posto che qualche anno prima aveva il sintetizzatore VCS3, un giocattolo da maltrattare fino alle estreme conseguenze: qui Pio suona 13 note al secondo (per la disperazione di suo figlio che davanti alla telecamera avrebbe dovuto mimare una prestazione del genere). È un tappeto di note a cascata che ricorda proprio i vecchi frequenziometri di Aries e Clic, a cui Battiato fa da contrappeso con un basso ostinatamente mononota e una melodia semplice e accattivante che in seguito si sarebbe pentito di avere sprecato per un progetto tanto estemporaneo: non solo gli capitò di riciclarla due volte per due interpreti diverse, Catherine Spaak (Canterai se canterò) e Milva (Una storia inventata), ma tutto sommato la vera erede di Adieu, quella che riprende anche l'accompagnamento frenetico del violino, è Le aquile, uno dei pezzi più forti di Patriots.
2007: Il vuoto (feat. MAB, #113)
Il Battiato degli ultimi dieci anni di carriera è un commovente paradosso: tanto brontolone e querulo nei contenuti, quanto bonario e disponibile alle collaborazioni più improbabili. In questo caso per incidere l'ennesima variazione sul tema "alienazione urbana" si avvale del quartetto anglo-cagliaritano delle MAB: loro provvedono al rock (che per Battiato è la musica urbana), FB si lagna dei tempi che corrono, e a un certo punto salta anche fuori un tenore ad avvisare l'arrivo di nuovi dei non meglio specificati, insomma un pastrocchio di cose che se funzionano, se sono ascoltabili, è proprio perché a dispetto di tutto il suo orrore per i tempi che corrono Battiato nel 2007 si diverte ancora un mondo a cantare, a suonare e a far cantare e suonare la gente che ha intorno. Anche se in platea fosse rimasto solo il povero Sgalambro, vale sempre la pena di salire su quel palco, vale sempre la pena di abbracciarsi.
2008: Tutto l'universo obbedisce all'amore (con Carmen Consoli, #16)
4. Un rumore di swing provenire dal Neolitico
20-05-2022, 08:01Battiato, la Gara, musicaPermalink3. Le pareti del cervello non hanno più finestre
19-05-2022, 00:00Battiato, la GaraPermalink[Benvenuti alLa Gara, un innocuo e facondo torneo di canzoni di Franco Battiato. I quattro titoli di oggi sono in quattro lingue diverse, e non sarà nemmeno l'unica volta].
1981: Chan-son egocentrique (#32)
Chi sono, dove sono, quando sono assente di me? Nei primi '80 la ditta Battiato/Pio non fa prigionieri. Con Alice sbarca a Sanremo, vede, vince. Se serve un tormentone estivo c'è Un'estate al mare: se bisogna rilanciare un'interprete di vaga allure mitteleuropea, c'è Alexanderplatz. Alcuni di questi brani poi Battiato li ha reincisi, li ha fatti suoi: non tutti però, ad esempio Un'estate no, Per Elisa No, la Chanson egocentrique invece sì. È anche uno dei rari casi in cui l'autocover di Battiato (incisa in Mondi Lontanissimi) sembra superiore all'originale che Alice portava in tv nei pomeriggi estivi di quattro anni prima: più eterea, più elettronica, più egocentrica. Mi sembra di ricordare che nel 1985, quando uscì Mondi, cominciava a suonare anche un po' fuori moda, ma i fan di Battiato sono superiori a queste cose. Invece nel 1981 quell'antifona in inglese parlato colpiva nel segno – il rap cominciava a segnare il nostro immaginario musicale e sin dall'inizio non aveva nessuna importanza cosa dicessero i rappanti, l'anno dopo per dire la classifica italiana fu scalata fino al numero uno da un rap in tedesco, Der Kommissar. Mi immagino Battiato nell'occasione mordersi le labbra perché rappare in tedesco non era venuto in mente nemmeno a lui. In Chanson aveva semplicemente messo quell'idioletto inglese che in quegli anni usava nelle canzoni per creare un'aura di sintomatico mistero e consisteva in talmente poche parole (perlopiù versi di altre canzoni), che in questo caso gli capita di riciclare Prehistoric Sound, la versione inglese di Un falco nel cielo che anni prima aveva inciso con gli Osage Tribe. Tutto questo, stavo dicendo, nel 1985 cominciava già a suonare un po' fuori di moda, dopodiché l'anno seguente i Cameo sbancarono con Word Up e non voglio dire che somigli a Chanson Egocéntrique, ma... un po' sì, dai.
1982: New Frontiers (#97)
Ciao, mi chiamo Leonardo e sto facendo questa cosa assurda e inutile che è un torneo delle canzoni di Battiato; per questo motivo cercherò finché posso di essere imparziale ma devo confessarlo: L'arca di Noè (1982) è il primo suo disco che ho ascoltato e dopo tanti anni non riesco a levarmi dalla testa l'idea che sia il migliore. C'è un meraviglioso equilibrio tra tante anime di Battiato e qualcosa di geniale in ogni pezzo, anche in quelli secondari, ma ora che mi accorgo che New Frontiers ha un video, forse non era considerato un brano secondario. Sia come sia, per me è fantastico sentirlo inneggiare alla liberazione dell'immaginazione sensoriale in cinque quarti coi madrigalisti che gli fanno coro ma gli fanno anche un po' il verso. Non ci posso fare niente, se Radius suona la chitarra così e se i synth partono così, le pareti del mio cervello si spalancano.
2001: Öde (#225)
Da cosa puoi accorgerti che un album non è riuscito? Ad esempio, quando la ghost track finale è il pezzo migliore. Öde è il maestoso finale di Ferro Battuto; sette minuti di deriva elettronica che meriterebbero di terminare un disco migliore e che sembrano appartenere piuttosto al balletto per il Maggio fiorentino che Battiato aveva composto pochi mesi prima, Campi magnetici. Stavolta non c'è Sgalambro a infamare "i numeri", ma Fleur Jaeggy a declamare qualcosa in tedesco, vabbe', ma l'effetto d'insieme è potente, e ci conferma la sensazione che nei primi Duemila Battiato si sentisse a suo agio in queste composizioni astratte ed elettroniche che nelle canzonette che incideva negli album. Vero è che le composizioni astratte ed elettroniche non gliele avrebbe ascoltate (quasi) nessuno, e che già da anni FB aveva deciso che suonava soprattutto per farsi ascoltare dal prossimo. Vero ma fino a un certo punto, perché se FB non avesse sfondato negli Ottanta come un cantautore postmoderno, magari negli anni Novanta avrebbe potuto salire sul treno dell'Intelligent Dance Music e diventare una specie di Papa italiano dell'elettronica, un Moroder più credibile; e oggi magari se lo filerebbero più a Londra che in Ispagna... vabbe' ma probabilmente è stato molto meglio per lui sfondare negli 80 come cantautore postmoderno.
2002. Sigillata con un bacio (Sealed with a Kiss, Udell/Geld, 1960; #160)
Alzi la mano chi la prima volta che si è accinto ad ascoltare Sigillata con un bacio non ha pensato, allo scoccare del primo secondo: mio dio, ma è The Sound of Silence! Ok, grazie, spero che l'abbiate alzato in tanti. Sealed with a Kiss in realtà è un brano di due autori industriali di successi americani degli anni '50, inciso da una pletora di interpreti, nessuno dei quali veramente memorabile. Persino in Italia lo incise più di un artista, ad esempio i Quelli (che poi sarebbero diventati la PFM) e Luigi Fiumicelli, la cui versione Battiato ha voluto includere nella colonna sonora del film sui suoi anni Sessanta, Perdutoamor. Nella colonna sonora però c'è una versione rimixata che trasforma Fiumicelli in un alter-ego di Battiato (tra l'altro è rimasta l'unica attribuita a Fiumicelli che si riesce a recepire su Youtube, per cui magari tra vent'anni la gente considererà Fiumicelli un geniale precursore degli arrangiamenti elettronici). Sigillata con un bacio è un esempio di scuola di come funzionavano i testi delle canzoni per adolescenti, basate sull'unica tragedia esistenziale che era lecito presumere vivibile in quegli anni: (A) oddio devo lasciarti per andare in vacanza, e (B) oddio devo lasciarti perché è finita la vacanza. Se Vento caldo rientrava perfettamente nel tipo B, Sigillata è una canzone di tipo A e possiamo immaginare il giovane Francesco destreggiarsi con le sue conquiste alternando un brano all'altro. Sì, ma è vero che assomiglia un po' a The Sound of Silence? È possibile che Paul Simon, nel 1963, mentre arpeggiava nel bagno di casa sua, abbia sviluppato The Sound partendo dalla melodia dell'attacco di Sealed with a Kiss? Sì, è possibile. Ed è anche possibile che Battiato avrebbe inciso The Sound of Silence, fosse vissuto un po' di più. Era il suo tipo di canzone, secondo me (molto più di Bridge Over Troubled Water).
2. Carine le piramidi d'Egitto
18-05-2022, 12:19Battiato, la Gara, musicaPermalink[Benvenuti alLa Gara, un effimero torneo di canzoni di Battiato. Quest'ultimo in quasi 50 anni di carriera ha esplorato tantissimi universi musicali ma per quanto riguarda i contenuti a un certo punto si è fissato su alcuni temi, ad esempio il Lamento per la Crisi della Civiltà e l'Elegia. Oggi per esempio abbiamo due Lamenti contro due Elegie, vinca il migliore].
1979: Magic Shop (#64)
C'è chi parte con un raga della sera e finisce per cantare la Paloma: che straordinaria autoprofezia. Franco Battiato è, tra le altre cose, un autodidatta che è riuscito a costruirsi un suo percorso verso la serenità interiore avventurandosi nei sentieri del misticismo battuti, in quegli stessi anni, da cialtroni incredibili e pericolosi. Come sia riuscito a saltarne fuori pulito, anzi completo, sia da un punto di vista artistico che da un punto di vista esistenziale, ha del miracoloso (tanti altri non ce l'hanno fatta, non è questo il luogo per confronti impietosi). Lui stesso ne era consapevole e in Magic Shop sta veramente camminando sul filo, additando impietosamente le degenerazioni di un mondo che conosce fin troppo bene ("i mantra e gli hare hare a mille lire"). È il battesimo di quell'approccio ambiguo che tempererà il suo moralismo negli anni Ottanta, anche se qui l'ironia non è ancora ben calibrata e lascia trapelare l'invettiva ("rubriche aperte sui peli del Papa!") Umberto Eco registra nel Pendolo di Foucault come in quel periodo le librerie milanesi stessero sostituendo l'angolo della sinistra extraparlamentare con quello del misticismo: è tutto un mercato e FB lo sa benissimo. Ma ha anche lui ha il suo disco da vendere...
2006: The Game Is Over (#193)
The Game Is Over è un brano del Vuoto in cui Battiato mette assieme, tra le altre cose, un motivo tradizionale mongolo campionato da Sounds of Mongolia (Egschiglen, 2001) e il contributo vocale e strumentistico delle MAB, un gruppo prog-grunge cagliaritano basato a Londra, il tutto sapientemente mixato da Pinaxa che in un qualche modo riesce a evitare che questi mescoloni di musiche diverse, un po' etniche un po' melodiche un po' dance non somiglino ai Deep Forest. Il brano parla, come quasi tutti i brani di Battiato dal 2000 in poi, della necessità di accostarsi alla Fine, un lungo addio che a riascoltarlo tutto in una volta in pochi giorni mette sgomento: laddove alla fine lui era abbastanza tranquillo, secondo me.
2009: 'U cuntu (#192)
'U sennu, stamu piddennu 'u sennu! Ti ni stai accuggennu, unni stamu jennu (a finiri)? 'U cuntu è il secondo dei due brani inediti di Inneres Auge, un disco che per la Universal avrebbe potuto essere l'ennesimo live ma Battiato a questo punto non ne poteva più, ci aveva anche ragione. È la solita meditazione sul declino della civiltà, eseguita senza tanti orpelli, metà in siciliano metà in latino: FB parte da solo con poco più di un organo e poi consegna la melodia al coro Junia Voces. Niente di straordinario ma sempre meglio del solito live.
2012. Testamento (#65)
Si parlava appunto del genere elegiaco, così frequentato dal tardo FB che quando nel 2012 su Apriti Sesamo incide un Testamento, vien proprio voglia di commentare: un altro? In un certo senso è la Magic Shop degli anni Dieci, notarelle sparse di un mistico che ha fatto il possibile per non diventare un guru e ci è riuscito: Cristo nei vangeli parla di reincarnazione, l'odore che gli asparagi danno all'urina, vi lascio i miei esercizi di respirazione, noi non siamo mai nati e non siamo mai morti, e così via. Nell'ultimo Battiato si sentono echi di tutti i precedenti: in questo caso io ci sento un profumo di Patriots, ma forse sono io. Non ho mangiato asparagi.
1. Tra noi si scherzava a raccogliere ortiche
18-05-2022, 00:00Battiato, la Gara, musicaPermalink[A un anno dall'apparente scomparsa del compositore e interprete Franco Battiato, sono felice di invitarvi alLa Gara, un inutile ed estenuante torneo in cui si sottoporranno al vostro giudizio le canzoni più diverse incise da Battiato nei suoi quasi 50 anni di carriera. Si vota su Facebook, qui, ma si può litigare anche qua sotto nei commenti. Oggi occorre scegliere tra queste quattro concorrenti:]
1968: Vento caldo (#256)
Tra 1965 e 1968 l'aspirante cantautore Francesco "Franco" Battiato le prova un po' tutte, accodandosi dietro più di una tendenza musicale. Vento caldo è il suo tentativo proto-prog, ed è uno dei mille brani che in quel periodo risentono del successo di A Whiter Shade of Pale dei Procul Harum tentando di imitarne la formula: l'inserimento di melodie classiche nei brani pop. Se i Procul si erano limitati a ispirarsi a Bach, l'anno dopo gli Aphrodite's Child avevano fatto il botto copiando di pacca il Canone Pachelbel ed evidenziando i vantaggi economici del procedimento: i compositori classici non ti possono denunciare, non possono prendersi i diritti, non sono neanche iscritti alla siae e incidentalmente hanno scritto un sacco di riff orecchiabili: bisogna essere fessi per non provare a scopiazzare qualcosa. Battiato fesso non è, ma ha comunque idee strane: è la prima volta che arrangia un brano e non vuole rispettare i 4/4 che per l'hit parade italiana sono ancora molto importanti e forse è ossessionato da un brano non così facilmente canzonettabile come il Concerto n.1 per pianoforte e orchestra di Ciaikovskij. Lo ritroveremo trent'anni più tardi in un brano di Ferro Battuto, ancora abbastanza incongruo – ma nel frattempo lo avremo memorizzato a causa di caroselli e pubblicità. Il testo è l'ennesima variazione su un tema che perseguitava ben più ossessivamente gli ascoltatori di canzonette: l'estate sta finendo. Anche Battiato in seguito ci regalerà variazioni esistenziali e metafisiche sul tema, ma per ora la situazione è molto più semplice: l'estate sta finendo e ti devo lasciare. È anche un involontario commiato di FB alla Polydor, che lo fece uscire solo nel 1971 quando l'artista era ormai assorbito da altre avventure musicali.
1972: Fenomenologia (#128)
Un brano dal primo album del Battiato Sperimentale Anni '70, Fetus. Rispetto ai due dischi successivi, a Fetus manca un vero leitmotiv, ovvero ce n'è più di uno ma sono meno ricorrenti e riconoscibili. Del resto è un'opera prima, quel tipo di disco in cui ci sono sempre più idee del necessario: in seguito gli artisti imparano come economizzarle. E c'è ancora molta chitarra acustica, uno strumento che FB maneggia con più sicurezza del synth, per cui c'è questa curiosa inversione: quando si tratta di fare atmosfera, Battiato ricorre alla chitarra arpeggiata (qui all'inizio e alla fine del brano), mentre dal synth tira fuori i riff più rumorosi e in generale il baccano. Riflettendoci, forse una specie di leitmotiv sono le scale discendenti, suonate in momenti diversi sia con la chitarra (qui all'inizio) sia col synth. In Fenomenologia compare anche il primo ritornello mutuato dal lessico scientifico: qui FB mette in musica la formula geometrica della doppia spirale, ovvero "x1 = a*sen (ωt), x2 = a*sen (ωt + γ)".
1981: Centro di gravità permanente (#1)
Per organizzare questa cosa futile e assurda che è un torneo di canzoni di Franco Battiato, avrei bisogno di un ranking, ovvero una classifica che ci consenta di identificare le teste di serie e gli sparring partner, distinguere insomma le canzoni favorite da quelle che non hanno nessuna speranza ed evitare che due pezzi importanti si scontrino subito. Siccome una classifica del genere non esiste, siccome nessun critico musicale ha concepito l'idea insana di mettere in fila le canzoni incise da Battiato in mezzo secolo in cui ha suonato veramente di tutto, dal mandolino al sintetizzatore al tuner della radio alle polifonie mongole... ho deciso di usare come parametro il numero di ascolti su Spotify, dove di Battiato c'è quasi tutto. È una metrica abbastanza discutibile (molti ascoltatori di FB non lo ascoltano su Spotify) ma è l'unica che avevo. E il brano più ascoltato in assoluto di Battiato su Spotify è, a sorpresa, Centro di gravità permanente. Perché a sorpresa? Perché ero arciconvinto che fosse La cura. Forse speravo che fosse La cura, perché il primo brano del ranking è il brano da battere, la Juventus, il Real Madrid, e io in effetti La cura non lo sopporto: se perdesse nelle eliminatorie contro una serie di rumori random ne godrei. Invece Centro di gravità permanente è un gran pezzo, come faccio a tifare contro? Si trova nella stessa situazione di A Day in the Life nel torneo dei Beatles, e proprio come A Day è un brano che riesce a tenere assieme identità diverse e apparentemente contraddittorie: sperimentazione e giro di do, postmoderno e pop da classifica. Ha anche uno dei suoi testi più riusciti, con una serie di formule icastiche che ci sono rimaste in testa da allora: in particolare continua a colpirmi quel "tra noi si scherzava a raccogliere ortiche" che nel 1981 doveva suonare un bilancio su tutte le ortiche avanguardistiche raccolte e coltivate da FB nel decennio precedente. Ma i tempi stavano cambiando, era il momento di incassare. Centro di gravità permanente è veramente il centro di gravità della produzione battiatesca: tutto quello che ha fatto prima o dopo vi ruota intorno.
1998: È stato molto bello (#129)
Un'altra estate sta finendo, ma stavolta è decisamente una stagione della vita. A un certo punto (è difficile capire quando) la tematica elegiaca è diventata per Battiato un appuntamento fisso, obbligato, anche un po' ridondante. Succede agli artisti che hanno la fortuna di invecchiare – prendi, che ne so, Bob Dylan: l'anno prima aveva inciso Not Dark Yet e chissà se si immaginava di avere ancora vent'anni e più di carriera davanti. Lo stesso Battiato, avesse saputo quante elegie avrebbe scritto in seguito, forse ne avrebbe scritte meno, ma come faceva a saperlo? E invecchiando di che altro doveva scrivere, di antichi amori? (lo ha fatto) Di decadenza dei costumi (Hai voglia). È stato molto bello è un brano quasi perfettamente aggiornato alle sonorità degli anni in cui è uscito; qualcosa di lento e ipnotico che si poteva mixare ai Massive Attack di Mezzanine senza perdere troppa faccia, con Battiato e Sgalambro che davanti al Mistero torcono le rispettive eloquenze, accontentandosi di parole semplici e assai pesanti: "io non invecchio, niente più mi imprigiona". "Non domandarmi dove porta la strada" (del resto dove volete che porti?) È notevole che un autore così spesso tentato di usare la lingua tedesca per suggerire un'aura di cultura, qui richiami il Faust di Goethe senza vantarsene, forse senza nemmeno accorgersene, con la nonchalance di chi non si sa se sta accennando al transito della sua vita terrena o a una cena con gli amici: è stato molto bello.