Bonifacio l'abbattitore
05-06-2024, 00:43santiPermalink5 giugno: san Bonifacio (675-754), evangelizzatore e taglialegna
A un certo punto, non si sa bene quando, qualcuno ha messo in giro la voce che san Bonifacio/Winfred di Magonza sia l'inventore dell'albero di Natale. Lo avrebbe addobbato per la prima volta nel 724, "per spiegare alle popolazioni pagane il senso del Natale". Le candele accese sui rami simboleggerebbero "la discesa dello Spirito Santo sulla terra", discesa che a rigore si festeggerebbe più a Pentecoste che a Natale, insomma, è una storiella messa in giro da qualcuno non troppo esperto di queste cose – magari un protestante. Alla lontana richiama quegli espedienti di inculturazione che sono tipici dei pionieri dell'evangelizzazione, e qui forse giova ricordare che "pagano" deriva da "pagus", campagna: abbiamo cominciato a chiamare "pagani" i non cristiani quando ormai i centri urbani erano cristianizzati e i politeismi erano considerati superstizioni da contadini. Bonifacio, patrono di Germania e Olanda anche se era un benedettino nato in Inghilterra, ha appunto dedicato la sua vita all'evangelizzazione dei pagi: il papa Gregorio III, che lo aveva ribattezzato Bonifacio, lo aveva nominato vescovo di tutta la Germania, ma in concreto la zona in cui riusciva a esercitare le sue funzioni era quella intermedia tra Frisonia, Renania e Francia orientale, intorno alla sua sede di Magonza. Ora si sa che molti di questi evangelizzatori di massa non vanno per il sottile e hanno il battesimo facile, anche di fronte a popolazioni che ancora non capiscono la lingua delle preghiere: prima battezzare, dopo spiegare, magari tu non capirai ma tuo figlio sì. Ovviamente gli idoli pagani vanno distrutti, ma senza essere troppo drastici, specie nei confronti di elementi naturali che in effetti possono essere impossibili da rimuovere: ad esempio un monte è sacro a qualche dio? Mica si può distruggere il monte: ma ci si può mettere un santuario cristiano e nel giro di una generazione il dio è sostituito. Quanto all'albero di Natale, è ovvio che si trattava di un'usanza precristiana. Di giudaico-cristiano non ha veramente nulla, in Palestina i pini, quando ci sono, hanno tutt'altra forma. Quindi Bonifacio avrebbe potuto davvero prendere un'usanza pagana e riutilizzarla in senso cristiano: i missionari queste cose le hanno sempre fatte, e qualcuno senz'altro deve averlo fatto con gli alberi di Natale, visto sono sopravvissuti a duemila anni di cristianesimo.
Ma è difficile che sia stato Bonifacio. Lui in questa cosa dell'inculturazione non ci credeva così tanto: dai suoi scritti e dai suoi atti risulta un personaggio piuttosto intransigente, e poco conciliante con i rigurgiti di paganesimo che riscontrava intorno a lui. Quanto agli alberi pagani, preferiva tagliarli. Uno degli episodi più celebri della sua vita è appunto l'abbattimento della sacra quercia di Fritzlar, in Assia. La quercia era considerata proprietà di Thor, ragione per cui la popolazione accorsa ad assistere era curiosa di vedere se il monaco inglese sarebbe stato fulminato all'istante: probabilmente non ci credevano del tutto; ci credevano come noi crediamo all'oroscopo o alle previsioni del tempo, ma se poi il fulmine cadeva davvero, volevi perdertelo? Così accorsero in tanti, anche perché l'avvenimento era stato dovutamente pubblicizzato: in data tale il vescovo di Magonza abbatterà la Quercia. Nessuno provò a trattenerlo, probabilmente perché Bonifacio era il braccio spirituale del potere carolingio ed era scortato da guardie del maestro di palazzo. E non dovette nemmeno sudare troppo perché appena cominciò il lavoro con l'accetta, in luogo dei fulmini si alzò un gran vento che sradicò la pianta, il che provocò migliaia di conversioni spontanee. Col legname ricavato Bonifacio avrebbe poi eretto la chiesa di un nuovo monastero in loco. Secondo una leggenda più tarda, proprio dai resti dell'albero sarebbe germinato l'abete che Bonifacio avrebbe deciso di addobbare, e qui è chiaro che l'idea di associare al santo l'albero di Natale è un tentativo un po' maldestro di addolcire un personaggio spigoloso. Bonifacio non amava i compromessi, malsopportava sia la rozzezza dei pagani sia la scarsa dimestichezza dei cristiani con i principi e la lingua della loro stessa religione: a un certo punto fu censurato dallo stesso papa perché voleva considerare nulli i battesimi impartiti con formule sgrammaticate ("Baptizo te in nomine patria et filia et spiritu sancta"). Malgrado i monasteri fondati (tra cui Fulda), i concili organizzati, le diocesi disegnate, i popoli battezzati, le querce sacre abbattute, non fu mai veramente soddisfatto di quello che stava facendo e non smise mai di provarci, così che il martirio lo trovò a ottant'anni in un pagus della Frisonia, una domenica di Pentecoste, circondato da infedeli che pensavano di trovare nei suoi bauli preziosi gioielli e non libri sacri. Ai suoi compagni chiese di abbassare le armi, tanto "non possono uccidere la nostra anima": poi quando gli infedeli lo stavano ammazzando non riuscì a impedirsi di difendersi col libro che aveva in mano, il De bono mortis di Sant'Ambrogio. Oggi il codice, coi segni di un'arma da taglio e macchie di sangue, è conservato a Fulda.
Quirino che chiese di affondare, anzi no
04-06-2024, 00:40internet, santiPermalinkBy Berthold Werner, CC BY-SA 3.0 |
Se per un po' è sembrato che Internet potesse diventare la Biblioteca di Alessandria – l'archivio di tutte le cose che sappiamo o crediamo di sapere – ormai dobbiamo accettare che sia diventato la Biblioteca di Babele: un enorme corpus di testi che potrebbero persino avere senso, e forse un tempo l'avevano, ma poi è intervenuta una specie di Intelligenza Artificiale abbastanza intelligente per ricombinarli come se volessero dirci qualche cosa, ma non abbastanza per verificare se fosse qualcosa di vero. La maggior parte in ogni caso è pubblicità di cose che molto spesso nemmeno esistono; all'inizio servivano soltanto a infastidire il lettore e convincerlo a passare a una versione a pagamento di un servizio che non comunque non funziona più da anni.
In una versione più recente del Martirologio, sempre tra i santi del 4 giugno, si legge così:
A Szombathly in Pannonia, nell’odierna Ungheria, passione di san Quirino, vescovo di Siszeck e martire, che sotto l’imperatore Galerio, per la fede in Cristo fu precipitato nel fiume con una pietra legata al collo.
E dunque cos'è cambiato? come si sta evolvendo la martirologia ufficiale? Aumentano i riferimenti geografici: accanto a Siszeck di Croazia ora è menzionata anche Szombathly, oggi in Ungheria (l'antica Savaria, che tra l'altro rivendica anche i natali di Martino di Tours). Meno rilievo invece è dato agli aneddoti miracolosi, qui del tutto sacrificati, forse anche perché un santo che "impetrò Dio di affondare" può lasciare perplessa la sensibilità dei fedeli moderni: non si chiede mai a Dio di morire, anche quando si sta affogando già da parecchio tempo e tutto quello che si poteva fare per rendere testimonianza è stato fatto. Sarebbe eutanasia, e il cristiano moderno deve avere orrore per l'eutanasia, molto più di quanta probabilmente ne provava Prudenzio. Dal martirologio è poi sparito il riferimento a un omonimo Quirino di Tivoli, che si festeggia sempre il 4 giugno e da sempre è considerato lo stesso santo, le cui reliquie sarebbero arrivate a Tivoli da Szombathly già nel V secolo. Oggi riposano a San Giuseppe in Seregno, provincia di Monza e Brianza.
Un beota a Trani
02-06-2024, 02:04santiPermalink2 giugno: San Nicola di Trani (XI secolo), il pellegrino beota
Anche Trani ha il suo san Nicola, meno conosciuto di quello di Bari (che è in effetti il santo più famoso di tutti, quello che porta i regali ai bambini la notte di Natale). Il Nicola di Bari fu vescovo in Licia e patrono dei naviganti; il Nicola di Trani invece era un beota, nel senso che proveniva anche lui da oriente ma nello specifico da un villaggio della Beozia, non troppo lontano dal Parnaso.
Tra i Greci già in epoca classica era uso chiamare "beoti" gli stupidi, per via dell'antico pregiudizio dei nobili frequentatori delle acropoli nei confronti dei pastori e dei montanari. Ma anche tra questi ultimi Nicola era un caso limite: orfano di padre, pastore già a otto anni, non è chiaro se non abbia mai imparato a parlare o se le sue competenze lessicali si siano ridotte a causa di un trauma (una "visione") a un'unica invocazione: Kyrie Eleison, Signore Pietà. Il comportamento di Nicola rientra nella casistica dei "folli di Dio", tipici del cristianesimo orientale (anche se al tempo erano ormai anacronistici): emarginati dagli atteggiamenti eccentrici, che mettono alla prova la tolleranza che il Vangelo pretende dai suoi fedeli nei confronti dei poveri di spirito. Tollerare Nicola doveva essere una prova particolarmente ardua, perché all'ennesimo kyrieleison anche la madre lo caccia di casa (a dodici anni!) Per qualche tempo si rifugia nella grotta in cui prima viveva un'orsa che Nicola era riuscito a sloggiare brandendo un crocefisso, e magari anche in questo caso mitragliando kyrieleison. In seguito la madre si fa venire uno scrupolo e lo porta in un monastero, ma Nicola non è evidentemente tagliato per la vita cenobitica e in poco tempo riesce a farsi percuotere e rinchiudere. Tra i vari incidenti, notevole quella volta che durante una processione, mentre tutti chinano la testa al passaggio di un'icona della Madonna, lui va a inchinarsi davanti a un anziano ebreo che era rimasto seduto, forse un rabbino. Ma con le icone non si scherza, nella Grecia bizantina. Un'altra volta i monaci lo legano come un salame e lo buttano in mare, ma lui riesce a farsi liberare da un delfino, anche se non è chiaro come facciamo a sapere tutto questo, visto che quando arriva nel 1094 a Otranto, Nicola è tutto solo e l'unica cosa che sa dire è Kyrie Eleison. Il testimone oculare citato dalle agiografie, un compagno di eremitaggio chiamato Bartolomeo, non sembra conoscere molto della Beozia: probabilmente si è aggregato a Nicola solo dopo l'arrivo in Puglia. Tutto quello che sa, se lo sarebbe fatto raccontare da Nicola, che quindi qualche parola oltre a Kyrie Eleison avrebbe dovuto conoscerla: che poi con queste parole dicesse la verità, non possiamo saperlo: ma se cominciamo a dubitare delle fonti, possiamo anche smettere di raccontare vite dei santi. Invece andiamo avanti.
Nicola era arrivato in Puglia perché desiderava visitare Roma, imbarcandosi con una comitiva di pellegrini che però lungo il viaggio avevano valutato l'opzione di buttarlo in mare. Anche in Puglia, l'accoglienza non è delle migliori. Nicola si fa strada mendicando nella parte più grecofona della regione recentemente conquistata dai Normanni, ma sia a Lecce che a Taranto viene frustato per ordine dei vescovi locali. Un minimo di rispetto il santo sembra ottenerlo dai bambini, ai quali dona dei frutti, ma questo dettaglio potrebbe anche essere il risultato di una contaminazione col Nicola più famoso, che è famoso proprio per i regali. Quando il 20 maggio Nicola arriva a Trani, nella parte latinofona della regione, trova per la prima volta un arcivescovo che lo tratta da cristiano e gli offre vitto e alloggio. Doveva essere talmente malato da ispirare finalmente più pietà che fastidio: muore dodici giorni dopo. Gli abitanti di Trani, che non hanno fatto in tempo a stancarsi dei suoi kyrieleison, imparano ad apprezzarlo per i miracoli. Il vescovo soprattutto coglie la palla al balzo: deve consacrare la cattedrale che era in cantiere già da parecchio, e un "Nicola" venuto dall'oriente sembra un segno del cielo. Quando scrive a papa Urbano II per chiedergli il permesso di canonizzarlo, è il 1097: sono passati appena dieci anni da quando i resti dell'altro San Nicola sono arrivati a Bari. Il papa acconsente, creando un precedente importante: comincia a farsi strada l'idea che i santi vengano proclamati dal vescovo di Roma. E Trani può invocare il suo San Nicola. Kyrie Eleison.
Il santo nella porta
01-06-2024, 02:04santiPermalink1° giugno: Simeone di Siracusa (XI secolo), eremita e viaggiatore
A Treviri hanno la sensazione di vivere in una città antichissima – se ricordo bene c'è una targa in piazza che dice che è stata fondata mille anni prima di Roma. Questo è evidentemente impossibile, a quei tempi era tutta foresta; ma Treviri è l'ultima città sulla Mosella prima che il fiume si getti nel Reno, dopodiché cominciava la Germania vera e propria, che sarebbe rimasta foresta anche mille anni dopo: ai bordi di questo oceano verde, Treviri si sentiva una metropoli e fece il possibile per conservare quest'illusione. Certe rovine che in altre città facevano tristezza e venivano smantellate, con quel che costava cuocere mattoni nuovi nel medioevo, a Treviri in un qualche modo resistettero: compresa un'intera porta monumentale, la più grande testimonianza architettonica del periodo romano a nord delle Alpi. In parte il merito è anche di un santo, che andò ad abitarci quando ormai era un rudere. Si chiamava Simeone e veniva, di tutti i posti al mondo, da Siracusa. E prima di accamparsi nella Porta Nigra di Treviri era cresciuto a Costantinopoli, rapito in mare, naufragato ad Antiochia, aveva cercato di riscuotere un credito in Bretagna, ed era tornato in Terrasanta come guida turistica.
Dante a scuola non è obbligatorio
26-05-2024, 14:00antisemitismo, Dante, Islam, italianistica, razzismiPermalink– L'insegnante di una scuola media trevigiana ha esentato due studenti musulmani dallo studio della Divina Commedia. In una riga, la notizia è questa. Sembra inventata apposta per discuterne, a lungo, e invano, in attesa di qualche altro spunto altrettanto pruriginoso. Quel che segue è un tentativo di segnalare i rami secchi della discussione, quelli che non porteranno da nessuna parte e che, se potessi farlo, andrei personalmente a segare ovunque spunteranno, sui media e sulle piattaforme sociali.
– La scuola media (secondaria di primo grado) è un luogo che tutti crediamo di conoscere e che invece nessuno sa com'è fatta. Non lo so nemmeno io che ci lavoro dentro, per via che ogni scuola riflette una situazione molto particolare, che cambia in fretta. Faccio fatica a capire cosa succede in altri corsi della mia stessa scuola, per cui non credo di poter farmi facilmente un'idea di quale sia la situazione che ha portato in un altro quartiere di un'altra città un insegnante a porsi il problema, a confrontarsi coi genitori e a prendere una determinata decisione. Prima di esprimere un giudizio dovrei come minimo parlarne con lui, sentire il suo parere – e possibilmente anche quello di altri osservatori diretti. I giornalisti dovrebbero fare questo, secondo me: andare a cercare insegnanti, studenti, genitori in grado di restituirci almeno un pezzo del contesto; invece salta fuori che dal tavolino di casa devono aizzare le vostre paure e suggerirvi che l'occidente è minacciato da fanatici che non vogliono leggere l'Inferno di Dante (e in compenso a quanto pare leggeranno qualche pagina in più del Decameron, non esattamente un testo di propaganda islamica).
– Una parte del contesto che ci sfugge, e che è cruciale, è il grado di alfabetizzazione degli studenti in questione. Ai giornalisti sembra sufficiente ricordare che sono musulmani, come se tutti gli studenti musulmani italiani (centinaia di migliaia) arrivassero allo stesso livello di conoscenza della lingua italiana nel medesimo momento: e invece no, abbiamo musulmani nati in Italia e perfettamente integrati già alla scuola primaria, abbiamo altri musulmani nati in Italia ma che non parlano italiano in casa, e altri appena arrivati che non parlano nemmeno la stessa lingua di altri musulmani nella stessa classe. L'Inferno è scritto in un italiano del Duecento che crea difficoltà anche agli italofoni laureati. Certo, puoi sostituirlo con una parafrasi. Se proprio t'interessa il contenuto, più della forma. Ma è da qualche secolo che abbiamo deciso esattamente il contrario: se togli il contenuto dalla forma, ti restano le elucubrazioni bassomedievali di un tizio che vagheggiava un Impero universale, che riteneva giusto che i non credenti fossero torturati per l'eternità, il cui poema consiste in una colossale lista dei Buoni e Cattivi stilata da lui, con tanto di premi per i buoni e torture per i Cattivi. Se proprio insisti a insegnare la Commedia a un ragazzino che non sa ancora bene l'italiano, devi semplificare di molto il messaggio, fino al punto che il messaggio potrebbe ridursi davvero a questo: se t'innamori vai all'inferno, se sei musulmano vai all'inferno, se mangi i tuoi figli vai all'inferno. A quel punto meglio leggere Boccaccio, davvero. O Baricco, e non lo dico da estimatore.
– Quello che ha fatto, l'insegnante aveva tutto il diritto di farlo. Dante alle medie non è obbligatorio; mi domando se lo sia mai stato. Ricorderemo ai lettori increduli, per l'ennesima volta, che "i programmi scolastici" non esistono; ove per "programmi scolastici" si voglia intendere un canone di testi e autori obbligatori nella scuola dell'obbligo. Non è che un canone italiano non esista, e non abbia contorni perfino troppo definiti (Dante, Petrarca, Boccaccio, Ariosto, Tasso, eccetera): ma non si è imposto per legge o circolare ministeriale. In caso contrario immaginatevi cosa starebbe succedendo oggi, con questo governo.
– Non solo è possibile completare serenamente il primo ciclo di istruzione senza aver mai aperto una pagina di Dante, ma non è affatto escluso che sia meglio così: perlomeno se lo chiedi a un insegnante del secondo ciclo, in nove casi su dieci ti scongiurerà di lasciar perdere Dante, lasciar perdere Manzoni e tutta la Storia della letteratura; che insomma sarebbe meglio che a dodici anni i ragazzi imparassero l'italiano su testi più adatti alla loro età. È un punto di vista che sostanzialmente condivido, anche se poi nelle mie classi di solito apro Dante, persino Petrarca, persino Ariosto – ma sempre sentendomi un po' in colpa, come l'insegnante che preferisce parlare delle proprie passioni che delle cose che più appassionerebbero i ragazzi. Diciamo che per un'ora alla settimana preferisco parlare di cose che conosco e che frequento bene, piuttosto di cose che i ragazzi farebbero meglio a scoprire da soli. Diciamo anche che mi fido di me, della mia capacità di introdurre Dante senza correre il rischio che qualche ragazzino trattenga le informazioni sbagliate e racconti in casa che la terra è al centro dell'universo, e ancora più al centro c'è Lucifero che divora i peccatori. E che forse mi sbaglio, perché di ragazzini ne ho avuti tanti e mica tutti li ho capiti, mica tutti potevano capire me.– Malgrado l'infosfera faccia il possibile per convincerci che ogni notizia sia davvero "nuova", per tenerci in un eterno presente in cui il nostro stile di vita è perennemente minacciato, perennemente sul punto di cedere a un'improvvisa avanzata islamica e/o woke, noi dell'opportunità di studiare Dante discutiamo da decenni e non sto esagerando: ho in archivio un pezzo del 2012, scritto meglio di questo perché era per l'Unita.it. Piccola curiosità: a quel tempo a sollecitare la discussione era Gherush 92, un "Comitato per i diritti umani" di evidente ispirazione ebraica: e infatti in quel caso la Commedia era definita un testo antisemita. Invece qualche mese fa, durante la campagna femminista #unite #rompiamoilsilenzio, due scrittrici pensarono che fosse il caso di denunciare "il sessismo, i pregiudizi di genere" nei manuali di Storia della letteratura, ma anche nella Storia della letteratura tout court, Commedia inclusa. Un intervento che al tempo mi lasciò perplesso, se non altro perché a ogni capoverso le stesse autrici sembravano pregare di non essere prese troppo sul serio: "Certo" scrivevano proprio dopo aver accusato Dante di sessismo, "la realtà dei testi e del loro contesto sarebbe più complicata di così, ma quello che rimane..." ecco, il problema è sempre questo: io posso anche provare a introdurre la Commedia ai dodicenni come l'oggetto complesso che è, ma cosa rimane?
– Ogni volta che qualcuno vi stuzzica un senso di indignazione minacciando la cancellazione della Commedia, fate questo test: trovate irritante un musulmano che non vuole studiare Dante? E se fossero gli ebrei di Gherush 92, vi irriterebbe ugualmente? E se fosse un collettivo di femministe? Il test potrebbe aiutarvi a capire il vostro contesto: cosa sareste disposti a rinunciare pur di salvare il fondamentale studio di Dante? Nel 90% dei casi temo si tratti della convivenza con la comunità islamica, una delle minoranze numericamente più importanti in Italia, che non ha rappresentanza giuridica e fiscale, i cui membri vengono trattati da ospiti temporanei benché spesso siano cresciuti qui e la Costituzione preveda che abbiano gli stessi diritti di Ernesto Galli della Loggia che crede che difendere l'Occidente e lo sterminio di Gaza sia la stessa cosa. Perché non abbiamo un simile fanatico musulmano a scrivere fanatismi analoghi su un'altra colonnina dello stesso quotidiano? Lo so che è una domanda retorica, ma vi rendete conto che un musulmano avrebbe lo stesso diritto costituzionale di GdL di intrattenerci con analoghe scemenze, che magari intercetterebbero un pubblico più vasto dei liberaloidi fulminati sulla via di Gerusalemme? Ce la fate ad accettare che i musulmani non sono ospiti ingrati; che hanno lo stesso diritto di vivere qui che avete voi, e che ci resteranno?– Chi parla di cancel culture, nel 90% dei casi esagera. Non siamo negli USA, non stiamo togliendo Dante dalle biblioteche scolastiche – e anche negli USA, non stanno tutti togliendo Mark Twain dalle biblioteche scolastiche. Chi sollecita a turno queste discussioni non vuole cancellare: vuole modificare il contesto che per amor di polemica finge di ignorare. Gerush 92 non voleva impedirci di studiare Dante, ma chiedeva al ministero di "inserire i necessari commenti e chiarimenti", come se nei manuali non ci fossero già: in controluce si stava proponendo come autorità in grado di suggerire questi "commenti": stava lottando per conquistare una visibilità e un'autorità. Le femministe non smettono di ricordarci che non vogliono cancellare Dante o Ariosto: ma vogliono dettare le condizioni; non solo denunciare il contesto, ma metterci sopra una bandierina. "La cancel culture si propaga attraverso prove di forza. Si individua un obiettivo e si martella finché l'obiettivo diventa indifendibile. Non ha così tanta importanza cosa abbia realmente detto o fatto l'obiettivo".
– L'unico ramo probabilmente non secco di questa discussione è la domanda che lascia in sospeso. I musulmani non vogliono leggere Dante? Ok, non è che abbiano tutti i torti. Gli ebrei trovano Dante antisemita? Eh, dagli torto. Le femministe lo trovano discutibile? Hanno decine di motivi per farlo. E noi? Perché pensiamo che valga ancora la pena di leggerlo, a scuola e altrove? Io risposte qua e là ne ho già date: ovviamente riguardano me, e al massimo i miei poveri studenti. Ognuno deve trovare le sue.
Il santo che perse la testa (e la raccolse)
23-05-2024, 00:05santiPermalinkIl caso di Desiderio sembra ricalcato su quello del vescovo parigino: nato a Bavari, che oggi è un municipio di Genova ma ai tempi era tutta campagna, Desiderio avrebbe fatto carriera a Langres, citta della Gallia lugdunense (la Francia orientale), diventandone il vescovo. Come tale gli spettava l'incombenza di cercare di trattare con il re vandalo che stava invadendo la Gallia, ma la trattativa non avrebbe avuto il successo sperato, e Desiderio sarebbe stato decapitato fuori dalle mura di Langres. Lui però intendeva essere sepolto dentro le mura, e quindi la leggenda ci racconta che raccolse la testa e rientrò, attraverso una fessura nella roccia che si aprì in quel momento (e che a Langres sarebbe tuttora esposta ai fedeli, anche se su internet non trovo niente).
La leggenda è poco attendibile, per una serie di motivi: ad esempio nel III secolo i Vandali erano già bellicosi sì, ma a centinaia di miglia più a est, sul Danubio; il loro supposto re, Croco, era in realtà re di altre tribù che effettivamente invasero la Gallia ma un po' più tardi; e infine è molto improbabile che un vescovo possa raccogliere la propria testa dopo la decapitazione. Siccome poi questo dettaglio è assente da una prima leggenda composta da un certo Varnacario nel VII secolo, il sospetto è che in questo come in altri casi la cefaloforia abbia un'origine per così dire didascalica, ovvero che si tratti di una storia nata per commentare un'immagine in cui il vescovo era ritratto con la testa in grembo: il che fino a un certo punto non significava che l'avesse raccolta davvero, ma che la mostrava ai fedeli e a Dio come segno del suo martirio, allo stesso modo in cui in certe raffigurazioni medievali e moderne i martiri esibiscono le loro mutilazioni, Lucia gli occhi, Agata i seni, Bartolomeo la pellaccia, eccetera: da questo punto di vista è coerente che un decapitato mostri la propria testa, anche se i più famosi (San Paolo, San Giovanni decollato) non lo fanno.
Queste raffigurazioni hanno un certo successo, più di pubblico che di critica, nel senso che nessun maestro del colore ha mai dipinto un cefaloforo interessante: è piuttosto quel tipo di immagine bizzarra che andava forte tra le guglie delle cattedrali gotiche, dove la gente cercava i mostri. A un certo punto qualche predicatore o guida turistica medievale deve aver cominciato a intrattenere i turisti/fedeli dando un significato storico a quella che in origine era un'immagine simbolica: non è un santo che mostra il suo martirio a Dio, ovvero sì, ma è anche un santo che davvero resse la sua testa in mano dopo che gliel'avevano tagliata.
Altre ipotesi sulla cefaloforia cercano di ricollegarla a miti precristiani, il che sarà pur vero per almeno qualche caso su centinaia; magari in Irlanda, dove le tribù celtiche avevano la sinistra fama di cacciatori di teste. Ma di teste tagliate che piangono e sussurrano ce n'è in tutte le mitologie, al punto che già Aristotele, nel suo trattato di zoologia (De partibus animalium) si sentiva in dovere di debunkare l'idea che una testa umana potesse continuare a parlare dopo essere stata mozzata – come pure si leggeva nell'Iliade, e nel mito di Orfeo. Probabilmente all'origine c'è un'immagine traumatica, uno shock ancestrale: una testa appena tagliata è soggetta a spasmi muscolari che danno l'impressione che sia ancora cosciente: le palpebre non si chiudono subito, e l'aria che entra dal foro della laringe può far vibrare le corde vocali e dare l'impressione che la testa voglia ancora dire qualcosa. E non è escluso che per qualche istante la testa voglia davvero dire qualcosa. Per tre, quattro secondi massimo. Poi basta.
Sono sicuro che avete già condannato l'aggressione
19-05-2024, 01:49fascismo, Israele-PalestinaPermalinkNon ho nessuna prova per sostenere che i picchiatori fossero filosionisti – come quelli un po' inquietanti che abbiamo visto sfilare e lanciare bombe carta a Roma il 25 aprile, infamando la memoria e la bandiera dietro la quale si nascondevano – sono sicuro comunque che le comunità ebraiche abbiano già preso pubblicamente le distanze da un fatto così grave, dando così anche un messaggio importante a certi fiancheggiatori, anche loro più dannosi che utili alla causa che sostengono di difendere. Questo è almeno quello che farebbe qualsiasi persona intelligente, in una situazione del genere, e quindi non vedo l'ora di pubblicare qui sopra queste prese di distanza, queste ferme condanne. Appena le trovo. Ma ripeto, sono sicuro che ci sono.
#Rubio@rubio_chef
— ▲ FONTE AUTOREVOLE ▲ (@francotaratufo2) May 17, 2024
Fino a quando anche le brave persone come @TizianaFerrario si faranno intimorire dalle "minacce" di certi energumeni.
Un esempio?
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Nel frattempo un educatore algerino che da dieci anni lavorava in un liceo privato a Roma ha ricevuto una visita dalla Digos che ne ha perquisito l'abitazione e lo ha rinchiuso presso il terribile CPR di Ponte Galeria (a proposito del quale consiglio a tutti l'ottimo reportage di Chiara Proietti d'Ambra per la trasmissione 100 minuti). Sembra di capire che verrà rimpatriato in Algeria, per quale motivo? Perché ha inneggiato a Hamas in una chat privata. Il che evidentemente viola una legge dello Stato italiano, anche se non si capisce bene chi l'abbia scritta. Forse nessuno, ma nei fatti funziona. In questi mesi ho visto sulle piattaforme che frequento gli sfoghi più diversi, compreso diverse esortazioni al genocidio, fatte da brave persone oneste e diciamolo, bianche, che nessun agente Digos andrà a perquisire, e che nessuno porterà in un recinto dove vengono sospesi i diritti umani e civili. Io nel mio piccolo, se provo a pubblicare su Fb un report sul genocidio a Gaza, steso da fior di giuristi, vengo un po' penalizzato perché a quanto pare sto divulgando "Contenuti forti e violenti". Ci resto un po' male, ma poi penso che domani continuerò a svegliarmi nel mio letto, e che nessuno per ora mi aspetta fuori casa per sprangarmi, né devo temere bombardamenti, insomma sono talmente fortunato che dovrei vergognarmene.
La Madonna che veniva dal letame
08-05-2024, 12:43madonne, santiPermalink8 maggio: Madonna di Pompei, immagine miracolosa
Le Madonne in giro per il mondo potrebbero dividersi in due fondamentali insiemi: le apparizioni e le raffigurazioni. Può essere difficile distinguerle perché il culto tende a eliminare la differenza: dove appare una Madonna, presto o tardi viene prodotta un'immagine, la quale in certi casi si lega all'apparizione al punto che i fedeli danno la sensazione di attribuire i miracoli più all'immagine che all'apparizione. Però in certi casi l'apparizione proprio non c'è, o viene inventata a posteriori (probabilmente è il caso della Vergine della Guadalupe): quello che all'inizio stimola il culto è una raffigurazione alla quale vengono attribuite proprietà miracolose. Una caratteristica peculiare di quasi tutte queste raffigurazioni è che sono in un qualche modo rovinate: a volte si tratta di relitti rinvenuti dal mare (come la Madonna Candelaria delle Canarie, o la Vergine dell'isola di Barbana). Si tratta di manufatti che sorprendono chi li trova, scolpiti o dipinti in stili sconosciuti che alludono a luoghi lontani e inimmaginabili – una madonna nera in Polonia, una bianca in Giappone. Il loro stesso rinvenimento ha qualcosa di miracoloso, un segno di Maria dallo spazio profondo. Questo spiega anche perché nell'età moderne questa tipologia di Madonne sia diventata più rara (senza sparire del tutto): man mano che il mondo si faceva più piccolo e interconnesso, scoprire madonne diverse e sconosciute diventava più difficile, tant'è che a partire dall'Ottocento Maria comincia a sentire l'esigenza di apparire direttamente ai fedeli. E però ogni tanto qualche Raffigurazione miracolosa continua a spuntare qua e là, sempre grazie ad avvenimenti fortuiti che scatenano un corto circuito: ad esempio a Sant'Anastasia (NA) un'immagine non molto riuscita della vergine si impone al culto dopo essere stata ammaccata da un giocatore di pallamaglio: un caso che sembra suggerirci che l'imperizia di un artista non basti. Perché un'immagine s'imponga alla venerazione deve intervenire qualche forma di danneggiamento più o meno volontario. Ed eccoci al caso della Madonna di Pompei.Una delle più famose madonne dell'Italia (e quindi della cristianità), ma anche di quelle più documentate: proprio alle pendici del Vesuvio, che è il vulcano più studiato del mondo, troviamo questa raffigurazione miracolosa di cui sappiamo apparentemente tutto: quando arrivò in loco (13 novembre 1875) e chi ne fondò il culto: il possidente Bartolo Longo, benefattore dai trascorsi bizzarri. Da giovane, ci raccontano gli agiografi, avrebbe aderito a una vera e propria setta satanica (o almeno satanica gli era parsa dopo essersene allontanato), diventandone un sacerdote e rimediandone una depressione causata forse anche dalla dieta che gli adepti si autoimponevano – sì, di tutti i satanisti al mondo Longo era riuscito a trovare quelli che digiunavano invece di gozzovigliare: che senso ha, vi chiederete, e forse se l'era chiesto pure lui, prima di incontrare i domenicani che lo avevano rapidamente convertito.
Dove scopriamo che il satanismo faceva almeno dimagrire. |
A Longo nel 1875 non mancava certo la liquidità, e a Napoli avrebbe sicuramente potuto trovare pittori in grado di produrre madonne di ottima fattura; persino a Pompei, dove la fame di souvenir dei turisti cominciava a richiamare artisti da tutto il regno, specializzati nel riprodurre gli affreschi antichi. Invece il domenicano padre Radente spinge Longo a bussare al Conservatorio del Rosario di Portamedina, dove suor Maria Concetta De Litala custodisce un vecchio dipinto che si rivela una crosta impresentabile: tarme, strappi, e inoltre la santa a cui la Madonna porge il rosario non è la domenicana Caterina da Siena, ma Rosa da Lima. Longo vorrebbe lasciarla lì, ma suor Maria Concetta insiste e così finisce per caricarla sul carretto. Questo carretto, gli agiografi ci tengono a ricordarlo, di solito trasportava letame: probabilmente trasportava qualsiasi cosa ci fosse da trasportare, ma in un qualche modo è importante ai fini della leggenda ricordare che la Madonna è arrivata a Pompei su un carretto del letame, quella cosa da cui nascono i fiori, comprese le rose (mentre dai diamanti non nasce niente). Una volta giunta a destinazione, Longo la fa restaurare da più specialisti: se ne avesse fatta fare una nuova gli sarebbe sicuramente costata meno, ma a questo punto abbiamo capito che è fondamentale che la Madonna venga da lontano, e abbia trascorsi misteriosi. Rosa da Lima diventa Caterina, e in breve la corona della Madonna comincia ad adornarsi di gioielli veri, donati dai pellegrini per grazia ricevuta. Nel secondo dopoguerra sono stati rimossi, perché contribuivano a deteriorare un dipinto che ormai è un palinsesto. Ma insomma: dal letame le rose, dalle rose i diamanti.
Intorno al volto incoronato della vergine compare un'aureola di dodici stelle, ripresa dal celebre passo dell'Apocalisse ("una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul suo capo una corona di dodici stelle"). Probabilmente l'autore dell'Apocalisse intendeva alludere alla Chiesa dei dodici apostoli o a Israele e alle sue dodici tribù; nel 1955 però una corona di dodici stelle viene proposta tra i bozzetti per il simbolo del Consiglio d'Europa: l'autore, Arsène Heitz, si dichiarerà in seguito fedele alla Madonna, ma probabilmente il richiamo alle dodici stelle era stato fortuito, se non pescato dall'inconscio. I membri del Consiglio d'Europa che approvarono il bozzetto ne ignoravano il riferimento mariano: e però per una coincidenza che delizia i commentatori cattolici, il bozzetto fu approvato proprio l'otto dicembre, festa dell'Immacolata Concezione. Invece domani è il 9 maggio, festa dell'Unione Europea, che dal Consiglio d'Europa riprese la bandiera.
Le classi differenziali esistono già
06-05-2024, 01:06scuolaPermalinkLe classi differenziali, vedo che se ne riparla. Se ne riparla per nessun motivo, o perché un tizio qualsiasi (un generale in congedo, ma poteva essere un doganiere in pensione, una commessa di tezenis in pausa pranzo) doveva trovare qualcosa da dire in campagna elettorale. Non che nessuno abbia veramente intenzione di spenderci qualcosa, che è l'unica cosa che dovremmo chiedergli, sempre: ah, vuoi istituire classi differenziali? E quanto ci costerebbero? Un po' brutale, mi rendo conto, ma è una domanda sufficiente a capire se chi chiacchiera ha intenzione di fare sul serio. Per cui in effetti è una domanda retorica: nessuno ha intenzione di fare sul serio.
Le classi differenziali, uno di quegli argomenti che su questa pagina si ripropone sempre uguale – a riprova che nulla cambia, tranne me, e di sicuro non in meglio. Era uno dei punti su cui mi piaceva aprire fronti interni coi progressisti; poi siamo diventati così pochi che ho lasciato perdere, e tuttavia.
La gente ha sempre questo problema quando pensa alla scuola, che di solito pensa alla scuola che ha fatto lui. E in Italia siamo tutti vecchi, per cui pensiamo alla scuola che abbiamo fatto 40 anni fa. Era una scuola con tanti difetti, studiavamo "le guerre puniche tre volte", ma era già molto inclusiva, una delle scuola più inclusive al mondo, le classi differenziali erano state abolite, i ragazzi con disabilità erano integrati nelle classi e sostenuti da opportune figure di sostegno, e tutti eravamo sostanzialmente d'accordo che non solo riuscivano a integrarsi ma portavano alle classi qualcosa di più. Non era un modello perfetto ma era un modello per tutti i versi preferibile alle scuole differenziali.
Poi sono successe cose e molti non ne sono accorti, o hanno fatto finta di.
La cosa più importante è che sono arrivati molti bambini da famiglie di origine straniera che in casa non parlavano italiano. È stato un processo graduale ma rapido, e non uniforme ma a macchie di leopardo: per cui in certe zone no e in altre sì, in certi quartieri no e in altri sì. La scuola pubblica come ha reagito al problema? La scuola pubblica si è messa a cercare dappertutto risorse per l'alfabetizzazione, e un po' ne ha trovate, soprattutto presso gli enti locali che erano abbastanza vicini al problema da porselo anche loro. Al ministero invece no, non hanno proprio capito la cosa. L'importante era non creare classi differenziali perché le classi differenziali erano brutte, fine. Quando si faceva notare che una classe media col 50% di studenti ancora da alfabetizzare era, nei fatti, una classe differenziale, la risposta illuminata del ministero era: caliamo la quota, d'ora in poi non si possono fare più classi sopra il 20%, massimo 30%. Che è letteralmente proporre brioches a chi non ha il pane, una cosa che Maria Antonietta non ha mai fatto, ma Maria Stella Gelmini sì, e tutti i ministri successivi. Non ci hanno mai spiegato come restare in quota (fare più classi? Dove? Con chi? eliminare fisicamente gli alunni in eccesso? Produrne altri?): la mia scuola è in deroga da allora.
Il risultato di tutto ciò è che il ragazzo disabile che oggi entra in una classe, a volte non entra in una classe che può trarre giovamento nel rapportarsi con la sua diversità, ma in un circo di fenomeni che sono già diversi per i fatti loro. Non irrelatamente, nel frattempo è esploso il fenomeno dei Disagio Scolastico Certificato: ovvero una serie di disagi che possono (non necessariamente) essere certificati da uno specialista e che per quanto Galli della Loggia ne sia ormai convinto, non prevedono l'assistenza di un insegnante di sostegno (altrimenti ne avremmo ormai 4 per classe), ma un piano di studio personalizzato.
Quindi ora un insegnante, non dappertutto, soltanto in certe realtà, più facilmente urbane e settentrionali, si trova in una classe con 5-6 studenti che necessitano di un piano di studio personalizzato, 1-2 studenti disabili con sostegno e altri 5-6 studenti che non è che capiscano sempre quando parli in italiano. Tutto questo solo nella scuola pubblica, perché appena vai in una privata il problema scompare: non sono tenuti a ricevere quote di stranieri o disabili o disagiati. Il che significa che nel quartiere con la scuola privata il disagio si concentrerà ulteriormente nelle scuole pubbliche limitrofe, e se lo fai presente al ministro lui dice ok, diminuiamo la quota disagio, l'avete diminuita? No? Va bene allora diciamo che siete in deroga.
In mezzo a tutto questo un generale, ma potrebbe anche essere un capitano dei pompieri, un incantatore di serpenti, una pornocasalinga, si sveglia che è primavera e dice: servirebbero classi differenziali. E tutti a dire boooooh, ma come ti permetti, la scuola dell'inclusione, cosa direbbe Don Milani. Don Milani, che non brillava per diplomazia, temo che vi avrebbe mandato a cagare non più tardi del 2010. Gli unici a non booooohare sono guarda un po', i genitori, che la scuola la stanno vedendo un po' più da vicino e senza le lenti rosa della nostalgia. Tra loro anche i genitori di origine straniera che ci terrebbero al fatto che i loro ragazzi l'italiano lo imparassero un po', o al limite l'inglese, la matematica: ma in certe situazioni non è previsto, in certe situazioni è previsto che loro figlio fissi la parete per cinque ore senza nessun sostegno o nessuna risorsa per l'alfabetizzazione. Questa è la diversità che portano alla classe, questo è il prezzo che devono pagare per la vostra ipocrisia.
Le classi differenziali esistono già: sono le classi dei quartieri difficili. E a questo punto ci starebbe bene una di quelle formule da youtuber o telegrammista impazzito, del tipo: lo Stato non vuole farvelo sapere. Tranne che non è vero: lo Stato ci tiene molto a farcelo sapere; lo Stato che non ha fondi da devolvere nel recupero degli studenti in difficoltà, ne getta a pioggia in strumenti come l'Invalsi che servono semplicemente a ricordarci che esistono scuole di serie A, B e Zeta. L'insegnante curriculare deve essere educato a considerare gli alunni disagiati come un disturbo, un ostacolo insormontabile tra l'Eccellenza che dovrebbe perseguire e la realtà in cui dovrebbe sbrigarsi a cercare una professione meglio remunerata. Negli ultimi anni siamo riusciti a mettere insieme il peggio della cultura cattolica (una generale diffidenza verso la cultura e le iniziative individuali) col peggio del calvinismo (un culto dell'élite che si autovaluta e si trova sempre molto meritocratica). L'idea ancora non esplicitata, ma tra un po' ci arriveremo, è che la scuola non serve a formare, ma a separare chi ha talento da chi proprio non ce la deve fare e dev'essere scaricato il prima possibile. In mezzo a tutto questo, un tizio si presenta le elezioni e invece di proporre qualche altra sciocchezza come legalizzare la prostituzione (è già legale), si fa venire in mente l'idea delle classi differenziali: che esistono già. È più furbo degli altri, o è solo meno ipocrita? Non lo so, non ha nessuna importanza.
Potessi replicargli, gli chiederei semplicemente quali risorse ha intenzione di gettare sul piatto perché è l'unica cosa che mi interessa ormai, la vita mi ha reso cinico e venale: i soldi: intendi costruire scuole in più, aule in più, risorse per le classi differenziali? Docenti opportunamente formati, e come, e con che fondi? Dicci quanti soldi ci dai o stattene zitto finché non ti viene in mente una cifra, grazie.
Il primo maggio è di Giuseppe
01-05-2024, 02:10pontefici, preti parlanti, santiPermalink1° maggio: San Giuseppe Artigiano
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