La Ciurma Ep.2

Sempre da NoBorders Magazine 
Tornano i temerari della Silk Road Race. Nella scorsa puntata Grazia e Riccardo ci hanno raccontato come affrontano questo viaggio. Questa volta è il turno di Angelo e Riccardo che si preparano in modi molto diversi. Oggi ci raccontano come.


Una giornata tra i pensieri di Angelo:

E’ un giorno qualunque; sveglia, colazione e al lavoro in bici. Fa caldo e allora ne approfitto per pedalare un po’. E’ un giorno qualunque, al lavoro non so cosa avrò da fare, non molto visto il periodo, ma tanto la testa è da tutt’altra parte. E’ un giorno qualunque ma manca un mese, solo 30 giorni e si parte. Eh già, la testa anche adesso che sto pedalando verso l’officina dove lavoro vaga libera verso il Tajikistan. Devo ancora fare la revisione all’auto ed un controllo, almeno a tutto quello che non sono in grado di fare io: olio del cambio, pastiglie dei freni, liquido del radiatore; devo anche andare a prendere la piastra da fissare in qualche modo sotto il motore. La radio fa un po’ di capricci ma sono sicuro che l’auto sarà a posto per la partenza. Comunque prima del 28 luglio avrò 15 giorni per guidarla e provarne le sensazioni . Piuttosto, chissà se i nostri passaporti oggi arriveranno. Li aspettiamo con ansia: dobbiamo ancora fare il visto per il Tajikistan e sembra facile ma non lo è per niente. Poi le magliette: finalmente le hanno spedite e oggi arriveranno e poi la grigliata happy hour con i nostri amici per festeggiare l’auto e il viaggio e raccogliere un po’ di beneficenza a favore del Cesvi. Devo anche chiamare chi sta stampando gli adesivi, sono ormai 10 giorni che doveva consegnarli. E poi, e poi… L’intesa con i miei compagni di viaggio cresce giorno dopo giorno, tra e-mail e telefonate per riferire, chiedere, pianificare, progettare cose che tanto poi andranno cambiate se non stravolte ma “chissenefrega”, il bello è anche quello di poter fare e disfare tutto o quasi fino a quando non saremo in auto la sera del 28 luglio e prenderemo la strada per l’Est. E’ appunto un giorno qualunque, come ieri e come domani, in cui da quando mi sveglio a quando vado a dormire ho in testa questo viaggio cominciato un anno fa e ormai in dirittura di partenza.
Angelo

L’approccio “atletico” di Riccardo:
Tra i miei vari “non lavori” il principale è quello di andare in posti del mondo improbabili, con mezzi di trasporto improbabili e con gruppi di persone sconosciute che però si aspettano molte cose da me. La preparazione e l’organizzazione preventiva del viaggio diviene dunque un momento fondamentale anche perché il più delle volte nemmeno io sono mai stato in quel paese improbabile… ma questa è la mia vera sfida, alzare l’asticella sempre più in alto e vedere fino a che punto so saltare. La prima cosa che ho detto ai miei compagni di viaggio è stata: ragazzi, io non faccio il capogruppo in questo viaggio (ho infatti conosciuto tutti i maschietti del gruppo in alcuni di questi paesi improbabili, avente funzione di far saltare l’asticella a me e a loro…). Per la prima volta dopo tanto tempo non mi sento responsabile delle mie scelte. Mi sto godendo questo limbo di incoscienza e spensieratezza. Delegando. Tu ti vuoi occupare di questo? Per me va bene. Tu invece di quest’altro? Benissimo!! Non ho ancora la minima idea dell’itinerario che effettueremo ne delle asticelle che dovremo superare. E’ anche vero che sono già stato in quasi tutti i paesi che attraverseremo ma in tempi ormai lontani e con altre modalità. Sono anche il “santone” dei Mattacchioni Volanti, l’unico del team ad appartenere a quella banda di strani personaggi. In quasi tutte le città dove dormiremo mi esibirò con lo spettacolo della levitazione, sono molto curioso, chissà come reagiranno i russi e gli ucraini considerando il tasso alcoolico delle lunghe serate estive. E i pastori della steppa Kazaka e Uzbeka. E gli integralisti Tagiki. Non posso dirvi molto di più ma per organizzare il “tour asiatico” dei Mattacchioni occorrono sforzi tecnici e logistici, ma anche qui, da buon paraculo, sto delegando, i miei collegi mattacchioni sono al lavoro per ottimizzare questa imprevista avventura e io sono la “star” che si sta riposando in vista degli impegni futuri!
Se mi sento in colpa? E perché dovrei? Manca un mese alla partenza e non voglio uscire da questo limbo, anzi ci si sta benissimo: per ora!!! Conoscendomi sono certo che fra un paio di settimane l’adrenalina inizierà a circolare copiosamente, pian piano mi renderò conto di quello che mi aspetta. Il battito cardiaco aumenterà, la lucidità avrà il sopravvento sull’emozione, inizierò la lunga rincorsa e finalmente spiccherò il volo per superare questa nuova splendida asticella.
Riccardo P.
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Sabato 14 la Gengis Khar sarà di scena a Portomaggiore (Ferrara)

Finalmente la Gengis Khar accederà i motori! Il suo viaggio inaugurale lo farà sabato prossimo dalla provincia di Milano alla provincia di Ferrara, da Lainate a Portomaggiore, dal cuore della Lombardia al cuore dell'Emilia.

L'associazione Portoamico, di cui sotto riportiamo una breve presentazione, ci ha invitati ad una serata inaugurale.
L'appuntamento è per 

sabato 14 luglio alle ore 20 
teatro Concordia di Portomaggore, 
corso Vittorio Emanuele II 
Portomaggiore (Ferrara)

Se preferite vi diamo pure le coordinate: 44°41'47"N 11°48'25"E. Così siete sicuri di non perdervi se venite in barca!!!
Noi del team ci arriveremo, naturalmente a bordo della nostra mitica Ford Escort, e porteremo magliette, adesivi, cartoline per tutti i notti tifosi. Chi di voi è dell'Emilia non può non venire, chi non è dell'Emilia... beh, è una buona occasione per venire in Emilia. 

E se vi state chiedendo che cosa è e di che cosa si occupa l'associazione Portoamico, eccovi la presentazione promessa.
L'associazione Portamico è nata sei anni fa quando Portomaggiore era scesa ad un numero inferiore ai diecimila abitanti, perdendo il titolo di città e, cosa più grave, la popolazione invecchiava e gli investimenti per qualunque tipo di attività stavano cessando. Portomaggiore era diventato il Comune italiano con la più bassa natalità.
In compenso, Portomaggiore aveva una posizione ferroviaria invidiabile, infatti con il treno si raggiungono facilmente Bologna, Ferrara e Ravenna, ed un mercato degli affitti decisamente inferiore.
Gli amministratori, sfruttando tali caratteristiche e temendo lo sfrangiamento definitivo del tessuto sociale, hanno così incoraggiato l'arrivo e la residenza di migranti. Inizialmente provenivano tutti dal Marocco, poi dal Pakistan e, un po' alla volta, da tutto il resto del mondo. E con loro, sono arrivare anche le loro famiglie. Portomaggiore ha così cominciato a riprendere vita e, per far fronte ai nuovi problemi e favorire l'inserimento dei nuovi cittadini, l'amministrazione comunale ha deciso di istituire una Consulta per l'immigrazione. Nelle scuole in particolare, si stavano creando allarmanti tensioni. 
Su questo scenario, ricco di prospettive ma anche di problemi da affrontare, un gruppo di persone ha scelto, come consigliava un certo Lao Tzu, di "accendere una luce invece di maledire il buio" e si è costituita in una associazione multietnica che ha chiamato Portoamico. 

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La Ciurma Ep.1

Ancora da NoBorders Magazine   
Continua il nostro viaggio di avvicinamento alla Silk Road Race.  Proviamo a conoscere un po’ meglio le persone che hanno deciso di intraprendere questa avventura. Questa volta è il turno di Grazia e Riccardo, due dei cinque componenti del Gengis Khar Team.
Iniziamo con Grazia:
Viaggiare è uno stato mentale, un’emozione, una magia. Quando si diventa viaggiatori si entra in una strana congrega sottoponendoci ad un rito di iniziazione che prevede il salto di un confine, un andare al di là di qualcosa, il tutto senza rete. I viaggi che compio ora, al confronto dei viaggi della mia infanzia sono poca roba. La Sardegna, il continente nel quale sono nata, mi ha sottoposta precocemente a tale iniziazione ed a frequenti richiami che mi hanno condizionato ad una percezione molto personale della dimensione viaggio. Viaggiare per me ha sempre significato attraversare un mare ed ho cominciato a farlo da bambina. Lo facevo spesso perché una buona parte della mia famiglia abitava di là dal mare. Viaggiare era: arrivare ad un porto, sostare per le formalità di rito, entrare nella pancia di una nave, imbarcare una vettura, guardare il momento dello stacco dalla banchina, sentire la sirena di saluto al porto, addormentarsi vedendo le luci di una costa che si allontanavano e svegliarsi ai primi bagliori del sole che di costa ne illuminavano un’altra. Il confine era per me uno spazio molto definito, quello del mare, ed un tempo sempre lungo, l’attraversata. Era fantastico perché capivo, ho capito da sempre, che il viaggio non era una necessità, ma un’impellente, inutile urgenza di andare per abbandonare l’immobilità e della certezza. Anche lo spostamento per la villeggiatura era qualcosa di speciale. In Sardegna non c’è il mare e raggiungere questa realtà così tanto temuta dai sardi richiedeva l’attraversamento di una galleria.

Al di là di questa la montagna precipitava in una manciata di casette in riva al mare. Non era per me un semplice andare in vacanza, era rompere con un tempo, quello della scuola, delle scarpe e soprattutto della calze, dei vestiti di città, della monotonia di una città monotona, per entrare in un’altra dimensione. Si arrivava a Gonone guardandola dall’alto, perdendone la vista in una vertigine fiduciosa, man mano che ci si avvicinava. Si entrava in armonia, all’arrivo, con un mare che si sottraeva ai sardi e si donava ai pescatori ponzesi che l’avevano colonizzato. La sensazione di quei momenti l’ho ritrovata l’estate scorsa quando, in Indonesia, abbiamo raggiunto il villaggio di Lamalera dove si pesca, con un rispetto arcaico della natura, la balena. Da quando non vivo più in Sardegna viaggiare è facile: sono pochi i luoghi che non posso raggiungere a piedi. La magia del porto ha ceduto a quella del primo passo, di una porta chiusa alle spalle per entrare in un altrove sconosciuto, ma senza barriere. Un rally è la quintessenza dell’andare. Si esce di casa, si sale in macchina, si accende il motore e via! La nostra Ford blu è la mia nave. Io confermo la mia percezione del mondo alla rovescia e mi godo il fatto che quelli che per altri possono essere ostacoli, difficoltà, per me sono sciocchezzuole che non costituiscono problema: siamo, come direbbe ogni sardo, in continente! Controllo e ricontrollo l’itinerario e ogni volta mi stupisco nel constatare che i novemila chilometri che percorreremo non ci costringeranno a nessuna traversata dentro una nave. Che lo spostamento sarà controllabile, che scivoleremo nei paesaggi, nei volti, nelle lingue in continue dissolvenze e messe a fuoco in quotidiani futuri. Non ci sarà un trauma, un distacco ed è bellissimo. Ho abbastanza esperienza per immaginare che i compagni di viaggio, alcuni appena conosciuti, saranno dopo pochi giorni, amici di una vita con i quali condividere le pause tanto indispensabili per il Bottazzo di un buon caffè preparato al margine di qualche strada. Accantono pian piano tutto ciò che mi potrebbe servire e lo poggio su di un letto accanto allo zaino di sempre. Ogni volta che compio questa operazione mi accorgo che le cose di cui ho bisogno sono davvero poche, prepararle però mi serve per le prove generali, per viaggiare già con la mente. Questi giorni presiedo una commissione di maturità nelle zone terremotate e imparo da alcuni di questi ragazzi che la vita richiede un allenamento continuo per procedere con leggerezza nel nomadismo.
Grazia


E ora è il turno di Riccardo:
Per trovare un cane che sapesse dove caspita è Dushanbe, ho dovuto sciropparmi la Giornata del Rifugiato. A parlare con gli indigeni di qui (dei veri selvaggi) era tutto un “Dush… Dush… dov’è che stai per andare?”
Dushanbe! La capitale del Tajikistan.
“La capitale di che?”
Del Tajikistan. Ta – ji – ki- stan! Non hai presente? Tra l’Uzbekistan e il Kirghizistan c’è per l’appunto il Tajikistan, ignorante (nel senso che ignori)!
“Tu sei fuori come un pergolo, altro che!”
Questa non è una novità.
“E ci vorresti andare in macchina che non hai neanche la patente e ti perdi già a Mestre, deficiente (nel senso di deficiente, proprio)?”
Ho girato mezzo mondo perdendomi dappertutto, combinando casini mica da ridere e senza aver mai capito a che cosa serve quel pedale centrale che chiamano frizione. (Ovviamente il pedale centrale è il freno. Ndr) E comunque, oltre a saper portare una gondola, ho pur sempre la patente di vela oltre le 12 miglia, no? Senti un po’ che linguaggio: cazza la randa, stramba la boma, lasca il fiocco, cala l’àncora… casomai incontrassimo un mare io sono pronto!
“No, guarda… tu sei pronto solo per il manicomio”.
Grazie a dio la Basaglia li ha chiusi e quelli come me possono stare tranquilli. Sperando che non cambi il vento.
Per trovare gente più informata sulle cose della vita me ne sono andato alla festa che la comunità afghana di Venezia ha organizzato per la Giornata del Rifugiato, mercoledì 20 giugno, alla sala San Leonardo. Io, lo avrete capito, sono una persona dalle priorità etico-gastronomiche ben definite. Così, per prima cosa, mi sono fatto scrupolo di ingozzarmi come un’oca da ingrasso al buffet: riso basmati, ferni al cadamomo, kabaub shaami e sambosay goshti. No. Non sono un esperto di cucina asiatica. Adopero soltanto la semplice quanto collaudata tecnica di spazzolare tutto quello che riesco a farci stare sul mio piatto, fare un secondo giro, rispazzolare, e poi, a stomaco pieno, prendere nota delle targhette davanti ai piatti. Quindi, con l’animo rinfrancato per aver fatto il mio dovere di giornalista, vado col terzo giro puntando però solo sui piatti che mi han dato più soddisfazione. Che non vorrei metter peso.
Quando alzarsi diventa un problema, arriva il momento della conversazione. Là dentro conoscevo tutti. C’erano gli amici della Tenda della Pace del Friuli venuti a raccontare cosa succede a Gradisca d’Isonzo, dentro le mura di quel lager chiamato Cie, c’erano i compagni della Rete Tuttiidirittiumani con i quali ho condiviso non so più quante battaglie (quasi tutte perse) a tutela dei diritti dei richiedenti asilo, dai porti greci come Patrasso a quelli adriatici di Ancona a Venezia. C’erano allievi e docenti della scuola Liberalaparola che al cso Rivolta ogni anno organizza corsi di italiano gratuiti e aperti a tutti. E sottolineo “tutti”. Perché con i diritti fondamentali non ci sono mezze misure: o sono di tutti o non sono di nessuno. Un anno fa ci ho scritto pure un libro, su questa esperienza. E’ in libero dowload e chi è interessato se lo può scaricare da questo link. E poi c’erano gli amici di Melting Pot, dai quali era salutare tenersi lontano perché ero (e sono ancora) in ritardo marcio col pezzo che gli avevo promesso da due settimane, i ragazzi del Morion, Radio Sherwood, Emergency…
Insomma, se è vero che la Giornata del Rifugiato è una ricorrenza in cui c’è ben poco da festeggiare, è anche vero che rimane comunque un’occasione di incontro per tutto il variegato, e combattivo, arcipelago alternativo che fluttua sulla laguna dei Dogi. Casa mia. L’iniziativa a San Leonardo, ho già scritto, è stato organizzato dalla comunità afghana con lo scopo di tirar sù qualche lira per una scuola. Dietro i fornelli, a mescolare il basmati, ho ritrovato Hamid. Hamid è un nome come un’altro. Il ragazzino è ancore minorenne e la Carta di Treviso mi obbliga – giustamente – a tutelarne l’anonimato.
“Dushanbe? E’ stata la prima tappa del mio viaggio verso l’Europa. Io vivevo nel nord dell’Afghanistan e non sono potuto andare direttamente in Iran, come invece hanno fatto altri miei amici: Prima son dovuto passare per il Tajikistan, l’Uzbekistan e il Turkmenistan. Tre mesi di viaggio in più e tante botte. Di Dushanbe ricordo che era una grande città. La prima grande città che avevo mai visto. Mi venne da chiedermi se tutto il mondo dietro le mie montagne fosse così: caotico e pieno di auto. Non sapevo ancora cosa mi aspettava. Ma io, lo sai bene, sono nato in un piccolo villaggio. Magari a te non farà la stessa impressione. A te che sei nato in una città diversa da tutte le altre”.
Alla terza mestolata di riso, Hamid ci aggiunge un consiglio: “Stai attento ai poliziotti che sono molto cattivi. A me ne hanno date davvero tante. Ma forse, anche in questo caso, per te sarà diverso. Sei europeo e hai anche i documenti in regola. Sei nato dalla parte giusta del mondo”.
Per adesso. Mi sa che di questi tempi si fa presto a passare dalla lista dei “buoni” a quella dei “cattivi”.
Hamid mi spiega che Dushanbe in lingua locale significa lunedì. Gli chiedo se dalle sue parti è normale dare nomi di giorni alle città.
“Ma no! Era il centro di un famoso mercato di stoffe e cammelli che si svolgeva per l’appunto il lunedì. La città gliela hanno costruita attorno. Tutti i mercanti a dire ‘ci vediamo qui lunedì’, ‘ci vediamo qui lunedì’ e così il nome le è rimasto. Ma tu stai tranquillo che anche se ci arrivi di martedì o di mercoledì la trovi lo stesso”.
Ma sì! Da uno che cucina il riso così bene e ti mette sul piatto porzioni così abbondanti mi lascio volentieri prendere per i fondelli. Hamid poi è davvero simpatico. Lavora come sarto per pagarsi gli studi ma mi sistema sempre l’orlo dei pantaloni senza accettare un centesimo. Non è un grande affarista. Avessi subito io solo un centesimo di tutto quello che ha passato lui sarei incazzato come una bestia col mondo intero. Lui è per metà hazara e per metà pashtun. Vent’anni fa i matrimoni misti in Afghanistan erano normali. Oggi, dopo che hanno fatto di tutto per farli diventare integralisti portandogli la democrazia e tirandogli missili intelligenti in testa, capita che ti sgozzino il padre e la madre e a te tocca scappar di casa per non fare la stessa fine. Neanche a dirgli “ti saluto qualcuno, giacché vado dalle tue parti?” che lui è il solo sopravvissuto del suo villaggio, dopo che son passati i bombardieri americani a finir l’opera dei talebani.
Ascolta Hamid, parlando di cose serie, fammi un po’ un bell’elenco di insulti in lingua locale che voglio essere ben preparato, casomai dovessi attaccar briga con qualche poliziotto…
Hamid ride come un bambino – e non è che sia molto più adulto – e mi schizza sulla tovaglia di carta una lunga lista di parole incomprensibili. Passo la serata ad esercitarmi sulla pronuncia scatenando l’ilarità di tutta la comunità afghana.
Io sto allo scherzo ma non posso fare a meno di pensare che questi ragazzi che non hanno più di vent’anni sulle spalle, hanno già percorso tutta la strada che sto per fare io. Ma l’hanno percorsa in senso inverso, da oriente ad occidente, viaggiando come dei veri viaggiatori; senza soldi, senza un tetto, senza un punto di riferimento, senza documenti, senza un futuro certo. Arrivato a Dushanbe io avrò una stanza d’albergo che mi aspetta e un biglietto aereo già stampato per la mia Venezia. Cose da poco ma che Hamid non ha potuto avere.
Riccardo B.
Credits: foto di Carl Montgomery ;foto di Mario Carboni ; foto di RobBole su Licenza CC
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Silk Road Race: Partire con il Team (in qualche modo…)


Di seguito, ripreso col "copia e incolla", ecco un articolo preso dal sito degli amici di NoBorders Magazine che evidentemente ci hanno preso in simpatia!


Come si era detto qualche tempo fa, avremmo voluto partire anche noi per accompagnare il Gengis Khar Team, ma non è stato possibile. Così ci siamo attrezzati diversamente e se anche non potevamo essere fisicamente con loro, abbiamo fatto in modo che si ricordassero di noi ogni giorno. Come? Con un bell’adesivo che tappezza la macchina! Un bel metro di scritta nera e rossa che abbellirà la carrozzeria della Ford Escort. Allora ci siamo mobilitati per avere la scritta. Ci siamo rivolti alla ditta Italmetalli di Milano, che – visto lo scopo benefico - ha pensato bene di regalarci le 4 scritte. Non solo: ci hanno fatto assistere alla fase di produzione. Un mattina siamo andati da loro e abbiamo avuto modo di vedere all’opera un artigiano, invece che inviare un file di stampa a un megaplotter. Inutile dire che le scritte sono bellissime e ovviamente non vediamo l’ora di vederle attaccate alla macchina. Per farvi un’idea anche voi, date un’occhiata qui sotto:




Visto che roba? Bellissimi, no? E quando saranno sulla macchina del Gengis Khar Team saranno ancora più belli. Non ci credete? venite a vedere la partenza il 28 luglio a Lainate e vi renderete conto da soli!
tutte le foto di chromophobiae
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Liste, libri e fantasie. In attesa di partire


Ho letto il Robison Crusoe che ero un ragazzino di neppure 12 anni che quando i suoi genitori lo portavano a Mestre, al di là di quel ponte senza il quale l’Europa sarebbe un’isola, si sentiva già all’estero. Adesso voi mi chiederete: ma che c’entra il Robinson Crusoe con il Silk Road Race? C’entra, c’entra. Intanto perché è un libro di viaggio. E non lasciatevi ingannare dal fatto che il protagonista rimane per tutto il tempo in un’isola deserta. Robinson Crusoe è un libro che ti apre le porte del mondo perché ti dice che da qualche parte, la fuori, c’è la tua isola deserta. Devi solo uscire a cercarla. E poi, cosa fondamentale per un viaggiatore, il nostro Robison compilava le liste. Già, le liste. Quando lessi che, appena naufragato, il signor Crusoe prese carta e penna e buttò già l’elenco di tutto quello che poteva recuperare dal relitto per sopravvivere in quello sconosciuto angolo di mondo, mi si schiuse un nuovo orizzonte. Anche io cominciai a compilare liste su liste di tutto quello che avrei dovuto mettere nello zaino, svuotato per l’occasione dai libri di scuola. per i miei viaggi di fantasia. Parlo di cose assolutamente indispensabili come giornalini, fionde, corde, calamite e cerbottane… e salpare verso i mari del sud per cercare l’isola di Stevenson o l’ultimo rifugio delle tigri di Mompracem. Adesso, che ho sul groppone qualche anno e tanti viaggi (sia veri che fantastici) in più, cerbottane e calamite non le metto più in cima alle mie liste.Ma non trascuro mai di compilarle con la massima attenzione, prima di levare gli ormeggi. E’ la mia maniera di dire: ecco, io son qui col corpo, ma con la testa sto già attraversando il deserto del Kazakistan verso le porte di Samarcanda. Anche per questo, la prima voce che compare nelle mie chilometriche liste è sempre quella dei volumi da leggere per documentarmi sul Paese di destinazione. Segue quella delle guide e dei libri da portare con me e che mi faranno compagnia per tutto il viaggio. Il Silk Road Race attraversa una miriade di Paesi e quindi, perlomeno per la prima lista, non ho che l’imbarazzo della scelta. Adesso sto finendo di leggere lo splendido “Stan Trek” di Ted Rall, Beccogiallo Editore. Un originale mix di inchieste giornalistiche, fumetti, avventure, fatti e misfatti capitati all’autore in viaggio per i tanti “stan” che un tempo erano repubbliche socialiste sovietiche. Che dire? E’ uno di quei libri che ti vien da pensare “ma perché non l’ho scritto io?”
C’è visto e visto

Le disavventure descritte da Ted Rall le stiamo già sperimentando adesso, a due mesi (o poco meno) dalla partenza. Avete mai provato ad ottenere un visto d’accesso al Kazakistan? Mi hanno rimandato indietro le foto sostenendo che erano troppo piccole. Ho chiesto se preferivano un A4 o un A3. No. Il formato è sempre quello standard dei passaporti ma l’immagine del volto deve coprire quasi l’intero rettangolo. Sennò non vale.

Ma lo scoglio più grosso, e non ancora risolto, è il visto per il Tajikistan. Un visto da cui non si scappa perché Dushanbe, la nostra meta, è proprio la capitale del Tajikistan. Il visa lo può concedere solo all’ambasciata, ci hanno spiegato. E di ambasciate, il Tajikistan, ne ha solo due in Europa: una a Londra e una a Vienna. Spedire il passaporto? Se non se lo perdono (possibilità che al “toto visti” danno al 35% considerato che la burocrazia tajika non è un modello da citare ad esempio) il problema non sarebbe comunque risolto perché i funzionari dell’ambasciata sostengono che rispedire il documento al mittente esula dai loro compiti. Anche a costo zero: con tassa a carico del destinatario o con pagamento anticipato del corriere. Lo infilano in un qualche cassetto dell’ambasciata e là lo lasciano anche tutta la vita, sino a che qualcuno non passa a prenderlo. Forse hanno paura di adoperare lingua per attaccare bolli.
Come risolveremo, e se lo risolveremo, il problema del visto per il Tajikistan ve lo dirò in un’altra puntata. Anche perché, adesso come adesso, non lo so e non lo immagino neppure. Ma vi posso garantire che, visto o non visto, la Gengis Khar il 29 luglio accenderà il motore con destinazione Dushanbe.
Un altro visto che ci ha fatto ammattire – e risparmiatevi la facile ironia che con tipi come noi non ci vuole quel gran lavoro – è quello per la Santa Madre Russia. Dopo qualche inutile tentativo che minacciava di tirare per le lunghe, l’agenzia ci ha consigliato di prenotare un albergo a Mosca. La concessione del visto, ci hanno spiegato, sarebbe stata in questo modo (quasi) automatica. Mosca. Non San Pietroburgo o Ekaterinburg. No. Solo Mosca. Ma noialtri, per Mosca, mica ci dobbiamo passare (a meno di non programmare una deviazioncina di mille chilometri solo per far contenta l’ambasciata). La nostra pista attraversare soltanto i confini sud della Russia per raggiungere la frontiera col Kazakistan. Non ha importanza, ci hanno spiegato. La prenotazione moscovita è necessaria per aprirci le porte dell’ex repubblica sovietica. Una volta dentro…
E va bene. Facciamo ‘sta prenotazione che ci sa tanto di tangente. Ma se poi ci beccano ad Astrakhan diretti al confine verso il mar Caspio che gli raccontiamo? Che abbiamo rotto la bussola e sbagliato strada?
La Gengis Khar, naturalmente

Come si prepara una povera Ford avuta in regalo per affrontare novemila chilometri di strade che non sempre sono strade? Ci ha ragione il gentile signor Germano che ce l’ha regalata con tanto di benedizione. “Dove è che volete andare? Dus… dus…? Voi siete matti! Prendetevela e portatevela a questa Dus… cosa. Non voglio neppure i 300 euro che vi avevo chiesto ma, nel caso improbabile che ci riusciate, non dimenticatevi di spedirmi una cartolina, eh?” Arrivare a Dushanbe adesso, è un punto d’onore. abbiamo una cartolina importante da spedire! Anzi, ne abbiamo due. Anche il portapacchi è arrivato sulla stessa lunghezza d’onda! L’amico Mauro era così contento che il suo vecchio ferro se ne andasse a spasso per mezza Asia che non ha voluto un euro. E, in più, ha promesso che verrà a Lainate, il giorno della partenza a salutarci tutti (noi e il suo ex portapacchi).
Intanto la Gengis sta riposando. Angelo la tiene in un cortile dell’azienda per la quale lavora e se la coccola tutti i giorni. Non esito a credere che si rechi al lavoro più volentieri, sapendo di avere la Gengis vicina. Ci sta sistemando una lastra sotto il motore per proteggerlo dagli sterrati e dai sassi del deserto kazako. Poi bisognerà pensare a revisioni, assicurazioni e burocrazie. Non lo invidio. La sua personale lista da compilare sarà quella dei ricambi e dell’attrezzatura meccanica, dando già per scontato che il numero di chiave inglese che non porti è l’unico che ti servirà. Poi ci vogliono perlomeno un paio di ruote di scorta, taniche in ferro per la benzina e di plastica per le scorte di acqua potabile, un inverter, un cavo da traino, candele, fusibili… E non dimentichiamoci degli adesivi. Anzi, è il caso di metterli in cima alla lista. Perché? Perché ci divertiamo come dei bambini ad attaccarli, prima di tutto. Ma soprattutto gli adesivi ci serviranno per dire “grazie”. Sulla lucente carrozzeria metallizzata della Gengis… scusate, su quanto resta di quella che un tempo era la lucente carrozzeria metallizzata della Gengis appiccicheremo infatti i loghi di tutte le associazioni che ci hanno aiutato a partire e che hanno contribuito alla raccolta fondi per i progetti del Cesvi: Cose dell’Altro Mondo, Scuola di Babele, Albatros, Porto Amico e altre che si stanno per aggiungere. L’elenco completo è in continuo aggiornamento e lo trovate completo su questa pagina del nostro blog.
Un posto d’onore lo riserveremo ovviamente allo stemma del Silk Road Race e al logo degli amici di Noborders Magazine che hanno contribuito non poco al nostro rally e che pubblicheranno, in tempo reale, i nostri reportage dalla via della Seta.
E speriamo che tutti questi adesivi siano grandi e resistenti. Altrimenti, come faremo a tenere su la carrozzeria della Gengis sino a Dushanbe?
Navigare con o senza navigatore

Ma si può? Ditemi voi se si può sciropparsi novemila chilometri con una voce suadente e gentile che ti sussurra: “Tra cento metri gira a sinistra… gira a sinistra… ricalcolo”. No, no. Su questo punto non abbiamo avuto nessun dubbio. Niente navigatore a bordo della Gengis! Sappiamo perderci benissimo anche da soli! Avesse avuto un tono di voce diversa lo avremmo anche preso in considerazione, il navigatore. Ce ne fosse uno con un gergo da far impallidire un sergente di caserma, un tono costantemente sull’incazzato nero e una voce rauca da bestemmiatore avvinazzato… Una cosa del tipo: “A sinistra, cazzo! Ti avevo detto di girare a sinistra, oh!!! Ma ti sei lavato le orecchie stamattina o sei minorato di tuo? Adesso mi tocca ricalcolare tutto! Ma vaff…” Insomma, una cosina più in stile con l’equipaggio!

La tentazioni del caffè

Una lista serve soprattutto a togliere le voci dalla lista. Partiamo con una capiente Ford, è vero, ma non con un autocarro a rimorchio. Magliette e ricambi dovranno essere ridotti al minimo. Al massimo un paio di pantaloni in borsa. Ma queste sono cose alle quali, gente come noi che non incontrerete mai ad un defilè di moda, non costa nulla rinunciare. Più difficile sarà lasciare a casa quell’obiettivo f2,8 della reflex, tanto pesante quanto ingombrante ma che ti potrebbe servire come un tele luminoso, il cavalletto di marca, libri che già sai che non farai in tempo a leggere, oppure la guida di qualche città dove già sappiamo che non ci fermeremo che per poche ore.
La lista insomma ti costringe a fare delle scelte. E questa è sempre una bella cosa perché, più ci pensi, e più ti rendi conto che quello di cui hai davvero bisogno quando parti per un viaggio è molto poco e, per lo più, lo porti dentro di te. Certo, la tentazione è sempre in agguato. Tanto lungo le piste per il mare d’Azov che nella calle sotto casa mia. E Oscar Wilde che di queste cose se ne intendeva, sapeva bene che l’uomo può resistere a tutto, tranne che alle tentazioni. La mia più grande tentazione si chiama caffè. Sì, caffè. O vi pare che abbia forse la faccia di uno che beve tè? No, no. Caffè nero, caffè caldo, caffè forte, caffè zapatista. Quella miscela che i libericaracoles che governano le autonomie indigene del Chiapas commerciano grazie all’associazione Ya Basta! per finanziare la rebeldia. Ecco. Questa è una cosa che non depennerò mai dalle mie liste. Un posto per un fornelletto, una vera moka italiana e il caffè del subcomandante Marcos nella Gengis lo troveremo sempre. Anche lasciando a casa quel famoso obiettivo f2,8.


riccardo bottazzogengis khar team
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No borders, senza confini


Gli amici di Noborders Magazine, il noto sito che racconta di viaggi e di viaggiatori, ci hanno dedicato un articolo di cui, diciamolo pure, andiamo fieri. Incontrandoci, abbiamo capito subito che siamo persone che parlano la stessa lingua e che condividiamo gli stessi sogni e le stesse speranze. E' stato quindi naturale cominciare una collaborazione che continuerà per tutto il viaggio. Internet permettendo, pare che nel deserto del Kazakistan non sia facile trovare una wifi!, pubblicheremo nel loro sito foto e reportage del nostro viaggio da Milano a Dushanbe. E siccome tutti i veri viaggiatori, al contrario dei semplici turisti, ben sanno che i viaggi cominciano prima di infilarsi le scarpe nel fatidico giorno della partenza, già dai prossimi tempi pubblicheremo notizie e racconti dei preparatici che, già vi anticipo, si stanno rivelando tutt'altro che facili. Se non ci credete, provate voi a richiedere un visto per il Tajikistan!
Intanto, pubblichiamo di seguito il bell'articolo che gli amici di Noborders, gente senza confini proprio come ci picchiamo di essere noi, hanno scritto per introdurre il Silk Road Race, la corsa sulla via della seta.

Siamo entrati per puro caso in contatto con la Silk Road Race. Sono bastati un incontro e due chiacchiaere per capire di essere sulla stessa lunghezza d’onda. E’ un progetto talmente bello che la prima cosa che viene in mente è: Ok, partiamo. Poi magari ci pensi su un attimo di più, ti rendi conto che da qui al 28 Luglio proprio non ce la faresti. Allora niente partenza improvvisa, ma quale modo migliore di “partecipare” se non quello di seguire un Team? Detto fatto e ci siamo aggregati, almeno spiritualmente, ai ragazzi di Gengis Khar.
Ma facciamo un passo indietro.

Cos’è la Silk Road Race? E’ un charity rally con partenza il 28 luglio da Lainate (MI) e arrivo a Dushanbe (Tajikistan) il 16 agosto; l’obiettivo primario è raggiungere l’ONLUS, mettere le auto arrivate all’asta e devolvere l’intero ricavato all’associazione. Per il resto non ci sono altre regole, la strada, il mezzo, la strategia di viaggio, il percorso sarà tutto nelle vostre mani. Non è un viaggio all-inclusive, non ci sarà nessuno ad aspettarvi con cocktail e ombrellini, ma solo pura avventura. Però all’arrivo qualcuno lo trovate.
Chi organizza la SRR? L’organizzazione, le idee, il supporto pre partenza e il party di benvenuto è tutto nella mani di PartenzaIntelligente. Un gruppo di persone che ha fondato questa associazione senza fini di lucro, che crede sia possibile trovare un po’ di avventura in viaggio, che crede in un turismo più solidale e sostenibile, che pensa che alla fine di tutto la cosa più importante sia Andare. Per questo hanno unito all’idea del viaggio, la collaborazione con alcune ONLUS a cui devolvere tutti i fondi raccolti.
A chi viene devoluto il ricavato della raccolta fondi? Tutto il ricavato della raccolta fondi fatta dai vari team verrà devoluto al CESVI. Una ONLUS, laica e indipendente, che si occupa di cooperazione e sviluppo e che basa la propria attività su tre punti fondamentali: sostegno per superare le emergenze, ricostruzione di strutture distrutte da guerre e calamità, sviluppo di comunità e gruppi sociali in situazioni di profondo disagio.
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Silk Road Race

Il manifesto ufficiale della terza edizione della Silk Road race, il rally sulla via della seta da Milano a Dushanbe, nel Tajikistan.


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Finalmente... la Gengis!

Ecco a voi le prime immagini della già mitica Gengis Khar, una rombante Ford Escort che ci scarrozzerà per 9 mila chilometri da Milano a Dushanbe, dall'Italia al Tajikistan e che ci è costata solo... una cartolina! Questo è infatti che il gentilissimo signor Germano ci ha chiesto per la sua auto. "Portatela via, buona fortuna e speditemi una cartolina da Dushanbe... se riuscirete ad arrivarci!"
Nell'immagine, tre membri del team GK posano felici e contenti davanti alla loro Ford. Riuscirà la Gengis a portare sino alla meta, attraverso monti, deserti e incantate città come Samarcanda, il nostro team compresi quei burloni dei Mattacchioni Volanti? Noi scommettiamo di sì! Ed ora che altro dire? Che non vediamo l'ora di partire?
Ecco altre immagini della nostra splendida auto.




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Qui comincia l'avventura...


Ho incontrato Giovanni e “Kunde” ormai quasi due anni fa in un bar di Lainate, cittadina della provincia di Milano dove viviamo tutti e tre.
Dopo qualche giorno sarei partito con un viaggio di Avventure nel Mondo destinazione Libia, deserto dell’Acacus. Fino a quel giorno non avevo mai sentito parlare di Partenza Intelligente e della Silk Road Race e mai avrei pensato che stavo per imbarcarmi in un’avventura di quelle tutte da raccontare.
Tornato dal viaggio in Libia che si è rivelato una esperienza meravigliosa, sono andato con Paolo alla serata di presentazione della Silk Road Race 2011 e subito ci siamo sentiti coinvolti nella folle idea di partecipare. Partenza intelligente e Silk Road Race nasce dal sogno di 3 amici di portare delle utilitarie dall’Italia a Dushanbe, capitale del Tajikistan, uno Stato nato dalla disgregazione dell’Unione Sovietica che confina con l’Afghanistan, lungo un itinerario di circa 9000 km e attraversa deserti e città dal grande fascino evocativo come la mitica Samarcanda.
La corsa lascia ai rallysti la libertà di scegliere tempi ed itinerario con gli unici obblighi di partire da Milano il 28 luglio, arrivare alla meta entro 3 settimane e donare l’auto al Cesvi, una ong italiana che in Tajikistan sostiene dei progetti di utilità sociale. Inoltre, ogni team si impegna a raccogliere 1.000 euro da donare ancora al Cesvi (Trovate qui nel riquadro a destra le modalità per contribuire. Ndr) Il viaggio era troppo bello per non essere preso in considerazione. E così nasce l’avventura di Gengis Khar. Ma prima bisognava passare attraverso un altro viaggio, questa volta in Camerun, dove l’equipaggio comincia a prendere la sua forma attuale. A Paolo e a me, si unisce Riccardo di Forlì che come noi ha la passione e la voglia necessaria ad affrontare un progetto e un viaggio simile. Ci scambiamo una promessa. Cascasse il mondo, il 28 luglio saremo tutti là, alla partenza del rally della seta. A gennaio inizia la fase operativa di questo viaggio. Il bello è anche questo: doversi organizzare da soli il tutto o quasi. Si comincia dalle prime cose assolutamente necessarie: l’auto ed il volo di ritorno. Il secondo punto è facile, basta un collegamento internet e accettare l’idea di farsi qualche scalo. Il primo punto è decisamente più complicato. Dobbiamo trovare un’auto possibilmente senza spendere nulla o quasi nulla, che sia in condizioni di portarci per 9000 km e che non abbia bisogno di costosi interventi di riparazione. Impresa impossibile? Ed invece, proprio quando le speranze sembrano venir meno, succede l’imprevisto. Ci viene proposta una Ford Escort che sembra fatta per noi. L’auto è in condizione accettabili ma prendiamo tempo. Spieghiamo quello che vorremmo farci,  il progetto del viaggio ed il fine benefico. Poco dopo il venditore ci richiama dicendoci che, considerato il fine meritevole, ha deciso di regalarci l’auto. A noi non rimane  che coprire il passaggio di proprietà. E cosi per pochi euro ci portiamo a casa il nostro “ferro”: una fiammante Ford Escort Sw del 1996 con appena 80.000 km sulle ruote. Un gioiello. Proprio il mezzo che ci serve.
Nel frattempo il team cresce di numero: a noi tre si unisce Riccardo di Venezia, un altro amico incontrato in passati viaggi che, da buon veneziano, non ha la patente. Non potrà guidare ma qualcosa da fargli fare lo troveremo senz’altro. Partecipa solo per il gusto e la voglia di attraversare cosi tanti Paesi diversi tra loro e condividere il gesto di beneficenza legato al viaggio.

Ora si tratta di trovarci un logo, sistemare tanti dettagli tecnici, dai visti per i Paesi che attraverseremo, la cui elefantiaca burocrazia certo non invoglia la visita, all’assicurazione per l’auto… Bisogna anche cominciare a cercare qualche generoso sponsor che ci aiuti a raccattare quei famosi 1.000 euro e, magari, qualche cosa di più.
Intanto l’equipaggio cresce ancora e diventa ancora di più nazionale… a noi 4 ometti si aggrega una ragazza, Grazia di Ferrara che, coraggiosamente decide di affrontare sia le difficoltà del viaggio sia la nostra compagnia lunga 9.000 km… auguri!
Tanti altri nostri amici, che pure non saliranno sulla nostra Gengis Khar, questo è il nome che le abbiamo dato, sono stati coinvolti nel progetto. Molti hanno viaggiato con noi con Avventure nel Mondo, altri fanno parte di movimenti e di associazioni come “Cose dell’altro mondo” di Lainate impegnata nel sociale, oppure “Albatros” di Vanzago attiva nel promuovere la cultura del viaggio. Non dimentichiamoci dei “Mattacchioni volanti” di Modena, un gruppo di artisti di strada. E poi, a sostenerci, ci sono sempre amici e parenti e confidiamo, nel prossimo futuro, di riuscire ad entusiasmare ancora  tante altre persone.
Due parole sui “Mattacchioni Volanti” di cui vi invito a non perdervi lo spettacolo se vi dovesse capitare l’occasione di vederli esibire sulle vostre strade. Riccardo (quello di Forlì… avere a bordo due amici con lo stesso nome non aiuta il reportage) è un membro attivo del gruppo. Anzi possiamo pure dire che ne è la mente e il cuore. Di conseguenza abbiamo accolto con piacere la sua proposta di imbarcare nella Gengis Khar l’attrezzatura necessaria per poter offrire lo spettacolo dei Mattacchioni lungo le strade d’Europa e di Asia, sino a Dushanbe. Sarà certamente curioso vedere come reagiranno gli abitanti di Samarcanda o di Volgograd, per dirne due, a vedere il nostro amico impastoiato come uno pseudo monaco buddista che levita di un paio di metri nel cielo! Questo è infatti lo spettacolo messo in scena dai Mattacchioni. E non chiedeteci come fanno perché non lo sappiamo (e neppure ve lo diremmo).


Il tour artistico abbinato al rally si chiamerà “Mattacchioni volanti senza frontiere”.  La sua prima rappresentazione sarà in occasione della festa della partenza del Silk Road Rally, il 28 luglio. Non mancate!
Insieme a noi quest’anno partiranno altri 9 team che abbiamo iniziato a conoscere attraverso il sito di Silk Road Race. Non sappiamo ancora se qualcuno farà la nostra stesa strada. L’obiettivo è quello di ritrovarci tutti, insieme ai volontari di Cesvi Tajikistan e ai ragazzi di Partenza Intelligente, il 16 agosto a Dushanbe per la festa di arrivo, concludere l’esperienza il giorno dopo, con le pratiche notarili relative alla donazione dell’auto e conoscere i progetti che Cesvi Tajikistan sta portando avanti anche grazie al nostro e vostro aiuto.
A noi restano molte altre cose da fare ancora, ma sapere di essere parte di un viaggio che all’insegna della pace e dell’unione tra i popoli e le culture  resterà, comunque vada, unico ci fa andare avanti con l’entusiasmo di chi sa che tutti gli sforzi saranno ripagati dai paesaggi, dalle bellezze che vedremo intorno a noi ma soprattutto dall’incontro con tutte le persone che a partire da gennaio abbiamo incrociato e che come noi si sono appassionate a questo progetto e a tutte quelle che ancora  incontreremo sulla strada che ci porterà a Dushanbe.

 
Angelo
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