Da Helsinki a Capo Nord
Da Helsinki a Capo Nord, da Capo Nord ad Helsinki. Ecco il diario di viaggio di una indimenticabile estate sulle strade della Finlandia, delle isole Aland, della Lapponia, della Norvegia dagli indimenticabili fiordi. Da Tampere ad Hammerfest, dal golfo di Botnia alla Carelia, dal mar Glaciale Artico al Baltico. Terre di gelide acque e foreste sconfinate, di case rosso fiammante che si specchiano sui laghi, di chiese dalle audaci architetture (e sempre vuote), e di moderne città disegnate da urbanisti che hanno fatto la storia dell'architettura.
Diario di viaggio in Finlandia, Norvegia e Lapponia
Arrivo a Järvenpää
23/07/2018
23/07/2018
La costa meridionale
24/07/2018
24/07/2018
L'arcipelago di Turku
25/07/2018
25/07/2018
Nell'arcipelago
26/07/2018
26/07/2018
Musei dove si gioca
27/07/2018
27/07/2018
Le isole dei Pali di Mezza Estate
28/07/2018
28/07/2018
Addio alle Aland
29/07/2018
29/07/2018
La costa occidentale
30/07/2018
30/07/2018
La città di Alvar Aalto
31/07/2018
31/07/2018
Lungo le sponde del golfo di Botnia
1/08/2018
1/08/2018
Oulu, le porte della Lapponia
2/08/201
2/08/201
Un salto in Svezia
3/08/2018
3/08/2018
66°33'39" nord
4/08/2018
4/08/2018
Verso i fiordi della Norvegia
5/08/2018
5/08/2018
Senja, l'isola sul fiordo
6/08/2018
6/08/2018
Tromsø
7/08/201
7/08/201
Lungo il Lyngenfiord
8/08/201
8/08/201
Hammerfest, la città del Reale e Antico Circolo dell'Orso Bianco
9/08/201
9/08/201
Nordkapp
10/08/2018
10/08/2018
Sulle sponde dell'Inarijärvi
11/08/2018
11/08/2018
Per strade deserte
12/08/201
12/08/201
Orfanotrofi per orsi abbandonati e campi di spaventapasseri con la testa di torba
13/08/2018
13/08/2018
Verso la Carelia
14/08/2018
14/08/2018
Il bosco dell'intagliatrice
15/08/2018
15/08/2018
Di monasteri e di altre sciocchezze
16/08/2018
16/08/2018
Musica e castelli
17/08/2018
17/08/2018
Caro Alvar
18/08/2018
18/08/2018
Valtatie 66
19/08/2018
19/08/2018
L'angelo ferito di Tuomiokirkko
20/08/2018
20/08/2018
A sud di Tampere
21/08/2018
21/08/2018
Sulla strada costiera
22/08/2018
22/08/2018
Delusione Helsinki
23/08/2018
23/08/2018
Sei isole per una inutile fortezza
24/08/2018
24/08/2018
8.407 chilometri dopo
28/08/2018
28/08/2018
Ad Hanko siamo arrivati dal nord, dal lago di Tuusala, quello che ha fatto da musa ispiratrice per il romanticismo finlandese e dove Sibelius si era fatto la casa. Poi, il famoso lago, siamo pure riusciti a vederlo. Dietro il solito cordone di alberi che qui costeggia sempre le strade come la ciclabile. Anzi, è la strada con la ciclabile che è stata tirata in mezzo agli alberi. E dopo avergli chiesto il permesso, a mio parere.
Abbiamo fatto tappa anche a Fiskars, una cinquantina di case con una quarantina di negozi ed esposizioni di design attraversate da un bel fiumiciattolo verde scuro (tra tanti laghi azzurri…) Qui sostengono che il design sia nato in una fabbrica di aratri comperata da un farmacista di Helsinki che ci ha creato le formici com manico arancio. Io sapevo che le usavano gli elettricisti. Ed invece sono un oggetto di design.
Dopo Hanno, abbiamo saltato Turku che vedremo domani e siamo finiti a Naantali, dove dopo domani prenderemo il traghetto per le isole Aland. Bella città, Naantali. Un bel lungomare tutto realizzato in passerelle di legno, un ponte che porta all'isola parco dedicato ai Moomins - che qui li adorano -, un panorama su un mare che pare una laguna, chiuso com'è da decine e decine di isole, e una severa chiesa luterana sopra una collinetta che guarda sconsolata il paese perché nessuno se la caga. Eh sì. La Finlandia è il Paese più ateo del mondo. E pure il più felice, dicono.
Siamo arrivati alle isole dopo una mattinata trascorsa a Turku, con visita alla cattedrale luterana - che si distingue da quelle cattoliche, tra le altre cose, perché hanno uno spazio giochi per i bambini e i bagni all'ingresso. Nella strada vicina, nell'agosto del '17, un pazzoide accoltellò un paio di persone e ne ferì una decina inneggiando all'Isis. L'unica traccia che ho trovato è un grande murales con un signore anziano che piange col cappello in mano. Niente autoblindo, niente dissuasori di velocità, niente sbirri con mitra spianati. Qui non si sono arresi al terrore.
La città vive attorno al suo fiume ed al suo porto. C'è l'antico castello, un paio di chiesotte dai tetti aguzzi, strade pedonabili pieni di negozi di moda e di design, un bel campionario di musei e di biblioteche. Era una capitale - se lo ricordano tutti da queste parti - ed ancora oggi vi sorge la seconda università del Paese. Tutto ordinato e pulito. Anche i muri. Al massimo i ragazzi scrivono sui tubi delle grondaie. Qua e là trovi qualcosa di interessante che dà un po' di colore e di personalità alla città, come la vecchia stazione adibita a mercato e chioschi in cui abbiamo pranzato.
Pomeriggio, rotta verso le isole, come ho scritto. La strada, di quelle che bisogna stare attenti se no accoppavamo un cerbiatto, corre liscia su due corsie e salta da un'isola all'altra, ponte dopo ponte. E solo quando attraversi il ponte, che ti si apre una finestra di azzurro su un mare senza orizzonte, ti accorgi che sei su un'isola, prima di rituffarti nel verde.
Parainen - che qui gli svedesi finlandesi chiamano Pargas - è una chiesa con una bibbia antica in mostra, un centinaio di case sparpagliate e un mini lungomare pieno di negozi che ti pare Riccione. C'è anche una spiaggetta piena di gente che si accontenta. Un po' più marinaia Korppoo, con un piccolo porto vero (era una della basi della lega Anseatica) e una pizzeria kebab che si chiama Venezia. Ci si arriva col ferry boat. Gratuito, veloce ed efficientissimmo. Se non il governo non fa il ponte, allora deve mettere a disposizioni dei cittadini un mezzo congruo, dicono da queste parti. Proprio come in Italia (!). Un altro ferry più piccolo ci porta su altre isole sino a Nauvo. Altre case vacanze con chiesetta e solito market fornitissimo, immersa nel verde pino. Nell'immancabile ciclabile, i finlandesi raggiungono spiaggette e pontili per fare i loro bagni. Così, zompando di isola in isola, si potrebbe arrivare alla Aland.
Una volta scesi, siamo subito andati al campeggio, là vicino. Una sorta di "stanza nel bosco", nel senso che dentro il mini bungalow c'è un letto, un comodino e non ci sta altro. Ma per il resto è tutto pulito, come al solito. Neppure troppi insetti. In compenso svolazzano certe libellule che se ti vengono addosso ti ammaccano.
Qui, alle Aland, si sentono tutti svedesi. Quando la Finlandia ha conquistato l'indipendenza, l'allora Società delle Nazioni, gli ha assegnato queste isole. Ne è nato un movimento indipendentista che si è subito calmato quando gli hanno promesso autonomia amministrativa e, soprattutto, i duty free (niente tasse).
Mariehamn, la capitale delle isole che abbiamo subito raggiunto in auto, è una mezza delusione. Due o tre stradoni, pieni di ristoranti, pizzerie e carissimi negozi di articoli per la casa di alto design, tipo la "rarissima" Moka Bialetti da 100 euro.
Meglio i paesaggi che abbiamo trovato andando a sud, verso Järsö, che di per sé non è niente di più che 4 o 5 case. Ma la strada si snodava tra fitti boschi di betulle che di tanto in tanto si aprivano per offrirci scorci sul mare. Mare che qui si legge "canale" perché c'è sempre un'altra isola di fronte. I finlandesi, ma sopratutto gli svedesi che vengono qui in vacanza, vanno tutti a spasso in bicicletta e poi si fermano su qualche spiaggetta o approdo per fare il bagno e prendere il sole. Senza riuscire peraltro ad abbronzarsi.
E' anche vero, che non hanno molto da mostrare, questi musei. Quello marittimo della Aland è interessante e ben curato ma racconta una storia che non va indietro l'800. E, da quanto ho letto, sembrano neppure grandi marinai, questi isolani. Una intera sezione è dedicata ad un tipo che ha portato una nave dalle Aland all'America. E' stato il primo isolano a compiere tale traversata. Ma era la prima metà dell'800! Una grande impresa? Strano rapporto, questo delle Aland con questo ancora più strano mare che vorrebbe essere un Mediterraneo ma proprio non ci riesce. Un mare poco profondo, dove sguazzano assieme ai salmoni anche trote e lucci. Tutto per quella bassa salinità che lo fa ghiacciare d'inverno.
Usciti dal museo, siamo andati a vedere la parte orientale delle isole, salpando con la nostra Clio su ponti e traghetti. Traghetti che sembrano un ostacolo, ma che, a ben vedere, ci si perde meno tempo che a un nostro semaforo. Le mille isole e isolette di Vàrdöl le rovine del forte zarista di Bomarsund, dove qualche nave inglese ha tirato giù a cannonate l'imponente fortezza che i russi si erano appena costruiti, il Kastelholmes Slott, inutile bastione difensivo dei re di Svezia che è finita per essere trasformata in prigione per gli stessi deposti re di Svezia. Al ritorno, siamo passati anche per un vecchio cimitero. Vi abbiamo trovato tombe di persone di tutte le nazionalità e di tutte le religione: ebrei, ortodossi, cattolici, protestanti e anche mussulmani. Tutta gente venuta a guerreggiare l'una contro l'altra in queste isole. La pietà dellla gente del luogo ha dato loro una sepoltura assieme.
Ci imbarchiamo sotto un vento caldo ma molto forte. Nessun problema per il tragitto: la nave è grande e le mille isole offrono un riparo continuo alla forza del mare. Raggiunta la costa, proseguiamo verso nord. Cento chilometri scarsi e un'oretta di viaggio dopo, butta di nuovo maltempo e ci prendiamo le prime gocce di pioggia, proprio mentre arriviamo al nostro B&B vicino a Rauma. La casa è un po' sgarruppata ma piena di simpatici gattini. E va bene così.
Per la sera abbiamo prenotato un altro B&B a Vasa dove ci fermeremo due notti. Ci sono circa 150 chilometri da percorrere, con qualche tappa intermedia, e prendiamo l'autostrada E8 - che poi "autostrada" non è, pure se qui la chiamano così. La carreggiata, sempre buona, è a 4 corsie per molti tratti, ma la velocità è comunque limitata e non si paga. Questa è la costiera che da Turku sale sino a Oulu. Non è scavata nel bosco come le strade attorno ad Helsinki ma scorre comunque nel verde. Quando si apre a tratti di prato o, più raramente, di terreno coltivato l'orizzonte è sempre delimitato da una barriera di alberi. Inutile sperare di veder apparire l'azzurro del mare! Per raggiungere i paesi sulla costa, bisogna uscire. Ma anche qui, il paesaggio marino non fa mai da padrone, come invece è stato per l'Anello d'Oro islandese.
Passiamo velocemente per Pori, la città finlandese del jazz. Cittadina assolutamente anonima se non fosse per il celebre festival musicale appena concluso. Solo una fermata per vedere la cattedrale e… per fare pipì. Già, per i bisogni temporali, più che per quelli spirituali, sulle chiese protestati si può sempre contare. Su quelle cattoliche invece, nemmeno questo!
La città dedicata alla regina Cristina, Kristinestad, scritta alla svedese come si usa su questa sponda di Finlandia, è la nostra tappa seguente. La cittadina è divisa in due da un fiordo attraversato da un lungo ponte. Parcheggiamo davanti ad un branco di oche che sbecchettano su un prato come colombi. Da vedere c'è la dogana - edificio in legno rosso scuro dove un tempo si pagavano i dazi sulle merci dirette in Svezia, e la chiesetta della stessa tinta. Da notare una serie di "condomini orizzontali" situati nel centro. Si tratta di gruppi di mezze dozzine di casette tradizionali, con giardino in comune e separate dall'esterno da una palizzata in legno.
Per raggiungere la nostra prossima tappa, Närpes, decidiamo di lasciare l'E8 e seguire la strada interna. Eppure, anche così non riusciamo a vedere il mare. Di tanto in tanto, il muro verde lascia baluginare un riflesso azzurro ma sono solo i tetti delle serre di pomodori che qui si coltivano per tutta la Finlandia. Anche Närpes non offre granchè se non una curiosa chiesa, tutta in legno, a pianta crociata. I banchi sono disposti su ogni ramo della croce verso il centro e l'altare sta su un angolo centrale. Fuori l'edificio è circondato da tante piccole casette senza finestre coloro rosso scuro. Erano le stalle dei fedeli che raggiungevano la chiesa, tuttora situata ad un paio di chilometri dal centro della città, a cavallo.
Passiamo per il nuovo B&B solo per constatare con soddisfazione che ci è andata meglio di ieri. Quindi visita a Vasa. Città moderna, priva di quello che si dice "colore locale". E' stato fatto comunque un grande lavoro di recupero di edifici industriali in mattoni. Ci sono molti musei importanti. Una grande strada a quattro corsie d'auto con un viale alberato centrale è il suo cuore. Ci si arriva direttamente dalla E8 e, dopo un lungo ponte, la strada porta su un'isola che è interamente dedicata ai parchi divertimento. Nelle guide, leggiamo, perché non abbiamo nessuna intenzione di andarci, che sono molto grandi e frequentati. La strada finisce al frequentatissimo traghetto per la Svezia che da qui dista solo 25 miglia marine. Troppo poche per alcuni finlandesi e troppe per altri.
Questa mattina non siamo rimasti in città. Abbiamo fatto rotta per Seinäjoki, 40 chilometri più a est, la città del tango - i finlandesi ne vanno pazzi - ma soprattutto la città di Alvar Aalto. Il celebre architetto ne ha disegnato tutto l centro storico, dall'urbanistica ai principali palazzi: la chiesa, il campanile, il municipio, il teatro, la biblioteca, il centro commerciale, il ponte, la stazione ferroviaria e altro ancora. Si deve essere divertito. Perlomeno come noi ci siamo divertiti a camminare in quegli spazi ariosi. Dal campanile si gode una magnifica vista e si può apprezzare al meglio il taglio urbanistico di Aalto. La biblioteca è semplicemente invidiabile. Aperta e accogliente come non sono certo le nostre. Adesso poi che per la "sicurezza" ci hanno messo persino i tornelli! Il centro commerciale ha fatto scuola ed è stato imitato nelle architetture da tutti i centri che sono venuti dopo. Un capolavoro di architettura ma anche un capolavoro di politica che ha dimostrato di essere davvero "cosa di tutti", affidando con coraggio ad un genio il compito di disegnare la città. Da noi, questo compito lo avrebbero affidato alla mafia.
Lasciato con rimpianto Seinäjoki, siamo andati una 40ina di chilometri a sud per vedere una strana formazione geologica: il Nnido del Diavolo. Ci si arriva dopo un lungo sterrato ben battuto. Il Nido è un buco circolare, profondo 23 metri e largo una decina di metri, abbastanza regolare. Sembra strano che lo abbia scavato la natura e non l'uomo. Si scende su una scala di metallo ed è necessario tenersi con le mani da tanto è scoscesa. In basso ci sono pozzanghere d'acqua e del muschio dove pisolano delle viscide rane. Ci sono anche delle sorte di "blob" che credo servano a proteggere le loro uova. Nel complesso, la sensazione che ti dà il nido è piuttosto inquietante e siamo risaliti volentieri. Accanto c'è una torre alta una trentina di metri, fatta apposta per chi non soffre di vertigine, da cui si può spaziare sul panorama. Un vero e proprio mare di alberi senza soluzione di continuità.
Per rientrare a Vaasa, bisogna tornare a nord. L'idea era quella di fare tappa al museo all'aperto dell'artigianato Stundars, ma ci sorprende una violentissima ed improvvisa pioggia che sembrava mitragliare il parabrezza con pallottole d'acqua. La temperatura è scesa improvvisamente di 12 gradi e noi siam dovuti passare dall'aria condizionata al riscaldamento. Un vero e proprio nubifragio a puntate. Ogni tanto si interrompeva e pareva tornasse il sereno poi di nuovo pioggia battente. Stranissimo! Lo Stundars era aperto ma di attività neppure parlarne, con quel tempaccio. Non c'erano neppure i guardiani e ci siamo fatti un giretto tra ricostruzioni bagnate d'epoca.
Ultima tappa, prima di rincasare, alle isole Kvarken, che qui chiamano semplicemente "l'arcipelago". Ci si arriva passando sopra il ponte più lungo della Finlandia: un chilometro e qualche metro. Molto bello, tra l'altro, perché ci regala uno splendido gioco di arcate. Le isole Kvarken sono isole mobili. Si alzano di 4 mm all'anno ed è previsto che, tra poche migliaia di anni, le isole emerse raggiungeranno la Svezia, creando una specie di ponte naturale e trasformando il Golfo di Botnia in un lago interno. Rispetto alle Aland, il mare è più acquitrinoso, le isole sono più piccole e, a mio avviso, il paesaggio ne guadagna. Certo, anche qui some nel resto delle isole svedesi, le strade tagliano le isole nel mezzo, procedendo in un "mare verde" di alberi, piuttosto che seguire la costa. Anche perché i paesi si trovano sempre al centro dell'isola, come se avessero paura di bagnarsi i piedi! Di ponte in ponte, siamo arrivati sino a Björköby, che si trova in mezzo all'isola di Björkö, e poi abbiamo proseguito sino a Svedjehamn, dove la strada si fermava davanti al mare. Luogo davvero incantevole. Non un paese ma un piccolo porticciolo pieno di barche da pesca e, soprattutto, da diporto con decine di rimesse nel caratteristico legno rosso scuro. Le rimesse non sono per le barche, come si farebbe nella mia laguna, ma per le attrezzature e, soprattutto, le auto con le quali i finlandesi raggiungono la loro barca e la armano prima di salpare.
Per salire verso nord, riprendiamo la costiera. Gli alberi - alte conifere e verdi betulle - cominciano a diradarsi già dopo Vaasa. Troviamo molti campi di grano, sia pure di piccole dimensioni. Non sono campi squadrati, come da noi, ma seguono i contorni della foresta, come il mare segue il profilo della costa. L'alternanza di verde e giallo, con qualche casa rosso scuro che fa capolino tra le fronde, rende il paesaggio molto piacevole e rilassante. Ad un certo punto, ma solo per poche decine di metri, si intravvede il mare azzurro e lucente. Scegliamo, come prima sosta, Jakobstad. Città che prende il nome da un eroe svedese. E pure qui, è lo svedese la lingua più parlata, pure se tutti capiscono anche il finlandese. Mica come alle Aland, dove fanno finta di non saperlo! Anche qui, la città vecchia si trova alle spalle della chiesa. Belle casette ad un piano, risalenti a due secoli fa ma conservate con amore e sistemate come sui punti di un foglio a quadretti. Solo in una Paese del genere poteva nascere un architetto come Alvar Aalto che ha buttato a mare le simmetrie! Passiamo per la chiesa per fare la solita pipì ed assicurarci che non abbiamo dimenticato di appendere il galeone, poi gironzoliamo per la città vecchia. Al ritorno passiamo a vedere uno splendido orto botanico curato con passione maniacale.
Su consiglio della Lonely, prendiamo una strada stretta che ci conduce alla costa. Il posto si chiama Fäboda e si rivela una bella sorpresa. Dietro una pineta si aprono alcune piccole spiagge di sabbia, intervallate da promontori rocciosi bassi e dolci. Qua e là, isole e cannetti dipingono il paesaggio con le loro sfumature di verde. Davvero incantevole. Ci sono anche alcune famigliole del posto che prendono il sole mentre i bambini sguazzano nell'acqua che è molto bassa anche a distanza dalla costa.
Kokkola è la tappa successiva. Ordinata città col solito centro storico di case tipiche che però non ci è sembrato particolarmente degno di nota. Erano le case dei lavoratori del porto e un tempo qui arrivavano le barche. Ora non più. Kokkola è una città che sta inseguendo il suo mare. Infatti, come per le isole dell'arcipelago Kvarken, la terra si sta alzando e le acque si stanno ritirando. Il porto ora è lontano. L'unica acqua è rimasta quella - color caffè, per non dire di peggio - di uno striminzito rigagnolo che qui chiamano ancora "fiume", anche se fiume non è più da tanti anni. Bello e grande comunque, il giardino inglese che corre attorno al corso d'acqua. "Inglese" non solo per lo stile, ma anche perché si chiama così in onore di una barca con tanto di cannoni che la Marina di Sua Maestà ha dovuto abbandonare dopo una aziona militare finita male (una volta tanto, anche loro) ai tempi della guerra di Crimea. Pare che dal 1914, gli inglesi chiamano la restituzione di questi trofei, ma la Finlandia ha sempre risposto picche.
Un'ora e mezza dopo siamo già a Raahe, al nostro B&B. La cittadina è abbastanza anonima, C'è però una chiesa con 4 facciate principali, una per ogni lato. La disposizione a croce con l'altare su uno degli angoli interni che mi sembrava tanto strana, qui è normale. Prima di ritirarci per la notte, andiamo a vedere la costa. Ci si arriva per un sentiero sterrato che ci porta su una deliziosa spighetta in mezzo ad una canneto che pare una laguna. Ci sono tutto intorno postazioni per l'osservazione degli uccelli.
Ultima nota prima di chiudere. Quando si mette il bancomat nel distributore per far benzina, bisogna stare attenti che scali i soldi. Sennò quelli ti chiamano e tocca tornare indietro per pagare!
La prima tappa odierna è stata Liminganlahti, un paradiso per gli appassionati di ornitologia. L'osservatorio si trova a pochi chilometri a sud di Oulu, nel cuore della laguna di Liminka. Siamo arrivati che il museo non era ancora aperto e abbiamo raggiunto una torretta di osservazione in legno che spaziava su un paesaggio molto simile a quello della mia laguna. Al ritorno visita al museo, splendidamente curato come sono tutti i musei di questo angolo di mondo. Anche quando non hanno materiale particolare da offrire ai visitatori. Per dire… in questo museo dedicato alla fauna della luogo, c'era una sezione tutta dedicata alla zanzara! Davvero spettacolare la mostra fotografica esposta nelle sale adiacenti al museo. Probabilmente le più belle immagini naturalistiche che abbia mai visto.
Dalla natura all'arte. Quella naif dei dipinti, un poco inquietanti come il prete che non ci ha parso d'occhio, che adornano la chiesetta di Haukipudas, una delle poche affrescate di tutta la Finlandia. Da qui, al villaggio museo di Turkansaari, situato su due verdi isolette in mezzo al fiume Oulujoki, che ricostruisce la vita dei boscaioli di un secolo fa, quando i pini venivano bruciati per produrre catrame destinato in principalmente alla marina inglese.
Dopo averci girato intorno tutto il giorno, siamo finalmente entrati a Oulu. E' una grande città moderna, attraversata da grandi strade a 4 corsie, senza troppe concessioni all'architettura tradizionale. Le soluzioni urbanistiche sono comunque intelligenti e sempre verdi. La piazza principale, Kauppatori, è piena di vita e di banchetti di cianfrusaglie e di cibi. E' l'unica a dare sull'acqua, sia pure di un fiume, ed i finlandesi se la godono un sacco nei brevi mesi estivi, mentre in quelli invernali affollano gli spazi coperti pieni di teatri, auditorium, cinema, ristoranti, negozi situati in due grandi edifici dalle linee moderne cui si accede per mezzo di ponti pieni di fioriere. Altri ponti e ponticelli ti portano su isole verdi e abitate che costituiscono il cuore della città. All'inizio della piazza, c'è una curiosa statua di un poliziotto cicciotello e dalla faccia idiota con la quale gli abitanti di Oulu sfottono gli sbirri della loro città (la vorrei vedere possibile in Italia). Dopo una visita alla maestosa cattedrale per la solita pipì, abbiamo concluso la giornata nel lussureggiante parco cittadino di Ainola, tra serra gonfie di piante e fiori, ed i giochi di spruzzi d'acqua realizzati sul fiume.
Torniamo verso Oulu per poi dirigersi nella vicina Kierikki, il "museo dell'età della pietra". Il sito si trova sulla sponda del fiume Iijoki, placido, gonfio d'acqua e ricco di isole e isolette, come è consueto da queste parti. Il museo è, come al solito, molto bello e molto ben curato. Ci sono anche spazi per divertirsi e travestirsi da uomini della pietra. Fuori c'è un percorso che porta alla riva del fiume. Mi aspettavo di vedere gli scavi, ed invece si tratta della ricostruzione di un villaggio preistorico, con tanto di comparse umane, che mi ha lasciato alquanto perplesso. I reperti del museo erano stati datati tra il 2 mila e il 4 mila ac, epoca che qui viene considerata "della pietra". Le case però mi sembravano troppo ben curate nei dettagli ed eccessivamente "modernistiche" nel linee architettoniche. Inoltre la barche erano scavate nel legno e non intessute di giunchi, come mi aspetterei da un popolo neolitico. Ma magari sbaglio io. Le idee che abbiamo della preistoria variano di anno in anno.
Chiudiamo il nostro giro costiero sul golfo di Botnia, raggiungendo Kemi e poi Tornio. Siamo ufficialmente in Lapponia. Kemi è famosa per il castello sul ghiaccio, che in questa stagione ovviamente non è ancora stato realizzato. E' una città piuttosto piccola affacciata sul mare con un suo arcipelago davanti. Ha un lungomare con un piccolo porto per barche da diporto. Più avanti c'è anche quello commerciale. Piove a dirotto e ci limitiamo a scattare qualche foto delle isole prospicienti. Tornio è una città molto strana. Realizzata su varie isole - ma questo è normale qui! - ha una parte in Svezia. Non ci sono frontiere se non cartello con "Welcome in Sweden". Prima ancora di vedere una bandiera, ci appare il "campanile" dell'Ikea. Siamo proprio in Svezia. Si passa da una parte all'altra su dei lunghi ponti e si dovrebbe ogni volta cambiare l'ora. Già. Queste due parti della stessa città che si guardano da poche decine di metri di distanza, sulla sponda opposta di un fiume, appartengono a due fusi orari diversi!
Ultima tappa del giorno, la "capitale" della Lapponia finlandese: Rovaniemi. Devastata dai nazisti, la pianta è stata interamente disegnata da Alvar Aalto sui contorni, pensate un po', di una renna! Fatto salvo il centro storico, ancora ancorato su quadre, il resto della strade sono arzigogolate come non ne ho mai viste in Finlandia. Anche questa città si trova sulle due sponde di un largo fiume. Anzi due, si trova tra il Kemijoki e il suo affluente Ounasjok. Le isole - immancabili - che stanno nel mezzo sono i parchi verdi della città. I ponti sono molto belli in particolare l'impronunciabile Jätkänkynttilä, il "ponte delle candele", con le sue fiamme perennemente accese sul pilone di sostegno. Alloggio in un B&B gestito da persone molto molto particolari. Se sono in due, perché hanno trenta spazzolini da denti nel bagno? (E solo per dirne una…)
Ultima nota. In tutti questi giorni di via vai tra svedesi e finlandesi mi sono fatto una idea dei due tipi di persone. Partendo dal luogo comune che li vede tutti alti, biondi e barbuti, i primi sembrano docenti universitari in pensione anche se lavorano come camionisti, i secondi camionisti anche se sono docenti universitari in pensione. Camionisti con pance da birra e che ruttano anche supermercati.
A 8 chilometri a nord da Rovaniemi, si trova Napapiiri, meglio conosciuto come il Villaggio di Babbo Natale. Qui si trova il circolo polare artico, latitudine 66°33'39" nord. Impossibile non farsi la fotografia sulla linea bianca che segna - con un certo pressappochismo - il confine immaginario con le terre artiche. E, a proposito di cambiamenti climatici, il barometro di Babbo Natale segnava 20 gradi! Mai visti in questa stagione. Per il resto, Napapiiri è proprio come uno se lo immagina: negozi di carabattole e souvenir con qualche disgraziato che per mestiere gli tocca vestirsi da Babbo Natale per farsi fare le fotografie con i bambini di tutti i continenti.
Lasciato senza rimpianti il Villaggio, ci siamo diretti a nord macinando altri 200 chilometri e ammirando il paesaggio cambiare: gli alberi si sono via via diradati, muschi ed eriche color lavanda hanno preso il posto dei campi coltivati a grano, la pianura si faceva sempre più ondulata e, alla fine, ci siamo trovati davanti il profilo, non dico di montagne, come le intenderebbe un trentino, ma di alte e verdi colline. E poi c'erano loro, il pericolo numero uno per gli automobilisti che si avventurano in questi luoghi: renne e alci. Questi grossi animali, totalmente incuranti delle automobili, pascolano nei bordi delle strade e le attraversano da padroni, come se fossero pedoni (pedoni finlandesi e non italiani, intendo) sulle strisce. Nonostante i tanti cartelli di avvertimento, l'investimento di alci e renne sono la prima causa di incidente stradale in Lapponia. Anche perché sono parecchi. Ne abbiamo incontrati, ed evitati, perlomeno una dozzina. Quasi più renne che auto, su queste strade!
La zona tra Levi e Muonio è famosa per gli sport invernali. Senza neve, presenta un aspetto un po' triste tra alberghi vuoti e strutture chiuse. Noi abbiamo fatto tappa a Sirkka, proprio nel mezzo. Poche case di residenti, tante case di villeggianti, un market semivuoto. Non non si discosta molto da Kittilä, città natale di Arto Paasilinna, a pochi chilometri da qui. E adesso sappiamo perché lo scrittore che amiamo molto è andato a vivere ad Helsinki.
Kilpisjärvi, la cittadina che sta ai piedi di questo monte si trova comunque a soli 480 metri dal livello del mare. La attraversiamo per raggiungere il confine con la Norvegia, segnato solo da un paio di bandiere. Croce azzurra su sfondo bianco da un lato, croce rossa su sfondo blu dall'altro.
Pochi chilometri in terra norvegese e il paesaggio cambia radialmente. La tundra finnica lascia spazio alla montagna coperta da alberi di conifere. Sopra di noi, pesanti nuvole bianche si stagliano su un cielo fortemente contrastato e, di tanto in tanto, sembrano stracciarsi sulle cime irregolari dei monti, regalandoci brevi ma violenti piovaschi. La strada segue stretti canaloni il cui fondo è coperto da foreste impenetrabili. Quando appare quello che sembra un lago di acque del color del ghiaccio sciolto da poco, ci mettiamo un po' per capire che in realtà si tratta di un fiordo. E' acqua di mare. Siamo arrivati sulle sponde dal mar Glaciale Artico. Ci fermiamo in un campeggio solitario. Solitario nel senso che è solitario lui (ci si arriva dopo un lungo sterrato sino ai bordi di un tumultuoso torrente), e che siamo solitari anche noi, considerato che siamo gli unici ospiti. Ah, sì. C'è anche una muta di cani husky ai quali non dobbiamo stare particolarmente simpatici. Vediamo di conviverci in pace.
Lasciato il campeggio dei solitari e dei cani da slitta, decidiamo di andare a vedere l'isola di Senja. La Lonely la descrive come un affresco di magnifici paesaggi sul mar artico e l'azzecca in pieno. Soprattutto la costa nord, è di una bellezza spettacolare che quasi ci richiama l'Anello d'Oro d'Islanda.
Ci si arriva su un lungo ponte che parte dalla città di Finnsnes. Passati dall'altra parte, giriamo subito a destra con l'intenzione di fare il periplo completo dell'isola. Ci riusciamo solo in parte, perché la sponda meridionale è un parco naturale e ci si accede solo a piedi. La strada segue, per quanto possibile, la costa. Altra cosa rispetto alle strade finlandesi dove il mare non si vedeva mai neppure quando ne sentivamo l'odore. I norvegesi di qui sono dei veri marinai. Le case sono in riva al mare e hanno tutte l'accesso all'acqua e alla barca. Di contro, le strade, dal punto di vista della circolazione, sono infinitamente peggiori: piene di buche e, rispetto alla Finlandia, meno segnalate. Anche gli automobilisti corrono di più, non rispettano i limiti e sono più maleducati. Visitiamo qualche villaggio di pescatori e anche un parco di troll in pietra per i bimbi di qui. Il giro dura tutta la giornata, perché non è possibili non fermarsi di tanto in tanto per scattare qualche foto o ammirare il paesaggio di montagne, qualche volta morbide e verdi, ornate da cascatelle, altre volte dure e ripide come schegge di roccia nuda.
Per dormire scendiamo a Stonglandseidet che sta in un istmo che collega Senja ad una penisola. Per il B&B bisogna scendere di una decina di chilometri su uno sterrato da battaglia. E non è finita. Ci accoglie una coppia mista, lei norvegese, lui argentino. Simpatici, certo, ma per arrivare al nostro cottage bisogna inerpicarsi sopra una collina. Non ci sono servizi igienici se non quelli che offre la natura, non c'é acqua se non quella che ti porti tu. Non c'è elettricità e luce se non quella del sole. Che, come ho già detto in apertura, a queste latitudini non manca mai. Insomma, un altro posto da troll. Bene così.
TomTom (altra voce femminile altrettanto suadente): Tra 700 metri gira a destra
Google Maps (ancora una voce femminile, sia pure un poco più metallica): Scusate ragazze, non per polemizzare, ma tra 700 metri bisogna girare sì, ma a sinistra
Siri: Ma l'umano che indicazione ha dato a voi? A ma ha detto che vuole andare a Tromsø!
Google Maps: Tromsø, sì! Pure a me ha detto: 'Ok Google, portami a Tromsø". E Tromsø è a destra!
TomTom: Ma quale destra? Forse avevi inserito qualche preferenza strana, tipo "Evita i pedaggi o le autostrade".
Google Maps: Sì! "Evita le strade con le deviazioni a destra che ho lo sterzo che non funziona da quel lato!" Ma dai! Sono un navigatore serio, io!
TomTom: Proprio tu? Ma se l'altro giorno volevi farlo entrare su una galleria solo che non c'era la galleria?
Google Maps: E che c'entra? Se l'umano non aggiorna l'applicazione, mica è colpa mia! Tu piuttosto che non lo avverti se corre sotto il naso di un autovelox!
TomTom: Quello è un servizio a pagamento! Se come umano ci è toccato un pitocco io che c'entro?
Siri: E' mai possibile che una intelligenza artificiale come me - e una intelligenza artificiale della Apple, eh? Mica cazzi! - debba stare qui a discutere con due navigatori neppure capaci di misurare una riga con un righello! Per non parlare di quando al confine vi siete dimenticate di aggiornare l'ora sul nuovo fuso!
TomTom: Oh! Sentitela Miss Mela tiro da prima della classe! Io perlomeno coi satelliti ci parlo! Tu a che cazzo di satellite ti sei attaccata per trovare una strada che porta a Tromsø continuando sulla E8 che lo sanno anche le biciclette che per quella strada si arriva a Beirut?
Google Maps: Eppure io con i satelliti ci parlo! E volete proprio saperlo cosa mi dicono di voi due? Che non si fiderebbero nemmeno di chiedervi la strada per il cesso di casa!
Siri: Ah sì? Ah sì? E allora sapete cosa vi dico? Trovatevi la strada per quel cesso e ficcatevi un…
Stop. Spente tutte e tre. Questo per dire che un uomo con un orologio sa sempre che ora è ma uno che ne ha tre non è mai sicuro. In Norvegia il navigatore ha dato dei problemi di precisione ma chiedere a Siri, al TomTom Portatile e a Google Maps è servito solo a complicare l'errore.
Tromsø lo raggiungiamo con i cartelli che è meglio!
Scesi dalla montagna dei troll con lo zaino sulle spalle e sotto la pioggia, abbiamo salutato quella specie di B&B modello avventura gestito da quella strana coppia lei norvegese lui argentino. Lasciata l'isola di Senja, ci siamo diretti verso Tromsø, la più grande città del mondo sopra il circolo polare artico. Siamo quasi al 70esimo parallelo.
La strada è molto bella. Corre su un manto d'asfalto che non ha nulla da spartire con quello devastato di Senja, e ci regala spettacolari vedute sul fiordo e sulle isole dell'artico, un mare di un azzurro gelido e scuro che riflette come uno specchio delle favole le tonalità verdi delle montagne e il rosso scuro delle case in legno dei pescatori sulle sue sponde.
Tromsø, 67 mila abitanti, sorge su un'isola e ne occupa tutta la parte orientale. Vi si arriva con un lungo ponte. Per evitare il traffico tra le case, hanno realizzato un grande sistema di tunnel, con tanto di rotonde sotterranee, che portano in vari punti dell'isola. E' una cittadina vivace, grazie anche all'università, e possiede molti centri di ricerca scientifica sull'artico. Qui tutti girano vestiti come da protezione civile. Abbiamo visitato un paio di musei: il Polaria, un acquario con una triste vasca di foche, che non mi ha fatto una grande impressione, e il Polarmuseet. Questo si trova su uno scricchiolante ma pittoresco edificio che un tempo era una dogana ed è dedicato, per lo più al mito di Roald Amudsen che da qui partì per incontrare il suo tragico destino nel tentativo di salvare Umberto Nobile ed i suoi uomini. Prima di ritirarci nel nostro B&B, che perlomeno stavolta non ci ha riservato sorprese "trollesche", facciamo una lunga passeggiata per la strada principale della città e concludiamo con una coloratissima e profumata visita ad un ricchissimo e curassimo orto botanico. Ma quando verrà la neve, cosa faranno di tutte queste piante provenienti da climi così diversi?
Alte montagne come le Lyngsalpene, le Alpi di Norvegia, stracciavano le bianche nubi che osavano sorvolare le loro cime e poi sprofondavano con arditi muri di rocce nel mare di un azzurro turchino che ci regalava magici bagliori di un sole sempre più basso ed eterno. Case rosso cupo di pescatori con le rete sui moli, villette dall'architettura audace con enormi balconi spalancati sull'azzurro del cielo e giardini colorati di fiori. Renne incuranti della presenza umana che attraversavano indisturbate la strada, inconsuete secche coperte di lucenti alghe marroni che contrastavano il celeste del mare. Grandi ghiacciai candidi si adagiavano tra le vette più alte e si stendevano quasi sino alla riva del mare. Torrenti, cascate e laghi dalle gelide acque verde scuro, si incastravano nelle spaccature dei rilievi ondulati coperti di umida erba che scavalcavano le catene montuose. La strada da Tromsø ad Alto che costeggia il Lyngenfiord ci ha ripagato della mezza delusione della costiera senza mare di Finlandia. L'intero percorso ha richiesto tra le cinque e le sei ore di guida, e soltanto perché due pratici traghetti ci hanno consentito di tagliare i fiordi, risparmiando un bel po' di tempo e di fatica.
Alla fine della giornate siano arrivati alla metà. Il B&B dove siamo stati accolti è la casa di una signora danese. Non è la prima volta che troviamo stranieri in queste strutture. Ieri - lo abbiamo scoperto solo prima di andar via - il proprietario era un imam, credo nordafricano, presidente di una associazione culturale islamica. Due giorni fa, è toccato un argentino della Patagonia. All'inizio del viaggio, un curdo di Kobane. La danese comunque, è una bella sorpresa. Ha messo le tendine scure alle finestre! Bene! Potrò dormire senza benda. Se penso a tutte quelle enormi finestre fagocitanti di luce ed a quelle criminali tendine trasparenti…
Quindi, una breve visita ad Alto per ammirare la sua cattedrale detta dell'Aurora Boreale. Audace architettura in cemento e titanio il cui campanile sale come una torretta da fortezza fantasy. Anche Alto, si vanta del titolo di città più a nord del mondo. Non è la sola. Come mai? Sul fatto di chi sta più a Nord c'è poco da discutere. Se la giocano tutta sul titolo di "città". E da quel che ho capito, ne sono nate beghe mica da ridere. Anche Alto, ha voluto una "cattedrale" perché le cattedrali sorgono solo sulle città. Che la popolazione non arrivi alle 20 mila anima, poco importa. Ottenuta - e non senza fatica - la nomina di Cattedrale dell'Aurora Boreale per la sua chiesa dai vertici episcopali e dalla Corona, è riuscita a diventare "città". Ed ha fatto le scarpe a Tromsø (che continua però imperterrita a definire se stessa, la città più a nord del mondo).
Lasciate ai norvegesi le loro beghe, siamo saliti ancora sulla penisola che ha sul suo vertice Capo Nord. Trovato il B&B nell'anonima cittadina di Skaidi, siamo andati ad Hammerfest, altra "città" più settentrionale del mondo, eccetera eccetera. Le case di Hammerfest - poco più di 10 mila abitanti - sorgono su un'isola collegata al continente da un lungo ponte. Di interessante la città ha la sua storia, una battaglia ecologica e una Regia e Antica Società dell'Orso Polare. La storia (in breve perché ve la potete leggere anche su Wikipedia): crocevia di pesca e di caccia a foche e orsi, la città è stata più volte distrutta da, in ordine: inglesi, incendi, tempeste marine, ancora incendi e nazisti in fuga. Eppure oggi è ancora qua e si è costruita un futuro con la pesca, il porto e pure con un assai poco ecologico impianto di liquefazione del gas proveniente dall'immenso pozzo di Snøhvit, nel mare di Barents. Eh sì! Ancora energie fossili. Eppure gli effetti dei cambiamenti climatici si stanno facendo sentire pure qui.
Meglio parlare della Regia e Antica Società dell'Orso Polare. Che poi tanto antico non è, visto che è nata nel 1963, pure se con la benedizione della Corona norvegese. Il circolo è assolutamente esclusivo. Vi possono accedere solo coloro che bussano alla sua porta (leggi: che hanno avuto la pazienza o la pazzia di arrivare sin qui) e pare che abbiano risposto picche pure ad Elvis Presley che ci teneva tanto a diventare un orsacchiotto. Cosa fa la Regia ed Antica eccetera eccetera? Niente se non organizzare una festa a Hammerfest ogni gennaio. Periodo non esattamente adatto alle feste all'aperto a queste latitudini. Diciamo però che se non fa nulla di buono perlomeno non fa niente di male. E poi se ti associ ti danno una spilla, il distintivo e pure l'osso del pene di un tricheco in testa a mo' di battezzo. Volete mettere la soddisfazione?
Lo ha detto pure un re, Oscar II di Norvegia, che ha raggiunto il promontorio nel 1873, quando arrivarci era ancora una impresa, per impartirgli la sua benedizione reale. Re Oscar è stato il primo di una serie di teste coronate che hanno compiuto l'impresa. Tra di loro, pure un principe tahilandese, Chualalonkorn, che ci ha ricercato non so quali energie mistiche della terra. Deve averle pure trovate, considerando che c'è una cappella in suo onore nel grande bunker con mostre e spaccio di souvenir che è stato eretto nel promontorio. E va sottolineato - a proposito del bunker - che, con tanta bella architettura che ci hanno in Norvegia, il progettista che ha pensato bene di costruire un capannone esagonale con grande palla di ping pong sul tetto per "onorare" Capo Nord, doveva essere il più scarso della scuola!
Allora perché andare Nordkapp? mi sono chiesto. La risposta è stata: perché oramai sono qui. Poca saggezza, ma tanta fortuna. Già. Perché salire a Capo Nord è stato davvero un bel viaggio. Il paesaggio, intanto. Il cielo d'un azzurro grigiastro che ieri ci ha portato solo pioggia, oggi si è aperto ad un blu turchino ornato di bianche nuvole gonfie che correvano veloci in un cielo ricco di arcobaleni. Il mare, che del cielo è lo specchio incantato, si è risvegliato e rivestito dei suoi colori più belli. La strada che ci ha portato a nord, correva lungo i bordi dei fiordi che ricamavano meraviglie di terra e mare. Branchi di cornutissime renne pascolavano liberamente nella tundra verde coperta di muchi e licheni. Gli alberi a queste latitudini non sono neppure un ricordo. Polle e laghetti lampeggiavano di freddo blu, e dietro ogni curva di strada, si aprivano sorprendenti panorami dal respiro dell'anima.
Quasi temevamo che tutta questa bellezza sarebbe stata umiliata dalla banalità di un sito turistico di basso profilo. Ed invece, alla fine della strada, la bellezza delle scogliere che precipitavano nel mare, mentre, da lontano le navi che doppiavano il capo lo salutavano con lunghi ululati di sirena, come vuole la tradizione marinara, ci ha mondati da ogni timore.
Certo, ci sono "orde" di turisti (che vuol dire da queste parti che non sanno cosa significhi cercare di farsi una passeggiata in piazza San Marco, un paio di centinaia di persone in tutta l'area del promontorio). Molti sono italiani da gita organizzata. E si sa che è meglio evitarli, soprattutto se li trovi all'estero. Tanti i camper del nord Europa. Tante le moto. Ho trovato un pazzoide che è arrivato da Bologna sin qui in soli 4 giorni . Tante pure le biciclette di turisti "alternativi". Per entrare nella parte finale del promontorio si pagano 25 euro di biglietto (ma per la stampa è gratis! Benedetto il mio tesserino). Del bunker poi, abbiamo già detto tutto il male possibile. Tutto questo è vero. Eppure… eppure… Capo Nord è sempre Capo Nord! Una magia di suggestioni alla quale non è possibile resistere.
E ti viene da pensare agli antichi sacerdoti sami che salivano su questa rupe per implorare il grande e gelido dio bianco, agli avventurieri come Giuseppe Acerbi, arrivato sin qui dopo un lungo viaggio in zone ancora inesplorate, ai re e ai principi che hanno seguito le sue orme, ai navigatori che da qui son salpati per cercare ostinatamente il mitico passaggio a nord est, alle navi inglesi che superavano il blocco degli uboat tedeschi per portare rifornimenti all'Armata Rossa che resisteva tra sangue e barricate all'invasione nazista. E penso anche al mio maestro delle elementari che ci raccontava con commozione di come era riuscito ad arrivare sin qui da Venezia a cavallo di una piccola Vespa, assieme ad un suo amico, di come, dopo tanto andare, si siano fermati davanti alla biglietteria perché non avevano più il denaro per pagarsi l'entrata, e di come erano contenti lo stesso. Mi sforzo di immaginarli mentre si abbracciano ridendo e con le lacrime agli occhi davanti a quel cartello con la scritta "Nordkapp parking".
Prima di lasciare la Norvegia, passiamo per Kaarasjoki con l'intenzione di ammirare il parlamento sami di Norvegia. Pure se, più che un parlamento decisionale (ammesso che nei parlamenti oramai si decida davvero qualcosa) si tratta di un centro culturale con annessa biblioteca. Là vicino si trova il Sami Park. Parco tematico con un paio di renne dentro un recito e la ricostruzione delle tipiche tende lapponi. Niente di che. Molto meglio il museo Siida che troveremo al termine della giornata a Inari, sulle tranquille sponde del lago omonimo. Tra l'altro, anche in questa città sorge un altro parlamento sami, quello della Finlandia. Altra splendida struttura architettonica rivestita di legno nero e grezzo che ha una funzione solo rappresentativa e culturale. E dobbiamo dire che tornare in Finlandia, è stato un po' come tornare a casa. Ce ne siamo chiesti la ragione senza trovare risposta. Il Paese del Grande Cielo, con i suoi laghi e le sue sterminate foreste, ci dona una sensazione di tranquillità casalinga del tutto sconosciuta ai burrascosi fiordi di Norvegia. E, a ben vedere, siamo rientrati in Europa!
Prima di scendere verso sud e salutare il lago Inarijärvi, ne abbiamo seguito le sponde meridionali sino a Nelim, minuscolo paesino a ridosso della frontiera con l'ingombrante vicino russo. Una quarantina di chilometri che ha richiesto quasi due ore di viaggio - e parliamo della sola andata - in quanto le strade sono sterrate. Già. La frontiera, da questo lato d'Europa, è una porta chiusa che nessuno vuole aprire. Prima di tornare sui nostri passi, abbiamo visitato una bella chiesetta ortodossa tutta in legno che profumava di bosco.
Quindi a sud senza esitazione, su una strada che presto perdeva le asperità del nord per riempirsi d'alberi che ti chiudono la visuale come una scatola verde. Come era stato per la costiera, più che viaggiare in auto ti sembra di navigare in un oceano di betulle.
Facciamo qualche sosta per spezzare il viaggio in cittadine che sembrano delle Cortine fuori stagione. Eleganti, con bei negozi e chiese architettonicamente importanti ma abbastanza anonime. Sono luoghi di servizio, dove i lapponi che abitano nelle foreste trovano merci e rifornimenti.
A riempirci la giornata sono ancora i laghi. Enormi, placidamente gonfi d'acqua, ricchissimi di isole di infinite foggia e dimensioni tutte ricoperte di vegetazione e di rocce muschiate.
E proprio sulle sponde di un altro lago, quello di Kemijärvi troviamo asilo per la notte. Un appartamento isolato, con grandi vetrate sulla foresta ed a due passi dal lago che però non si vede. L'arredamento - piuttosto inconsueto in questo Paese - è stile anni '60. La password della wifi è "cortina56". Ci viene il sospetto che sia la casa invernale di una qualche medaglia olimpica finnica che nel '56 si sono svolte proprio a Cortina!
La prima tappa è il famoso orfanotrofio degli orsi abbandonati, sotto Kuusamo. Il signor Sulo Karjalainen è un attempato e gioviale signore, lungo e magro, della forestale finlandese cui capitò di salvare due cuccioli d'orso rimasti orfani. Il Governo finanziò per un po' il suo progetto e quando terminarono i fondi, Sulo non vuole abbandonare i suoi due amici, oramai incapaci di tornare allo stato selvaggio e fondò il suo "orfanotrofio". Oltre agli orsi, ci sono anche lupi e linci, e, se è vero che gli scopi del signor Sulo sono quelli della tutela degli animali, è anche vero che la struttura somiglia troppo ad uno zoo per non stimolare anche un po' di tristezza.
Commovente la seconda tappa del viaggio, qualche chilometro più a nord di Suomussalmi: un campo interamente coperto di inquietanti spaventapasseri con la faccia di torba e i capelli di erba secca. Ce ne stanno almeno un migliaio raffiguranti uomini, donne, alcune anche gravide, e bambini. Tutti vestiti con abiti reali, portati dalla gente del luogo. E' l'opera di un artista locale, Rejio Kela, che ha voluto ricordare così le vittime della grande battaglia che si combatté in questi luoghi al tempo dell'invasione sovietica: la guerra d'Inverno. L'installazione doveva essere temporanea ma la gente della vicina città l'ha adottata e ogni anno, nell'anniversario della battaglia, viene a cambiare e a rivestire i manichini con abiti nuovi. Uno scenario davvero surreale che dà la misura dell'assurdità e del dolore che porta la guerra.
Il "monumento" - e lo scriviamo tra virgolette - è quello di Raatteen Portti. Ed è così che dovrebbero essere tutti i "monumenti" di guerra.
E per noi è venuto il momento di lasciare la Lapponia, le sue renne che pascolano per le strade ed i suoi selvaggi panorami per far rotta verso la Carelia settentrionale. Troviamo, purtroppo, chiusa la chiesa di Paltaniemi con i suoi dipinti talmente terrificanti che il prete li doveva coprire per non terrorizzare i fedeli. Comunque siamo riusciti a buttare un occhio dalle vetrate per scoprire che i dipinti di colori naif non erano poi così terribili!
Passiamo per la vicina Kajaani il cui ponte passa proprio sopra i resti - 4 muri 4 - della famosa fortezza distrutta dai russi, i primi del XVIII secolo, al tempo in cui si accapigliavano con i russi. La città è famosa per aver dato rifugio al poeta Elias Lönnrot (1802-1884), l'autore del Kalevala. O meglio, colui che ha recuperato la tradizione orale finnica trasformandola nel poema epico considerato la base della letteratura finlandese. Elias partiva proprio da Kajaani per girare per la Carelia alla ricerca di racconti e storie da inserire nel suo poema. Con la costa occidentale "svedizzata" (passatemi il termine) e la Lapponia che non aveva nulla a che vedere con la Finlandia, la Carelia, la cui parte orientale oggi è tutta in Russia, veniva considerata all'inizio dell'800 il posto più autentico in cui ricercare le radici della cultura finnica.
Il museo e il centro di ricerca dedicati al Kalevala si trovano però in una cittadina poco distante da Kajaani, Kuhmo. Lo Juminkeko, così si chiama il centro culturale, sta in una struttura molto bella, in legno massiccio, e dal design molto ricercato (non ci aspettavamo altro). La sala espositiva ospita delle collezioni temporanee. In questi giorni le opere esposte sono di una pittrice palestinese che ha disegnato alcune scene del kalevala, disponendo in forma artistica la sua traduzione in caratteri arabi. Davvero molto particolare. Prima di uscire, ci siamo lasciati convincere dalla bibliotecaria ad affrontare un filmato nella nostra lingua sull'opera (secondo me non l'aveva mai proiettato ad italiani e non vedeva l'ora). Venti minuti di terrificante smarronamento in cui ci hanno propinato senza pietà una sorta di Bignami del poema.
Il resto del viaggio è stata una tirata di un paio d'ore d'auto verso il B&B che avevamo prenotato, poco prima di Lieska. Un posto che definire sgarruppato è fargli un favore.
Seguiamo il Pelinen sino al suo punto più a nord per visitare la cittadina di Nurmes che sorge su una penisola collegata da un ponte ad un'isola che a sua volta ritorna terraferma con un altro ponte. Un albergo del posto ha ricostruito un tipico villaggio careliano in legno. Casette basse, tranne la casa comune a due piani, tutte di legno grezzo con finestre fiorite e lavorate che fanno un po' Tirolo.
Quindi continuiamo a sud, sempre seguendo il lago, sino ad arrivare a Paateri - tre case in mezzo alla foresta e, manco a dirlo, sulla sponda del lago. Per un veneziano doc come me, fa un certo che vedere che il canale navigabile che porta al porticciolo è segnato da "bricole".
Qui c'è la casa e l'atelier di Eva Ryynänen, una delle più grandi scultrici di legno del mondo. Sculture belle da vedere e da accarezzare, realizzate in un materiale vivo come solo il legno sa esserlo. Accanto ai due edifici, c'è anche una chiesa, interamente scolpita e progettata dalla Ryynänen. Non che la scultrice fosse particolarmente religiosa. Il fatto è che, in Finlandia, se sei un architetto o un designer e non hai fatto una chiesa non sei nessuno. La piccola cappella è comunque bella da togliere il fiato, specie all'interno dove una enorme vetrata dietro l'altare a corna di renne ti fa sembrare che gli alberi vogliano entrare in chiesa. Così i fedeli possono godersi uno spettacolo che ispira alti sentimenti mentre il prete ciarla.
Lasciato il piccolo paradiso della grande scultrice, attraversiamo il parco nazionale di Koli sino ad arrivare a Joensuu dove facciamo tappa per la notte. E' la prima vera città che vediamo da diversi giorni. Joensuu, capoluogo della Carelia finlandese, ha 73 mila abitanti. Non sta su un lago ma sulla foce del fiume Pielisjoki. Fondata da uno zar e, in seguito, devastata dai russi che la bombardarono 23 volte nel corso della guerra d'Inverno e della guerra di Continuazione. Un tempo era un porto fiorente collegato a San Pietroburgo e riforniva di catrame la Santa Madre Russia. Oggi è una città universitaria, con strade ampie e quadrate, palazzotti alti - che da queste parti significa al massimo tre piani - adibiti a centri commerciali pieni di negozi di vestiti o di design per la casa. Il lungo fiume, cuore della vita cittadina, è confortato da ampi spazi verdi, ben curati e ben attrezzati. Sull'altra riva, collegata da tre ponti stradali e uno pedonabile, la città continua con un mare di case singole che seguono gli standard scandinavi: villette ad un piano di legno colorato attorniate da grandi giardini dove non manca mai un "saltarello" per la gioia dei bambini. E pure dei grandi.
Più a nord, sulla sponda più settentrionale del lago Kallavesi, troviamo Kuopio, un'altra città di poco meno centomila abitanti. Oramai siamo entrati nella regione dei laghi. Pur se c'è più acqua che terra come neanche la laguna di Venezia, e con l'auto ti pare di navigare tra rive e ponti, le terre selvagge sono rimaste tutte a settentrione. Non avremo più problemi a trovare un distributore di benzina, come ci era accaduto alla frontiera nord!
La principale attrattiva di Kuopio è una collina. Già. Non è che ce ne siano tante, in Finlandia, di colline. Così chi ce l'ha se la tiene stretta, ne va fiero e la valorizza in tutti i modi. Ad esempio, piazzandoci sopra una torretta di 75 metri con caffè e ristorante culla cima. Ci siamo saliti e dobbiamo dire che il panorama che cadeva su infinite foreste ed ingarbugliati ricami lacustri era davvero… Davvero cosa? "Mozzafiato" l'ho già usato parecchie volte, da "togliere il respiro" pure… va bene! Avete capito, come era quel panorama. Andiamo in città. Kuopio è una metropoli moderna e quadrata, sia nell'architettura che nell'urbanistica. Essenziale, potremmo dire. Tanto verde, parchi e un bel lungomare, anzi, lungolago. C'è anche una grande piazza quadrata e pulita con fiori ad ogni lampione davanti al municipio (e non alla chiesa, che qui sono tutte ai margini della città). C'era un clima da fiera del paese con una manifestazione in corso del tipo Sapori dal Mondo. Tantissimi stand culinari con bandiere di tutti i Paesi. Francia e Italia, con pizza, spaghetti e piadine, la facevano da padrone. Dolore e rabbia! Mi è toccato vedere lo stand tedesco che vendeva le "fritole" veneziane come tipico prodotto germanico di Germania! Va ben. C'era anche lo stand "Il meglio dell'Inghilterra". Ed allora vuol proprio dire che c'è spazio per tutti, al mondo.
E' ora di raggiungere il nostro cottage prenotato sulle placide rive di… lo avete intuito? Proprio così! Di un placido laghetto a Leppävirta!
La nostra meta serale era l'elegante e graziosa città di Savonlinna. Prima di approdare al campeggio, siamo passati a Kerimäki a vedere la chiesa locale, tanto per restare in tema di pazzia. La storia di questa assurda chiesa è divinamente raccontata dal grande Arto Paasilinna ne "L'allegra apocalisse". Il più grande tempio in legno del mondo, con navata alta 27 metri e con tanto di due piani di "platea" che neanche un teatro lirico, pensata per far pregare perlomeno 8 mila fedeli. E se pensate che, anche contando tutti paesi vicini, se si arriva a 5 mila abitanti è tanto, e se considerate, per di più, che sono quasi tutti atei, vi date la misura della follia dell'opera. Ma è proprio questo che che ci ha incantato! Senza follia che vita sarebbe la nostra?
E folle ed incantevole è anche il castello di Savonlinna. Una torrita ed imponente struttura costruita su un'isola davanti ad una città costruita su tante isole. Una fortezza avulsa da qualsiasi logica militare e che è rinata grazie alla musica. Nel mese di luglio, qui si svolge il festival operistico più importante di tutta la Finlandia e ogni settimana vi si tengono concerti. Anche stasera, il ponte che collega il castello alla città era attraversato da persone che andavano ad assistere ad un concerto. Bella gente. Sorridente ed elegante, ma senza strafare e senza quella insopportabile puzza di merda che si respira alle "prime" in Italia.
E sempre di isola in isola, siamo a Mikkeli. Città che ti mostra subito tutta la koinè della Finlandia. Strade squadrate, villette con giardino ben curato nelle periferie, edifici moderni e alti al massimo tre piani adibiti a negozi e supermercati nel centro. Una bella e ampia via perdonabile che porta alla piazza centrale piena di caffè e banchetti di specialità (ah, quanto gli piace sedersi all'aperto con una brioche ed un caffè annacquato ai finlandesi). Uno spazio coperto adibito a "salone del gusto", così che lo possono utilizzare anche d'inverno. Tanto verde ed aiuole fiorite ad angolo di strada, un paio di musei assolutamente inutili e privi di materiale di qualche interesse che non sia la storia locale degli ultimi 50 anni, ma comunque disegnati da qualche grande architetto, e poi qualche attività all'aperto. A Mikkeli ad esempio stavano preparando una gara di go kart in pieno centro con un impegno degno dell'avvenimento dell'anno.
Tutto quanto abbiamo detto vale anche per Jyväskylä, con la differenza che invece dei go kart hanno organizzato una manifestazione di pallacanestro e la via principale della città era invasa da specie di bisonti biondi che si litigavano una palla. Ma Jyväskylä, dove ci siamo fermati per la notte, ha anche qualcosa in più. E' la città di Alvar Aalto. Intendiamo (perché molte altre città finlandesi si disputano questo titolo), la città in cui ha vissuto da ragazzo, dove ha studiato, dove gli hanno consigliato di darsi al giornalismo perché per l'architettura era negato, dove ha realizzato le sue prime opere e dove gli hanno dedicato un bel museo. Ce ne saranno una dozzina, in tutta Jyväskylä, di edifici disegnati da lui. Tutti gli altri fanno a gara per assomigliarli. Il massimo del minimo lo abbiamo toccato a Seinäjoki, a 10 minuti d'auto da qui, dove il maestro ha realizzato il celebre municipio che da fuori pare una austera fortezza e dal cortile interno il patio della casa dei tuoi sogni. La tecnica di usare mattoni grezzi è stata copiata da tutti gli edifici del paese, compresa una puzzolente fabbrica, un chiosco di bibite e un supermercato. E noi, che sull'architettura non siamo particolarmente ferrati, se ne stavamo là a fotografare questi muri credendo di trovarci davanti al municipio. Poi, per fortuna, ci siamo accorti del cartello "Town Hall a 200 metri da qui". Ma non son scherzi da fare, caro Alvar!
La seconda chiesa che abbiamo visto, più grande e più imponente ma anche meno suggestiva è quella di Keuruu, ma ce la siamo goduta ugualmente grazie alla spiegazione gentilmente offertaci dal logorroico, ma anche molto simpatico prete che ha aperto le porte dell'antico edificio apposta per noi.
Quindi abbiamo preso la 66, tra acquitrini, laghi e foreste di giovani abeti meno opprimenti che in altre parte della Finlandia, sino a raggiungere Tampere, dove alloggeremo un paio di notti e dove in serata, dopo una breve passeggiata, siamo riusciti a vedere, pur senza entrare, la bella cattedrale che pare un castello di principesse, con tanto di mura di cinta.
Ma prima di arrivare in città - Tampere è uno dei pochi insediamenti finnici che davvero possono fregiarsi di questo titolo - abbiamo fatto tappa per rifornimenti a Ruovesi e, nel prato antistante la chiesa locale, coperta da una tettoia per preservarne la struttura, abbiamo visto una di quelle lunghe piroghe in legno incatramato, da 18 remi per parte, con le quali i fedeli raggiungevano la chiesa per partecipare alla funzione domenicale. Esaminarne i particolari costruttivi è stato davvero interessante per un appassionato di navigazione come me! Certo, lo scafo era un'opera più da falegnami che da carpentieri e dubito che in mare quello scafo avrebbe percorso molte miglia. Eppure, come ci aveva spiegato il loquace prete protestante, i fedeli ci navigavano tutta la notte. Otto ore andare e otto tornare da Mänttä a Keuruu. Domeniche d'inverno comprese. Fede o pazzia?
La mattina però, il sole splendeva che pareva estate. Intendo: estate non come la concepiamo nel Mediterraneo. Qui hanno criteri diversi. Ci siamo fatti un bel giro per il centro della città ammirando soprattutto il recupero di tutti gli edifici industriali. Fabbriche e casermoni risalenti ai primi del '900, ai tempi in cui Tampere aveva un suo importante ruolo nel tessile. Il centro Finlayson, sulle rive del Tammerkoski, il primo in tutta la Scandinavia ad essere alimentato dall'energia elettrica prodotta dallo scorrere del fiume, oggi ospita pub, negozi e musei, ed è il cuore della vita culturale cittadina. Ma tanti altri edifici in mattone rosso sono diventati sale da concerto, teatri e centri commerciali. Oggi Tampere, che per la sua tradizione operaia nella guerra civile è stata la capitale dei Rossi, è una bella città, vitale e colta, che ha saputo trasformare un problema come quello della chiusura di tante fabbriche, in un patrimonio urbanistico.
Ma assieme alle sue fabbriche ottocentesche dismesse che si specchiano sul Tammerkoski, una cartolina iconografica di Tampere non può prescindere dalla sua celebre cattedrale luterana: Tuomiokirkko. L'avevamo vista ieri sera dall'esterno e ci aveva regalato una impressione da castello della fiabe. Una costruzione che starebbe bene anche in una Disneyland qualsiasi. Vista da dentro è tutta un'altra cosa e l'impressione giocosa viene scalzata da una sensazione di inquietudine che arriva all'angoscia. I pilastri in granito, la bassa volta con cui si accede alla navata centrale illuminata da vetrate seminascosto alla vista, l'asimmetria non direttamente percepibile che falsa lo spazio, il grande quadro che domina l'altare e che non ha, al contrario delle altre chiese, un immediato riferimento religioso… tutto concorre a spiazzare il visitatore. I quadri soprattutto sono davvero conturbanti. La pala realizzata da Magnus Enckell mostra quello che dovrebbe essere una risurrezione. Ma le figure, alcune nude altre vestite con larghi abiti bianchi che si incamminano verso non si sa dove non mostrano né gioia né gloria. Tutto intorno alla sala centrale un lungo affresco opera di Hugo Simberg mostra i 12 apostoli ritratti come dei bambini nudi che tirano a fatica una grossa ghirlanda cosparsa di fiori e di spine come a circondare il mondo. Ti vien voglia di scappare prima che la catena si chiuda. Ancora più inquietanti sono gli altri dipinti che si trovano nella galleria, tutti opera di Simberg. Tre scheletri che coltivano amorevolmente un giardino (o un cimitero) di piante e di piante dipinte nello stesso dipinto. Ancora più inquietante è l'opera che raffigura due bambini che trasportano in barella un angelo ferito e dolente, dalla testa china. La spiegazione ufficiale è che i bambini "soccorrono" l'angelo ma gli sguardi dei ragazzi non sono per nulla rassicuranti e restituiscono a chi osserva il dipinto un senso di profondo disagio. Tutte opere che col cristianesimo, pure nella sua versione luterana, hanno ben poco a che spartire (Chi ha mai sentito di un angelo ferito? E chi lo avrebbe ferito, poi?) e che spiegano le accese polemiche che queste opere, esposte in una cattedrale, suscitarono tra i fedeli quando la chiesa venne inaugurata nel 1907.
Nella strada che ci porta a Lahti troviamo anche un paio di chiese: quella di Hattula, purtroppo chiusa per una indisponibilità del sagrestano, e quella di Hollola. In quest'ultima riusciamo ad entrare e rimaniamo colpiti dalla stranezza di una pianta a due navate, con l'altare piazzato davanti al colonnato centrale. Statue lignee colorate, come raramente ne abbiamo viste in Finlandia, ci hanno comunque restituito una dimensione più vicina a quella cui siamo abituati del cristianesimo, dopo lo shock della cattedrale di Tampere senza neppure un cristo, un crocefisso o una madonna alle pareti.
Prima di riparare a Lahti, non ci siamo persi la casa e lo splendido atelier dello scultore Emil Wikström (1864-1942) a Visavuori. Una specie di fortino in mattoni rossi con tanto di torretta adibita ad osservatorio astronomico che sorge su un verde promontorio del lago Rauttunselkä e si affaccia su isole ed isolette fittamente coperte da alte conifere.
Da Lahti, impieghiamo appena un'ora e mezza per raggiungere Hamina ma prima ancora di vedere le prime case della città, il luccicante riverbero azzurro del cielo all'orizzonte e il gusto di salato di cui si insapora l'aria, ci avvertono che - finalmente, dopo tante foreste - abbiamo raggiunto il grande mare. Hamina è una città costruita su pianta ottagonale. Cosa piuttosto rara in Finlandia. A posarne le fondamenta sono stati gli svedesi. Un altro baluardo - inutile come tutti gli altri - della loro lunga guerre con i russi in terra finnica. Al centro dell'ottagono c'è il municipio. Le case più antiche sorgono tutte intorno, lungo le strade poste a raggiera.
Da Hamina proseguiamo verso ovest, sino a raggiungere Helsinki nella serata. La tappa successiva è stato il museo del mare di Kotka, la città interamente costruita su un'isola. Che dire? Il museo è bellissimo, come sempre in Scandinavia, e lascia spazi al gioco e all'immaginazione. Ne ricaverò senz'altro un bel po' di articoli per Liguria Nautica.
Non sul mare, ma su piccoli laghetti le cui sponde sono collegate da graziosi ponti, troviamo Ruotsinpyhtää. Il nostro intento era quello di visitare l'antica ferriera. Troviamo il museo chiuso ma scopriamo un villaggio incantevole immerso in una paesaggio fiabesco, fatto di edifici rosso scuro che si specchiano in acque placide. Una mostra d'arte realizzata in quello che un tempo era un grande granaio, ci ha dato la dimensione di come, in Finlandia, la cultura sia profondamente diffusa a tutti i livelli.
Ultima tappa, Porvo che è per Helsinki quello che Burano è per Venezia. Mi spiego per i non veneziani (o non buranelli): Porvo sta a pochi chilometri dalla capitale ed è la meta ideale per una scampagnata di un giorno sia per il residente che per il turista, desiderosi di immergersi nei colori tipici della Finlandia e in ambiente dove la natura è ancora predominante. La Porvo vecchia - quella che vale la pena di visitare - è due strade ed un fiume. Due strade contornate da case tradizionali in legno colorato. Un fiume che riflette il rosso scuro degli edifici più antichi costruiti sulle sue sponde. Barche di tutti i tipi, dal ketch elegante al motoscafo, dondolano placidamente nei suoi moli. Crociere salpano regolarmente per le isole e sentieri naturalistici portano in paradisi di verdi foreste e di azzurro mare.
La costiera est di Helsinki è stata davvero una bella sorpresa e un condensato delle tante meraviglie che abbiamo ammirato nel nostro viaggio. Peccato solo che una di queste ci sia sfuggita. L'antica birreria di Malmgård, dove 12 generazioni di mastri birrai producono un nettare realizzato con un'acqua che - a pare di tanti bevitori - è assolutamente speciale. Noi ci siamo andati ben decisi a farcene una idea personale con qualche assaggio, ma lo stabilimento era chiuso. Restava nell'aria solo un caldo profumo di miele di bosco, pane appena cotto e malto tostato. Ci siamo accontentati di questo.
Le altre due chiese che caratterizzano il modesto paesaggio di Helsinki sono ancora peggio. La cattedrale color rosso ortodossa che sorge sull'isola di Katanajocca si gioca tutto sulla guglie a cipolla e su una pala d'altare che in Italia la più povera chiesa di Umbria o di Toscana terrebbe nascosta in sagrestia. La sua dirimpettaia bianca luterana è di un kitsch addirittura imbarazzante. Tutto quello che si può dire a suo favore è che è alta e che si vede da lontano, pesando come un macigno nello skyline dalla città.
Per il resto la città non ha proprio niente. E, salvo rare eccezioni peraltro mai bene inserite nel contesto urbanistico, ci si chiede perché non ci abbiano lavorato tutti quei maestri che hanno realizzato ardite forme architettoniche in altre città della Finlandia. Strade squadrate e trafficatissime, enormi supermercati del niente come l'immenso casermone Stockmann, una periferia dormitorio piena di brutti e grigi condomini riempiti di mini appartamenti che arriva sin dentro la città. Anche il lungomare non è valorizzato e si riduce ad una piazza dove si affollano turisti e bancarelle di souvenir. Questa dovrebbe essere il "cuore" di Helsinki, e questo la dice tutta su questa inutile città che è sul mare ma in cui non si riesce neppure a sentire l'odore del mare.
La traversata dura una quindicina di minuti, tra isole ed isolette. Appena sbarcati, un operatore del servizio informazioni turistiche ti regala una mappa delle isole scritta in più lingue. Ci sono alcuni musei militari con annesso negozio di souvenir, qualche caffè, qualche casa abitata ed una chiesa con un campanile che fa anche da faro. Per la parte più interessante della fortezza, a due chilometro e mezzo dal pontile, è preferibile seguire un percorso ben segnalato, ma sei libero di girare come credi. I finlandesi ci vengono a fare picnic nei bei prati tra un mastio diroccato dalle bombe ed un cannone arrugginito.
E ci ha regalato anche tante renne che ti attraversavano la strada all'improvviso così che non ti potevi distrarre un secondo, tanti musei divertenti ed istruttivi, magari balordi e stravaganti ma mai banali, tanti traghetti gratuiti perché raggiungere l'isola è un diritto, tanta acqua potabile e gratuita (anche questo è un diritto). E poi ospedali per orsi orfani, villaggi di Babbi Natali, impressionanti formazioni geologiche, castelli e fortezze che non hanno mai vinto una battaglia, monumenti alle vittime della guerra che nulla concedono alle retoriche nazionaliste. Tutto questo e molto altro ancora, la Finlandia e Capo Nord, ci hanno regalato, assieme a tante, tante storie. Storie di terra, storie di mare, storie di foreste e storie di viaggi. Storie tutte da raccontare. E così non mi resta altro da scrivere che: grazie, Finlandia!