L’inferno della Libia è la vergogna dell’Europa
“Le guardie sono scappate e ci hanno abbandonati in questa prigione. Non abbiamo cibo né acqua, aiutateci, abbiamo bisogno dell’intervento dell’Unhcr”.
“Abbiamo supplicato i soldati di portarci del cibo e dell’acqua. Qui ci sono almeno un centinaio di bambini e di donne in gravidanza. Per tutta risposta ci hanno picchiato a sangue”. Sono solo alcuni dei terrificanti messaggi che i profughi del campo di Zintan hanno lanciato sugli Alarm Phone. “Le guardie sono scappate e ci hanno abbandonati in questa prigione. Non abbiamo cibo né acqua, aiutateci, abbiamo bisogno dell’intervento dell’Unhcr”. “Abbiamo supplicato i soldati di portarci del cibo e dell’acqua. Qui ci sono almeno un centinaio di bambini e di donne in gravidanza. Per tutta risposta ci hanno picchiato a sangue”. Sono solo alcuni dei terrificanti messaggi che i profughi del campo di Zintan hanno lanciato sugli Alarm Phone. Nelle altre strutture le cose non vanno meglio. Qaser Ben Gashir è stato trasformato in una caserma di arruolamento forzato. Al “Paese sicuro”, come solo Matteo Salvini oramai si ostina a definire, serve carne da cannone. “Arrivano con camionette cariche di fucili e ci obbligano a indossare vecchie divise. Ci mettono in mano delle armi che non sappiamo neppure come si chiamano e ci dicono che dobbiamo combattere. Noi non vogliamo ma i soldati ci minacciano”. “Ci promettono la libertà ma nessuno gli crede. Mi hanno già venduto come schiavo troppe volte. Non voglio combattere per coloro che mi hanno torturato”.
Tutta la zona attorno a Tripoli è teatro di aspri combattimenti. Le milizie del presidente Fāyez al-Sarrāj stanno abbandonato il campo e il generale Haftar ha oramai la strada spianata verso la Capitale. La conquista della Libia oramai, più che una questione militare, è una questione politica. Haftar deve farsi accettare dalla Comunità Europea, oltre che dalla Francia che lo ha sponsorizzato sino dall’inizio. Proprio per questo ha incaricato il suo portavoce, il generale Ahmed Al-Mismari, di denunciare i presunti aiuti militari che alcuni Paesi Europei – a questo proposito il quotidiano The Malta Independent cita espressamente l’Italia – stanno fornendo “a gruppi terroristi nella capitale”, intendendo le milizie fedeli al Governo in carica. Anche gli aerei da combattimento di Tripoli, sempre secondo la denuncia di Al-Mismari, sarebbero pilotati da mercenari italiani e americani. Lo scopo di queste denunce è evidente: far passare il Governo di al-Sarrāj, riconosciuto dall’Europa, come “terrorista” e far accreditare Haftar, l’uomo forte della Cirenaica, come il nuovo interlocutore ufficiale della comunità internazionale. Cambieranno gli attori che tirano le fila in Libia e la Francia sostituirà l’Italia come interlocutrice privilegiata dei nuovi poteri, ma la politica sul petrolio e sui migranti rimarrà la stessa. E per l’Europa purtroppo, conta solo questo.
Non trascuriamo, inoltre, che il casus belli di questa ennesima guerra civile libica lo ha dato proprio il nostro Governo, trattando direttamente col presidente al-Sarrāj, per conto di imprese italiane, l’appalto sulla ricostruzione dell’aeroporto di Tripoli, l’unico scalo del Paese. Una mossa quantomeno avventata che il generale Haftar non poteva stare a guardare. Ed infatti, due giorni dopo l’annuncio del premier Giuseppe Conte, le milizie della Cirenaica hanno attaccato l’aeroporto.
In tutto questo squallido gioco di potere, chi ne paga le spese sono soprattutto i civili. Gli ultimi dati parlano di oltre cento morti, tra cui almeno 28 bambini, solo negli scontri attorno alla Capitale. Ma ora la situazione è peggiorata. A Tripoli sono migliaia le persone che hanno abbandonato le loro case e si sono date alla fuga. Haftar ha scatenato le truppe impiegate nella cosiddetta Operazione Dignità che, tra il 2014 e il 2015, hanno sterminato gli jihadisti ma – come hanno denunciato vari rapporti dell’Onu – si sono abbandonate anche a inimmaginabili violenze e ad uccisioni indiscriminate nei confronti della popolazione civile. Gente per cui la parola pietà non ha significato.
Ma se la situazione è tragica per i civili libici, che perlomeno possono provare a cercar scampo nella fuga, ai migranti detenuti nei campi viene preclusa anche questa speranza.
I soldati fedeli al Governo in carica hanno praticamente abbandonato la maggior parte dei campi. Da giorni oramai non arriva né cibo né acqua. Assistenza medica non ne avevano neppure prima. L’elettricità è stata tolta da tempo e anche i messaggi sugli Alarm Phone sono sempre meno frequenti. Gli ultimi messaggi denunciavano la morte per fame dei primi bambini. E la tubercolosi, che già ammazzava, ora sta compiendo delle vere stragi.
In tutto questo, la responsabilità dell’Europa pesa come un macigno. Abbiamo trasformato i migranti in una merce e ne abbiamo appaltato lo sfruttamento a gruppi criminali più o meno intersecati col potere politico. Proprio come la mafia. In cambio dello sfruttamento del petrolio, abbiamo costruito – investendo perlomeno 338 milioni di fondi europei, senza contare i regali di mezzi vari come motoscafi e motovedette – un mercato della sofferenza capace di far fruttare ai trafficanti almeno 450 milioni di dollari all’anno.
E se a voi tutto questo non fa schifo…
Tutta la zona attorno a Tripoli è teatro di aspri combattimenti. Le milizie del presidente Fāyez al-Sarrāj stanno abbandonato il campo e il generale Haftar ha oramai la strada spianata verso la Capitale. La conquista della Libia oramai, più che una questione militare, è una questione politica. Haftar deve farsi accettare dalla Comunità Europea, oltre che dalla Francia che lo ha sponsorizzato sino dall’inizio. Proprio per questo ha incaricato il suo portavoce, il generale Ahmed Al-Mismari, di denunciare i presunti aiuti militari che alcuni Paesi Europei – a questo proposito il quotidiano The Malta Independent cita espressamente l’Italia – stanno fornendo “a gruppi terroristi nella capitale”, intendendo le milizie fedeli al Governo in carica. Anche gli aerei da combattimento di Tripoli, sempre secondo la denuncia di Al-Mismari, sarebbero pilotati da mercenari italiani e americani. Lo scopo di queste denunce è evidente: far passare il Governo di al-Sarrāj, riconosciuto dall’Europa, come “terrorista” e far accreditare Haftar, l’uomo forte della Cirenaica, come il nuovo interlocutore ufficiale della comunità internazionale. Cambieranno gli attori che tirano le fila in Libia e la Francia sostituirà l’Italia come interlocutrice privilegiata dei nuovi poteri, ma la politica sul petrolio e sui migranti rimarrà la stessa. E per l’Europa purtroppo, conta solo questo.
Non trascuriamo, inoltre, che il casus belli di questa ennesima guerra civile libica lo ha dato proprio il nostro Governo, trattando direttamente col presidente al-Sarrāj, per conto di imprese italiane, l’appalto sulla ricostruzione dell’aeroporto di Tripoli, l’unico scalo del Paese. Una mossa quantomeno avventata che il generale Haftar non poteva stare a guardare. Ed infatti, due giorni dopo l’annuncio del premier Giuseppe Conte, le milizie della Cirenaica hanno attaccato l’aeroporto.
In tutto questo squallido gioco di potere, chi ne paga le spese sono soprattutto i civili. Gli ultimi dati parlano di oltre cento morti, tra cui almeno 28 bambini, solo negli scontri attorno alla Capitale. Ma ora la situazione è peggiorata. A Tripoli sono migliaia le persone che hanno abbandonato le loro case e si sono date alla fuga. Haftar ha scatenato le truppe impiegate nella cosiddetta Operazione Dignità che, tra il 2014 e il 2015, hanno sterminato gli jihadisti ma – come hanno denunciato vari rapporti dell’Onu – si sono abbandonate anche a inimmaginabili violenze e ad uccisioni indiscriminate nei confronti della popolazione civile. Gente per cui la parola pietà non ha significato.
Ma se la situazione è tragica per i civili libici, che perlomeno possono provare a cercar scampo nella fuga, ai migranti detenuti nei campi viene preclusa anche questa speranza.
I soldati fedeli al Governo in carica hanno praticamente abbandonato la maggior parte dei campi. Da giorni oramai non arriva né cibo né acqua. Assistenza medica non ne avevano neppure prima. L’elettricità è stata tolta da tempo e anche i messaggi sugli Alarm Phone sono sempre meno frequenti. Gli ultimi messaggi denunciavano la morte per fame dei primi bambini. E la tubercolosi, che già ammazzava, ora sta compiendo delle vere stragi.
In tutto questo, la responsabilità dell’Europa pesa come un macigno. Abbiamo trasformato i migranti in una merce e ne abbiamo appaltato lo sfruttamento a gruppi criminali più o meno intersecati col potere politico. Proprio come la mafia. In cambio dello sfruttamento del petrolio, abbiamo costruito – investendo perlomeno 338 milioni di fondi europei, senza contare i regali di mezzi vari come motoscafi e motovedette – un mercato della sofferenza capace di far fruttare ai trafficanti almeno 450 milioni di dollari all’anno.
E se a voi tutto questo non fa schifo…