Verso sud
Sidi Bouzid, sesto giorno di carovana - Bastano due ore di autobus per lasciarci alle spalle le verdi colline di Tunisi dipinte di fiori gialli e viola. Man mano che la carovana procede verso sud, del mare blu cobalto rimane solo il ricordo.
Le colline si addolciscono sino a diventare un deserto percorso da greggi di pecore ed interrotto, nelle vicinanze dei rari centri abitati, da sterminate coltivazioni di ulivi separate da barriere di fichi d’india.
Abbiamo lasciato La Guoulette in tarda mattinata. Dopo una pausa a Kairquam, città sacra dell’Islam dalla grande moschea e dalle strette vie affollate di artigiani e commercianti, ci siamo diretti a Sidi Buazid, la prima meta della nostra carovana. Ci arriviamo verso le 6 di sera e subito ci attende l’incontro con gli amici tunisini del locale centro culturale dove alcuni attivisti di Ya Basta! in collaborazione con Un Ponte Per stanno lavorando per formare degli operatori di media center. La regione, ci ha spiegato un portavoce dell’Unione Laureati Disoccupati, è una delle più emarginate del Paese e la rivoluzione non ha portato miglioramenti in questo senso. Eppure, proprio su queste strade, si è accesa la miccia della Primavera araba, quando nel dicembre del 2010 il giovane Mohamed Bouazizi si è suicidato per protestare contro le angherie del regime. Una sua grande foto campeggia nella piazza centrale della cittadina, accanto ad un monumento che rappresenta il suo carretto di ambulante. In questa città circondata dal deserto, le sommosse sono state represse in modo particolarmente violento e la repressione della polizia ha causato ben 10 vittime. Oggi, Sidi Bouzid è una cittadina di 40 mila abitanti, dai grandi viali contornati da alberi potati a squadra, proprio come le sue basse case bianche. La disoccupazione colpisce particolarmente le donne, molte delle quali – nonostante il titolo di studio – sono costrette a lavorare nei campi per un compenso di 4 euro al giorno, e ad accettare un trattamento da “caporalato” e a pagarsi addirittura il trasporto al lavoro. La presenza integralista qui non è, in percentuale, particolarmente significativa ma rimane comunque pesante perché coagula la disperazione dei giovani e può contare sul circuito di denaro e di organizzazione legato alle moschee. “I sefarditi reclutano tra i ragazzi più giovani, meno istruiti e più disperati - mi racconta in responsabile del Centro Culturale -. Nelle moschee vengono indottrinati su falso islam ed imparano a leggere il Corano in maniera acritica. Io credo che la cultura sia il mezzo più efficace per contrastare questa pericolosa deriva retrogada. Ed è per questo che, progetti come quelli che ci state aiutando a portare avanti voi, rappresentano l’arma più efficace per contrastare questa deriva”.
La situazione a Sidi Buazid è tesa. Per non compromettere tutto il lavoro che i formatori di Ya Basta! e di Un Ponte Per stanno svolgendo nella città, e per non offrire spazio a provocazioni che alla fin fine danneggerebbero solo i nostri amici tunisini, abbiamo deciso di non uscire dal centro culturale se non per recarci all’ostello dove passeremo la notte in camerate rigorosamente separate tra uomini e donne. Anche per la cena, usciremo alternandoci a gruppi. Non c’è pericolo di sbagliare ristorante. Ce n’è uno solo in tutta la città!
Abbiamo lasciato La Guoulette in tarda mattinata. Dopo una pausa a Kairquam, città sacra dell’Islam dalla grande moschea e dalle strette vie affollate di artigiani e commercianti, ci siamo diretti a Sidi Buazid, la prima meta della nostra carovana. Ci arriviamo verso le 6 di sera e subito ci attende l’incontro con gli amici tunisini del locale centro culturale dove alcuni attivisti di Ya Basta! in collaborazione con Un Ponte Per stanno lavorando per formare degli operatori di media center. La regione, ci ha spiegato un portavoce dell’Unione Laureati Disoccupati, è una delle più emarginate del Paese e la rivoluzione non ha portato miglioramenti in questo senso. Eppure, proprio su queste strade, si è accesa la miccia della Primavera araba, quando nel dicembre del 2010 il giovane Mohamed Bouazizi si è suicidato per protestare contro le angherie del regime. Una sua grande foto campeggia nella piazza centrale della cittadina, accanto ad un monumento che rappresenta il suo carretto di ambulante. In questa città circondata dal deserto, le sommosse sono state represse in modo particolarmente violento e la repressione della polizia ha causato ben 10 vittime. Oggi, Sidi Bouzid è una cittadina di 40 mila abitanti, dai grandi viali contornati da alberi potati a squadra, proprio come le sue basse case bianche. La disoccupazione colpisce particolarmente le donne, molte delle quali – nonostante il titolo di studio – sono costrette a lavorare nei campi per un compenso di 4 euro al giorno, e ad accettare un trattamento da “caporalato” e a pagarsi addirittura il trasporto al lavoro. La presenza integralista qui non è, in percentuale, particolarmente significativa ma rimane comunque pesante perché coagula la disperazione dei giovani e può contare sul circuito di denaro e di organizzazione legato alle moschee. “I sefarditi reclutano tra i ragazzi più giovani, meno istruiti e più disperati - mi racconta in responsabile del Centro Culturale -. Nelle moschee vengono indottrinati su falso islam ed imparano a leggere il Corano in maniera acritica. Io credo che la cultura sia il mezzo più efficace per contrastare questa pericolosa deriva retrogada. Ed è per questo che, progetti come quelli che ci state aiutando a portare avanti voi, rappresentano l’arma più efficace per contrastare questa deriva”.
La situazione a Sidi Buazid è tesa. Per non compromettere tutto il lavoro che i formatori di Ya Basta! e di Un Ponte Per stanno svolgendo nella città, e per non offrire spazio a provocazioni che alla fin fine danneggerebbero solo i nostri amici tunisini, abbiamo deciso di non uscire dal centro culturale se non per recarci all’ostello dove passeremo la notte in camerate rigorosamente separate tra uomini e donne. Anche per la cena, usciremo alternandoci a gruppi. Non c’è pericolo di sbagliare ristorante. Ce n’è uno solo in tutta la città!