Villaggi resistenti
Menzel Bouzaiene, ottavo e ultimo giorno di carovana - Per raggiungere Menzel Bouzaiene, la prima città che si è ribellata al regime di Ben Alì, bisogna scendere ancora più a sud.
A metà mattinata, lasciamo Sidi Bouzid e il suo sgangherato ostello che definire spartano è dargli eccessivo credito, senza troppi rimpianti. Ricorderemo le due serate trascorse a far assemblea nelle scale comuni perché uscire, come abbiamo già spiegato, ci era stato sconsigliato, le camerate e i piani separati per genere, le estenuanti battaglie con una wifi particolarmente esasperante e gli accesi confronti con gli altri ospiti tunisino dell’ostello. A questo proposito, in un altro articolo racconteremo di un incontro con le donne tunisine impegnate nel cambiamento.
Dopo settanta chilometri di deserto intervallato da coltivazioni di ulivi, raggiungiamo Menzel Bouzaiene, un villaggio di neppure seimila anime e di poche case quadrate e basse, al quale neppure le guide di viaggio più avventurose hanno mai dedicato una nota. Eppure, se battete il suo nome su Google, vi comparirà nello schermo un bel numero di video You Tube che immortalano i violentissimi scontri che qui si sono svolti durante la Primavera. “Quando è cominciata la rivoluzione - ci spiega Mohamed un attivista di Accun - il regime ha cercato di impedire che si diffondessero le immagini e le riprese delle battaglie. Per fortuna mio fratello gestisce un internet point e lo ha messo a disposizione di tutti, spiegando loro come aggirare la censura con i proxy”.
Menzel Bouzaiene è tagliato in due da una lunga linea ferroviaria riservata esclusivamente ai treni merci. Lunghi convogli arrugginiti sferragliano in mezzo al paese per trasportare carichi di fosfati dalle miniere ai porti mediterranei dove vengono stivati per raggiungere le coste di Francia. I sassi su cui poggiano le traversine sono stati le armi con le quali i manifestanti di Menzel Bouzaiene hanno respinto le violente cariche della polizia. “Quando abbiamo saputo della morte di Mohamed Bouazizi, siamo scesi tutti in piazza - continua l’attivista di Accun -. Quando la polizia si è resa conto che non poteva disperderci con le cariche ha sparato e ha ucciso due di noi. Menzel Bouzaiene ha pagato col sangue la rivoluzione. Anche il primo morto nella casbah di Tunisi era del nostro villaggio. I ragazzi da qui partivano a piedi per raggiungere la capitale e dare man forte alla rivolta”.
Ya Basta! sta collaborando con i ragazzi di Menzel Bouzaiene per far vivere un media center. La struttura è già pronta e sorge proprio a ridosso della ferrovia. Adesso si tratta solo di potenziare il parco informatico. “Qui possono venire tutti - continua Mohamed -. Siamo aperti alle donne come ai disoccupati. Pari opportunità vuole dire anche dare la possibilità a tutti di accedere alla rete. Noi di Menzel Bouzaiene sappiamo bene come è importante conoscere e far conoscere quando accade!”
Oggi il villaggio è ancora senza delegato del governo (come dire il sindaco). La polizia è tornata ma non esce dalle caserme e si limita alla normale amministrazione. Molti attivisti però sono ancora in carcere e chi è ancora a piede libero sa bene che rischia la cattura se esce dal villaggio. “Ci sono comunque aggressioni continue e tentativi di arresto. Ieri sera due persone hanno cercato di accoltellare mio fratello. Cosa vi devo dire? Ben Alì è caduto ma per il resto tutto è rimasto come prima. Gli slogan che gridavamo durante la Primavera per chiedere lavoro, uguaglianza e dignità sono gli stessi che dobbiamo gridare ora”.
Dopo aver aver abbracciato i compagni di Accun e i nostri che si fermano a Sidi Bouzid per portare avanti i progetti che vi abbiamo descritto, lasciamo Menzel Bouzaiene, ultima tappa della prima carovana di Ya Basta! nel Maghreb.
C’è appena il tempo di visitare un villaggio berbero che troviamo sulla strada. Ampie grotte scavate nella montagna dove i pastori sostavano durante la transumanza. Alcuni ragazzini ci vengono incontro sventolando la bandiera berbera e ne approfittiamo per scambiare due parole e regalare loro una bandiera di Ya Basta!
Sul pulman che si è messo in moto per raggiungere Tunisi, ci attende una simpatica sorpresa. I ragazzino berberi ci hanno aspettato sui loro motorini e ci scortano per un paio di chilometri. Sorridono e sventolano le nostre due bandiere legate assieme.
Dopo settanta chilometri di deserto intervallato da coltivazioni di ulivi, raggiungiamo Menzel Bouzaiene, un villaggio di neppure seimila anime e di poche case quadrate e basse, al quale neppure le guide di viaggio più avventurose hanno mai dedicato una nota. Eppure, se battete il suo nome su Google, vi comparirà nello schermo un bel numero di video You Tube che immortalano i violentissimi scontri che qui si sono svolti durante la Primavera. “Quando è cominciata la rivoluzione - ci spiega Mohamed un attivista di Accun - il regime ha cercato di impedire che si diffondessero le immagini e le riprese delle battaglie. Per fortuna mio fratello gestisce un internet point e lo ha messo a disposizione di tutti, spiegando loro come aggirare la censura con i proxy”.
Menzel Bouzaiene è tagliato in due da una lunga linea ferroviaria riservata esclusivamente ai treni merci. Lunghi convogli arrugginiti sferragliano in mezzo al paese per trasportare carichi di fosfati dalle miniere ai porti mediterranei dove vengono stivati per raggiungere le coste di Francia. I sassi su cui poggiano le traversine sono stati le armi con le quali i manifestanti di Menzel Bouzaiene hanno respinto le violente cariche della polizia. “Quando abbiamo saputo della morte di Mohamed Bouazizi, siamo scesi tutti in piazza - continua l’attivista di Accun -. Quando la polizia si è resa conto che non poteva disperderci con le cariche ha sparato e ha ucciso due di noi. Menzel Bouzaiene ha pagato col sangue la rivoluzione. Anche il primo morto nella casbah di Tunisi era del nostro villaggio. I ragazzi da qui partivano a piedi per raggiungere la capitale e dare man forte alla rivolta”.
Ya Basta! sta collaborando con i ragazzi di Menzel Bouzaiene per far vivere un media center. La struttura è già pronta e sorge proprio a ridosso della ferrovia. Adesso si tratta solo di potenziare il parco informatico. “Qui possono venire tutti - continua Mohamed -. Siamo aperti alle donne come ai disoccupati. Pari opportunità vuole dire anche dare la possibilità a tutti di accedere alla rete. Noi di Menzel Bouzaiene sappiamo bene come è importante conoscere e far conoscere quando accade!”
Oggi il villaggio è ancora senza delegato del governo (come dire il sindaco). La polizia è tornata ma non esce dalle caserme e si limita alla normale amministrazione. Molti attivisti però sono ancora in carcere e chi è ancora a piede libero sa bene che rischia la cattura se esce dal villaggio. “Ci sono comunque aggressioni continue e tentativi di arresto. Ieri sera due persone hanno cercato di accoltellare mio fratello. Cosa vi devo dire? Ben Alì è caduto ma per il resto tutto è rimasto come prima. Gli slogan che gridavamo durante la Primavera per chiedere lavoro, uguaglianza e dignità sono gli stessi che dobbiamo gridare ora”.
Dopo aver aver abbracciato i compagni di Accun e i nostri che si fermano a Sidi Bouzid per portare avanti i progetti che vi abbiamo descritto, lasciamo Menzel Bouzaiene, ultima tappa della prima carovana di Ya Basta! nel Maghreb.
C’è appena il tempo di visitare un villaggio berbero che troviamo sulla strada. Ampie grotte scavate nella montagna dove i pastori sostavano durante la transumanza. Alcuni ragazzini ci vengono incontro sventolando la bandiera berbera e ne approfittiamo per scambiare due parole e regalare loro una bandiera di Ya Basta!
Sul pulman che si è messo in moto per raggiungere Tunisi, ci attende una simpatica sorpresa. I ragazzino berberi ci hanno aspettato sui loro motorini e ci scortano per un paio di chilometri. Sorridono e sventolano le nostre due bandiere legate assieme.