Voci dal Sud è la mia rubrica sul sito Melting Pot. Questi gli ultimi editoriali che ho pubblicato

Caravana Abriendo Fronteras: si è conclusa l’ottava edizione Padova-Trieste-Bihać

 «No guerra ai popoli, no guerra ai migranti»

Sono partiti da lontano, dalla Spagna. Il primo gruppo è partito da Madrid. Il secondo dai Paesi Baschi e il terzo da Valencia e Barcellona. Hanno attraversato i Pirenei e hanno sostato per la prima tappa in Francia a Martigues, dove le organizzazioni che lavorano con le persone migranti hanno organizzato un incontro per scambiarsi esperienze di lotta e resistenza.

Ma il via “ufficiale” della nuova Caravana Abriendo Fronteras è stato dato a Padova sabato 13 luglio, dove si è unito il pullman partito da Torino organizzato da Carovane Migranti e un furgone con attrezzature di cucina partito dalla Val di Susa, per un totale di circa 250 attiviste ed attivisti.

La sera stessa, alla giornata conclusiva di Sherwood Festival, è stata riservata loro una “passerella d’onore” prima del concerto dei Modena City Ramblers. A salire sul palco, è stata Socorro Gil Guzmán, madre di Jonathan, prelevato dalla polizia Messicana nei pressi di Acapulco mentre si recava con un amico a giocare una partita di pallone. Di lui, non si è più saputo nulla. Socorro ha ricordato il figlio, come uno degli oltre 100 mila desaparecidos messicani chiedendo per tutti loro verità e giustizia.

La stessa verità e giustizia che aspettano tutte le vittime delle frontiere. Quelle frontiere “migranticide”, sempre più militarizzate ed esternalizzate, che la carovana Abriendo Fronteras ha voluto denunciare con questo suo viaggio verso i confini orientali d’Europa. 

Il giorno successivo c’è stato l’incontro ad Abbazia di Carceri, nella bassa padovana, sulla guerra nell’ex Jugoslavia, la pulizia etnica e il nazionalismo, le responsabilità di allora dei paesi europei. Storici e attivisti hanno unito il passato dei Balcani – più di 100.000 morti, più di un milione di rifugiati in altri Paesi, più di due milioni di sfollati interni – con l’attuale crisi migratoria esterna e interna dell’area. Puntuali le precisazioni e i racconti sulla guerra balcanica dello storico indipendente Eric Gobetti, autore del libro “E allora le foibe?”, che ha ricordato i tanti massacri compiuti dagli italiani durante l’occupazione fascista contro le popolazioni locali. La giornata è proseguita con il reportage Corpi migranti, una mostra fotografica di Max Hirzel, che finisce per trasformarsi in un discorso che pone tante domande. Nel pomeriggio, la Carovana si è spostata al parco degli Alpini a Padova per un nuovo incontro “E’ guerra ai Popoli, è guerra ai migranti” con le realtà pacifiste, la comunità palestinese e il collettivo Rotte Balcaniche.

La terza tappa è stata presso la base Nato di Aviano. «E’ su basi militari come questa che cominciano le guerre», ha spiegato Gianfranco Crua, portavoce di Carovane Migranti che con Vesna Scepanovic ha organizzato tutta la logistica della carovana. «Le guerre ai popoli come quello Palestinese e la guerra ai migranti seguono la stessa logica volta a mantenere l’attuale status quo di sfruttamento delle risorse dei paesi poveri a favore di quelli ricchi in un’ottica nazionalista che, alla fin fine, mira solo a difendere gli interessi del capitalismo».

Da Aviano, gli autobus sono partiti verso la rotta balcanica, percorrendola all’incontrario, sino a Bihać, in Bosnia Erzegovina, a pochi chilometri dal confine croato d’Europa. Bihać che subì lo sterminio decretato dai fascisti invasori nella seconda gara mondiale. Bihać che, durante le guerre balcaniche, soffrì tre anni di assedio e la pulizia etnica dei musulmani da parte delle squadre serbe. Bihać che oggi è un crocevia di migranti che dal sud del mondo cercano di raggiungere l’Europa.

La polizia bosniaca ha impedito ai carovanieri di raggiungere il centro di confinamento dei migranti in transito di Lipa, ma le attiviste e gli attivisti hanno comunque potuto conoscere e incontrare i portavoce dei movimenti locali che si battono per i diritti umani e le tante, troppe, vittime delle frontiere che hanno portato la loro cruda testimonianza negli incontri, come quella del camerunese Waffo Soh, che nella traversata mediterranea ha visto annegare moglie e figlio. Toccante, l’abbraccio tra Socorro e Meyra Dautovi, madre bosniaca che ha perso i suoi due figli nelle pulizie etniche.

Dalla Bosnia, la carovana è ripartita per l’Italia fermandosi tre giorni a Trieste: una sosta ricca di iniziative e incontri, dal manifestare davanti al Cpr di Gradisca di Isonzo fino all’assemblea conclusiva per la costruzione di reti transnazionali e appuntamenti di mobilitazione autunnali. 

La Carovana ha voluto portare solidarietà a Lorena Fornasir e Gian Andrea Franchi che con la loro associazione Linea d’Ombra accolgono i migranti nella piazza adiacente la stazione del capoluogo giuliano. Ogni sera, sulle panchine di piazza della Libertà, ribattezzata Piazza del Mondo, l’associazione offre assistenza e un aiuto concreto. «Ci hanno accusato delle peggiori nefandezze ma noi non facciamo altro che dare quello che va dato e che è giusto dare: un aiuto a chi ha bisogno – mi spiega Gian Andrea -. E poi, guardati attorno, i vivi sono qui. Il resto della città è morto». 

Sotto la statua dell’imperatrice Sissi migranti e carovanieri festeggiavano cantando e ballando. Oltre la recinzione, solo un cordone di polizia e il buio. La recinzione è stata alzata dal sindaco per evitare che qualcuno “profanasse” l’imperatrice asburgica con un po’ di pipì. «Forse, dico io, faceva prima e spendeva di meno a sistemare un bagno chimico» sintetizza Gian Andrea. Rimane comunque un perfetto esempio di come la politica affronti il problema delle migrazioni.

La recinzione ha fornito comunque un ottimo supporto per appendere le decine di lenzuola con i nomi dei migranti uccisi o scomparsi ricamati da Daniela Gioda, artista tessile, in oltre dieci anni di attivismo. Lenzuoli della memoria migrante che ricordano le vittime di una guerra che non è ancora conclusa. Pagine di un libro aperto che Carovane Migranti si porta appresso in ogni iniziativa nei confini, invitando madri, padri, fratelli e sorelle a ricamare il nome dei cari scomparsi.

Da non dimenticare anche l’apporto fondamentale alla carovana offerto da Fornelli in Lotta, una associazione No Tav che trasforma pentole e pietanze in una forma di resistenza e di lotta. Per tutta la carovana, Fornelli in Lotta ha garantito ottimi pranzi, gustose cene e abbondanti colazioni a tutte le attiviste e gli attivisti. 

La tappa triestina si è conclusa con una visita alla Risiera di San Sabba, il campo di concentramento italiano per ebrei e oppositori politici e sabato 20 luglio, i quattro pullman hanno lasciato la città verso la Val di Susa per salutare a Venaus il movimento No Tav. Doverosa, lungo il tragitto, una visita al museo di Gattatico, Reggio Emilia, che commemora i sette fratelli Cervi. Vittime innocenti di una fascismo che ancora ai nostri giorni non è stato sconfitto e buttato fuori dalla storia.

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