In questa pagina ho riportato gli ultimi articoli che ho scritto per il quotidiano ambientalista Terra, il settimanale Carta, Manifesto, per siti come Global Project, FrontiereNews o siti di associazioni come In Comune con Bettin e altro ancora.
I ciclisti del clima si preparano a saltare ancora in sella. Pronta la carovana Venezia Bruxelles
4/04/2019EcoMagazine
Neanche il tempo di scendere dalla sella che già comincia una nuova avventura. E la data è già stata segnata sul calendario: partenza sabato 26 ottobre, sempre da Venezia, arrivo a Bruxellesgiovedì 7 novembre. Tredici giorni, mille e trecento chilometri, sei nazioni: Italia, Austria, Svizzera, Germania, Francia e Belgio. Tutto ovviamente a “zero emissioni”. Come dire: in bicicletta. “Un mezzo che abbiamo imparato può essere usato per fare cose che potrebbero sembrare impossibili” ha sottolineato Daniele Pernigotti, portavoce di RideWithUs, in occasione della presentazione del tour ciclistico svoltasi ieri sera al cso Rivolta di Marghera. Cose che potrebbero sembrare impossibili ma cha alla fine, grazie all’impegno e alla buona volontà di tutti, diventano realizzabili. Esattamente come la lotta ai cambiamenti climatici. Una battaglia che può essere vinta solo se tutti… saliamo in bicicletta e prendendo la strada di un consumo più responsabile e sostenibile.
La serata organizzata da RideWithUs è stato anche il momento per festeggiare la carovana di ciclisti che da Venezia è arrivata a Roma per partecipare alla grande manifestazione per la Giustizia Climatica del 23 marzo. Molti di loro sono già pronti a saltare ancora in sella alle loro bici per questa nuova avventura su due ruote. Avventura che, come nelle note di RideWithUs, si svolgerà in contemporanea con la Cop del clima, in programma a Santiago del Cile. Lo scopo dell’iniziativa è appunto quello di portare al nuovo parlamento europeo i patrocini e le lettere dei Comuni che hanno dato il loro patrocinio alla carovana e chiedere un maggior impegno nella lotta ai cambiamenti climatici. Una “bicicletta” questa in cui dobbiamo salire tutti perché, come è stato più volte ripetuto, non abbiamo un pianeta di riserva.
Per iscrivervi o per informazioni più dettagliate sulla carovana collegatevi al sito RideWithUs
La serata organizzata da RideWithUs è stato anche il momento per festeggiare la carovana di ciclisti che da Venezia è arrivata a Roma per partecipare alla grande manifestazione per la Giustizia Climatica del 23 marzo. Molti di loro sono già pronti a saltare ancora in sella alle loro bici per questa nuova avventura su due ruote. Avventura che, come nelle note di RideWithUs, si svolgerà in contemporanea con la Cop del clima, in programma a Santiago del Cile. Lo scopo dell’iniziativa è appunto quello di portare al nuovo parlamento europeo i patrocini e le lettere dei Comuni che hanno dato il loro patrocinio alla carovana e chiedere un maggior impegno nella lotta ai cambiamenti climatici. Una “bicicletta” questa in cui dobbiamo salire tutti perché, come è stato più volte ripetuto, non abbiamo un pianeta di riserva.
Per iscrivervi o per informazioni più dettagliate sulla carovana collegatevi al sito RideWithUs
Davide Pernigotti presenta RideWithUs Venezia – Bruxelles
Fridays For Future: la squallida operazione di chi gli ha rubato i social
20/03/2019EcoMagazine
48 mila follower, gli hanno fregato a Fridays For Future. L’intero bacino Facebook. Per non parlare del sito che faceva da punto di riferimento a tutti i ragazzi scesi in piazza in quell’indimenticabile venerdì 15 marzo. E non è tutto. Quello che è peggio è che hanno cercato di far passare una idea di movimento spaccato in due. Cosa che non è affatto, perché tutti i gruppi di tutte le piazze italiane hanno immediatamente risposto alla provocazione ribadendo l’unità del movimento per la giustizia climatica.
Certo che per le ragazze ed i ragazzi di Fridays For Future è stato un brutto risveglio, quello della mattina dell’8 marzo, quando tutti gli admin e gli editor delle pagine Facebook si sono accorti di essere stati privati dei loro privilegi di acceso. Stesso discorso per il sito, www.fridaysforfuture.it, i cui amministratori si sono trovati improvvisamente senza la possibilità di postare e di controllare i post. Cosa è successo? “E’ successo che le nostre pagine erano gestite in maniera amichevole, senza troppi controlli – spiega Gianfranco, uno dei responsabili per i contatti con la stampa di FFF -. Bastava chiedere e ti veniva concesso l’editor. Qualche tempo fa una persona di nome Luca Polidori ha chiesto l’accesso e, qualche giorno dopo, l’editor. Ingenuamente qualcuno di noi glielo ha concesso. Lo stesso è avvenuto per il sito. Forse noi siamo troppo in buona fede ma certo ci siamo rimasti male quando questa persona ha cancellato tutte le altre utenze e si autonominato unico gestore dei nostro mezzi di comunicazione”.
Il colpo di mano non è stato accettato passivamente dal movimento dei venerdì per il clima. Tutte le piazze, nessuna esclusa, ha denunciato la squallida operazione che, alla fin fine, altro non è che un furto bello e buono, sia di utenti che di credibilità. Immediatamente sono stati aperti nuovi sociale un nuovo sito, ed è partita una denuncia alla polizia postale. Ma qualche giornale, come abbiamo detto, ha cercato di far leggere nell’operazione una spaccatura interna di Fridays For The Future che è un modo – così come i vergognosi attacchi a Greta e le fake new sulla sporcizia lasciata dai ragazzi dopo le manifestazioni – per cercare di depotenziare le mobilitazioni. Segno indiscutibile che cominciano a fare paura!
Ma chi è questo Luca Polidori? “Stiamo cercando di capirlo anche noi. Sappiamo che vive a Bruxelles e che avrebbe fondato un sedicente movimento ambientalista. Nessuno di noi lo conosce o lo ha mai visto prima. Ma tra i ‘Mi piace’ che ha rilasciato dalla sua pagina Facebook c’è quella a Matteo Salvini”.
Attenzione quindi. Il sito www.fridaysforfuture.it e la pagina fb “Fridays For Future Italy”, perlomeno per ora, non sono più i canali ufficiali di Fridays For Future. Le attiviste e gli attivisti invitano a dare il “Like” e a seguire questi nuovi canali social:
Sito >>> fridaysforfutureitalia.it
Facebook >>> fb.me/FridaysItalia
Instagram >>> https://www.instagram.com/fridaysforfutureitalia
Twitter >>> https://twitter.com/fffitalia
Da Venezia a Roma in bicicletta per dire No ai cambiamenti climatici
16/03/2019Comune-info
Ci sono circa 600 chilometro tra Venezia e Roma. Chilometri che si possono percorrere in auto, in treno o in aeroplano con un costo ambientale in termini di emissioni di gas climalteranti più o meno elevato a seconda della scelta. Ma sono 600 chilometri che possono essere percorsi anche a zero emissioni. Come? Con una bicicletta! Certo, una soluzione che non è da tutti e per la quale è necessario, come si dice, “avere le gambe giuste”. Ma i ciclisti di RideWithUs le “gambe giuste” ce le hanno e lo hanno dimostrato in questi ultimi anni raggiungendo, sempre partendo da Venezia, le sedi delle varie Cop, le conferenze per il clima, che si sono svolte a Parigi, Bonn e, ultima impresa, Katowice, in Polonia. Un modo come un’altro per ribadire che si può viaggiare, vivere e pure divertirsi anche lasciando i combustibili fossili là dove devono essere lasciati, se vogliamo contenere il riscaldamento globale nei limiti previsti dall’accordo sul clima: sottoterra. Domenica 17 marzo, i nostri ciclisti si lanceranno in un’altra impresa, sempre in sella alle loro biciclette, che hanno chiamato The Climate Ride: raggiungere Roma per partecipare alla grande manifestazione per la Giustizia Climatica che si svolgerà nella Capitale sabato 23. Sarà un viaggio lungo 6 tappe che toccheranno, in ordine, Ferrara, Ravenna, Pieve Santo Stefano, Perugia, Terni e, infine, Roma. Un viaggio per sensibilizzare l’opinione pubblica ma anche per incontrare le associazioni, i comitati, le cittadine e i cittadini che, nel loro territorio, si battono per la difesa dei beni comuni, dell’ambiente, per l’utilizzo delle rinnovabili e per una economia solidale e sostenibile. In altre parole, per quella che i movimenti che hanno indetto la mobilitazione del 23 marzo, hanno scelto di chiamare Giustizia Climatica.
Sarà un viaggio per fare rete tra movimenti ma sarà soprattutto un viaggio per raccogliere storie. Che è poi la motivazione più forte che spinge i veri viaggiatori ad uscire di casa. Storie di resistenze alla mercificazione del territorio e allo sfruttamento indiscriminato. Storie che, noi che accompagneremo la carovana lungo tutto il suo percorso, racconteremo nel sito EcoMagazine.
E con i movimenti che agiscono nel territorio, i ciclisti di The Climate Ride incontreranno - se accetteranno il confronto! - anche le amministrazioni locali che sono il primo punto di riferimento dei cittadini per una democrazia come la vorremmo, dal basso e partecipata. Ai sindaci dei Comuni, RideWithUs chiederà una lettera di intenti e il patrocinio per un’altra biciciclettata già programmata il prossimo ottobre, quando risaliranno sulle loro due ruote per pedalare da Venezia a Bruxelles, con tappe a Strasburgo e Maastricht, per chiedere al nuovo parlamento europeo di affrontare la questione dei cambiamenti climatici con quella decisione che, sino ad ora, è rimasta tutta nelle dichiarazioni di intenti.
Ma questo è un altro viaggio e un’altra storia. Ora tocca affrontare i 600 chilometri che separano la laguna dalla Capitale. Bisogna oliare bene gli ingranaggi del cambio. Si parte domenica 17 alle 7,45 di mattina. L’appuntamento è davanti al municipio di Marghera dove il presidente della municipalità, lo scrittore Gianfranco Bettin, verrà ad augurarci il buon viaggio.
Sarà un viaggio per fare rete tra movimenti ma sarà soprattutto un viaggio per raccogliere storie. Che è poi la motivazione più forte che spinge i veri viaggiatori ad uscire di casa. Storie di resistenze alla mercificazione del territorio e allo sfruttamento indiscriminato. Storie che, noi che accompagneremo la carovana lungo tutto il suo percorso, racconteremo nel sito EcoMagazine.
E con i movimenti che agiscono nel territorio, i ciclisti di The Climate Ride incontreranno - se accetteranno il confronto! - anche le amministrazioni locali che sono il primo punto di riferimento dei cittadini per una democrazia come la vorremmo, dal basso e partecipata. Ai sindaci dei Comuni, RideWithUs chiederà una lettera di intenti e il patrocinio per un’altra biciciclettata già programmata il prossimo ottobre, quando risaliranno sulle loro due ruote per pedalare da Venezia a Bruxelles, con tappe a Strasburgo e Maastricht, per chiedere al nuovo parlamento europeo di affrontare la questione dei cambiamenti climatici con quella decisione che, sino ad ora, è rimasta tutta nelle dichiarazioni di intenti.
Ma questo è un altro viaggio e un’altra storia. Ora tocca affrontare i 600 chilometri che separano la laguna dalla Capitale. Bisogna oliare bene gli ingranaggi del cambio. Si parte domenica 17 alle 7,45 di mattina. L’appuntamento è davanti al municipio di Marghera dove il presidente della municipalità, lo scrittore Gianfranco Bettin, verrà ad augurarci il buon viaggio.
Venerì 15 marzo: sciopero mondiale per il clima
14/03/2019EcoMagazine
“Skolstrejk för klimatet”. E’ cominciato tutto con un cartello in lingua svedese dove c’era scritto “sciopero della scuola per il clima” . Lo teneva in mano una ragazzina dalle trecce bionde affetta da sindrome di Asperger: Greta Thunberg. Ogni venerdì mattina, Greta andava a sedersi col suo cartello davanti al Riksdag, il parlamento svedese. All’inizio, non se la filava nessuno ma Greta non ha mai mollato. I suoi interventi alla Cop 24 e al vertice di Davos, l’hanno fatta diventare un fenomeno mediatico mondiale, preso come esempio dagli studenti di tutta la terra. Fridays For Future è diventata una protesta globale che, grazia anche al suo carattere di urgenza – solo 10 anni di tempo per riportarci nei limiti di riscaldamento previsti dagli accordi sul clima – e inevitabilità – l’umanità non ha alternative perché un pianeta di riserva proprio non ce l’abbiamo -, è riuscita a rilanciare una movimentazione come non ne avevamo mai viste al mondo.
Una movimentazione che è riuscita – e pure questa è una novità – a portare su una sola piattaforma chiamata Giustizia Climatica, rivendicazioni sociali, ambientalismo, azioni contro i cambiamenti climatici, beni comuni, tutela dei diritti umani, pacifismo contro tutte le guerre, transfemminismo, lotta contro lo sfruttamento dei Paesi poveri. Quel cartello con scritto “Skolstrejk för klimatet” apriva le porte ad una strada che porta inevitabilmente alla liberazione dalla schiavitù di un modello di sviluppo economico e di gabbie sociali fondate sul capitalismo.
Una strada che va percorsa con decisione, senza paura di azioni anche drastiche, proprio perché, come ci spiega Greta, quando hai la casa in fiamme non hai altro da fare che prendere l’estintore e lottare per spegnere l’incendio. L’estintore, nel nostro caso, si chiama Fridays For Future, e a tenerlo in mano, puntandolo dalla parte giusta, sono le ragazze ed i ragazzi di tutta la Terra che domani scenderanno in piazza per il primo sciopero climatico globale.
Non resta altro da fare che andargli dietro, partecipando e diffondendo la protesta. Qui, trovate la vostra piazza
Questi gli appuntamenti per il nordest, con la relativa pagina Facebook
Belluno:ore 9,00 Stazione Fs
Bolzano:ore 10,00 Piazza Tribunale
Rovigo:ore 9,00 Piazza Matteotti
Trento:ore 9,30 via Verdi
Trieste:ore 14,30 Piazza dell’Unità
Venezia:ore 9,00 stazione Santa Lucia
Verona:ore 8,00 Palazzo Barbieri
Angry Animals all’attacco! Occupata e sanzionata la raffineria Eni di PortoMarghera
2/03/2019EcoMagazine
I fossili vanno lasciati sottoterra. Lo affermano i climatologi, lo hanno tradotto in pratica le attiviste e gli attivisti dei centri sociali del nord est che, questa mattina presto, hanno bloccato la raffineria dell’Eni di Marghera. Tute bianche e maschere da “angry animals” – già utilizzata in altre azioni ambientaliste, un centinaio di ragazze e ragazzi ha pacificamente chiuso i cancelli della raffineria, arrampicandosi sui tetti per “sanzionare” con la vernice i loghi del cane a sei zampe ed appendere striscioni di protesta. Il blocco è durato tutta la mattina, fermando un lungo convoglio di automezzi pesanti che cercava di entrare nel perimetro della raffineria e obbligando anche ad una petroliera di avvicinarsi al molo.
“Contestare Eni – hanno spiegato gli Angry Animals, gli animali arrabbiati – significa denunciare un sistema di rapina e devastazione dei territori e delle popolazioni. Questo rappresenta una minaccia per la salute delle persone e un attacco diretto alla sopravvivenza di noi tutti. Essere per la giustizia climatica e per la libertà di movimento significa affermare l’incompatibilità di un sistema produttivo che rende i territori inabitabili e e costringe alle migrazioni”.
Il pericolo derivante dall’estrazione dei fossili e c he si traduce, oltre che in un aumento di gas climalteranti anche nella continua produzione di inquinanti sostanze plastiche, è oramai dimostrato dalla scienza. Le varie conferenze sul clima che sono state organizzate oramai in tutti i continenti, hanno più volta stabiliti dei limiti alle estrazioni e all’uso dei fossili. Limiti che, pur se sottoscritti da tutti i Governi mondiali, sono stati regolarmente disattesi.
“Non tutti hanno ancora recepito il concetto che non ci sono alternative possibili. L’attuale sistema di produzione non è più sostenibile. Non ci sono riconversioni o fantomatici utilizzi ‘verdi’ per i fossili che tengano. La sola cosa che l’umanità può fare, se vuole continuare ad abitare questo pianeta, è lasciare i fossili dove stanno. Sottoterra”.
L’obiettivo della raffineria Eni, non è stato scelto a caso. La “nostra” multinazionale è protagonista e complice dei più efferati sfruttamenti di giacimenti fossili di tutto il pianeta. Pensiamo solo a Delta del Niger dove lo popolazioni locali hanno più volte denunciato la multinazionale di aver effettuato oltre 10 mila sversamenti abusivi ed inquinanti nelle loro acque. Oppure alla Libia, un Paese portato al tracollo e alla guerra civile proprio dagli interessi delle compagnie petroliere.
“L’Eni rappresenta un perfetto paradigma dello stato di sfruttamento intensivo cui è sottoposto l’intero pianeta. A farne le spese, per ora , sono soprattutto le aree più povere – o forse dovremmo dire impoverite – in cui la stessa riproduzione biologica della vita è stata compromessa dall’estrazionismo. Ma non dimentichiamoci che lo sfruttamento, per sua stessa natura, non può porre limiti a se stesso. Se tutta la terra è merce, se neppure la minaccia dei cambiamenti climatici ci farà capire che è ora di cambiare il sistema prima che questo cambi il clima, allora non ci sarà nessuna speranza per l’umanità”.
The climate ride. In bicicletta da Venezia a Roma per partecipare alla marcia per il clima del 23 marzo
26/02/2019EcoMagazine
Tutto è cominciato a Copenaghen nel 2014, in occasione della presentazione del quinto rapporto dell’Ipcc sullo stato della lotta mondiale ai cambiamenti climatici.
Un variegato gruppo formato da ambientalisti, ciclisti del Pedale Veneziano o di altri sodalizi, cicloviaggiatori e attivisti della Fiab – la federazione italiana degli amici della bicicletta – si sono riuniti sotto la sigla RideWithUs ed hanno organizzato carovane di pedalatori che, da Venezia, hanno attraversato l’Europa per raggiungere le sedi delle annuali conferenze sul clima. Lo scopo era quello di coinvolgere e sensibilizzare più persone possibile sulla necessità di intraprendere una azione rapida e radicale a tutti i livelli per contrastare i cambiamenti climatici.
In sella alle loro biciclette, i ciclisti hanno percorso migliaia di chilometri ad impatto zero, raggiungendo, dopo Copenhagen, anche a Parigi per la Cop21 nel 2015 e Torino nel 2016 per partecipare ad un incontro con Luca Mercalli svolto in contemporanea con la Cop22 che si svolgeva a Marrakech. La successiva tappa di RideWithUs è stata Bonn nel 2017 per la Cop23, quindi, l’anno dopo, Katowice, in Polonia per la Cop24. Un pedalare infinito che ha visto il coinvolgimento, chi per una breve tappa, chi per tratti più lunghi o per tutto il viaggio, di centinaia di ciclisti ambientalisti. Perché chi ama la bicicletta, ama e rispetta anche l’ambiente.
I ciclisti di RideWithUs, assieme ad altri appassionati di bicicletta, torneranno in sella domenica 18 marzo a Venezia per accompagnare The Climate Ride, una carovana su due ruote che raggiungerà Roma per partecipare alla Marcia per il Clima che si svolgerà nella capitale sabato 23. Sei giorni di viaggio da nord a sud lungo la penisola, sulle strade del Veneto, dell’Emilia Romagna, delle Marche, dell’Umbria e del Lazio per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla questione del cambiamento del clima e per dimostrare che si può viaggiare – e bene! – anche senza bruciare combustibili fossili. Venezia, Ferrara, Cesena, Pieve Santo Stefano, Perugia, Terni e infine Roma. Sei giorni di viaggio che hanno anche l’obiettivo di far rete. Lungo la strada, i ciclisti di The Climate Ride incontreranno movimenti, spazi sociali, associazioni, comitati di cittadini e altre realtà che, pur pensando globalmente, si sono organizzate per difendere beni comuni e territorio da una economia predatoria che ha trasformato l’intero pianeta in merce.
In questa ennesima avventura, i ciclisti di The Climate Ride si sono ritagliati un ruolo da “postini” e hanno preparato una lettera che i primi cittadini, consapevoli del rischio connesso con i cambiamenti climatici, dei paesi e delle città che attraverseranno, potranno firmare. Queste lettere saranno portate, ovviamente sempre in bicicletta, dagli amici di RideWithUs a Bruxelles, e consegnate ai rappresentanti del nuovo parlamento europeo, facendo tappa a Strasburgo e Maastricht, il prossimo 7 novembre, dopo una pedalata che partirà sempre da Venezia il 26 ottobre, per invitare l’Europa ad assumere un ruolo di leadership internazionale nella lotta ai cambiamenti climatici.
Appuntamento quindi a Marghera, domenica mattina, per salutare la carovana di The Climate Ride che salirà in sella per raggiungere la sua prima tappa: Ferrara. Una ventina di ciclisti ha già dato disponibilità a partecipare a tuto il viaggio e almeno altrettanti saranno coloro che si uniranno per ogni singola tappa. Su EcoMagazine seguiremo tutta l’avventura e racconteremo, paese dopo paese, gli attacchi all’ambiente e le lotte di coloro che lo difendono.
Se vuoi salire anche tu in sella con The Climate Ride per tutto il viaggio, per una o più tappe, o anche per accompagnarci per un breve tratto di strada, manda una mail a 23mromainbicicletta@gmail.com oppure chiamami al 347 5476813. Puoi anche seguirci o contattarci nella pagina Facebook dell’iniziativa.
#TheClimateRide #23mRomaInBicicletta #SiamoAncoraInTempo
La biodiversità sta scomparendo. Il rapporto della Fao: “A rischio il futuro dei nostri alimenti, della salute e dell’ambiente”
23/02/2019EcoMagazine
Il rapporto globale sullo stato della biodiversità presentato ieri a Roma dalla Fao, l’organizzazione delle Nazioni Unite per l’agricoltura e il cibo, è categorico: siamo vicini al collasso dell’intero sistema di produzione alimentare. Il modello attuale di agricoltura, industriale ed estensivo, che sta alla base dei nostri sistemi alimentari, la gestione insostenibile delle risorse naturali, la distruzione di habitat e terre destinate alle coltivazione, ha causato danne enormi alla biodiversità del nostro pianeta. Serve una azione immediata che deve diventare la priorità di ogni agenda politica. Abbiamo 10 anni di tempo per invertire rotta verso una economia più sostenibile altrimenti l’intero pianeta andrà verso un collasso totale e irreversibile dell’intero sistema di produzione alimentare con gravi ripercussioni anche per la nostra salute.
Una volta perduta, avverte il rapporto, la biodiversità alimentare e agricola – vale a dire tutte le specie che supportano i nostri sistemi alimentari – non può essere recuperata.
Il rapporto FAO si basa sulle informazioni fornite specificamente da 91 paesi e sull’analisi degli ultimi dati globali. “La biodiversità è fondamentale per la salvaguardia della sicurezza alimentare globale, é alla base di diete sane e nutrienti e raforza i mezzi di sussistenza rurali e la capacitá di resilienza delle persone e delle comunità,“ ha dichiarato il Direttore Generale della FAO, José Graziano da Silva. “Dobbiamo usare la biodiversità in modo sostenibile, in modo da poter rispondere meglio alle crescenti sfide del cambiamento climatico e produrre cibo senza danneggiare il nostro ambiente.”
Delle circa 6.000 specie di piante coltivate per il cibo, – si legge nella nota Fao di presentazione del rapporto – meno di 200 contribuiscono in modo sostanziale alla produzione alimentare globale e solo nove rappresentano il 66% della produzione totale.
La produzione mondiale di bestiame si basa su circa 40 specie animali, con solo un piccolo gruppo che fornisce la stragrande maggioranza di carne, latte e uova. Delle 7.745 razze di bestiame locali (a livello di paese) segnalate, il 26% è a rischio d‘estinzione.
Quasi un terzo degli stock ittici è sovra-sfruttato, più della metà ha raggiunto il limite sostenibile.
Le informazioni provenienti dai 91 paesi rivelano che le specie di cibo selvatico e molte specie che contribuiscono ai servizi eco-sistemici vitali per l’alimentazione e l’agricoltura, compresi gli impollinatori, gli organismi del suolo e i nemici naturali dei parassiti, stanno rapidamente scomparendo.
Ad esempio, i paesi riportano che il 24% di quasi 4.000 specie di cibo selvatico – principalmente piante, pesci e mammiferi – sta diminuendo. Ma la proporzione di alimenti selvatici in declino è probabilmente ancora più grande perché lo stato di oltre la metà delle specie alimentari selvagge è ancora sconosciuto.
Il maggior numero di specie di cibo selvatico in declino compare in paesi dell’America Latina e dei Caraibi, seguiti da quelli dell’Asia-Pacifico e dell’Africa. Questo potrebbe essere, tuttavia, il risultato del fatto che le specie alimentari selvatiche sono più studiate e riportate in questi paesi che in altri.
Sono anche gravemente minacciate molte specie associate alla biodiversità. Tra queste vi sono uccelli, pipistrelli e insetti che aiutano a controllare i parassiti e le malattie, la biodiversità del suolo e gli impollinatori selvatici – come api, farfalle, oltre ai pipistrelli e agli uccelli.
Foreste, pascoli, mangrovie, praterie di alghe, barriere coralline e zone umide in generale – gli eco-sistemi chiave che forniscono numerosi servizi essenziali per l’alimentazione e l’agricoltura e ospitano innumerevoli specie – sono anch’essi in rapido declino.
I fattori chiavi della perdita di biodiversità citati dalla maggior parte dei paesi sono: cambiamenti nell’uso e nella gestione della terra e dell’acqua, seguiti da inquinamento, sovra-sfruttamento, cambiamenti climatici, crescita della popolazione e urbanizzazione.
“Meno biodiversità significa che piante e animali sono più vulnerabili ai parassiti e alle malattie – ha concluso Graziano da Silva. – Elemento, che insieme alla nostra dipendenza da un numero sempre minore di specie per nutrirci, sta mettendo la nostra già fragile sicurezza alimentare sull’orlo del collasso”.
A questo link potete scaricare il rapporto completo in inglese
La piattaforma veneta dei comitati e movimenti per la giustizia climatica è pronta ed è una battaglia da vincere a tutti i costi
20/02/2019EcoMagazine
Dopo il meeting svoltasi a Vicenza il 27 gennaio, comitati cittadini, associazioni ambientaliste e spazi sociali del Veneto hanno continuato il percorso intrapreso con riunioni dei singoli tavoli tematici, confrontandosi per mail e per videoconferenze, sino a varare la piattaforma regionale veneta per la giustizia climatica.
Una piattaforma che viene da lontano, abbiamo scritto in apertura perché da lontano vengono le storie delle tante lotte per l’ambiente e le tante rivendicazioni per la tutela dei beni comuni che i vari comitati hanno portato avanti nei loro territori. Dal Mose alla Tav, dalle cementerie alle superstrade, sino all’inquinamento da Pfas. E su tutte queste storie che si sono concluse, possiamo dire: avevamo ragione noi!
Una piattaforma scritta per il presente perché il momento per la giustizia climatica è adesso. Gli allarmi lanciati dall’Ipcc non lasciano altri spazi di manovra. Pensare globalmente va bene, ma l’azione deve essere locale e la piattaforma proposta dai comitati è essenzialmente rivendicativa ed ha come controparte le amministrazioni regionali e comunali del Veneto che, diciamocelo pure, hanno sino ad oggi interpretato l’ambiente come uno sportello di bancomat
Una piattaforma che guarda il futuro. Non un futuro possibile ma l’unico futuro possibile per questo pianeta che l’umanità ha chiamato Terra. Questa è una battaglia da vincere a tutti i costi.
Qui puoi scaricare, in pdf, la versione definitiva della Piattaforma Climatica Veneta che riportiamo qui sotto
SIAMO ANCORA IN TEMPO
PIATTAFORMA REGIONALE VENETA DEI COMITATI E MOVIMENTI PER LA GIUSTIZIA CLIMATICA
Il documento che proponiamo come comitati, associazioni, gruppi e singoli è indirizzato all’attenzione di tutti i cittadini e le cittadine, ma soprattutto alla Regione Veneto, e a tutti i Comuni.
La piattaforma è il risultato del lavoro di chi da anni si batte contro la devastazione territoriale, incarnata dal modello di sviluppo predatorio capitalista che la Regione Veneto a guida leghista ha pienamente sposato.
Il continuo dispendio inutile di risorse pubbliche, gli scandali, la corruzione, l’avvelenamento di falde acquifere, terreni, persone, i picchi di inquinamento da polveri sottili, l’eustatismo, sono solo alcuni dei punti che ci hanno spinto a vedere il filo unico che lega grandi opere al cambiamento climatico. Denunciamo come il sistema di sviluppo basato su sfruttamento di risorse e territori sia il nemico della salute – anche sociale ed economica – dei cittadini.
La necessaria presa di parola che ci spetta passa attraverso lo studio e la scrittura comune di alcuni punti che sono per noi di denuncia e di proposta.
Crediamo di essere Ancora In Tempo per cambiare il sistema e non il clima, per far pesare tutte le responsabilità della Regione Veneto nel collasso del nostro territorio con vent’anni di politiche che hanno messo al centro il profitto di alcuni a scapito della vita di molti.
Di seguito sono proposte delle rivendicazioni, frutto del lavoro comune di studio e approfondimento, che toccano vari punti per noi fondamentali e urgenti.
Si procederà su otto temi portanti:
1- CONSUMO DI SUOLO E GRANDI OPERE
Negli ultimi 40 anni, il consumo di suolo ha giocato un ruolo fondamentale nella devastazione del territorio veneto. La logica dello sviluppo, che ha trovato in questo campo una enorme fonte di profitto, ha prodotto innumerevoli scempi ambientali: le cave, nel numero di 1500 tra dimesse e attive al momento attuale; urbanizzazione selvaggia, con il 12,45% di suolo consumato da opere che sono, molto spesso, inutilizzate ( quali zone industriali dismesse, migliaia e migliaia di unità immobiliari sfitte, centinaia di centri commerciali); infrastrutture inutili come Valdastico Sud, la costruenda Pedemontana Veneta, basi militari Usa e depositi di stoccaggio militare nella provincia di Vicenza, Mose etc.

La devastazione del territorio messa in luce è stata resa possibile anche grazie a un’informazione propagandistica che non ha permesso una reale conoscenza e consapevolezza dei rischi all’ambiente, dei costi ambientali e sociali, negando, di fatto, quello che è il ruolo del suolo in quanto bene comune. Questo gap informativo, chiaramente voluto, ha generato un vuoto democratico, nel momento in cui non ha fornito alle persone gli strumenti reali per intervenire sui processi decisionali. A peggiora la situazione, gli organi di controllo ambientali vengono aggirati o producono valutazioni di parte.
Uno dei maggiori fattori di impatto ambientale e climalterante delle grandi opere è la loro irreversibilità, in quanto consumando il suolo, distruggono un fattore fondamentale per tutti gli ecosistemi.
Il suolo, infatti, gioca un ruolo cruciale nell’equilibrio climatico perché rappresenta, assieme agli oceani, una delle più grandi riserve di stoccaggio e cattura di gas climalteranti come l’anidride carbonica. Di conseguenza – e qui giace il legame tra grandi opere e crisi climatica – il consumo di suolo influisce direttamente nella quantità di anidride carbonica presente nell’atmosfera e quindi al riscaldamento globale.
Gli effetti del consumo del suolo comunque non si limitano ad influire sulla quantità di anidride carbonica nell’atmosfera, ma sconvolge l’equilibrio di un territorio già fragile: inasprendo il dissesto idrogeologico, isolando gli ecosistemi, aumentando la desertificazione e l’impermeabilizzazione del territorio.
Tutti questi effetti, come le calamità naturali a cui assistiamo, non sono eventi straordinari, ma causa diretta di una gestione del territorio che vede nei beni comuni, una merce da depredare e da cui trarre il massimo profitto.
Questo genera dei costi ambientali, sanitari e sociali non quantificabili, come abbiamo visto nel caso della cava Cosmo a Paese o nella distruzione di aree naturali protette, come le sorgenti del torrente Poscola a Montecchio Maggiore.
Di fronte a un sistema che usa lo sviluppo sostenibile come mascheramento di una predazione del territorio e fa leva sul ricatto occupazionale per legittimarsi ulteriormente, crediamo che sia possibile mettere in campo le seguenti soluzioni:
* Recupero e riuso degli edifici già costruiti;
* Potenziamento della rete di trasporto pubblico regionale e locale accessibile a tutti utilizzando la estesa rete esistente previo ammodernamento tecnologico;
* Blocco delle opere inutili e dannose in progettazione e/o in costruzione
* Bonifica del suolo inquinato dei cantieri e delle grandi opere;
* Riconversione ove possibile delle opere esistenti per messa in sicurezza del territorio (bacino a tevignano);
* Ripristino al di la di qualsiasi condizione economica delle condizioni ambientali precedenti agli interventi di copertura del suolo;
* Opzione Zero sul consumo di suolo e sull’edilizia;
* Piano occupazionale la riconversione ecologica del Veneto e la messa in sicurezza del territorio, il cui costo andrebbe addebitato a decisori politici e gruppi di interesse che hanno lucrato sui crimini ambientali.
2- INQUINAMENTO E GESTIONE DELL’ACQUA
L’acqua è un bene comune.
non va privatizzato né esaurito come invece sta accadendo ora a livello globale.
1) tutte le fonti approvvigionamento dell’acqua devono essere salvaguardate
2) dichiarazione dello stato di emergenza in veneto
3) chiusura immediata delle fonti inquinanti
4) bonifica delle aree inquinate, controllo dei depuratori, censimento dei pozzi.
5) stop all’abuso nell’utilizzo dell’acqua per scopi industriali. stop allo sversamento nell’ambiente dei reflui

La responsabilità è anche e soprattutto delle amministrazioni che hanno sempre deliberato a favore del profitto a scapito della salute.
7) utilizzo dei risarcimenti per un fondo nazionale per la salvaguardia della filiera alimentare: agricoltura e allevamenti:
8) tematica della catena alimentare (irrigazioni – ciclo alimentare)
– etichette 0 pfas – principio di precauzione
– diritto alla salute
9) carenze di screening: aggiornamento delle tecnologie (acque e sangue) – garanzia di screening e sanzioni al boicottaggio.
10) risanamento e riqualificazione della rete idrica nazionale e regionale con l’utilizzo dei finanziamenti ora destinati alle Grandi Opere.
Non solo le grandi opere generano danni ambientali ma tolgono anche capitale all’investimento per la salvaguardia dell’ambiente e di conseguenza della salute.
3- SOVRANITA’ ALIMENTARE, CICLO DELLA CARNE E RIFORESTAZIONE
E’ urgente intervenire sia sul sistema produttivo e commerciale che sulle abitudini dei consumatori, agendo su più fronti: dall’intervento legislativo che tuteli e promuova l’agricoltura biologica e penalizzi quella inquinante, alla diffusione di campagne di educazione all’alimentazione e al consumo. È necessario prendere coscienza della reale situazione ambientale attuale e delle nostre possibilità di cambiarla. A partire dall’individuazione dell’agroindustria e degli allevamenti come uno dei principali agenti di cambiamento climatico (secondo studi di ricerca le emissioni di gas serra derivanti possono oscillare tra il 18% – dato FAO 2006 – e il 51% – Goodland-Anhang 2009), di consumo di acqua, di suolo e di deforestazione, in nome della tutela della biodiversità e degli ecosistemi abbiamo sviluppato una critica al sistema alimentare dominante. Un sistema basato sul ciclo della carne e del pesce, un megasistema estremamente articolato e capillare, che coinvolge tutti i territori e vari settori economici e infrastrutturali, come i trasporti via terra, mare e cielo, i combustibili fossili, l’industria chimica, lo smaltimento dei rifiuti, i laboratori di sperimentazione biotecnologica. Il tutto in mano alle più potenti e influenti corporation oggi esistenti al mondo quali i colossi agro-farmaceutici.

È emerso a pieno titolo, fra gli esempi esaminati di agricoltura convenzionale, diventata ’agricoltura tossica’, il caso delle ‘colline del prosecco’ nel trevigiano, un modello di monocoltura che distrugge l’ecosistema e la biodiversità e avvelena aria, suolo e falda acquifera, ma che è motivo di orgoglio per gli amministratori regionali che la finanziano generosamente.
Il mantenimento di questo tipo di sviluppo agricolo, inoltre, risulta incompatibile e ostacola su vari fronti l’attività di chi esercita un’agricoltura sostenibile e/o biologica, per la difficoltá di tutelarsi dall’inquinamento ambientale dovuto all’uso indiscriminato di pesticidi diffusi sul suolo e nell’aria e perché i prodotti biologici risultano non competitivi economicamente rispetto ai prodotti dell’agricoltura convenzionale il cui costo é drogato dai sussidi pubblici. Paradossalmente vengono finanziate maggiormente le attività che implicano un aumento dei costi sociali e sanitari piuttosto che quelle che a lungo termine li riducono.
Nell’individuare criticità e paradossi dal punto di vista ambientale, è emerso che lo spreco alimentare occupa uno dei primi posti, considerato che circa un terzo del cibo prodotto viene scartato, contribuendo alle emissioni nocive (circa il 7% del totale!) sia in fase di produzione che di smaltimento del rifiuto.
Buone pratiche, proposte e obiettivi
Da questo complesso dibattito, di cui abbiamo espresso qui solo una sintesi, è uscita l’indicazione di alcuni obiettivi da raggiungere, con proposte rivolte agli enti pubblici e buone pratiche da mettere in atto, anche a partire dai nostri stili di vita. Emerge improrogabile la necessità di una riduzione drastica (meglio sarebbe eliminazione) del consumo di carne, pesce e derivati animali. Per favorire questo cambiamento c’è necessità di percorsi di ‘ecoformazione’ tramite laboratori di alimentazione sostenibile priva di derivati animali, e iniziative formative rivolte alle scuole e alla società civile sui temi dell’agricoltura e del ciclo della carne in relazione al cambiamento climatico. Bisogna lottare contro lo spreco alimentare, con attività di recupero degli scarti e promozione di pratiche di autoproduzione, di autosufficienza e di ridotte produzioni collaborative quali ad esempio le CSA (Comunità che Supportano l’Agricoltura), dove si produce solo ciò di cui la comunità realmente necessità.

Promuovere referendum locali per cambiare i regolamenti di polizia rurale e inserire i processi di produzione del biologico.
Deburocratizzare la produzione biologica a favore dei piccoli produttori. Internalizzare i costi ambientali, sociali ed economici a carico dei soggetti responsabili di contaminazione a tutti i livelli. E’ necessario provvedere subito, con investimenti dedicati, alla riforestazione policolturale e alla rinaturalizzazione, al fine di ripristinare l’ecosistema naturale, minacciato dall’antropizzazione crescente. Occorre inoltre creare ecodotti e corridoi ecologici, con alcune finalità principali: preservare le coltivazioni biologiche dall’inquinamento dell’agricoltura convenzionale; contrastare la frammentazione e l’isolamento delle aree naturaliformi e di Rete Natura 2000; favorire la sicurezza per tutti e gli spostamenti vitali della fauna selvatica, impediti dall’occlusione dovuta soprattutto alle grandi infrastrutture lineari. Operando in questa direzione, verrà fortemente implementata l’occupazione, coniugando lavoro, ecologia e benessere reale.
4– INQUINAMENTO DELL’ARIA E MOBILITA’
La pianura padana rientra tra le 3 aree più inquinate d’Europa a livello atmosferico. La prossima generazione sarà la prima ad avere un’aspettativa di vita minore di quella dei propri nonni. Le malattie e le morti legate all’inquinamento dell’aria stanno aumentando in maniera considerevole. Inoltre la attuale legislazione nazionale e regionale in merito al sanzionamento delle emissioni non è adeguata, in quanto troppo spesso sacrifica al profitto e alle retoriche dell’occupazione le questioni ambientali. Riteniamo necessario uscire dall’idea di “emergenzialità” e mettere in campo, quotidianamente, pratiche di sensibilizzazione e informazione. Decostruire la narrazione del “limite” come unità di misura è parte fondamentale di questo. Un occhio di riguardo ai percorsi dei movimenti studenteschi e all’educazione già a partire dalla scuola primaria. E’ essenziale dotarci di strumenti di monitoraggio dal basso, di pratiche e iniziative comuni e replicabili – tenendo sempre conto delle specificità territoriali e del nostro essere “di parte” nella battaglia per la giustizia climatica e non “meri” tecnici.

Riteniamo inoltre necessaria un’attenzione particolare all’inquinamento prodotto dal trasporto navale e aeronautico, spesso non considerato nemmeno dai grandi meeting internazionali sul clima. Nello specifico della Regione Veneto, si riscontra un’ingiustificata concentrazione di aeroporti (Istrana / Treviso/ Venezia) in un’area estremamente limitatatenendo contoche tale tipologia di trasporto rappresenta un fattore di rischio innegabile e un danno per la Salute e l’Ambiente. Si chiede pertanto la chiusura dell’aeroporto “Antonio Canova di Treviso” in quanto totalmente incompatibile con il contesto civile ed ambientale in cui è inserito.
5-VENEZIA, PORTO MARGHERA E LAGUNA
Venezia e la sua laguna sono un bene comune del mondo intero e come tali vanno sottratte alla privatizzazione e alla speculazione.
Venezia e la sua laguna dovrebbero diventare il simbolo della lotta dei movimenti per la giustizia climatica.
Venezia e la sua laguna potrebbero essere il luogo adatto per sperimentare nuovi equilibri tra uomo e natura.
Invece oggi Venezia e la sua laguna sono terra di conquista, di speculazone finanziaria, immobiliare, di costruzione di grandi opere inutili e dannose.
– siano bloccati i lavori del MOSE e che siano riconvertite le opere marittime realizzate, che oltre ad essere uno spreco di denaro pubblico risultano obsolete vista la previsione dell’innalzamento del medio mare prevista per i prossimi anni.
– siano estromesse le grandi navi dalla laguna e che non vengano realizzati scavi di nuovi canali o allargamenti degli esistenit.
– che siano effettuale bonifiche a Porto Marghera, che siano fatti investimenti per completare i marginamenti e il Vallone Moranzani
– ci sia una riconversione del sistema produttivo di Porto Marghera iniziando dalla produzione energetica.
– ci sia una gestione dei flussi che sia capace di ripensare il modello turistico proposto, parallelamente servono politiche volte alla tutela del diritto all’abitare, della mobilità, della salute e della città.
– sia tutelata la biodiversità lagunare e la pesca compatibile dagli interessi speculativi.
– non ci sia il deposito di GPL a Chioggia.
6- BENI COMUNI
La gestione comune del territorio e delle sue risorse materiali e immateriali, è sempre più impellente nel tempo della crisi climatica e ambientale, sopratutto in una Regione come la nostra investita da uno sviluppo predatorio ed estrattivo. In tal senso ogni elemento del territorio del territorio va considerato patrimonio collettivo da tutelare e preservare nell’interesse della comunità degli abitanti e delle generazioni future.
Per questa ragione è necessario bloccare i devastanti processi di privatizzazione e mercificazione, porre fine alla subalternità delle politiche pubbliche alle logiche di mercato.
Ciò deve avvenire con il riconoscimento anche giuridico del principio del bene comune su tutto ciò che afferisce alla qualità della vita e dei diritti fondamentali. Il concetto di comune supera l’ordinamento giuridico attuale che vede la proprietà, sia essa pubblica o privata, come dominio esclusivo verso una gestione radicalmente democratica delle risorse.

- sul modello della Regione Toscana, introdurre all’interno dello Statuto Regionale la definizione di bene comune, così come emerge dalla Commissione Rodotà: “La Regione tutela e valorizza i beni comuni, intesi quali beni materiali e digitali che esprimono utilità funzionali all’esercizio dei diritti fondamentali della persona, al benessere individuale e collettivo, alla cooperazione sociale e alla vita delle generazioni future e la promozione di
forme diffuse di pattecipazione nella gestione condivisa e nella fruizione dei medesimi beni e servizi” comuni”; - che la Regione sviluppi e manifesti il suo sostegno alla proposta avanzata dall’ Anci circa il riuso dei beni comuni urbani in abbandono o sottoutilizzati, garantendo opportune concessioni d’uso con finalità culturali e sociali, ivi compresa quella del comodato gratuito o a canoni fortemente agevolati. Da subito la Regione deve rinunciare alla svendita del proprio patrimonio in presenza di usi sociali alternativi, ad incominciare dall’immobile della antica scuola di anatomia a Venezia;
- che venga riconosciuta ed attuata anticipando il recepimento nazionale, ad ora mancante, dela Convenzione di Faro sull’uso del patrimonio culturale, di cui l’Italia è firmataria dal 2005.
- che nella valutazione degli Impatti Ambientali di un Piano, di un Programma o di un Progetto , venga attuato il Principio di Precauzione, che fa obbligo alle Autorità competenti di adottare provvedimenti appropriati al fine di prevenire taluni rischi potenziali per la SANITA’ PUBBLICA, per la SICUREZZAe per l’AMBIENTE, facendo prevalere le esigenze connesse alla protezione di tali interessi sugli interessi economici (sentenza Corte Europea).
7- ENERGIA
Il quadro è drammatico: il rapporto IPCC Global Warming of 1,5° (2018) ci ricorda che per limitare i futuri rischi legati al clima sulla biodiversità, sugli ecosistemi, compresa la perdita e l’estinzione delle specie, compresa quella umana, è indispensabile non superare il riscaldamento globale di 1,5 °C. Significa che dobbiamo abbattere le emissioni antropogeniche nette globali di CO2 del 45% entro il 2030 e del 100% entro il 2050, rispetto ai livelli registrati nel 2010. Limitare il riscaldamento globale a 1,5 ° C, rispetto ai 2 ° C entro e non oltre il 2050 potrebbe ridurre il numero di persone esposte ai rischi di diverse centinaia di milioni.
In riferimento all’Italia i dati ISPRA (2018) confermano che siamo ben lontani da registrar una riduzione. Infatti i dati relativi al secondo trimestre del 2018 registrano che le emissioni di gas-serra sono salite dello 0,2% rispetto allo stesso periodo del 2017. L’aumento è dovuto prevalentemente al riscaldamento e ai trasporti.
I dati complessivi relativi ai settori che maggiormente contribuiscono alla produzione di emissioni (in termini di CO2 eq) indicano chiaramente dove dovremmo implementare radicali trasformazioni delle attività (ISPRA 2016):
Industria energetica 24.4%
Residenziali e servizi 17.45
Trasporti 24,42%
Agricoltura 9%
Rifiuti 4,28 %
I
n questa casistica non è contemplata la quota di gas serra emessa dal settore aeronautico; secondo l’European Aviation Environmental, report 2016 (EAE), entro il 2030 il relativo contributo di emissioni di anidride carbonica-CO2sarà di circa il 17%sulle emissioni totali di CO2nel mondo.

A fronte di questa situazione la strategia energetica nazionale approvata nel 2017 (SEN) è completamente inadeguata in quanto ha l’obiettivo di diminuire le emissioni del 39% al 2030 e del 63% al 2050, facendo tra l’altro riferimento alle emissioni del 1990 ( e non del 2010 che sono più alte!).
Si pone l’obiettivo di gestire il cambiamento del sistema energetico attraverso deboli e limitate strategie: un aumento dell’apporto delle rinnovabili dal 17.5% attuale al 28% al 2030; tra le rinnovabili si punta molto sulle biomasse e biocarburanti, compresi i rifiuti; inoltre è si previsto l’abbandono del carbone, ma sostituendolo con il gas, facendo passare il messaggio, come d’altronde sostenuto a livello europeo, che il gas è un combustibile “pulito” e un partner nelle risorse rinnovabili. Occorre invece ribadire che il gas – nella sua forma convenzionale o quella ora più usata derivante da giacimenti non convenzionali in argille (fracked gas) – sebbene sia una fonte energetica più pulita del petrolio appartiene alla lista dei combustibili fossili e responsabile dell’incremento del cosiddetto effetto serra.
Facendo riferimento ai nostri territori, dobbiamo renderci conto che la situazione in Veneto è molto compromessa. A livello regionale i dati ufficiali più recenti risalgono al 2013 e sono contenuti nell’Inventario delle emissioni in atmosfera – INEMAR Veneto 2013 realizzato da ARPAV che stima le emissioni riferite a 11 macroinquinanti e 5 microinquinani.
Le emissioni di CO2 eq derivano principalmente da:
– attività produttive (produzione di energia, combustione nell’industria e processi produttivi) 37%;
– trasporti su strada 24%
– combustione non industriale (terziario e residenziale) 21%
– agricoltura 9%
dalla produzione di energia (responsabile per circa il 23%), da combustioni non industriali (responsabile per circa il 27%), dai processi industriali (responsabile per circa il 18%), e con i trasporti su strada che contribuiscono per il 31%.
A fronte di ciò, le priorità di azione dei comitati, in termini sia di resistenza ambientale che di proposte e rivendicazioni devono necessariamente essere orientate ai settori del trasporto (delle persone e delle merci), e dei consumi energetici del terziario e del residenziale.
Come necessità per un cambiamento radicale verso una transizione ecologica diventa essenziale il controllo popolare e democratico delle informazioni e delle scelte politiche ed economiche. Da questo punto di vista diventa strategico, come comitati e presidi territoriali, promuovere la creazione di comunità energetiche locali, sulla base di zone omogenee (non possiamo applicare le stesse ricette dappertutto, ma rispettare le diverse conformazioni dei territori) e di cominciare fin da subito a incentivare l’acquisto di energia da fonti veramente rinnovabili sostenendo concretamente le pratiche innovative.
Il tema della pianificazione urbana e territoriale assume una valenza strategica proprio in funzione di una ri-organizzazione degli spazi, delle attività, della mobilità e delle relazioni volta a una conversione ecologica.
Le rivendicazioni che proponiamo come comitati del Veneto nei confronti della regione sono:
– che vengano messe a disposizione dati ufficiali, leggibili e aggiornati relativamente alle emissioni di gas clima alteranti e alla produzione e consumo di energia
– riconoscimento dei comitati come interlocutori protagonisti nei tavoli che andranno a discutere le scelte regionali così come d’altronde già previsto dal SEN 2017 e nell’ambito dei POR-FESR e PSR.
– l’istituzione di un fondo regionale da almeno 500 milioni di euro annui per finanziare la transizione ecologica ed energetica fuori dal fossile e in particolare per quanto riguarda gli aspetti di efficientamento energetico e diffusione delle rinnovabili nei settori del terziario, residenziale e per implementare e migliorare il trasporto pubblico. Questo fondo dovrà essere finanziato attingendo da tassazioni delle attività speculative ed inquinanti e clima alteranti (estrattive, metanodotti, smaltimento rifiuti, etc.) e anche riservando una percentuale dalla tassazione regolare (es.IRPEF sui redditi oltre i 33.000 euro, così come del resto fatto per finanziare la Pedemontana nel 2017);
– bloccare i lavori del MOSE e avviare uno studio di fattibilità per la sua riconversione ai fini della produzione di energia elettrica sfruttando le maree;
L’obiettivo generale è di utilizzare il risparmio così come l’autosufficienza energetica a livello di comunità anche come modo di redistribuzione della ricchezza.
Segnaliamo che il problema dell’inquinamento elettromagnetico, di cui al momento poco si discute, è invece un fronte molto importante e urgente.
8- LAVORO, ECONOMIA CIRCOLARE E RIFIUTI
Il tavolo ha espresso con chiarezza la necessità che la transizione ecologica sia pagata dai ricchi e dai grandi centri d’inquinamento. Questo riprendendo anche uno slogan dei gilet gialli, che intrecciano nella loro lotta i temi della giustizia sociale e della giustizia climatica. L’onere di tale transizione deve necessariamente includere tanto la bonifica e riqualificazione dei territori quanto l’erogazione di un reddito garantito universalmente.
- È necessario rendere sostenibili le condizioni di lavoro tutelando i diritti dei lavoratori e dotando le aziende/compagne di dispositivi a ridotto impatto ambientale. Da questo punto di cita la logistica offre un ottimo esempio di applicazione, sia per quanto riguarda le condizioni materiali di lavoro e del diritto alla salute, che per quanto concerne i mezzi di trasporto, che devono essere scelti per il loro basso impatto ambientale (si vedano i mezzi a metano). Per il raggiungimento di questi fini necessario un approccio da sindacalismo sociale, costituendo alleanze tra sindacati, comitati e movimenti.
- È altresì necessaria la revisione delle concessioni regionali agli stabilimenti che sfruttano beni comuni nei processi produttivi in modo impattante e a dronte di prezzi irrisori, come ad esempio fa la CocaCola nello stabilimento di Nogara (VR).
- Collegata a questa, c’è la necessità di trasparenza e tracciabilità delle filiere produttive per quanto riguarda i dati/costi ambientali e sociali di ogni azienda.
- Su un piano più etico, si è parlato della costruzione di campagne che coinvolgano scuole superiori e università al fine di boicottare l’offerta di stage a studenti da parte di aziende che abbiano un comprovato impatto ambientale negativo.
- Per quanto riguarda invece il tema dei rifiuti, occorre mutare prospettiva nella loro accezione di “scorie” da smaltire, eliminare, e aprire ad un approccio che ne favorisca la gestione come bene pubblico.
- Anche per quanto riguarda il riciclo è necessario uno slittamento in termini di riuso, che favorisca cioè la produzione di beni riutilizzabili e che incentivi pratiche collettive destinate a conferire un valore d’uso ai beni, piuttosto che un valore di scambio.
- Dal punto di vista pratico, occorre costruire strategie comuni legate all’uso di strumenti di democrazia diretta, come diffide o referendum comunali, o anche class action.
- Infine, pur tenendo presente che per quanto riguarda i temi ecologici la responsabilizzazione individuale è importante, è necessario indicare chiaramente che le responsabilità del climate change sono legate al modo di produzione capitalistico. Pertanto occorre individuare strategie dal basso, azioni collettive finalizzate al superamento dell’attuale modello di sviluppo.
Comitato Zero Pfas Padova – Collettivo MalaCaigo – Comitato Opzione Zero – Comitato No grandi Navi Venezia – Associazione Ambiente Venezia – Comitato No Pedemontana Treviso – ADL Cobas – Altreconomia – Cilsa Arzignano – Comitato Conegliano senza Pesticidi – Assemblea permanente contro il rischio chimico di Marghera – Coordinamento No Triv – Associazione Ecofilosofica Treviso – Collettivo Resistenze Ambientali Padova – Genuino Clandestino Treviso – No dal Molin Vicenza – Eco-Magazine.info – Associazione Eddyburg – Collettivo Ambiente Territorio-Vicenza – No Tav Verona – Comitato Acqua Bene Comune Verona – Verdi del Veneto – Potere al Popolo Veneto – Comitato contro ampliamento aeroporto di Treviso – Lab Para Todos Verona – CSA Veneto
Un venerdì per il clima. Scendono in piazza gli studenti del pianeta Terra
6/02/2019EcoMagazine
E’ cominciato tutto da lei, Greta Thunberg, la bionda ragazzina svedese di sedici anni che dal palco della Cop 24 ha cercato di smuovere le coscienze dei leader mondiali ad affrontare seriamente, e senza calcoli elettorali, quello che è il problema più grande che l’umanità abbia mai dovuto affrontare da quando il primo primate sceso dagli alberi per diventare un essere umano ad oggi: i cambiamenti climatici.
Sul fatto che il suo appassionato intervento – che pure ha fatto il giro del mondo – sia davvero riuscito a muovere le coscienze dei capi di Stato, abbiamo qualche dubbio. Ma di sicuro Greta è riuscita a sensibilizzare migliaia, milioni di giovani e giovanissimi che hanno compreso come la questione climatica sia determinante per il futuro della terra. Soprattutto le ragazze ed i ragazzi hanno capito che, se non si mobiliteranno loro, nessuno lo farà al loro posto. E’ una questione, questa dei cambiamenti del clima, che investe tutto il nostro essere: dai nostri personalissimi comportamenti quotidiani all’organizzazione della società in cui viviamo. E se è vero che, soprattutto le generazioni più giovani, sono consapevoli della necessità di effettuare la raccolta differenziata, risparmiare l’acqua, consumare meno, riciclare di più, e, in poche parole, di adottare uno stile di vita più sostenibile, è anche vero che continuiamo a vivere sotto una economia ancora basata sul fossile e sul consumo sfrenato.
Per questo, uno degli slogan preferiti dai ragazzi di tutto il mondo che si stanno mobilitando per chiedere alla politica di porre un freno a questa economia che ha trasformato in merce anche le catastrofi climatiche, è Non abbiamo un pianeta di riserva. O si cambia strada, o tutta l’umanità precipiterà in un baratro climatico di cui nessuno può prevedere completamente le conseguenze.
Va sottolineato, che la protesta degli studenti per il clima, proprio in virtù della sua spontaneità, ha in qualche modo spiazzato le grandi associazioni ambientaliste che si sono viste, per così dire, “superate a sinistra” e si sono trovate a rincorrere una mobilitazione che non hanno organizzato loro. Un segnale che riteniamo positivo, perché la questione climatica, proprio per la sua complessità e varietà, non si presta ad essere rinchiusa in contenitori stagni ed investe tutti i cittadini di questo pianeta che chiamiamo Terra.
La protesta è una protesta del nostro tempo e, come è lecito aspettarsi, prima ancora che per le strade, corre sui social; Facebook, Twitter, WhatsUp, Linkedin, Instagram… La mobilitazione viene taggata con gli hashtag #FridaysForFuture, #ClimateStrike, #SchoolStrike4Climate, #SystemChangeNotClimateChange. In italia il tag più usato è #SiamoAncoraInTempo. A mobilitarsi e ad invadere la piazze delle principali città italiane, saranno gli studenti delle superiori.
Il primo appuntamento sarà venerdì 15 marzo, perché è ogni venerdì che l’imperterrita Greta va a sedersi davanti al parlamento svedese con il suo cartello di protesta in mano. Il luogo: tutto il mondo perché nessun luogo del mondo può dirsi sicuro dai cambiamento del clima.
Ecco, di seguito, le istruzioni diffuse nella rete per aderire al Venerdì per il Clima #climatestrikeCosa devi fare per prepararti:-cerca la pagina Fridays for future locale più vicina a dove abiti, metti il like e unisciti alle iniziative– invita e condividi questo evento con i tuoi amici, nel gruppo della scuola e della tua città– Diffondi la voceSii tu stesso il cambiamento che vuoi portare nel mondo 🌎 #fridaysforfuture
Queste le pagine Facebook più seguite:
Tra coloro che sostengono la mobilitazione, anche il meteorologo Luca Mercalli che ha diffuso questo appello
A Vicenza nasce la piattaforma Veneta per la democrazia climatica. La marcia mondiale per il clima non si arresta
28/01/2019EcoMagazine, Global Project
Una tappa fondamentale per la nostra Regione. Almeno 250 persone, in rappresentanza di comitati, associazioni e spazi sociali di tutto il Veneto, si sono riuniti al Bocciodromo di Vicenza per mettere insieme proposte, idee, iniziative, problematiche e costruire un percorso condiviso che porti alla marcia per la giustizia climatica, contro le grandi opere, che si svolgerà a Roma sabato 23 marzo.
Un percorso, questo lanciato in Italia sotto l’hashtag #siamoancoraintempo, che apre spazi di mobilitazione in tutto il pianeta, perché non c’è zona della terra che non sia messa in pericolo dai cambiamenti climatici. Se è vero che siamo ancora in tempo, è anche vero che il tempo è questo. E’ necessario, per rispolverare un vecchio slogan ambientalista, pensare globalmente ma agire localmente. Tanto più in una Regione come il Veneto, da decenni ostaggio di una cricca di potere che ha mercificato l’ambiente sotto il tallone di grandi opere, inutili e dannose, come la Pedemontana, la Tav, il Mose, inquinando l’acqua con Pfas, la terra con capannoni, per lo più inutilizzati, e cemento, l’aria con valori di Pm10 che sono tra i più alti in Italia. E senza contare che già in Italia sono tra i più alti d’Europa!
Al di là di ogni inutile compromesso, a Vicenza è stato ribadito quando detto in occasione della marcia dell’8 dicembre a Padova: per difendere il clima non c’è che una sola strada, quella che cambia il sistema. Giustizia climatica è giustizia sociale. La lotta per difendere il clima è la lotta per difendere i diritti dell’uomo e per un lavoro che non sia asservito al capitale ma ricondotto alla sua funzione originale di sostentamento. Si lavora per vivere e non si vive per lavorare. Anche questa è una lotta contro l’inquinamento!
Nei nove tavoli tematici in cui l’assemblea vicentina si è divisa, sono stati affrontati tutti gli argomenti -dall’inquinamento delle falde alla cementificazione del suolo, dal traffico automobilistico agli allevamenti animali intesivi – volti a mettere insieme una piattaforma completa di rivendicazioni per la giustizia climatica. Una piattaforma che, prima ancora che a Roma, sarà presentata alla Regione Veneto.
Il 23 febbraio l’arcipelago ambientalista organizzerà in un campo di Venezia ancora da stabilire, una festa per l’ambiente che mescoli informazione, protesta e divertimento (siamo proprio nel bel mezzo del carnevale).
Altri appuntamenti, li segnaleremo su EcoMagazine, non appena saranno pronti. Sempre su EcoMagazine, troverete, una volta conclusa la stesura, il documento finale del meeting al Bocciodromo ed i testi delle rivendicazioni ambientali preparate da ogni tavolo.
Su Ecomagazine.infouna panoramica in stile “foto di famiglia” del meeting vicentino, gentilmente realizzate per EcoMagazine dal fotografo Attilio Pavin, al quale vanno i nostri ringraziamenti.