In questa pagina ho riportato gli ultimi articoli che ho scritto per il quotidiano ambientalista Terra, il settimanale Carta, Manifesto, per siti come Global Project, FrontiereNews o siti di associazioni come In Comune con Bettin e altro ancora.
Venezia e New York, destino comune sancito dai Fridays for Future
22/11/2019Il ManifestoAppuntamento a Park Avenue. Domani in laguna nuova alta marea: quarto codice rosso negli ultimi 10 giorni
Anche a New York, i Fridays For Future si sono mobilitati per la salvaguardia di Venezia, e si sono dati appuntamento per il loro sit in del venerdì a Park Avenue, davanti al consolato italiano. «Venezia è sommersa – hanno scritto in un tweet – e sta pagando l’inazione del Governo e della Regione del Veneto di fronte ai cambiamenti climatici».Un destino comune, quello della Città dei Dogi e della Grande Mela. Entrambe le città sono considerate tra le più a rischio per l’innalzamento del livello dei mari. Ma è anche l’ennesima dimostrazione di come Venezia sia sempre al centro dell’attenzione mondiale. «La nostra città ha una innegabile dimensione globale – ha spiegato marco Baravalle del comitato No Grandi Navi -. Non è solo un simbolo, ma anche un chiaro paradigma di un pianeta condotto alla deriva da un sistema produttivo predatorio e mercificatore. Ma proprio per le sue peculiarità, Venezia ha tutte le carte in regola per riscattarsi e dimostrare che acqua, terra ed esseri umani possono coesistere in un unico ambiente come era ai tempi della Serenissima, prima che il capitalismo anteponesse gli interessi industriale a quelli della salvaguardia della città e si cominciasse ad interrare le barene per far spazio alla zona industriale».
Ristabilire questo perduto equilibrio morfologico, piuttosto che continuare in una politica di grandi opere devastanti che non sono la soluzione ma la causa del problema, è quanto chiedono Fridays For Future e il comitato No Navi che questo pomeriggio alle ore 17, in una assemblea cittadina in sala San Leonardo, chiameranno alla mobilitazione per domenica pomeriggio.
Mobilitazione che si svolgerà proprio dopo un’altra grande marea. Domenica mattina, alle 8,45, sono previsti infatti 140 centimetri di acqua alta. Il che comporterà l’allagamento di perlomeno il 60 per cento delle calli e dei campielli. Certo, siamo lontani dal picco di 187 centimetri registrato martedì, ma rimane comunque una “alta eccezionale” col rischio che lo scirocco ci faccia un’altra volta lo scherzo di spingere un altro fronte d’acqua dentro la laguna. In ogni caso, siamo al quarto «codice rosso» nei soli ultimi 10 giorni.
«I miei concittadini sono attoniti e muti – spiega Andreina Zitelli -. Attoniti perché non avevano mai assistito ad una tale frequenza di acque alte. Muti perché hanno capito che la politica non li salverà. Governo, Regione e Comune continuano a parlare del Mose e della necessità di realizzarlo al più presto. Ma nessuno sa, se e quando sarà pronto. I test sono ancora tutti da fare e hanno già detto che in situazioni critiche come quelle di martedì, nessuno potrebbe prevedere l’effetto delle onde sulle paratoie, col rischio di cedimento e di far spazzare la città da uno tsunami. Tutta l’operazione è in mano a enti che perseguono interessi privati come il Porto. Nessuno affronta il problema vero: cosa fare per difendere sin da ora e con un progetto che guardi al futuro climatico che ci attende, la laguna dalle alte maree. L’unica soluzione è quella di alzare i fondali e riportarli come erano una volta per rimediare agli errori passati. Bisogna fare entrare meno acqua e meno velocemente».
Sospendere i finanziamenti milionari al Mose per dirottarli verso opere atte a ripristinare la morfologia lagunare e salvaguardare il costruito, è quanto chiederanno i manifestanti che domenica daranno vita ad un corteo con partenza da campo Santa Margherita alle 14. La manifestazione si farà anche in caso di acqua alta, assicurano. Perché, come cantano i No Tav per la Val di Susa, “La laguna paura non ne ha”.
In piazza dopo la mareggiata per dire no al Mose
21/11/2019Il Manifesto
Dopo i giorni dell’emergenza, arrivano i giorni della mobilitazione. «Non ci siamo tirati indietro quando c’è stato da rimboccarsi le maniche per aiutare le persone che avevano le case e i negozi allagati, non ci tiriamo indietro adesso che vogliamo, e dobbiamo, far sentire la voce di Venezia a quanti pretendono di decidere il suo futuro senza tener conto dei nuovi scenari climatici». Anna De Faveri, giovanissima studentessa di Fridays For Future, è una delle tante ragazze e dei tanti ragazzi che i giornali locali hanno battezzato «angeli della laguna» per l’impegno profuso tra calli e campielli dopo la mareggiata di martedì 12. Anna e altri studenti di FfF, assieme a rappresentanti del comitato ambientalista No Grandi Navi, hanno annunciato una grande manifestazione per domenica prossima e sono stati i protagonisti di una affollata conferenza stampa nel cuore di Venezia, in una Scoletta dei Cale- gheri con il pavimento ancora bagnato dell’alta marea.
«Non chiamiamola ‘acqua alta’ - ha sottolineato Tommaso Cacciari del laboratorio Morion - Quella che ha colpito Venezia è stata una cosa ben diversa dalle solite alte maree. È stata un’onda anomala causata dalla sovrapposizione di un fenomeno meteorologico estremo dovuto ai cambiamenti climatici e dalla devastazione di una laguna trasformata in merce da un modello di sviluppo sconsiderato».
È cambiato il clima, è cambiata la laguna, è cambiata la marea. Sono rimasti uguali solo i politici che continuano a invocare il Mose, l’opera costata 5 miliardi e mezzo di cui uno e mezzo speso in corruzione, come unica panacea salvifica. «Il Mose non è la soluzione ma parte del problema - spiega Armando Danella del comitato No Navi - Si è verificato proprio quello da cui gli ambientalisti avevano messo in guardia. Oggi tutte le criticità dell’opera sono evidenti. Proprio quelle criticità per le quali il Comune, gli ecologisti, la scienza avevano cercato di bloccare l’opera. Quello che non sono riusciti a fare loro, lo hanno fatto i cambiamenti climatici che implicano una frequenza sempre maggiore di fenomeni estremi che mettono in luce l’inadeguatezza del sistema di paratie mobili».
Lo striscione che aprirà il corteo di domenica chiederà, proprio in nome dell’emergenza che sta vivendo Venezia, di sospendere i finanziamenti al Mose e dirottare questo denaro su opere atte a contenere le prossime mareggiate, ristabilendo l’equilibrio idrogeologico della laguna, innalzando la pavimentazione delle isole, pulendo i canali interni alla città e abbassando la profondità delle bocche di porto e dei canali navigabili. Progetti poco costosi e di facile realizzazione. Progetti già sperimentati con successo e che possono aiutare la città ad affrontare le prossime mareggiate. 11 corteo partirà da Campo Santa Margherita alle 14. La mobilitazione sarà preceduta, sabato in sala San Leonardo, da una assemblea pubblica.
La manifestazione era stata prevista per il primo dicembre ma è stata anticipata di una settimana perché questa domenica i residenti del Comune sono chiamati alle urne per esprimerei sull’ennesimo referendum per la separazione di Venezia e Mestre. Ma c’è anche un’altro motivo per cui la manifestazione è stata anticipata al 24. Martedì 26, infatti, si riunirà il cosiddetto Gomitatone, il comitato interministeriale che ha il compito di decidere sulla salvaguardia di Venezia. Una forte mobilitazione della città due giorni prima dell’incontro potrebbe rivelarsi decisiva per le sorti di Venezia.
E mentre preparano la manifestazione, le ragazze e i ragazzi di FfF non trascurano di intervenire attivamente per aiutare i residenti alluvionati. «Alla faccia di tutti quei politici che dicono che siamo capaci solo di marinare la scuola». Ruggero Tallon si toglie il proverbiale sassolino dalla scarpa: «In questo momento stiamo lavorando per Pellestrina. Venerdì dovremmo riuscire a portare loro un prima barca carica di elettrodomestici. Nell’isola c’è gente disperata che ha davvero perso tutto. E nessuno di loro si illude che arriveranno aiuti come per Venezia».
«Non chiamiamola ‘acqua alta’ - ha sottolineato Tommaso Cacciari del laboratorio Morion - Quella che ha colpito Venezia è stata una cosa ben diversa dalle solite alte maree. È stata un’onda anomala causata dalla sovrapposizione di un fenomeno meteorologico estremo dovuto ai cambiamenti climatici e dalla devastazione di una laguna trasformata in merce da un modello di sviluppo sconsiderato».
È cambiato il clima, è cambiata la laguna, è cambiata la marea. Sono rimasti uguali solo i politici che continuano a invocare il Mose, l’opera costata 5 miliardi e mezzo di cui uno e mezzo speso in corruzione, come unica panacea salvifica. «Il Mose non è la soluzione ma parte del problema - spiega Armando Danella del comitato No Navi - Si è verificato proprio quello da cui gli ambientalisti avevano messo in guardia. Oggi tutte le criticità dell’opera sono evidenti. Proprio quelle criticità per le quali il Comune, gli ecologisti, la scienza avevano cercato di bloccare l’opera. Quello che non sono riusciti a fare loro, lo hanno fatto i cambiamenti climatici che implicano una frequenza sempre maggiore di fenomeni estremi che mettono in luce l’inadeguatezza del sistema di paratie mobili».
Lo striscione che aprirà il corteo di domenica chiederà, proprio in nome dell’emergenza che sta vivendo Venezia, di sospendere i finanziamenti al Mose e dirottare questo denaro su opere atte a contenere le prossime mareggiate, ristabilendo l’equilibrio idrogeologico della laguna, innalzando la pavimentazione delle isole, pulendo i canali interni alla città e abbassando la profondità delle bocche di porto e dei canali navigabili. Progetti poco costosi e di facile realizzazione. Progetti già sperimentati con successo e che possono aiutare la città ad affrontare le prossime mareggiate. 11 corteo partirà da Campo Santa Margherita alle 14. La mobilitazione sarà preceduta, sabato in sala San Leonardo, da una assemblea pubblica.
La manifestazione era stata prevista per il primo dicembre ma è stata anticipata di una settimana perché questa domenica i residenti del Comune sono chiamati alle urne per esprimerei sull’ennesimo referendum per la separazione di Venezia e Mestre. Ma c’è anche un’altro motivo per cui la manifestazione è stata anticipata al 24. Martedì 26, infatti, si riunirà il cosiddetto Gomitatone, il comitato interministeriale che ha il compito di decidere sulla salvaguardia di Venezia. Una forte mobilitazione della città due giorni prima dell’incontro potrebbe rivelarsi decisiva per le sorti di Venezia.
E mentre preparano la manifestazione, le ragazze e i ragazzi di FfF non trascurano di intervenire attivamente per aiutare i residenti alluvionati. «Alla faccia di tutti quei politici che dicono che siamo capaci solo di marinare la scuola». Ruggero Tallon si toglie il proverbiale sassolino dalla scarpa: «In questo momento stiamo lavorando per Pellestrina. Venerdì dovremmo riuscire a portare loro un prima barca carica di elettrodomestici. Nell’isola c’è gente disperata che ha davvero perso tutto. E nessuno di loro si illude che arriveranno aiuti come per Venezia».
La Serenissima conta i danni. Emergenza fuori dall’acqua
19/11/2019Il ManifestoDopo il picco alta marea di domenica la Laguna prova a rialzarsi. Ma è caos negli ospedali
La paura è oramai alle spalle. La seconda mareggiata prevista per domenica a mezzogiorno si è fermata di qualche centi- metro sotto il metro e sessanta annunciato. I veneziani l’hanno attesa con gli stivali ai piedi. I piani terra di case e negozi difesi da pompe e paratie d’acciaio, o da improvvisate tavole di compensato sigillate agli stipiti degli usci con speciali schiume impermeabili. Qualche spiritoso ci ha scritto sopra in pennarello: «E1 Mose dei poareti». Il Mose dei poveri. Ma i disastri che doveva fare, l’acqua granda li ha già fatti lunedì e la città, stavolta, se l’è cavata con la consueta montagna di disagi. L’atmosfera che si respira tra i residenti è quella di chi vuole tornare alla normalità il più presto possibile. Le librerie hanno sistemato dei tavolini pieni di libri danneggiati nei campielli con il cartello: «prendi ciò che vuoi, paga ciò che vuoi». Gli studenti sono tornati a scuola, i servizi di linea regolari, a parte alcuni approdi ancora sottosopra, uffici e negozi aperti, banchi dei supermercati pieni di merci. Solo il tradizionale «Buongiorno» di chi si incrociava tra le calle è sostituito da un solidale: «Danni?»Solo la sanità È ancora lontana dal recuperare. I reparti ospedalieri dei piani terra sono ancora sottosopra. Gli appuntamenti sono saltati quasi dappertutto e vanno ad incastrarsi nelle già lunghe file d’attesa. Davanti agli ambulatori dei medici di base - quasi tutti al piano terra - ci sono lunghe fila di pazienti, anziani soprattutto, che chiedono impegnative, ricette e il vaccino anti influenzale. «L’acqua ha fatto saltare il computer e anche l’archivio cartaceo è stato rovinato. Gli studi li stiamo pulendo adesso - spiega la segretaria di un ambulatorio -. Mi tocca dire a tutti di tornare domani che vediamo che possiamo fare».
Sul capitolo “Danni” la situazione comincia ad essere più chiara. La soprintendente veneta, Emanuela Carpani, ha dichiarato: «Su un totale di 120 chiese, ne sono state sommerse una settantina. Solo per i primi interventi di reai pero serviranno tra i 60 e i 70 mila euro per ognuna. I danni più grandi si sono verificati nelle isole Torcello e Murano. Ma anche Chioggia e tutto il litorale è stato colpito pesantemente».
La flotta del servizio pubblico lagunare di navigazione ha perso irrimediabilmente 5 vaporetti che sono stati affondati dalla mareggiata. Poi ci sono gli approdi da ripristinare. Il direttore Giovanni Seno ha parlato di un conto tra i 15 ed i 20 milioni di euro. Già con questa voce, se ne va già il primo finanziamento stanziato dal Governo che ammontava proprio a 20 milioni di euro.
SE A VENEZIA LA VITTIMA dell'acqua granda è stato più che altro il patrimonio artistico, a Porto Santa Margherita, Eraclea, Bibione, Lignano e Caorle, lo è stato l’ambiente. La spiaggia di Caorle, in particolare, non esiste più. La sabbia è stata ingoiata dal mare.
Con il bollettino delle maree che prevede qualche giorno di stabilità, Venezia sta lentamente cercando di ritrovare una sua normalità. Tanto i cittadini quanto la politica, catalizzati sul dibattito Mose si o Mose no, preferiscono ignorare che, tra cambiamenti climatici e continui scavi in laguna, l'emergenza di questi giorni rischia di perdere il suo carattere di eccezionalità e di ripresentarsi presto.
Statistiche alla mano, negli ultimi dieci anni, la fr equenza delle alta maree f* andata via via aumentando, e il trend lascia supporre che l’acqua gratula tornerà più presto di quel chi spera. In assenza di una severa polìtica di ripristino degli antichi equilibri idrogeologici e, più in generale, di contenimento del cambiamenti climatici, Governo, Regione e Comune continuano a battere sul tasto dell'emergenza. Va tutta in questa direzione, la nomina del sindaco Luigi Bru- gnaro, caldeggiata dal presidente della Regione Luca Zaia, a commissario per l'emergenza. Dopo essersi fatto immortalare come un novello San Cristoforo intento a soccorrere, con gli stivali al piedi, un cameraman infortunato, il sindaco ha esortato i veneziani a «fotografare e documentare i danni e gli interventi» riferendosi ai famosi 5 mila euro per 1 privati e 20 mila per le imprese promessi dal Governo a titolo di rimborso. «Sotto una certa cifre basterà la firma di un perito, Sopra, ci sarà un procedura di verifica. Ma nei prossimi giorni, ci doteremo di una cabina di regia per gestire la faccenda».
SOSTEGNO ALLA CABINA di regia del sindaco, arriva anche dal Pd locale. Pesanti critiche al neo commissario arrivano invece dagli ambientalisti. «Brugnaro ha sempre sostenuto il Mose, causa prima del dissesto lagunare - ha dichiarato Marco Baravalle dei No Navi -, E' favorevole allo scavo dei canali per far passare le Grandi Navi, Per sua stessa ammissione di problemi tecnici non ne capisce niente. Insomma è la persona meno adatta per salvare Venezia dall'acqua alta».
Venezia in allerta per il picco di acqua alta
17/11/2019Il ManifestoLa città prova a rialzarsi dopo l’alta marea dei giorni scorsi, ma per mezzogiorno di oggi è prevista una nuova ondata di piena. Sospesi i mutui per un anno. Il comune invita i cittadini a documentare i danni subiti.
Cinque giorni dopo l’acqua granda, Venezia è ancora qua, «picada a un ciodo», appesa ad un chiodo, ma viva. Le scuole ancora chiuse e gli studenti in giro con scope e ramazze ad aiutare chi ne ha bisogno. Ad affiancarli, un nutrito numero di pensionati, già idraulici ed elettricisti, che hanno ripreso in mano i ferri del mestiere, e si sono messi a disposizione di quanti ne hanno bisogno. I negozi stanno lentamente tornado alla normalità, anche perché le maree di ieri e dell’altro ieri si sono rivelate meno pesanti del previsto. Il botto però, è atteso per oggi alle 12,30 in punto. Le previsioni del Centro Maree, che non è che ci abbia azzeccato molto in questi giorni di emergenza, parlano di 160 cm. sul livello del mare. Un numero che fa paura, e non soltanto perché significa che la città sarà sommersa per un buon 80 per cento, quanto perché era questa la marea prevista per la notte della mareggiata e che, grazie alla spinta di un «muro» di scirocco, è arrivata a ben 187 centimetri, sfiorando il record di quel terribile 4 novembre del 1966.
Chi ha qualche anno sul groppone, se lo ricorda bene quel novembre. Stefano Fiorin è un pescatore molto noto a Venezia, perché sul suo cofano va a pesca sia di branzini che di sacchetti delle immondizie. Quando ne vede uno, se lo tira in barca per consegnarlo ai punti di raccolta differenziata della Veritas, l’azienda che gestisce il ciclo dei rifiuti. La laguna è casa sua. E chi non terrebbe pulita casa sua? «Mai visto tanti sacchetti a spasso per i canali come in questi giorni – racconta -. La grande differenza tra l’acqua alta del ’66 e questa è la plastica. Cinquant’anni fa non ce n’era. Perlomeno non come ai nostri giorni. Oggi la laguna ne è invasa. Io ho raccolto quello che ho potuto ma ho dovuto portarmi tutto a casa perché la Veritas non ha ancora ripristinato la raccolta differenziata. Dicono che non ce la fanno ancora».
Va meglio per il trasporto pubblico. Fatte salve un paio di linee dirette al Lido ed una mezza dozzina di approdi ancora sottosopra per la mareggiata, il servizio è tornato in funzione. I disagi sono comunque ancora notevoli in quanto, pur con acque alte di minore intensità, come si registrano in questi giorni, battelli e vaporetti sono costretti a fermarsi perché non riescono a passare sotto i ponti.
Sul fronte romano, il Consiglio dei ministri ha approvato la richiesta di Comune e Regione ed ha dichiarato lo stato di emergenza sia per la città di Venezia che per tutte le altre aree del Veneto colpite dall’alluvione. Il governo ha ufficialmente stanziato il primo finanziamento, ammontante a 20 milioni di euro. Fondi che saranno destinati ai privati con un massimale di 5 mila euro, e alle imprese, massimo 20 mila euro, che abbiano subito danni. L’amministrazione comunale veneziana ha deciso di posticipare la scadenza della tassa sui rifiuti (Tari) e di farla slittare di un mese, dal 16 novembre al 16 dicembre, sia per le aziende che per i residenti. Il Comune ha invitato i cittadini a documentare i danni subiti ed a presentare domanda di rimborso. Anche l’Abi, l’associazione Bancaria italiana si è mobilitata ed ha invitato le banche a venire incontro a quanti sono stati danneggiati dalla marea. Bnl e Unicredit hanno sospeso il pagamento dei mutui concedendo una moratoria di un anno. Questi istituti hanno anche varato un prestito speciale di solidarietà a condizioni agevolate per sostenere la ripresa dell’economia.
Il sindaco Luigi Brugnaro parla genericamente di «un miliardo di danni». Una cifra come un’altra, perché la conta dei danni non soltanto non è ancora iniziata ma non si sa ancora quando potrà concludersi, considerato che l’emergenza è ancora in atto. Senza contare che ci sono perdite che nessuna banca potrà ripagare. Ad esempio ai danni che l’acqua salata ha causato ai delicati mosaici della basilica di San Marco ed alla sua cripta. Oppure agli spartiti vergati a mano da Antonio Vivaldi, Benedetto Marcello e altri grandi della storia delle musica che si trovavano nella biblioteca del conservatorio Benedetto Marcello e che sono stati irrimediabilmente distrutti dall’acqua salata.
Non tutto a questo mondo si misura con i «schei».
«Il Mose non serve, occorre ridurre la profondità dei canali»
17/11/2019Il ManifestoIntervista ad Andreina Zitelli, docente allo Iuav. «La mareggiata ha dimostrato che la laguna non è fatta per le profondità necessarie per le Grandi navi. Occorre ripristinare l’equilibrio morfologico dell’ambiente»
E intanto che aspettiamo il Mose, che facciamo? Se lo è chiesto Andreina Zitelli, già docente di analisi e valutazione ambientale allo Iuav, nonché una delle maggior conoscitrici del Mose, considerando che faceva parte della commissione Via che ha valutato, e bocciato, il progetto. Già. Sono in pochi a ricordarselo, ma l’unica valutazione di impatto ambientale che ha ottenuto il Mose è stata negativa. C’è voluta tutta la spinta dell’allora governo Berlusconi per imporlo a Venezia, sull’onda di quella Legge Obiettivo che ha sdoganato la politica delle Grandi Opere come la Tav.«Ci dicono che il Mose sarà completato nei prossimi due anni», spiega Zitelli. «Anche ammesso che sia vero, cosa dovremmo fare noi veneziani in questi due anni in cui, con l’avanzare dei cambiamenti climatici, gli eventi meteorologici estremi saranno sempre più frequenti? Dovremmo affidarci alla Madonna della Salute come all’epoca della grande pestilenza? Bisogna prendere atto che la città sta vivendo un momento di radicali mutamenti. Che ci piaccia o no, tutta la sua economia sarà sconvolta. Non è possibile pensare di tenere aperto un esercizio che viene invaso da maree di così grande portata. Anche se il Mose fosse entrato in funzione, nella notte di lunedì, avrebbe abbassato il livello dell’acqua di appena 20 centimetri al massimo, perché le paratoie non sono state pensate per acque alte di questa intensità. Le calli sarebbero stata ugualmente invase. Ma non possiamo rassegnarci ad abbandonare la nostra città. Soluzioni ce ne sono e vanno messe in atto. E la prima, la più urgente, è quella di alzare il livello del canale della bocca di porto per limitare il flusso della marea. Un po’ come si è fatto durante la guerra, quando per difendere la laguna sono state affondate delle navi tra le dighe. Ed infatti in quel periodo non ci sono state acqua alte».
Che ne dice di affondare una Grande Nave sopra il Mose?
(ride) No, perché una Grande Nave è alta sessanta metri e chiuderebbe completamente la laguna. Ma a parte gli scherzi, ci sono speciali strutture autoaffondanti testate in molte situazioni analoghe che costano poco e che sono di immediata installazione. Per far passare le navi, il canale è stato scavato da 7 a meno 12 metri. E’ stato un errore. Adesso è necessario ridurre la sua profondità.
Ma così le Grandi Navi non potranno entrare più in laguna
Cosa le ho appena spiegato? Volenti o non volenti, l’economia della città sarà stravolta. Se non lo faremo noi, lo farà l’aumento delle maree e dei fenomeni meteorologici estremi. Noi possiamo solo decidere come governare questi mutamenti. La mareggiata ha dimostrato che la laguna non è fatta per le profondità necessarie alle Grandi Navi. Al contrario, bisogna ripristinare l’equilibrio morfologico dell’ambiente lagunare e mettere in atto tutte quelle misure, a breve e lungo termine, atte a contenere le maree che saranno sempre più alte e più frequenti. Le soluzioni sono tante. Dall’innalzamento delle isole, come è stato fatto per Poveglia, sino alla ridistribuzione nelle barene dei fanghi della cassa di colmata A. In conclusione, la laguna deve tornare ad essere ancora più laguna. Nemmeno un granello deve essere ancora scavato.
Che ne pensa allora della nomina a commissario per l’emergenza del sindaco Luigi Brugnaro, che propone di scavare il Vittorio Emanuele per portare le Grandi navi Marghera?
Ricordiamoci chi è Brugnaro. Il personaggio che ha messo la coppa vinta dalla sua squadra di basket nel suo scranno in aula di consiglio mentre si votava per costruire il nuovo palazzetto dello sport nei suoi terreni. E’ il sindaco che ha consentito lo sviluppo incondizionato dei B&B. E’ l’uomo che ha dato l’autorizzazione alla realizzazione di un fronte di hotel low cost a Mestre, che non ha mai fatto nulla contro, anzi ha favorito, l’invasione del turismo giornaliero. E’ il sindaco che non ha mai fatto niente per contrastare il moto ondoso e che, al contrario, concede tutto alle grandi lance di trasporto dei turisti. Ritengo scandaloso che sia stato nominato commissario all’emergenza per l’acqua alta proprio la persona che vorrebbe devastare ancora la laguna per portare le Grandi Navi a Marghera, scavando altri canali e costruendo, tra l’altro, altre banchine d’ormeggio su terreni inquinati di proprietà privata.
E della neo commissaria Elisabetta Spitz che ne pensa?
Nulla da eccepire sulle sue qualità morali. Ma ricordiamoci che è stata consulente del Consorzio Venezia Nuova (Il concessionario unico del Mose, ndr) ai tempi del presidente Giovanni Mazzacurati. Non credo neppure che la Spitz abbia grandi competenze in elettromeccanica. A questo punto dei lavori, sarebbe stato preferibile un tecnico. I famosi test sulla tenuta delle paratie sono condotti sotto una omertà assoluta. Si sa solo che ci sono dei problemi e che, per ora, non funziona nulla. Ci dicono solo che l’opera è completa al 92 per cento. Ma che vuol dire se non si riuscirà a realizzare quell’8 per cento che manca?
Il soccorso degli «angeli» alla città in ginocchio
16/11/2019Il ManifestoCom'è triste Venezia. «Sono a San Trovaso. Ci sono delle signore anziane che ci hanno chiesto aiuto. I negozi vicini sono chiusi. Dove posso andare a fare la spesa per loro?»
«Gli angeli della laguna», li hanno chiamati i giornali locali. Sono stati questi angeli i primi a scendere per le calli ed i campi, e a mettersi a disposizione di tutti coloro – e sono tanti in questi giorni a Venezia – che ne avessero bisogno. Sono per lo più giovani o giovanissimi. Studenti medi o universitari. Molti sono residenti. Altri vengono dalla terraferma: Mestre, Marghera o anche da città vicine come Padova e Vicenza. Sono le ragazze e i ragazzi di Fridays for Future: la migliore risposta a quel trauma collettivo che ha colpito la città lagunare che ha improvvisamente scoperto di essere fragile di fronte alla sua stessa laguna, ferita da scavi, cemento e grandi opere, abbandonata e tradita da tutti quei politici che in questi giorni drammatici la usano come palcoscenico per i loro selfie elettorali.IN QUESTO SCONFORTANTE panorama, tra sirene che risuonano nelle calli e previsioni di marea che si accavallano una sull’altra, sotto il peso di una emergenza di cui ancora non si vede la fine, i veneziani hanno scoperto di possedere un tesoro inestimabile: una generazione di giovani che ha dimostrato sul campo una capacità straordinaria di solidarizzare e di organizzarsi. All’appello che Fridays for Future ha lanciato già nella notte della mareggiata, hanno risposto sino ad ora più di 600 giovani. Il Laboratorio Morion, storico centro sociale di Venezia, ha fatto da cuore e da punto di riferimento alla mobilitazione. Anche quando il suo pavimento è stato coperto da mezzo metro d’acqua. Le pagine Facebook, i canali Instagram e le chat sono gli strumenti con i quali i giovani si sono organizzati. In particolare, il gruppo WhatsUp «FfF Un aiuto per Venezia» è stato, ed è tutt’ora, il cardine degli interventi. «C’è qualche brava anima pia che vada a dare una mano alla galleria Ferruzzi a Dorsoduro? Ieri sono andata ad aiutare con alcuni amici ma oggi sono bloccata qui. Il proprietario è un signore gentilissimo che ha davvero bisogno di aiuto». «Chi può venga a raggiungerci alla scuola per l’infanzia Santa Dorotea, vicino al Ghetto. Bisogna tirar su tutto e recuperare i banchi».
Leggendo i tantissimi messaggi, ne esce un quadro dei danni più preciso di quanto venga comunicato dalla protezione civile. E c’è da piangere. «Oh, ragazzi. Al conservatorio Benedetto Marcello è andato sott’acqua l’archivio. C’erano spartiti originali vergati di pugno da grandi compositori. Noi tiriamo su tutto ma ci vorrà l’intervento di un restauratore in gamba!».
LA LIBRERIA «ACQUA ALTA» era segnalata nelle guide più intelligenti come uno dei luoghi magici della Venezia nascosta. Un labirinto indescrivibile di libri, molti dei quali unici o rari, di disegni, fumetti, giochi e lavori in cartapesta, che sembrava una di quelle porte fatata scritte da Hugo Pratt attraverso le quali si entra in un’altra favola. «Qui è andato tutto a remengo (in dialetto significa “alla malora”. ndr). Ci chiedono di venire con dei sacchi portare via tutti i libri che possiamo.
E il massimo aiuto che possiamo dare in queste condizioni». «Con i sacchi? Ma i libri sono bagnati?». «Di asciutto qui non c’è niente! Il proprietario fa un discorso del tipo salviamo il salvabile».
Molti supermercati in città sono chiusi. Altri hanno gli scaffali mezzi vuoti. Quasi tutti hanno i i banchi frigo chiusi. E la roba sta andando a male. «Sono a San Trovaso. Ci sono delle signore anziane che ci hanno chiesto aiuto. I negozi vicini sono chiusi. Dove posso andare a fare la spesa per loro?». «Mandami una lista di cosa vogliono che glielo porto io. Sono a Sant’Alvise e qui vicino c’è un supermercato aperto. Dì loro però che non c’è tanta roba».
«UN NEGOZIO CHE VENDE per lo più prodotti senza glutine, a tre minuti dalla Fondamente Nuove ha perso tutto e ha messo questo cartello (In allegato c’è una foto con un foglio scritto a matita “Prendi ciò che vuoi, lascia quello che vuoi”.ndr) Anche se poco, per loro è un grande aiuto. E poi non vogliono buttare la merce. Ci sono pizze, pizzette, panzarotti e piatti pronti. Tutta roba buona anche se senza frigo tra un po’ andrà a male». «Fai il pieno di panzarotti e portali al Morion che siamo affamati. Tutti i negozi della calle sono chiusi».
«OCCHIO CHE STASERA è prevista un’altra botta!». «La aspetteremo ai nostri posti e domani torniamo a pulire». «Noi andiamo a Rialto ad appendere uno striscione. Poi raggiungiamo il gruppo della Strada Nova. Va ben l’emergenza, ma sentire tutti ‘sti politici che continuano a farsi i selfie in piazza e continuano a parlare di Mose non se ne può più».
ECCOLI QUA GLI ANGELI della laguna. Domani, quando l’emergenza sarà passato e scenderanno in piazza per difendere la città la sua laguna dalle grandi navi, dallo spopolamento e dalla turistificazione, torneranno ad essere chiamati: «le zecche dei centri sociali».
Serenissima stremata di nuovo sott’acqua. E la tregua è lontana
16/11/2019Il ManifestoCom'è triste Venezia. Ieri puntuale è arrivata la «granda» annunciata. Oggi ne è prevista un’altra. La macabra processione dei politici per un selfie
Non è ancora finita. Anche ieri l’acqua è tornata crescere ma si è fermata «solo» a 154 cm sul livello del mare. Lo scirocco ha battuto ancora la laguna ma con minor violenza dei giorni precedenti e le previsioni originarie sono state superate soltanto di 14 cm. Che, per come gira di questi tempi, è come dire «quasi niente». Ma oggi si ricomincia a ballare. Il picco sarà a mezzogiorno: previsti 120 cm. Staremo a vedere.L’UNICA COSA CERTA È che non è ancora finita. E non si sa neppure quando finirà. Anzi, non si sa ancora se finirà o se l’acqua granda che in questi giorni invade calli e campi è destinata a tornare presto, sull’onda dei cambiamenti climatici, senza incontrare difese da parte di una laguna violentata e scavata sino a farne un braccio di mare aperto per far passare le Grandi Navi o per sistemare nei suoi fondali grandi opere come il Mose, con le sue inutili paratie sommerse già corrose da quello stesso mare da cui dovrebbe difenderci.
E’ UNA CITTÀ FERITA E UMILIATA, la Venezia di questi drammatici giorni. Umiliata e ferita da quegli stessi politici che ci fanno passerella per i tempo di un selfie elettorale e farsi riprendere da Tv e fotografi (ieri dopo Berlusconi è stata la volta di Salvini a infilarsi gli stivaloni), scortati da cordoni di poliziotti, indicano il Mose come un’unica soluzione al problema dimenticandosi che il Mose è il problema, e pongono domande come «Perché l’opera non è stata ultimata?» quando dovrebbero invece dare risposte.
Quello che pensano sta tutto in un volantino anonimo, appiccicato sui muri di mezza città. Sopra la foto del sindaco Luigi Brugnaro e del presidente della Regione Luca Zaia, appare la scritta «Coccodrilli in laguna». Sotto si legge: “Il mare entra ormai direttamente a Venezia perché il millenario equilibrio della laguna è stato sconvolto, prima con l’enorme scavo del canale dei petroli e poi con lo squarcio alle bocche di porto per la posa del Mose. Nonostante questo, Zaia e Brugnaro sostengono l’ipotesi di ulteriori scavi, con l’allargamento del canale Vittorio Emanuele e del canale dei petroli per fare arrivare le grandi navi a Marghera. Eppure questi signori sono continuamente in passerella in Tv a mostrarsi impegnati e preoccupati per le sorti di Venezia».
DOVE SIANO RIUSCITI a trovare una stamperia aperta in città, non me lo immagino proprio. I quadri elettrici sono saltati quasi dappertutto. Negozi e supermercati hanno i banchi frigoriferi chiusi, oltre che gli scafali per lo più vuoti. Il rifornimento di cibo sta diventando un’emergenza soprattutto per gli anziani soli che non possono uscire o allontanarsi troppo in una città invasa dall’acqua. In città è arrivato per il governo anche il ministro dei beni culturali Dario Franceschini: «Ci sono danni enormi e massimo impegno da parte dello Stato”, ha assicurato.
LA SITUAZIONE PIÙ CRITICA la troviamo nelle isole. Quelle dimenticate. Quelle che non sono state oggetto di turistificazione di massa, come la bella Pellestrina. L’isola che è il baluardo di Venezia dagli assalti del mare, con la sua lunga costiera di pesanti «masegni» che fanno diga. Durante la mareggiata che ha coperto completamente l’isola, sono morte due persone: un anziano che tentava di mettere in funzione la pompa e un uomo per cause ancora da accertare.
DA LUNEDÌ I NEGOZI SONO chiusi e la gente campa con quello che aveva in dispensa. Anche i collegamenti con Venezia sono saltati e l’unico sistema per raggiungere la terraferma è passare per Chioggia. Sul profilo Facebook del gruppo dei residenti dell’isola, è apparso, senza parole, il fiocco nero del lutto.
L’ACTV, IL TRASPORTO PUBBLICO di Venezia, ha ripreso a funzionare ma è ancora a mezzo servizio, dopo che l’acqua granda ha affondato o pesantemente danneggiato buona parte della flotta. Le immagini dei vaporetti scaraventati sulle fondamente o incastrati tra le calli, hanno fatto il giro del web. Molte linee sono chiuse, in particolare quelle per le isole, e molti approdi inagibili.
Scuole ancora chiuse senza previsione di apertura. Il che ha comunque consentito a tanti studenti di armarsi di moccio e ramazza, e raccogliere l’appello di Fridays for Future andando ad aiutare chi ha bisogni. Anche questa è una lezione non meno importante di quelle di storia o di matematica.
CON GLI STUDENTI, SONO tanti i veneziani, e tanti anche coloro che, pur non risiedendo in laguna, hanno a cuore la sorte della città più bella del mondo, che si sono rimboccati le maniche per risollevare chi ha bisogno di risollevarsi. I centralini della Caritas, che su invito del patriarca Francesco Moraglia si è messa a disposizione della cittadinanza, sono stati letteralmente ingolfati di offerte di aiuto provenienti da tutte le regioni di Italia. “Servono in particolare elettricisti ed idraulici – spiega la signora Francesca che coordina gli aiuti – ma si sono già offerte parecchie persone. Adesso vediamo di destinarle dove c’è più bisogno”.
LA MENSA POPOLARE della Tana è aperta 24 ore su 24 per offrire un pasto caldo a chi ne ha necessità. Sempre la Caritas, ha messo a disposizione dei posti letto e tre anziane signore con la casa allagata hanno potuto passare al caldo e, soprattutto, all’asciutto, queste tragiche notti di acqua granda.
La «rivolta» del clima in Consiglio regionale
15/11/2019Il Manifesto
Il consiglio regionale boccia gli emendamenti contro i cambiamenti climatici. Due minuti dopo, l’aula si allaga. Il presidente Luca Zaia e i consiglieri sono costretti ad interrompere la seduta ed a scappare a casa. E’ accaduto a Venezia, nella serata della grande mareggiata. La sede del Consiglio Regionale Veneto si trova a palazzo Ferro Fini, uno splendido edificio che si specchia nel Canal Grande. Ed è proprio dal «canalasso» che l’acqua è improvvisamente entrata nel palazzo, superando le paratie stagne e invadendo l’aula.Non se lo aspettavano i consiglieri che, in fretta e furia, hanno preso armi e bagagli e son battuti in ritirata, lasciando segretari e personale di servizio a mollo. Andrea Zanoni, consigliere del Pd, ha diffuso nei social le immagini dell’alluvione, sottolineando: «Ironia della sorte, l’acqua è arrivata due minuti dopo che la maggioranza Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia aveva bocciato i nostri emendamenti per contrastare i cambiamenti climatici che chiedevano finanziamenti per le fonti rinnovabili e per la sostituzione degli autobus a gasolio». Bocciatura che non stupisce. I consiglieri veneti di maggioranza sono per lo più dei noti negazionisti e i loro profili social sono famosi per le battutacce su Greta e i «gretini», come chiamano i ragazzi di Fridays for Future.
Senza tregua, per oggi previsti 145 centimetri sopra il livello del mare
15/11/2019Il ManifestoVenezia. Ma la città non si arrende, con decine di persone che lavorano nella calli per ripulirle
Il giorno dopo la grande alluvione, Venezia si è risvegliata con l’acqua alla gola e un dolore a livello del mare. Tanto per citare una nota canzone di Francesco Guccini. La grande paura non è ancora passata. L’ultimo sms del Centro Maree ha avvisato i residenti che per oggi è atteso un altro picco di marea alle ore 11 e 20. Sono previsti 145 cm sopra il livello del mare. Un allarme rosso secondo che la scala delle maree sta a significare in codice una «alta eccezionale». Si tratta comunque di una marea gestibile con i consueti accorgimenti ai quali i veneziani si sono dovuti assuefare da quando, con lo scavo del canale dei Petroli e gli interramenti di Porto Marghera del dopoguerra, l’equilibrio idrogeologico della laguna è stato alterato per sempre.
Chi abita nei piani più bassi ha piazzato le paratie in acciaio davanti alla porta, nei negozi e nei bar le pompe sono pronte ad entrare in funzione. Le barche legate saldamente alle bricole, ma con il lasco necessario a farle muovere senza strappi e con i parabordi ben piazzati. Nei magazzini, le merci e tutto quello che ha a che fare con l’elettricità alzato nei ripiani superiori.
La protezione civile ha messo in sicurezza quello che si poteva mettere in sicurezza e ha piazzato le passerelle sulle strade principali per consentire alle persone di spostarsi e raggiungere i punti nevralgici della città come piazzale Roma, da dove partono gli autobus per la terraferma, e la stazione dei treni.
Insomma, tutto è pronto per un’altra battaglia. La domanda è: basterà? Sempre il Centro Maree ha avvisato sui suoi canali internet che «sono previsti venti di Scirocco lungo l’Adriatico». Proprio quel vento caldo e umido che soffia da sud est e che in laguna significa «acqua alta» perché spinge la marea dentro le bocche di porto e, cosa ancora più pericolosa, le impedisce di uscire al momento della «dozana», la marea calante. Proprio quel vento che, soffiando a 100 chilometri all’ora, è stato una delle principali cause del disastro di martedì.
L’altra causa, quella ancora più impattante e pericolosa, è sempre la stessa: l’uomo. O il capitalismo, come scriverebbe qualcuno. Fatto sta che queste mareggiate non sono un disastro naturale. Tanto è vero che non si verificavano ai tempi dei dogi, quando attentare all’incolumità della laguna era l’unico reato per cui il consiglio dei Dieci ti poteva condannare a morte. «I canali profondi delle bocche di porto, scavati per far passare le grandi navi e per realizzare il Mose fanno affluire migliaia di metri cubi d’acqua nella laguna consegnando Venezia a una marea di una violenza inaudita», hanno spiegato in una nota le ragazze ed i ragazzi di Fridays for Future che hanno deciso di spostare a Venezia, al laboratorio Morion, la loro assemblea che era programmata in terraferma. Per tutta la mattina, in stivali e tuta da lavoro, armati di badili e di sacchetti delle immondizie, hanno battuto la città, pulendo dove c’era da pulire e aiutando chi aveva bisogno. I social e le chat hanno fatto da mezzo di comunicazione per organizzare il lavoro ed indirizzare gli sforzi verso le scuole più colpite, il conservatorio, i tanti musei, senza dimenticarsi «il kebabaro vicino al liceo Benedetti», come scritto in un WhatsApp che avvertiva: «gli è partito il frigorifero ed ha bisogno di un elettricista».
«Oggi ho visto una città che si è svegliata con la voglia di continuare a vivere e di costruire un percorso comune – ha evidenziato il rettore di San Marco, Amerigo Restucci -. In mezzo a tanta devastazione, c’erano giovani che giravano per le calli per ripulirle. Il libraio vicino all’università aveva già aperto il suo negozio e sistemato in una bancarella i libri un po’ rovinati dall’acqua, con un cartello che diceva che, chi li voleva leggere, se li poteva prendere gratuitamente. Questo evento catastrofico potrebbe essere un’occasione per ritrovare un senso civico che si stava perdendo e per mettere in campo quello che sino ad oggi è mancato alla politica: un vero progetto di salvaguardia diffuso, basato, più che sul cemento e sulle grandi opere, su quegli interventi di bonifica e di riequilibrio idrogeologico che possono davvero contrastare questi fenomeni atmosferici estremi ai quali andremo incontro sempre più frequentemente».
A tutto Mose. Saltano i vertici, arriva la supercommissaria
15/11/2019Il ManifestoCom'è triste Venezia. È Elisabetta Spitz, ex direttrice dell’Agenzia del Demanio E Conte annuncia i primi, insufficienti, finanziamenti
Piazza San Marco, dopo la grande mareggiata, è una passerella d’alta moda di politici con la faccia indignata e gli stivali ai piedi. Tutti a sottolineare la vergogna nazionale di un’opera costata miliardi e ancora lontana dal venir realizzata. Tutti. Anche chi, come il presidente della Regione Veneto Luca Zaia, qualche responsabilità sulla mancata realizzazione dell’opera in questione, potrebbe cercarla a casa sua, sin da quando era il delfino di Giancarlo Galan – già presidente della sua Regione, caduto in disgrazia proprio in virtù degli scandali giudiziari connessi con quel sistema di malaffare istituzionalizzato chiamato Mose.Il piagnisteo ricorrente, come lo ha definito Gianfranco Bettin, è sempre lo stesso: «Se il Mose fosse stato realizzato come avrebbe dovuto – e se non lo è stato è colpa degli altri partiti e non del mio – la mareggiata di lunedì non avrebbe messo in ginocchio la città». Di alternative alla grande opera, di lavori di riequilibrio del sistema idrogeologico o, più banalmente, di interventi di compensazione al Mose, perché non va dimenticato che l’aumento della frequenza e della violenza di queste mareggiate va imputata soprattutto agli scavi dei canali di accesso alla laguna effettuati proprio per sistemare le paratoie dell’opera, nessun accenno.
E COSÌ, ECCO IL SINDACO Luigi Brugnaro, altro accanito sostenitore del Mose, che lamenta ritardi e mancati finanziamenti, scordando di essere uno dei sostenitori più accaniti delle Grandi Navi e del progetto di scavo di una ulteriore autostrada d’acqua in laguna per farle entrare in porto. Quel che ci mancava per compromettere definitivamente l’ecosistema lagunare e trasformare la laguna in un braccio di mare aperto.
Chi non indugia nel piagnisteo, si sbilancia in previsioni tutte da dimostrare e dà il via al solito teatrino delle promesse. Promesse che i veneziani si sentono ripetere da sedici anni. L’opera infatti doveva essere pronta nel 2014 e costare “solo” 3,4 miliardi di euro, contro gli 8 ai quai siamo vicini ora. E senza contare le paurose spese di manutenzione previste.
«Per il Mose siamo nella dirittura finale – ha azzardato il premier Giuseppe Conte – . Siamo al 92 o al 93 per cento dell’opera e, guardando all’interesse pubblico, non c’è che da continuare nel completamento di questo percorso. Il Mose va completato e poi mantenuto». Proprio sulla manutenzione, che si prevede costosissima, e sulla spartizione di quest’ultima «torta» miliardaria si giocherà l’ultima partita del Mose.
LA DATA DELL’INAUGURAZIONE intanto slitta di anno in anno. L’ultimo comunicato del Consorzio Venezia Nuova, parla del 2021. Ma è notizia di quasi un anno fa. Poi, lo scorso 4 novembre, i tecnici han tentato di sollevare una paratoia a mo’ di test e si sono accorti che il giocattolo si era già rotto. L’acqua salata e gli organismi infestanti di cui la laguna è piena avevano corroso tutto il sistema di cardini. Tutto rinviato a data da destinarsi e altri soldi per la voce «manutenzione».
Ma se il gioco degli «imprevedibili problemi tecnici» e dello spostamento continuo della data di inaugurazione risulta credibile in condizioni normali, dopo un disastro come quello di martedì, il banco salta. A farne le spese sono i vertici del Consorzio mandati a casa per fare spazio alla nuova super commissaria che sarà Elisabetta Spitz, già direttore dell’Agenzia del Demanio. Classe ’53, architetta, la Splitz ha alle spalle una lunga carriera nelle strutture burocratiche statali. E’ l’ex moglie di Marco Follini (Udc) ed è stata definita «la regina degli immobili pubblici».
Assieme alla dichiarazione dello stato di calamità, dal governo arriva una promessa di indennizzo per chi è stato danneggiato dall’acqua alta. Giuseppe Conte ha parlato di 20 mila euro agli esercenti e di 5 mila ai privati. Cifre che hanno già fatto storcere il naso a chi, proprietario di una gondola o di un taxi, ha visto sfasciarsi la sua imbarcazione che costa quanto una Ferrari.
I DANNI CHE L’ACQUA «granda» ha causato alla città, più che sulle migliaia, si contano sui milioni di euro. Senza contare quello che nessun conto in banca potrà mai risarcire: la perdita o il danneggiamento di opere d’arte uniche al mondo. Un quadro questo che avremo chiaro solo nei prossimi giorni. Augurandoci che lo Stato trovi perlomeno i mezzi, i finanziamenti e la progettualità per mettere in sicurezza il patrimonio rimasto e far sì che le acque «grandi» a Venezia non arrivino più.