Nella notte da incubo, la città lagunare si scopre a rischio
La paura è arrivata alle 10,30 di sera, l’ora in cui avrebbe dovuto cominciare il deflusso e pareva che anche questa ondata di “acqua alta” si fosse conclusa col “solito” disastro di primi piani allagati, magazzini pieni di merci da buttare, tavolini dei bar che se ne vanno a spasso per le calli, qualche barca disormeggiata e catapultata in mezzo ad un campo. Il solito refrain di un normale novembre veneziano ai tempi del Mose, insomma.
A FAR CAPIRE CHE STAVOLTA Venezia non se la sarebbe cavata a buon mercato sono state le sirene che in laguna annunciano l’arrivo dell’alta marea e che, proprio nel momento in cui tutti si aspettavano il deflusso si sono messe ad ululare tra campi e calli come se non volessero più smettere, gelando il cuore dei veneziani. «Un’altro ’66», hanno pensato i più anziani, ricordando la grande mareggiata che aveva messo in ginocchio Venezia, 50 anni prima.
E LA PRIMA COSA DA DIRE è che non se lo aspettava nessuno. Certo, sarebbero stati due, forse tre giorni di alte maree eccezionali. Lo si sapeva. Per due volte, in questi giorni, seguendo il ritmi della luna, l’acqua avrebbe dovuto raggiungere i 140 cm, forse anche 145 cm e portare le solite, nefaste, conseguenze, alle quali però i residenti sono abituati. Il giorno prima inoltre, lunedì, la situazione era andata meglio del previsto e il livello dell’acqua si era fermato dieci centimetri sotto quanto annunciato. I più speravano che la cosa si sarebbe ripetuta anche mercoledì.
NON È STATO COSÌ. L’Ufficio Maree aveva previsto un massimo di 145 cm per la sera ma quel massimo era già stato raggiunto due ore prima. E superato, pure. Il vento forte di scirocco che ululava nei canali e la corrente che aveva trasformato ogni calle in un torrente in piena, dipingevano una Venezia da apocalisse. Chi abitava nei primi piani ha dovuto abbandonare casa, salvando il salvabile. Fondamenta e salizade erano riempite di commercianti che cercavano di portare all’asciutto le loro merci. Le pompe dei magazzini e delle entrate dei condomini lavoravano senza sosta ma, quando l’acqua saliva di un certo livello, anche loro diventavano inutili. Così come le piccole paratoie sistemate davanti agli usci delle case, adatte a fermare solo le altre maree “normali”.
Nei cellulari dei veneziani rimbalzavano gli sms di allarme del Servizio Maree. Uno più preoccupante dell’altro. «Condizioni meteo peggiori di quanto previsto. Prossimo max 155, 160 cm h 23 di oggi 12/11». Un’ora dopo, alle 21,45: «Ulteriore peggioramento meteo. Previsti 170 cm alle ore 23 di oggi. Marea eccezionale, codice rosso». Un’altra ora, un’altra previsione ancora peggiore. «La laguna subisce gli effetti di non previste raffiche di vento da 100 km orari. Il livello potrete raggiungere i 190 cm alle 23,30». Quasi due metri sopra il livello del mare!
MA COME MAI UNA TALE confusione in previsioni così breve termine? L’Ufficio Maree era una delle perle dell’amministrazione del Comune di Venezia. Le sue previsioni sempre puntali e precise. Una delle prime operazioni della nuova giunta fucsia – una giunta né di destra né di sinistra come sottolinea sempre il sindaco Luigi Bugnaro ma che ha nella sua maggioranza Lega e Fratelli d’Italia – è stata quella di smantellare il servizio, privandolo di fondi e pensionando i tecnici che avevano espresso dubbi sul sistema Mose diffondendo statistiche secondo le quali, da quando hanno cominciato a scavare per l’opera, le maree in laguna sono sempre più frequenti. E i risultati del cambio di gestione si sono visti sin da subito.
ALLA FINE, AD AVERE PIETÀ di Venezia è stato il vento. Alle 22,50 lo Scirocco è calato, permettendo all’acqua di defluire verso il mare. Ma il picco raggiunto è stato da record: 187 centimetri. Mai così alta nell’ultimo mezzo secolo. Soltanto in quel famoso 4 novembre del ’66 era stato registrato un livello superiore: 194 centimetri sul livello del mare.
QUESTA MATTINA LA CITTÀ si è risvegliata da una notte quasi insonne contando i danni. Un pensionato di 78 anni dell’isola di Pellestrina è morto fulminato nel tentativo di azionare la pompa di casa, molti battelli e motoscafi delle linee di servizio sono stati devastati. Nel web girano incredibili ma vere immagini di battelli disormeggiati e scaraventati di traverso alle fondamenta. Anche il patrimonio artistico ha subito devastazioni ancora tutte da verificare. La Basilica è stata sommersa. San Marco, d’altra parte, è uno dei punti più bassi di Venezia. Ma anche Ca’ Pesaro e il suo museo, il Teatro La Fenice sono stati invasi dall’acqua del mare.
E POI CI SONO I DANNI SUBITI dai cittadini: case devastate, magazzini sommersi con tutto quello che c’era dentro, negozi chiusi e pieni di merci rovinate, gondole sfasciate incastrare nelle calli, taxi e imbarcazioni rovinate o finite chissà dove. I conti si faranno nei prossimi giorni. Ma si sa che saranno salati come l’acqua che li ha causati. Intanto si lavora per ritornare a vivere, senza stare a sentire il telegiornale che dava notizie del genere: «Acqua alta a Venezia. Disagi per i turisti». I residenti si sono rimboccati le maniche e si sono organizzati in squadre di volontari. Servono soprattutto elettricisti perché l’acqua ha fatto saltare i quadri elettrici di mezza città.
BRUGNARO, IL SINDACO FUCSIA di Venezia, ha chiesto al Governo di dichiarare lo stato di calamità naturale. Si è fatto fotografare con gli stivaloni davanti alla Basilica quando l’acqua era già scesa sotto i livelli di guardia ed ha spiegato che: «Questi sono evidentemente gli effetti dei cambiamenti climatici. Adesso tutti avranno capito che il Mose serve». Quindi se l’è presa con i “finti ambientalisti” che non gli permettono di difendere a colpi di cemento la città.
DICHIARAZIONI CHE HANNO immediatamente sollevato l’indignazione di tanti veneziani. «Parole che sintetizzano l’orrore politico di cui questa città è vittima, la lucida follia e la corruzione morale che il nostro primo cittadino incarna – hanno commentato le ragazze ed i ragazzi del centro sociale Morion in una nota – Il nostro sindaco chiama in causa i cambiamenti climatici per allontanare le responsabilità politiche».
Mose e cambiamenti climatici infatti, non vanno affatto d’accordo. Se l’opera dovesse funzionare in uno scenario realistico di drastico innalzamento del livello del mare, previsto nell’arco di pochi decenni, le paratoie dovrebbero rimanere sollevate per più di sei mesi l’anno, come conferma uno studio della rivista Nature. Il che significherebbe la morte della laguna che dal mare riceve vita, ossigeno e nutrimento.
FA ECO UN COMUNICATO dei No Navi: «Quello che è successo non è una fatalità: l’acqua alta fa da sempre parte della vita della laguna, ma picchi del genere non sono naturali. Questi picchi arrivano se si scavano canali nuovi, cambiando per sempre l’equilibrio lagunare. Arrivano se si tagliano i fondi al Centro Maree, che non è più in grado di garantire un’efficenza totale. E non raccontiamoci bugie: non sarà il Mose, una grande opera devastante, costata miliardi, mai finita, fonte di speculazioni e tangenti, a risolvere la situazione!».
VENEZIA NON È SOLO un sindaco fucsia, il Mose o le grandi navi. È anche le ragazze e i ragazzi di Fridays for Future che, prima di rimboccarsi le maniche per andare ad aiutare chi ne aveva bisogno, sono andati in piazza a farsi una foto dietro un grande striscione che diceva: «La marea sta crescendo, e così anche noi».
A FAR CAPIRE CHE STAVOLTA Venezia non se la sarebbe cavata a buon mercato sono state le sirene che in laguna annunciano l’arrivo dell’alta marea e che, proprio nel momento in cui tutti si aspettavano il deflusso si sono messe ad ululare tra campi e calli come se non volessero più smettere, gelando il cuore dei veneziani. «Un’altro ’66», hanno pensato i più anziani, ricordando la grande mareggiata che aveva messo in ginocchio Venezia, 50 anni prima.
E LA PRIMA COSA DA DIRE è che non se lo aspettava nessuno. Certo, sarebbero stati due, forse tre giorni di alte maree eccezionali. Lo si sapeva. Per due volte, in questi giorni, seguendo il ritmi della luna, l’acqua avrebbe dovuto raggiungere i 140 cm, forse anche 145 cm e portare le solite, nefaste, conseguenze, alle quali però i residenti sono abituati. Il giorno prima inoltre, lunedì, la situazione era andata meglio del previsto e il livello dell’acqua si era fermato dieci centimetri sotto quanto annunciato. I più speravano che la cosa si sarebbe ripetuta anche mercoledì.
NON È STATO COSÌ. L’Ufficio Maree aveva previsto un massimo di 145 cm per la sera ma quel massimo era già stato raggiunto due ore prima. E superato, pure. Il vento forte di scirocco che ululava nei canali e la corrente che aveva trasformato ogni calle in un torrente in piena, dipingevano una Venezia da apocalisse. Chi abitava nei primi piani ha dovuto abbandonare casa, salvando il salvabile. Fondamenta e salizade erano riempite di commercianti che cercavano di portare all’asciutto le loro merci. Le pompe dei magazzini e delle entrate dei condomini lavoravano senza sosta ma, quando l’acqua saliva di un certo livello, anche loro diventavano inutili. Così come le piccole paratoie sistemate davanti agli usci delle case, adatte a fermare solo le altre maree “normali”.
Nei cellulari dei veneziani rimbalzavano gli sms di allarme del Servizio Maree. Uno più preoccupante dell’altro. «Condizioni meteo peggiori di quanto previsto. Prossimo max 155, 160 cm h 23 di oggi 12/11». Un’ora dopo, alle 21,45: «Ulteriore peggioramento meteo. Previsti 170 cm alle ore 23 di oggi. Marea eccezionale, codice rosso». Un’altra ora, un’altra previsione ancora peggiore. «La laguna subisce gli effetti di non previste raffiche di vento da 100 km orari. Il livello potrete raggiungere i 190 cm alle 23,30». Quasi due metri sopra il livello del mare!
MA COME MAI UNA TALE confusione in previsioni così breve termine? L’Ufficio Maree era una delle perle dell’amministrazione del Comune di Venezia. Le sue previsioni sempre puntali e precise. Una delle prime operazioni della nuova giunta fucsia – una giunta né di destra né di sinistra come sottolinea sempre il sindaco Luigi Bugnaro ma che ha nella sua maggioranza Lega e Fratelli d’Italia – è stata quella di smantellare il servizio, privandolo di fondi e pensionando i tecnici che avevano espresso dubbi sul sistema Mose diffondendo statistiche secondo le quali, da quando hanno cominciato a scavare per l’opera, le maree in laguna sono sempre più frequenti. E i risultati del cambio di gestione si sono visti sin da subito.
ALLA FINE, AD AVERE PIETÀ di Venezia è stato il vento. Alle 22,50 lo Scirocco è calato, permettendo all’acqua di defluire verso il mare. Ma il picco raggiunto è stato da record: 187 centimetri. Mai così alta nell’ultimo mezzo secolo. Soltanto in quel famoso 4 novembre del ’66 era stato registrato un livello superiore: 194 centimetri sul livello del mare.
QUESTA MATTINA LA CITTÀ si è risvegliata da una notte quasi insonne contando i danni. Un pensionato di 78 anni dell’isola di Pellestrina è morto fulminato nel tentativo di azionare la pompa di casa, molti battelli e motoscafi delle linee di servizio sono stati devastati. Nel web girano incredibili ma vere immagini di battelli disormeggiati e scaraventati di traverso alle fondamenta. Anche il patrimonio artistico ha subito devastazioni ancora tutte da verificare. La Basilica è stata sommersa. San Marco, d’altra parte, è uno dei punti più bassi di Venezia. Ma anche Ca’ Pesaro e il suo museo, il Teatro La Fenice sono stati invasi dall’acqua del mare.
E POI CI SONO I DANNI SUBITI dai cittadini: case devastate, magazzini sommersi con tutto quello che c’era dentro, negozi chiusi e pieni di merci rovinate, gondole sfasciate incastrare nelle calli, taxi e imbarcazioni rovinate o finite chissà dove. I conti si faranno nei prossimi giorni. Ma si sa che saranno salati come l’acqua che li ha causati. Intanto si lavora per ritornare a vivere, senza stare a sentire il telegiornale che dava notizie del genere: «Acqua alta a Venezia. Disagi per i turisti». I residenti si sono rimboccati le maniche e si sono organizzati in squadre di volontari. Servono soprattutto elettricisti perché l’acqua ha fatto saltare i quadri elettrici di mezza città.
BRUGNARO, IL SINDACO FUCSIA di Venezia, ha chiesto al Governo di dichiarare lo stato di calamità naturale. Si è fatto fotografare con gli stivaloni davanti alla Basilica quando l’acqua era già scesa sotto i livelli di guardia ed ha spiegato che: «Questi sono evidentemente gli effetti dei cambiamenti climatici. Adesso tutti avranno capito che il Mose serve». Quindi se l’è presa con i “finti ambientalisti” che non gli permettono di difendere a colpi di cemento la città.
DICHIARAZIONI CHE HANNO immediatamente sollevato l’indignazione di tanti veneziani. «Parole che sintetizzano l’orrore politico di cui questa città è vittima, la lucida follia e la corruzione morale che il nostro primo cittadino incarna – hanno commentato le ragazze ed i ragazzi del centro sociale Morion in una nota – Il nostro sindaco chiama in causa i cambiamenti climatici per allontanare le responsabilità politiche».
Mose e cambiamenti climatici infatti, non vanno affatto d’accordo. Se l’opera dovesse funzionare in uno scenario realistico di drastico innalzamento del livello del mare, previsto nell’arco di pochi decenni, le paratoie dovrebbero rimanere sollevate per più di sei mesi l’anno, come conferma uno studio della rivista Nature. Il che significherebbe la morte della laguna che dal mare riceve vita, ossigeno e nutrimento.
FA ECO UN COMUNICATO dei No Navi: «Quello che è successo non è una fatalità: l’acqua alta fa da sempre parte della vita della laguna, ma picchi del genere non sono naturali. Questi picchi arrivano se si scavano canali nuovi, cambiando per sempre l’equilibrio lagunare. Arrivano se si tagliano i fondi al Centro Maree, che non è più in grado di garantire un’efficenza totale. E non raccontiamoci bugie: non sarà il Mose, una grande opera devastante, costata miliardi, mai finita, fonte di speculazioni e tangenti, a risolvere la situazione!».
VENEZIA NON È SOLO un sindaco fucsia, il Mose o le grandi navi. È anche le ragazze e i ragazzi di Fridays for Future che, prima di rimboccarsi le maniche per andare ad aiutare chi ne aveva bisogno, sono andati in piazza a farsi una foto dietro un grande striscione che diceva: «La marea sta crescendo, e così anche noi».