La diabolica e-mail
01-02-2010, 12:53antisemitismo, ho una teoria, Islam, necro-voyeurismo, scrittura bene video malePermalink
Copia l'Olocausto e spediscilo a 10 tuoi amici
Magari è arrivato anche a voi: il Male Assoluto via e-mail. È un allegato che vi ha spedito un vostro amico, o un collega (ma può anche trattarsi di un perfetto sconosciuto). Un clic, e ve lo trovate davanti (continua sull'Unità online; si può commentare lì).
(La foto è presa da qui).
Può darsi che sia arrivato anche a voi: il Male Assoluto via e-mail. È un allegato che vi ha spedito un vostro amico, o un collega (ma può anche trattarsi di un perfetto sconosciuto). Un clic, e ve lo trovate davanti. Certo, è un orrore ‘già visto’: le foto in bianco e nero dei prigionieri dei campi di sterminio tedeschi. Eppure, dopo tanti anni (e dieci Giornate della Memoria) le foto restano spaventose. Ce n’è una che mostra una fossa comune, un’altra che ritrae un gruppo di bambini, nudi e scheletrici – qualcosa non va. Non si dovrebbero inviare foto di cadaveri o di bambini nudi e torturati per e-mail. Potrebbe perfino essere illegale. Eppure la persona che vi ha spedito il messaggio era in buona fede: il pensiero di commettere un reato non deve averlo sfiorato nemmeno. Lo ha fatto a fin di bene: voleva aiutarvi a ricordare.
Ma soprattutto voleva mettervi in guardia da chi la Shoah fa di tutto per dimenticarla: i cosiddetti negazionisti. Pare che siano dappertutto, e che malgrado tutti i nostri sforzi aumentino sempre di più. Com’è possibile? Nel testo che accompagna le foto spaventose si legge: Recentemente, il Regno Unito, ha rimosso l’Olocausto dai suoi programmi scolastici perché “offensivo” nei confronti della popolazione mussulmana che afferma che l’Olocausto non è esistito…
Ecco risolto l’arcano: i negazionisti sono i musulmani. La “popolazione musulmana” addirittura “afferma che l’Olocausto non è mai esistito”. E siccome i musulmani sono un blocco compatto, probabilmente la penseranno così anche quelli che abitano tra noi. Non solo, ma sono tutti terribilmente suscettibili: appena provi a parlare di Shoah nelle scuole, si offendono a morte, e quindi gli insegnanti del Regno Unito avrebbero deciso di non parlarne più. Non è una vergogna? Non vale la pena di contrastarla in tutti i modi, anche inviando foto di cadaveri ad amici e conoscenti?
È una vergogna, sì, perché è una bugia. Una bufala. Non è vero che il Regno Unito abbia “rimosso l’Olocausto” dai programmi scolastici. La “popolazione musulmana” della Gran Bretagna non ha mai fatto pesare questa sua supposta suscettibilità. Senz’altro il negazionismo si è diffuso anche tra i musulmani, ma questo non significa che la maggioranza di loro non creda alla Shoah. I loro figli, comunque, a scuola la imparano. Lo spiegava già due anni fa Paolo Attivissimo, nel suo prezioso blog anti-bufale: “L'equivoco è nato probabilmente perché qualcuno ha interpretato male la segnalazione sul Guardian che un singolo dipartimento di storia di una singola scuola aveva tolto l'Olocausto dal proprio programma”. La bufala gira per la rete sotto forma di catena informatica forse già dal 2005. Probabilmente è nata in inglese, ma è stata più volte tradotta in italiano da persone volonterose che hanno accolto l’invito finale (“Aiuta ad inviare l’e-mail in tutto il mondo. Traducila in altre lingue se necessario”).
Da un anello all’altro la catena ha accumulato diversi errori: a un certo punto ai “sei milioni di ebrei” sono stati aggiunte le cifre fantasiose di “20 milioni di russi”, “10 milioni di cristiani” e “1900 preti cattolici” (viceversa nessuno ha sentito la necessità di aggiungere i dati sullo sterminio di altre minoranze, come zingari, omosessuali o testimoni di Geova). Il fulcro del messaggio comunque è rimasto lo stesso: gli orrori compiuti dai nazisti rischierebbero di scomparire dalla nostra memoria collettiva a causa… dei musulmani suscettibili. Ma questa cos’è, se non una diceria che scredita una minoranza, in modo non molto diverso diverso da quelle che circolavano sulle minoranze ebree negli anni Trenta del secolo scorso? E perché non ce ne siamo accorti subito? Probabilmente eravamo distratti dai cadaveri, dai bambini, dalle immagini dell’orrore che non ammettono discussioni. L’orrore dello sterminio degli ebrei è stato usato per contrabbandare una diceria razzista su un’altra minoranza: difficile immaginare qualcosa di così diabolico. Eppure è lì, nella nostra casella della posta.
Ho una teoria: contro l’odio e il razzismo l’esercizio della memoria non basta. La memoria dei crimini del passato può aiutarci a non ripeterli, ma anche ispirarci a commetterli. Chi per primo ha scritto quella mail ha saputo usare le parole giuste e scegliere le immagini più adatte a ricattare la nostra coscienza. Il suo obiettivo non era salvare la memoria di uno sterminio, ma creare le premesse per il prossimo. Contro un odio così astuto, il ripasso fotografico degli orrori del passato non sarà mai sufficiente. Se davvero vogliamo contrastarlo dovremmo doppiarlo in astuzia: diffondere dubbi e senso critico dove altri seminano ignoranza e dicerie. Meglio cominciare subito.
Magari è arrivato anche a voi: il Male Assoluto via e-mail. È un allegato che vi ha spedito un vostro amico, o un collega (ma può anche trattarsi di un perfetto sconosciuto). Un clic, e ve lo trovate davanti (continua sull'Unità online; si può commentare lì).
(La foto è presa da qui).
Può darsi che sia arrivato anche a voi: il Male Assoluto via e-mail. È un allegato che vi ha spedito un vostro amico, o un collega (ma può anche trattarsi di un perfetto sconosciuto). Un clic, e ve lo trovate davanti. Certo, è un orrore ‘già visto’: le foto in bianco e nero dei prigionieri dei campi di sterminio tedeschi. Eppure, dopo tanti anni (e dieci Giornate della Memoria) le foto restano spaventose. Ce n’è una che mostra una fossa comune, un’altra che ritrae un gruppo di bambini, nudi e scheletrici – qualcosa non va. Non si dovrebbero inviare foto di cadaveri o di bambini nudi e torturati per e-mail. Potrebbe perfino essere illegale. Eppure la persona che vi ha spedito il messaggio era in buona fede: il pensiero di commettere un reato non deve averlo sfiorato nemmeno. Lo ha fatto a fin di bene: voleva aiutarvi a ricordare.
Ma soprattutto voleva mettervi in guardia da chi la Shoah fa di tutto per dimenticarla: i cosiddetti negazionisti. Pare che siano dappertutto, e che malgrado tutti i nostri sforzi aumentino sempre di più. Com’è possibile? Nel testo che accompagna le foto spaventose si legge: Recentemente, il Regno Unito, ha rimosso l’Olocausto dai suoi programmi scolastici perché “offensivo” nei confronti della popolazione mussulmana che afferma che l’Olocausto non è esistito…
Ecco risolto l’arcano: i negazionisti sono i musulmani. La “popolazione musulmana” addirittura “afferma che l’Olocausto non è mai esistito”. E siccome i musulmani sono un blocco compatto, probabilmente la penseranno così anche quelli che abitano tra noi. Non solo, ma sono tutti terribilmente suscettibili: appena provi a parlare di Shoah nelle scuole, si offendono a morte, e quindi gli insegnanti del Regno Unito avrebbero deciso di non parlarne più. Non è una vergogna? Non vale la pena di contrastarla in tutti i modi, anche inviando foto di cadaveri ad amici e conoscenti?
È una vergogna, sì, perché è una bugia. Una bufala. Non è vero che il Regno Unito abbia “rimosso l’Olocausto” dai programmi scolastici. La “popolazione musulmana” della Gran Bretagna non ha mai fatto pesare questa sua supposta suscettibilità. Senz’altro il negazionismo si è diffuso anche tra i musulmani, ma questo non significa che la maggioranza di loro non creda alla Shoah. I loro figli, comunque, a scuola la imparano. Lo spiegava già due anni fa Paolo Attivissimo, nel suo prezioso blog anti-bufale: “L'equivoco è nato probabilmente perché qualcuno ha interpretato male la segnalazione sul Guardian che un singolo dipartimento di storia di una singola scuola aveva tolto l'Olocausto dal proprio programma”. La bufala gira per la rete sotto forma di catena informatica forse già dal 2005. Probabilmente è nata in inglese, ma è stata più volte tradotta in italiano da persone volonterose che hanno accolto l’invito finale (“Aiuta ad inviare l’e-mail in tutto il mondo. Traducila in altre lingue se necessario”).
Da un anello all’altro la catena ha accumulato diversi errori: a un certo punto ai “sei milioni di ebrei” sono stati aggiunte le cifre fantasiose di “20 milioni di russi”, “10 milioni di cristiani” e “1900 preti cattolici” (viceversa nessuno ha sentito la necessità di aggiungere i dati sullo sterminio di altre minoranze, come zingari, omosessuali o testimoni di Geova). Il fulcro del messaggio comunque è rimasto lo stesso: gli orrori compiuti dai nazisti rischierebbero di scomparire dalla nostra memoria collettiva a causa… dei musulmani suscettibili. Ma questa cos’è, se non una diceria che scredita una minoranza, in modo non molto diverso diverso da quelle che circolavano sulle minoranze ebree negli anni Trenta del secolo scorso? E perché non ce ne siamo accorti subito? Probabilmente eravamo distratti dai cadaveri, dai bambini, dalle immagini dell’orrore che non ammettono discussioni. L’orrore dello sterminio degli ebrei è stato usato per contrabbandare una diceria razzista su un’altra minoranza: difficile immaginare qualcosa di così diabolico. Eppure è lì, nella nostra casella della posta.
Ho una teoria: contro l’odio e il razzismo l’esercizio della memoria non basta. La memoria dei crimini del passato può aiutarci a non ripeterli, ma anche ispirarci a commetterli. Chi per primo ha scritto quella mail ha saputo usare le parole giuste e scegliere le immagini più adatte a ricattare la nostra coscienza. Il suo obiettivo non era salvare la memoria di uno sterminio, ma creare le premesse per il prossimo. Contro un odio così astuto, il ripasso fotografico degli orrori del passato non sarà mai sufficiente. Se davvero vogliamo contrastarlo dovremmo doppiarlo in astuzia: diffondere dubbi e senso critico dove altri seminano ignoranza e dicerie. Meglio cominciare subito.
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le petit guignol
06-06-2007, 23:57blog, delitti e cronaca, fotografia, necro-voyeurismo, pedofiliePermalinkIl blog di marzapane
L'inchiesta di Rignano va avanti (avanti?) e io continuo a non saperne nulla. Ma una volta ho scritto che Massimiliano Frassi meritava un discorso a parte. Questo discorso avevo poi preferito lasciarlo perdere: in fondo chi sono io per mettere in dubbio la serietà e la professionalità di uno che in questo settore ci opera da anni? Ho letto i suoi libri (uno prefato addirittura da Costanzo)? No. E allora, basta. Oltretutto pare abbia la querela facile. Chi me lo fa fare?
Il problema è che ha un blog.
E io – che non sono esperto di pedofilia, né di sociologia, né di pedagogia dell'età evolutiva – in effetti non posso dirmi esperto di nulla, tranne di blog. Di questi ho una certa esperienza, e di questo mi limiterò a parlare. Non del Frassi scrittore, del Frassi studioso, o del Frassi consulente, ma unicamente del suo blog. Che è interessante come oggetto in sé.
Probabilmente non è, come scrisse Frassi una volta, "l secondo blog più letto in Italia, dietro all’inarrivabile Beppe Grillo" (fonte?) Senz'altro è, come recita l'occhiello, "il Blog più letto nel campo della lotta alla pedofilia". Ed è un oggetto sconcertante, che meriterebbe di essere studiato dalle teste d'uovo del settore.
Se non l'avete mai visto, non cliccate subito. Vi chiedo prima un piccolo sforzo: voi come lo immaginate il blog di uno studioso serio del fenomeno pedofilia? Testi asciutti e senza fronzoli, data la gravità del tema? Una certa sobrietà nell'uso di immagini? E magari un corredo bibliografico di un certo spessore, visto che l'autorevolezza è una cosa che non s'improvvisa?
Ecco, il blog di Frassi è l'esatto opposto. Zero bibliografia, testi urlati in caratteri di scatola, spesso ironici (o, per diretta ammissione "cinici"), e immagini prese di pacca dai film dell'orrore (dracula, zombies, eccetera). Ne risulta un effetto "Cronaca Vera" che stride non poco coi contenuti, eppure… conquista.
Attenzione: non sto dicendo che Massimiliano Frassi non sia un professionista serio. Sto dicendo che su internet ha deciso – consapevolmente, direi – di non giocare il ruolo del professionista serio, ma del cronista di nera. È una scelta curiosa, ma in fin dei conti legittima. C'è solo un limite, a mio parere: e adesso lo spiego.
Forse è una mia idiosincrasia, ma non mi fido di chi mostra foto di bambini picchiati o uccisi. È una vecchia polemica che facevo una volta coi neoconi: perché questa fregola di mostrare le piccole vittime della Jihad? Forse che i bambini palestinesi non muoiono allo stesso modo, e talvolta in numero maggiore? Ma soprattutto, che bisogno c'è di esibire la violenza? Dove finisce il diritto di cronaca e comincia il morboso? C'è chi è convinto che solo in questo modo io possa capire che la Jihad fa male. Le parole non bastano, figuriamoci i ragionamenti. Solo le foto, i filmati, le immagini. Solo l'occhio capisce: il cervello è troppo lento. A quei tempi mi pareva che i neoconi mi prendessero per fesso: se sono adulto, non ho bisogno di assistere a una decapitazione per capire che la decapitazione è una cosa orribile.
Frassi, purtroppo (per me), mi suggerisce la stessa sensazione. È chiaro che se parli di violenze sui bambini, non hai bisogno di mostrarmi nulla per farmi inorridire. O non è chiaro? Ad ogni buon conto, qualche volta Frassi preferisce farmi vedere le immagini. Tra un dracula, uno zombie, la magliettina dedicata al suo cane (peraltro simpatica), Frassi mi fa vedere foto di bambini piccoli neri e rossi di lividi. Ne trovate (ma vi sconsiglio di farlo) il 3 giugno e il 26 aprile.
La cosa sarebbe già di per sé discutibile: in dieci anni di Internet, queste sono le prime foto di bambini molestati in cui m'imbatto. Ma diventa assolutamente fuorviante dal momento che Frassi non sta parlando dei bambini delle foto, ma di Rignano Flaminio. E i bambini nelle foto non sono senz'altro quelli di Rignano, visto che le perizie non hanno fino a questo momento trovato prove di violenza fisica.
Questo, però, gli utenti del blog di Frassi non è detto che lo sappiano. Sul serio. Alcuni sono esperti e si sanno districare nel bailamme mediatico di questi giorni. Altri no: altri si fidano semplicemente dell'esperto. E Frassi in effetti un curriculum di esperto ce l'ha. Ma quando scrive il blog, più che un esperto somiglia davvero a un consumato redattore di nera: uno che da qualche parte del suo pc ha una galleria di foto di bambini picchiati, e freddamente decide ogni tanto di associare qualcuna di queste foto a un caso ancora aperto. Per quale motivo, se non quello di alzare un polverone intorno al lettore?
Potrebbe fare una cosa del genere su un giornale – una pubblicazione qualsiasi, Cronaca Vera inclusa? No, non potrebbe. Ma su un blog si può. Nessuno gli può obiettare niente. Non gli è imposto nessun criterio nella scelta e nell'abbinamento delle immagini. Può fare quel che vuole, e lo fa. Ecco un argomento interessante contro i blog, per chi dopo anni non riuscisse più a trovarne.
Tutto questo sarebbe già abbastanza inquietante se Frassi, con la sua Onlus, non fosse il consulente dei genitori dei bambini di Rignano; dopo essere stato ugualmente consulente dei genitori nel caso di Brescia. Le testimonianze nei due casi sono molto simili. A Brescia solo un indagato non è stato scagionato e sta scontando la pena.
Io continuo a non sapere se i bambini di Rignano siano stati molestati o no, ma sono sicuro che non sono quelli nelle foto. Se dovessi formulare un giudizio su Frassi unicamente dai contenuti e dai toni del suo blog, dal criterio con cui sceglie le immagini e le associa ai contenuti e dalle fonti (quasi mai citate), non avrei molti dubbi. Ma non devo farlo e non lo faccio.
Finisco con un'amplissima citazione dal giustiziere, che mi scuserà.
Anche del giustiziere so molto poco: e quel poco che so l'ho desunto dal suo blog, dai suoi toni, dalla scelta delle immagini, dal suo uso delle fonti. Resta un modo molto pericoloso di formulare i propri giudizi: voi non fidatevi. Fate un giro qui e là, confrontate, cercate. E non fidatevi di chi vi spaccia foto di bambini. In generale.
L'inchiesta di Rignano va avanti (avanti?) e io continuo a non saperne nulla. Ma una volta ho scritto che Massimiliano Frassi meritava un discorso a parte. Questo discorso avevo poi preferito lasciarlo perdere: in fondo chi sono io per mettere in dubbio la serietà e la professionalità di uno che in questo settore ci opera da anni? Ho letto i suoi libri (uno prefato addirittura da Costanzo)? No. E allora, basta. Oltretutto pare abbia la querela facile. Chi me lo fa fare?
Il problema è che ha un blog.
E io – che non sono esperto di pedofilia, né di sociologia, né di pedagogia dell'età evolutiva – in effetti non posso dirmi esperto di nulla, tranne di blog. Di questi ho una certa esperienza, e di questo mi limiterò a parlare. Non del Frassi scrittore, del Frassi studioso, o del Frassi consulente, ma unicamente del suo blog. Che è interessante come oggetto in sé.
Probabilmente non è, come scrisse Frassi una volta, "l secondo blog più letto in Italia, dietro all’inarrivabile Beppe Grillo" (fonte?) Senz'altro è, come recita l'occhiello, "il Blog più letto nel campo della lotta alla pedofilia". Ed è un oggetto sconcertante, che meriterebbe di essere studiato dalle teste d'uovo del settore.
Se non l'avete mai visto, non cliccate subito. Vi chiedo prima un piccolo sforzo: voi come lo immaginate il blog di uno studioso serio del fenomeno pedofilia? Testi asciutti e senza fronzoli, data la gravità del tema? Una certa sobrietà nell'uso di immagini? E magari un corredo bibliografico di un certo spessore, visto che l'autorevolezza è una cosa che non s'improvvisa?
Ecco, il blog di Frassi è l'esatto opposto. Zero bibliografia, testi urlati in caratteri di scatola, spesso ironici (o, per diretta ammissione "cinici"), e immagini prese di pacca dai film dell'orrore (dracula, zombies, eccetera). Ne risulta un effetto "Cronaca Vera" che stride non poco coi contenuti, eppure… conquista.
Attenzione: non sto dicendo che Massimiliano Frassi non sia un professionista serio. Sto dicendo che su internet ha deciso – consapevolmente, direi – di non giocare il ruolo del professionista serio, ma del cronista di nera. È una scelta curiosa, ma in fin dei conti legittima. C'è solo un limite, a mio parere: e adesso lo spiego.
Forse è una mia idiosincrasia, ma non mi fido di chi mostra foto di bambini picchiati o uccisi. È una vecchia polemica che facevo una volta coi neoconi: perché questa fregola di mostrare le piccole vittime della Jihad? Forse che i bambini palestinesi non muoiono allo stesso modo, e talvolta in numero maggiore? Ma soprattutto, che bisogno c'è di esibire la violenza? Dove finisce il diritto di cronaca e comincia il morboso? C'è chi è convinto che solo in questo modo io possa capire che la Jihad fa male. Le parole non bastano, figuriamoci i ragionamenti. Solo le foto, i filmati, le immagini. Solo l'occhio capisce: il cervello è troppo lento. A quei tempi mi pareva che i neoconi mi prendessero per fesso: se sono adulto, non ho bisogno di assistere a una decapitazione per capire che la decapitazione è una cosa orribile.
Frassi, purtroppo (per me), mi suggerisce la stessa sensazione. È chiaro che se parli di violenze sui bambini, non hai bisogno di mostrarmi nulla per farmi inorridire. O non è chiaro? Ad ogni buon conto, qualche volta Frassi preferisce farmi vedere le immagini. Tra un dracula, uno zombie, la magliettina dedicata al suo cane (peraltro simpatica), Frassi mi fa vedere foto di bambini piccoli neri e rossi di lividi. Ne trovate (ma vi sconsiglio di farlo) il 3 giugno e il 26 aprile.
La cosa sarebbe già di per sé discutibile: in dieci anni di Internet, queste sono le prime foto di bambini molestati in cui m'imbatto. Ma diventa assolutamente fuorviante dal momento che Frassi non sta parlando dei bambini delle foto, ma di Rignano Flaminio. E i bambini nelle foto non sono senz'altro quelli di Rignano, visto che le perizie non hanno fino a questo momento trovato prove di violenza fisica.
Questo, però, gli utenti del blog di Frassi non è detto che lo sappiano. Sul serio. Alcuni sono esperti e si sanno districare nel bailamme mediatico di questi giorni. Altri no: altri si fidano semplicemente dell'esperto. E Frassi in effetti un curriculum di esperto ce l'ha. Ma quando scrive il blog, più che un esperto somiglia davvero a un consumato redattore di nera: uno che da qualche parte del suo pc ha una galleria di foto di bambini picchiati, e freddamente decide ogni tanto di associare qualcuna di queste foto a un caso ancora aperto. Per quale motivo, se non quello di alzare un polverone intorno al lettore?
Potrebbe fare una cosa del genere su un giornale – una pubblicazione qualsiasi, Cronaca Vera inclusa? No, non potrebbe. Ma su un blog si può. Nessuno gli può obiettare niente. Non gli è imposto nessun criterio nella scelta e nell'abbinamento delle immagini. Può fare quel che vuole, e lo fa. Ecco un argomento interessante contro i blog, per chi dopo anni non riuscisse più a trovarne.
Tutto questo sarebbe già abbastanza inquietante se Frassi, con la sua Onlus, non fosse il consulente dei genitori dei bambini di Rignano; dopo essere stato ugualmente consulente dei genitori nel caso di Brescia. Le testimonianze nei due casi sono molto simili. A Brescia solo un indagato non è stato scagionato e sta scontando la pena.
Io continuo a non sapere se i bambini di Rignano siano stati molestati o no, ma sono sicuro che non sono quelli nelle foto. Se dovessi formulare un giudizio su Frassi unicamente dai contenuti e dai toni del suo blog, dal criterio con cui sceglie le immagini e le associa ai contenuti e dalle fonti (quasi mai citate), non avrei molti dubbi. Ma non devo farlo e non lo faccio.
Finisco con un'amplissima citazione dal giustiziere, che mi scuserà.
Il presidente deve far vivere una onlus, e per farlo deve trovare un campo “nuovo” di lotta agli abusi sull’infanzia.
Nel settore (l’ambiente) esiste già chi si occupa di combattere la pedofilia online, associazione Meter di Don Fortunato di Noto. Non si può neanche creare un telefono di segnalazione per i bimbi abusati (Telefono Azzurro Di Caffo).
Cosa rimane????
L’assistenza ai genitori degli abusati.
Nessuno ci aveva mai pensato. Anche perché il settore presente un piccolo problema intrinseco.
Quale?
Che, come sanno oramai anche i sassi, il 70% degli abusi avviene, purtroppo, in famiglia.
Problema non da poco…
Affatto. Basta dire l’esatto opposto.
Che il 70% degli abusi avviene fuori le mura domestiche ed il gioco è fatto!!!!
Ma non è vero!
Certo che no, ma chi se ne frega!!!!!
Non commetta lo stesso errore degli studiosi che combattono l'associazione, e nel farlo la controbattono con argomenti scientifici.
E come sperare di colpire una mosca con un bazooka; uno strumento inadatto.
Questi non fanno scienza, non gli importa di dire cose esatte. Non citano fonti.[…]
Il loro scopo è un altro.
Devono costruire un Panteon di esoterismo satanico.
Devono costruire allarme e diffidenza.
Devono alimentare paura.
Guardi il loro blog, che è il vero sito dell'associazione, tutto è analizzato sull’architettura del terrore.
Stupri, sangue e perversione.
Ogni ansa che parla di questo viene riportata.
Se in giornata non vi è nulla di pedofilia i nostri non demordono, spaziano ad altro. Donne violentate, uccise, banditi che escono dal carcere con permessi, animali torturati.
Tutto fa brodo, basta che sia Grand Guignol. Bisogna convincere la gente che il mondo è pieno di orchi cosicché i più sospettosi verranno da loro a far vedere i propri figli.
Anche del giustiziere so molto poco: e quel poco che so l'ho desunto dal suo blog, dai suoi toni, dalla scelta delle immagini, dal suo uso delle fonti. Resta un modo molto pericoloso di formulare i propri giudizi: voi non fidatevi. Fate un giro qui e là, confrontate, cercate. E non fidatevi di chi vi spaccia foto di bambini. In generale.
Comments (21)
07-04-2003, 02:58dialoghi, guerra, metafore, necro-voyeurismo, neoconiPermalink
Senso unico
siamo qui, a migliaia di chilometri, puliti e soddisfatti. Facciamo tre pasti e una doccia al giorno. Ogni tanto un occhio alla tv – stiamo vincendo una guerra. Bene. Ma quand’è sabato, e ci va di farci un giro in Centro, c’è sempre qualche stupido idealista che…
“Salve, passante”.
“Salve, scocciatore”.
“Stiamo raccogliendo fondi per…”
“Sentiamo cos’è stavolta”
“…la leucemia”.
“E perché proprio la leucemia? Quanti morti fa la leucemia?”
“Eh?”
“Perché non l’Aids? O il cancro? O la malaria? Lo sai quanti morti fa in Africa la malaria?”
“N-no”.
“Peggio per te. Lo sai cosa sei, tu? Sei un salutista a senso unico. La gente intorno a te muore a sciami, ma per te è tutta colpa della leucemia. Dov’eri mentre si diffondeva la SARS?”
“Ecco, io…”
“A Zanzibar, in Tanzania, una donna è condannata a morire di peritonite. Lo sapevi?”
“Ne ho sentito parlare, ma…”
“Ma non t’interessa niente. Tu sei solo contro la leucemia. Hai occhi e orecchi solo per la leucemia. Del resto, non c’è da stupirsi di gente come te, che ha chiuso gli occhi davanti ai milioni di vittime dell’influenza Spagnola nel 1918”.
“Ma io nel 1918 non ero ancora nato…”
“Certo, certo. E il vaiolo? E la lebbra? Tu sai cosa può fare la lebbra al volto di un bambino? Anzi, ho giusto delle foto qui con me. Le vuoi vedere?”
“Ehm, preferirei di no”
“E invece io te le mostro. Guarda qui”.
“Oddio”
“Guarda, guarda”
“Sto per svenire”.
“Roba forte, eh? E tu non fai nulla per evitare tutto questo, non ti vergogni?”
“Un po’ sì. Però anche la leucemia…”
“E sentilo! Leucemia, leucemia, sai solo dire leucemia. Ma sai che mi stai facendo venire i nervi? E se mi venisse voglia di difenderla, questa leucemia? Di organizzare un leucemia day? Di esporre la bandiera della leucemia dai miei balconi?”
“Senta, mi dispiace averla importunata. Vada pure per la sua strada”.
“Vedete come siete, voialtri? Faziosi e arroganti”.
“Sì. Ci vediamo un’altra volta”.
“Non si può parlare con voi”.
“Già. Le auguro una buona domenica”.
“Anche a te. E ricordati la faccia del bimbo lebbroso”
“Non me la dimenticherò mai”.
“È anche colpa tua, ricordati”.
“Sì, mi ricordo. Addio”.
“Leucemia, leucemia, sempre a dare addosso alla leucemia. È tutta invidia, ecco cos’è”.
siamo qui, a migliaia di chilometri, puliti e soddisfatti. Facciamo tre pasti e una doccia al giorno. Ogni tanto un occhio alla tv – stiamo vincendo una guerra. Bene. Ma quand’è sabato, e ci va di farci un giro in Centro, c’è sempre qualche stupido idealista che…
“Salve, passante”.
“Salve, scocciatore”.
“Stiamo raccogliendo fondi per…”
“Sentiamo cos’è stavolta”
“…la leucemia”.
“E perché proprio la leucemia? Quanti morti fa la leucemia?”
“Eh?”
“Perché non l’Aids? O il cancro? O la malaria? Lo sai quanti morti fa in Africa la malaria?”
“N-no”.
“Peggio per te. Lo sai cosa sei, tu? Sei un salutista a senso unico. La gente intorno a te muore a sciami, ma per te è tutta colpa della leucemia. Dov’eri mentre si diffondeva la SARS?”
“Ecco, io…”
“A Zanzibar, in Tanzania, una donna è condannata a morire di peritonite. Lo sapevi?”
“Ne ho sentito parlare, ma…”
“Ma non t’interessa niente. Tu sei solo contro la leucemia. Hai occhi e orecchi solo per la leucemia. Del resto, non c’è da stupirsi di gente come te, che ha chiuso gli occhi davanti ai milioni di vittime dell’influenza Spagnola nel 1918”.
“Ma io nel 1918 non ero ancora nato…”
“Certo, certo. E il vaiolo? E la lebbra? Tu sai cosa può fare la lebbra al volto di un bambino? Anzi, ho giusto delle foto qui con me. Le vuoi vedere?”
“Ehm, preferirei di no”
“E invece io te le mostro. Guarda qui”.
“Oddio”
“Guarda, guarda”
“Sto per svenire”.
“Roba forte, eh? E tu non fai nulla per evitare tutto questo, non ti vergogni?”
“Un po’ sì. Però anche la leucemia…”
“E sentilo! Leucemia, leucemia, sai solo dire leucemia. Ma sai che mi stai facendo venire i nervi? E se mi venisse voglia di difenderla, questa leucemia? Di organizzare un leucemia day? Di esporre la bandiera della leucemia dai miei balconi?”
“Senta, mi dispiace averla importunata. Vada pure per la sua strada”.
“Vedete come siete, voialtri? Faziosi e arroganti”.
“Sì. Ci vediamo un’altra volta”.
“Non si può parlare con voi”.
“Già. Le auguro una buona domenica”.
“Anche a te. E ricordati la faccia del bimbo lebbroso”
“Non me la dimenticherò mai”.
“È anche colpa tua, ricordati”.
“Sì, mi ricordo. Addio”.
“Leucemia, leucemia, sempre a dare addosso alla leucemia. È tutta invidia, ecco cos’è”.