Tutti matti per B.B.

Permalink
La definizione di Black Bloc
"E questo è il mio contributo al movimento: un contributo da piccolo correttore di bozze frustrato" (un pirla, 10 anni fa).

Non so quanto senso abbia dirlo oggi, ma i veri Black Bloc di dieci anni fa (perché è questo che stiamo facendo: adoperiamo una terminologia di dieci e più anni fa) non mandavano i poliziotti in infermeria. Non che avessero alcuna simpatia per le forze dell'ordine, ma semplicemente questa idea di caricare i professionisti della carica, di bastonare i professionisti del bastone, non rientrava nelle loro pratiche di contrapposizione, credo che allora si dicesse così. Insomma loro facevano un'altra cosa precisa, che consisteva nel nascondersi e vandalizzare i simboli del potere economico (banche, fastfood, automobili a partire da una certa cilindrata, vetrine). Non erano nemmeno 'violenti' in senso stretto, a meno di non voler considerare le vetrine come esseri senzienti in grado di percepire il dolore, e in effetti a Genova molti piansero più per la sensibilità offesa dei negozi che per la testa spaccata di Giuliani. Diciamo che erano vandali organizzati, che allo scontro frontale (pallino dei masochisti militanti dei centri sociali italiani) preferivano tattiche di guerriglia oggettivamente meno rischiose, cercando di massimizzare l'impatto mediatico. L'idea era che un negozio devastato richiama più attenzione di centinaia di cortei pacifici, e non era così campata in aria, purtroppo.

Ne parlo al passato anche se probabilmente i BB veri da qualche parte esistono ancora, e continuano a spaccare vetrine con furia antiturbocapitalista. Però da noi non è più possibile chiamarli col loro vero nome, da Genova 2001 in poi, con tutta l'infiltrazione e la semplice confusione che ci fu in quelle giornate. Al punto che mi sento un pirla io, a voler fare la punta alle matite, a sottolineare che ai miei tempi, eh, ai miei tempi signora mia anche i Black Bloc erano una cosa precisa, mica tutto 'sta confusione di adesso.

In realtà no, non ho nessuna pretesa o speranza di vincere una battaglia terminologica che è già stata persa da anni, più o meno da quando ci siamo rassegnati a usare il termine finto inglese vero autarchico napulitano “No Global”, che all'inizio era una cosa che non si poteva sentire. Più o meno nello stesso periodo qualsiasi tizio col volto coperto pronto a tirare qualche oggetto contundente sul casco di un poliziotto è stato arruolato dalla stampa italiana nei temibili Black Bloc (spesso con un'altra kappa finale, non ci sono mai abbastanza kappa quando si parla di queste cose). Oppure negli anarco-insurrezionalisti, che anche loro in realtà sarebbero quelli che mettono le bombe nei cassonetti, salvo che lo fanno così raramente (una volta ogni due o tre anni) che il nome praticamente è sprecato, ed è un peccato perché suona proprio bene, anarco-insurrezionalista. Così alla fine lo hanno riciclato, lo usano tutte le volte che nei filmati non ci sono abbastanza manifestanti vestiti di nero, per cui usare Black Bloc suonerebbe un po' incongruo, ecco, quelli diventano anarco-insurrezionalisti.

In realtà è affascinante studiare perché certi nomi funzionino meglio di altri, ad esempio io capii che “No Global” aveva vinto quando vidi le magliette che vendevano ai margini dei forum sociali: qualche genio (malvagio) aveva serigrafato una foto del subcomandante Marcos col passamontagna e il dito medio alzato sopra a quel maiuscolo sfacciato NO GLOBAL, ecco, credo che si trattasse di un fotomontaggio, non ce lo vedo proprio il subcomandante, che a suo modo è persona di una certa raffinatezza, col medio alzato; ma quella serigrafia aveva qualcosa di così volgarmente efficace da mangiarsi in un boccone qualsiasi altro slogan più costruttivo e possibilista, ad esempio “un altro mondo è possibile”. Possibile? Ma quindi bisogna sbattersi a immaginarlo, fare progetti, prospetti, riunioni, una fatica che non ti dico (qualcuno crede che il movimento di Genova fu sconfitto a Genova, e invece no, finché si prese le botte cresceva e attirava consensi: cominciò a perderli quando si passò alla fase propositiva, dal forum di Firenze in poi). NO GLOBAL è molto più chiaro: ci sono dei malvagi global e noi gli diciamo no. Praticamente è neolingua: paradossale per costituzione, perché in fondo cosa c'è di più globalizzato del dito medio, probabilmente il segno non verbale più conosciuto del mondo. Un'altra cosa che funziona bene nella neolingua sono le allitterazioni: BB, Big Brother, Black Bloc, riempie la bocca in un modo meraviglioso, non che importi realmente che gente fosse e cosa faceva. Sì, è un po' come confondere PCI e Brigate Rosse; d'altro canto molta gente ormai lo fa.

Questa approssimazione nella terminologia, questo arrivare sempre più o meno con dieci anni di ritardo (magari alcuni “black bloc” della Val di Susa ai tempi dei BB veri avevano sei o sette anni), una volta era scusabile, diciamo fino a tutto il ventesimo secolo, quando certi gruppi o gruppuscoli erano semiclandestini e i loro ciclostili non sempre leggibili. Però siamo nel 2011, non è così difficile digitare “black bloc” su google. A questo punto secondo me un certo tipo di sciatteria è intenzionale. Voglio dire che ci tengono, i giornalisti, a risultare poco informati sull'argomento. È un modo per far sentire le distanze. Nessun organo di stampa serio vuole mostrare di conoscere, anche solo per cultura generale, la lingua dei facinorosi. In fondo è sempre una questione di propaganda, più che di informazione, coi quotidiani italiani.

Ricordo sempre (e mi scuso, perché non c'entra poi così tanto) quel che scrisse Repubblica l'indomani della morte di Giuliani. Scrisse che era un “Punk bestia”, precise parole, punk bestia. E già allora mi chiedevo come fosse possibile che nessuno in quella redazione conoscesse la grafia di pancabbestia, un neologismo ventennale, così poco neo da risultare ormai quasi affettuoso. Mentre a smontarlo recuperava tutto il disprezzo originale, come si fa a dare della bestia a un ragazzino morto? Oggi avrebbe ventotto anni e magari una laurea in scienze marine, va' a sapere.

Io poi tutta la faccenda non la sto seguendo molto, e così come non pretendo di sapere se il TAV sia giusto o no (a occhio mi pare una scommessa rischiosa, l'unica certezza i soldi degli appalti) non saprei neanche più dire chi siano realmente i “black bloc” o “anarcoinsurrezionalisti” della Val di Susa. Faccio fatica a immaginarli grillini, anche se Grillo a furia di promettere apocalissi che non arrivano qualche fanatico lo starà crescendo, ogni Lutero ha il suo Müntzer. Il loro approccio frontale, più che violento masochistico, mi ricorda tantissimo i soliti movimentisti dei soliti centri sociali, con o senza ricambio generazionale: il loro antico pallino per le battaglie campali e per le ferite da mostrare. Alla fine sono complementari ai picchiatori che hanno davanti, e che probabilmente gliele hanno date anche stavolta di santa ragione senza attendere che qualche manifestante scagliasse la prima pietra: non faccio nessuna fatica a crederci, così come non dubito che parecchi residenti e manifestanti pacifici, sotto i fumogeni, abbiano simpatizzato con loro. Però il risultato della battaglia è sempre il solito: da qui in poi chi è contro la Tav è un terrorista, avanti con la Tav. Anche qui, sarebbe bastato cercare su google, c'è tutto un archivio, una galleria, un museo degli errori impressionante. Ma anche qui, c'è gente che su google si guarda bene dall'andarci.
Comments (26)