Estrazioni del Presidente

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La democrazia a premi

ROMA – dal nostro inviato

Confesso, la prima riga di questo pezzo l'avevo in mente quando ero ancora in fila per il check-in, diceva: ROMA – file interminabili davanti alle ricevitorie, una cosa cosi'. Poi arrivo a Roma, mi infilo in un taxi, « Mi porti davanti a una ricevitoria affollata » dico al tassista, lui mi scorrazza per tutta la città eterna senza trovare una sola coda. Insomma, la maledizione dei luoghi comuni ha colpito ancora. La gente gioca, non dico di no, ma ho visto molta più furia davanti a certe slot di Las Vegas.

«La storia degli assalti alle ricevitorie è in gran parte un mito», ammette Giacinto Mariotti, dirigente del movimento Lottomatica Per La Democrazia davanti a un caffè con la schiuma. «Era un sistema per reclamizzare il gioco, nell'epoca pre-istituzionale, quando i cittadini avevano la facoltà di giocare tutte le schedine che volevano. Già allora il Superenalotto era un affare d'oro per le casse dello Stato, e quindi la tv di Stato faceva tutto il possibile per pompare il fenomeno: si inventava le code, intervistava i turisti che giocavano e titolava Vengono in Italia apposta per giocare, roba del genere... che c'è, il suo caffè è troppo caldo? »
«No, mi è andato di traverso»
« Si', ma perché, forse ho detto qualcosa che non... ah, già, dimenticavo. Lo choc culturale».

Sfido io a non farsi andare di traverso anche il migliore espresso di Via Veneto, mentre vi fate raccontare la storia di uno Stato che incita i suoi cittadini al gioco d'azzardo, attraverso la televisione pagata dai cittadini stessi. «L'Italia è cosi'», si stringe le spalle Mariotti, «Io sono tra quelli che credono che si possa migliorare, ma solo a patto di ammettere che è cosi', che il punto di partenza è questo... dopo la fine del Berlusconismo si trattava di trovare una via alla democrazia, alla partecipazione, senza pero' fingere che non fosse successo niente. Non si poteva tornare alla Democrazia Cristiana e al Partito Comunista, semplicemente perché i militanti di quei grandi partiti erano ormai tutti morti o quasi. Bisognava ripartire dalla tabula rasa... che poi cosi' rasa non era: la strutture, a cercarle, c'erano...»
«Il Superenalotto, per esempio».
«Puo' suonare eretico, ma è proprio cosi'. Lo si poteva vedere come un sistema per fare cassa, lucrando sulle illusioni della gente... ma anche come un grande momento di comunione popolare, gente di ogni ceto e razza unite dall'abitudine di giocarsi dei numeri. Per molti anni noi abbiamo cercato un minimo comune denominatore per tutti gli italiani, e non riuscivamo a trovarlo, finché...»
«...non siete entrati in ricevitoria».
«Già. E pensare che era appena dall'altra parte della strada».
Prima di fondare LottomaticaXLD, Giacinto militava in un piccolo partito di cui si vergogna persino a fare il nome. «Eravamo quattro gatti », scherza, «senza grosse possibilità di entrare in parlamento. Ma credevamo di possedere l'Arma segreta». L'arma segreta era il Referendum abrogativo, uno strumento previsto dalla Costituzione italiana, che teoricamente consentiva anche ai piccoli partiti di influire sulla vita politica. Bastava (si fa per dire) raccogliere 150mila firme per indire un referendum che permettesse di cambiare un testo di legge. Il primo storico referendum abrogativo fu indetto nel 1974, promosso dai cattolici che volevano revocare la legge sul divorzio appena emanata: la maggioranza degli italiani, contro ogni pronostico, voto' per mantenere il divorzio. Da allora il referendum divenne una delle forme di partecipazione democratica più apprezzate dagli italiani, che nei vent'anni successivi votarono per decine di quesiti referendari: in quegli anni i raccoglitori di firme esercitavano un vero e proprio contropotere rispetto al Parlamento. Ancora a metà degli anni Novanta un referendum poteva troncare la carriera di un politico, o viceversa farla decollare. Col tempo, tuttavia, subentro' una certa stanchezza, aggravata dal fatto che i referendum abrogativi italiani (a differenza di quelli svizzeri) per essere validi dovevano portare almeno la maggioranza degli italiani nelle urne. Un risultato sempre più difficile da ottenere, nei lunghi anni dell'ipnosi berlusconiana (non è un caso che uno degli ultimi referndum validi fosse quello che consentiva ai canali di Berlusconi di interrompere i programmi con gli spot).

Nel frattempo, « dall'altra parte della strada », il Superenalotto diventava un fenomeno di costume. Un concorso a premi gestito dallo Stato, basato sui concorsi locali pre-esistenti (le ruote del Lotto), a cui si aggiungeva un'intuizione venuta da lontano: il jackpot. Nel giro di un decennio il superenalotto era diventato il concorso più lucroso del mondo. Oppure, per dirla con Mariotti, un grande momento di comunione popolare. «Senza dubbio il fatto che il concorso fosse gestito dallo Stato fu determinante, quando nel 2014 avanzammo la prima proposta di abbinare un quesito referendario alla schedina. Ci prendevano per matti, ma nessuno riusciva a spiegare esattamente cosa ci fosse di sbagliato nell'idea».

Già, cosa c'è di male? La Costituzione certo non proibisce espressamente di abbinare la scheda elettorale alla schedina del superenalotto. Chi non avrebbe voluto spendere una manciata di euro per esercitare un sacrosanto diritto avrebbe potuto giocare, pardon, usare la scheda semplice, non abbinata al concorso: ma sin dall'inizio fu chiaro che sarebbero stati una minoranza. La prima Estrazione Referendaria ebbe luogo nel 2017: l'argomento era il Nucleare (un vecchio cavallo di battaglia dei referendari). Fu un successo clamoroso. L'argomento non era molto popolare, e il dibattito era stato snobbato dai media: eppure il quorum (che in quegli anni oscillava intorno al 20%) schizzo' all'80. «Molta gente scopri' che c'era un referendum direttamente in ricevitoria: mentre giocava voltava la scheda e trovava il quesito: volete i reattori nucleari nelle zone a rischio sismico si' o no? Naturalmente fummo sommersi dalle critiche, si diceva che in questo modo banalizzavamo l'istituto referendario, lo trasformavamo in una specie di sondaggio... in parte avevano ragione. Pero' banalizzando lo avevamo rimesso in funzione: la gente si poneva i problemi, anche solo per qualche secondo in tabaccheria, pero' se li poneva... imparava a valutare i pro e i contro delle sue scelte, ne discuteva...»
«E qualcuno ci vinceva anche qualcosa».
«Non c'è niente di male in questo».
«Ma è sicuro che l'abbinamento al referendum non abbia in qualche modo incentivato il gioco d'azzardo?»
«Credo il contrario».
«Addirittura».
«Il gioco d'azzardo esisteva già, non lo abbiamo certo inventato noi. Prima dell'abbinamento referendario esisteva la possibilità per il singolo di giocare più schede. Capitava ogni tanto che un vecchietto si giocasse la pensione. Questa possibilità è teoricamente svanita da quando il superenalotto è diventato un voto (prima solo referendario, poi anche legislativo e amministrativo). Oggi per giocare occorre fornire il proprio codice fiscale, e nessuno puo' giocare più di una schedina. Certo, ci si puo' ancora indebitare coi 'sistemoni' [schedine speciali che consentono di giocare piu' combinazioni], ma è una possibilità che esisteva già prima».
«E il traffico di voti? C'è chi dice...»
L'ennesima scrollata di spalle. «Certo, c'è gente che vende i propri dati, il proprio codice fiscale. Gli stessi che prima vendevano il loro voto. Questi sono difetti della democrazia in generale, non dell'Estrazione democratica in particolare. Esisteranno sempre, forse. O forse troveremo un modo per risolverli, un giorno. Nel frattempo abbiamo risolto altri problemi: abbiamo riportato un popolo nelle urne, non mi sembra un risultato da poco».

La Democrazia a Premi. Un'idea cosi' semplice: eppure non era venuta in mente a nessuno, da Solone in poi. Forse ci potevano arrivare solo gli italiani, e solo dopo vent'anni di mediacrazia berlusconiana.
A Roma sono le sei del pomeriggio: l'estrazione è precvista tra un'ora. Giacinto mi saluta, si scusa ma deve tornare alla sede del suo partito, dove fervono i preparativi per i festeggiamenti. Oggi si vota per legalizzare l'etaunasia, sancire il diritto all'autodeterminazione dei feti e l'impiccagione per i clandestini in possesso di schedine del superenalotto. «Ho votato rispettivamente si', no e no», confessa Giacinto, «seguiro' l'Estrazione sul maxischermo coi miei compagni di partito».
«Ma... siete sicuri che festeggerete?»
«Festeggeremo comunque. Per un sincero democratico ogni voto è una festa».
«Ma mettiamo che vincesse».
«Be', meglio ancora».
«No, intendo dire: mettiamo che vincesse il Jackpot, col Premio speciale: la Presidenza...»
«...della Repubblica. Mah, so che le leggi della probabilità non sono dalla mia parte. Pero' non è elettrizzante sapere che stanotte uno qualsiasi di noi, uno su sessanta milioni, potrebbe diventare Presidente? Potrebbe essere una donna di mezz'età, uno spazzino di vent' anni, una colf regolarizzata...»
«Ma statisticamente sarà un pensionato bianco».
«La statistica non è che ci azzecchi sempre. E comunque, se i pensionati gioc... votano di piu', è giusto che abbiano piu' possibilità».
«E pensa che sarà un bravo presidente?»
«Non sarà difficile comportarsi meglio di altri che non sono stati estratti a sorte».
«Ehm, era una frecciata?»
«Ma no, è che non è cosi' difficile fare il Presidente della nostra Repubblica, dopotutto. Si tratta di farsi bendare, pescare cinque palline, aprirle... un bambino sarebbe capace».
«In effetti, perché non fate giocare anche i bambini?»
«E' un'ingiustizia, lo so. Ci stiamo lavorando».
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