sei nato paperino, che cosa ci vuoi far
28-10-2007, 18:33omofobie, pubblicitàPermalinkGabriellino, 4 giorni, è nato omosessuale.
Non lo ha scelto lui. È una questione del DNA: hai presente il DNA? A scuola te l’avranno mostrata: è una proteina intrecciata con tante letterine scritte dentro. Se c’è scritto “gay”, Gabriellino nasce gay, e non può farci niente. Lui. Ma noi possiamo.
Aiutaci a curarlo.
Il bambino e l'acqua sporca
Forse è vero quel che cordialmente mi ha scritto Paolo Colonna qualche giorno fa: io sui gay non ne azzecco una. Ecco, più che omofobia potrebbe trattarsi di omoignoranza: qualcosa che col tempo è possibile curare. Nel frattempo, con tanti argomenti che ci sono al mondo, potrei evitare di scrivere di una cosa che evidentemente non conosco.
Però questo manifesto non è rivolto ai gay. È un messaggio rivolto a tutti. Ed è un messaggio profondamente ambiguo, secondo me. Di cosa si voleva parlare? Di uguaglianza, di tolleranza, di diritti? E invece ci ritroviamo a parlare di genetica. Come minimo, il manifesto svia la discussione: non dice che l’omosessualità sia una cosa normale o positiva; dice che non è una scelta. Se per questo, nemmeno la sindrome di Down. E io, sarò strano, ma appena ho visto il manifesto ho subito pensato alla sindrome di Down. Neonato + braccialetto inquietante = mongoloide. Che volete farci? L’inconscio non si processa.
Anche lo slogan mi lascia parecchio perplesso. “L’orientamento sessuale non è una scelta”. Sono d’accordo: non è una scelta. Ma allo stesso tempo non sono d’accordo: lo dovrebbe diventare. Per farvi un esempio: se sopra la foto di una donna ci scrivo “ha meno diritti dell’uomo”, ottengo un manifesto femminista o maschilista? Sto facendo una denuncia o sto enunciando una verità? Probabilmente ognuno preferirà leggerci quello che pensa già. Ma io non volevo questo. Volevo che i passanti capissero il mio messaggio.
Accostando la frase “non è una scelta” a un neonato, il poster sembra non lasciare adito a dubbi: l’omosessualità è un fattore genetico. Questo però non solo non è ancora stato dimostrato scientificamente (e scusate se è poco!) ma è anche irrilevante. Il problema non è nascere gay o diventarlo, ma essere liberi di poterlo diventare. Io penso che oggi il nostro orientamento sessuale sia il risultato di un condizionamento ambientale e (forse) di fattori genetici. E mi piacerebbe vivere in un mondo dove tutti fossimo liberi seguire o disattendere i nostri destini genetici senza condizionamenti. Il poster senz’altro non mi dice questo. Il poster mi dice: “non puoi discriminare i gay, poverini. Non è colpa loro se sono nati così”.
È quello che più o meno mi è capitato di affermare su Macchianera, un sito che ormai rappresenta per la mia generazione quello che nell’Ottocento era l’androne dei bordelli: mentre ci si tira su le braghe nascono le discussioni più disinibite e interessanti. Infatti mentre vengo più o meno redarguito, e addirittura associato a un editoriale del Foglio (e mentre Paolo mi spiega che non ne capisco niente), mi capita di imparare un paio di cose. Per esempio: a insistere molto sul concetto di “Scelta sessuale” sarebbe la stampa cattolica. Ecco, non lo sapevo. Ma me ne faccio subito una ragione: se sei tu a scegliere, e scegli male, sei un peccatore, e la Chiesa può assolverti. Invece se sei nato gay, allo stesso modo in cui altri nascono biondi o mongoloidi, alla Chiesa resta solo l’imbarazzo di spiegare perché Dio Padre Onnipotente ti ha voluto proprio far nascere così.
Ho capito. Il neonato col braccialetto serviva a smentire i preti. È il classico caso di neonato buttato via con l’acqua sporca: pur di liquidare il concetto di “peccato”, ci liberiamo pure del concetto di libera scelta. Ma poi cosa ci resta? Una proteina attorcigliata che nessuno peraltro riesce a leggere bene?
Paolo scrive che non ha scelto di essere gay, proprio come non ha scelto di essere mancino. Lo capisco. Probabilmente nemmeno io ho scelto di essere eterosessuale, automobilista o autore di blog. È la società che ha dei buchi da riempire e ci sbatte come pongo negli stampini. Tutto questo è assolutamente vero, ma non è giusto. Peraltro, dopo tante manifestazioni di orgoglio gay mi ero convinto che molti attivisti lgbt preferissero rivendicare il loro destino, riconvertendolo in una scelta. Va bene, probabilmente non ho capito nulla. Imparerò.
Però, nel frattempo, fidatevi di un etero un po' ignorante: se io vedo un manifesto così per strada, io ci leggo che gli omosessuali sono una minoranza di sfigati da curare. E secondo me non era questo il messaggio giusto.
(Poscritto: in realtà io non sopporto lo sfruttamento dell’immagine dei neonati nella pubblicità, in qualsiasi pubblicità, dai pannolini a quel cartello sulla nazionale goitese in cui un paciughino ti vende infissi in pvc. Secondo me le pubblicità tv a base di neonati hanno allevato tutta una generazione di pedofili che poi crescendo si sono messi a cercare su internet dosi sempre più pesanti. Ma è solo un’altra di quelle mie idee).
Non lo ha scelto lui. È una questione del DNA: hai presente il DNA? A scuola te l’avranno mostrata: è una proteina intrecciata con tante letterine scritte dentro. Se c’è scritto “gay”, Gabriellino nasce gay, e non può farci niente. Lui. Ma noi possiamo.
Aiutaci a curarlo.
Il bambino e l'acqua sporca
Forse è vero quel che cordialmente mi ha scritto Paolo Colonna qualche giorno fa: io sui gay non ne azzecco una. Ecco, più che omofobia potrebbe trattarsi di omoignoranza: qualcosa che col tempo è possibile curare. Nel frattempo, con tanti argomenti che ci sono al mondo, potrei evitare di scrivere di una cosa che evidentemente non conosco.
Però questo manifesto non è rivolto ai gay. È un messaggio rivolto a tutti. Ed è un messaggio profondamente ambiguo, secondo me. Di cosa si voleva parlare? Di uguaglianza, di tolleranza, di diritti? E invece ci ritroviamo a parlare di genetica. Come minimo, il manifesto svia la discussione: non dice che l’omosessualità sia una cosa normale o positiva; dice che non è una scelta. Se per questo, nemmeno la sindrome di Down. E io, sarò strano, ma appena ho visto il manifesto ho subito pensato alla sindrome di Down. Neonato + braccialetto inquietante = mongoloide. Che volete farci? L’inconscio non si processa.
Anche lo slogan mi lascia parecchio perplesso. “L’orientamento sessuale non è una scelta”. Sono d’accordo: non è una scelta. Ma allo stesso tempo non sono d’accordo: lo dovrebbe diventare. Per farvi un esempio: se sopra la foto di una donna ci scrivo “ha meno diritti dell’uomo”, ottengo un manifesto femminista o maschilista? Sto facendo una denuncia o sto enunciando una verità? Probabilmente ognuno preferirà leggerci quello che pensa già. Ma io non volevo questo. Volevo che i passanti capissero il mio messaggio.
Accostando la frase “non è una scelta” a un neonato, il poster sembra non lasciare adito a dubbi: l’omosessualità è un fattore genetico. Questo però non solo non è ancora stato dimostrato scientificamente (e scusate se è poco!) ma è anche irrilevante. Il problema non è nascere gay o diventarlo, ma essere liberi di poterlo diventare. Io penso che oggi il nostro orientamento sessuale sia il risultato di un condizionamento ambientale e (forse) di fattori genetici. E mi piacerebbe vivere in un mondo dove tutti fossimo liberi seguire o disattendere i nostri destini genetici senza condizionamenti. Il poster senz’altro non mi dice questo. Il poster mi dice: “non puoi discriminare i gay, poverini. Non è colpa loro se sono nati così”.
È quello che più o meno mi è capitato di affermare su Macchianera, un sito che ormai rappresenta per la mia generazione quello che nell’Ottocento era l’androne dei bordelli: mentre ci si tira su le braghe nascono le discussioni più disinibite e interessanti. Infatti mentre vengo più o meno redarguito, e addirittura associato a un editoriale del Foglio (e mentre Paolo mi spiega che non ne capisco niente), mi capita di imparare un paio di cose. Per esempio: a insistere molto sul concetto di “Scelta sessuale” sarebbe la stampa cattolica. Ecco, non lo sapevo. Ma me ne faccio subito una ragione: se sei tu a scegliere, e scegli male, sei un peccatore, e la Chiesa può assolverti. Invece se sei nato gay, allo stesso modo in cui altri nascono biondi o mongoloidi, alla Chiesa resta solo l’imbarazzo di spiegare perché Dio Padre Onnipotente ti ha voluto proprio far nascere così.
Ho capito. Il neonato col braccialetto serviva a smentire i preti. È il classico caso di neonato buttato via con l’acqua sporca: pur di liquidare il concetto di “peccato”, ci liberiamo pure del concetto di libera scelta. Ma poi cosa ci resta? Una proteina attorcigliata che nessuno peraltro riesce a leggere bene?
Paolo scrive che non ha scelto di essere gay, proprio come non ha scelto di essere mancino. Lo capisco. Probabilmente nemmeno io ho scelto di essere eterosessuale, automobilista o autore di blog. È la società che ha dei buchi da riempire e ci sbatte come pongo negli stampini. Tutto questo è assolutamente vero, ma non è giusto. Peraltro, dopo tante manifestazioni di orgoglio gay mi ero convinto che molti attivisti lgbt preferissero rivendicare il loro destino, riconvertendolo in una scelta. Va bene, probabilmente non ho capito nulla. Imparerò.
Però, nel frattempo, fidatevi di un etero un po' ignorante: se io vedo un manifesto così per strada, io ci leggo che gli omosessuali sono una minoranza di sfigati da curare. E secondo me non era questo il messaggio giusto.
(Poscritto: in realtà io non sopporto lo sfruttamento dell’immagine dei neonati nella pubblicità, in qualsiasi pubblicità, dai pannolini a quel cartello sulla nazionale goitese in cui un paciughino ti vende infissi in pvc. Secondo me le pubblicità tv a base di neonati hanno allevato tutta una generazione di pedofili che poi crescendo si sono messi a cercare su internet dosi sempre più pesanti. Ma è solo un’altra di quelle mie idee).
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