Il gender non esiste; la scuola privata non dovrebbe

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Col tempo, se sei un uomo e l'umanità un po' t'interessa, cominci ad apprezzare le bugie per la quantità di cose vere che ci dicono su chi le racconta, e soprattutto su chi se le beve. Il mito del Gender, per fare un esempio, non c'è dubbio che sia un'invenzione, in gran parte magari costruita a tavolino - e forse non sarebbe complicato nemmeno risalire al tavolino in questione. Ma la forza dei miti non sta in chi li inventa, bensì in chi decide di accoglierli: nelle migliaia (milioni?) di persone a cui puoi evidentemente raccontare che in un asilo pubblico si faccia lezione di masturbazione, senza che nessuno faccia un plissé. Come i genitori che a Rignano Flaminio (perdonatemi, mi tornano in mente sempre le stesse cose), nel 2006 si sentirono raccontare che le maestre della scuola d'infanzia aderivano a una setta pedofila e durante il giorno portavano i loro figli col pulmino in un castello dove venivano seviziati - e trovarono l'idea assolutamente plausibile. Cosa c'è nella testa di queste persone, che non ritengo meno capiente e complessa della mia?

Un'enorme diffidenza per l'istituzione scolastica, senz'altro. Ma non è che una faccia della medaglia. Proviamo a voltarla. Dall'altra parte c'è una mostruosa fede nella scuola, nel suo potere di plasmare il fanciullo e il giovinetto, addirittura di farne un maschio o una femmina o altro. Se tu pensi che la scuola possa fare di tuo figlio un gay, la prima cosa che mi viene in mente è che sei pazzo - ma la metto da parte. La seconda cosa è che tu hai già paura che tuo figlio lo sia, e vabbe'. La terza è che stai riconoscendo a me insegnante un potere enorme. Posso creare omosessuali dal niente. Basta decidere che alla terza ora, invece del solito trattato di Campoformio, ci mettiamo a discutere di "amicizia e amore con il partner dello stesso sesso", ed ecco all'improvviso allignare la torbida perversione iridescente là dove fino a un momento prima c'era solo un po' di curiosità per le imprese di Bonaparte - e nessuna pulsione, naturalmente, i ragazzi non avrebbero pulsioni finché non premiamo noi i pulsanti. È chiaro che se davvero fossimo così potenti, saremmo già riusciti a farci pagare un po' di più, in fin dei conti abbiamo in ostaggio tutti i pre-puberi d'Italia cinque ore al giorno. Ecco, il punto è che ci credono. Migliaia, forse milioni di italiani ritengono che noi abbiamo in ostaggio i loro figli, e che possiamo in qualsiasi momento premere un pulsante e omosessualizzarli, transessualizzarli, trasformarli in consumatori seriali di contraccettivi e pillole abortive. Noi.

Che a pena riusciamo a insegnare l'italiano.
Questa per dire dirige un istituto comprensivo - scuole medie,
elementari, d'infanzia - chi le impedirà di selezionare insegnanti anti-gender?
Certo non Renzi.

A questo punto basta rovesciare il mito per trovarne la ratio: chi crede (o vuol credere) che all'asilo si insegna masturbazione precoce, crede o vuol credere altresì che all'asilo queste cose si potrebbero reprimere. Si dovrebbero reprimere. Non all'asilo pubblico, naturalmente: occorrerà procurarsene uno con personale opportunamente specializzato. Chi paventa moduli educativi sulla "scoperta del proprio corpo e dei propri genitali" da quattro a sei anni, considererà necessario che una scuola come si deve crei una barriera tra il seienne e il suo corpo, e soprattutto i suoi genitali. Chi trova scandalo in una lezione sul "diritto all'aborto" riterrà opportuno che una scuola insegni ai figli il contrario, cioè che l'aborto non è un diritto: e così via. Ecco: chi chiede sgravi fiscali o buoni scuola allo Stato invocando la "libertà di educazione", la "libertà di scelta educativa delle famiglie", a volte ha in mente questo. Magari non tutti. Ma alcuni sì. Vorrebbero un asilo che mettesse delle barriere tra i loro candidi bambini e i loro incontrollabili genitali; preferirebbero una scuola che creasse veri Maschi e vere Femmine, ancor prima che buoni cittadini - cittadini di che, poi? Prima viene la famiglia, e la famiglia sa cos'è bene per i propri bambini. Lo sa per definizione.

Qui devo confessare una cosa. Mi è capitato spesso di affermare polemicamente che la scuola privata mi va bene, purché sia privata davvero, vale a dire pagata da chi ci vuole mandare i propri bambini. Si tratta di una manovra retorica che è un classico di questo blog: usare il liberismo contro i liberali, il cattolicesimo contro i cattolici, il marxismo contro i marxisti ecc. Funziona sempre, ma resta una mossa insincera. Cioè alla fine non è vero che le scuole private mi vanno bene. Prendi l'imam che ha parlato al Family Day, beccandosi gli applausi dei buoni cattolici. Io non voglio che lui, con la scusa della "libertà di scelta" iscriva le sue eventuali figlie a una madrasa. Preferirei che le iscrivesse a una buona scuola pubblica, dove sentiranno magari parlare di contraccettivi e aborto, ma anche di Mirandolina e Gertrude. La stessa cosa vale per i genitori cattolici che l'hanno applaudito. Perché ci tengono tanto che i loro figli/figlie vadano a una scuola privata? Per l'ampio parcheggio, o perché il preside può licenziare un insegnante se anche solo sospetta che sia omosessuale? eccetera. Non credo che né la scuola né la famiglia possano trasformare un eterosessuale in un gay o viceversa - ma credo che possano causare un bel po' di sofferenza, e rovinare un bel po' di vite se ci provano. Una scuola che ci provasse, finanziata anche interamente da un gruppo di famiglie che ci credesse, per me andrebbe chiusa d'ufficio. Anzi aperta, nel senso in cui Lutero e Robespierre aprivano i conventi. Fuori tutti - non è che fuori sia il paradiso, anzi. C'è una società mediamente violente e omofoba, ma è l'unica che abbiamo, e sta a tutti migliorarla. Chi cerca di difendersi alzando una siepe intorno al proprio giardino (e magari chiedendoti pure un obolo per innaffiarla) non ci è di aiuto. E poi chi lo sa cosa succede davvero oltre quelle siepi, in quei giardini.
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