Da Atene a Parigi, senza testa
09-10-2012, 19:18filosofia, santiPermalink9 ottobre, San Dionigi martire, vescovo di Parigi (III secolo)
È incresciosa questa cosa, che ogni anno sbaglio Dionigi. Ogni volta mi segno che a inizio ottobre devo parlare di San Dionigi anche se non mi va. A un certo punto guardo sul calendario, dice che San Dionigi è il nove – e vabbe’, pensavo prima, vorrà dire che ci penso il sette, magari l’otto. Arriva la mattina del nove, guardo meglio: opporc…, ma questo non è il Dionigi che pensavo io. Non è l’areopagita, anzi lo pseudoareopagita. È Dionigi di Parigi, che in francese suona assai più elegante (Saint Denis de Paris), quello decapitato a Montmartre ma sepolto nella cittadina ononima a 6 km di distanza, dove si racconta sarebbe giunto a piedi, ma come direte voi, non lo avevano decapitato 6 km più in là? Il miracolo mirabile consiste appunto in questo, che una volta decapitato avrebbe raccattato la testa e se la sarebbe portata sottobraccio fino a Saint Denis, dove evidentemente prevedeva che il buon re Dagoberto quattro secoli più tardi avrebbe fondato un’abbazia in suo onore.
Essendo parigino, c'è già qualche filosofo che lo considera l'anticipatore della cibernautica, di internet, di qualsiasi cosa, farsi un corpo senza organi, eccetera. |
È incresciosa questa cosa, che ogni anno sbaglio Dionigi. Ogni volta mi segno che a inizio ottobre devo parlare di San Dionigi anche se non mi va. A un certo punto guardo sul calendario, dice che San Dionigi è il nove – e vabbe’, pensavo prima, vorrà dire che ci penso il sette, magari l’otto. Arriva la mattina del nove, guardo meglio: opporc…, ma questo non è il Dionigi che pensavo io. Non è l’areopagita, anzi lo pseudoareopagita. È Dionigi di Parigi, che in francese suona assai più elegante (Saint Denis de Paris), quello decapitato a Montmartre ma sepolto nella cittadina ononima a 6 km di distanza, dove si racconta sarebbe giunto a piedi, ma come direte voi, non lo avevano decapitato 6 km più in là? Il miracolo mirabile consiste appunto in questo, che una volta decapitato avrebbe raccattato la testa e se la sarebbe portata sottobraccio fino a Saint Denis, dove evidentemente prevedeva che il buon re Dagoberto quattro secoli più tardi avrebbe fondato un’abbazia in suo onore.
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On the top (of the Cloud)
05-10-2012, 12:59anniversari, beatles, internet, musicaPermalink
Il cinquantenario di Love me do - un pezzo che, se l'avessi sentito quando uscì nel 1962, lo avrei considerato il Grado Zero della Musica, e i suoi autori ed esecutori meritevoli di immediato oblio - mi ha rimesso in testa una nozione: se il disco ebbe qualche riscontro, fu perché entrò nella top20 dei 45 giri: e ci entrò anche perché il manager dei Beatles, Brian Epstein, ne acquistò dalla Parlophone diecimila o più copie. "Gli era stato detto, infatti, che quello era il numero minimo di dischi da vendere per entrare nella classifica dei Top20" (Norman, 1981).
Epstein tra l'altro faceva ancora il manager nel tempo libero, di mestiere era un rivenditore di dischi. Probabilmente già ai suoi tempi la pratica di gonfiare le classifiche acquistando ingenti partite dei propri dischi era prassi comune, e non c'è motivo di pensare che in seguito sia stata debellata: non c'è nemmeno un modo per renderla illegale. Vi dispiace? Non ve ne frega niente da anni, lo so, ma io quando me ne resi conto ci rimasi un po' male, ero piccolo e alle classifiche ci credevo: se Madonna eclissava Cindy Lauper, per me non era il risultato di una strategia commerciale, ma un profondo errore in cui stava cadendo il genere umano nella sua rappresentativa maggioranza di acquirenti di dischi monitorati da istituti demoscopici super partes. Poi ho studiato i classici (Shout!, ad esempio) e ho preso atto della mia ingenuità. Sarà per questo che ora non credo più in niente. Per questo, e per il semaforo di Sozzigalli. Comunque.
Siamo adulti da un pezzo e lo sappiamo: le classifiche non ci mostrano i dischi realmente più acquistati o apprezzati, ma anche i dischi più pompati dalle case discografiche, che li incidono, li vendono e li ricomprano (e poi magari li rivendono a metà prezzo e te li ritrovi in una bancarella e pensi: ma in quante copie lo hanno stampato il tal disco dell'Alan Parson Project? Dovevano crederci proprio). Questo fenomeno, sempre esistito, probabilmente negli ultimi anni ha inciso molto di più nella composizione delle classifiche, visto che i dischi non li compra più nessuno, ma qualcuno che di mestiere prova a venderli continua ad esserci, e il suo mestiere lo deve pur fare. È molto probabile che tanti *successi* degli ultimi anni siano stati pompati così, anche se le classifiche non sono più da un pezzo così importanti nell'immaginario degli adolescenti, mi pare (mi pare).
Quello che secondo me rende la cosa oggi più assurda è il passaggio al supporto immateriale, voglio dire: Epstein quelle diecimila copie dovette pure conservarle in una stanza sul retro ("Aveva persino composto una canzoncina su tutte le copie che non era riuscito a vendere. «Qui in maggio coglieremo polvere, cantava»"). Ma quando sentiamo dire che il tale pazzo "è già primo in classifica su Itunes", concettualmente, cosa significa? Il pezzo è nella nuvola, e ci resta. La major lo ha messo in vendita su Itunes, e poi se lo è ricomprato, diciamo diecimila volte. Ogni volta ovviamente una percentuale va agli autori, un'altra a Itunes, e il resto alla major, che quindi recupera già una parte di investimento. In sostanza, pompare un singolo sulla classifica Itunes significa pagare un po' Itunes (e un po' anche gli autori). Non è illegale. Ma io ho vissuto buona parte della mia esistenza nel mondo materiale, e una cosa del genere mi sembra troppo simile a una tangente. La major mette in vendita, la major paga tot, il prodotto sale in classifica. Niente pacco di invenduti da nessuna parte, niente.
Questo è uno di quei pezzi che tra qualche anno risulterà incomprensibile: qualcuno passerà e si domanderà cosa accidenti stavo cercando di spiegare. Forse le classifiche non esisteranno più, già ora è difficile ricordarsi del motivo per cui le facevamo. Forse le canzoni si classificheranno in base ad altri criteri: la canzone più ascoltata dall'insieme di utenti che accettano che si sappia cosa ascoltano in cuffietta. Saranno senz'altro criteri più onesti.
E ci saranno altre Love me do, e io le troverò molto stupide. Per dire, il pulcino Pio, ehm, piano coi giudizi affrettati.
Epstein tra l'altro faceva ancora il manager nel tempo libero, di mestiere era un rivenditore di dischi. Probabilmente già ai suoi tempi la pratica di gonfiare le classifiche acquistando ingenti partite dei propri dischi era prassi comune, e non c'è motivo di pensare che in seguito sia stata debellata: non c'è nemmeno un modo per renderla illegale. Vi dispiace? Non ve ne frega niente da anni, lo so, ma io quando me ne resi conto ci rimasi un po' male, ero piccolo e alle classifiche ci credevo: se Madonna eclissava Cindy Lauper, per me non era il risultato di una strategia commerciale, ma un profondo errore in cui stava cadendo il genere umano nella sua rappresentativa maggioranza di acquirenti di dischi monitorati da istituti demoscopici super partes. Poi ho studiato i classici (Shout!, ad esempio) e ho preso atto della mia ingenuità. Sarà per questo che ora non credo più in niente. Per questo, e per il semaforo di Sozzigalli. Comunque.
Siamo adulti da un pezzo e lo sappiamo: le classifiche non ci mostrano i dischi realmente più acquistati o apprezzati, ma anche i dischi più pompati dalle case discografiche, che li incidono, li vendono e li ricomprano (e poi magari li rivendono a metà prezzo e te li ritrovi in una bancarella e pensi: ma in quante copie lo hanno stampato il tal disco dell'Alan Parson Project? Dovevano crederci proprio). Questo fenomeno, sempre esistito, probabilmente negli ultimi anni ha inciso molto di più nella composizione delle classifiche, visto che i dischi non li compra più nessuno, ma qualcuno che di mestiere prova a venderli continua ad esserci, e il suo mestiere lo deve pur fare. È molto probabile che tanti *successi* degli ultimi anni siano stati pompati così, anche se le classifiche non sono più da un pezzo così importanti nell'immaginario degli adolescenti, mi pare (mi pare).
Quello che secondo me rende la cosa oggi più assurda è il passaggio al supporto immateriale, voglio dire: Epstein quelle diecimila copie dovette pure conservarle in una stanza sul retro ("Aveva persino composto una canzoncina su tutte le copie che non era riuscito a vendere. «Qui in maggio coglieremo polvere, cantava»"). Ma quando sentiamo dire che il tale pazzo "è già primo in classifica su Itunes", concettualmente, cosa significa? Il pezzo è nella nuvola, e ci resta. La major lo ha messo in vendita su Itunes, e poi se lo è ricomprato, diciamo diecimila volte. Ogni volta ovviamente una percentuale va agli autori, un'altra a Itunes, e il resto alla major, che quindi recupera già una parte di investimento. In sostanza, pompare un singolo sulla classifica Itunes significa pagare un po' Itunes (e un po' anche gli autori). Non è illegale. Ma io ho vissuto buona parte della mia esistenza nel mondo materiale, e una cosa del genere mi sembra troppo simile a una tangente. La major mette in vendita, la major paga tot, il prodotto sale in classifica. Niente pacco di invenduti da nessuna parte, niente.
Questo è uno di quei pezzi che tra qualche anno risulterà incomprensibile: qualcuno passerà e si domanderà cosa accidenti stavo cercando di spiegare. Forse le classifiche non esisteranno più, già ora è difficile ricordarsi del motivo per cui le facevamo. Forse le canzoni si classificheranno in base ad altri criteri: la canzone più ascoltata dall'insieme di utenti che accettano che si sappia cosa ascoltano in cuffietta. Saranno senz'altro criteri più onesti.
E ci saranno altre Love me do, e io le troverò molto stupide. Per dire, il pulcino Pio, ehm, piano coi giudizi affrettati.
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Al loop al loop
04-10-2012, 01:45cattiva politica, dialoghi, PdPermalinkGli alloopati
"Scusa, eh, adesso io non mi permetto di giudicare".
"No, ma giudicaci pure invece".
"Cioè lo so che fare il politico è meno facile di quel che sembra".
"Di questi tempi, poi".
"Però da qui sembra proprio che non stiate combinando niente. Niente".
"Più o meno è così".
"Da un anno in qua. Cioè, ormai è un anno che se n'è andato il porcello".
"Un anno, sì".
"E cosa avete combinato? Voglio dire, Monti qualcosa l'ha fatto".
"Anche troppo".
"E voi? Non è che vi si chiedesse chissaché, ma dico, una legge elettorale. Una".
"Eh, che ci vuoi fare".
"Ma cosa vi è successo?"
"Ma no, è che ci siamo alloopati".
"Allupati?"
"No no, c'è una grossa differenza. Il porcello, lui era allupato. Noi siamo alloopati, con due o. Ci siamo ritrovati in un loop".
"Un loop?"
"Perché puoi anche pensare che sia facile fare la legge elettorale, che ci vuole, no? Eh, anch'io la pensavo così".
"E invece?"
"E invece devi capire chi vince, e come vince, e la legge elettorale gliela devi fare di conseguenza".
"Ma non ha senso, scusa..."
"Lo so, lo so, bisognerebbe prima fare le leggi elettorali, inciderle su un marmo secolare e non toccarle più. Guarda gli americani".
"Uff, gli americani..."
"Vero? Anch'io una volta dicevo... ma sto cominciando a capire. Gli americani hanno una legge settecentesca, una schifezza, fatta apposta per quando si andava a votare in carrozza... è per quello che votano sempre nel giorno dei Santi, lo sapevi? Perché dovevano avere il tempo di arrivarci in carrozza. E così via. Fa schifo, però non la toccano. Dovevamo fare così anche noi. Meglio una legge schifosa e immutabile, che una legge elastica che ogni maggioranza può cambiare quando gli va".
"Però..."
"Però ormai è così, la legge di adesso è una porcata, quella di prima lo era ugualmente, l'unica cosa che possiamo fare è cercare di scrivere una legge che dia un po' di margine a chi vince, così almeno si fa un governo stabile, che in Europa ci tengono".
"Quindi vorreste fare una legge su misura per chi vince, però non sapete ancora chi vince".
"Ma in realtà lo sapremmo anche, basta fare dei sondaggi fatti bene".
"E perché non li fate?"
"Li abbiamo fatti".
"E cosa dicono?"
"Che dipende".
"Dipende cosa?"
"Dipende dal PD, da chi candida il PD".
"Ah, quindi bisogna aspettare le primarie".
"Ma no, in realtà abbiamo i sondaggi anche delle primarie".
"E cosa dicono?"
"Sondaggi seri, eh, mica la robaccia che gira".
"Sì, e cosa dicono?"
"Eh, dicono che dipende".
"Dipende da cosa?"
"Dal regolamento delle primarie".
"E quindi?"
"E quindi niente, stiamo cercando di capire come fare il regolamento delle primarie in modo da favorire la persona che deve vincerle".
"E chi deve vincerle?"
"Eh, saperlo".
"Ma avrete fatto un sondaggio, immagino".
"Tanti, ne abbiamo fatti".
"E dicono che..."
"Dipende".
"E stavolta dipende da cosa?"
"Un po' da tutto, ma soprattutto dalla legge elettorale".
"Dalla legge elettorale?"
"Eh sì, perché se si fa il proporzionale la gente, per dire, non vota Vendola alle primarie, lo vota direttamente alle elezioni, mentre se si fa il doppio turno lo votano un po' alle primarie e un po' al primo turno, insomma, i modelli diventano un po' complicati".
"E quindi?"
"E quindi niente, bisogna che ci mettiamo d'accordo sulla legge elettorale".
"Già. Ma aspetta, ci eravamo già passati di qui, vero?"
"Esatto".
"Ma allora..."
"Siamo in un loop, che ti dicevo".
"No, aspetta, fammi provare. La legge elettorale non riusciamo a farla perché..."
"Non sappiamo chi vince le elezioni".
"E non lo sappiamo perché..."
"Perché potrebbe vincerle il PD, ma dipende da chi candida".
"E non sappiamo chi candida perché...."
"Non abbiamo ancora il regolamento delle primarie".
"E non riusciamo a metterci d'accordo sul regolamento delle primarie perché..."
"Perché non sappiamo come sarà la legge elettorale".
"Fantastico! Potrebbe andare avanti in eterno!"
"Beh, no, per legge entro il 2013 a votare dobbiamo andarci comunque. A quel punto diventa decisivo capire in che punto del loop saremo in quel momento. Magari avremo scritto il regolamento delle primarie ma non avremo ancora cambiato la legge elettorale, e in quel caso vince Tizio. Se invece in quel momento è cambiata la legge elettorale, ma le primarie no, vince Caio".
"E Sempronio?"
"Sempronio spera che giri tutto senza che cambi niente".
"Allora io mi gioco Sempronio".
"Gioca responsabilmente".
"Scusa, eh, adesso io non mi permetto di giudicare".
"No, ma giudicaci pure invece".
"Cioè lo so che fare il politico è meno facile di quel che sembra".
"Di questi tempi, poi".
"Però da qui sembra proprio che non stiate combinando niente. Niente".
"Più o meno è così".
"Da un anno in qua. Cioè, ormai è un anno che se n'è andato il porcello".
"Un anno, sì".
"E cosa avete combinato? Voglio dire, Monti qualcosa l'ha fatto".
"Anche troppo".
"E voi? Non è che vi si chiedesse chissaché, ma dico, una legge elettorale. Una".
"Eh, che ci vuoi fare".
"Ma cosa vi è successo?"
"Ma no, è che ci siamo alloopati".
"Allupati?"
"No no, c'è una grossa differenza. Il porcello, lui era allupato. Noi siamo alloopati, con due o. Ci siamo ritrovati in un loop".
"Un loop?"
"Perché puoi anche pensare che sia facile fare la legge elettorale, che ci vuole, no? Eh, anch'io la pensavo così".
"E invece?"
"E invece devi capire chi vince, e come vince, e la legge elettorale gliela devi fare di conseguenza".
"Ma non ha senso, scusa..."
"Lo so, lo so, bisognerebbe prima fare le leggi elettorali, inciderle su un marmo secolare e non toccarle più. Guarda gli americani".
"Uff, gli americani..."
"Vero? Anch'io una volta dicevo... ma sto cominciando a capire. Gli americani hanno una legge settecentesca, una schifezza, fatta apposta per quando si andava a votare in carrozza... è per quello che votano sempre nel giorno dei Santi, lo sapevi? Perché dovevano avere il tempo di arrivarci in carrozza. E così via. Fa schifo, però non la toccano. Dovevamo fare così anche noi. Meglio una legge schifosa e immutabile, che una legge elastica che ogni maggioranza può cambiare quando gli va".
"Però..."
"Però ormai è così, la legge di adesso è una porcata, quella di prima lo era ugualmente, l'unica cosa che possiamo fare è cercare di scrivere una legge che dia un po' di margine a chi vince, così almeno si fa un governo stabile, che in Europa ci tengono".
"Quindi vorreste fare una legge su misura per chi vince, però non sapete ancora chi vince".
"Ma in realtà lo sapremmo anche, basta fare dei sondaggi fatti bene".
"E perché non li fate?"
"Li abbiamo fatti".
"E cosa dicono?"
"Che dipende".
"Dipende cosa?"
"Dipende dal PD, da chi candida il PD".
"Ah, quindi bisogna aspettare le primarie".
"Ma no, in realtà abbiamo i sondaggi anche delle primarie".
"E cosa dicono?"
"Sondaggi seri, eh, mica la robaccia che gira".
"Sì, e cosa dicono?"
"Eh, dicono che dipende".
"Dipende da cosa?"
"Dal regolamento delle primarie".
"E quindi?"
"E quindi niente, stiamo cercando di capire come fare il regolamento delle primarie in modo da favorire la persona che deve vincerle".
"E chi deve vincerle?"
"Eh, saperlo".
"Ma avrete fatto un sondaggio, immagino".
"Tanti, ne abbiamo fatti".
"E dicono che..."
"Dipende".
"E stavolta dipende da cosa?"
"Un po' da tutto, ma soprattutto dalla legge elettorale".
"Dalla legge elettorale?"
"Eh sì, perché se si fa il proporzionale la gente, per dire, non vota Vendola alle primarie, lo vota direttamente alle elezioni, mentre se si fa il doppio turno lo votano un po' alle primarie e un po' al primo turno, insomma, i modelli diventano un po' complicati".
"E quindi?"
"E quindi niente, bisogna che ci mettiamo d'accordo sulla legge elettorale".
"Già. Ma aspetta, ci eravamo già passati di qui, vero?"
"Esatto".
"Ma allora..."
"Siamo in un loop, che ti dicevo".
"No, aspetta, fammi provare. La legge elettorale non riusciamo a farla perché..."
"Non sappiamo chi vince le elezioni".
"E non lo sappiamo perché..."
"Perché potrebbe vincerle il PD, ma dipende da chi candida".
"E non sappiamo chi candida perché...."
"Non abbiamo ancora il regolamento delle primarie".
"E non riusciamo a metterci d'accordo sul regolamento delle primarie perché..."
"Perché non sappiamo come sarà la legge elettorale".
"Fantastico! Potrebbe andare avanti in eterno!"
"Beh, no, per legge entro il 2013 a votare dobbiamo andarci comunque. A quel punto diventa decisivo capire in che punto del loop saremo in quel momento. Magari avremo scritto il regolamento delle primarie ma non avremo ancora cambiato la legge elettorale, e in quel caso vince Tizio. Se invece in quel momento è cambiata la legge elettorale, ma le primarie no, vince Caio".
"E Sempronio?"
"Sempronio spera che giri tutto senza che cambi niente".
"Allora io mi gioco Sempronio".
"Gioca responsabilmente".
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Il nuovo sole in tasca
03-10-2012, 14:14Berlusconi, blog, ho una teoria, Renzi, TwitterPermalinkSabato scorso ho assistito a una scena interessante: un intervento di Matteo Renzi accolto da centinaia di fischi. Ma credo valga la pena raccontare il contesto.
Ero alla Blogfest, un raduno di internauti che una volta scrivevano i blog e oggi stanno passando più o meno tutti a twitter, e che una volta all'anno si trovano a Riva del Garda per distribuirsi dei premi che a volte vinco anch'io, ma sempre più di rado. Quindi ci potrebbe stare un titolo del tipo "la blogosfera fischia Renzi", e forse qualcuno l'ha già fatto, ma temo che nessuno abbia mai veramente capito cos'è questo accidenti di blogosfera. E comunque in generale non è vero che essa fischi Renzi: al contrario, la maggior parte di chi ha votato lo ha eletto il Miglior Politico su Twitter. Però a Riva non c'era tutta la blogosfera, o twittersfera, o come preferite. La maggior parte dei presenti alla premiazione avevano ottenuto una nomination, insomma erano in lizza per prendersi un premio. Ecco, i *nominati* hanno quasi tutti fischiato Renzi. Mi sembra che nessuno lo abbia applaudito, tranne me ma stavo facendo il cretino. Quindi: se nella blogosfera c'è un elettorato attivo e uno passivo, il primo stima Renzi abbastanza per eleggerlo Miglior Politico; il secondo non lo sopporta e comincia a fischiarlo appena parla. In realtà Renzi non c'era, aveva mandato un video per ringraziare. Il problema dei video è che durano troppo, la gente ha fretta di sapere chi ha vinto gli altri premi e poi vuole andare a ballare, Renzi poteva immaginarselo, ma deve essere dura per un politico accettare di avere soltanto venti secondi per esprimersi.
L'episodio non avrà ovviamente nessuna ripercussione sulla campagna di Renzi, che si muove su ben altri fronti. Credo che sia interessante perché mostra un fattore che forse anche lo staff di Renzi dovrebbe valutare: chiamiamola irritanza. I nominati di Riva, con un'età media intorno ai 37, non fischiavano Renzi per le sue parole (udibili solo nelle prime due file) ma per la sua faccia, il suo sorriso, quel po' di timbro vocale che si riusciva a sentire, in breve per il suo Essere Renzi, che trovavano sommamente irritante. Credo che molti lettori dell'Unità, sopra e sotto i 37, capiranno quello che sto cercando di spiegare. C'è un tipo di umanità, non necessariamente vecchia, non per forza rottamabile, che Renzi non lo regge, già molto prima che Renzi cominci a dire qualcosa. Perché questo accade?
Onestamente non lo so (ma continuo a parlarne sull'Unita.it, H1t#147).
Ero alla Blogfest, un raduno di internauti che una volta scrivevano i blog e oggi stanno passando più o meno tutti a twitter, e che una volta all'anno si trovano a Riva del Garda per distribuirsi dei premi che a volte vinco anch'io, ma sempre più di rado. Quindi ci potrebbe stare un titolo del tipo "la blogosfera fischia Renzi", e forse qualcuno l'ha già fatto, ma temo che nessuno abbia mai veramente capito cos'è questo accidenti di blogosfera. E comunque in generale non è vero che essa fischi Renzi: al contrario, la maggior parte di chi ha votato lo ha eletto il Miglior Politico su Twitter. Però a Riva non c'era tutta la blogosfera, o twittersfera, o come preferite. La maggior parte dei presenti alla premiazione avevano ottenuto una nomination, insomma erano in lizza per prendersi un premio. Ecco, i *nominati* hanno quasi tutti fischiato Renzi. Mi sembra che nessuno lo abbia applaudito, tranne me ma stavo facendo il cretino. Quindi: se nella blogosfera c'è un elettorato attivo e uno passivo, il primo stima Renzi abbastanza per eleggerlo Miglior Politico; il secondo non lo sopporta e comincia a fischiarlo appena parla. In realtà Renzi non c'era, aveva mandato un video per ringraziare. Il problema dei video è che durano troppo, la gente ha fretta di sapere chi ha vinto gli altri premi e poi vuole andare a ballare, Renzi poteva immaginarselo, ma deve essere dura per un politico accettare di avere soltanto venti secondi per esprimersi.
L'episodio non avrà ovviamente nessuna ripercussione sulla campagna di Renzi, che si muove su ben altri fronti. Credo che sia interessante perché mostra un fattore che forse anche lo staff di Renzi dovrebbe valutare: chiamiamola irritanza. I nominati di Riva, con un'età media intorno ai 37, non fischiavano Renzi per le sue parole (udibili solo nelle prime due file) ma per la sua faccia, il suo sorriso, quel po' di timbro vocale che si riusciva a sentire, in breve per il suo Essere Renzi, che trovavano sommamente irritante. Credo che molti lettori dell'Unità, sopra e sotto i 37, capiranno quello che sto cercando di spiegare. C'è un tipo di umanità, non necessariamente vecchia, non per forza rottamabile, che Renzi non lo regge, già molto prima che Renzi cominci a dire qualcosa. Perché questo accade?
Onestamente non lo so (ma continuo a parlarne sull'Unita.it, H1t#147).
Matteo Renzi e l’«irritanza».
Ho delle ipotesi (lo scoutismo, la faccia di schiaffi, la toscanità), ma nessuna mi sembra soddisfacente. Non solo, ma mi sembra che gli aspetti che lo rendono irritante a un settore importante dell’elettorato di centrosinistra siano gli stessi che lo rendono simpatico agli altri. Sotto il dibattito sui programmi e sulle idee, a cui assistiamo un po’ svogliatamente (tanto alla fine l’agenda è quella di Monti), cova una lotta subliminale tra chi voterebbe Renzi perché è proprio simpatico, e chi non lo può fisicamente soffrire. Non è una questione anagrafica, e non è nemmeno una lotta tra sinistra e destra. Vi propongo un esperimento: andate su google immagini e cliccate Matteo Renzi. Io ogni tanto lo faccio, quando devo scegliere un’immagine da rubacchiare per il mio blog. Ecco, non riesco mai a trovare una faccia di Renzi che non mi sembri buffa. Questo mi fa arrabbiare, perché non ho mai amato le caricature, le considero la forma meno civile della comunicazione, e vorrei parlare dei contenuti di Renzi, non della sua faccia buffa.
Ma è un fatto che tutte le sue facce mi sembrano buffe. E allo stesso tempo, credo che molti non le considerino affatto buffe, ma gradevoli, simpatiche: e che apprezzino Renzi non solo per le cose che dice e che fa, ma anche perché le dice e le fa con quella faccia lì. C’è un solo personaggio che fino a qualche tempo fa riusciva a dividere gli italiani in due blocchi incomunicabili e l’un contro l’altro armati: di fronte alla stessa faccia un blocco vedeva il Grande Uomo, l’altro blocco un abominio ridicolo e osceno. Sappiamo tutti di chi si tratta, e io non voglio dire che Matteo Renzi ne sia la nuova versione. Anche se sulle labbra di parecchi dei suoi sostenitori non stonerebbero le parole di Alfano: vidi un uomo con il sole in tasca. Sono sicuro che Matteo Renzi, per tantissimi italiani, il sole in tasca ce l’ha davvero. Non è una questione semplicemente mediatica, perché alla fine Renzi non è quel bravissimo comunicatore che tutti danno per scontato: ma neanche Berlusconi lo era. Entrambi, per esempio, mostravano le corde in televisione: un luogo dove Berlusconi non andava spesso (ma perché ne parlo al passato?), e soltanto in territorio amico. Renzi non può ancora permetterselo, ma l’agone televisivo lo mette ancora in difficoltà. Non è lì che si sta costruendo la sua vera popolarità. I talk politici non servono a questo (e allora a che servono? Forse a niente).
Un’altra ipotesi è che Renzi, senza ovviamente volerlo, stia riempiendo un vuoto nel nostro immaginario: dopo vent’anni all’improvviso non abbiamo più una Faccia che ci divida e ci contrapponga. Dovremmo cominciare a occuparci dei problemi veri, e trovare soluzioni pratiche, ma è complicato, e mal che vada ci pensa Monti. Nel frattempo ci stiamo già mettendo istintivamente a cercare un’altra Faccia sorridente e abbronzata su cui litigare, raccontando a noi stessi che litighiamo intorno a delle idee. Può anche darsi. Alla fine non sono nemmeno sicuro che l’irritanza sia un problema per Renzi e il suo staff. Forse è l’altra faccia della medaglia: un leader può piacere a molti, ma non a tutti. Mi domando però perché nessuno debba mai piacere a me. http://leonardo.blogspot.com
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Il virus Cicerone
01-10-2012, 13:05Bibbia, santi, traduzioniPermalink30 settembre - San Girolamo (347-420), padre della Chiesa.
Oggi quando una ragazza muore di digiuno la gente dice: è colpa delle riviste di moda, e le riviste di moda dicono: è colpa della famiglia - ma nell'antichità? A chi si attribuiva la colpa in mancanza di foto patinate? Ai padri della Chiesa. A Girolamo, perlomeno, che su certe fanciulle della Roma-bene pare che facesse questo effetto: si appassionavano al suo eloquio, si lasciavano catturare dal suo personaggio un po' hobo - quel tipo di snob figlio di patrizi che passa qualche anno in una comunità in Siria e poi torna con una certa aria di saggezza e i pidocchi nella barba - ne adottavano i costumi vegetariani, e dopo un po' rischiavano di lasciarci le penne. La giovane Blesilla ci restò secca davvero, dopo qualche mese di dieta, e Girolamo cadde in disgrazia: dovette abbandonare la città. Non aveva ancora quarant'anni ed era già stato segretario particolare di un Papa, il padre Georg di Damaso I; alla morte di Damaso alcuni lo davano già per papabile, ma appunto: i romani possono sopportare molte cose, ma un papa convinto che nell'attesa del Regno dei Cieli imminente non sia più concesso mangiar carne, eh, grazie, anche no. Girolamo se ne tornò nei deserti della sua giovinezza tormentata, la cristianità ci perse un papa vegetariano e ci guadagnò la miglior Bibbia che poteva permettersi. Perché Girolamo, riparato a Betlemme, non ebbe più niente di meglio che riprendere le sue traduzioni del testo sacro in latino, rimaneggiarle ed espanderle. Ci mise altri quindici anni, ma alla fine la latinità aveva un testo leggibile, organico, comprensibile, alla portata di tutti (Vulgata, lo chiamarono), e a suo modo elegante, come doveva essere stato elegante quel patrizio romano sotto gli stracci da asceta che ostentava nei circoli romani.
L'influenza di Girolamo sulla lingua che parliamo milleseicento anni dopo è incalcolabile. Nel senso che davvero è impossibile capire quante parole gli dobbiamo. Un esempio qualsiasi, su milioni che si potrebbero fare: l'aggettivo "geloso". Deriva da "zelotes", un termine che compare due volte nell'Esodo tradotto da Girolamo; in entrambi i casi è riferito a Dio, e in entrambi i casi Dio sta chiedendo al suo popolo di non avere altro Dio. Insomma la prima gelosia della storia è la gelosia divina, di un Dio che si considera Unico ma evidentemente non ne è troppo sicuro - sennò tanta gelosia non avrebbe un senso. Prima della vulgata i latini non avevano una parola per "gelosia": ne avevano il concetto? A leggere Catullo pare proprio di sì, ma così come non marcavano una netta distinzione tra l'azzurro e il verde, gli autori classici non danno la sensazione di distinguere nettamente invidia e gelosia. Forse i concetti sono dei grumi di senso che prendono forma intorno alle parole: finché non esiste una parola, non c'è nemmeno il concetto. Forse non avremmo il concetto di gelosia, se Girolamo non avesse deciso di tradurre un certo termine ebraico in un certo modo.
È un anno che scrivo storie di santi sul Post - ho cominciato proprio il primo ottobre scorso. All'inizio non sapevo bene dove sarei andato a parare, ho proceduto per tentativi. A distanza di un anno mi sembra che il metodo sviluppato consista nella simpatia: si prende un uomo o una donna vissuti secoli o millenni fa, in contesti radicalmente diversi, e si tenta di trovarli simpatici. A volte la cosa è fattibile, altre volte è così disperata che diventa divertente. Come metodo, è il meno serio e il più anti-storico che si possa adottare. Le persone nate secoli fa, in contesti alieni, sono alieni. Non parlano come noi, non pensano come noi, non mangiano le cose che mangiamo noi (Girolamo era vegetariano in un mondo senza pomodoro e senza pastasciutta). Trasformarli in figurine simpatiche (o antipatiche) non serve probabilmente a nulla. E in certi casi è veramente impossibile. Come si fa a provare simpatia per Girolamo, un fanatico ossessionato dall'inferno, che si fece mantenere per tutta la vita dalla nobildonna (Santa Paola) a cui aveva fatto perdere la figlia (Santa Blesilla)? C'è che contrariamente a tutte le aspettative, questo fanatico ossessionato è un grande intellettuale, un bravo scrittore, un incredibile traduttore. E la sua Bibbia in latino è un dono, prezioso anche per quelli che a milleseicento anni di distanza non si considerano cristiani (continua sul Post...)
Con quel che costava la pergamena, usarla così, uhm, no. |
L'influenza di Girolamo sulla lingua che parliamo milleseicento anni dopo è incalcolabile. Nel senso che davvero è impossibile capire quante parole gli dobbiamo. Un esempio qualsiasi, su milioni che si potrebbero fare: l'aggettivo "geloso". Deriva da "zelotes", un termine che compare due volte nell'Esodo tradotto da Girolamo; in entrambi i casi è riferito a Dio, e in entrambi i casi Dio sta chiedendo al suo popolo di non avere altro Dio. Insomma la prima gelosia della storia è la gelosia divina, di un Dio che si considera Unico ma evidentemente non ne è troppo sicuro - sennò tanta gelosia non avrebbe un senso. Prima della vulgata i latini non avevano una parola per "gelosia": ne avevano il concetto? A leggere Catullo pare proprio di sì, ma così come non marcavano una netta distinzione tra l'azzurro e il verde, gli autori classici non danno la sensazione di distinguere nettamente invidia e gelosia. Forse i concetti sono dei grumi di senso che prendono forma intorno alle parole: finché non esiste una parola, non c'è nemmeno il concetto. Forse non avremmo il concetto di gelosia, se Girolamo non avesse deciso di tradurre un certo termine ebraico in un certo modo.
È un anno che scrivo storie di santi sul Post - ho cominciato proprio il primo ottobre scorso. All'inizio non sapevo bene dove sarei andato a parare, ho proceduto per tentativi. A distanza di un anno mi sembra che il metodo sviluppato consista nella simpatia: si prende un uomo o una donna vissuti secoli o millenni fa, in contesti radicalmente diversi, e si tenta di trovarli simpatici. A volte la cosa è fattibile, altre volte è così disperata che diventa divertente. Come metodo, è il meno serio e il più anti-storico che si possa adottare. Le persone nate secoli fa, in contesti alieni, sono alieni. Non parlano come noi, non pensano come noi, non mangiano le cose che mangiamo noi (Girolamo era vegetariano in un mondo senza pomodoro e senza pastasciutta). Trasformarli in figurine simpatiche (o antipatiche) non serve probabilmente a nulla. E in certi casi è veramente impossibile. Come si fa a provare simpatia per Girolamo, un fanatico ossessionato dall'inferno, che si fece mantenere per tutta la vita dalla nobildonna (Santa Paola) a cui aveva fatto perdere la figlia (Santa Blesilla)? C'è che contrariamente a tutte le aspettative, questo fanatico ossessionato è un grande intellettuale, un bravo scrittore, un incredibile traduttore. E la sua Bibbia in latino è un dono, prezioso anche per quelli che a milleseicento anni di distanza non si considerano cristiani (continua sul Post...)
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E le anatre di Riva, d'inverno?
28-09-2012, 02:28autoreferenziali, blog, segnalazioniPermalink
Anche quest'anno alla fine riuscirò a essere a Riva del Garda per la Blogfest, che comincia oggi. Io a dire il vero fino a sabato pomeriggio non ci sarò, poi magari mi troverò al lido (quel semicerchio che vedete nella foto) a bere qualcosa con gente che non vedo da mesi o anni e magari abita dietro casa mia, ma per qualche perverso motivo è più facile incontrare a Riva del Garda. Alle nove andrò alla premiazione nella Rocca tifando vari blog, tra cui il mio, che concorre per Miglior Sito, ma tanto vincerà Spinoza e io applaudirò. Alle undici andrò a consolarmi alla Spiaggia degli Olivi dove Fabio De Luca mette su i dischi, ma non ballerò perché ormai sono patetico, a meno che non veda molta gente patetica almeno quanto me: il tipo di gente che ormai trovo solo alla Blogfest, e vi amo. Comunque non farò molto tardi.
Il mattino dopo alle 11 c'è il writecamp: dovrei parlare una manciata di minuti e presentare La Scossa, il libro di cui forse avete già sentito parlare. Ma in generale il writecamp vale la pena. Poi andremo tutti a mangiare i canederli o come si chiamano.
In tutti gli altri momenti potrei essere un po' dappertutto, ma più facilmente a osservare le anatre nel fossato della Rocca, o dall'altalena che è lì nei pressi, se non sbaglio (se hanno tolto l'altalena, quest'anno è veramente un grosso problema).
Il mattino dopo alle 11 c'è il writecamp: dovrei parlare una manciata di minuti e presentare La Scossa, il libro di cui forse avete già sentito parlare. Ma in generale il writecamp vale la pena. Poi andremo tutti a mangiare i canederli o come si chiamano.
In tutti gli altri momenti potrei essere un po' dappertutto, ma più facilmente a osservare le anatre nel fossato della Rocca, o dall'altalena che è lì nei pressi, se non sbaglio (se hanno tolto l'altalena, quest'anno è veramente un grosso problema).
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Non è incredibile Sallusti
27-09-2012, 02:28giornalisti, giustiziaPermalinkChe poi il carcere non è la cosa peggiore che possa capitare a un uomo, diciamo. |
E guardate, lasciamo stare il fatto che l'opinione partisse da una notizia falsa (genitori ottengono dal magistrato un aborto coatto per la figlia; non era vero e Sallusti non ha rettificato); lasciamo stare anche la qualità repellente dell'opinione in sé (l'evocazione delle "Maldive e della discoteca di sabato sera", perché gli abortisti nei giornali di destra sono sempre essere persone che vanno al mare e si divertono; mai gente che non vuole figli perché semplicemente non se li può permettere, mai: dove c'è un aborto ci devono per forza essere i mari del sud e la "discoteca"). Lasciamo stare la vaga, vaghissima incitazione al linciaggio ("se ci fosse la pena di morte, e se fosse applicabile, questo sarebbe il caso"). Non è incredibile che un giornalista vada in galera per avere pubblicato un'opinione, pure ipocrita e repellente, ispirata a una notizia falsificata e mai rettificata, contenente una vaga incitazione al linciaggio? Io lo trovo incredibile.
Lasciamo anche stare il fatto che Sallusti quel pezzo non l'abbia scritto, ma che comunque ne sia penalmente responsabile in quanto direttore, perlappunto, responsabile, del giornalaccio che lo pubblicò. Non è incredibile che si vada in prigione perché si è responsabili di un giornalaccio dove si pubblicano ipotetiche incitazioni al linciaggio ispirate a notizie false e mai rettificate?
Sallusti poi avrebbe potuto fare il nome del giornalista ma si è rifiutato, anche se tutti dicono di sapere chi è: in particolare secondo Feltri è Renato Farina, che sul giornalaccio non avrebbe potuto scriverci, nel 2007, perché era stato radiato dall'albo, quando aveva dovuto ammettere di aver collaborato coi Servizi segreti (il che non è consentito ai giornalisti dell'albo) passando informazioni e pubblicando notizie false. Farina tra l'altro è deputato, quindi forse potrebbe godere dell'immunità, anche se quest'anno è già stato condannato per aver introdotto un tronista nella cella di Lele Mora (se non ho capito male io), il che costituisce falso in atto pubblico. E non è incredibile? Che qualcuno vada in prigione perché non rivela di aver lasciato scrivere ipotetiche incitazioni al linciaggio a uno spione che è stato radiato dall'albo e ha freschissimi precedenti penali? Io lo trovo incredibile.
Sallusti poi avrebbe potuto difendersi meglio, per esempio andando alle udienze, o pagando un avvocato, ma in appello (cito Facci, sperando non scriva stronzate) "l’avvocato di Libero tipicamente non si presentò in aula e però neppure il suo sostituto: il quale, nel frattempo, aveva abbandonato lo studio nell'ottobre precedente come del resto la segretaria, entrambi stufi di lavorare praticamente gratis. Fatto sta che all’Appello dovette presenziare un legale d’ufficio – uno che passava di lì, letteralmente". E non è incredibile? Che qualcuno vada in prigione perché non paga l'avvocato che dovrebbe difenderlo dall'accusa di aver lasciato scrivere ipotetiche incitazioni al linciaggio a uno spione radiato dall'albo con freschissimi precedenti penali? Secondo me è incredibile.
E guardate che cose del genere possono capitare a tutti, andiamo: chi di voi non ha mai rubato un biscotto nella dispensa? chi di noi, svolgendo occasionalmente l'onerosa funzione di direttore responsabile di un quotidiano, non ha lasciato scrivere opinioni discutibili (con annesse vaghe incitazioni al linciaggio) a uno spione recidivo, senza preoccuparsi nel contempo di pagare decentemente un avvocato che vada alle udienze d'appello? Basta con questa ipocrisia: capita a tutti, anche più volte l'anno, di lasciar scrivere stronzate a spioni radiati dall'albo, ma non per questo andiamo in galera; anche se ci condannassero, comunque godremmo della condizionale. Noi. Sallusti no. Lui no perché ha già dei precedenti, cioè gli è già successo di lasciar scrivere schifezze del genere a chissà che altra gente, e anche in quei casi non ha pagato l'avvocato, ora io dico: non è incredibile? Che uno possa andare in galera perché tende a lasciar scrivere a spie radiate dall'albo dei giornalisti infamie ispirate a notizie false e non rettificate, senza preoccuparsi di pagare un avvocato? Io lo trovo incredibile, non sto scherzando, sul serio non ci credo.
Infatti Sallusti in galera pare che non ci andrà. Ma non è comunque incredibile questo accanimento? Tu ti svegli un mattino, magari non hai voglia di leggere le notizie false e le provocazioni che spioni infami radiati dall'albo scrivono sul giornale di cui tu sei il direttore responsabile; magari ti sei dimenticato di pagare l'avvocato che ti assiste in queste cose; devi andare in galera per questo? Cioè è una cosa che non ci si crede, in che Paese viviamo.
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Per un'ora di Amore
26-09-2012, 09:33ho una teoria, religioni, scuolaPermalink
Desidero avvertire i miei pochi ma scelti lettori che nei prossimi giorni, a causa di una dichiarazione estemporanea (e abbastanza strampalata) del ministro Profumo, si discuterà per un po' di ora di religione, un vecchio cavallo di battaglia che ogni tanto si rispolvera in mancanza di altri motivi per azzuffarsi. Se ne parlerà sui giornali, senz'altro su internet, magari perfino in tv, e si sviscereranno molte opinioni, e alla fine non cambierà niente, tutto questo discutere non sarà servito a niente. Potete quindi tranquillamente ignorare tutto il dibattito, a partire da questo pezzo.
Dico questo per esperienza - l'ora di religione è un vecchio arnese che in fondo sta nei piedi a tutti, compresi molti cattolici; Profumo non è il primo "tecnico" o "politico" che ci inciampa, succede più o meno a chiunque passi di lì. La tentazione di rimuovere l'ingombro prima o poi viene a chiunque. E il più delle volte non si tratta di una questione di multiculturalità o di tolleranza - anche se è di questo che si discute e si litiga in tv, e sui giornali, e sui blog. Ma sotto tutte queste chiacchiere di facciata, il problema è un po' più terra-terra: l'ora di religione costa troppo. Costa quasi il doppio di un'ora di lezione normale, perché essendo (secondo il Concordato vigente) un'ora di "Insegnamento della Religione Cattolica", genitori e studenti hanno il diritto di uscire e avvalersi di un altro insegnante, cosiddetto di "Materia Alternativa", che allo Stato costa tanto quanto il prof di religione. È un diritto sancito dalla Costituzione, e ribadito con forza da una sentenza del Consiglio di Stato due anni fa, ma è anche (mettetevi nei panni di un governo di revisori di conti) un maledetto spreco. Purtroppo non ci si può far niente (continua sull'Unita, H1t#146).
Dico questo per esperienza - l'ora di religione è un vecchio arnese che in fondo sta nei piedi a tutti, compresi molti cattolici; Profumo non è il primo "tecnico" o "politico" che ci inciampa, succede più o meno a chiunque passi di lì. La tentazione di rimuovere l'ingombro prima o poi viene a chiunque. E il più delle volte non si tratta di una questione di multiculturalità o di tolleranza - anche se è di questo che si discute e si litiga in tv, e sui giornali, e sui blog. Ma sotto tutte queste chiacchiere di facciata, il problema è un po' più terra-terra: l'ora di religione costa troppo. Costa quasi il doppio di un'ora di lezione normale, perché essendo (secondo il Concordato vigente) un'ora di "Insegnamento della Religione Cattolica", genitori e studenti hanno il diritto di uscire e avvalersi di un altro insegnante, cosiddetto di "Materia Alternativa", che allo Stato costa tanto quanto il prof di religione. È un diritto sancito dalla Costituzione, e ribadito con forza da una sentenza del Consiglio di Stato due anni fa, ma è anche (mettetevi nei panni di un governo di revisori di conti) un maledetto spreco. Purtroppo non ci si può far niente (continua sull'Unita, H1t#146).
Non ci si può far niente perché di mezzo c’è un Concordato – e Profumo non è così sprovveduto da non saperlo; per modificare un concordato serve molto tempo e molto consenso, e questo governo non dispone di entrambi. Là fuori stanno già scaldando i motori della campagna elettorale (alcuni pullman sono già partiti), e a chi è a corto di argomenti per farsi votare uno slogan come “l’ora di religione non si tocca” è un regalo di Natale in anticipo. Conta poco che tanti cattolici, sottovoce, ammettano che l’Ora così com’è adesso non funziona: estromessi dalla pagella, costretti a lasciar uscire tutti gli alunni che lo desiderano, i prof di religione non hanno né il tempo né l’autorità per fare apostolato o catechismo. In molti casi finiscono per offrire un’infarinatura di tutte le fedi più in voga, in barba alla definizione ufficiale della materia (Religione Cattolica). Talvolta umiliano sé stessi e la stessa religione che dovrebbero istituzionalmente difendere.
Insomma, i margini per ridiscutere l’ora di religione ci sarebbero. Ma la questione diventa subito politica: l’ora di Religione Cattolica è una bandierina che il Vaticano ha piantato tanto tempo fa nella scuola pubblica, e ammainarla avrebbe un significato simbolico assai superiore al suo valore effettivo. Si vedal’infinita e assurda battaglia per mantenere nelle aule il crocefisso, un’altra bandiera che non credo abbia mai conquistato alla fede un solo studente – ma appena a Strasburgo qualche giudice si è opposto, abbiamo visto i nostri governanti impugnare immensi crocefissi davanti alle telecamere. Più che una questione religiosa, è una questione identitaria: un modo tecnico per dire che è in mano ai pazzi. Si tratta né più né meno di andare in fondo alla curva e farsi consegnare dagli ultras i loro striscioni.
E poi c’è la questione delle cattedre. Di cui magari in tv o sui giornali non si parla: ma è quella più complicata. Il prof di religione è una bizzarra chimera: impiegato statale, ma autorizzato a svolgere il suo lavoro da un vescovo. Il ministro Profumo, se una sera vuole dire una battuta ai giornalisti e non ne trova una migliore, può anche sostenere che l’insegnamento della religione vada cambiato e reso più “aperto e multietnico”: ma è il primo a sapere che non ha senso chiedere a insegnanti approvati dalla Curia di insegnare religioni non cattoliche. E allora che si fa di queste migliaia di insegnanti, che la Moratti eroicamente volle assumere (possiamo tranquillamente dire che è stato il suo principale contributo allo sfacelo, pardon, alla pubblica istruzione)? Licenziarli sarebbe molto complicato. Li si manda tutti da un rabbino e da un imam per ottenere un’analoga abilitazione nelle rispettive religioni? E se i rabbini e gli imam ce li rispediscono indietro a pedate? Ne avrebbero il diritto. Allora dobbiamo assumere il triplo di insegnanti? Dai, ministro, non fare il furbo. Secondo me tu hai in mente qualcos’altro: ad esempio, de-cattolicizzare l’ora di religione (comunque servirebbe una revisione al Concordato, campa cavallo) e infilarla nel pacchetto delle ore di materie umanistiche, Italiano Storia Geografia eccetera. Quei prof che alle medie t’infarinano in storia e in geografia possono benissimo prenderti un paio di lezioni per spiegarti Budda o Maometto, che vuoi che sia. E i prof di religione cattolica approvati dai vescovi? Li si immette tutti nella graduatoria dei prof di materie umanistiche, così finalmente anche loro avranno un sacco di voti da scrivere in pagella, e gli studenti li rispetteranno. Magari Profumo ha in mente una soluzione così: trasformare i prof di religione in prof di qualche altra materia ‘normale’.
Magari non ha in mente un bel niente, parlava tanto per. Che non si stesse prendendo troppo seriamente lo dimostra il fatto che ha accomunato l’Insegnamento delle Religione Cattolica a un’altra materia, lei sì orribilmente snobbata: la Geografia. Bisogna “revisionare i programmi”, ha detto Profumo, per via che ci sono molti stranieri nelle scuole. Ora, chiunque ha messo il naso in una scuola sa che gli stranieri ormai ci sono da vent’anni, e per la maggior parte sono stranieri nati in Italia, un controsenso logico ma va a tutti bene così, pure a Beppe Grillo. Se Profumo voleva dirci che bisogna modificare la geografia per includere meglio in classe, poniamo, un cingalese nato a Roma o un cinese di Prato, vabbe’, sì, perché no. Ma in concreto di che si tratta? Stanzierà qualche soldo per aggiornare gli insegnanti? Non ne ha. Ci darà qualche ora in più, visto la geografia dopo gli ultimi tagli della Gelmini è scomparsa dalla maggior parte delle scuole? Ci mancherebbe. E allora? E allora niente, sono i soliti bei discorsi: insegnanti, siate più multiculturali, su da bravi. Va bene ministro, prometto che sarò più multiculturale mentre racconto cos’è la valle dell’Indo a un pakistano nato nell’ospedale del mio quartiere. http://leonardo.blogspot.com
Mica è colpa di Voltaire
25-09-2012, 02:21Islam, satira, vignette, vignette satanichePermalink
Ogni volta che si ripropone la farsa delle vignette maomettane va a finire che ne scrivo troppo, senza comunque riuscire a convincere nessuno, e quindi dovrei probabilmente smettere. D'altro canto qui lo spazio è illimitato, e uno sfogo in più uno in meno non cambia nulla. Qui di seguito alcuni appunti da uno psicodramma tutto occidentale. Perché alla fine io di questa cosa discuto soltanto con compagni di occidente, senza riuscire a capirli né a farmi capire.
1. *Oggi la faccia di Maometto, domani il mondo!*
Sembra che la prima reazione dell'occidentale medio, quando scopre su facebook o in tv che c'è da qualche parte un tabù (ad es., la raffigurazione di un profeta), sia calpestarlo, o inneggiare a chi lo calpesta. Perché? Perché è pericoloso. Perché una civiltà che ha un tabù è una civiltà minacciosa. Perché se rispettiamo il loro tabù, domani loro ci impediranno di guardare i film in televisione con i polpacci delle donne! Tutto questo ripetuto da centinaia di interlocutori tutti originali, tutti in buona fede convinti che coi musulmani funziona così: se li rispetti appena un poco, loro ti entrano in casa, ti bruciano i porno e instaurano la sharia su tua sorella. Non ci sono margini. Non c'è spazio. O noi calpestiamo i loro simboli, o loro calpesteranno i nostri, per cui bisogna darci dentro coi calcagni, presto! Ne va dell'occidente. Ne risulta un conflitto di due sharie speculari: loro, i cattivi con le barbe, vogliono costringerti a non vedere niente, tu invece ti costringi a vedere tutto, a ridere di tutto, anche quando tanto ridere non fa: pure di un tizio con la barba di cui mai ti è fregato nulla, finché non ti hanno spiegato che c'è una cultura in cui non sopportano che sia raffigurato. Se ti raccontassero domani che la stessa cultura ha il culto del membro virile, tu te lo strapperesti per dar loro un dispiacere.
Passi l'ignoranza coltivata di gente che confonde un miliardo di musulmani con qualche centimigliaio di talebani; ma l'idea che non si possa cedere neanche un millimetro, non si possa concedere neanche un po' di rispetto, altrimenti prima o poi quelli ci prendono tutto nasconde una fobia del nemico che a quasi dieci anni dalla guerra in Iraq regge insospettabilmente bene. Hai voglia a rammentare che gli invasori siamo noi, e che nessuno sta chiedendo la sharia sulle tv occidentali. No, ci sono manifestazioni con migliaia, pensate, migliaia di musulmani dall'altra parte del mare, e questa è evidentemente una minaccia. Non passeranno! Altre vignette sul barbuto, presto.
2. *Ma le vignette su Cristo si possono fare!*
La grande illusione della tolleranza: la reciprocità. Certo che tolleriamo i musulmani: gli facciamo costruire una moschea... appena loro fanno una chiesa. Dove si capisce che la nostra idea di Islam è un cristianesimo con un'insegna diversa appiccicata all'ultimo momento. Noi abbiamo le chiese, loro le moschee. Stessa cosa, no? Noi abbiamo Cristo, e ci facciamo le vignette, e quindi le vignette si possono fare anche su Maometto. Stop. Sembra L'Orlando Furioso, i Mori identici ai cristiani, cambiano solo i nomi e non sono nemmeno nomi moreschi. Dove la tolleranza consiste nel consentire a qualsiasi diverso di diventare uguale a noi. Noi raffiguriamo Cristo, dal medioevo: la sua raffigurazione in forma umana è alla radice del realismo occidentale. Voi no? Voi avevate una religione iconoclasta e avete sviluppato un'arte astratta e calligrafica? Sì, beh, non ce ne frega niente. Siamo noi che tolleriamo voi, nella misura in cui le vostre radici iconoclaste vanno rapidamente in discarica e voi vi mettete a ridere delle caricature del vostro profeta, anche alla svelta.
3. *Si deve mostrare tutto!*
Pur di dare addosso ai musulmani c'è gente disposta a giurare che in occidente si possa mostrare tutto, ridere di tutto. A me vengono milioni di esempi di cose che invece no, non si possono mostrare: che sono tabù riconosciuti, codificati, elevati a legge, difesi da sanzioni penali. Lasciamo stare il fatto che in Italia la blasfemia sia ancora reato (in Francia no); ma io non posso nemmeno fare una foto ai miei studenti: qualche anno fa potevo, adesso no. Non posso esporla da qualche parte. Men che meno metterla su internet. In televisione c'è un sacco di facce pixelate, ci avete fatto caso? Tutti i minorenni, e anche i maggiorenni se non acconsentono. Poi c'è un sacco di pornografia che in chiaro non è accessibile: perlomeno a me risulta, a voi no? Qualche sottospecie di snuff su youtube gira, ma appena se ne accorgono lo levano. Insomma ci sono delle censure e delle autocensure: esistono, ci viviamo dentro, molte non le riconosciamo tali perché non ci poniamo nemmeno il problema. Altre le applichiamo perché a partire da un certo momento in poi le consideriamo giuste (il divieto di fotografare minorenni a scuola). A questo elenco sterminato di cose non raffigurabili si potrebbe - per rispetto alla seconda religione in Italia, e nel mondo - aggiungere giusto la faccia barbuta di un profeta, ma questo no: è inammissibile. Sarebbe la fine dell'Occidente, e a Lepanto allora cosa abbiamo combattuto a fare? Bisogna mostrare tutto! Volti, chiappe, peli! Purché del profeta. I peli nostri in realtà non interessano a nessuno.
4. Voltaire! Gramsci! Altri nomi a caso!
Un tizio su facebook mi ha scritto che se Gramsci fosse vivo pubblicherebbe una vignetta antiislamica al giorno, perché era Gramsci, lo sanno tutti che Gramsci era così, no? Rimango sempre un po' perplesso dalla leggerezza con cui gente come Voltaire - un tizio abbastanza formale, almeno stando alle incisioni, sempre con la sua bella parrucca in ordine - viene arruolata per difendere qualsiasi disegnino o recita filodrammatica. Tutti a dare per scontato che lui, e quelli come lui, avrebbero applaudito qualsiasi scemenza, perché è satira, e la satira è giusta, non deve insegnare niente, non deve combattere nulla, la satira si fa per il gusto di farla: forse che ci si può togliere il diritto di scoreggiare su delle icone? Voltaire sarebbe morto per difendere la libera espressione del nostro meteorismo. E se non l'avesse fatto, fanculo anche Voltaire, fanculo Gramsci, ci resta il Bagaglino. Ah no cacchio l'hanno chiuso. E allora lo vedi che la nostra libertà occidentale ha i giorni contati?
1. *Oggi la faccia di Maometto, domani il mondo!*
Sembra che la prima reazione dell'occidentale medio, quando scopre su facebook o in tv che c'è da qualche parte un tabù (ad es., la raffigurazione di un profeta), sia calpestarlo, o inneggiare a chi lo calpesta. Perché? Perché è pericoloso. Perché una civiltà che ha un tabù è una civiltà minacciosa. Perché se rispettiamo il loro tabù, domani loro ci impediranno di guardare i film in televisione con i polpacci delle donne! Tutto questo ripetuto da centinaia di interlocutori tutti originali, tutti in buona fede convinti che coi musulmani funziona così: se li rispetti appena un poco, loro ti entrano in casa, ti bruciano i porno e instaurano la sharia su tua sorella. Non ci sono margini. Non c'è spazio. O noi calpestiamo i loro simboli, o loro calpesteranno i nostri, per cui bisogna darci dentro coi calcagni, presto! Ne va dell'occidente. Ne risulta un conflitto di due sharie speculari: loro, i cattivi con le barbe, vogliono costringerti a non vedere niente, tu invece ti costringi a vedere tutto, a ridere di tutto, anche quando tanto ridere non fa: pure di un tizio con la barba di cui mai ti è fregato nulla, finché non ti hanno spiegato che c'è una cultura in cui non sopportano che sia raffigurato. Se ti raccontassero domani che la stessa cultura ha il culto del membro virile, tu te lo strapperesti per dar loro un dispiacere.
Passi l'ignoranza coltivata di gente che confonde un miliardo di musulmani con qualche centimigliaio di talebani; ma l'idea che non si possa cedere neanche un millimetro, non si possa concedere neanche un po' di rispetto, altrimenti prima o poi quelli ci prendono tutto nasconde una fobia del nemico che a quasi dieci anni dalla guerra in Iraq regge insospettabilmente bene. Hai voglia a rammentare che gli invasori siamo noi, e che nessuno sta chiedendo la sharia sulle tv occidentali. No, ci sono manifestazioni con migliaia, pensate, migliaia di musulmani dall'altra parte del mare, e questa è evidentemente una minaccia. Non passeranno! Altre vignette sul barbuto, presto.
2. *Ma le vignette su Cristo si possono fare!*
La grande illusione della tolleranza: la reciprocità. Certo che tolleriamo i musulmani: gli facciamo costruire una moschea... appena loro fanno una chiesa. Dove si capisce che la nostra idea di Islam è un cristianesimo con un'insegna diversa appiccicata all'ultimo momento. Noi abbiamo le chiese, loro le moschee. Stessa cosa, no? Noi abbiamo Cristo, e ci facciamo le vignette, e quindi le vignette si possono fare anche su Maometto. Stop. Sembra L'Orlando Furioso, i Mori identici ai cristiani, cambiano solo i nomi e non sono nemmeno nomi moreschi. Dove la tolleranza consiste nel consentire a qualsiasi diverso di diventare uguale a noi. Noi raffiguriamo Cristo, dal medioevo: la sua raffigurazione in forma umana è alla radice del realismo occidentale. Voi no? Voi avevate una religione iconoclasta e avete sviluppato un'arte astratta e calligrafica? Sì, beh, non ce ne frega niente. Siamo noi che tolleriamo voi, nella misura in cui le vostre radici iconoclaste vanno rapidamente in discarica e voi vi mettete a ridere delle caricature del vostro profeta, anche alla svelta.
3. *Si deve mostrare tutto!*
Pur di dare addosso ai musulmani c'è gente disposta a giurare che in occidente si possa mostrare tutto, ridere di tutto. A me vengono milioni di esempi di cose che invece no, non si possono mostrare: che sono tabù riconosciuti, codificati, elevati a legge, difesi da sanzioni penali. Lasciamo stare il fatto che in Italia la blasfemia sia ancora reato (in Francia no); ma io non posso nemmeno fare una foto ai miei studenti: qualche anno fa potevo, adesso no. Non posso esporla da qualche parte. Men che meno metterla su internet. In televisione c'è un sacco di facce pixelate, ci avete fatto caso? Tutti i minorenni, e anche i maggiorenni se non acconsentono. Poi c'è un sacco di pornografia che in chiaro non è accessibile: perlomeno a me risulta, a voi no? Qualche sottospecie di snuff su youtube gira, ma appena se ne accorgono lo levano. Insomma ci sono delle censure e delle autocensure: esistono, ci viviamo dentro, molte non le riconosciamo tali perché non ci poniamo nemmeno il problema. Altre le applichiamo perché a partire da un certo momento in poi le consideriamo giuste (il divieto di fotografare minorenni a scuola). A questo elenco sterminato di cose non raffigurabili si potrebbe - per rispetto alla seconda religione in Italia, e nel mondo - aggiungere giusto la faccia barbuta di un profeta, ma questo no: è inammissibile. Sarebbe la fine dell'Occidente, e a Lepanto allora cosa abbiamo combattuto a fare? Bisogna mostrare tutto! Volti, chiappe, peli! Purché del profeta. I peli nostri in realtà non interessano a nessuno.
4. Voltaire! Gramsci! Altri nomi a caso!
Un tizio su facebook mi ha scritto che se Gramsci fosse vivo pubblicherebbe una vignetta antiislamica al giorno, perché era Gramsci, lo sanno tutti che Gramsci era così, no? Rimango sempre un po' perplesso dalla leggerezza con cui gente come Voltaire - un tizio abbastanza formale, almeno stando alle incisioni, sempre con la sua bella parrucca in ordine - viene arruolata per difendere qualsiasi disegnino o recita filodrammatica. Tutti a dare per scontato che lui, e quelli come lui, avrebbero applaudito qualsiasi scemenza, perché è satira, e la satira è giusta, non deve insegnare niente, non deve combattere nulla, la satira si fa per il gusto di farla: forse che ci si può togliere il diritto di scoreggiare su delle icone? Voltaire sarebbe morto per difendere la libera espressione del nostro meteorismo. E se non l'avesse fatto, fanculo anche Voltaire, fanculo Gramsci, ci resta il Bagaglino. Ah no cacchio l'hanno chiuso. E allora lo vedi che la nostra libertà occidentale ha i giorni contati?
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Nel convento c'è un cappuccino
24-09-2012, 11:33memoria del 900, santiPermalink23 settembre - San
Pio da Pietrelcina, 1887-1968, taumaturgo.
Giovanni XXIII non aveva mai potuto soffrire Padre Pio. Già da monsignore era riuscito a evitarlo, anche quando batteva la campagna pugliese come responsabile della Propaganda Fide. Una volta divenuto Papa doveva considerare quel cappuccino sanguinante e odoroso di acido fenico, con la sua corte di faccendieri e isteriche, un esempio di ciò che la Chiesa conciliare doveva lasciarsi alle spalle. Tutto questo anche prima di ricevere da qualche volenteroso spione una bobina di intercettazioni ambientali in cui la voce del frate e delle sue più zelanti devote era frammista al rumore di sbaciucchiamenti. Senza essere stata particolarmente sollecitata, la bobina sembrava concepita appositamente per turbare un pontefice refrattario alla sola idea del contatto fisico con individui dell'altro sesso. "L'accaduto", scrive, "...fa pensare ad un vastissimo disastro di anime, diabolicamente preparato, a discredito della S. Chiesa nel mondo, e qui in Italia specialmente..."
L'ispezione sollecitata da Giovanni XXIII farà luce su molti aspetti discutibili dell'organizzazione che si era stretta intorno al frate, ma non svelerà nessun "immenso inganno", come pure il Papa si era augurato. Del resto a quel punto il cappuccino andava per i 75, sanguinava ininterrottamente da quaranta, e per immaginarlo mentre si intratteneva carnalmente con le sue beghine preferite ci voleva la fantasia morbosa ma un po' astratta di un alto prelato. Qualche mese dopo, un colloquio con l'arcivescovo di Manfredonia (la diocesi di cui fa parte San Giovanni Rotondo) avrebbe rasserenato l'animo del pontefice:
Forse Padre Pio ha sofferto per tutta la vita (continua ovviamente sul Post...)
Cattelan, non sei nessuno |
Giovanni XXIII non aveva mai potuto soffrire Padre Pio. Già da monsignore era riuscito a evitarlo, anche quando batteva la campagna pugliese come responsabile della Propaganda Fide. Una volta divenuto Papa doveva considerare quel cappuccino sanguinante e odoroso di acido fenico, con la sua corte di faccendieri e isteriche, un esempio di ciò che la Chiesa conciliare doveva lasciarsi alle spalle. Tutto questo anche prima di ricevere da qualche volenteroso spione una bobina di intercettazioni ambientali in cui la voce del frate e delle sue più zelanti devote era frammista al rumore di sbaciucchiamenti. Senza essere stata particolarmente sollecitata, la bobina sembrava concepita appositamente per turbare un pontefice refrattario alla sola idea del contatto fisico con individui dell'altro sesso. "L'accaduto", scrive, "...fa pensare ad un vastissimo disastro di anime, diabolicamente preparato, a discredito della S. Chiesa nel mondo, e qui in Italia specialmente..."
"Motivo di tranquillità spirituale per me, e grazia e privilegio inestimabile è il sentirmi personalmente puro da questa contaminazione che da ben 40 anni circa ha intaccato centinaia di migliaia di anime istupidite e sconvolte in proporzioni inverosimili".Quella bobina fu una nuova fonte di guai per padre Pio di Pietrelcina, al secolo Francesco Forgione, che aveva già passato i suoi brutti momenti durante i pontificati di Benedetto XV e Pio XI - quest'ultimo, in particolare, era stato a un passo dal sospenderlo dal sacerdozio e deportarlo in qualche convento lontano dalla sua claque. Ma questo avveniva nel Ventennio, quando l'umile servo di Dio si limitava ad amministrare i sacramenti e guarire qualche pellegrino (o gerarca) di passaggio, e non possedeva ancora la totalità delle azioni dell'ospedale più grande del meridione, una deroga generosamente concessa da Pio XII al suo voto di povertà. Il Padre Pio su cui indagherà nel 1960 il Sant'Uffizio è già un fenomeno mediatico, tenuto vivo dall'attenzione costante dei rotocalchi, che il Vaticano non riesce più a manovrare.
L'ispezione sollecitata da Giovanni XXIII farà luce su molti aspetti discutibili dell'organizzazione che si era stretta intorno al frate, ma non svelerà nessun "immenso inganno", come pure il Papa si era augurato. Del resto a quel punto il cappuccino andava per i 75, sanguinava ininterrottamente da quaranta, e per immaginarlo mentre si intratteneva carnalmente con le sue beghine preferite ci voleva la fantasia morbosa ma un po' astratta di un alto prelato. Qualche mese dopo, un colloquio con l'arcivescovo di Manfredonia (la diocesi di cui fa parte San Giovanni Rotondo) avrebbe rasserenato l'animo del pontefice:
“Don Andrea, sono i suoi fratelli che l’accusano. E poi… quelle donne, quelle registrazioni… Hanno perfino inciso i baci”. Poi il Santo Padre tacque per l’angustia e il turbamento. Monsignor Cesarano, con un fremito che gli attraversava l’anima e il corpo, tentò di spiegare: “Per carità, non si tratta di baci peccaminosi. Posso spiegarti cosa succede quando accompagno mia sorella da Padre Pio?” “Dimmi”. E monsignor Cesarano raccontò al Santo Padre che quando sua sorella incontrava Padre Pio e riusciva a prendergli la mano, gliela baciava e ribaciava, tenendola ben stretta, malgrado le vive rimostranze nel timore di sentire un ulteriore male per via delle stigmate. Il buon Papa Giovanni alzò lo sguardo al cielo ed esclamò: “Sia lodato Dio! Che conforto che mi hai dato. Che sollievo!Questo episodio, raccontato da un confratello di Padre Pio, ha il profumo e la consistenza di una storiella nata tra la canonica e la sacrestia, gli unici ambienti dove suona ancora un po' credibile scambiare il rumore di un baciamano per quello di un rapporto sessuale completo. D'altro canto qualcuno doveva pure raccontarla: qualcuno prima o poi doveva trovare un lieto fine per quella storia inquietante che metteva il Papa Buono contro il più venerato santo italiano del Novecento. Più probabilmente Roncalli si portò i suoi dubbi nella tomba monumentale che lo aspettava di lì a tre anni; il suo successore, Paolo VI, aveva di Padre Pio un ben diverso concetto. Non solo lo aveva conosciuto, ma era stato uno degli artefici della fortuna di San Giovanni Rotondo, quando al termine della guerra era riuscito a dirottare sull'erigenda Casa sollievo della sofferenza una somma ingente stanziata dagli USA per le emergenze sanitarie del dopoguerra. Con lui in Vaticano, Pio da Petrelcina poté vivere i suoi ultimi anni sulla terra in relativa serenità. Verso la fine le stimmate sembrarono progressivamente sparire, tanto che in punto di morte non se ne vedevano nemmeno le cicatrici. Cionondimeno il cadavere fu esposto coi guanti, per evitare malintesi o speculazioni.
Forse Padre Pio ha sofferto per tutta la vita (continua ovviamente sul Post...)
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