Se non crei panico sei un omicida
23-10-2012, 01:47catastrofi, ho una teoria, terremoto 2012Permalink
Nel giugno scorso la Commissione Grandi Rischi - la stessa di cui si parla oggi a causa della controversa sentenza dell'Aquila - finì nell'occhio del ciclone per avere lasciato intendere, in un documento ufficiale, l'eventualità di un'altra forte scossa nella bassa emiliana. In questa zona, dove migliaia di persone e attività stavano cercando di riprendersi dall'incubo di fine maggio, la Commissione fu accusata senza mezzi termini di disfattismo. In realtà (ne diedi conto su questo blog) il documento non conteneva nessuna previsione; si limitava a indicare la zona più a rischio "nel caso di una ripresa dell’attività sismica nell’area già interessata dalla sequenza in corso". Quella che circolava sui quotidiani e nel passaparola tra bar e tendopoli era una non-notizia: stava per arrivare un'altra scossa forte, lo avevano detto gli scienziati. Che gli scienziati avessero in realtà scritto tutt'altro era ormai un dettaglio. La scossa forte non è poi arrivata - anche se lo sciame prosegue - e le accuse di allarmismo ingiustificato nei confronti della Commissione sono cadute nell'oblio, come succede sempre nei casi di profezia non riuscita. Se viceversa una scossa fosse arrivata, i membri della Commissione sarebbero stati portati sugli altari per una previsione che in realtà non avevano mai fatto (continua sull'Unita.it, H1t#150).
Così vanno le cose in Italia, un Paese che ha un rapporto complicato con la scienza. A scuola la studiamo poco, in compenso la veneriamo, come veneravamo prima di lei gli dei che ha sostituito. Non abbiamo la minima idea di come funzioni, ma ci fidiamo ciecamente di lei: è un libro con tutte le risposte, basta saperlo aprire alla pagina giusta. Quando scopriamo che non è così, che alcune pagine sono ancora vuote o lacunose, ci scandalizziamo. L’idea che i terremoti non si possano prevedere come gli acquazzoni tuttora ci destabilizza: sempre in giugno Grillo si domandava a cosa servissero i sismologi coi loro sismografi, visto che non sanno dare i giusti consigli alla popolazione. I sismologi, dal canto loro, si trovano in una situazione senza via d’uscita: in presenza di uno sciame sismico non possono certo escludere l’eventualità di una scossa catastrofica. Al massimo possono ricordare che è un’eventualità statisticamente limitata. Se poi la catastrofe, in barba alle statistiche, si avvera, verranno accusati di avere minimizzato il rischio e condannati per omicidio colposo (è il caso dell’Aquila); se invece non arriva, come nel giugno scorso, qualche cittadino, qualche industriale danneggiato dal panico potrebbe denunciarli per procurato allarme. Cosa resta a loro da fare?
Cambiare mestiere, probabilmente. Inutile ribadire che né all’Aquila né in Emilia la Commissione poteva prevedere il tempo e il luogo esatto di una scossa; inutile lamentarsi del fatto che le comunicazioni degli esperti vengano sistematicamente fraintese e distorte. Forse quella che manca tra gli italiani e gli scienziati è una lingua comune. Eppure il verbale della famigerata riunione del 31 marzo 2009 sembra abbastanza chiaro: i membri della Commissione non escludevano “‘in maniera assoluta” che potesse verificarsi un sisma distruttivo come quello del 1703, e tuttavia lo consideravano improbabile, dal momento che le scosse pur numerose registrate fino a quel momento non avevano nessun carattere precursore. Ma quello è il contenuto tecnico della riunione, quello che non interessa più nessuno. Se tutti i membri della Commissione ieri sono stati condannati per omicidio colposo è per un contenuto mediatico, qualcosa che nel verbale della riunione non c’era – ma che forse c’era sui titoli dei quotidiani locali l’indomani mattina, e senz’altro è rimasto nella memoria collettiva degli aquilani: un invito a dormire tranquilli nelle proprie case. Gli scienziati non scrissero questo, ma forse giornalisti e cittadini volevano sentirselo dire. La distorsione del messaggio fu probabilmente causata anche dalla polemica tra il capo della Protezione Civile Bertolaso e Giampaolo Giuliani, dalla necessità di prendere le distanze dal sismologo-fai-da-te che pochi giorni con le sue previsioni a base di radon aveva spaventato inutilmente gli abitanti di Sulmona. E tuttavia a pagare per ora non sono né Bertolaso né Giuliani, bensì degli esperti che fecero semplicemente il loro mestiere, senza prevedere o minimizzare nulla.
Il 28 gennaio del 2012, in seguito ad alcuni eventi sismici di lieve intensità in Valpadana, la Commissione diramò un breve comunicato in cui si paventava “la possibile riattivazione di strutture che in passato hanno generato terremoti di maggiori dimensioni (magnitudo 6 e oltre)”. La Commissione chiedeva pertanto “di curare in modo particolare l’aspetto della comunicazione in tutte le fasi del terremoto – prima, durante e dopo – in modo da trasmettere un messaggio coerente e conseguente alla popolazione e alle autorità”. Forse la maggiore attenzione della Commissione nei confronti della comunicazione, della necessità di un “messaggio coerente e conseguente”, è dovuta alla brutta esperienza dell’Aquila. Può darsi che gli incontri di prevenzione organizzati nei mesi successivi nelle scuole emiliane abbiano dato qualche frutto: senz’altro le migliaia di studenti che il mattino del 29 maggio evacuarono decine di scuole senza nessun grosso incidente sono la migliore dimostrazione che una politica di prevenzione, in Italia, è possibile. Certo, tra esperti e cittadini bisogna capirsi, e non sempre c’è la volontà (politica, culturale) di farlo. Da semi-terremotato posso testimoniare che la tentazione pre-moderna di prendersela con gli scienziati, di sacrificarli alla prima previsione fraintesa o errata, è ancora fortissima. http://leonardo.blogspot.com
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Alla rivoluzione senza posto macchina
22-10-2012, 00:36Pd, primarie 2012, RenziPermalinkLa foto è presa da qui. |
Ma poi si scoprì che l'iscrizione non si poteva fare più al seggio, e questa cosa di dover parcheggiare in due posti diversi (o anche cercare un parcheggio equidistante) li smontò un pochettino, ecco. E quindi niente, basta, la rivoluzione non si fece più.
Fu un peccato perché prometteva bene, avevano progettato delle barricate spettacolari ma anche molto leggere, si potevano piegare e spostare, ikea gli faceva un prezzaccio, ma questa cosa di parcheggiare due volte fu veramente un colpo basso, è chiaro che vuoi che votino solo i vecchi, i pensionati coi permessi per disabili, tutto un complotto contro i giovani. Le loro idee. La loro energia.
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11000 vergini +1
21-10-2012, 12:27santi, traduzioniPermalinkApoteosi di Sant'Orsola (Carpaccio). |
Un ruolo tutt'altro che marginale, nella carriera dei Santi, ce l'hanno gli errori di trascrizione o traduzione. È per un errore di traduzione che Santa Cecilia diventa patrona della musica, lei che magari era pure stonata, chi lo sa. Dalle varie traduzioni possibili di "Tu sei Pietro e su questa Pietra" dipendono due o tre secoli di guerre di religione. Quanto a Orsola, era una classica vergine e martire tardo-antica venerata in zona germanica, possibile erede di una Ursel della mitologia norrena che si prendeva cura delle bambine morte. Sarebbe probabilmente sfumata nell'oblio, se un'iscrizione a Colonia (poi andata persa) non avesse avvertito che Ursula era stata martirizzata ad undecim milia, a undici miglia di distanza. L'ipotesi è che quell'"ad" sia diventato nel tempo un "et", e Orsola la protagonista di un genocidio barbarico, l'animatrice di un viaggio organizzato di undicimila vergini che scorrazzando per l'Europa di ritorno da un pellegrinaggio a Roma non potevano che incappare in qualche invasore senzadio, in questo caso Attila. Attila (figura ricorrente nelle saghe norrene) in questo caso gioca il ruolo prevedibile del bruto che si invaghisce della bellissima principessa britannica Orsola - già però promessa sposa a un altro principe, Aetherius che per lei si era fatto battezzare. Affranto dal diniego, Attila la fa trafiggere da una freccia, e già che c'è martirizza tutte le undicimila, offrendo ai pittori dei mille anni seguenti la migliore occasione per impaginare uno femminicidio di massa.
In effetti, Orsola potrebbe agevolmente ottenere il patronato delle donne che combattono la violenza maschile: è una leader naturale, decide lei se sposarsi o no e con chi, insomma è una tosta – nei limiti della protagonista di una leggenda medievale. Invece per adesso è patrona dei matrimoni felici, il che io trovo poco comprensibile visto che all’altare non c’è arrivata; cioè lo so anch’io che i matrimoni più belli sono quelli che non si realizzano concretamente nella loro avvilente quotidianità di pannolini e risse per il telecomando… ma non si trovava un’altra santa nel calendario con un matrimonio un po’ più felice (maledizione, ci sto pensando e non me ne vengono in mente). Orsola non ha nemmeno fatto in tempo a fondare, come qualcuno potrebbe pensare, le orsoline: ci ha pensato Sant’Angela Merici mille anni più tardi, a Brescia, con molte vergini in meno (ventotto, ma butta via).
Lorenzo Pasinelli, martirio di Sant'Orsola e compagne |
Altri vogliono Orsola martire sotto Diocleziano, ma ormai si è capito che Diocleziano è il martirizzatore impostato di default, quando non sai assolutamente cosa mettere metti “Diocleziano” e vai tranquillo che lui ne ha massacrate così tante, cosa vuoi che siano undicimila in più, undicimila in meno. Un’altra ipotesi è che fossero soltanto undici, o che accanto al nome di una compagna di Orsola fosse indicata l’età (XI) con un segnetto, uno sgorbio sfuggito allo scalpello, insomma qualcuno cominciò a leggerci l’abbreviazione medievale per “mille”, e subito la fantasia prese il volo: undicimila vergini! Calcolando che ogni martire musulmano avrebbe il diritto a 72, il martirio di Orsola e compagne avrebbe soddisfatto il fabbisogno per 152 martiri virgola sette periodico. Peccato che siano due paradisi diversi. No, anzi, è meglio così.
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In diretta a Radio Popolare Roma, tra un po'
19-10-2012, 09:00autoreferenziali, Emilia paranoica, segnalazioni, terremoto 2012PermalinkTra qualche minuto (ore 9.00) - e mi dispiacerebbe interrompere Cat Food dei King Crimson - dovrei parlare in diretta a Radio Popolare Roma, credo a proposito di terremoti ed emilianità, due argomenti che se vi hanno stracciato vi comprendo. Potrebbero sentirsi pianti e starnuti selvaggi in sottofondo, è per aggiungere realismo.
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Profeti e stalking
19-10-2012, 03:28Bibbia, santiPermalink17 ottobre - Sant'Osea, profeta becco (VIII secolo avanti Cristo)
Essere profeta del Dio di Israele non è proprio il massimo della vita - esistono datori di lavoro più ragionevoli, diciamo. Giona quando prova a mollare si ritrova per tre giorni nelle profondità dell'oceano all'interno del ventre di una balena; Ezechiele a un certo punto deve sdraiarsi su un fianco per un numero di giorni (390+40) corrispondenti agli anni dell'esilio babilonese, e nutrirsi di cibo cotto sopra feci umane. Al che persino Ez, uno che per il suo Dio avrebbe fatto qualsiasi cosa, esprime una perplessità: Signore, la cacca umana è impura, io non ho mai mangiato niente di impuro. Va bene, risponde Dio, puoi usare feci bovine. Allora lo vedi che non è così duro come raccontano, lo vedi che ci sono margini di trattativa? Ma forse il caso più interessante è Osea, profeta minore ingiustamente negletto, col quale il Signore va subito al dunque:
Quando il Signore cominciò a parlare a Osea, gli disse:Il libro del profeta Osea comincia così - e potrebbe cominciare meglio? Siamo più o meno a metà Bibbia e ormai dovremmo avere imparato che da questa entità ci si può aspettare qualsiasi cosa: magari ti chiede di sgozzare tuo figlio su un altare, magari poi cambia idea all'ultimo momento, è fatto così. Ciononostante, bisogna riconoscerlo, riesce sempre a mantenere l'attenzione del lettore, riesce sempre a stupirlo con qualche espediente nuovo. Ciao Osea! Sono il tuo d-i-o, ora sposa una puttana, perché mi serve una metafora. Ah, e facci almeno tre figli, ma preparati a dar loro dei nomi ridicoli:
«Va', prenditi in moglie una prostituta
e abbi figli di prostituzione,
poiché il paese non fa che prostituirsi
allontanandosi dal Signore».
La donna concepì di nuovo e partorì una figlia e il Signore disse a Osea:Insomma l'Entità è arrabbiata, molto, per via del solito problema, che il popolo di Israele non la ama. L'Entità lo ha chiamato dall'Egitto, ha fatto scaturire miele dalle rocce, quaglie dal cielo, per non parlare della manna e di tutti quei popoli che ha eliminato per far spazio, ma niente da fare: è un popolo poco serio, che tresca con gli altri dei, costruisce altarini e non si perita nemmeno più di nasconderli, ormai sono tresche dichiarate, all'aria aperta (sulle cime dei monti!), e l'Entità non ne può più. L'Entità è orribilmente gelosa, di una gelosia forse senza precedenti in letteratura. Un sentimento che prima della Bibbia non aveva nemmeno un nome, e che a partire dall'Esodo diventa attributo divino, ma che nel rotolo di Osea suona umano, terribilmente umano.
«Chiamala Non-amata,
perché non amerò più la casa d'Israele,
non ne avrò più compassione [...]
Dopo aver divezzato Non-amata, Gomer concepì e partorì un figlio. E il Signore disse a Osea:
«Chiamalo Non-mio-popolo,
perché voi non siete mio popolo
e io non esisto per voi».
Chi lo ha scritto non necessariamente era ispirato da Dio, ma sicuramente era ispirato da una passione frustrata. Passa continuamente dalle maledizioni alle promesse, a volte fa come per accarezzarti, ma capisci che gli prudono le mani. Il Dio di Osea si esprime insomma come quel tipo di ex marito che sta per violare un'ordinanza restrittiva per portare un pacco infiocchettato al compleanno del figlio, ma in tasca comunque tiene il necessario qualora gli venisse l'ispirazione di tagliare la gola alla madre del bimbo. Come tanti libri profetici, non sappiamo se ci sia giunto in uno stato un po' caotico o se il caos non sia caratteristico del modo di esprimersi dell'Oracolo del Signore. In ogni caso ovunque lo apri puoi imbatterti, alternativamente, in minacce di morte cruentissime e dichiarazioni d'amore appassionate, struggenti: c'è gente che si sposa, con letture del libro di Osea; se solo conoscessero la premessa...
Ad Efraim [una delle dodici tribù, ma anche tutto Israele per sineddoche]Hai letto quanto è tenero qui? Attenzione, ora salto un versetto (e continuo nel Post):
io insegnavo a camminare tenendolo per mano,
ma essi non compresero che avevo cura di loro.
Io li traevo con legami di bontà,
con vincoli d'amore;
ero per loro come chi solleva
un bimbo alla sua guancia;
mi chinavo su di lui per dargli da mangiare.
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Sono emiliano e non sto reagendo bene
16-10-2012, 23:58catastrofi, Emilia paranoica, terremoto 2012PermalinkQui spiega perché questa è la carta più importante. |
Un'occasione favolosa, che spero non si lascerà sfuggire più. Non è soltanto la goffaggine di passare sopra una tragedia di 300 morti, per il capriccio di paragonarla a una disgrazia che in una zona molto più vasta ne ha fatti una trentina; non è la cialtroneria che si potrebbe perdonare a un qualsiasi avventore di bar o di forum o Sgarbi, ma implausibile in uno che di mestiere fa il capo della Protezione Civile. Non è la disonestà intellettuale di chi mescola, e sa di farlo, le mele con le pere, una scossa con magnitudo 6 e un epicentro nei pressi di un capoluogo regionale con uno sciame di magnitudo inferiore, che ha fatto comunque danni immensi, ma che sarebbe stato ben altrimenti catastrofico se avesse lambito una sola delle grandi città a poche decine di chilometri dalle faglie.
No, è proprio che questo mito dell'emiliano che reagisce bene ha rotto il cazzo, definitivamente. Tante grazie Gabrielli che reagiamo meglio di una città universitaria in cui crollano gli edifici storici e la casa dello studente. Tante grazie che, essendo inseriti in un contesto produttivo più dinamico di quello abruzzese (anche se in crisi fissa) abbiamo tenuto botta e riaperto il prima possibile. Avevamo alternative? Tante grazie che non abbiamo aspettato che si sbloccasse la burocrazia degli aiuti. Tante grazie al cazzo, Gabrielli. Vieni dalle nostre parti a dirci quanto siamo bravi a riaprire delle aziende col rischio di finire in galera se poi arriva un'altra botta da 5 e casca un altro tetto. Vieni a dire alla gente che ha perso la casa, e se la rifarebbe pure, ma non ha chi gli faccia credito; vieni a dirgli che dev'essere fiero di essere un emiliano che si comporta meglio di un aquilano. Vieni qui a dire le tue cazzate Gabrielli. Vai in una qualsiasi tendopoli tra Novi e Finale a spiegare perché dopo trenta giorni, con la canicola di luglio, erano già finiti i soldi: vediamo se te la cavi con una bell'ode al pensionato emiliano propositivo pieno di voglia di vivere, ma anche, perché no? di crepare in una tenda a ferragosto! Vieni vieni, non aver paura, siamo gente ospitale noi.
Alla mia finestra c'è il solito campanile. Quattro mesi fa transitavano gli sciacalli, all'inizio non era così facile trovare qualcuno che restasse di guardia lì sotto. La seconda notte arrivò a darmi il cambio uno di Sulmona, AQ. Rimase una settimana, faceva tutti i turni di notte. Spiegaglielo pure a lui quanto sono superiori gli emiliani, Gabrielli.
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Fa ch'io t'ami sempre +
16-10-2012, 04:14cristianesimo, Francia, santi, simboliPermalink16 ottobre - Santa Marguerite-Marie Alacoque, veneratrice del Sacro Cuore di Gesù.
Nell'autunno del 1870 Parigi è assediata, la Francia è fottuta. Appena nominato comandante di una delle legioni di volontari formate nel tentativo, ormai disperato, di spezzare l'assedio prussiano, il colonnello Athanase de Charette riceve la visita di un Monsieur Dupont qualsiasi, che viene da Tours a portargli il dono più prezioso: uno stendardo con il Sacro Cuore di Gesù, recante il motto Cuore di Gesù, salvate la Francia. Era stato l'abate di Musy a concepirlo, e a farlo cucire dalle suore di Paray-le-Monial. In origine era previsto che Dupont lo portasse al comandante della piazza di Parigi, ma la città era ormai irraggiungibile. Mentre cercava un sistema per passare, Dupont incocciò nei volontari di de Charette, e l'incontro gli parve provvidenziale. Tra loro vi erano 300 zuavi che avevano appena difeso (male) Roma dall'attacco sabaudo: fuggiti dopo la breccia a Porta Pia, nel giro di un mese erano già sul fronte francoprussiano, pronti per una nuova sconfitta. Prima però accettarono di farsi consacrare al Sacro Cuore di Gesù, "l'unico vero re di Francia". La Francia per la verità era appena ridiventata una Repubblica (la terza), dopo la fuga di Napoleone III e l'ingloriosa fine dell'Impero (il secondo). Ma la situazione era un caos, a Parigi incubava lo spettro della prima rivoluzione comunista, che sarebbe scoppiata di lì a pochi mesi, tutt'intorno i prussiani dilagavano, e più indietro ancora i legionari accanto al tricolore sventolavano il Sacro Cuore. Di Gesù. Un muscolo cardiaco raffigurato solitamente con un certo realismo, avvolto in un rovo spinoso, e sormontato da una croce. Che razza di brand. Chi lo aveva inventato? (continua sul Post...)
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Gli invalutabili
15-10-2012, 02:06ho una teoria, scuolaPermalink
Gli insegnanti possono tirare il fiato: il tanto temuto passaggio dalle 18 alle 24 ore di insegnamento, annunciato nel pomeriggio di giovedì, non ci sarà. Ieri finalmente il ministro ha riconosciuto quello che forse avrebbe dovuto essere chiaro sin dall'inizio, ovvero che "questo tema ha bisogno della contrattazione sindacale". Se ne riparla quindi nel 2014, e forse per allora ci sarà più tempo per spiegare che non si tratta semplicemente di un aumento di sei ore settimanali, ma del 33% dell'impegno complessivo degli insegnanti, che a quel punto avrebbero più classi, più studenti, più compiti, eccetera.
Tre giorni fa avevo chiesto aiuto, anche qui sull'Unità: volevo cercare di capire se davvero l'insegnante italiano facesse meno ore di lezione dei suoi omologhi del resto d'Europa. La materia è complessa: in certe nazioni la cosiddetta "ora" è in realtà un modulo inferiore ai nostri di 60 minuti; senza parlare di tante altre piccole o enormi differenze (in certi paesi la quantità di ore è superiore, ma l'insegnante può disporre di un ufficio informatizzato all'interno del plesso scolastico). In ogni caso la risposta è che tutto sommato no, l'insegnante italiano non ha un impegno settimanale inferiore agli eurocolleghi. L'unica cosa sensibilmente inferiore è lo stipendio, ma questo si sapeva già. Ringrazio tutti quelli che mi hanno aiutato.
Ringrazio anche tutti quelli che ne hanno approfittato per informarmi di quello che pensano degli insegnanti: sintetizzando, peste e corna. Ho scoperto nel giro di poche ore di far parte di una casta privilegiata che senza aver fatto concorsi (?) si è trovata un impiego di poche ore alla settimana, in cui può battere la fiacca senza che nessuno se ne accorga e senza paura di essere sanzionato o licenziato. Queste informazioni che io, sul serio, ignoravo, mi sono arrivate quasi tutte in orario di ufficio, da computer (ci potrei scommettere punti di graduatoria) aziendali. Poi per carità, sono un blogger storico, sul traffico che mi arriva da tutti gli impiegati che al venerdì pomeriggio fanno finta di lavorare non ci sputo mica. Mi limito a far presente che nel mio orario di lezione io non posso far finta di lavorare, perché ho sempre almeno cinquanta occhi puntati addosso. È pur vero che posso lavorare male - e mi succede - però questa storia della valutazione mi ha un po' stancato. Ogni volta che si parla della condizione degli insegnanti, qualcuno viene a rimproverarti del fatto che non esiste la valutazione, che tu non vuoi assolutamente essere valutato, che tu rifiuti la valutazione. Ma di cosa stiamo parlando? (continua sull'Unita.it, H1t#149).
Tre giorni fa avevo chiesto aiuto, anche qui sull'Unità: volevo cercare di capire se davvero l'insegnante italiano facesse meno ore di lezione dei suoi omologhi del resto d'Europa. La materia è complessa: in certe nazioni la cosiddetta "ora" è in realtà un modulo inferiore ai nostri di 60 minuti; senza parlare di tante altre piccole o enormi differenze (in certi paesi la quantità di ore è superiore, ma l'insegnante può disporre di un ufficio informatizzato all'interno del plesso scolastico). In ogni caso la risposta è che tutto sommato no, l'insegnante italiano non ha un impegno settimanale inferiore agli eurocolleghi. L'unica cosa sensibilmente inferiore è lo stipendio, ma questo si sapeva già. Ringrazio tutti quelli che mi hanno aiutato.
Ringrazio anche tutti quelli che ne hanno approfittato per informarmi di quello che pensano degli insegnanti: sintetizzando, peste e corna. Ho scoperto nel giro di poche ore di far parte di una casta privilegiata che senza aver fatto concorsi (?) si è trovata un impiego di poche ore alla settimana, in cui può battere la fiacca senza che nessuno se ne accorga e senza paura di essere sanzionato o licenziato. Queste informazioni che io, sul serio, ignoravo, mi sono arrivate quasi tutte in orario di ufficio, da computer (ci potrei scommettere punti di graduatoria) aziendali. Poi per carità, sono un blogger storico, sul traffico che mi arriva da tutti gli impiegati che al venerdì pomeriggio fanno finta di lavorare non ci sputo mica. Mi limito a far presente che nel mio orario di lezione io non posso far finta di lavorare, perché ho sempre almeno cinquanta occhi puntati addosso. È pur vero che posso lavorare male - e mi succede - però questa storia della valutazione mi ha un po' stancato. Ogni volta che si parla della condizione degli insegnanti, qualcuno viene a rimproverarti del fatto che non esiste la valutazione, che tu non vuoi assolutamente essere valutato, che tu rifiuti la valutazione. Ma di cosa stiamo parlando? (continua sull'Unita.it, H1t#149).
La famosa e fumosa valutazione degli insegnanti, di cui tanto amate parlare, non esiste. È una chiacchiera, messa in giro dall’ormai antico ministro Berlinguer, che forse ai tempi aveva anche una proposta seria, e incontrò una forte resistenza della categoria. Però non è stato uno sciopero a mettere in cantina la proposta, né quella dei successivi ministri Moratti Fioroni e Gelmini. Ogni tanto anche loro ne hanno parlato, ma senza mai concludere nulla. Nulla. Non è mai stato messo sul tavolo un concreto progetto di valutazione degli insegnanti, qualcosa a cui gli stessi insegnanti potessero reagire con un sì e con un no. Dalla Moratti in poi abbiamo sentito solo chiacchiere, a volte vaghe, a volte immaginose o deliranti. Spesso queste proposte avevano a che fare con la prova Invalsi, uno strumento interessante (se costruito con criterio, e non è sempre stato così), ma che al limite può certificare qualche competenza degli studenti, non dei loro insegnanti. È un discorso lungo e non vorrei annoiare, ma in sostanza chi se la prende con noi prof perché *non vogliamo essere valutati*, non vede o non vuole vedere che il nostro datore di lavoro, in dieci e più anni che se ne parla, non ha mai messo in piede nessuno strumento effettivo di valutazione. Perché non lo ha fatto? Perché sennò brontolavamo? Ma noi brontoliamo sempre, siamo insegnanti.
L’ipotesi è che nessun ministro, nessun governo abbia veramente voluto valutarci, perché a tutti conveniva tenerci così come siamo: una mandria indistinta su cui si può colpire indiscriminatamente quando e come si vuole. Se ci avessero valutato, avrebbero rischiato di individuare i meritevoli; dopodiché cosa avrebbero fatto? Li avrebbero premiati? Con quali fondi, tolti a cosa? La carta igienica, giova ribadire, è finita da un pezzo: poco più tardi è finita anche la tiritera gelminiana sulle eccellenze da premiare. Non c’è nulla da premiare, c’è solo da tagliare e conviene farlo su tutti, meritevoli o meno. Questo è il motivo per cui noi insegnanti non abbiamo ancora un sistema di valutazione. La nostra resistenza ‘corporativa’ non c’entra nulla: date un’occhiata alle percentuali di adesione agli scioperi e scoprirete che corporativamente siamo delle mezze calzette a cui potrebbero imporre qualsiasi cosa. Se volessero. Ma l’unica cosa che vogliono è pagarci il meno possibile.
Il tema della valutazione, così com’è oggi, è semplicemente un ritornello ideologico, che maschera un’ostilità preconcetta nei nostri confronti. Siamo privilegiati, siamo una casta, siamo lavativi, eccetera eccetera. Queste accuse, sempre sostenute da esempi personali (“la prof di mio figlio legge il giornale in classe”, “il mio prof parlava dei fatti suoi”), mai da uno straccio di statistica, io non sono in grado di confutarle: gli insegnanti italiani sono centinaia di migliaia, è chiaro che ce ne sono di bravi e di pessimi, mi spiace se questi ultimi sono capitati a voi. Bisognerebbe trovare un sistema per valutarli, e magari per far loro cambiare mestiere? Può darsi, ma evidentemente ai governi non conviene, visto che non lo hanno ancora fatto. Però in questi giorni non si parlava di questo. Si parlava di una proposta più terra-terra: gli insegnanti, bravi o pessimi, avrebbero dovuto aumentare di un terzo il loro impegno settimanale, a parità di salario. Quelli bravi, quelli che si impegnano di più sia in classe che a casa, avrebbero avuto più compiti da correggere, più lezioni da preparare, eccetera. Quelli pessimi, invece di scaldare la sedia dietro la cattedra per 18 ore alla settimana, l’avrebbero scaldata per 24. Se a casa prima non facevano nulla, avrebbero continuato a non fare nulla.
Una *riforma* di questo tipo, insomma, premierebbe i pessimi e avvilirebbe i bravi. Per afferrarlo bastava il buon senso. Mi piace pensare che almeno qualcuno abbia capito. http://leonardo.blogspot.com
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Strangolami un po' più forte, Ministro, non sento
12-10-2012, 11:55lavoro, Monti, scuolaPermalink
Questo è un pezzo un po' diverso dagli altri in cui dico la mia opinione eccetera eccetera. È più una richiesta di aiuto.
Dunque, ieri ho letto che nel nuovo Ddl del Ministro Profumo - quindi non si sta parlando di castelli in aria, si sta parlando di un testo già scritto - l'orario di insegnamento dei docenti di ogni ordine e grado passerebbe dalle 18 alle 24 ore settimanali. Il tutto a parità di retribuzione, ovvero, ci aumentano l'orario del 33% e lo stipendio dello 0%.
Tutto questo al fine di "portare il livello di impegno dei docenti sugli standard dell'Europa occidentale" (senza però aumentare la paga sugli standard dell'Europa occidentale), e la mia richiesta di aiuto consiste appunto in questo: abitate in Europa occidentale? Sapete quante ore di lezione frontale fanno gli insegnanti colà? In realtà il conteggio è maledettamente complicato, le informazioni su internet un po' frammentarie, la cosa più comprensibile che mi hanno segnalato fin qui (grazie) risale al 2002; a quel tempo le 18 ore degli insegnanti italiani erano nella media occidentale, magari nel frattempo hanno aumentato le ore a tutti e a noi no.
Non so se valga la pena ricordare, anche stavolta, che un insegnante lavora molto più di 18 ore: quelle sono soltanto le lezioni frontali. Poi ci sono le ore di ricevimento, i consigli, le ore spese a correggere i compiti, eccetera eccetera. Parlare di 24 o di 18 ore insomma è un po' strumentale: sarebbe più onesto dire che ci si sta chiedendo di lavorare il 33% in più a parità di retribuzione. Perché se ho sei ore di lezione in più dovrò anche prepararle, e probabilmente avrò una o più classi in più, ventine di genitori in più con cui interagire in ore che non sono conteggiate, il 33% in più di compiti da correggere eccetera (naturalmente posso impegnarmi meno, correggere meno compiti, interagire meno coi genitori: forse mi si sta chiedendo questo: di aumentare la quantità e diminuire la qualità).
Poi c'è il problema delle cattedre, vale a dire dei posti di lavoro. Il ministro ha un bel da dire che vuole assumere un sacco di gente coi concorsi; se la matematica mi assiste, aumentare del 33% l'orario degli insegnanti equivale a tagliare il 33% delle cattedre. A quel punto non sono nemmeno sicuro di mantenere il mio posto (sono ancora relativamente 'giovane', e ogni volta che si tagliano le cattedre sono i più giovani che si ritrovano a spasso).
Infine, siete liberissimi di pensare che noi insegnanti lavoriamo poco; neanch'io penso di essere tra quelli che lavorano di più. Però a questo punto ho una domanda: vi viene in mente un'altra categoria qualsiasi in Italia, che di fronte alla richiesta di aumentare del 33% l'orario e la prestazione a parità di salario non marcerebbe su Palazzo Chigi coi forconi e le torce? A me no, non viene in mente. Oggi infatti sono in sciopero (nel mio giorno libero), ma vedrete che anche stavolta non saremo tantissimi. Al punto che ogni tanto mi domando cosa deve fare esattamente un ministro per farci incazzare sul serio, e non so che rispondermi. Lo jus primae noctis con i nostri figli, forse. Forse.
Dunque, ieri ho letto che nel nuovo Ddl del Ministro Profumo - quindi non si sta parlando di castelli in aria, si sta parlando di un testo già scritto - l'orario di insegnamento dei docenti di ogni ordine e grado passerebbe dalle 18 alle 24 ore settimanali. Il tutto a parità di retribuzione, ovvero, ci aumentano l'orario del 33% e lo stipendio dello 0%.
Tutto questo al fine di "portare il livello di impegno dei docenti sugli standard dell'Europa occidentale" (senza però aumentare la paga sugli standard dell'Europa occidentale), e la mia richiesta di aiuto consiste appunto in questo: abitate in Europa occidentale? Sapete quante ore di lezione frontale fanno gli insegnanti colà? In realtà il conteggio è maledettamente complicato, le informazioni su internet un po' frammentarie, la cosa più comprensibile che mi hanno segnalato fin qui (grazie) risale al 2002; a quel tempo le 18 ore degli insegnanti italiani erano nella media occidentale, magari nel frattempo hanno aumentato le ore a tutti e a noi no.
Non so se valga la pena ricordare, anche stavolta, che un insegnante lavora molto più di 18 ore: quelle sono soltanto le lezioni frontali. Poi ci sono le ore di ricevimento, i consigli, le ore spese a correggere i compiti, eccetera eccetera. Parlare di 24 o di 18 ore insomma è un po' strumentale: sarebbe più onesto dire che ci si sta chiedendo di lavorare il 33% in più a parità di retribuzione. Perché se ho sei ore di lezione in più dovrò anche prepararle, e probabilmente avrò una o più classi in più, ventine di genitori in più con cui interagire in ore che non sono conteggiate, il 33% in più di compiti da correggere eccetera (naturalmente posso impegnarmi meno, correggere meno compiti, interagire meno coi genitori: forse mi si sta chiedendo questo: di aumentare la quantità e diminuire la qualità).
Poi c'è il problema delle cattedre, vale a dire dei posti di lavoro. Il ministro ha un bel da dire che vuole assumere un sacco di gente coi concorsi; se la matematica mi assiste, aumentare del 33% l'orario degli insegnanti equivale a tagliare il 33% delle cattedre. A quel punto non sono nemmeno sicuro di mantenere il mio posto (sono ancora relativamente 'giovane', e ogni volta che si tagliano le cattedre sono i più giovani che si ritrovano a spasso).
Infine, siete liberissimi di pensare che noi insegnanti lavoriamo poco; neanch'io penso di essere tra quelli che lavorano di più. Però a questo punto ho una domanda: vi viene in mente un'altra categoria qualsiasi in Italia, che di fronte alla richiesta di aumentare del 33% l'orario e la prestazione a parità di salario non marcerebbe su Palazzo Chigi coi forconi e le torce? A me no, non viene in mente. Oggi infatti sono in sciopero (nel mio giorno libero), ma vedrete che anche stavolta non saremo tantissimi. Al punto che ogni tanto mi domando cosa deve fare esattamente un ministro per farci incazzare sul serio, e non so che rispondermi. Lo jus primae noctis con i nostri figli, forse. Forse.
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A scuola la carta è finita?
11-10-2012, 01:58ho una teoria, scuolaPermalink
Ieri il ministro dell'istruzione ha avuto il coraggio e forse l'imprudenza di calarsi nella bolgia degli studenti accorsi al PalaEur di Roma a discutere di nuove tecnologie e vecchia scuola, il solito problema. Prima di lui ragazzi e insegnanti erano saliti sul palco a raccontare storie di innovazione che malgrado tanti ostacoli nella nostra scuola sono ancora possibili. L'entusiasmo era palpabile e forse contagioso, tanto che il ministro a un certo punto ha lasciato intendere che i libri scolastici, i pesanti e costosi libri scolastici cartacei, hanno i giorni contati. Almeno nella diretta si è capito così (continua sull'Unita.it, H1t#148).
Può sembrare un’affermazione azzardata, ma in fondo il ministro era circondato da studenti e insegnanti ansiosi di dimostrare che una scuola diversa è possibile. Una scuola non senza libri, ma senza i testi convenzionali, con le loro appendici che spesso rimangono nel cellophane per trienni. Nel frattempo dalla Germania arriva la notizia di un nuovo ebook reader: costo al dettaglio, dieci euro. Se si considera che il materiale didattico disponibile su internet sta crescendo in modo esponenziale (e lentamente sta aumentando anche la qualità), la conclusione appare obbligata: i libri scolastici hanno davvero i giorni contati, che ai ministri piaccia o no. Alcune scuole ne stanno già facendo a meno con successo. Nei prossimi anni non potranno che aumentare. Per alcuni insegnanti sarà uno choc: per altri, una liberazione. Per i genitori, comunque vada, sarà un risparmio.
Approfitto di questo spazio per rivolgere al ministro una domanda che ieri avrei voluto fare: so che oltre ai libri, anche i registri cartacei hanno i giorni contati. Lo so da quasi trent’anni, da quando andavo ancora alla scuola dell’obbligo e al cinema c’era Wargames, con Matthew Broderick che mostrava le sue doti di hacker da casa alzandosi i voti sul… registro elettronico. Già nel 1983 non sembrava più fantascienza. Trent’anni dopo lavoro nella stessa scuola dell’obbligo e del registro elettronico ancora nessuna traccia. Anche se molti insegnanti in realtà se lo sono fatto in proprio: dopotutto basta un foglio elettronico, niente di particolarmente elaborato.
Ministro, quando arriva il registro elettronico? Presto, lo so. Spero che sia facile da usare, e che si lascerà comunque qualche anno di tempo a chi per trent’anni ne ha usato uno di carta. Spero che non costi tanto, e che non sia una piattaforma macchinosa e inutile. Perché davvero, basterebbe un foglio elettronico. Niente di particolarmente elaborato. Magari qualche insegnante più bravo di altri lo ha già messo a punto, magari ve lo mostra volentieri. http://leonardo.blogspot.com
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