Mussolini era una zecca

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Al ragazzino che oggi prova a rimpiangerlo direi: ma lo sai chi era davvero Benito Mussolini, morto oggi 70 anni fa?

Perché se hai fatto i compiti a questo punto dovresti saperlo. Una zecca. Nei vari e non simpatici sensi del termine. Socialista, per esempio; e figlio di socialisti. Porta il nome di un rivoluzionario messicano. Da giovane scappò in Svizzera per non fare il militare. Ateo e mangiapreti, e quando in Libia c’era da difendere il sacro nome della patria, lui andò a mettersi sui binari per non far passare i treni.

Poi, certo, ha cambiato idee. Quando scoppiò la Grande Guerra cominciò a parlare di Patria e Valori. Ma prendeva ancora i soldi dai socialisti francesi, che speravano di portare dalla loro gli italiani. Poi dagli industriali che annusavano l’affare. Cominciava a metter pancia. Succhiando un po’ qui, un po’ là, mandando avanti bravi reduci e ragazzini in camicia nera, eccolo a Roma. Da lì in poi, naturalmente, tutto Dio Patria e Famiglia: anche nel senso che succhiò da tutte e tre. Il primo s’accontentò di un quartierino sul Tevere, la seconda tra Etiopia e leggi razziali si ritrovò il nome infangato per sempre. Alla terza prese pure le fedi nuziali.

Non ci credi? Giusto. Non fidarti di nessuno: studia. A De Felice puoi dar retta? Rimpiangilo pure se vuoi, ma ricordati da dove veniva. Era un maestro di scuola, pensa: e socialista. Vi ha succhiato per vent’anni e vi ha lasciato gusci vuoti. Dimmi che lo rivorresti indietro, dimmi che ne vorresti un altro.
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Il giorno a cui direte a Renzi: No.

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Certe occasioni capitano una volta sola. Renzi, per esempio, in maggio ha una chance per blindare la legge elettorale e costringerci a votare per lui nel ‘16, nel ‘21 e a seguire. È comprensibile che abbia più fretta di chiudere che voglia di lasciare al Paese un sistema elettorale decente. Gli avversari, fuori e dentro il partito, sono ancora divisi e disorientati; la ripresa, se c’è, troppo debole per reggere una crisi politica: insomma, adesso o mai più. Si va verso la fiducia, e se a Mattarella non piace, pazienza. In fondo anche Mattarella deve tutto al suo grande elettore, e una volta risolta la questione, i suoi pareri non avranno più molta importanza.

È comprensibile che gli esponenti della minoranza Pd non vogliano arrivare a una scissione. Hanno sempre scelto la posizione più ragionevole e responsabile - anche quando era quella che li portava al disastro elettorale. Non sorprende che continuino così, ma prima o poi dovranno prendere atto che sono fuori dal partito. È Renzi che li ha messi ai margini, senza pubblicità ma con determinazione, e adesso si tratta soltanto di scegliere il modo e il tempo per prendere la porta. Ovviamente a nessuno piace trovarsi nel ruolo del guastafeste che riprecipita l’Italia nel baratro della crisi eccetera eccetera. Ma l’Italicum è proprio brutto, e il governo, che cerca di imporlo col voto di fiducia, fuori dalla decenza. Certe occasioni capitano una volta sola, e questa forse è quella per dire a Renzi grazie, ma anche no.
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Giochiamo al 25 aprile (il fascista lo fai tu)

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Non credo proprio che mi leggano, ma gli Amici di Israele, decidendo di sfilare al corteo del 25 aprile senza la bandiera dello Stato di Israele, hanno fatto la cosa più intelligente: e chi ha continuato a fischiarli, nonostante sventolassero solo i simboli di una brigata che combatté nazisti e fascisti, la più sbagliata.

Da ieri chi accusa i filopalestinesi di antisemitismo ha un argomento in più; chi ha interesse a descrivere un’Italia e un’Europa sempre più difficili per gli ebrei, un nuovo episodio da raccontare. Rimane un mistero come tutto questo possa risultare utile alla causa dei palestinesi, di cui sventolate orgogliosi le bandiere: a occhio sembra più un favore ai sionisti, che i vostri fischi rendono più forti. D’altro canto è pur vero che in corteo si procede a tentoni, e da lontano tutte le bandiere si somigliano; che il clima era pesante da settimane; che la richiesta di bandire dal corteo le bandiere palestinesi era una provocazione bella e buona, e l’assenza di bandiere israeliane una relativa sorpresa: è tutto vero, e non vi scusa. Vi siete fatti fregare.

A questo punto il fatto che siate davvero antisemiti o no è irrilevante: era la parte che avevano scritto per voi, e non vi siete posti nessun problema a recitarla. Non si è mai idioti inutili; ci sarà sempre chi dalla vostra idiozia saprà trarre vantaggio, e non è con lui che ha senso prendersela.
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Il Piave mormorò: Meloni, Salvini, ripassate il sussidiario

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70 anni di pace oggi, almeno qui da noi. Non è straordinario? E se non lo festeggiamo, che altro dovremmo festeggiare? Giorgia Meloni, cui la comprensibile stizza per non essere mai stata invitata non perturba il volto ormai splendente di luce propria, ci avvisa che lei sarà sul Piave il 24 maggio, e che bisognerebbe destinare altrettante risorse a celebrare “gli italiani che si sacrificarono sul Piave”, 100 anni fa.

Il 24 maggio?

La pensa così anche Salvini: “Non vogliamo lezioni da nessuno. Io festeggerò il 24 di maggio quando sul Piave morirono i nostri nonni per non far passare lo straniero”.

Il 24 maggio.

Cari Meloni e Salvini: capisco che la carriera politica intrapresa in giovane età può non aver lasciato molto tempo per ripassare nozioni da V elementare, ma è grave che nessun sottoposto vi abbia informato che il 24/5/1915, sul Piave, non morì nessun nonno. È il giorno in cui più a nord attaccammo l’Austria, nostra alleata fino a qualche mese prima, sperando di approfittare del suo impegno su altri fronti. Eravamo noi gli “stranieri” che attaccavano, il 24 maggio.

Le cose non andarono per il verso giusto e due anni dopo arretrammo fino al Piave, nell’autunno ‘17. Fu il momento più tragico della guerra, per cui preferiamo festeggiare la vittoria che arrivò l’anno seguente, il 4 novembre. La celebriamo tutti gli anni, ma le scuole non chiudono e così non ve ne siete mai accorti. Questa cosa di non voler mai lezioni da nessuno, siete sicuri? Perché prima o poi gli esami arrivano.
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Aldo Grasso scopre il mercato del lavoro

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Sulla bufala dei giovani scansafatiche che non vogliono lavorare all’Expo ormai è stato scritto di tutto, tranne forse una piccola cosa che aggiungo qui. Per quanto sia giusto sbugiardare Aldo Grasso, e dimostrare dati alla mano che ha dato credito a una notizia falsa, in realtà in questo caso il problema sta un po’ più a monte: non nella notizia falsa (al Corriere potrebbero pure assumere qualcuno che le verifica, non spenderebbero molto), ma nella retorica che se ne fa.

Se davvero intorno all’Expo c'è offerta di lavoro, e quell'offerta non incontra la domanda, la questione è molto semplice: l'offerta va ritoccata verso l'alto. Il mercato funziona così, e il moralismo non serve a niente (una volta magari a vender copie, ma anche su questo fronte ormai lascia a desiderare). Se davvero chi offre impieghi non trova compratori, si vede che paga poco. Se vuole sul serio trovare forza lavoro, dovrà pagarla un po' di più. Offerta, domanda, è semplicissimo. I giovani non vogliono lavorare per un tozzo di pane? Non si accontenteranno di un tozzo di pane e di una predica di Aldo Grasso. Provate con due tozzi. Non è mica comunismo questo: è una cosa molto più basilare che al Corriere hanno dato per scontato per anni. Liberismo, credo che si chiami.

Dunque, ora che abbiamo preso questo bel Luogo Comune, lo montiamo su una scocca... (Assedio in pausa caffè, 2011).
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Il Panino ai 7 Vendicatori

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Avengers: Age of Ultron (Joss Whedon, 2015)

Vendicatori uniti!: la terra è, ovviamente, in pericolo. Da qualche parte è nascosto uno scettro che nasconde una gemma che nasconde un computer che nasconde un'altra minaccia ancora. Il miglior modo per sconfiggerla è ovviamente creare un'intelligenza artificiale che però si ribellerà e creerà un'altra intelligenza artificiale che si ribellerà al ribelle, così che alla fine quasi nessuno degli eroi si farà male, di quelli di cui la Marvel detiene i diritti. Ma voi volete sapere se è un bel film.

Beh, sì, nel suo genere è il massimo. Per dire c'è una sequenza in cui Hulk e un Iron Man sotto steroidi se le danno di santa ragione, è una cosa che -

È il miglior film della Marvel?

 
Sempre questa domanda. Non saprei. Iron Man 3 era più disneyano. Winter Soldier cercava di darsi un tono. Quelli di Thor non li guardo (mai sopportato Thor). I guardiani della galassia era cazzaro al punto giusto, insomma se alla Marvel hanno sbagliato qualcosa negli ultimi anni io non me ne sono accorto. Sono bravi, conoscono il genere, sanno fino a che punto possono stravolgere i personaggi (alcuni anche parecchio, ma sempre per un buon motivo), e soprattutto hanno un grande rispetto per il loro pubblico metà bambino e metà quarantenne nerd. Forse Iron Man 3 guardava più al bambino, Winter Soldier più al nerd, quanto ad Avengers... c'è Joss Whedon in cabina che fa quel che può (e può parecchio): deve seguire sei o sette eroi alla volta e ci riesce - è incredibile come riesca a dare spessore anche ai meno interessanti, il buon vecchio Occhio di Falco - deve raccontare una storia non troppo cretina e ci riesce, deve rallegrare i più piccoli con lunghe sequenze in cui scoppia tutto e ci riesce. Alla fine si esce esausti e soddisfatti, ma chissà se è davvero il miglior film della Marvel. Può anche darsi di no.

In effetti c’è troppa roba nel panino, non è che ci gustiamo davvero tutto. Se devo essere sincero, probabilmente digerisco meglio i film in cui c’è un solo eroe, qualche superamico e due o tre supernemici: un solo vero ingrediente con qualche condimento ben dosato. D’altro canto guardiamoci in faccia: di cosa stiamo parlando? Non siamo mica gourmet, non siamo al ristorante. Siamo in un fast food, e al fast food vogliamo il panino con tutti gli ingredienti. Compresi quelli che presi da soli ci stomacherebbero, ad esempio il salmone norvegese – da Whedon molto sapientemente affumicato e usato quasi soltanto come intermezzo comico. Ma anche il cetriolino a stelle e strisce, sulla carta l’elemento più dolciastro e indigeribile, negli anni è stato trattato al punto che ormai riesce ad armonizzarsi che è un piacere – è una delle cose migliori. In attesa di quel panino tutto di Vedova Nera, che per qualche oscuro motivo non ci cucineranno mai. Avengers – Age of Ultron è quell’enorme burger ripieno di ogni ben di dio che ti fa salivare anche se alla fine mentre lo mangi non distingui più i sapori, non capisci più niente, e alla fine prevale più un senso di colpa che di sazietà. Un piacere infantile e poco sano da prendersi una volta ogni due o tre anni, ché noi in realtà siamo adulti e di solito andiamo a mangiare cose sane e genuine in ristoranti seri.

“Ah, grandissimo Nanni, come sta?”
“Malissimo, gli è morta la mamma”.
“Oh poveraccio. Mi dispiace”.
“Mi ha attaccato una pezza così…”
“Eh, beh, ma lo sai com’è fatto. Ma i bucatini com’erano?”
“Ti devo dire la verità? Un po’ scotti”.
“Eh”.
“D’altronde gli è morta la mamma, cioè”.
“Ma infatti”
“Chissenefrega dei bucatini”.
“Eh già”.
“Andiamo a farci un panino?”
“Andiamo”.

Avengers: Age of Ultron è al Cityplex di Alba alle 20:30 (3d), e alle 21:30; al Cinelandia di Borgo S. Dalmazzo alle 19:50 (3d), 20:00, 21:00, 22:00, 22:40 (3d), 22:45; all’Impero di Bra alle 20:00 (3d), 22:30 (3d), al Fiamma di Cuneo alle 21:00; al Multilanghe di Dogliani alle 21:30; all’Italia di Saluzzo alle 21:30; al Cinecittà di Savigliano alle 21:30.
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Dove ti vedi nel 2021, Matteo Renzi?

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D’altro canto, dicono, potremmo anche provarci. Renzi è uno sbruffone, ma non ha l’aria di un tiranno: vuole semplicemente controllare per 5 anni esecutivo, legislativo e rai. Vuole manovrare liberamente, anche se a fatica arriverà al 40% dei suffragi. Chi siamo noi per negarglielo? Proviamo, in fondo che abbiamo da perdere. Cinque anni.

E poi?

E poi sarà più o meno il 2021; e se l’Italia renzizzata avrà soddisfatto i minimi standard di democrazia occidentale, si verificherà con ogni probabilità l’alternanza: Renzi perderà le elezioni e qualcun altro le vincerà. Quel qualcuno forse oggi non è ancora sceso in campo, oppure è confuso dietro le prime file dei poco credibili avversari di Renzi: Salvini, Di Battista, Fitto... Non ha molta importanza oggi. Ma nel 2021?

Renzi non sarà più la cosa nuova. L’alternativa potrà essere un postleghista alla Salvini, o un postgrillino, o un postfascista, o un postberlusconiano. Se questo post-qualcosa-di-inquietante riuscirà a mettere assieme il 40% di malcontento, controllerà per cinque anni esecutivo, legislativo e rai, e nessuno potrà impedirglielo. Non c’è in Italia nulla di simile alla clausola antifascista che in Francia ha sbarrato la strada per quarant’anni ai Le Pen. Abbiamo già avuto Berlusconi ed ex fascisti al governo, e ne portiamo i segni. Nel 2021 potrà risuccedere: chi ne sarà ritenuto responsabile?

D’altro canto, dicono, potremmo provarci lo stesso. Forse (pensano) il 2021 non arriverà mai. Oppure Renzi vincerà per sempre.
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Chi è degno di sfilare il 25 aprile? (io no)

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Qualche lettore amico di Israele ha trovato molto grave che in un pezzo di 1500 caratteri sulle bandiere israeliane al corteo del 25 aprile, io non abbia trovato posto per una riflessione sul Gran Muftì di Gerusalemme, il leader arabo che si alleò con Hitler contro gli ebrei. Sarà forse revisionismo il mio? Spero di no; a mia discolpa potrei obiettare che il Muftì non è il fondatore dell’indipendentismo palestinese, e la sua bandiera non è proprio quella che sventolano i palestinesi - come la bandiera della Brigata Ebraica non è quella di Israele. Ma forse sono solo patetiche scuse. Se nella tua storia c’è un alleato di Hitler, non sei degno di sfilare nel corteo della Liberazione. Togliamo dunque le bandiere palestinesi. E i filopalestinesi in generale.

Bundesarchiv Bild 146-1978-070-05A, Amin al Husseini
bei bosnischen SS-Freiwilligen di Bundesarchiv,
Bild 146-1978-070-05A / Mielke / CC-BY-SA.
Con licenza CC BY-SA 3.0 de tramite Wikimedia Commons.
A questo punto però temo di non poter venire neanch’io, perché… mio nonno era nell’esercito regio. Tempo di sparare un colpo ed era già prigioniero in Sudafrica, e però indubbiamente prese ordini da alleati di Hitler. Lo fecero tutti i nostri nonni, anche quelli che poi diventarono partigiani; il che forse ci impedisce di sventolare un tricolore così simile a quello di fascisti e repubblichini, e di accompagnare i filoisraeliani al corteo del 25/4.

D’altro canto, se li lasciamo soli, che penseranno di noi? Forse che li stiamo deliberatamente isolando, accerchiando? E allora che si fa? Davvero non lo so. Cari amici di Israele, ditelo voi cosa possiamo fare. Io vorrei tanto non offendervi, ma mi domando se sia più possibile.
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Tanto poi ci pensa Piripacchio

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D’altro canto - dicono - l’italicum sarà anche brutto, forse non del tutto costituzionale e neanche tanto democratico, però… è pur sempre qualcosa, no? Si poteva fare di meglio? Certamente. E però il meglio è nemico del bene. Come dice l’intellettuale: “Un paese riformista è un paese che fa un sacco di cose insufficienti”! Il riformismo pare funzioni così: si scrivono leggi brutte che sono sempre meglio che niente, e poi… e poi al massimo se davvero sono scritte così male le miglioreremo. Facciamo sempre in tempo a migliorarle, no?

Senza dubbio, che fretta c’è.

Mettiamo che Renzi l'anno prossimo vinca col 40%... ma perché proprio Renzi, sembra quasi che ce l'abbia con lui. Mettiamo che l’anno prossimo un signor Piripacchio vinca col 40%. In parlamento avrà una maggioranza solida per cinque anni, composta per una buona parte da persone nominate direttamente da lui. Agli altri partiti non resterà un po' di spazio tra parlamento e media per il talent-show in cui chi strepita di più sarà eletto anti-Piripacchio: l’unico che avrà qualche chance di raggiungere il ballottaggio alle elezioni successive. Nel frattempo Piripacchio governerà indisturbato, controllando tra l’altro tutte le emittenti di Stato. Per cinque anni.

Ecco, in questi cinque anni io me lo immagino proprio, il signor Piripacchio, mentre pensa: certo che la legge elettorale che mi ha così indegnamente favorito… era proprio scritta male. Aspetta, aspetta che la miglioro un po’. Aspetta, aspetta, certo, certo.
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La buona scuola, un po' islamica, di Renzi

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"Deve essere chiaro che noi non lasceremo la scuola ai sindacati, la scuola è delle famiglie e degli studenti”.

Caro presidente Renzi, vorrei rassicurarla: nessun sindacato si prenderà la scuola. Si tratta di pacifiche organizzazioni di lavoratori che lottano per ottenere migliori condizioni di lavoro - è un nostro diritto, da qualche tempo.

Quanto alla scuola, no: non è “degli studenti”, che fino a 16 anni sono obbligati a frequentarla, né delle famiglie. Non è ancora nemmeno del preside-manager previsto dalla Buona Scuola, che tra pochi mesi deciderà tutto in totale autonomia. La scuola pubblica, perlomeno, è della collettività: e infatti al suo mantenimento partecipa in uguale modo sia chi ha figli, sia chi no e nemmeno ne vuole. Anch'essi hanno comunque interesse ad avere nel proprio quartiere scuole frequentate e funzionali, e vicini alfabetizzati e avviati a professioni ed esistenze dignitose. Questo è l'obiettivo della scuola di Stato, cioè di tutti.

Se poi qualche famiglia chiede per i propri figli qualcosa di più, nessuno glielo impedisce: ma dovrebbe procurarselo con le proprie risorse, non con quelle dei contribuenti. Non coi miei soldi, insomma; nella Costituzione almeno c'è scritto così (invece, nell'ultimo romanzo di Houellebecq, l'eurocaliffo taglia i fondi pubblici all'istruzione e ristruttura la società intorno alla cellula famigliare. È un leader islamico, ovviamente, ma molti nostri leader cattolici non avrebbero un granché da eccepire).
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