Ercole e la Sirenetta vanno in Polinesia

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Oceania (Moana, John Musker, Ron Clements, 2016)

Dopo che ebbe fatto affiorare le isole dal Grande Mare; dopo aver innalzato il Cielo; dopo aver catturato il Sole per convincerlo ad andare più piano affinché gli umani potessero badare ai loro affari, il semidio Maui domandò alla Madre: che mi resta per divenire immortale? E lei: rifugiati in un'isola, attendi mille e ancora mille anni, ché alla Walt Disney venga voglia di dedicarti un cartone animato. E lui: Madre, cos'è un cartone animato? E lei: è un sogno, figliolo, sempre uguale e sempre diverso, che non finisce mai. 

Buone feste a tutti. Ho iniziato a scrivere 'recensioni' per i cinema di Cuneo e provincia quattro anni fa, e questa è esattamente la numero 200. Ho cominciato con un folle film della Disney (Ralph Spaccatutto) e quattro anni dopo tocca ancora alla Disney, con un film forse un po' più bello, decisamente meno folle. Alla regia i due maestri del rinascimento Disney (La sirenetta, Aladdin, HerculesLa principessa e il ranocchio), che si cimentano per la prima volta col digitale, piegandolo alle loro esigenze come un semidio onnipotente ma vincolato da un incantesimo. Maui, l'Ercole delle leggende polinesiane, è un Genio della Lampada più sbruffone e tormentato; Moana (Vaiana in Europa) è la Sirenetta, Jasmine e Tiana in un personaggio solo (continua su +eventi!)


Musker e Clemens sono del '53: la loro capacità di intercettare il gusto degli spettatori di oggi è tanto più notevole quanto il loro gusto per l'esotico è manifestamente rétro, il ricordo di un cinema antico e avventuroso che oggi nessuno fa più, qui celebrato con più sincerità che nel pixariano Up. Se non fosse Natale, se fossimo tutti un po' meno buoni, li potremmo quasi accusare di colonialismo culturale, di imperialismo hollywoodiano - insomma questi passano sulle leggende di tutto il mondo come un rullo compressore, macinano mitologia e restituiscono un foglio levigato e coloratissimo pieno di facce buffe e canzoncine motivazionali - quest'anno anche in 3d. In quali terre, in quali isole lontane bisogna andare per ritrovare l'ennesima unica storia, quella di una principessa predestinata a cambiare il corso delle cose? È davvero l'unica Storia che esiste, il viaggio dell'eroe virato al femminile, o è l'unico che interessi alla Disney? Non saprei, e forse non è così importante. Oceania è un bel viaggio, anche perché alla fine ci riporta proprio dove sapevamo che saremmo arrivati.

Oceania è ovviamente dappertutto, ad esempio al Cityplex di Alba (20:00); al Cinelandia di Borgo San Dalmazzo (15:00, 17:30, 17:40, 20:10, 22:35); all'Impero di Bra (20:15,  3d 22:30); al Fiamma di Cuneo (15:00, 17:30, 20:10); ai Portici di Fossano (17:45, 20:00, 22:15); al Bertola di Mondovì (19:00); all'Italia di Saluzzo (20:00, 22:15); all'Aurora di Savigliano (18:30, 21:00)

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I 28 film più brutti del 2016

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In realtà questi sono soltanto i 28 film più brutti che sono riuscito a vedere io: non dubito che in giro sia passato di peggio, e molti ovviamente sono stati realizzati nel 2015 o anche prima. Non è stato un anno molto esaltante, mi sembra. In ogni categoria non c'è un film del 2016 che non mi faccia venire in mente uno migliore del 2015 o del 2014. Forse alla lunga le serie televisive stanno davvero vincendo. Comunque ecco qui: ogni titolo è un link all'articolo corrispondente.

26) Trumbo
Il grande sceneggiatore era un socialista, chi ha sceneggiato il suo biopic non lo è. Il Trumbo del film non deve soltanto sconfiggere gli odiosi censori maccartisti, ma anche riscattare il suo status iniziale di rivoluzionario col ranch. Soltanto quando si metterà a scrivere spazzatura per l'industria, trasformando i famigliari in sottoposti sottopagati: solo allora può diventare il simpatico protagonista di un film. Lui avrebbe saputo fare di meglio, ma lui non c'è più.

27) Tutti vogliono qualcosa
Probabilmente Everybody Wants Some è il tassello di una cosa più complessa che ha in mente Linklater e che si capirà meglio tra quindici anni. Nel frattempo il suo Porky's-senza-battute lascia uno strano segno. Entusiasta e inconsistente al punto di irritare, e il ricordo di essere stati altrettanto entusiasti e inconsistenti non sempre aiuta.

Il Sud Dakota com'è davvero. 
28) The Revenant Di tutti i registi che a un certo punto sentono il bisogno di raccontarci il ritorno alla natura, magari bruciando milioni di $ per regalarci la sensazione di un tramonto, Iñárritu è il più irritante perché, in sostanza, non sa proprio di cosa sta parlando. Per lui è tutto titanico, se nel Dakota le montagne non ci sono ce le mette lui, e poi se la prende coi supereroi: il suo cinema è più superomistico di quello della Marvel, il che non sarebbe neanche un problema. Il problema è che non se ne accorge, il problema è che è convinto che il suo Di Caprio col fattore rigenerante abbia qualcosa di più interessante da dire di un Wolverine qualsiasi.

29) Rogue One
Ambientare un film di guerra nell'universo di Star Wars: presentare una manciata di personaggi e farli ammazzare tutti davanti agli spettatori. Problematizzare un po' il mito, mostrare eroi della resistenza che si comportano da terroristi. L'idea era sublime, lo svolgimento insomma.

30) Cicogne in missione 
I personaggi di Storks, umani e pennuti, hanno sempre quell'espressione schizzata - occhi a palla, un sorriso esagerato a mascherare inutilmente il panico. Sono sempre su di giri, stanno sempre facendo baccano mentre nascondono qualcosa. Tutto avviene sempre in pochi secondi, col ritmo esagitato dei vecchi Loney Toones, e una storia di ambizioni insaziabili. Vanno tutti troppo veloce per me, ma non credo sia un problema per loro.

QUALCUNO LE COMPRI QUEL PANE
31) Il diritto di uccidere 
I film più smaccatamente militaristi degli ultimi anni li ha girati un regista sudafricano, Gavin Hood, forse senza neanche accorgersene. Anche stavolta i politici sono ingenui, fatui, frignoni e si attaccano ai cavilli; i militari sono seri, hanno scrupoli, e se ti ammazzano puoi star certo che ci hanno pensato, ne hanno discusso coi superiori, hanno soppesato i pro e i contro e hanno capito che la cosa più onesta da fare era ucciderti. Pare che dobbiamo farcene una ragione.

32) Café Society
Quando non sa che altro fare Woody Allen può sempre giocare con le aspettative dello spettatore: se in Crimini e misfatti aveva mostrato un delitto senza castigo, qui manca pure il delitto. Tutto sembra puntare in quella direzione - e invece il film finisce. A ripensarci è una delle migliori sorprese alleniane degli ultimi anni.

33) Love and Mercy
Brian Wilson è una figura tragica, ma di tutti i punti di vista per illuminarlo forse quello della seconda moglie non era il più interessante. Accettando acriticamente la sua versione dei fatti Love and Mercy finisce per suggerire allo spettatore che Wilson si sia liberato di uno psichiatra tirannico soltanto per consegnarsi a un altro tiranno. La sua vita continua a essere uno straordinario film che nessuno riesce a raccontare.

34) Trafficanti 
Un'altra storia che andava raccontata - anche qui magari evitando di prendere per oro colato la testimonianza di una delle due parti in causa. Jonah Hill sembra condannato a recitare stoner comedy, come se l'unico modo di superarsi fosse espandersi, fisicamente e moralmente: fare feste più grosse, più pericolose, feste mortali a cavallo del mondo.

35) Animali notturni 
Una delle cose che definisce Animali Notturni sono le dissolvenze incrociate. Chi usa più le dissolvenze incrociate? Uno stilista che fa un sacco di soldi vendendo occhiali e si finanzia i film da solo. Non sono brutti, non assomigliano a nient'altro anche se potrebbero, forse non lasciano il segno ma è bello che ci sia ancora qualcuno che fa le dissolvenze incrociate.

36) Joy 
Ormai David O. Russell ha messo su una compagnia - quattro facce che ti fa piacere rivedere a prescindere dai ruoli, più qualche guest star che ti tiene viva l'attenzione. Finalmente la Lawrence è il nome più grosso sul cartellone e non deve rubare la scena a nessuno. Purtroppo si tratta dell'autobiografia di una televenditrice, che ne approfitta per rivendersi e santificarsi, e il tentativo di Russell di spingere la cosa ai limiti dell'autoparodia non funziona.

37) Il figlio di Saul 
Non lo so. Mi sembrava di guardare un videogioco tristissimo - sarebbe stato tristissimo e deprimente anche se la consolle l'avessi tenuta in mano io, ma nemmeno questo, capite? Stavo guardando il tutto dietro le spalle del giocatore, lo so che è un film straordinario e molto moderno che trova un nuovo modo di raccontare l'orrore della Storia, ma mi annoiavo.

38) Captain Fantastic 
Certi film semplicemente non capisco cosa volevano dirmi - magari anche niente. Crescere al di fuori della società sarebbe necessario, ma è impossibile. Va bene. Viggo Mortensen spettacolo della natura, ma non è il mio tipo. Mi dispiace pure.

39) Brooklyn
Un film dove per una volta a Saoirse Ronan non succede niente di male. Ma neanche niente in generale, purtroppo.

40) Star Trek: Beyond
Di tutte le saghe che si potevano ibridare con Fast and Furious, proprio quella in partenza meno ipercinetica, meno esagitata, meno giovanilista. Alla fine ogni generazione ha il suo Star Trek che si merita, mettiamola così.

41) Codice 999 
Un poliziesco corale senza un solo acuto - a parte la Winslet, incredibile e anche Harrelson, è impossibile non voler bene a Harrelson.

42) Go With Me 
Quella sera potevo scegliere tra due commedie americane sceme, alla fine ho preferito il noir svedese rifatto nel Pacifico occidentale. Niente di che, davvero, ma credo di aver fatto la scelta giusta. Hopkins si impegna più di Liotta.

43) Ghostbusters 3d 
A un certo punto il Ghostbusters femminile era diventato una cosa da difendere a prescindere, il fronte della battaglia contro gli stereotipi di genere, e questo rende ancora più triste il fatto che non sia un gran film: come dire, uno a zero per gli stereotipi di genere.

44) Deadpool 
Se hai ancora un po' di scuola media nelle vene due risate te le strappa. In generale un po' più di autoironia ai cinecomics non guasterebbe, anche se è difficile ridersi addosso senza sembrare patetici. Deadpool almeno ci prova.

45) Pets 
In un anno di straordinari lungometraggi animati, quello che ha macinato più soldi è quello che si è accontentato di ricucinare le vecchie ricette senza aggiungere niente di nuovo, e senza nemmeno capire cosa davvero funzionava nel vecchio. Pixarploitation senza scrupoli.

46) Race
Un altro film che doveva funzionare a scuola e invece secondo me no, un'altra occasione sprecata. Jesse corre poco e chiacchiera troppo, o meglio tutti chiacchierano intorno a lui, tutti hanno discorsi memorabili, i nazisti son cattivi e i capitalisti salvano il mondo superandoli in cinismo.

47) La famiglia Fang
La tragedia di crescere in una famiglia situazionista. I problemi degli scrittori, i problemi delle attrici, insomma non il mio genere di problemi, diciamo così.

48) Suffragette
Così in basso? Perché? Non saprei, è scivolato piano piano. C'è da dire che me ne ricordo pochissimo: che l'intuizione di descrivere le suffragette come anarcoterroriste era buona, ma la trattazione un po' scolastica (dico così ma in realtà non m'è venuta voglia di mostrarlo a scuola, che è il motivo per cui questi film provo a vederli), un po' televisiva (bisognerà anche cambiare aggettivo, visto che ormai in tv c'è più problematizzazione che al cinema), insomma mi sono annoiato, magari era colpa mia, avevo mangiato pesante, va' a sapere.

49) X-Men: Apocalypse
Ci sono cinecomics belli, cinecomics brutti, e poi ci sono quelli degli Xmen che non riescono mai a spuntare né da una parte né dall'altra. Nell'anno di massima saturazione del genere, arriva questo ennesimo riassestamento di una saga che non riesce mai ad avvincere, più o meno per gli stessi motivi: troppi personaggi, una trama sempre uguale, Magneto che distrugge tutto e poi si pente per l'ennesima volta, ecc..

50) Colonia 
Insomma all'inizio del film c'è Emma Watson che se la prende coi comunisti cileni perché passano in clandestinità invece di cercare il suo ragazzo tedesco. Provano anche a spiegarglielo che il problema non riguarda soltanto il suo ragazzo, che stanno sparendo tutti, che c'è in ballo qualcosa di un po' più grave di una banale avventura su sfondo esotico - lei non ci arriva, e in generale sembra che non ci arrivi neanche il film. Questa idea che il pubblico perdonerà qualsiasi ingenuità se il regista si ricorda di dare la colpa di tutto ai nazisti.

MIA MADRE ERA PIU' MARTHA DELLA TUA
51) Batman v Superman 
Questo sta così in basso perché, a parte il caos dell'allestimento, nemmeno Frank Miller era riuscito a distruggere la sua opera a fumetti con tanta pervicacia. Posso perdonare tante cose a chi gira cinecomics, le ingenuità, le strizzate d'occhio, i tentativi sempre maldestri di tenere insieme ragazzini e affezionati adulti: ma strappare tavole del Cavaliere Oscuro e rimontarle a casaccio è vandalismo. D'altro canto forse i brutti cinecomics sono il modo in cui ci salveremo dai cinecomics.

52) Vita da gatto 
No, sentite, non è che mi aspetti dei capolavori dalla factory di Luc Besson - ma nemmeno roba buttata lì così, vecchi concetti disneyani ricopiati senza far caso a dove stesse il cuore. La prova che non basta ambientare tutto tra i grattacieli e strapagare un cast hollywoodiano se la storia non funziona. E che i film per famiglie sono più difficili da clonare degli action scemi - vabbe', mica serviva il 10% del cervello per capirlo.

"Zio la vetrina è il simbolo,
se non spacchi la vetrina non sei nessuno".
53) Suicide Squad 
SS non è quel tipo di film di cui non ti stancheresti mai di parlar male - uno di quei film la cui bruttezza ti ripaga della fatica - SS è più inquietante, è la dimostrazione che una volta azzeccato un personaggio da cosplayer, magari femminile, il resto (la storia, l'azione, la psicologia, l'ambientazione, gli effetti) si può tranquillamente ritagliare a casaccio: ai ragazzini piacerà lo stesso. Sul serio, per quelli arrivati in prima media a settembre è il film della vita. Va bene che la vita è lunga, ma insomma, trovo criminale che qualcuno truffi così dei ragazzini. Ce n'è uno che era entusiasta del fatto che ai Suicidi iniettassero una bomba col timer, ovviamente poi quando gli racconti di Jena Plinsky ci restano male.
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Un anno su Twitter (primavera)

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Aprile

Venerdì 1 aprile

Una cosa che vorrei capire è com'è possibile dopo 12 anni che esistano cittadini valdostani che ancora non hanno fatto il gioco dei pacchi.


Renzi che per darsi il piglio decisionista cita Mussolini sul delitto Matteotti, e lo sa, e sa che lo sappiamo, e che c'indigneremo ecc.





6 aprileTwitter
Ci sono in Italia giornalisti con voglia/capacità di metter Renzi in difficoltà? Altrimenti sì, tanto vale disintermediarsi.






Se non siete allergici non potete neanche sospettare quanto siano zozzoni i fiori oggi.

Oggi sono andato dalla mia medica della mutua e mi sono autodiagnosticato un lieve fuoco di Sant'Antonio. Lei mi è stata a sentire e non ha escluso che potessi aver ragione, a tal punto l'ho ridotta.


13 aprileTwitter
Tra qualche anno Doina Matei sarà libera; Gramellini sarà ancora costretto a diluire quotidianamente fascismo per il ceto medio.

"Ma ha capito di aver pestato una merda?" "Sì, ma ho una scarpa 2.0".

Se ti comporti bene ti prendo il gelato.Se ti comporti bene andiamo sul gonfiabile.La giostra. SE INSISTI A COMPORTARTI BENE FINISCO I SOLDI



18 aprileTwitter

Sostenere un referendum astruso. Autoconvincersi che stavolta il quorum si raggiunge. Restarci male. Offendersi per un"ciaone". Ricominciare


20 aprileTwitter
Patch Adams gira il mondo visitando gli ospedali; passa da quello di Carpi e si fa ricoverare


Ho scoperto che ci sono degli influencer qui che twittano senza farsi pagare. Guardate che è dumping. Ci rovinate la piazza. Smettetela svp.



Maggio



9 maggioTwitter
Ma se WuMing e la Boschi la pensano su di me allo stesso modo, allora... allora...

Ciao, state mangiando le verdure? Perché ecco, anche Hitler ne mangiava parecchie (oh, è un dato di fatto).


Se non lo avete mandato una volta sola a cagare in vita, non credo che abbiate niente di interessante da dire adesso.


Comunque sì, è struggente che vi abbia tutti ascoltato, una volta, a tutti vi abbia stretto la mano. E che poi vi abbia preferito Capezzone.


Quindi per 30.000 voti l'Austria è democratica e non fascista. Ma a voi piace sul serio il presidenzialismo?


(Ve lo dico piano piano: molti partigiani "veri" erano persino monarchici).

Anche Pacciani è stato partigiano. Purtroppo è un po' tardi per chiedergli un'opinione di rilievo sulla riforma costituzionale.


Giugno


Benigni sta coi gatti, ma capisce le ragioni dei topi.

Rissa in coda al sindacato su chi evade.Per i locali sono i meridionali.I meridionali accusano i migranti. I migranti zitti prendono appunti

Quando chiamo una ditta e mi risponde un fax, penso sempre che siano tutti morti nel '99.

Sto facendo il tecnico di scrutinio, son quello che tecnicamente trasforma i 5 in 6, lo spirito di don Milani scorre potente in me.

Un leader giovane e promettente come Renzi, al Pd, capita una volta al secolo: quindi era necessario prolungare la legislatura e sobbollirlo

nessun jihadista farà di me un astemio; ci riusciranno, per contro, gli uligani ubriachi in tv.







Questa cosa che torno a casa alle 19:30 e son partito alle 7:30, e il 90% della gente crede che in giugno il prof medio sia in vacanza.

Ma fatemi capire: avete sentito per la prima volta l'espressione "peccato mortale" e l'avete scambiata per una minaccia di morte?

Passava di qua D'Alema, l'ho sentito dire che io sarei un ottimo assessore ai lavori pubblici. I candidati possono contattarmi in pvt.

Ma il famoso consulente americano dell'immagine di Renzi fin qua cos'ha prodotto? Non ditemi che è venuta a lui l'idea:"blame it on D'Alema"

Giusto perché so che non aspettavate altro, i miei cinque libri della vita: 1. Tutto ruote di Richard Scarry; 2. Il libro con tutti gli spartiti di Lennon/McCartney, che sarebbe stato più bello se c'erano pure i pezzi di Harrison ma in quel volume non c'erano, sfiga; 3. Un libro che ho scritto io e non ho fatto leggere a nessuno; 4 L'enciclopedia Conoscere; 5 Un'antologia per la terza media di cui non ricordo il nome ma era un volumone immenso, copertina marron, non era la mia, ce l'avevamo nell'armadio in classe.

Nessuno parla mai del buffet del Titanic, ma pare che gli intingoli fossero ottimi fin quasi verso la fine.




Orali alle Medie. "Non è nel programma, ma...ieri giocavamo contro una squadra britannica?" "L'Irlanda? No". "Ok, ne sai già più dell'Ansa".
(La butto lì e mi allontano) se i britannici avessero un sistema elettorale razionale, non avrebbero bisogno di un referendum oggi

Ma quindi ci hanno sbattuto fuori dal Commonwealth.

Folli ormai come Catone, qualsiasi scusa è buona per ricordare che l'italicum dev'essere distrutto

Guardate che il problema del voto agli ignoranti era già noto ai nostri bisnonni, che avevano pure trovato la soluzione: il parlamentarismo.


Comunque t'immagini se il 3 giugno '46 Umberto avesse detto: ok, me ne vado appena sono pronto.


Everybody Wants Some mi scatena tante emozioni, tra le quali non si può tuttavia ignorare la rottura di palle.



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Un anno su twitter (inverno)

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(Ogni anno si porta via tutta una serie di messaggi che regalo a Twitter, che regalo a Zuckerberg, roba che un bel giorno si cancellerà portandosi via quel poco senso che aveva. Quest'anno ne salvo un po' qua, nel sito che coincide con la mia memoria. Forse se uno li legge dall'inizio alla fine possono restituire la sensazione di un anno che passa, non lo so, ora provo).


Gennaio





6 gennaioTwitter
Come ogni anno, domani torno a lavorare e in questo momento non mi ricordo come si fa.

L'aristogatta che fa tanto la preziosa, ora che ci rifletto, ha tre mici di tre colori diversi.




17 gennaioTwitter
Qualcuno l'avrà già detto che The Revenant è il Good Dinosaur per adulti.

27 gennaioTwitter
Il giorno in cui accesi internet e scoprii che la nostra cultura si salva esibendo i piselli delle statue.

Lunedì avevate ancora paura dei genitori gay, ora pare che i nudi artistici siano il fronte contro l'Eurabia. E siamo solo a metà settimana.

Febbraio
Il DDL io lo sostengo solo se aggiungete quel famoso comma per cui tutti possono sposare Adinolfi senza il suo consenso.

Tra le cose assurde e inutili che si potrebbero fare per festeggiare Infinite Jest, qualcuno residente a Bo o dintorni potrebbe andare in Sala Borsa, annusare la loro edizione a scaffale e dirmi se sa ancora di sabbia e crema solare.

4 febbraioTwitter
Le ultime ricerche sulle famiglie omosessuali dicono che i bambini stanno bene, ma non ne possono più di rispondere ai ricercatori.


7 febbraioTwitter
Il Manifesto non paga i collaboratori - lo scoprite oggi? Credevate che fin qui chiedessero l'elemosina per sport?

Buonasera, siamo nel 2016 e non c'è proprio modo di fare battute sui cinesi alle primarie senza riuscire razzisti, mi dispiace.


8 febbraioTwitter
Da un punto di vista statistico ogni gay dovrebbe avere almeno 5 amici omofobi, ma che razza di gente frequentate?


Un robot, per essere in grado di avere relazioni con noi, deve essere progettato in un modo così raffinato che poi non ce le vorrà comunque avere, le relazioni, con noi.
Come faccio a ridere dei Pooh e della loro generazione, se la mia partecipa sotto forma di Morgan. #Sanremo2016


14 febbraioTwitter
Alla Rai sembrano terrorizzati dall'idea che milioni d'italiani vadano alle poste a pagare il canone per sbaglio.



16 febbraioTwitter
Scanu non avrà vinto Sanremo, ma bisogna dargli atto che non ha più smesso di piovere da allora.


17 febbraioTwitter
Se sei triste e ti manca l'allegria, scacciar tu puoi la malinconia. Vola di qua e vola di là, la canzone della felicità (Giacomo Leopardi).


18 febbraioTwitter
"No tengo dinero oh / No tengo dinero no, no, no, no" (J. L. Borges, Rime Extravaganti).


20 febbraioTwitter
Mi sento già più stupido.

21 febbraioTwitter
Coriandoli fin nella fottuta milza.




23 febbraioTwitter
La triste verità è che i vostri figli non piacciono neanche ai pedoffi on line.



Marzo


4 marzoTwitter
Ho girato su Vespa e c'era il plastico della Libia, direi che è guerra.

Sinergie possibili: prendere i punti fermi che avanzano a Ilvo Diamanti, e metterli nei pezzi di Riotta.


14 marzoTwitter
Io vi posso solo dire che non si scrivono da soli, quei fottuti romanzi di Elena Ferrante


15 marzoTwitter
Vabbè oggi Wu Ming prima di colazione mi ha dato del fascista (o fiancheggiatore di) https://t.co/awg6pl2VZ9 https://t.co/Z6rruUAEub


16 marzoTwitter
È cosa ben nota ai ladri che in tante borse, lasciate in bella vista, ci siano per lo più pacchi di temi da correggere.


23 marzoTwitter
Se ci tenete tanto a perdere subito la stima dei vostri figli, insistete pure con questa storia che il terrorismo si sconfigge col presepe.


25 marzoTwitter
Bisogna che noi viventi cominciamo a far qualcosa d'interessante, sennò diventa dura.



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Scrivere Hard Rain a vent'anni (e sopravvivere altri 50)

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Live at the Gaslight 1962 (2005).

(L'album precedente: Bob Dylan
L'album successivo: The Freewhelin' Bob Dylan)

Come sapete Dylan non è andato a Stoccolma, pare avesse un impegno. Come avete forse sentito ha mandato una discepola, Patti Smith - una tra quel migliaio di artisti importanti che senza l'esempio di Dylan sarebbero cresciuti in un modo molto diverso, o non sarebbero cresciuti. Magari avete anche visto la clip in cui Patti Smith canta A Hard Rain's A-Gonna Fall ma a un certo punto si blocca per l'emozione. Patti Smith che avrà fatto più di un migliaio di concerti in vita sua - ma è pur sempre all'Accademia di Svezia, e Hard Rain è veramente un testo difficile. È pieno zeppo di numeri, di simboli, di immagini apocalittiche - un giorno Dylan disse che l'aveva scritto durante la crisi dei missili di Cuba, nell'imminenza della terza guerra mondiale e delle piogge radioattive che ne sarebbero seguite, e che in ogni verso era condensato l'argomento di una canzone che non credeva avrebbe più avuto tempo per scrivere.

C'è un problema: la crisi scoppiò nell'ottobre del '62 (quando un aereo spia U2 americano scoprì una base missilistica a Cuba), e noi sappiamo che Dylan la stava già cantando nel settembre di quell'anno, quando partecipò a una specie di festival folk alla Carnegie Hall. Presentava il leggendario cantautore Pete Seeger, che prima di cominciare avvisò gli artisti: solo tre pezzi a testa, non più di dieci minuti. Al che il giovane Bob alzò la mano: ehi, ma io come faccio? Una delle mie canzoni ne dura proprio dieci. Seeger non fu l'unico a innamorarsi di Hard Rain al primo colpo. Quando Allen Ginsberg la ascoltò, appena tornato dall'India, racconta di essersi messo a piangere: di colpo la sua generazione sembrava superata. Insomma se devi scegliere quale canzone portare alla cerimonia del Nobel, Hard Rain sembra una scelta da intenditori. Non è famosa come Blowin' in the Wind, non è acclamata come Like a Rolling Stone, perfino Hurricane è più ascoltata su Spotify, però tutte queste canzoni Dylan le avrebbe potute scrivere soltanto in un determinato periodo della sua carriera. Invece canzoni apocalittiche e immaginose come Hard Rain ne ha sempre scritte, e ne scriverà finché campa.

Resta una terribile evidenza, a cui nessuno fa molto caso (ma forse Dylan sì): di tutte le canzoni apocalittiche e immaginose, quella che merita di essere scelta per il Nobel l'ha scritta a ventun anni. Pensateci. Non è così strano che un ventunenne scriva grandi poesie - Shelley, Rimbaud, eccetera. Sì, ma Shelley è annegato a trent'anni, e Rimbaud ha smesso di scrivere a venti. Dylan ne ha 75 e scrive ancora, ma quando si tratta di mandare una canzone a Stoccolma, ce ne manda una del 1961. Voi che rapporto avete con le cose che scrivevate a vent'anni? Se avete vent'anni adesso non potete capire (ma tanto non state nemmeno leggendo). Io di solito comincio ad avere problemi dopo undici anni: attualmente mi sto dissociando dalle cose che ho scritto nel 2005. Non significa che le trovi disgustose - ok, sono disgustose - ma ogni tanto c'è persino roba buona, però è come se l'avesse scritta qualcun altro, un parente, un tizio con cui ho avuto una relazione che m'imbarazza un po'. Non riesco nemmeno più a correggere, a cambiare qualcosa, sarebbe come produrre un falso. In sostanza non sono più quella persona: persino le cellule delle ossa credo che nel frattempo si siano rigenerate. Quel che voglio dire è che sì, forse Dylan davvero quella sera aveva un impegno. O forse non è voluto andare a Stoccolma perché sapeva che il premio era per il sé stesso di cinquant'anni prima, e lui semplicemente non si sente più quel Dylan lì. Sarebbe come mentire - non che a Dylan ripugni mentire, ma forse non gli andava (continua sul Post)
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Star Wars episodio 3 e 1/2, la riscossa dei militi ignoti

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Jedha dalle Sette Porte, chi la costruì? La Morte Nera distrutta tante volte, chi altrettante la riedificò? In quali alloggiamenti abitavano i costruttori? Dove andarono, la sera che fu terminata, i muratori? E la notte che lo spazio li inghiottì, affogavano urlando aiuto ai loro droni? Il giovane Skywalker penetrò nei sistemi di sicurezza: fece tutto da solo? Le planimetrie, chi le aveva rubate? Quante vicende, tante domande.

La Morte non è mai stata così grande, così bella.

Va bene, ragazzi, si parte. Non facciamola lunga - tanto lo sappiamo che la storia non finirà bene - forse in generale sì, ma non per noi, noi siamo quelli sacrificabili, i pedoni, in un altra saga indosseremmo la tutina rossa. Siamo gli operai, quelli che fanno il lavoro sporco, e finiscono esplosi nei fuochi artificiali con cui inizia la saga vera. Come ci si sente quando si capisce che il tuo film non è il grande film, è solo una mossa laterale, una manovra di alleggerimento, un diversivo della Walt Disney per ammortizzare l'investimento senza consumare troppo il brand? Come ti senti quando capisci che ti stanno mandando a morire in una galassia lontana lontana solo per far brillare un po' di luce in lontananza?

I fans di Star Wars sono strani. Quello che desiderano lo hanno messo in chiaro già parecchio tempo fa: un certo tipo di astronavi, un certo tipo di combattimenti, un certo tipo di robottoni e robottini, qualche pupazzo buffo ma non troppo buffo, un certo tipo di filosofia ma non troppa filosofia. Va bene. I produttori di Star Wars recepiscono, e verso Natale provano a servire la pietanza. C'è sempre qualcosa che non va. Ma le astronavi non sono quelle giuste? "No, non sono giuste, sono esattamente le stesse, non va bene". Ma vi abbiamo messo i robottini. "È una strizzata d'occhio, non ci piacciono le strizzate d'occhio". I fans di Star Wars non vogliono cose diverse ma non vanno nemmeno pazzi per le solite identiche cose. I film della saga sono condannati a orbitare intorno agli stessi tre quattro concetti: dev'esserci un orfano in un pianeta difficile, deve arruolarsi in qualche modo nella resistenza e diventare rapidamente un leader che guida l'Alleanza all'ennesima battaglia finale. Scusate gli spoiler, eh, ma non c'era proprio modo che non finisse così. L'unico a tentare delle strade diverse fu proprio Lucas, e non gliele hanno apprezzate, per cui temo convenga rassegnarsi: c'è ancora una galassia da scoprire, tutta di pianeti desertici in cui vivono orfani e orfane predestinati al combattimento. Alcuni sono più sfigati di altri, alcuni glielo leggi negli occhi che sono sacrificabili. Se non riesci a leggergli negli occhi guarda la locandina: c'è scritto A Star Wars Story, capisci? Non è la Storia di Star Wars, quella con gli Jedi e gli Skywalker e i Solo; è "una storia": mi dispiace ragazzi. La galassia andrà avanti anche senza di voi.

Una foto per il monumento ai caduti, grazie.

Eppure all'inizio doveva esserci un'idea interessante. I fans sono invecchiati cresciuti, perché non proviamo a proporre un prodotto più adulto, una linea parallela dove si scherza di meno e si combatte di più? Ma c'era forse un equivoco su cosa significhi essere adulto (continua su +eventi!)

Prima di entrare al cinema avevo sentito dire che Diego Luna era il nuovo Han Solo. Ecco, ci speravo, ma l'equivoco è proprio qui. Per me Han Solo è sempre stato un po' l'adulto di tutta la saga, ovvero quello che ci crede fino a metà, quello che ha bisogno ogni volta di essere convinto a muovere il culo e che sembra tenere più alle grazie della principessa che alla libertà della galassia. Lui non vive nello stesso universo degli altri adolescenti, dove i cattivi sono neri e i buoni fanno discorsi saggi. Ha problemi da adulto, debiti e mutui da pagare, astronavi da far funzionare. E ci scherza sopra, gli adulti questo fanno (fanno anche sesso).


Le possibilità che ridiate delle mie freddure sono del 13,5%.
Diego è un personaggio completamente diverso: il poco che è rimasto della sua caratterizzazione ci fa capire che non ha avuto tempo di farsi una vita che non fosse la Resistenza. Anche lui, come Han, uccide gratuitamente una comparsa. Han lo faceva perché era un cowboy, non aveva tempo da perdere né soldi da restituire. Diego lo fa perché è una spia e non può lasciare tracce. Quando scocca l'ora e un quarto ed è il tempo di decollare per la missione suicida, Han Solo preferirebbe tornarsene nella sua casa volante a badare ai propri affari: Diego invece è lì pronto in pista, non ha un attimo di esitazione, è un mujaheddin. È cresciuto combattendo e se ha dei sensi di colpa, una missione suicida è l'unico modo per espiarli (e di sesso non se ne parla). Questa cosa è davvero più 'adulta' del primo Star Wars? Il fatto che qui si scherzi meno - l'unica spalla comica è un androide che calcola continuamente le percentuali di fallimento - è sul serio un progresso, un passo avanti verso la maggiore età? E se invece è il contrario, se Rogue One è puro e semplice intrattenimento per young adults, siamo sicuri che vada tutto liscio? Cioè siamo contenti che nel 2016 la Walt Disney mandi nelle sale un film che esalta il sacrificio dei martiri?

Sono nato durante la Guerra Fredda, i nostri insegnanti condividevano una certa idea del nazismo. Pensavano che i nazisti fossero perlopiù onesti padri di famiglia che obbedivano agli ordini perché erano stati cresciuti così, e quindi era importante che noi crescessimo diversamente. Neanche l'obbedienza era più una virtù, figurarsi il martirio. Chiunque ce lo proponesse andava immediatamente investigato, senz'altro c'era sotto una fregatura. Quelli lesti al suicidio erano sempre i nemici, gli agenti dell'hydra o i kamikaze. Poi il vento è cambiato. Me ne sono accorto quando 300 di Snyder fece il botto. A me avevano insegnato a dubitare di chiunque ti decanti le Termopili - ed ecco che i ragazzini andavano in estasi per il nobile sacrificio degli spartiati ariani. Così come non era poi così strano immaginare gli affiliati di Al Qaeda che si gasano guardando Matrix prima di farsi esplodere su un aeroplano, così davvero c'è da domandarsi fino a che punto la Disney si sia lasciata scappare un monumento ai martiri sconosciuti, fino a che punto sia lecito cavalcare un certo Zeitgeist, raccontare ai bambini che ci sono Speranze per le quali vale la pena di morire.

"Scugnizzi Uno" non era poi male.
Tutto questo alla fine è un problema mio: non mi piacciono i sacrifici. (Non è vero, i sacrifici mi piacciono, ma non mi piace chi li vende al cinema). Questo non impedirebbe a Rogue One di essere un grande film di sacrificio. L'idea di appaltare un angolo di saga a un manipolo di rogue, di disperati, sbandati, furfanti, manigoldi senza ragioni per vivere ma con almeno una ragione per morire, poteva riuscire sublime. Purtroppo non è neanche così: Rogue One sembra un prodotto smontato e rimontato più volte, con montaggi nervosi e dialoghi appiccicati con lo scotch che troppe volte sembrano far andare avanti la trama in una direzione diversa da quella suggerita dalle immagini: soprattutto nella prima parte finisce per somigliare ai brutti film di supereroi della Warner, Batman vs Superman e Suicide Squad. Un tipo specifico di bruttezza, una bruttezza destrutturata, arzigogolata, che nasconde dietro una presunta cattiveria una certa mancanza di idee; una bruttezza che purtroppo resisterà come uno dei tratti distintivi del 2016 al cinema. Peccato, ma sarò sincero. Se fosse un film migliore, se funzionasse di più, se i ragazzini uscissero dalla sala con le lacrime agli occhi per Felicity e Diego, io comincerei a preoccuparmi seriamente. E il 2016 di motivi per preoccuparci ce ne ha dati già a sufficienza, no? Ma Buon Natale, la Forza sia con voi.

Rogue One è al Cityplex di Alba (19:00, 21:30); al Cinelandia di Borgo San Dalmazzo (21:00 in 3d; 20:00, 22:40); all'Impero di Bra (20:00 in 3d, 22:30); al Fiamma di Cuneo (21:00); ai Portici di Fossano (21:15); al Bertola di Mondovì (21:15); all'Italia di Saluzzo (21:30); al Cinecittà di Savigliano (21:30).
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A chi arrestano oggi, e a chi festeggerà

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Ciao, mi chiamo Leonardo e quando a Milano ci fu l'inchiesta Mani Pulite, e i magistrati arrestavano un politico al giorno, io avevo vent'anni. Mi divertivo. Quei politici che cadevano in disgrazia li conoscevo da tanto tempo - mi sembrava tanto tempo - erano stati i cattivoni della mia adolescenza, i Craxi, i Forlani, i Gava. Corrotti, collusi, mafiosi, lo dicevamo da anni, e quando i magistrati cominciarono a confermarcelo non trovammo nulla da eccepire. Sembrava che tutto stesse procedendo verso un lieto fine: come col Muro di Berlino, per 40 anni incrollabile, e poi una notte, puff, finito. Era bello, era giusto, era divertente.

Se ci ripenso in realtà non mi ricordo molto, perché a vent'anni la priorità è il sesso e tutto passa in terzo. in quarto piano. Comunque: noi odiavamo i politici, i magistrati li arrestavano, noi eravamo felici. C'era una specie di arena in cui li vedevamo prender mazzate - i più deboli non reggevano, ma non trovavamo nulla da eccepire nello spettacolo in sé.

Adesso ne ho molti di più e non voglio nemmeno tentare un parallelo. Ogni tanto un magistrato arresta un politico: ho imparato che bisogna aspettare, perché a volte le cose non sono come sembrano. La cosa curiosa che ho notato è che adesso, quando un politico viene indagato, la gente non è più felice come una volta.

Alcuni sì, sembrano felici, ma c'è troppo nervosismo nelle loro manifestazioni di giubilo. È come se, come se, come se stessero tifando per la loro squadra. Ecco. La squadra ha fatto goal e loro festeggiano, ma in realtà sono tesi, sono arrabbiati, si vede che non basta, forse stanno ancora un goal sotto. Altre volte poi non festeggiano, anzi, alcuni fanno finta di niente - dal che deduco che deve aver fatto goal la squadra avversaria. Altri ci restano male o se la prendono con l'arbitro - che per carità, non è infallibile, è più che giusto domandarsi se sia imparziale o no, se ci abbia visto giusto, se non gli sia sfuggito qualcosa. Ma sai come fanno i tifosi: a volte se la prendono con l'arbitro per partito preso. Come se non sapessero, appunto, che non è infallibile, non può vedere tutto, non può evitare che qualcosa gli sfugga.

Ciao,  mi chiamo Leonardo e vedo i magistrati arrestare i politici da vent'anni. La principale differenza è che vent'anni fa era uno spettacolo semplice: noi sugli spalti, loro in campo. Oggi è diventato uno sport a squadre, e il match sul campo prosegue negli spalti. Indagano il sindaco di Milano: un boato in curva sud, la curva nord contesta e fa notare che però il sindaco sta reagendo bene. Pochi minuti dopo viene arrestato un assessore a Roma: la curva nord esplode, la curva sud impietrisce e così via. I politici continuano a rubare, i magistrati continuano a guardarsi intorno e a fischiare per quel che possono. Noi continuiamo a guardare, ad applaudire, a urlare, ma c'è molta meno allegria. E ormai ce ne siamo dette così tante, tra di noi, che c'è di sicuro qualcuno che ci aspetta fuori.
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Capitan Fantastico scende in città

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Captain Fantastic (Matt Ross, 2016).


Lassù sulle montagne, dove l'aria è più buona e il capitalismo non arriva, vive senza chiedervi il permesso la famiglia Cash. Sono filosofi e carnivori; di giorno cacciano e disossano i cervi e la sera, intorno al fuoco, bivaccano studiando la teoria delle stringhe. Scalano montagne, affilano lame, sono buddisti ma armati. Un giorno scenderanno a darvi una lezione. Non si sentono superiori a nessuno; lo sono.

Fino a qualche anno fa non succedeva mai, e quest'anno è capitato già più volte, di ritrovarmi di fronte a un film americano pensando "beh ma preferivo la versione italiana". Non so se abbia più a che fare con la salute del cinema USA o con la mia. Il paragone tra Captain Fantastic e Le meraviglie di Alice Rohrwacher non ha molto senso, comunque: anche se entrambi sono molto piaciuti a Cannes. Da una parte un prodotto d'autore europeo, drammatico (con qualche virata nel simbolico), dall'altra un comedy-drama americano, uno di quei film da Sundance che di indipendente non hanno nemmeno la confezione; l'ennesimo tentativo di far convivere le suggestioni del ritorno alla natura con un linguaggio che infallibilmente ne restituisce immagini patinate. È una di quelle situazioni in cui i famosi production values americani, quei livelli ineguagliati di professionalità e organizzazione, si ritorcono contro la macchina: fai fatica a spiegarci Henry David Thoreau se i tuoi strumenti sono quelli con cui si gira la pubblicità di uno shampoo... (continua su +eventi!)






Matt Ross ha voluto girare un film diametralmente opposto alla sua opera prima, 28 Hotel Rooms: là c'erano soltanto due attori in 28 camere d'albergo diverse (da cui il titolo), qui c'è tutto l'Ovest, dalle foreste dello Stato di Washington fino ai campi di golf del New Mexico, uno schiaffo alla miseria e alla siccità; e una famiglia di selvaggi sapienti che è un trionfo di casting - ragazze e bambini hanno tutti pochi minuti per lasciare un segno, e ce la fanno. E poi c'è Viggo Mortensen, padre-padrone illuminato, che per metà film sembra davvero l'uomo più saggio del mondo: com'è prevedibile, basterà scendere un po' a valle perché tutto venga messo in discussione. Ma appunto, è un po' troppo prevedibile. È capitato ad autori più esperti di Ross di scontrarsi con lo stesso argomento, e di consegnare agli spettatori qualcosa di irrisolto o ambiguo (vedi Into the Wild). È come se intorno all'argomento ci fosse qualcosa di sostanzialmente sacro: magari ritornare alla natura è impossibile, ma non è comunque consentito riderne.




Il manuale di base della sceneggiatura televisiva prevede che l'eroe si scontri con le convenzioni; che a ogni parziale successo corrisponda l'accettazione dei propri limiti; le convenzioni sono elastiche, si lasciano penetrare, ma in cambio l'eroe deve capire che hanno un senso. Captain Fantastic deve accettare di essere un po' meno fantastic; passare dalla caccia all'agricoltura; in cambio resterà un filosofo e continuerà a conservare la sua famiglia bellissima. È un finale che ha un senso soltanto al cinema o in tv, e soltanto in America. Qui da noi è diverso, al punto che di un film così forse non sappiamo che farcene. Captain Fantastic questa settimana resiste solo al Fiamma di Cuneo (giovedì 15, venerdì 16, lunedì 19, martedì 20 e mercoledì 21 alle ore 21; sabato 17 ore 17.30 - 20.00 - 22.30; domenica 18 ore 15.00 - 18.00 - 21.00).
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Il conte Gentiloni e gli eterni ritorni

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Magari sarà un ottimo capo del governo: glielo auguro e ce lo auguro. Però davvero: quant'è buffo, dopo tanta retorica sulla rottamazione, ritrovarsi a Palazzo Chigi un conte Gentiloni Silverj? Un discendente di quel Vincenzo Ottorino Gentiloni che nel '12 firmò il patto dei cattolici con Giolitti (noi ti votiamo e tu blocchi il divorzio e dai il via libera al finanziamento delle scuole cattoliche)? E dire che Paolo ce l'ha messa tutta per lottare contro il determinismo sociale. Ci informano i biografi che nel 1970 scappò di casa "per partecipare alle occupazioni studentesche a Milano" (non aveva 18 anni). Si ritrovò nel Movimento Studentesco di Mario Capanna. Nella sinistra extraparlamentare incontrò personaggi estremi come Ermete Realacci, Chicco Testa. E adesso eccolo a Palazzo Chigi. Da cui il legittimo sospetto: ma se invece se ne fosse rimasto a Roma a studiare e a militare in qualche prudentissima formazione centrista, oggi non si ritroverebbe, non ci ritroveremmo esattamente nella stessa situazione?

Magari Gentiloni non ce la farà: chissà se è un bene o un male. Però quanto è curioso che Renzi, così convinto di rappresentare una novità, si stia comportando più o meno come D'Alema nel 2000? E a D'Alema non andò molto bene, ricordiamolo. Si ritrovò a Palazzo Chigi nel '98 a sostituire Prodi. Aveva le idee abbastanza chiare, puntava a riformare il Paese ma anche a trovare un'investitura popolare perché già allora l'idea che si potesse diventare capo del governo senza vincere esattamente le elezioni dava fastidio ai più. Non c'erano i grillini, non c'era la retorica del presidente non eletto, ma c'era già un sistema bipolare e la sensazione che Prodi nel '96 avesse ricevuto un mandato dagli elettori, e D'Alema no. Per ovviare a questo problema, più psicologico che istituzionale, D'Alema ebbe una trovata molto discutibile, che i suoi cicisbei non esitarono a trovare geniale: non aveva vinto le elezioni del '96? Pazienza, avrebbe vinto le successive. Trasformò ogni consultazione in un referendum sul suo governo. Alle europee non andò molto bene: fece un rimpasto. Alle regionali andò pure peggio e diede le dimissioni. I cicisbei ne lodarono la coerenza - sorprendentemente, alcuni di loro oggi lavorano e tifano per Renzi, l'uomo nuovo che avrebbe voluto ottenere da un referendum confermativo l'investitura che non aveva ottenuto con le elezioni. Stesse scelte, stessi errori, stessi rimedi, stesse sconfitte.

Magari un giorno, riguardando a tutto questo, ci accorgeremo di avere vissuto giorni straordinari, di avere assistito svogliati a una rivoluzione in diretta. In questo momento sembra l'esatto contrario: un eterno ritorno di situazioni già viste. I cattolici tengono alla famiglia e alla scuola e non la mollano, dal 1912 al 2016. Democristiani, diessini, democratici vanno avanti a tastoni e a ogni consultazione rimpastano un po': se le cose vanno male lasciano il posto a un notabile innocuo e dicono in giro di essersi ritirati in campagna. In un suo accorato messaggio ai fan, dopo aver rimboccato le coperte dei figli, il dimissionario Renzi spiega di aver fatto una cosa incredibile, mai vista: si è dimesso senza un voto di sfiducia. ("Di solito si lascia Palazzo Chigi perché il Parlamento ti toglie la fiducia. Noi no"). Chissà se ne è davvero convinto. Chissà se ignora che in tutta la storia della Repubblica dev'esser successo una volta sola a un governo di perdere la fiducia in Parlamento (e fu Prodi, ahinoi). Perché poi con Renzi il dubbio è sempre lo stesso. Davvero è convinto di essere qualcosa di inedito e di mai visto, anche se alla fine si ritrova a giocare lo stesso gioco di un D'Alema o di un Fanfani, e a rifare le identiche mosse?
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Bob Dylan, fantasma

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Bob Dylan (Bob Dylan, 1962).

(L'album successivo: Live at the Gaslight).

Well, I don't know why I love you like I do
Nobody in the world can get along with you

Cos'è questo rumore. C'è un tizio che strimpella in un caffè del village. È bianchissimo ma cerca di cantare come un nero. È un ragazzino ma vuole sembrare un vecchio. Ha preso uno di quei vecchi ragtime da 78 giri e lo canta come se girasse a 45 - forse è un modo per scaldarsi, forse nei giorni di magra va a suonare sopra le grate della metropolitana, col berretto sul marciapiede. A modo suo è anche bravo. Pare che sia in giro da un anno, pare che abbia già trovato un tizio alla Columbia che gli vuol far firmare un contratto. C'è un piccolo revival del folk, in città, il rock'n'roll ha un po' stancato e non ci sono novità all'orizzonte. E va bene, ma quanto può andare avanti un movimento del genere, voglio dire, chi ha davvero voglia di ascoltare ancora quelle vecchie canzoni? Siamo nel futuro, perdio, siamo nel 1962.

In occasione del conferimento a Bob Dylan del premio Nobel per la letteratura, mi sono deciso a un passo che accarezzavo da anni - si possano accarezzare i passi? vabbe' - ho ascoltato tutti gli album del premio Nobel in ordine cronologico. Sono ancora vivo per raccontarlo, credo (ma se accostate il cuore al mio petto, sentirete il vibrare metallico di un'armonica).

Bob Dylan è il disco di Dylan che nessuno conosceva. Tanti anni fa, quando non esistevano i servizi streaming e non c'era abbastanza banda per scambiarsi intere discografie p2p, se volevi fare il dylanologo c'era un solo complicato sistema: ti dovevi far prestare i dischi dai vecchi. Erano brutti dischi in vinile, segnati - molti che li comprano oggi in libreria non hanno idea di quanto facilmente si rovinassero quegli affari di plastica; e anche le copertine, bellissime, ma compresse l'una contro l'altra perdevano il lucido abbastanza presto e si sgualcivano più in fretta dei libri.

Questi vecchi che conservavano i dischi di Dylan a loro volta li avevano presi in prestito da altri ancora più vecchi, che a volte li avevano addirittura comprati nei negozi, perché sì, a quei tempi esistevano negozi che quel tipo di dischi te li vendevano - il prezzo al chilo era esorbitante. Questo li costringeva a fare scelte abbastanza ciniche. Perciò anche i dylaniti più strettamente osservanti, quelli che avevano diecine di suoi dischi in casa e ci avevano investito centinaia di migliaia di lire, Bob Dylan no, non lo avevano mai comprato. E adesso tenetevi forte: siccome non lo avevano comprato, non lo avevano nemmeno mai ascoltato.

Carnegie Hall, settembre '62.
Proprio così. Non c'era modo di farselo prestare, né di telefonare a una radio per chiedere You're No Good. Bob Dylan era già famosissimo, forse lo era un po' più di adesso, ma il suo primo disco non lo aveva nessuno. Dimenticato. I due pezzi originali erano stati ristampati in qualche compilation più o meno ufficiale, e tanto bastava. Nel frattempo uscivano già ristampe assurde, prove di prove di prove, ci fu un periodo in cui la Columbia ricattava Dylan, se non torni con noi pubblichiamo certe canzoni orribili che hai registrato per scherzo qualche anno fa - lo fecero davvero. E poi ci fu quel momento in cui Dylan disse, vaffanculo, volete ascoltare tutto? Proprio tutto? Volete che apriamo gli scaffali e vi facciamo ascoltare venticinque take diverse di Like a Rolling Stone? Tenete, beccatevi questo ennesimo disco di roba che qualsiasi altro artista butterebbe via. E i vecchi compravano, i vecchi avevano accesso a misteriose fonti di liquidità - però il primo disco no, niente da fare. Non era considerato interessante. Perché non l'aveva scritto lui, sapete. Dylan era considerato soprattutto un cantautore a quei tempi. L'idea che avesse iniziato come interprete suonava fastidiosa.

Così ho deciso di scrivere un commento a tutti i dischi ufficiali di Bob Dylan, dal primo all'ultimo. Compresi i live? Nei limiti del possibile, sì. Compresa la bootleg series? Se ce la faccio, sì. Compreso quel disco con venticinque prove diverse di Like a Rolling Stone? No. 

Non è che fosse una rarità. Tecnicamente non credo che lo sia mai diventato, veniva ristampato meno degli altri ma con regolarità. Ma era considerato una falsa partenza. Questo ci dice tanto sul modo in cui è cambiata la nostra immagine di Dylan col tempo, perché se oggi decidi di ascoltare quel primo disco - su Spotify ci metti due minuti a trovarlo - assolutamente no, tutto ti sembra tranne una falsa partenza. Quel ventunenne spavaldo sulla copertina è già Bob Dylan. Ha già idee tutte sue su come si stravolge una canzone. Quel modo di trasformarle nella parodia di loro stesse - ma senza tradirle mai davvero - lo sta già applicando. Sta già trasformando vecchi blues dolenti in cose diverse, cose moderne, di un genere ancora inascoltato e inascoltabile (non credo di avere il diritto di usare la parola protopunk). Suona folk e sta già prendendo in giro il genere folk (Pretty Peggy-O). Suona blues e sta già giocando a cambiare un accordo per vedere se per caso non gli capita di inventare qualcosa di nuovo (Baby, Let Me Follow You Down). Soprattutto, suona già la chitarra e l'armonica come Bob Dylan. In certi pezzi viene il sospetto che le suoni molto meglio qui che altrove. Dylan non è ancora un poeta - ha già scritto diversa roba ma perlopiù l'ha buttata via, come fanno gli adolescenti. Non è ancora un compositore. Ma come musicista è già maturo. Temprato da mesi di gavetta in strade gelide e tutto il resto.

Old New York City is a friendly old town,
From Washington Heights to Harlem on down.
There's a-mighty many people all millin' all around,
They'll kick you when you're up and knock you when you're down.
It's hard times in the city,
Livin' down in New York town.

Foto di Joe Alper: Dylan con Suze Rotolo.
(Ne risentiremo parlare).
Dylan viene dal passato. Non dal suo personale, di cui non ci parla mai (continua sul Post)
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