Una presenza spettrale in laboratorio

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Le “cose” che sussurrano nelle tenebre e che spiano maligne dagli angoli bui della casa, hanno riempito i libri di letteratura. E fin che si resta sulla letteratura, va tutto bene. Io stesso, ho uno scaffale pieno zeppo di Lovecraft, Bradbury, Matheson, Blackwood e via discorrendo, e sin da bambino sono sempre stato convinto che un enorme ragno, peloso e zannuto, si nascondesse sotto il mio lettino. Non lo potevo vedere ma ne “avvertivo” ugualmente la presenza. Sicuro, come ero sicuro dell’esistenza di Babbo Natale.
Il problema nasce dal fatto che queste, sino ad oggi, inspiegabili “presenze spettrali” sono pane e companatico di tante pseudoscienze legate all’occultismo e alla parapsicologia. Quante volte abbiamo sentito affermare dalla “sensitiva” di turno che nella stanza c’era una presenza che solo lei poteva captare? Quanti “ghostbuster”, più o meno in buona fede, ci hanno giurato che quella notte in quel castello hanno “sentito” la vicinanza del fantasma della Dama decapitata?
Ebbene, queste sensazioni oggi sono state ricreate in laboratorio. Precisamente nell’istituto Federale Svizzero di Tecnologia (EPFL). I risultati della ricerca condotta dall’equipe del neurologo Giulio Rognini, sono stati pubblicati nella rivista Current Biology, e potete trovare un sommario a questo link.
Secondo lo studioso elvetico, questa famosa sensazione sarebbe comune non solo alle persone che soffrono patologie neurologiche ma anche a quanti vivono esperienze estreme come alpinisti o subacquei.
Per scoprire cosa c’è di vero in queste sensazioni, lo scienziato ha esaminato 12 persone affette da disturbi neurologici che affermavano di avvertire presenze inesistenti, per scoprire che in comune avevano tutti subito lesioni tali da causare una perdita sensomotoria in tre specifiche regioni cerebrali: temporoparietale, insulare e la corteccia fronto-parietale.
Per verificare se è proprio da un cattivo funzionamento di queste aree cerebrali che si innescano le sensazioni di “presenze spettrali”, battezzate dall’equipe elvetica FoP (“feeling of a presence“. Ovvero, sensazione di una presenza), gli studiosi hanno realizzato un robot.
Robot che non ha nulla in comune con quelli di Asimov – tanto per ricadere nello scaffale proprio sotto quello già citato e dedicato a Lovecraft della mia libreria – ma che altro non è che una macchina in grado di generare conflitti sensomotori nelle tre regioni cerebrali individuate, intervenendo in contemporanea sulle sensazioni tattili, motorie e propriocettivi. Termine, quest’ultimo, che definisce gli stimoli con i quali un organismo riconoscere la posizione del proprio corpo nello spazio tramite lo stato di contrazione dei muscoli (come dire che anche ad occhi chiusi, noi possiamo capire se siamo seduti o in piedi).
A questo punto, sono entrati in scena 48 volontari. Tutti garantiti sani nelle suddetti regioni e che non avevano mai avuto esperienze FoP. I coraggiosi sono stati quindi bendati e collegati al robot. I risultati non si sono fatti attendere. Un terzo dei volontari ha affermato di “sentire” presenze estranee nel laboratorio. Una persona ne ha avvertite addirittura quattro contemporaneamente. Due hanno chiesto di fermare l’esperimento perché provavano una sensazione di estraneità che li disturbava.
La spiegazione avanzata dai ricercatori è che le interazioni col robot causavano una parziale distorsione dell’autoconsapevolezza che ognuno ha di sé, sino a sbalestrare la percezione della posizione del proprio corpo nello spazio così che questo viene percepito come appartenente a qualcun altro. Questo sarebbe alla base della FoP.
“Il nostro cervello possiede varie rappresentazioni del nostro corpo nello spazio – ha commentato Giulio Rognini -. In condizioni normali è in grado di assemblare una corretta ed unica percezione del sé. Ma quando siamo di fronte ad un malfunzionamento del sistema cerebrale, sia a causa di malattia, di situazione estrema o, come nel nostro esperimento, dell’interazione con un robot, questo a volte può creare una interferenza. Il proprio corpo quindi, non viene più percepito come ‘io’ come ma come ‘qualcun altro’. Da qui la sensazione di presenze spettrali”.
Chiaro? Adesso vedo di riuscire a convincere anche quel brutto ragnaccio, peloso e zannuto, che continua a zampettare sotto il mio letto. Fosse la volta buona che se ne torna a casa sua!

Pubblicato su Cicap Veneto