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Questi giorni a Lampedusa. L’isola dei diritti

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Sono tre giorni che non smette di piovere e anche l’ultimo calzino asciutto se ne è andato. Sabato però abbiamo concluso la discussione ed ora la Carta di Lampedusa ha una sua stesura definitiva. Un grande applauso, per certi versi anche liberatorio, ha salutato nel tardo pomeriggio l’approvazione dell’ultimo paragrafo.
In serata il collettivo Askausa - che significa “senza scarpe” - ha invitato tutti gli attivisti all’inaugurazione del loro nuovo spazio dedicato alle vittime del mare. Una lunga sala in cui i ragazzi di Lampedusa hanno raccolto tutto ciò che il mare ha restituito dopo i naufragi. Nel soffitto dell’entrata sono appese le scarpe. Grandi, piccole, da uomo e da donna da bambino, tante... Un tavolo raccoglie dei sacchetti di plastica con dentro della terra. Un modo come un altro per esorcizzare la nostalgia della casa natia. Portarsi appresso un po’ della terra sulla quale sei cresciuto. Poi quel che resta di bibbie, corani, calendari e libri di poesie divorati dall’acqua salata. Sui muri, le mensole erano riempite di piatti, scodelle, pentole... e ancora tanti oggetti personali come lamette da barba, spazzole, giocattoli, collanine e bracciali... Mi è tornato in mente un ricordo che credevo assopito: il museo dello sterminio che ho visto al campo di concentramento di Auswitch. Nel lager come nei barconi. Vite spezzate dalla violenza di un sistema delirante. Continua

Questi giorni a Lampedusa. L’isola dell’accoglienza

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In tutta l’isola non c’è una sala sufficientemente ampia per farci entrare tutti. Grazie alla sindaca, Giusi Nicolini, abbiamo ottenuto una sala dell’aeroporto. Da qui stiamo scrivendo la Carta di Lampedusa e sempre da qui trasmettiamo lo streaming su Melting Pot grazie ad una attrezzatura di emergenza messa a punto all’ultimo momento, dopo il forfait a causa del maltempo della nostra parabola satellitare.
All’aeroporto di Lampedusa, ci hanno dato la più grande che avevano a disposizione ma ancora non basta. Solo ieri, giornata introduttiva dedicata alla presentazione delle tantissime associazioni presenti e al saluto della sindaca, si sono registrate oltre 250 persone. Altre se ne stanno aggiungendo ora, altre ancora arriveranno sugli aerei del pomeriggio per l’incontro conclusivo sulla Carta e partecipare l’assemblea programmatica che si svolgerà domani mattina.
La prima nota da sottolineare quindi, è la grande mobilitazione che si è creata attorno all’appello di Melting Pot, cui va dato il merito di aver saputo interpretare e dare voce al diffuso disagio provocato dal fallimento delle attuali politiche migratorie. Continua

Questi giorni a Lampedusa. L’isola dell’accoglienza

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In tutta l’isola non c’è una sala sufficientemente ampia per farci entrare tutti. Grazie alla sindaca, Giusi Nicolini, abbiamo ottenuto una sala dell’aeroporto. Da qui stiamo scrivendo la Carta di Lampedusa e sempre da qui trasmettiamo lo streaming su Melting Pot grazie ad una attrezzatura di emergenza messa a punto all’ultimo momento, dopo il forfait a causa del maltempo della nostra parabola satellitare.
All’aeroporto di Lampedusa, ci hanno dato la più grande che avevano a disposizione ma ancora non basta. Solo ieri, giornata introduttiva dedicata alla presentazione delle tantissime associazioni presenti e al saluto della sindaca, si sono registrate oltre 250 persone. Altre se ne stanno aggiungendo ora, altre ancora arriveranno sugli aerei del pomeriggio per l’incontro conclusivo sulla Carta e partecipare l’assemblea programmatica che si svolgerà domani mattina.
La prima nota da sottolineare quindi, è la grande mobilitazione che si è creata attorno all’appello di Melting Pot, cui va dato il merito di aver saputo interpretare e dare voce al diffuso disagio provocato dal fallimento delle attuali politiche migratorie. Continua

Questi giorni a Lampedusa. L’isola delle caserme

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Tra Lampedusa e la Sicilia corrono cento miglia di mare. E tocca pagarle tutte. La nostra parabola satellitare con i suoi quattro audaci paladini di belle speranze che se la sono scarrozzata per tutta la Penisola, se ne è rimasta, triste e sconsolata, sulla banchina di Porto Empedocle. Giove Pluvio e suo fratello Poseidone le han detto di no. D’altra parte, in questa stagione, i collegamenti navali sono peggio di un terno al lotto. Col vento di libeccio poi, che non soffia mai per meno di un mese, pensare di raggiungere Linosa per mare è una pia illusione ”perché - mi ha spiegato un pescatore giù al porto - lei, signore, deve considerare che Lampedusa è un’isola”. Lo so, gli ho risposto con un po’ di sufficienza. “No che non lo sa, signore. Per capire che Lampedusa è un’isola deve avere una moglie che sta per partorire oppure un figlio malato che ha bisogno di... come si chiamano, quegli esami medici là che ti fanno solo a Palermo?”
Oramai nessuno nasce e nessuno muore più a Lampedusa (migranti a parte). Il piccolo poliambulatorio non è neppure dotato di un servizio ostetrico. Per partorire le gestanti raggiungono gli ospedali palermitani. E debbono imbarcarsi perlomeno un mese prima. Gli aerei di collegamento sono dei piccoli bimotori ad elica. Non sono mezzi consigliabili a chi ha paura. Con tutti quegli scossoni che ti regalano emozioni e attaccamento alla vita, se la gravidanza è molto avanti, c’è il rischio di scodellare il pupo tra le mani della hostess. Continua