Mattacchionate ad Odessa


Oggi poche parole e tante immagini. Il nostro Mattacchione Volante si è esibito nella sua prima performance che ha suscitato entusiasmi a non finire. Nella piazza centrale di Odessa, proprio davanti al teatro dell'opera, Riccardo ha "mattacchionato" come solo lui sa fare tra lo stupore dei tanti passanti che si sono mostrati curiosi e generosi allo stesso tempo, riempiendo il nostro salvadanaio a forma di Gengis Khar di soldini per avere in cambio una "perla di saggezza". Da sottolineare che anche i fotografi ambulanti che girano con animali come falchi, colombe e pavoni per farsi fotografare a pagamento dai turisti, hanno versato il loro obolo per farsi fotografare con Riccardo.

Alla fine il nostro maialino era pieno. L'intero ricavato è stato saggiamente investito in birre, noccioline, patatine, aranciate e gelati al primo autogrill lungo la strada per Mykolaiv. Adesso la Gengis si trova in questa città, nota per essere la capitale dell'industria ucraina del matrimonio. Peccato che Riccardo assicuri che per lievitare come sa fare lui sia indispensabile rimanere scapoli!











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Confini assurdi e chupa chupa alla ciliegia


Oggi è stata la giornata dei confini assurdi. Per come la vedo io, tutti i confini sono assurdi ma quelli di oggi, ve lo assicuro, sono un bel po' più assurdi di tutti gli altri. Usciti incolumi dall'avventurosa notte nel cimitero ortodosso, ci siamo diretti ad est con l’intenzione di raggiungere perlomeno la città di Odessa e il mar Nero. Dalla Romania bisognava passare nell'Ucraina evitando, se possibile, la sinistra repubblica della Transnistria e, possibilmente non fare troppi “dentro e fuori” con la Moldavia la quale, con tutto il rispetto possibile, non era esattamente al centro dei nostri interessi. Niente da fare. La Moldavia governa dieci metri di terreno (10!) posti esattamente tra la frontiera ucraina e quella rumena. I confini da passare - sistemati tutti in non più di cento metri - sono stati dunque due, per un totale di quattro dogane scassa marroni! Romania - Moldavia, Moldavia - Ucraina. A conti fatti, ce la siamo cavata anche velocemente, in poco più di due ore. Ma come se non bastasse, a pochi chilometri da Odessa siamo ricascati in un'altra frontiera! La Moldavia infatti ha uno sbocco sul mar Nero. Tre o quattrocento metri di costa, non di più, sufficienti a sistemare altre due frontiere. Una tra l'Ucraina e la Moldavia e un'altra tra la Moldavia e l'Ucraina.

La scritta NoBorders stampata sul cofano e sulle portiere della Gengis assume sempre di più i contorni di una nostra bandiera.
C'è da dire comunque che alle frontiere si fanno incontri sempre interessanti e non manca certo il tempo di socializzare con gli altri sventurati viaggiatori. Si può combinare anche qualche affare e cambiare la valuta rimasta nelle nostre tasche. Noi della Gengis abbiamo stretto amicizia con due belle ragazze, una russa e una moldava, che andavano in taxi al di là del confine. Le due ragazze ci hanno convinto, non senza estenuanti trattative, a barattare mille dei loro rubli russi con 100 lei rumeni, 3 euro e due chupa chupa alla ciliegia. Che dite? Al mercato attuale dei cambi chi ha fatto l'affare?
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Una notte al cimitero


Nelle celle mortuarie rumene non c'è la wifi. Lo sto appurando in questo momento. Non mi spiego il perché di questa mancanza ma la triste verità è che non ci si può collegare da questo loculo. Scrivo sperando che, domani, se gli zombi non avranno banchettato con la nostra carne saporita, potrò postare da qualche autogrill. Vedremo quando sorgerà il sole. Per intanto, vi racconto come siamo finiti in questo monastero/cimitero ortodosso. Passate le Porte di Ferro e salutata la spettacolare testa del Re che da tempo immemore sorveglia il bel Danubio blu (che da queste sponde pare nero come la pece), siamo ripartiti verso Bucarest cercando di recuperare il tempo perduto ieri, tra campi minati e strade sbagliate. Verso le nove di sera, abbiamo superato la capitale e, sfatti come gente che si è sciroppata una giornata intera d'auto, abbiamo cercato un motel. Ma non è che ce ne siano tanti, in questo angolo di mondo coperto da sterminati campi di girasole, fabbriche pestilenziali, carretti trainati da cavalli e torme di cani randagi. Così, io ho avuto la bella pensata di chiedere ospitalità ai monaci di un monastero che la carta indicava là vicino.

Che vi devo dire? Era oramai notte avanzata. Ci ha accolto un fratacchione barbuto e svirgolato che non parlava una sola parola di nessuna lingua da noi conosciuta. Tutto contento di avere ospiti - cosa che gli capita assai di rado e dopo ho capito pure perché - ci ha condotto dentro un cimitero. Un cimitero monumentale, se è per questo, ma pur sempre un cimitero. "Questo ci ammazza e ci seppellisce direttamente" paventavamo diffidenti. Ed invece, nel mezzo del terrificante camposanto, la vecchia cella mortuaria era stata adattata a dormitorio d'emergenza. Proprio quello che ci mancava. Con lo spirito di adattamento che non può non avere chi si imbarca in una avventura come la nostra, ci siamo sistemati alla meglio. Anche perché nessuno di noi aveva voglia di uscire ancora nella botte buia buia e calpestare le tombe dei defunti. "Buonanotte" ci ha augurato sghignazzando il fratacchione nero vestito. Beh... speriamo che sia davvero una buonanotte. Non definitiva, magari...
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Di campi minati e di strade perdute


Va bene. Siamo viaggiatori che non amano le superstrade. Lo sapete bene. Al cemento preferiamo il prato. All'asfalto lo sterrato. Detto questo, i campi minati reduci dell'assedio del '95, sarebbe meglio evitarli, giusto? Ed invece ci siam finiti dritti dentro. Non che lo abbiamo fatto apposta, eh? Saremo anche matti ma non aspiranti suicidi. Fatto sta che quella strada che usciva da Sarajevo ci pareva proprio quella giusta per portarci al confine con la Serbia (casomai ve lo state chiedendo, noi della Gengis il Tom Tom non ce lo abbiamo perché sappiamo perderci anche da soli). Quando la strada è diventata una stradina, ci pareva ancora quella giusta. Quando la stradina è diventato uno sterrato ci pareva che forse - forse? - non era quella giusta ma sicuramente da qualche parte ci avrebbe portato. Quando lo sterrato è diventato un sentiero da partigiani, infilandosi in gallerie larghe tre metri che stavano in piedi per grazia ricevuta, abbiamo pensato che probabilmente avevamo proprio sbagliato strada ma eravamo curiosi di vedere dove si andava a parare. Dove abbiamo visto il cartello col teschio rosso e su scritto "Mine" ci siamo detti: "Mah? Che ne direste di tornare indietro?... tanto per non far tardi...".

Quando, provando a girare la Gengis in due metri di strada, abbiamo trovato un altro cartello che diceva la stessa cosa anche per l'altra direzione, abbiamo tirato una serie di considerazioni: 1) gli avvisi di pericolo dovrebbero piazzarli ai bordi e non in mezzo ai campi minati, razza di deficienti!; 2) forse avere un Tom Tom in auto non è proprio una cosa così disprezzabile; 3) quel contadino - unica anima viva incrociata da due ore a questa parte - che si sbracciava come un pazzo nella nostra direzione non voleva solo salutarci; 4) chi è stato di noi che, quando ha visto lo sterrato, ha esclamato: “va di là che andiamo bene! Queste son strade che gli altri team non faranno mai”?
La prima proposta è stata quella di mandare questo tipo in avanscoperta a tastare il terreno. Ma noi della Gengis ci vogliamo bene come fratelli! Niente agnelli sacrificali. O si arriva tutti o non arriva nessuno. Così ci siamo fatti tutto il percorso in retro, cercando di mettere gli pneumatici sul solco già percorso. Beh... pare che sia andato tutto bene, giacché son qui che scrivo.
Per il resto della giornata, ci siam persi, ritrovati e ancora persi almeno altre tre volte. Camionisti e altri viaggiatori gentili ci han sempre aiutato a ritrovare la via. E questo, vale certo più di un Tom Tom, giusto? Adesso scrivo da... come cavolo si scrive... Pojate. Dov'è Pojate? A sud di Belgrado. (Credo). Alle Porte di Ferro ci arriveremo domani. Oppure un altro giorno. Qua, nessuno ha fretta. Come team sportivo, lo ammetto, siamo molto molto poco competitivi.

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Mille chilometri dopo



E forse anche qualcuno in più! Siamo arrivati a Sarajevo. Dopo la tappa a Venezia, non si può dire che abbiamo perso altro tempo! Ben tre confini in un giorno solo. Italia - Slovenia, Slovenia - Croazia, Croazia - Bosnia Herzegovina. Alle frontiere, quando ci chiedevano dove stavamo andando, bastava rispondere "A Dushanbe, nel Tajikistan" che ti restituivano i passaporti e ti cacciavano via con una faccia da "questi sono pazzi".
Saremo anche pazzi ma intanto a Sarajevo ci siamo arrivati. Simpaticissimi i doganieri bosniaci, ai quali è bastato vedere il grande adesivo degli amici di NoBorders che campeggia sul cofano della nostra Gengis Khar per alzarci le sbarre di controllo con un sorriso ed un inchino. "Senza confini? Passate pure!" Purtroppo, sappiamo bene che non sarà sempre così.
Sulla strada, fedeli alla nostra idea di viaggio lento, abbiamo abbandonato l'autostrada già in Slovenia per strade meno battute e più a misura d'uomo. Così da Karlvac abbiamo "tagliato" la Croazia e ci siamo sciroppati la Bosnia centrale, viaggiando tra un mare di verde.
Domani visita alla città martire di Sarajevo dove ancora sono segnate sul lastricato le "rose rosse" delle granate che falcidiavano la gente in fila per il pane e dove le case portano i segni delle mitraglie.
Nel pomeriggio, si riparte per le Porte di Ferro. Ancora a bordo della Gengis Khar.
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Pronti al Via!

Stavolta ci siamo davvero. E’ arrivato il momento di caricare la Gengis Khar e di puntare la bussola a est, verso Dushanbe. Si parte la sera di
sabato 28 luglio 
da villa Visconti Borromeo Litta 
Lainate, Milano. 

La registrazione degli equipaggi comincerà alle ore 21,30 e sarà naturalmente anche l'occasione per una bella festa. Noi della Gengis Khar ci auguriamo che tutti gli amici che vivono vicino a Milano passino a salutarci. Ci saranno bibite (rigorosamente analcoliche solo per chi deve guidare) e musica. 

Il Via verrà dato alle ore 23, seguendo una starting list che prevede la partenza di un team ogni 5 minuti.

I team in partenza saranno in tutto nove:
Team Touring da Milano
Team Bachi da Seta da Alessandria - Quargnento - Cossato
Bugteam (il primo team tutto al femminile!) da Pavia
Team Free your M.I.N.D. da Torino
Team L'Arosa dei Venti da Lainate
Team Passaggio Libero da Ivrea - Sarzana - Montignoso - Forlì
Team Ci siamo Persia? da Merate
Team Ciurmànemica da Brescia
e ovviamente il vostro Team Gengis Khar da Lainate - Vanzago - Forlì - Ferrara - Venezia

Come già vi abbiamo spiegato, ogni team è libero di scegliere il proprio percorso: la steppa russa, le affascinanti strade persiane, le antichissime Bukara e Khiva, la mitica Samarcanda, il Lago d'Aral, il Mar Caspio e le indimenticabili vallate Tajike sino alla stupenda regione del Pamir. 
Tante le Vie possibili, nessuna strada obbligata e nessuna assistenza! 
Praticamente la storia della nostra vita!

Che altro dire? Ci vediamo a Dushanbe a fine agosto!


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Silk Road Race: Strade, Cartine e Confini di Stato

Ancora da Noborders Magazine. L'ultimo post prima della partenza!

Tu guarda le cose che si imparano anche solo studiando una carta geografica. E di carte geografiche ne abbiamo studiate a chilometri quadrati, in questi ultimi giorni.Siamo a soli “meno dieci” dalla partenza. La Gengis Khar ha fatto la sua ultima revisione, pagato anche il bollo, sistemato l’assicurazione, il passaggio di proprietà e le altre burocrazie. Adesso è tutto a posto e la nostra Ford Escort può liberamente circolare per le strade. Che emozione metterla in moto e farla finalmente uscire dal garage dell’azienda di Lainate dove lavora Angelo!

La prima tappa è stata Ferrara, dove vive Grazia. “Venite da me – ci ha invitato l’unica donna del team – che ho organizzato una presentazione del nostro viaggio con gli amici dell’associazione PortAmico con la quale lavoro”. Un’opportunità da non perdere, sia perché l’associazione PortAmico conta numerosi migranti provenienti proprio dai Paesi che dovremo attraversare, sia perché era l’occasione giusta per sistemare gli ultimi dettagli del viaggio dopo le erculee fatiche per procurarci i visti necessari a varcare le frontiere. fatiche non ancora concluse, per la verità. L’impossibile visa tajiko, che in Europa lo rilascia solo l’ambasciata di Londra, ci siamo rassegnati a chiederlo a Tashkent. Sperando in bene…

Per preparare nei dettagli il viaggio, avevamo deciso di dividere l’intero percorso in cinque tratte:

1) Milano – confine Serbo/Rumeno

2) Romania e Moldavia

3) Ucraina e Russia

4) Kazakistan e Uzbekistan

5) Tagikistan e viaggio di ritorno

Ogni membro del team ha preso in carica una di queste tratte con il compito di studiare i percorsi, valutate i giorni di permanenza, informarsi sugli hotel, sulle cose da vedere, sul cambio.

L’invito a Ferrara aveva lo scopo di…unire i puntini, come nel famoso gioco enigmistico, per vedere cosa ne saltava fuori. E la figura che ne è saltata fuori assomiglia in tutto e per tutto ad un bel punto di domanda. Le certezze si fermano sulla frontiera con la Romania. Poi è tutto un “vediamo coma va”. Gli amici rumeni che abbiamo incontrato a Ferrara, grazie all’associazione PortAmico ci hanno messo in guardia. “La strade non sono come da voi. Si viaggia lenti. Se trovi un carretto trainato da cavalli ti tocca accodarti per chilometri. E poi le regole cambiano di giorno in giorno…”. Si può passare il confine a Galati ed entrare in Ucraina dal sud? Ecco una domanda cui nessuno ha saputo darci una risposta. Secondo alcuni siti, anche quelli ufficiali del governo rumeno, pare che il traghetto sia riservato ai residenti. Su alcune mappe c’è pure una strada indicata. “Ah, sì l’ho vista anche io – ci ha assicurato uno degli amici rumeni che, tra l’altro, lavora proprio come autotrasportatore – ma è rimasta solo sulla mappa. Devono ancora costruirla!”

Hai capito? Da queste parti prima disegnano le strade sulle cartine e poi – se va bene – le costruiscono!


Ma è ancora più preoccupante il rovescio della medaglia: le cose cioè che non sono inserite nelle mappa ma che nella realtà dei fatti esistono. Volete un esempio? Alzi la mano chi conosce la Transnistria. Pochi scommetto. Neppure noi ne sospettavamo l’esistenza. E se il nome già vi pare inquietante, aspettate di leggere le poche notizie che abbiamo trovato su questo stato fantasma spulciando su siti come Peacereporter. “una sottile striscia di territorio moldavo che si estende tra la sponda est del fiume Dniester e il confine ucraino – si legge -. La Transnistria è “uno Stato fantasma. Ha una sua bandiera, un suo presidente, un suo governo, un suo parlamento, una sua moneta, un suo esercito, una sua polizia. Ma nessun paese al mondo ne riconosce l’esistenza”. Uno Stato dove la parola “democrazia” si scrive con la maiuscola, considerando che il presidente in carica vitalizia è stato eletto con ben il 103% dei voti validi. Miracoli della matematica! La Transnistria si è dichiarata indipendente nel ’91 tra il menefreghismo della comunità internazionale e l’incapacità di reazione della Moldova che non ha neppure un esercito vero e proprio (non per amore della pace, ma perché se lo sono venduto). La Transnistria rimane così l’unico Stato ex Urss ancora dichiaratamente leninista, tra sventolio di falci e martelli, e statue a Marx, Lenin e Stalin ma, avverte Peacereporter, “dietro la vernice rossa del veterocomunismo si nasconde il vero potere: la mafia russa, che ha trasformato questa repubblica in un paradiso del contrabbando di droga, petrolio, alcool, sigarette e soprattutto armi. Dalle vecchie fabbriche di Tiraspol, tutte di proprietà della Sherif, escono pistole Makarov, mitragliette Policeman, lanciamine Vasiliok, lanciagranate Gnom e Spg9, lanciarazzi anticarro Rpg7, razzi Bm 21 Grad, missili portatili Duga. E dio solo sa che fine hanno fatto i razzi Alazan con testata a isotopi radioattivi che fino a qualche anno fa erano piazzati all’aeroporto di Tiraspol o, peggio ancora, le enormi quantità di sostanze chimiche e radioattive un tempo stoccate nei locali magazzini militari dell’Armata Rossa”. Qualche ingenuo potrebbe domandarsi come la comunità internazionale possa tollerare l’esistenza di un tale “Stato Canaglia” senza che qualcuno proponga contro la Transnistria anche solo un centesimo delle sanzioni che ancora oggi continuano ad impoverire Cuba.
La risposta è semplice. La Transnistria è utile quanto, e forse anche più della Svizzera: in questa sottile strisci di terra distesa lungo il confine moldavo ucraino vengono a rifornirsi, come ad in un gigantesco “discount”, i dittatori, i servizi segreti più o meno deviati, le mafie e i gruppi terroristici di tutto il mondo. Anche la Transnistria ha un suo perché. Per noi della Gengis, che non siamo mafiosi e neppure in combutta con la Cia, questo staterello delle banane è meglio se ce lo evitiamo. Anche soltanto per non pagare visti e tangenti – che in queste frontiere sono la regola - a dittatori e mercanti d’armi. Non per niente tra i tanti loghi che a Ferrara ci siamo divertiti ad appiccicare sulla nostra auto, assieme a quelli della Silk Road Race, degli amici di NoBordersMagazine, di PortAmico e delle altre associazioni che ci accompagneranno idealmente lungo la nostra Via della Seta, c’è anche la bandiera arcobaleno della pace. Non è una concessione modaiola. Noi crediamo davvero che un altro mondo, un otro mundo per dirla con gli zapatisti, sia possibile. Un mondo senza mafie, dittatori e mercanti d’armi.

Riccardo B. – Gengis Khar Team
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La Gengis Khar si è vestita a festa!

La prima uscita della nostra mitica Ford Escort è stata questo sabato, quando Angelo e Paolo le hanno fatto scaldare i motori per raggiungere Ferrara. L'associazione PortAmico ci attendeva per una presentazione del viaggio e per donarci un contributo per il Cesvi. Inutile dire la la Gengis ha risposto alla perfezione a questa sua prima prova su strada e ha fatto cantare il motore come il proverbiale usignolo. A Ferrara, con il team riunito (quasi) al completo, ne abbiamo approfittato per "vestire" la nostra auto con i numerosi adesivi donati da sponsor, amici e organizzazione.
Diciamoci la verità: ci siamo divertiti un mondo! Per certa gente tutte le occasioni sono buone per ritornar bambini!
L'incontro con gli amici pakistani e rumeni di PortAmico ci è comunque stata molto utile per definire le tappe del viaggio, tutto improntato sulla più autentica filosofia del viaggiatore: andiamo là, e quando siam là vediamo che fare!






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E' arrivato il visto uzbeko!

Buone notizie per la ciurma. L'Uzbekistan ci ha concesso - finalmente - il visto per entrare nel suo territorio. Non è stato per niente facile. Proprio una settimana fa, i nostri documenti ci erano stati respinti  con la motivazione che non avevamo indicato con sufficiente chiarezza le nostre professioni. Ma era una giornata particolare. Quella mattinata, ci hanno raccontato, tutte dico tutte le richieste di visto arrivate in ambasciata sono state respinte al mittente. Si vede che il signor console si era alzato con la luna storta. Pazienza. Abbiamo rifatto tutto. Chi era giornalista, stavolta, ha scritto che era un "impiegato" (la premiata categoria dei contabile per mestiere non è ben vista da quelle parti) e, miracolo miracoloso, ci hanno detto di sì. La democratica repubblica dell'Uzbekistan è pronta ad accogliere la Gengis Khar e il suo equipaggio.
Ma non è mica finita qui, eh? Ci manca ancora il visto russo (arriverà in tempo?) e, in quanto a quello tajiko, ci abbian messo una croce su. Nel senso che ci siamo già rassegnati a salpare senza. Vedremo di arrangiarci a Tashkent, adesso che siamo sicuri di poter arrivare perlomeno sino a qua. Bisogna prenderla con filosofia e continuare ad avere fiducia sulla divina provvidenza. Qualche santo, alla fin fine, provvede sempre. E la Gengis, di santi,  ne deve avere uno tutto suo!


E già che siamo in tema, allego la mail di Angelo, che più di tutto il resto della ciurma, si è fatto in quattro (e magari anche in otto e in sedici) per tenere i collegamenti con l'ambasciata uzbeka.
"Ora che è tutto a posto posso confessare che ero un po in ansia per questo maledetto/benedetto visto uzbeko.
si vede che è prassi respingere le richieste al primo tentativo però...:
sabato i ragazzi di un altro team ci dicevano che a loro la prima volta è stata respinta la richiesta perchè hanno scritto:
ingresso il 10, uscita il 17, permanenza 8 giorni.
eh no cari ragazzi, dovevate scrivere 7 dico sette giorni non 8
tra lunedi e ieri avrò riguardato i nostri moduli almeno 100 volte per essere sicuro di aver scritto un 7, e invocato santi, dei, e peccatori di ogni religione perchè il console firmasse il visto.
mi ero gia fatto tante di quelle seghe mentali su quali scenari ci si sarebbero aperti nel caso non avessimo avuto il visto uzbeko...mi vedevo gia vagabondo tra il deserto kazako, senza meta, alla ricerca di un modo di aggirare il paese di samarcanda, o a passare la frontiera lanciando la gengis a 250 all'ora entrando clandestino in uzbekistan.
non succederà niente di tutto questo (forse),e la gengis sfreccerà lo stesso a più consone velocità sul suolo uzbeko
a presto
ciao
a"
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La Ciurma Ep.2

Sempre da NoBorders Magazine 
Tornano i temerari della Silk Road Race. Nella scorsa puntata Grazia e Riccardo ci hanno raccontato come affrontano questo viaggio. Questa volta è il turno di Angelo e Riccardo che si preparano in modi molto diversi. Oggi ci raccontano come.


Una giornata tra i pensieri di Angelo:

E’ un giorno qualunque; sveglia, colazione e al lavoro in bici. Fa caldo e allora ne approfitto per pedalare un po’. E’ un giorno qualunque, al lavoro non so cosa avrò da fare, non molto visto il periodo, ma tanto la testa è da tutt’altra parte. E’ un giorno qualunque ma manca un mese, solo 30 giorni e si parte. Eh già, la testa anche adesso che sto pedalando verso l’officina dove lavoro vaga libera verso il Tajikistan. Devo ancora fare la revisione all’auto ed un controllo, almeno a tutto quello che non sono in grado di fare io: olio del cambio, pastiglie dei freni, liquido del radiatore; devo anche andare a prendere la piastra da fissare in qualche modo sotto il motore. La radio fa un po’ di capricci ma sono sicuro che l’auto sarà a posto per la partenza. Comunque prima del 28 luglio avrò 15 giorni per guidarla e provarne le sensazioni . Piuttosto, chissà se i nostri passaporti oggi arriveranno. Li aspettiamo con ansia: dobbiamo ancora fare il visto per il Tajikistan e sembra facile ma non lo è per niente. Poi le magliette: finalmente le hanno spedite e oggi arriveranno e poi la grigliata happy hour con i nostri amici per festeggiare l’auto e il viaggio e raccogliere un po’ di beneficenza a favore del Cesvi. Devo anche chiamare chi sta stampando gli adesivi, sono ormai 10 giorni che doveva consegnarli. E poi, e poi… L’intesa con i miei compagni di viaggio cresce giorno dopo giorno, tra e-mail e telefonate per riferire, chiedere, pianificare, progettare cose che tanto poi andranno cambiate se non stravolte ma “chissenefrega”, il bello è anche quello di poter fare e disfare tutto o quasi fino a quando non saremo in auto la sera del 28 luglio e prenderemo la strada per l’Est. E’ appunto un giorno qualunque, come ieri e come domani, in cui da quando mi sveglio a quando vado a dormire ho in testa questo viaggio cominciato un anno fa e ormai in dirittura di partenza.
Angelo

L’approccio “atletico” di Riccardo:
Tra i miei vari “non lavori” il principale è quello di andare in posti del mondo improbabili, con mezzi di trasporto improbabili e con gruppi di persone sconosciute che però si aspettano molte cose da me. La preparazione e l’organizzazione preventiva del viaggio diviene dunque un momento fondamentale anche perché il più delle volte nemmeno io sono mai stato in quel paese improbabile… ma questa è la mia vera sfida, alzare l’asticella sempre più in alto e vedere fino a che punto so saltare. La prima cosa che ho detto ai miei compagni di viaggio è stata: ragazzi, io non faccio il capogruppo in questo viaggio (ho infatti conosciuto tutti i maschietti del gruppo in alcuni di questi paesi improbabili, avente funzione di far saltare l’asticella a me e a loro…). Per la prima volta dopo tanto tempo non mi sento responsabile delle mie scelte. Mi sto godendo questo limbo di incoscienza e spensieratezza. Delegando. Tu ti vuoi occupare di questo? Per me va bene. Tu invece di quest’altro? Benissimo!! Non ho ancora la minima idea dell’itinerario che effettueremo ne delle asticelle che dovremo superare. E’ anche vero che sono già stato in quasi tutti i paesi che attraverseremo ma in tempi ormai lontani e con altre modalità. Sono anche il “santone” dei Mattacchioni Volanti, l’unico del team ad appartenere a quella banda di strani personaggi. In quasi tutte le città dove dormiremo mi esibirò con lo spettacolo della levitazione, sono molto curioso, chissà come reagiranno i russi e gli ucraini considerando il tasso alcoolico delle lunghe serate estive. E i pastori della steppa Kazaka e Uzbeka. E gli integralisti Tagiki. Non posso dirvi molto di più ma per organizzare il “tour asiatico” dei Mattacchioni occorrono sforzi tecnici e logistici, ma anche qui, da buon paraculo, sto delegando, i miei collegi mattacchioni sono al lavoro per ottimizzare questa imprevista avventura e io sono la “star” che si sta riposando in vista degli impegni futuri!
Se mi sento in colpa? E perché dovrei? Manca un mese alla partenza e non voglio uscire da questo limbo, anzi ci si sta benissimo: per ora!!! Conoscendomi sono certo che fra un paio di settimane l’adrenalina inizierà a circolare copiosamente, pian piano mi renderò conto di quello che mi aspetta. Il battito cardiaco aumenterà, la lucidità avrà il sopravvento sull’emozione, inizierò la lunga rincorsa e finalmente spiccherò il volo per superare questa nuova splendida asticella.
Riccardo P.
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