Memoria, verdad y justicia
San Carlos de Bariloche, meglio conosciuta col solo nome di Bariloche, sorge sulle sponde del grande lago Nahuel Huapi, le cui limpide acque sono eternamente increspate dal gelido vento che scende dal massiccio andino del Tronador e del Cerro Central che circondano la città. Siamo nella regione della Patagonia nord occidentale d’Argentina, più precisamente nella lontana provincia del Rio Negro. Altre informazioni che ci regala Wikipedia è che Bariloche conta 110 mila abitanti, che fu fondata nei primissimi anni del ‘900 da migrati provenienti dalla Germania e dalla nostra Belluno, e che oggigiorno è una rinomata stazione di sport invernali.
Vocazione questa, che si respira in ogni angolo di strada, tra ristoranti di “comida tipica”, profumate cioccolaterie ed eleganti negozi di souvenir che, se non fosse per gli immancabili recipienti per fare il “mate”, potrebbero far pensare ad un viaggiatore distratto di essere capitato, chissà come, a Cortina d’Ampezzo.
Quello che Wikipedia non ti racconterà mai è perché quella statua col generale a cavallo, eretta nella piazza principale di Bariloche, proprio di fronte al municipio, sia perennemente insozzata con vernici e scritte offensive. Cosa che contrasta pesantemente con la meticolosa pulizia in puro stile germanico che regna in tutta la città. Il generale in questione infatti è quel tale Julio Argentino Roca che nel 1879 lasciò Buenos Aires forte di un esercito armato di modernissimi fucili a retrocarica Remington, gentile omaggio degli Stati Uniti d’America, e lo condusse a sud. L’obiettivo era quello di fare piazza pulita delle popolazioni originarie della Patagonia che, vai a capire il perché, si rifiutavano di accettare la “civiltà” dell’uomo bianco. La campagna militare si tradusse in un vero e proprio massacro delle popolazioni indigene mapuche, e passò alla storia col pomposo nome di “Conquista del deserto”. Ancora ai nostri giorni, la Conquista viene propagandata nei libri di testo delle scuole argentine come una gloria nazionale. Una di quelle faccende di cui ogni vero argentino dovrebbe andare fiero. Proprio come quella Mano de Dios con la quale Maradona castigò la squadra inglese ai mondiali di futbol, segnando, oltre al gol, anche una sorta di rivincita morale per lenire la figuraccia militare delle isole Falkland o, come le chiamano da questa parte dell’oceano, Malvinas.
I mapuche, che la “storia ufficiale” gli è toccato vederla dalla parte sbagliata, sono arrivati per primi ad una… lettura critica della Conquista del deserto. Lettura che nel caso della statua del generalissimo conquistatore a cavallo, si traduce con decise azioni volte ad imbrattarne il simbolo per rimarcare che le logiche perverse del nazionalismo si abbattono con “Memoria, verdad y justicia”. Frase questa, che abbiamo trovato dipinta nella pavimentazione della sopracitata piazza, proprio davanti ai musi bronzei del cavallo e del suo generale, condannati a leggerla in eterno.
Ed è proprio da qui, da Bariloche - città simbolo tanto della conquista spagnola che della rebedia mapuche - che sta per cominciare l’avventura nella Patagonia della carovana promossa da Ya Basta Edi Bese e diretta al Campamento Climatico "Pueblos contra el Terricidio” organizzato dal Movimiento de Mujeres Indigenas por el Buen Vivir. L’appuntamento sarà da venerdì 7 a domenica 10 febbraio, a Pillán Mahuiza, a 10 chilometri dal piccolo paese di Corcovado, che è stato teatro di una delle prime esperienze di “recupero” della terra ancestrale da parte delle comunità mapuche. Come? Di che “recupero” stiamo parlando? Qui di cose da raccontare ce ne sarebbero tante. E noi, nel corso di questa carovana in terra argentina, le racconteremo tutte. Per la memoria, per la verità e per la giustizia.