Esercito assente

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L'esistenza di nazioni i senza esercito è possibile. Il Costarica ne è un esempio
Ogni 15 settembre in Costarica è festa grande. In tutte le città, in tutti i villaggi, i ticos - così amano chiamarsi gli abitanti di questo Paese stretto tra due oceani - scendono per le strade per celebrare il “Día de la Independencia” con concerti, fuochi d’artificio, manifestazioni e parate. Un festa simile a quella che si tiene in tutti i Paesi del mondo per ricordare la nascita della repubblica o della costituzione. In Italia, la festa cade il 2 giugno e, davanti al Capo dello Stato, sfilano battaglioni di alpini, di bersaglieri e carri ramati, mentre nel cielo volano quelli aerei da guerra che chiamiamo Frecce Tricolori. In Costarica no. Il Costarica è una paese che nella sua Costituzione, entrata in vigore il 15 settembre del 1949, dopo una sanguinosa guerra civile contro la dittatura militare, ha rinunciato, formalmente e per sempre, di costituire un esercito nazionale. E così, quelli cui tocca sfilare per le coloratissime strade della capitale San José, tra le canzoni e gli “olè” della folla che getta fiori al loro cammino, non sono certo militari inquadrati nei ranghi ed armati di fucili ma - come sottolineano i ticos - i “veri eroi” del Paese: i bambini delle elementari, i loro maestri e gli infermieri.
Concetto ribadito anche da un manifesto che, qualche anno fa, aveva colorato i muri di San José, proprio in occasione del Día de la Independencia. Il poster era diviso in tre riquadri. Nel primo si leggeva “Nuestra Fuerza aérea” e sotto la foto di due stupendi pappagalli in volo. In quello di mezzo, “Nuestro ejército” con l’immagine delle enormi testuggini marine che presidiano una delle tante incantate spiagge del Paese. Terzo: “Nuestros Submarinos” davanti ad un gruppo di delfini che sorridono come sanno sorridere soltanto i delfini. "Da quando abbiamo deciso di abolire l'Esercito siamo diventati il paese più sicuro del Centro America - ha spiegato in un’intervista del 2013 a Presa Diretta l’allora presidente del Paese, Laura Chinchilla -. E’ difficile da comprendere ma ci siamo liberati dai colpi di Stato e dalle guerre civili perché non avendo esercito risolviamo tutte le questioni per via pacifica.... abolire l'esercito ci permettere di investire i soldi previsti per la difesa, in salute e in educazione”.

Settanta sei anni dopo l’approvazione della prima Costituzione dichiaratamente antimilitarista dell’umanità, la storia ha dato ragione al Padre della Patria, la cui eredità spirituale oggi viene rivendicata da tutti i partiti, compresi quelli di destra. Quel José María Hipólito Figueres Ferrer che da ragazzo era stato un ribelle della Legión del Caribe di Che Guevara, che aveva organizzato una Comune chiamata “Lucha sin fin” (lotta senza fine) per dare lavoro ai contadini poveri strangolati dalle multinazionali Usa, che aveva imbracciato il fucile per combattere i militari golpisti e che sognava un Paese neutrale, sganciato sia dall’orbita statunitense che da quella sovietica, capace di costruirsi un futuro disarmato: un futuro di pace, di democrazia e di solidarietà.

Come Ferrer aveva intuito, l'assenza di formazioni militari ha regalato al Costarica, negli anni a venire, una invidiabile stabilità politica, impensabile negli altri Paesi centroamericani dove i colpi di Stato si contano col pallottoliere.
La stabilità ha comportato un alto tasso di sviluppo umano. Il Costarica è l’unico Paese dell’America Centro e Meridionale a non avere una fenomeno di migrazione verso l’estero, ma al contrario, molti migranti entrano nel Paese alla ricerca di un lavoro. Le spese militari sono state dirottate nelle opere pubbliche, nella scuola, col risultato che il 95% della popolazione e alfabetizzato (un record in Centroamerica, paragonabile solo a Cuba), e nella sanità.
Anche la tutela dell’ambiente ha un capitolo importante nelle spese statali e il 27% del territorio è oggi soggetto a norme di conservazione.
Se si aggiunge che gli stipendi sono ben al di sopra della media dei Paesi confinanti e che il tasso di disoccupazione è il più basso della regione, si capisce come mai il Costarica si sia meritato la nomea di “Svizzera del Centro America”.

Certo, non bisogna pensare al Costarica solo come ad un paradiso in terra. Anche qui problemi non mancano. Come amava dire Oscar Arias Sanchez, premio nobel per la pace più volte eletto presidente del Paese,”La paz es un proceso que nunca termina”. La parità di genere, in questo Paese, ha un bel po’ di strada ancora da percorrere, l’aborto è considerato un omicidio, le varie chiese evangeliche, sul modello di quelle che in Brasile hanno portato Bolsonaro alla vittoria, influenzano sempre di più la società grazie a cospicui finanziamenti provenienti dagli Usa. E sempre dagli Usa, multinazionali del turismo, non di rado allacciate ai cartelli narcos, acquistano intere spiagge per devastarle con resort a cinque stelle e fanno eleggere politici compiacenti.

Eppure anche in Costarica, c’è chi resiste ed i movimenti ambientalisti locali sono tra i più influenti del Centroamerica. L’idea che si possa vivere in pace col mondo, senza muovere guerre, né difensive né offensive, in questi ultimi decenni si è radicata nel sentire comune. Anche in momenti di forte crisi internazionale, come l’invasione dei contras antisandinisti, negli anni ’80, i ticos hanno saputo reagire usando solo le armi della diplomazia, senza sanguinose, ed inutili, guerre.

Non è un caso che l’Onu abbia scelto proprio la capitale San José per istituire la sua Università per la Pace che ha lo scopo di “fornire all'umanità un'istituzione internazionale di istruzione superiore per la pace e allo scopo di promuovere tra tutti gli esseri umani lo spirito di comprensione, tolleranza e pacifica coesistenza”.
Perché “pace” non significa solo assenza di guerra ma, come si legge nel coloratissimo murale dipinto nel cuore dell’ateneo, anche diritto all’educazione, parità di genere, ambiente, garanzie sociali, democrazia e coscienza critica. Pace, come dicono da queste parti, è “pura vida”. Tra fare la guerra e fare la pace, è sempre meglio scegliere la vita.


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