In questa pagina ho riportato gli ultimi articoli che ho scritto per il quotidiano ambientalista Terra, il settimanale Carta, Manifesto, per siti come Global Project, FrontiereNews o siti di associazioni come In Comune con Bettin e altro ancora.

Nella giornata mondiale dell’Ambiente il Governo non vuole sentire parlare di ambiente. Lega e 5 Stelle bocciano la mozione sull’emergenza sostenuta da Fridays for Future

Al Governo del Cambiamento dell’ambiente non gliene frega niente. Lo sapevamo sin dall’inizio della legislatura. Ce lo ha confermato quel Patto di Governo che i cambiamenti climatici non si sogna neppure di menzionarli. Ma lo sapevamo anche prima. Tanto i 5 Stelle che la Lega - i due partiti populisti per eccellenza, fabbricatori di fake new in perenne e urlata campagna elettorale - non  hanno nulla a che spartire con concetti complicati come quelli relativi alla difesa dell’ambiente. Non hanno né la capacità né tantomeno l’obiettivo di farsi carico di scelte che li porterebbero ad intaccare un sistema economico che, soprattutto in Italia, non ha niente di verde. Scelte peraltro, che risulterebbero anche impopolari ai tanti italiani che non hanno nessuna intenzione di cambiare stile di vita. Anzi, è proprio sulla paura del cambiamento che questi partiti hanno costruito le loro fortune elettorali. La “colpa” è sempre e comunque dei migranti e non del clima. Giusto? Oppure delle zecche dei centri sociali che quando vanno in piazza “obbligano” la polizia a pestare a sangue un giornalista. Perché mai 5 Stelle e Lega dovrebbero mettere tutto in discussione? Solo per evitare quei cambiamenti climatici i cui effetti più drastici li vedremo tra una ventina d’anni, quando si sa che l’orizzonte di politici di mezza tacca come sono quelli che ci governano non va oltre le prossime consultazioni elettorali? 

La bocciatura in Senato della mozione per la dichiarazione dell’emergenza climatica in Italia, come è stato fatto in altri Paesi Europei, è solo una logica ed inevitabile conseguenza di tutto ciò. La Lega e il suo elettorato, ai cambiamenti climatici neppure ci crede. E’ gente che ha paura. E l’ignoranza è un rassicurante rifugio che ha il vantaggio di regalarti granitiche certezze. Fermiamo i barconi e l’invasione… Prima l’Italia… Ruspe… Cosa pretendete? Che comincino a ragionare sul fatto che sarebbe meglio cambiare l’economia e non il clima? 


I 5 Stelle sono ancora peggio. Sono stati allevati in un partito di proprietà di una azienda privata che si tramanda di padre in figlio e che chiamano “movimento”. E’ vero che hanno raccolto voti di alcuni disperatissimi attivisti di movimenti ambientali, ma solo perché quando si è in campagna elettorale promettere non costa niente. Soprattutto se sei uno di quelli o di quelle che hanno la faccia come il culo. Stop ai vaccini che contengono metalli pesanti. Via l’Italia dalla Nato. Sì all’euro, no all’euro. Basta con le scie chimiche e il signoraggio bancario… Ma davvero qualcuno sperava che avrebbero tradotto in pratica politica le loro sparate da maghi di Luna Park?

Il risultato è il Governo che abbiamo. E facciamo attenzione che la bocciatura alla mozione, arrivata per giunta nella Giornata Mondiale dell’Ambiente, avrebbe potuto tranquillamente essere un “sì” senza che questo causasse stravolgimenti all’azione del Governo. Il testo presentato dalla senatrice Loredana De Petris (LeU) e dal suo collega Andrea Ferrazzi (Pd), era poco più di un impegno generico ad intraprendere qualche azione a difesa del clima. Niente di che… al massimo una dichiarazioni di buone intenzioni per “accontentare” i giovani e le giovani di Fridays for Future che si sono mobilitati con tanto impegno nei venerdì per il clima. Non c’era nessuna possibilità - per dirla come va detta - che la mozione potesse costringere il Governo a tagliare un solo euro di quei 19 miliardi di sussidi alle fonti fossili che continuiamo a sborsare alla faccia degli accordi di Parigi. Tanto per citare una voce di bilancio che, se davvero abbiamo cuore l’ambiente, bisognerebbe buttare fuori dalla finanziaria come le grandi navi dalla laguna. 

Perché allora il Senato non l’ha approvata? Perché la Lega non ha voluto perdere l’occasione di usare la bocciatura come una mazzuola per dare ancora in testa ai 5 Stelle. L’ambiente è un hashtag ancora adoperato dai grillini, anche se - tu vai a capire il perché - alle manifestazioni per l’ambiente non si fanno più vedere. I leghisti, dal canto loro, ne preferiscono altri: #sicurezza, #pistolepertutti, #stopinvasione… Allora cosa è successo allora? E’ successo semplicemente che il ministro Matteo Salvini ha voluto ricordare per l’ennesima volta al collega Luigi Di Maio chi comanda e chi detta l’agenda. E nell’agenda del Governo la parola ambiente devono ancora scriverla e mai la scriveranno. Dopo la scoppola elettorale, l’unico obiettivo dei 5 Stelle oramai è salvare la poltrona sino alla fine della legislatura. Tutto qua. Da “uno vale uno” a “mutismo e rassegnazione”, come si diceva una volta alle “burbe” in caserma. 

“Si vede che nessuno di quelli che ha votato contro ha dei figli. Si vede che nessuno del Governo vive in Italia, dove la temperatura media è aumentata non di 1,1 gradi come la media globale ma di 1,58 gradi. Si vede che nessuno di loro pensa di essere ancora vivo nel 2030”. Così hanno amaramente commentato sul loro profilo Instagram le ragazze e i ragazzi di Fridays for Future che non hanno preso bene la bocciatura della “loro” mozione. 


Così come non hanno preso bene l’approvazione del testo alternativa avanzato dei 5 Stelle che l’emergenza climatica non la menziona neppure e parla genericamente di, pensate un po’!, “promuovere campagne di sensibilizzazione e informazione rivolte ai cittadini in sinergia con gli enti locali”. Non hanno preso bene neppure il fatto che Di Maio, tutto contento, abbia fatto passare tutto questo come una sua grande vittoria diplomatica nei confronti di quegli insensibili della Lega. Ma già, cosa dicevamo delle facce dei nostri eletti al Parlamento? 

“Via le Grandi Navi dalla laguna!” La Venezia viva in assemblea al Sale lancia la manifestazione di sabato 8 giugno

L’incidente in banchina dell’Msc Opera ha avuto quanto meno l’effetto di risvegliare le coscienze. Intendiamo, risvegliare le coscienze di chi ce l’ha, una coscienza. Al mutismo delle compagnie ed al “bla bla” della politica che semplicemente non conosce il problema a fondo e farà di tutto per non trovare una soluzione che scontenti le potentissime compagnie di crociera - che si sono vantate di un fatturato in crescita che ha toccato lo scorso anno 14 miliardi di euro - va contrapposto l’indignata reazione della Venezia viva. Quale che non si rassegna a posporre diritti, salute, ambiente e democrazia nel suo territorio alle logiche di fatturato in banca delle multinazionali crocieristiche.

L’assemblea dei No Navi, svoltasi ieri pomeriggio ai Magazzini del Sale è stata premiata da una partecipazione straordinaria - almeno 150 persone - e lascia ben sperare per la riuscita ella manifestazione che è stata lanciata per sabato prossimo, 16 giugno, con ritrovo alle Zattere alle ore 16.

Tanta gente, dicevamo, e un ospite d’eccezione. I lavori sono stati aperti da Laura Zuniga Caceres, una delle figlie dell’attivista honduregna Berta, fondatrice dell’organizzazione Copinh attraverso la quale le popolazioni indigene del paese Centroamerica hanno lottato contro la realizzazione di una diga sul Río Gualcarque progettata dalla multinazionale Desa. Berta è stata assassinata il 2 marzo del 2016. Tra i mandanti, un manager e un responsabile della sicurezza della Desa e due alti militari dell’esercito dell’Honduras.


“Noi combattiamo ogni giorno contro l’estrattivismo, voi a Venezia contro la turistificazione di massa - ha spiegato ‘Laurita’ all’assemblea - ma la lotta è una sola: quella contro la stessa logica predatoria di chi trasforma diritti e ambiente in merce per ricavarne profitto”.

Il dibattito è stato aperto dagli interventi dei portavoce dei Noi Grandi Navi, di Quartieri in Movimento e di Fridays for Future.

Applicare sin da subito il decreto Clini Passera che vieta l’entrata in laguna delle navi con stazza superiore alle 40 mila tonnellate, è la soluzione del problema secondo l’assemblea. Una soluzione già pronta che non ha costi e non prevede scavi o altre Grandi Opere in laguna.

Chi parla di scavare il Vittorio Emanuele non sa quello che dice. Oppure butta acqua sul fuoco per lasciare tutto come sta. Oltre allo scavo del Vittorio Emanuele infatti, sarebbe necessario ampliare il canale dei petroli per consentire alle Grandi Navi di transitare con le petroliere. Una “soluzione” vietata dalla legge speciale per Venezia e dalla normativa Seveso per prevenire gli incidenti industriali. Il tutto, per portare questi condomini galleggianti sempre nella banchina già “incidentata” di San Basilio oppure su un nuovo scalo a Porto Marghera che aggiungerebbe ulteriore inquinamento in un’area già sufficientemente inquinata e ulteriore rischio in una zona già sufficientemente a rischio. “Riuscite ad immaginare una grande nave in avaria in un’area riempita di impianti pericolosi come Porto Marghera?”, si chiede preoccupato il presidente della municipalità, Gianfranco Bettin.

Non sono queste le ”soluzioni” che vogliono i veneziani e tutti coloro che hanno a cuore la laguna. “Le Grandi Navi devono starsene fuori - ha sottolineato Marta di Fridays for Future -. Sono pericolose per la città, per la laguna, per l’Adriatico e pure da tutti gli oceani del mondo. Sono un emblema perfetto di quel profitto predatorio che inquina sia l’ambiente che la stessa democrazia. Le Grandi navi sono incompatibili con la lotta ai cambiamenti climatici”.

L’incidente in banchina dell’Msc Opera, abbiamo scritto in apertura, ha avuto quanto meno l’effetto di risvegliare le coscienze. E non solo degli italiani. Parliamo delle coscienze del mondo (perché Venezia appartiene al mondo). Quel grattacielo galleggiante che ciondolava senza controllo nel canale della Giudecca sfracellando le fragili imbarcazioni che incontrava, è un emblema perfetto della deriva pericolosa di un capitalismo diventato troppo grande e insostenibile per la nostra terra. Questa immagina ha toccato profondamente la nostra anima perché tutti noi, anche chi dice che ai cambiamenti climatici non crede, sappiamo bene che un pianeta B non ce l’abbiamo.

Oggi Venezia e le scelte che faremo per difenderla, sono sotto gli occhi del mondo intero. Una ottima occasione per dare, una vota tanto, il buon esempio e buttare questi mostri devastanti e i loro profitti miliardari fuori della laguna. Fuori dal pianeta.

#FacciamoCausa. I movimenti ambientalisti denunciano lo Stato Italiano per immobilità nell’affrontare i cambiamenti climatici

La prima “causa climatica” arriva nei tribunali italiani. L’iniziativa è stata lanciata oggi, alle ore 12,30, in occasione della giornata mondiale dedicata all’ambiente.
“Chiediamo ai giudici di condannare lo Stato Italiano per la violazione del diritto umano al clima – si legge nel comunicato di presentazione dell’iniziativa -. Il livello della minaccia rappresentata dagli stravolgimenti climatici e la debolezza delle misure messe in atto dagli Stati destano una crescente preoccupazione nell’opinione pubblica, che si organizza attraverso mobilitazioni sempre più intense a livello internazionale. Il movimento per la giustizia climatica rappresenta oggi uno dei fenomeni più rilevanti sulla scena internazionale, denunciando senza sosta l’immobilismo dei poteri pubblici nella protezione dei diritti umani connessi al clima”. A questo link potete trovare il testo integrale del comunicato. “Da questo punto di vista -continua il testo-, l’Italia non fa eccezione. Il nostro Paese ha obiettivi di riduzione delle emissioni scarsamente ambiziosi e non in linea con le raccomandazioni espresse dalla comunità scientifica per centrare l’obiettivo di contenere il riscaldamento globale entro la soglia prudenziale dei +1,5 centigradi”.
Non sarà la prima “causa ambientale” al mondo. In ben 25 Paesi, la società civile è riuscita a portare alla sbarra lo Stato. E con lo Stato, le imprese e i progetti con un forte impatto sul clima. Alcuni contenziosi sono ancora in atto. Ma in Olanda, gli ambientalisti hanno visto la causa nei primi due gradi di giudizio e hanno imposto al Governo di rivedere i suoi piani.
L’iniziativa legale, che partirà in autunno col deposito dell’atto di citazione, e la campagna a suo sostegno, chiamata “Giudizio universale” sono state lanciate da una lunga lista di associazioni, movimenti, comitati ambientalisti e siti che si occupano di ecologia di tutta la Penisola, tra i quali EcoMagazine.
Per aderire, contribuire, o per essere inseriti nella mailing list informativa, collegatevi al sito Giudizio Universale. L’hastag ufficiale sarà #FacciamoCausa.
“La campagna è patrimonio di tutte le organizzazioni e i movimenti sociali impegnate in questi mesi contro i cambiamenti climatici – spiegano i portavoce di A Sud-, e vuole essere un ulteriore strumento di pressione per il nostro governo in vista della prossima Conferenza Mondiale sul Clima, in Cile”. 
Contatti.    Mail: stampa@giudiziouniversale.eu    Tel: 348 686 1204

Pericolo Grandi navi, Venezia non vuole trovare la soluzione

Venezia. Torna la possibilità di costruire un banchina a Marghera. Protestano gli ambientalisti: colossi del mare fuori dalla città

Domenica mattina, ore 8,35. La nave da crociera Msc Opera ha appena superato il bacino di San Marco e naviga alla velocità di 5,5 nodi nel mezzo del canale della Giudecca. E’ una delle «Grandi Navi» il cui devastante impatto sul delicato equilibrio lagunare è sempre stato denunciato dagli ambientalisti veneziani: una sorta di villaggio turistico galleggiante lungo 275 metri e con una stazza di 65mila tonnellate che da ferma inquina quanto 15.500 auto.
Tanto è vero che sotto il ponte di Rialto sono state misurate più polveri sottili che ai bordi di una autostrada a tre corsie. Giunta a ridosso alla banchina d’ormeggio a San Basilio, la nave dovrebbe rallentare ma così non accade. Secondo le prima indagini, la colpa sarebbe da imputarsi ad un non meglio definito «black out» del sistema di navigazione. Un evento che le compagnie di crociera avevano sempre giudicato «impossibile alla luce delle moderne tecnologia» ma che ha comunque causato altri abbordi come quello al porto di Genova. Fatto sta che la nave non riesce a fermare il suo abbrivio. Le cime da traino di sicurezza dei due rimorchiatori che la scortavano si spezzano.
L’Msc Opera continua la sua corsa e, seminando panico tra le persone che attendevano l’arrivo della nave, costrette a fuggire disordinatamente, va a schiantarsi tra la banchina del porto e una lunga lancia fluviale ormeggiata. La lancia viene fracassata, ma ha il merito di attenuare l’urto. Qualcuno finisce in acqua, quattro donne finiscono all’ospedale con contusioni e ferite di lieve entità. Il video dell’abbordo girato da un testimone che si trovava nella banchina d’ormeggio, finisce sulla rete e fa rapidamente il giro del mondo.

«UN DISASTRO ANNUNCIATO – ha dichiarato Tommaso Cacciari, portavoce del Comitato No Grandi Navi – che questi grattacieli galleggianti siano incompatibili con la laguna e che non possano navigare in canali che sono stati realizzati per gondole o barche a vela, lo diciamo da sei anni. La politica non ha fatto niente. E oggi abbiamo rischiato il morto. L’incidente ha dimostrato che non soltanto queste grandi navi inquinano l’atmosfera e devastano le fragile struttura palafitticola che sorregge la città, ma sono anche pericolose. È ora di buttarle fuori dalla laguna». Il comitato ha indetto una assemblea cittadina ai Magazzini del Sale, mercoledì alle 17,30, in cui si preparerà la mobilitazione di sabato prossimo alle ore 16 alle Zattere.
Intanto che il mondo si interroga su cosa sarebbe potuto succedere se l’Msc Opera avesse perso il controllo dieci minuti prima e avesse speronato Palazzo Ducale, la politica si è svegliata dal letargo. Soltanto che le «soluzioni» che propone sono, se possibile, peggiori del male. Tanto il sindaco di Venezia, Luigi Brugnaro, quanto la Regione e l’Autorità Portuale hanno colto la palla al balzo per rilanciare il progetto, più volte bocciato dalla commissione Via (ma questo a Venezia non vuol dire nulla perché anche il Mose era stato bocciato dalla commissione di impatto ambientale), di dirottare le grandi navi lungo il canale Vittorio Emanuele.
Una strada d’acqua che eviterebbe la «passerella» davanti al salotto buono di Venezia, il bacino di San Marco, dirottando il problema in terraferma, con la realizzazione di una banchina a Marghera. Soluzione per la quale si è espresso anche il vicepremier Matteo Salvini che non ha perso occasione di addossare tutta la colpa del mancato intervento ad un non espressamente citato “ministro dei 5 Stelle” che avrebbe messo il classico bastone sulle ruote al Governo del Cambiamento.

DI CHI SI TRATTA? Il primo indiziato è Danilo Toninelli, che il leader della Lega non ama di sicuro. Ma è più probabile che il «colpevole» sia Sergio Costa, ministro dell’Ambiente. Sono proprio gli studi messi a punto dai tecnici di questo ministero che hanno impedito che cominciassero i lavori per l’ampliamento del Vittorio Emanuele per farci passare le grandi navi. Scavi che comprometterebbero definitivamente quello che rimane del fragile equilibrio morfologico e idrogeologico della laguna, trasformandola in un braccio di mare aperto. Senza contare l’escavazione di milioni di metri cubi di fanghi pesantemente inquinati, considerando che il Vittorio Emanuele corre a ridosso della zona industriale di Porto Marghera.

SONO BEN ALTRE le soluzioni che chiedono gli ambientalisti. Su tutte, quella di tenere le navi ben lontane dalla laguna dirottandole verso altri porti oppure su un avamposto al largo collegato alla città da battelli navetta.

Intanto, per la prima volta dopo centinaia di anni, Venezia ha dovuto rinunciare alla sua festa della Sensa e alla regata nel canal della Giudecca che apriva la stagione del remo. Era la festa dello «sposalizio» col mare che portava alla città spezie, cultura e ricchezze. Ma oggi non c’è davvero niente per cui festeggiare.

Apre Sherwood, il festival a zero emissioni

Sarà un festival “plastic free” quello che si aprirà venerdì 7 giugno nell’oramai storica cornice del parcheggio nord dello stadio Euganeo di Padova. Convinti che “climate justice” non sia solo uno slogan da scandire nelle manifestazioni ma anche un qualcosa che deve entrare nelle vite e nelle scelte di tutti i giorni, le ragazze e i ragazzi dello Sherwood hanno deciso di intraprendere una decisa svolta verde, riducendo il più possibile l’impatto del festival per renderlo ambientalmente sostenibile. L’appuntamento più importante per i movimenti sociali e ambientali del nord Italia, che da vent’anni sposa musica, eventi, informazione e politica, quest’anno cambia decisamente “vestito” e rinuncia alla plastica ed agli inquinanti in nome della sostenibilità ambientale. Una scelta necessaria e indispensabile, perché, come gridano nelle piazze le ragazze e i ragazzi di Fridays For Future, “non abbiamo un pianeta B” ed anche la foresta di Robin Hood fa parte di questo pianeta Terra. “Noi dello Sherwood Festival crediamo che sia possibile produrre un festival Climate Positive – se legge nel sito sherwoodfestival -. Per l’edizione 2019 del Sherwood Festival abbiamo lavorato molto riducendo del 50% i nostri impatti climatici rispetto alle edizioni precedenti. Abbiamo eliminato la plastica dal festival, abbiamo scelto energia rinnovabile per i vostri decibel preferiti e vogliamo creare a Padova una nuova foresta di Sherwood!”


Tante le novità che ci aspettano. Ad eccezione dei tappi delle bottiglie che andranno conferiti negli appositi contenitori di raccolta, bicchieri, posate, piatti, cannucce e le bottiglie saranno tutti compostabili e andranno gettati nei bidoni dell’umido. “La plastica è il rifiuto che pesa di più sulla salute del mondo – si legge nel sito -: un enorme problema che provoca danni irreversibili. Per le sue conseguenze e per le sue dimensioni si può comparare al riscaldamento globale. Questo materiale impiega 450 anni per degradarsi e le microplastiche in cui si trasforma sono la minaccia più grave per la sopravvivenza dell’ecosistema marino.Questi frammenti vengono ingeriti dai pesci e poi da noi quando li mangiamo. Nel Mediterraneo le concentrazioni di microplastiche sono il 7% a livello globale. Negli oceani ogni anno vengono riversate 800 milioni di tonnellate di plastica, l’85% dei rifiuti marini. I dati ci dicono che se continueremo così entro il 2050 nei mari ci sarà più plastica che pesci. Per questi motivi allo Sherwood Festival non troverete plastica monouso”. Anche le cannucce che troverete negli stand, sono prodotte in PLA e compostabili.

Gruppi di volontari, aiuteranno gli ospiti ad effettuare una corretta raccolta differenziata: umido, secco e carta. “Ma ridurre i nostri impatti ambientali non ci basta. Vogliamo restituire alla natura quello che ogni giorno lei ci dona. Vogliamo che ogni anno il Festival possa lasciare la città di Padova meglio di come l’ha trovata. Per questo vogliamo creare a Padova la Foresta di Sherwood. A ottobre 2019 pianteremo i nostri primi 100 alberi accuratamente selezionati per catturare CO2 e inquinanti come PM10. La Foresta di Sherwood crescerà vigorosa a poche centinaia di metri dall’area del Festival”.

Anche la luce che illuminerà le serate del festival sarà pulita, sostenibile, etica e rinnovabile. Sherwood ha scelto un fornitore di energia – ènostra – che garantisce tutto questo. I visitatori potranno diventare soci della cooperativa con uno sconto speciale del 5% sui servizi del primo anno. Qui trovi tutte le informazioni necessarie.

Per quanto riguarda la mobilità, il festival ha attivato unservizio di bus navetta gratuito che dal centro di Padova e dalla stazione dei treni raggiunge il Park Nord. Inoltre, continua la partnership con Busforfun, la start- up veneta che offre servizi di collegamento con i più importanti appuntamenti culturali in Italia e all’estero. Tutte le info su questa pagina.

Anche i cibi e le bevande che stanno servito negli stand – con poche eccezioni tra le quali la Coca Cola, su cui si conta di riuscire a fare a meno il prossimo anno – sono prodotti a chilometri zero, o quasi, e provengono da produttori biologici e certificati, come El Tamiso. Non troverete invece alimentari proveniente da Paesi che violano i diritti umani o da aziende che devastano l’ambiente e sfruttano i lavoratori.

Chi lo sa? Magari, quelli che ancora non ci credono, grazie allo Sherwood festival, scopriranno che si può bere e mangiare – e bene! – ugualmente, rispettando le risorse di quel pianeta che è l’unico che abbiamo.

Fridays for Future occupa il parlamento europeo

Un centinaio di ragazze e ragazzi di Fridays for Future si è sistemata con una ventina di tende, sacchi a pelo, bandiere verdi e striscioni all’interno della sede del parlamento europeo di Bruxelles. E’ la prima volta che questo accade in tutta la storia dell’Unione Europea. Ancora non si riesce a capèire come abbiamo fatto gli attivisti ambientalisti ad entrare un una sede protetta come quella dell’Assemblea. Una iniziativa che cade proprio dopo lo sciopero globale di venerdì 24 maggio che ha visto Fridays for Futur mobilitare milioni di giovani in tutto il mondo.
La delegazione di Fridays for Future che ha messo in atto la sconcertante iniziativa di Bruxelles è composta da ragazze e ragazzi di tutta Europa. Tra di loro, il 14enne italiano David Wicker, valsusino e, ovviamente, fervente attivista No Tav. “La scelta di occuopare la sede della massima istituzione dell’Unione Europea – ha spiegato David – è stata presa allo scopo di sensibilizzare l’opinione pubblica sul fatto che quello di prossima elezione sarà l’ultimo Parlamento che avrà la possibilità di imboccare una strada che può permetterci di tenere il riscaldamento globale al di sotto di un grado e mezzo”.

Una iniziativa simbolica, abbiamo scritto, ma non  soltanto simbolica. In questi giorni, i cittadini europei sono chiamati ad eleggere il nuovo parlamento. La partita che stiamo andando a giocare è essenzialmente quella tra sovranisti e ambientalisti. Tra chi vuole alzare muri e chi vuole abbatterli, tra chi continua a difendere una economia di devastazione e di rapina, e chi ha capito che questo modello di sviluppo non è più sostenibile ed è necessario invertire la rotta perché, come ripetono sempre le ragazze ed i ragazzi di FfF, siamo tutti abitanti di questa terra e “non abbiamo un pianeta B”. Il parlamento europeo che Fridays For Future chiede è un parlamento capace di indirizzare l’Europa verso questa nuova strada. La sola che permetterà all’umanità di sopravvivere in questo nostro pianeta violentato dal capitalismo.

I ciclisti del clima si preparano a saltare ancora in sella. Pronta la carovana Venezia Bruxelles

Neanche il tempo di scendere dalla sella che già comincia una nuova avventura. E la data è già stata segnata sul calendario: partenza sabato 26 ottobre, sempre da Venezia, arrivo a Bruxellesgiovedì 7 novembre. Tredici giorni, mille e trecento chilometri, sei nazioni: Italia, Austria, Svizzera, Germania, Francia e Belgio. Tutto ovviamente a “zero emissioni”. Come dire: in bicicletta. “Un mezzo che abbiamo imparato può essere usato per fare cose che potrebbero sembrare impossibili” ha sottolineato Daniele Pernigotti, portavoce di RideWithUs, in occasione della presentazione del tour ciclistico svoltasi ieri sera al cso Rivolta di Marghera. Cose che potrebbero sembrare impossibili ma cha alla fine, grazie all’impegno e alla buona volontà di tutti, diventano realizzabili. Esattamente come la lotta ai cambiamenti climatici. Una battaglia che può essere vinta solo se tutti… saliamo in bicicletta e prendendo la strada di un consumo più responsabile e sostenibile.


La serata organizzata da RideWithUs è stato anche il momento per festeggiare la carovana di ciclisti che da Venezia è arrivata a Roma per partecipare alla grande manifestazione per la Giustizia Climatica del 23 marzo. Molti di loro sono già pronti a saltare ancora in sella alle loro bici per questa nuova avventura su due ruote. Avventura che, come nelle note di RideWithUs, si svolgerà in contemporanea con la Cop del clima, in programma a Santiago del Cile. Lo scopo dell’iniziativa è appunto quello di portare al nuovo parlamento europeo i patrocini e le lettere dei Comuni che hanno dato il loro patrocinio alla carovana e chiedere un maggior impegno nella lotta ai cambiamenti climatici. Una “bicicletta” questa in cui dobbiamo salire tutti perché, come è stato più volte ripetuto, non abbiamo un pianeta di riserva.

Per iscrivervi o per informazioni più dettagliate sulla carovana collegatevi al sito RideWithUs



Davide Pernigotti presenta RideWithUs Venezia – Bruxelles

Fridays For Future: la squallida operazione di chi gli ha rubato i social

48 mila follower, gli hanno fregato a Fridays For Future. L’intero bacino Facebook. Per non parlare del sito che faceva da punto di riferimento a tutti i ragazzi scesi in piazza in quell’indimenticabile venerdì 15 marzo. E non è tutto. Quello che è peggio è che hanno cercato di far passare una idea di movimento spaccato in due. Cosa che non è affatto, perché tutti i gruppi di tutte le piazze italiane hanno immediatamente risposto alla provocazione ribadendo l’unità del movimento per la giustizia climatica
Certo che per le ragazze ed i ragazzi di Fridays For Future è stato un brutto risveglio, quello della mattina dell’8 marzo, quando tutti gli admin e gli editor delle pagine Facebook si sono accorti di essere stati privati dei loro privilegi di acceso. Stesso discorso per il sito, www.fridaysforfuture.it, i cui amministratori si sono trovati improvvisamente senza la possibilità di postare e di controllare i post. Cosa è successo? “E’ successo che le nostre pagine erano gestite in maniera amichevole, senza troppi controlli – spiega Gianfranco, uno dei responsabili per i contatti con la stampa di FFF -. Bastava chiedere e ti veniva concesso l’editor. Qualche tempo fa una persona di nome Luca Polidori ha chiesto l’accesso e, qualche giorno dopo, l’editor. Ingenuamente qualcuno di noi glielo ha concesso. Lo stesso è avvenuto per il sito. Forse noi siamo troppo in buona fede ma certo ci siamo rimasti male quando questa persona ha cancellato tutte le altre utenze e si autonominato unico gestore dei nostro mezzi di comunicazione”. 
Il colpo di mano non è stato accettato passivamente dal movimento dei venerdì per il clima. Tutte le piazze, nessuna esclusa, ha denunciato la squallida operazione che, alla fin fine, altro non è che un furto bello e buono, sia di utenti che di credibilità. Immediatamente sono stati aperti nuovi sociale un nuovo sito, ed è partita una denuncia alla polizia postale. Ma qualche giornale, come abbiamo detto, ha cercato di far leggere nell’operazione una spaccatura interna di Fridays For The Future che è un modo – così come i vergognosi attacchi a Greta e le fake new sulla sporcizia lasciata dai ragazzi dopo le manifestazioni – per cercare di depotenziare le mobilitazioni. Segno indiscutibile che cominciano a fare paura!
Ma chi è questo Luca Polidori? “Stiamo cercando di capirlo anche noi. Sappiamo che vive a Bruxelles e che avrebbe fondato un sedicente movimento ambientalista. Nessuno di noi lo conosce o lo ha mai visto prima. Ma tra i ‘Mi piace’ che ha rilasciato dalla sua pagina Facebook c’è quella a Matteo Salvini”. 
Attenzione quindi. Il sito www.fridaysforfuture.it e la pagina fb “Fridays For Future Italy”, perlomeno per ora, non sono più i canali ufficiali di Fridays For Future. Le attiviste e gli attivisti invitano a dare il “Like” e a seguire questi nuovi canali social: 
Facebook >>> fb.me/FridaysItalia

Da Venezia a Roma in bicicletta per dire No ai cambiamenti climatici

Ci sono circa 600 chilometro tra Venezia e Roma. Chilometri che si possono percorrere in auto, in treno o in aeroplano con un costo ambientale in termini di emissioni di gas climalteranti più o meno elevato a seconda della scelta. Ma sono 600 chilometri che possono essere percorsi anche a zero emissioni. Come? Con una bicicletta! Certo, una soluzione che non è da tutti e per la quale è necessario, come si dice, “avere le gambe giuste”. Ma i ciclisti di RideWithUs le “gambe giuste” ce le hanno e lo hanno dimostrato in questi ultimi anni raggiungendo, sempre partendo da Venezia, le sedi delle varie Cop, le conferenze per il clima, che si sono svolte a Parigi, Bonn e, ultima impresa, Katowice, in Polonia. Un modo come un’altro per ribadire che si può viaggiare, vivere e pure divertirsi anche lasciando i combustibili fossili là dove devono essere lasciati, se vogliamo contenere il riscaldamento globale nei limiti previsti dall’accordo sul clima: sottoterra. Domenica 17 marzo, i nostri ciclisti si lanceranno in un’altra impresa, sempre in sella alle loro biciclette, che hanno chiamato The Climate Ride: raggiungere Roma per partecipare alla grande manifestazione per la Giustizia Climatica che si svolgerà nella Capitale sabato 23. Sarà un viaggio lungo 6 tappe che toccheranno, in ordine, Ferrara, Ravenna, Pieve Santo Stefano, Perugia, Terni e, infine, Roma. Un viaggio per sensibilizzare l’opinione pubblica ma anche per incontrare le associazioni, i comitati, le cittadine e i cittadini che, nel loro territorio, si battono per la difesa dei beni comuni, dell’ambiente, per l’utilizzo delle rinnovabili e per una economia solidale e sostenibile. In altre parole, per quella che i movimenti che hanno indetto la mobilitazione del 23 marzo, hanno scelto di chiamare Giustizia Climatica.

Sarà un viaggio per fare rete tra movimenti ma sarà soprattutto un viaggio per raccogliere storie. Che è poi la motivazione più forte che spinge i veri viaggiatori ad uscire di casa. Storie di resistenze alla mercificazione del territorio e allo sfruttamento indiscriminato. Storie che, noi che accompagneremo la carovana lungo tutto il suo percorso, racconteremo nel sito EcoMagazine.

E con i movimenti che agiscono nel territorio, i ciclisti di The Climate Ride incontreranno - se accetteranno il confronto! - anche le amministrazioni locali che sono il primo punto di riferimento dei cittadini per una democrazia come la vorremmo, dal basso e partecipata. Ai sindaci dei Comuni, RideWithUs chiederà una lettera di intenti e il patrocinio per un’altra biciciclettata già programmata il prossimo ottobre, quando risaliranno sulle loro due ruote per pedalare da Venezia a Bruxelles, con tappe a Strasburgo e Maastricht, per chiedere al nuovo parlamento europeo di affrontare la questione dei cambiamenti climatici con quella decisione che, sino ad ora, è rimasta tutta nelle dichiarazioni di intenti.

Ma questo è un altro viaggio e un’altra storia. Ora tocca affrontare i 600 chilometri che separano la laguna dalla Capitale. Bisogna oliare bene gli ingranaggi del cambio. Si parte domenica 17 alle 7,45 di mattina. L’appuntamento è davanti al municipio di Marghera dove il presidente della municipalità, lo scrittore Gianfranco Bettin, verrà ad augurarci il buon viaggio.

Venerì 15 marzo: sciopero mondiale per il clima

“Skolstrejk för klimatet”. E’ cominciato tutto con un cartello in lingua svedese dove c’era scritto “sciopero della scuola per il clima” . Lo teneva in mano una ragazzina dalle trecce bionde affetta da sindrome di Asperger: Greta Thunberg. Ogni venerdì mattina, Greta andava a sedersi col suo cartello davanti al Riksdag, il parlamento svedese. All’inizio, non se la filava nessuno ma Greta non ha mai mollato. I suoi interventi alla Cop 24 e al vertice di Davos, l’hanno fatta diventare un fenomeno mediatico mondiale, preso come esempio dagli studenti di tutta la terra. Fridays For Future è diventata una protesta globale che, grazia anche al suo carattere di urgenza – solo 10 anni di tempo per riportarci nei limiti di riscaldamento previsti dagli accordi sul clima – e inevitabilità – l’umanità non ha alternative perché un pianeta di riserva proprio non ce l’abbiamo -, è riuscita a rilanciare una movimentazione come non ne avevamo mai viste al mondo. 

Una movimentazione che è riuscita – e pure questa è una novità – a portare su una sola piattaforma chiamata Giustizia Climatica, rivendicazioni sociali, ambientalismo, azioni contro i cambiamenti climatici, beni comuni, tutela dei diritti umani, pacifismo contro tutte le guerre, transfemminismo, lotta contro lo sfruttamento dei Paesi poveri. Quel cartello con scritto “Skolstrejk för klimatet” apriva le porte ad una strada che porta inevitabilmente alla liberazione dalla schiavitù di un modello di sviluppo economico e di gabbie sociali fondate sul capitalismo.
Una strada che va percorsa con decisione, senza paura di azioni anche drastiche, proprio perché, come ci spiega Greta, quando hai la casa in fiamme non hai altro da fare che prendere l’estintore e lottare per spegnere l’incendio. L’estintore, nel nostro caso, si chiama Fridays For Future, e a tenerlo in mano, puntandolo dalla parte giusta, sono le ragazze ed i ragazzi di tutta la Terra che domani scenderanno in piazza per il primo sciopero climatico globale
Non resta altro da fare che andargli dietro, partecipando e diffondendo la protesta. Qui, trovate la vostra piazza
Questi gli appuntamenti per il nordest, con la relativa pagina Facebook
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