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La grande sfida della settimana scorsa era: finirà prima Macchianera di pubblicare le liste dei massoni, o Leonardo a pubblcare i motivi-per-cui-non-ha-i-commenti? Non c'è stata gara, ovviamente.

Ma perché, perché, Leonardo non ha i commenti?

#21. Il Griso
L’altro giorno Il Griso era triste e non sapeva di cosa parlare, così è andato a spulciare Indymedia.

Insomma, per farla breve, quando nelle lunghe sere d'inverno mi rannicchio accanto al fuoco e preferisco evitare di uscire alla caccia di miei simili che la Natura, il cieco Fato, o qualche altra divinità beffarda ha colpito più crudelmente di me, mi vado a fare un giretto su Indymedia.
[…]
-Sì, ma andare a pescare nel newswire non vale! Perchè quello è open publishing, e c'è troppo open publishing in giro. Cioè, l'open publishing sarebbe la ricchezza della rete, però poi ci sono quelli che ne approfittano e pubblicano messaggi sessisti, o fascisti. Che poi magari non sono i fascisti che li pubblicano - comunque: l'ideale è che ciascuno coltivi il suo orticello virtuale e sia responsabile di quel che ci cresce, ecco.
A parte il fatto che è quello che dicevo già io un annetto fa (e non è colpa mia se voi alle cose ci arrivate sempre tardi e sempre col braccino corto)...


È una sensazione mia, è una paranoia mia, o qui il Griso (come sempre simpaticissimo) cercava di prendermi in giro?

Naturalmente bisogna accettare le frecciate, specie quelle simpaticissime, perché ti aiutano a crescere: probabilmente in questo caso mi si voleva rimproverare una certa incoerenza nel mio rapporto con l’open publishing, e un certo affanno nello spiegarmi in italiano. Mentre lui, lui un anno fa aveva già capito tutto. Capito cosa?

Sono andato a controllare. Un anno fa io ce l’avevo con quelli che cercano di dimostrare di essere intelligenti criticando i blog altrui, e cercavo di spiegare il perché. Ma probabilmente mi sono spiegato male, visto che il Griso non ha capito. Del resto in quel periodo lui era occupato a fare una simpaticissima predica a Hans Blix, che sosteneva che non ci fossero armi di distruzione di massa in Iraq, povero merlo.

In seguito c’è stata una discussione con Wittgenstein a proposito del newswire di Indymedia. Ecco, uno dei sintomi di decadenza del presente blog è che l’anno scorso polemizzavo con Wittgenstein, quest’anno col Griso. Non tanto perché W sia un giornalista di un certo successo e il Griso no: ma perché allora una polemica serviva a chiarire le proprie posizioni, e condividerle con altri: dopodiché ognuno era libero di restare sulla sua. Mentre ora ci punzecchiamo su cose arcinote.

Io dicevo che Indymedia non va confusa con i commenti sul newswire di Indymedia. La scorsa settimana ho ribadito: si rischia di confondere Internet con l’open publishing. Non mi pare di essermi contraddetto. Un anno fa, come oggi, io coltivavo il mio orticello virtuale. C’era solo una differenza, che a me sembrava piccola: ogni mio post in calce conteneva il link al forum. Siccome il forum tendeva a sviluppare una personalità tutta sua, io a un certo punto ho ritenuto che il rimando in calce fosse fuorviante, e l’ho tolto. Apriti cielo. Il Griso si è sentito censurato. Letteralmente: riaprici il tombino, che a noi piace sguazzare nel torbido. Notate che io non avevo chiuso un bel niente: avevo semplicemente economizzato un link.

Questa era la posizione a cui il Griso era “già arrivato” un anno fa: tutti hanno un loro giardino, dove gli altri (non lui) sono tenuti a lasciare aperti i tombini, perché al Griso piace sguazzare nel loro torbido (ma non nel suo). Il suo blog, naturalmente, non ha mai avuto né forum né commenti.

Io, invece, che da due anni cerco di trovare una soluzione per interagire coi lettori in maniera positiva (e non la trovo), se metto i commenti vengo accusato di aprire un tombino; se li tolgo vengo accusato di chiuderlo. Ma in maniera sempre simpaticissima, per fortuna.

Allora: un motivo molto importante per cui non tengo i commenti è perché in giro ci sono persone come il Griso, che hanno rispetto solo per il proprio orticello virtuale, e una curiosità ossessiva verso gli orticelli degli altri, a cui attingono ogni volta che si sentono soli e non hanno nulla da dire.

Il Griso continua dicendo che non ha intenzione di criticare Indymedia per i commenti, ma per “l’homepage”: vediamo cosa fa. Trova l’appello per Cesare Battisti, e manifesta il suo dissenso: perfetto, è quello a cui servono i blog.
Poi salta un bel po’ di robe interessanti. Un aggiornamento generale sui fatti di Genova, in cui si dice chi è sotto processo e chi no: se l’avesse studiato un po’, forse avrebbe capito perché molta gente continua ad avere sentimenti ostili verso le forze dell’ordine. E ancora: le acciaierie dell’Ilva; il petrolchimico di Marghera: tutti cose di cui il Griso non parla mai. È proprio sicuro di essere in un qualche modo ‘migliore’ di Indymedia? P2P, fecondazione assistita… il 31 gennaio è stata la giornata europea per la regolamentazione dei clandestini, il Griso lo sapeva? E delle manifestazioni dei bananieri in Nicaragua? No. E gli interessa qualcosa? No, pare che non gli interessi niente. Gli interessa soltanto di trovare qualcosa di cretino per poter sembrare, per contrasto, intelligente e simpaticissimo: e infatti la trova. In fondo alla pagina. La bellicosa dichiarazione di guerra di un gruppuscolo che termina col canonico “appendere un fascista non è reato”. Soltanto che il pezzo, abbondantemente citato dal Griso… è un commento. Cioè: prima aveva detto di non voler prendere di mira i commenti. Poi lo fa. È più forte di lui.

Il Griso vorrebbe tanto scoprire su Indymedia il brodo di cultura dell’eversione di sinistra. Ora, il guaio è che un brodo del genere c’è, come hanno dimostrato le perquisizioni di ieri. Ma non è una scoperta del Griso. È davanti a tutti noi, grazie a Indymedia. (Con l’avvertenza che un terrorista serio si guarderà bene da mettere le sue idee su uno strumento open publishing). Per questo IMC Italia continua a essere un sito molto più interessante del Griso, non me ne voglia. È libero e aperto al contributo di tutti, esclusi fascisti, razzisti e sessisti: una limitazione che molti blog a questo punto troveranno eccessiva. Su Indymedia assistiamo alla guerriglia quotidiana tra estremisti di destra e centri sociali; i migranti reclusi nei CPT; i processi che riguardano anche le forze dell’ordine. Indymedia fornisce un altoparlante a tanta gente che non ne ha: se qualcuno è tanto fesso da usarlo per autodenunciarsi, peggio per lui. Rimangono comunque testimonianze interessanti, anche quando non si condividono.

Il Griso, però, non pare troppo disponibile a interessarsi. Lui cerca solo il materiale per un altro pappappero. Lui fa la predica ai disobbedienti. Non sui commenti di Indymedia, per carità: qualche disobbediente potrebbe sentire. No, lui si chiude nel suo orticello virtuale e perfeziona le sue frecciatine, che piaceranno molto a chi la pensa esattamente come lui. Ecco a cosa servono i blog: non a dialogare, ma a ripeterci le cose che già sappiamo. Come le favole di mamma e papà.

(E dire, per esempio, che una cosa come il Noglobbal Speech Generator) era pure divertente: ma perché non la posti nel newswire? Così, solo per vedere l'effetto che fa. Credi che nessuno sappia apprezzare l'ironia? Credi che nell'ambiente tutti apprezzino le tirate dei disobbedienti?)

E io? Non sto facendo esattamente la stessa operazione del Griso? Non sto riempiendo un post con lui, come lui ne ha riempito uno con Indymedia? Probabilmente sì. Probabilmente dovrei farmi i fatti miei e lasciarlo nel suo brodo (non di eversione). Il fatto è che sono un po’ stanco.

Sì, sono stanco di queste frecciatine, che non aggiungono e tolgono più nulla a quanto ci siamo già detti e stradetti, e che mi sembrano un’insistente richiesta di attenzione. Ma continuare a dialogare col Griso significherebbe spiegargli cosa penso ultimamente di lui. E io non vorrei. Ma se insiste:


Omissis


Io, però, non avevo aperto un blog per giudicare le persone. Specie quelle che praticamente non conosco. E poi mi chiedi perché non ho i commenti. Ma se siamo a questi livelli forse vale la pena di chiudere il blog, altro che i commenti.

Questa faida da quattro soldi, temo, sarà la mia fine. Exit Leonardo, vecchio blog di periferia: una volta tutti gli pronosticavano un glorioso futuro, ma lui ha continuato a frequentare cattive compagnie e ad azzuffarsi per delle sciocchezze. Finché non l’hanno trovato disteso su un tombino, con un commento ficcato nello sterno. Ben gli sta.
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Risposta a Leonardo: non è che per non attaccare Indymedia - che pure qualche filtro lo potrebbe usare, e raccoglie quel che semina: quando Repubblica mise su un forum in cui qualsiasi grafomane frustrato era invitato a dire se Sofri era un assassino o no, io me la presi con Repubblica, e non misi a repentaglio la libertà di stampa - non si deve nemmeno parlare del fatto che ci sia gente così. Va bene fare spallucce e essere uomini di mondo, ma per me la cretineria a queste quote è una notizia. E non siamo tutti cretini uguali, no: c'è gente che non scrive cazzate, gente che non le pensa, gente che non mette su forum sicari, gente che non ne strilla i contenuti in home page, gente che non è senza peccato, ma ci sta attenta).

Saloon Indymedia

Risposta (un po’ tardiva) a Wittgenstein:
sicuramente non siamo tutti cretini uguali, ma da ogni parte ci sono cretini, e alla fine si tratta di scegliere quali cretini tollerare, e quali no.
Detto questo, io non difendo Indymedia perché è libertaria (discutibile) perché è il sito del movimento (discutibile), perché ha contenuti interessanti (qualche volta).
Io difendo Indymedia perché fa open publishing, e l’open publishing è internet, allo stato puro. E io adoro internet, adoro l’open publishing, adoro essere qui nella parte dello sfigato qualunque a discutere pubblicamente con un giornalista di fama nazionale, grazie a internet. E pazienza se il prezzo da pagare per la mia libertà di parola è il dilagare di forum rissosi e trucidi.

Se chiedessi un filtro per Indymedia lo dovrei chiedere anche ai gestori di blogspot, di splinder, e di tutti i concessori di server del mondo. Dovrei chiedere la chiusura di Internet al personale non autorizzato. Non posso farlo. Ho deciso che Internet mi va bene com’è: uno spazio libero nel bene e nel male, uno spazio ancora largamente ignorato dalla legge. Un far west, più che un’utopia.
Un far west popolato non soltanto da attivisti indomiti e selvaggi, ma per lo più da cretini. Per te è una notizia. Per me no, è una banalità. Il mondo è pieno di cretini, che progressivamente stanno scoprendo internet, quindi il fenomeno è destinato ad aumentare. La maggior parte di costoro non diventano più intelligenti grazie all’open publishing (ma una piccola parte sì). Se trovano un luogo di discussione (un saloon, per restare nella metafora), il loro primo impulso è entrare in cesso con un pennarello e scrivere parolacce sullo sciacquone. Perché? Misteri dell’uomo.

Dopo un po’ arriva un giornalista, saluta tutti, entra in bagno ed esce scandalizzato: sullo sciacquone qualcuno ha disegnato una stella di David! Ma che locale è mai questo? Ma non ci vergognamo?
A questo punto non c’è da sorprendersi se i tizi al bancone alzano le spalle. Perché, d’accordo, è un fatto spiacevole, ma qui non siamo in una redazione di un giornale o di un organo di partito: siamo mille miglia lontano. È giusto lamentarsi con Repubblica per un forum infelice: Repubblica è un quotidiano d’informazione e ha il dovere di proporre contenuti di qualità. Indymedia no. Nasce con altri scopi.
Poi, se proprio insistete che ci vogliono regole, beh, qualche regola effettivamente c’è. C’è un vecchio cartello che dice che i messaggi razzisti, sessisti e fascisti verranno occultati. Ma il problema è che il newswire si aggiorna in tempo reale (è utile soltanto per questo motivo). Per cui, se ci dite che avete trovato una brutta scritta sul muro, noi andiamo di là e la cancelliamo.
Se però quella scritta riappare cinque minuti dopo, e ricancellata ricompare una terza volta, è chiaro che non ci troviamo più di fronte a semplice cretineria. È il caso del messaggio “Annunziata non è neanche giudea” che hai citato tu: è stato cancellato e qualcuno l’ha rimesso, tre o quattro volte. Insomma, c’è qualcuno che gioca sporco. Come si addice a un far west, del resto.

Io credo che una democrazia matura non dovrebbe troppo preoccuparsi dal fenomeno delle scritte sui muri (anche perché chi scrive sui muri di solito non uccide nessuno). Il problema è che noi non viviamo in una democrazia matura, bensì in Italia, dove qualsiasi sfregio su un muro o su internet può tornare utile nel grande Gioco della Strumentalizzazione. Dove (per fare un esempio bastardo) in occasione della morte di Stalin il partitino dei nostalgici stalinisti (che affigge spesso i suoi proclami nel saloon di Indymedia, nell’ilarità generale) può ritrovarsi ospitato in prima serata su un programma televisivo serio, ed essere trattato dai moderatori con più condiscendenza di quanta di solito gli riservi la marmaglia del saloon. Come può succedere questo? Dabbenaggine dei conduttori? Non posso crederlo.
Credo piuttosto che un certo tipo di cretineria (non tutta la cretineria), un certo tipo di merda (non tutta la merda), faccia comodo a qualcuno. E a questo punto rispondo anche a Cesare, che scrive:

Se certi toni o un certo linguaggio fossero usati su un sito di destra non grideremmo tutti, istintivamente, all'antisemitismo, senza se e senza ma?

Caro Cesare, purtroppo no.
Se “certi toni e un certo linguaggio” fossero usati su un sito di destra, noi non ce ne accorgeremmo neppure. Solo la merda di sinistra fa notizia. Quella di destra no. Non ci credi?

Leggi un po’ qui:

Bah è giusto che quel tizio non dovrebbe stare in RAI, ma c'è anche da dire che dovrebbero buttare fuori il negro che dirige il TgR su rai 3 del Lazio...

Un ebreo come direttore della RAI, guarda caso. Sempre i posti meno importanti finiscono per occupare, quegli arrampicatori sociali...

Ancora mi chiedo come si può onorare Paolo Mieli, che è un Ebreo alla ricerca di notorietà, od onorare [Massimo] Fini, che è un Intellettuale con nessun fattore di spicco, tra l'altro di sinistra...

Meno Male che è uscito di scena.. un presidente ebreo, che prendeva così tanti soldi...ed ex sessantottino.. era impossibile pagare il canone.


Che cos’ho fatto? Niente di che. Sono andato in un sito di estrema destra (ce ne sono tanti) e ho pescato un po’ di frasi antisemite scritte sul forum nei giorni del caso Mieli. Naturalmente ho ignorato i messaggi sopra o sotto, dove altri attivisti prendevano le distanze, perché sono un furbetto.
Beh? Vi sembra uno scoop?
No, non credo. Adesso che ci pensate, vi rendete conto di aver sempre saputo che su internet ci sono anche contenuti antisemiti, neofascisti, neonazisti, ecc.. Ci sono perfino blog che fanno un po’ di propaganda revisionista.
È triste, sì, ma di solito nessuno si mette a spulciare queste cose.
Invece una stella di David su Indymedia finisce sui giornali e alla radio. Perché?
Perché Indymedia, evidentemente, dà più fastidio di tutti i siti d’estrema destra messi assieme. Ma a chi?
A me no.

Ora potrei decidere di fare così: per ogni sconcezza che trovate su Indymedia, pescarne una su un sito di estrema destra. Probablimente vincerei la partita, ma perderei la dignità.
Secondo me la battaglia per la qualità su Internet non si combatte così, ma portando nel saloon contenuti di qualità. È quello che di solito cerco di fare. Per cui mi scuso della polemica (mi scuso anche coi fascisti che ho disturbato mentre discutevano) e passo oltre. Grazie per l’attenzione (e sì, potevo anche rispondere un po' prima).
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Tante cose vorrei, che forse in un pezzo solo non ci stanno.
Vorrei che la gente non scrivesse svastiche sui muri, ma dal momento che non è facile evitarlo, vorrei che alla cosa non fosse data troppa importanza, quando ben altri sono i problemi.
Vorrei vivere in un Paese un più sereno, dove non si strumentalizzano anche le bombolette spray, dove non vige (come in Italia) la par condicio delle cazzate, per cui se un giornalista s’imbatte in un caso d’intolleranza dell’estrema destra, subito deve cercarne uno di estrema sinistra da rinfacciare.

Ma siccome vivo in questo Paese, vorrei almeno che quel giornalista non abbia a trovare la “cazzata d’estrema sinistra” proprio su Indymedia.
E riguardo a Indymedia, vorrei tante cose. Innanzitutto vorrei che gli utenti (o almeno i giornalisti) capissero la differenza tra la parte redazionale (spazio al centro) e il newswire libero (colonnia a sinistra).
La parte centrale è il lavoro di un collettivo di attivitsti dell'informazione indipendenti; la colonnina a sinistra è praticamente un forum dove chiunque, c h i u n q u e può scrivere quello che gli va e pubblicarlo, e chiunque può commentare. Perciò chi scrive non è necessariamente un “no global”: molti che lo frequentano sono dell’area dell’estrema destra (alcuni si firmano anche). C’è anche qualche poliziotto, ma non è chiaro se scriva nel suo tempo libero. E c’è anche gente in pieno delirio di psicofarmaci. Insomma, è riduttivo considerare Indymedia un sito del movimento.

Naturalmente, se avete un minimo d’esperienza dei forum di discussione su Internet, sapete che il risultato non può che essere una fogna a cielo aperto, dove non mancano i tesori, ma la puzza è forte: e infatti è così, anche se io vorrei tanto che fosse diverso.
Vorrei che la redazione d’Indymedia trovasse un filtro al sistema che fosse compatibile con le istanze libertarie del progetto (come sta succedendo in altri Paesi), ma dubito che un filtro del genere possa sussistere (in realtà qualcosa c'è, ma non sembra essere stata applicata); e comunque, non avendo il tempo e la forza d’animo di entrare nella redazione e fare proposte concrete, mi rassegno allo stato delle cose (è la famosa “democrazia di chi si fa il mazzo”). Vorrei che anche gli altri critici di Indymedia si comportassero così: forse il sito diventerebbe più abitabile.

Vorrei inoltre che i giornalisti smettessero di pescare scoop di serie c2 sul newswire, perché è troppo facile: e poi magari quei giornalisti criticoni sono gli stessi che lo saccheggiano a man bassa negli unici momenti in cui diventa davvero uno strumento utile (durante le manifestazioni ‘calde’: ultimo esempio, i blocchi dei treni).

Vorrei invitarvi a riflettere sul fatto che, in fin dei conti, il newswire non è altro che un piccolo spaccato di Internet: un posto dove tutti possono pubblicare informazioni anonime. Se non ci piace il newswire, se lo troviamo pericoloso, se chiediamo che qualcuno lo controlli, allora dovremmo pensare la stessa cosa di Internet: davvero è più pericolosa che utile? Davvero vorremmo un’autorità che la controlli?

E veniamo al caso di ieri: su Indymedia qualcuno (non si sa chi) pubblica un’immagine piuttosto infelice: un logo della rai con la bandiera israeliana e la scritta “RAI, Radio Televisione Israeliana”. Anche qui, tante cose vorrei capire:

Vorrei capire perché un’immagine insulsa, sulla sezione di un sito che è notoriamente una fogna a cielo aperto, deve diventare un caso nazionale: oggi ne parlano almeno due quotidiani (Libero e la Stampa), e pochi minuti fa ho sentito che ne accennava a Radio 24 anche il Presidente della Commissione di Vigilanza. (In realtà lo capisco benissimo: l’immagine capita a fagiolo per poter dire che anche l’estrema sinistra ha il suo lato antisemita).
Vorrei che non esistesse l’antisemitismo, né a destra né a sinistra, ma dal momento che purtroppo esiste, vorrei capire come si fa a definirlo con precisione. Perché io, anche sforzandomi, non riesco a trovare nessun contenuto antisemita nell’immagine in questione. O basta raffigurare la bandiera dello Stato d’Israele fuori contesto?

L’immagine, in realtà, è solo un attacco di cattivo gusto a Paolo Mieli, che fino a poche ore fa era candidato alla presidenza della Rai. Mieli, effettivamente, è di origine ebraica, come ho appreso due giorni fa: e vorrei potermelo dimenticare tra due giorni, perché mi sembra un dato inessenziale.
Infatti vorrei vivere in una società laica, dove le religioni, come i segni zodiacali, fossero un fatto privato che nessuno ha il diritto di chiederti in un colloquio di lavoro.

Ma siccome vivo in questa società, vorrei almeno che una svastica sul muro o un’immagine impertinente su indymedia fossero classificate per quello che sono: scemenze di privati cittadini. La prima è perseguibile per legge, la seconda no, ma ben altri sono i problemi di cui si dovrebbe parlare oggi.
Molto più che di due idioti con una bomboletta spray nera, io vorrei che la gente cominciasse a indignarsi per un Ministro della Repubblica che dichiara “vedo la mano dei nazisti rossi”.
Molto più che per una stella di David su Indymedia, vorrei che i cittadini trovassero il tempo d’indignarsi per le dichiarazioni del Presidente del Consiglio (che a rigore non dovrebbe interessarsi della faccenda, nemmeno se non esistesse un certo conflitto d'interessi), o per la campagna della Padania, che è l'organo di stampa di un partito al governo. Perché sono queste le "difficoltà tecniche" per cui Mieli ha rinunciato, non certo i piccoli sconci sui muri o su internet.

Vorrei che fosse chiaro che a questo punto anche la Rai è una fogna a cielo aperto, ma che ci è arrivata con uno spreco di risorse e intelligenze infinitamente superiore a Indymedia. E allora, se permettete, a questo punto io sto con Indymedia. Perché il PMLI e la D’Eusanio sono entrambi trash, ma la D’Eusanio la devo pure pagare di tasca mia.

Infine vorrei citare due blog che mi hanno anticipato sull’argomento: Gnueconomy (che condivido pienamente) e 4 Banalitäten (neanche un po’, ma è sempre un bel sito).

(E vorrei fosse chiaro: anche i blog, nel loro insieme, sono una fogna a cielo aperto. Perciò non posso avere due pesi e due misure).
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Questo banner è stato pubblicato su questo sito il 25 gennaio 2001 – nel suo primo giorno di vita.
Sono passati due anni: due anni in cui Internet ha consentito a me e a tanti altri come me di esprimere liberamente le proprie opinioni. In questo senso il banner è stato clamorosamente smentito: l’informazione online non aveva i giorni contati.

Nei mesi successivi, PeaceLink divenne un punto di riferimento per tutti i gestori di siti personali che si sentivano minacciati dalla nuova legge sull’editoria. Per un attimo sembrò che l’aggiornare periodicamente un sito Internet potesse essere considerato un atto di “stampa clandestina”. Poi il problema passò di moda, il che non significa che sia stato risolto. Cliccando sul banner troverete le f.a.q. pubblicate da PeaceLink il 13/4/2001: per quanto mi riguarda, rappresentano l’ultima parola sulla questione. (non la definitiva).

In questi due anni mi sono chiesto spesso quale sia la mia posizione nei confronti della legge. Sono giunto alla conclusione che non si tratta di una posizione molto chiara, né al momento mi conviene cercare di chiarirla.
Io credo che Internet, e le altre tecnologie di riproduzione digitale, abbiano messo in crisi alcuni rapporti economici e sociali che sono alla base della nostra legislazione: il copyright è il caso più eclatante. Due secoli fa l’introduzione del copyright fu una conquista importante per tutti gli individui creativi: artisti, scrittori, inventori. Oggi – almeno su Internet – si tratta di un balzello inutile e odioso, difeso da una vecchia casta di distributori sempre più lontani dalla realtà.

Un altro problema sono gli Stati Nazionali: su Internet non esistono (a parte la Cina). Ammesso che io abbia mai usato questo sito per diffamare qualcuno (e sono cose che possono succedere anche per sbaglio), quel qualcuno, per ottenere l’oscuramento del mio sito, dovrebbe denunciarmi presso un tribunale degli Stati Uniti, visto che il mio server è laggiù. Così, invece di preoccuparci della nostra legge sull’editoria, forse dovrei andare a ripassarmi il Primo Emendamento…

Questa sensazione di non essere del tutto in regola con la legge, anzi, di metterla in crisi, è condiviso più o meno da tutti i frequentatori del web. Che nella maggior parte dei casi la vivono con euforia. Che bello poter scrivere tutto ciò che si vuole. Che bello poter scaricare contenuti liberamente, leggere giornali e ascoltare musica gratis. Che bello vivere nel far west, dove nessuno ti dà fastidio (finché non pesti veramente i piedi a qualcuno).

È un’euforia che io non mi sento di condividere. Non trovo nulla di divertente nel fatto che Internet sia al di sopra della legge. È un fatto. Internet è libero? Non lo so. Ma senza dubbio è un ambiente pericoloso, proprio come il far west. Nessuno ti dà fastidio, finché badi ai fatti tuoi. Altrimenti può capitarti d’inciampare e impigliarti in un cappio al collo.

Certo, qui posso esprimere le mie opinioni e diffamare chi mi pare. Ma se qualcuno diffamasse me, sarei ancora così contento della mia libertà?
Certo, qui, sento parlare fino allo sfinimento di morte dal copyright, come se fosse una conquista sociale e non una semplice conseguenza dell’evoluzione tecnologica. Gli stessi che se ne fanno portabandiera, il più delle volte, vengono a chiedermi un contributo per poter continuare le loro campagne. Mi sembra di capire che l’alternativa al copyright è la pubblica carità: il che non mi sembra, con tutto il rispetto, una grande evoluzione.

E allora? Allora non so. Non ho risposte, ho solo la sensazione che la crisi sia molto più grande di quanto non ce la immaginiamo. Non credo che nessun legislatore sia maturo per regolamentare Internet, ma nemmeno credo che l’assenza delle leggi equivalga alla libertà.
Per lo meno: alla scuola elementare (statale) mi hanno insegnato che le leggi servono per tutelare i più deboli; e benché in seguito, crescendo, mi sia reso conto che nella pratica le cose non stanno esattamente così, tuttavia per quanto riguarda la teoria io resto fedele alla mia scuola elementare (statale).

Nel frattempo ho elaborato la seguente morale provvisoria:
se su Internet non c’è una legge che ci minaccia, non c’è nemmeno una legge che ci difende;
per questo motivo, noi deboli, dobbiamo imparare a difederci da soli. Tutti insieme, naturalmente.
In questo senso il banner di 2 anni fa ha torto: l’informazione online non ha i giorni contati. Però ha continuamente su di sé svariate spade di Damocle. Sta a noi, piccoli siti aggiornati saltuariamente, individuali o collettivi, la possibilità di allungare i giorni che ci rimangono. Ed è una lotta che va fatta giorno per giorno.

Nei mesi scorsi PeaceLink – probabilmente la più antica comunità d’opinione telematica italiana – è stata citata per danni da un consulente Nato, che ha chiesto 50.000 euro di risarcimento. Se, come me, avete ancora difficoltà a misurare in euro le grandi cifre, vi confermo che si tratta di poco meno di cento milioni di lire.
Cosa ha fatto PeaceLink? Ha copiato e incollato una petizione già pubblicata sul sito di Rifondazione Comunista. In calce alla petizione compariva anche la firma di questo consulente, che non ha gradito. Perché allora non ha citato per danni gli autori della petizione? Perché ha preferito prendersela con una piccola (ma fastidiosa) associazione telematica senza scopo di lucro? Secondo voi perché?

Se ci fosse una normativa che stabilisce chiaramente quali sono le responsabilità di chi copia e incolla un documento… già, ma non c’è. Nessuno, al momento, è in grado di stabilirla. Nel frattempo io non posso che confermare la mia solidarietà a Peacelink, e invito tutti i lettori e scrittori di siti senza scopo di lucro a fare lo stesso: oggi è Peacelink, domani potrebbe essere uno qualsiasi di noi.

Ps:
tanti auguri a me.
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