Masters of Pappappero
23-06-2009, 00:46Berlusconi, camillo, giornalisti, pappapperoPermalinkFare la Guerra al Terrore per salvare la faccia a un puttaniere
Tutto questo Rocca lo ha capito, mica è un coglione. Sa benissimo cosa comporta per noi italiani essere rappresentati da un pagliaccio affetto da satiriasi senile: significa dover pagare per lui, riconquistare uno straccio di onorabilità combattendo una guerra che non abbiamo mai capito e rinnegando le nostre stesse leggi. Tutto questo Rocca lo capisce e gli sta bene: perché? Perché l'importante è che si roda Lerner, o Serra, o Stille. L'Italia può perdere sovranità e prestigio – l'Italia può farsi fottere proprio – quel che interessa a Rocca è sciogliere all'urna un altro Pappappero. E vai così.
A questo punto, se ancora ritenete che la satiriasi berlusconesca sia un fatto privato e non politico, cosa posso dirvi. Niente di serio, senz'altro. Scelgo, giusto per non togliermi il vizio, di analizzare un temino di Christian Rocca.
Traccia: Sulla base delle vaghe parole ospitali pronunciate da Barack Obama nei suoi confronti (gli ha detto “my friend”, come la cassiera al supermercato) dimostrare che Berlusconi è un grande statista e un grande diplomatico, e non quel pagliaccio internazionale di cui parlano i fogliacci esteri.
Svolgimento:
Sono rimasti senza parole, tramortiti e addolorati, [...] Ma come è possibile? No, non può essere possibile. Non è vero. Non può essere vero. “Great to see you, my friend”, con sottolineatura sul “my friend”, più doppia pacca sulle spalle. [...]
Ma è impazzito? Gli ha pure chiesto consigli sulla Russia. A papi. E invece che le dieci domande dei segugi di Repubblica, gli ha rivolto tante belle parole e tanti ringraziamenti. Dice anche che sono amici e che i rapporti tra l’America e l’Italia sono migliorati. E poi quel devastante “il primo ministro Berlusconi mi piace personalmente” che decreta una volta per tutte la fine della triste pubblicistica italiota del “ci fa fare brutte figure all’estero”.
Ora immaginatevi le facce di Max D’Alema, quello che piaceva personalmente ad Hezbollah, o di Alexander Stille, o di uno qualsiasi di guardia nella caserma di largo Fochetti: una vita spesa a indignarsi per la cafonaggine del Cav., devastata dall’endorsement personale e politico del presidente super elegante e supercool che, come racconta chi ha partecipato all’incontro, ha capovolto i ruoli e ha fatto lui il Cav., mettendo a suo agio un serissimo Berlusconi...
Siamo ai due terzi del temino e l'analisi si è già fatta da sola. Non ci dice quasi niente su Berlusconi (del resto l'indomani il suo direttore, con un articolo che Rocca prontamente definirà “storico”, cambierà idea sull'argomento e darà inizio all'allegra fuga dei topolini dal bordello che affonda). Ci dice tutto su Rocca, studente che si applica, ma non riesce a liberarsi dai suoi complessi d'inferiorità nei confronti dei primi della classe: Stille, Lerner, Zucconi, Serra: ogni fatto di attualità è valutato nella misura in cui può indurre uno dei secchioni a “rodersi” ("I custodi della nostra moralità si aspettavano invece che il superfigo Obama alzasse il sopracciglio e liquidasse il bauscia, come in un’Amaca di Michele Serra. Leggetevi l’articolo di ieri del magnifico Vittorio Zucconi. Capirete quanto je rode"). Ma è una vecchia storia, che abbiamo scritto in tanti e tante volte: il Foglio è stato un blog prima dei blog: prima che rosicare diventasse abitudine condivisa, i ragazzi di Giuliano Ferrara ne avevano fatto un'arte. Dovendo sintetizzare l'opera omnia di Christian Rocca in una parola io opterei per “pappappero”.
Eppure nel finale del pezzo c'è qualcosa di davvero interessante.
Obama è un politico, non il garante dei lettori di Repubblica. Si occupa di cose serie, non di guardare dal buco della serratura chi si fa una doccia. Il Cav. gli ha fatto tre grandi favori, sul G20, sull’Afghanistan e su Guantanamo, cose su cui Francia, Germania e Gran Bretagna hanno invece storto il naso. Ed è per questo che è stato estremamente amichevole con il Cav. e freddino con gli altri tre (il mitologico Zapatero, invece, non se l’è ancora filato).
Traduco: Obama è un politico vero, uno che tratta su qualsiasi cosa; se Berlusconi aveva bisogno di venire da lui per dimostrare al mondo la sua statura di statista, non lo avrebbe fatto gratis. Obama non è uno che si accontenti di un giretto con l'automobilina da golf, o un'orgetta a Villa Certosa: no, è un politico, scuola di Chicago. L'italiano vuole fare bella figura? Va bene, ma mi dovrà un favore. Anzi due. No, guarda, tre.
Per esempio, aumenteremo il contingente in Afganistan. Da 2800 a 3200, e un paio di Tornado in più. Francia e Germania non faranno qualcosa di paragonabile, del resto Francia e Germania non devono lottare per migliorare l'immagine internazionale dei loro leader. Sarkozy dovrebbe mandar giù appena 150 gendarmi. Ma Sarkozy nessuno lo prende per un clown. Invece Berlusconi con 400 effettivi in più si è fatto chiamare “my friend”. Lo avete sentito tutti, no? Obama ha detto “my friend”. Valeva o no la pena? Che vuoi che siano 400 militari in più?
Per esempio, ospiteremo qualche reduce di Guantanamo, la prigione dove secondo Rocca si stava tanto bene. Non c'è, per la verità, nessuna legge italiana che ci consenta di trattenere persone senza una pronuncia della nostra magistratura. Persino Fini è un po' in imbarazzo, ma gli toccherà mandar giù anche stavolta, perché Berlusconi aveva un favore da chiedere e Obama è un politico, non fa i favori gratis.
Traccia: Sulla base delle vaghe parole ospitali pronunciate da Barack Obama nei suoi confronti (gli ha detto “my friend”, come la cassiera al supermercato) dimostrare che Berlusconi è un grande statista e un grande diplomatico, e non quel pagliaccio internazionale di cui parlano i fogliacci esteri.
Svolgimento:
Sono rimasti senza parole, tramortiti e addolorati, [...] Ma come è possibile? No, non può essere possibile. Non è vero. Non può essere vero. “Great to see you, my friend”, con sottolineatura sul “my friend”, più doppia pacca sulle spalle. [...]
Ma è impazzito? Gli ha pure chiesto consigli sulla Russia. A papi. E invece che le dieci domande dei segugi di Repubblica, gli ha rivolto tante belle parole e tanti ringraziamenti. Dice anche che sono amici e che i rapporti tra l’America e l’Italia sono migliorati. E poi quel devastante “il primo ministro Berlusconi mi piace personalmente” che decreta una volta per tutte la fine della triste pubblicistica italiota del “ci fa fare brutte figure all’estero”.
Ora immaginatevi le facce di Max D’Alema, quello che piaceva personalmente ad Hezbollah, o di Alexander Stille, o di uno qualsiasi di guardia nella caserma di largo Fochetti: una vita spesa a indignarsi per la cafonaggine del Cav., devastata dall’endorsement personale e politico del presidente super elegante e supercool che, come racconta chi ha partecipato all’incontro, ha capovolto i ruoli e ha fatto lui il Cav., mettendo a suo agio un serissimo Berlusconi...
Siamo ai due terzi del temino e l'analisi si è già fatta da sola. Non ci dice quasi niente su Berlusconi (del resto l'indomani il suo direttore, con un articolo che Rocca prontamente definirà “storico”, cambierà idea sull'argomento e darà inizio all'allegra fuga dei topolini dal bordello che affonda). Ci dice tutto su Rocca, studente che si applica, ma non riesce a liberarsi dai suoi complessi d'inferiorità nei confronti dei primi della classe: Stille, Lerner, Zucconi, Serra: ogni fatto di attualità è valutato nella misura in cui può indurre uno dei secchioni a “rodersi” ("I custodi della nostra moralità si aspettavano invece che il superfigo Obama alzasse il sopracciglio e liquidasse il bauscia, come in un’Amaca di Michele Serra. Leggetevi l’articolo di ieri del magnifico Vittorio Zucconi. Capirete quanto je rode"). Ma è una vecchia storia, che abbiamo scritto in tanti e tante volte: il Foglio è stato un blog prima dei blog: prima che rosicare diventasse abitudine condivisa, i ragazzi di Giuliano Ferrara ne avevano fatto un'arte. Dovendo sintetizzare l'opera omnia di Christian Rocca in una parola io opterei per “pappappero”.
Eppure nel finale del pezzo c'è qualcosa di davvero interessante.
Obama è un politico, non il garante dei lettori di Repubblica. Si occupa di cose serie, non di guardare dal buco della serratura chi si fa una doccia. Il Cav. gli ha fatto tre grandi favori, sul G20, sull’Afghanistan e su Guantanamo, cose su cui Francia, Germania e Gran Bretagna hanno invece storto il naso. Ed è per questo che è stato estremamente amichevole con il Cav. e freddino con gli altri tre (il mitologico Zapatero, invece, non se l’è ancora filato).
Traduco: Obama è un politico vero, uno che tratta su qualsiasi cosa; se Berlusconi aveva bisogno di venire da lui per dimostrare al mondo la sua statura di statista, non lo avrebbe fatto gratis. Obama non è uno che si accontenti di un giretto con l'automobilina da golf, o un'orgetta a Villa Certosa: no, è un politico, scuola di Chicago. L'italiano vuole fare bella figura? Va bene, ma mi dovrà un favore. Anzi due. No, guarda, tre.
Per esempio, aumenteremo il contingente in Afganistan. Da 2800 a 3200, e un paio di Tornado in più. Francia e Germania non faranno qualcosa di paragonabile, del resto Francia e Germania non devono lottare per migliorare l'immagine internazionale dei loro leader. Sarkozy dovrebbe mandar giù appena 150 gendarmi. Ma Sarkozy nessuno lo prende per un clown. Invece Berlusconi con 400 effettivi in più si è fatto chiamare “my friend”. Lo avete sentito tutti, no? Obama ha detto “my friend”. Valeva o no la pena? Che vuoi che siano 400 militari in più?
Per esempio, ospiteremo qualche reduce di Guantanamo, la prigione dove secondo Rocca si stava tanto bene. Non c'è, per la verità, nessuna legge italiana che ci consenta di trattenere persone senza una pronuncia della nostra magistratura. Persino Fini è un po' in imbarazzo, ma gli toccherà mandar giù anche stavolta, perché Berlusconi aveva un favore da chiedere e Obama è un politico, non fa i favori gratis.
Tutto questo Rocca lo ha capito, mica è un coglione. Sa benissimo cosa comporta per noi italiani essere rappresentati da un pagliaccio affetto da satiriasi senile: significa dover pagare per lui, riconquistare uno straccio di onorabilità combattendo una guerra che non abbiamo mai capito e rinnegando le nostre stesse leggi. Tutto questo Rocca lo capisce e gli sta bene: perché? Perché l'importante è che si roda Lerner, o Serra, o Stille. L'Italia può perdere sovranità e prestigio – l'Italia può farsi fottere proprio – quel che interessa a Rocca è sciogliere all'urna un altro Pappappero. E vai così.
Comments (19)
18-02-2004, 02:39blog, commenti, Far-Net, indymedia, neoconi, pappapperoPermalink
La grande sfida della settimana scorsa era: finirà prima Macchianera di pubblicare le liste dei massoni, o Leonardo a pubblcare i motivi-per-cui-non-ha-i-commenti? Non c'è stata gara, ovviamente.
Ma perché, perché, Leonardo non ha i commenti?
#21. Il Griso
L’altro giorno Il Griso era triste e non sapeva di cosa parlare, così è andato a spulciare Indymedia.
Insomma, per farla breve, quando nelle lunghe sere d'inverno mi rannicchio accanto al fuoco e preferisco evitare di uscire alla caccia di miei simili che la Natura, il cieco Fato, o qualche altra divinità beffarda ha colpito più crudelmente di me, mi vado a fare un giretto su Indymedia.
[…]
-Sì, ma andare a pescare nel newswire non vale! Perchè quello è open publishing, e c'è troppo open publishing in giro. Cioè, l'open publishing sarebbe la ricchezza della rete, però poi ci sono quelli che ne approfittano e pubblicano messaggi sessisti, o fascisti. Che poi magari non sono i fascisti che li pubblicano - comunque: l'ideale è che ciascuno coltivi il suo orticello virtuale e sia responsabile di quel che ci cresce, ecco.
A parte il fatto che è quello che dicevo già io un annetto fa (e non è colpa mia se voi alle cose ci arrivate sempre tardi e sempre col braccino corto)...
È una sensazione mia, è una paranoia mia, o qui il Griso (come sempre simpaticissimo) cercava di prendermi in giro?
Naturalmente bisogna accettare le frecciate, specie quelle simpaticissime, perché ti aiutano a crescere: probabilmente in questo caso mi si voleva rimproverare una certa incoerenza nel mio rapporto con l’open publishing, e un certo affanno nello spiegarmi in italiano. Mentre lui, lui un anno fa aveva già capito tutto. Capito cosa?
Sono andato a controllare. Un anno fa io ce l’avevo con quelli che cercano di dimostrare di essere intelligenti criticando i blog altrui, e cercavo di spiegare il perché. Ma probabilmente mi sono spiegato male, visto che il Griso non ha capito. Del resto in quel periodo lui era occupato a fare una simpaticissima predica a Hans Blix, che sosteneva che non ci fossero armi di distruzione di massa in Iraq, povero merlo.
In seguito c’è stata una discussione con Wittgenstein a proposito del newswire di Indymedia. Ecco, uno dei sintomi di decadenza del presente blog è che l’anno scorso polemizzavo con Wittgenstein, quest’anno col Griso. Non tanto perché W sia un giornalista di un certo successo e il Griso no: ma perché allora una polemica serviva a chiarire le proprie posizioni, e condividerle con altri: dopodiché ognuno era libero di restare sulla sua. Mentre ora ci punzecchiamo su cose arcinote.
Io dicevo che Indymedia non va confusa con i commenti sul newswire di Indymedia. La scorsa settimana ho ribadito: si rischia di confondere Internet con l’open publishing. Non mi pare di essermi contraddetto. Un anno fa, come oggi, io coltivavo il mio orticello virtuale. C’era solo una differenza, che a me sembrava piccola: ogni mio post in calce conteneva il link al forum. Siccome il forum tendeva a sviluppare una personalità tutta sua, io a un certo punto ho ritenuto che il rimando in calce fosse fuorviante, e l’ho tolto. Apriti cielo. Il Griso si è sentito censurato. Letteralmente: riaprici il tombino, che a noi piace sguazzare nel torbido. Notate che io non avevo chiuso un bel niente: avevo semplicemente economizzato un link.
Questa era la posizione a cui il Griso era “già arrivato” un anno fa: tutti hanno un loro giardino, dove gli altri (non lui) sono tenuti a lasciare aperti i tombini, perché al Griso piace sguazzare nel loro torbido (ma non nel suo). Il suo blog, naturalmente, non ha mai avuto né forum né commenti.
Io, invece, che da due anni cerco di trovare una soluzione per interagire coi lettori in maniera positiva (e non la trovo), se metto i commenti vengo accusato di aprire un tombino; se li tolgo vengo accusato di chiuderlo. Ma in maniera sempre simpaticissima, per fortuna.
Allora: un motivo molto importante per cui non tengo i commenti è perché in giro ci sono persone come il Griso, che hanno rispetto solo per il proprio orticello virtuale, e una curiosità ossessiva verso gli orticelli degli altri, a cui attingono ogni volta che si sentono soli e non hanno nulla da dire.
Il Griso continua dicendo che non ha intenzione di criticare Indymedia per i commenti, ma per “l’homepage”: vediamo cosa fa. Trova l’appello per Cesare Battisti, e manifesta il suo dissenso: perfetto, è quello a cui servono i blog.
Poi salta un bel po’ di robe interessanti. Un aggiornamento generale sui fatti di Genova, in cui si dice chi è sotto processo e chi no: se l’avesse studiato un po’, forse avrebbe capito perché molta gente continua ad avere sentimenti ostili verso le forze dell’ordine. E ancora: le acciaierie dell’Ilva; il petrolchimico di Marghera: tutti cose di cui il Griso non parla mai. È proprio sicuro di essere in un qualche modo ‘migliore’ di Indymedia? P2P, fecondazione assistita… il 31 gennaio è stata la giornata europea per la regolamentazione dei clandestini, il Griso lo sapeva? E delle manifestazioni dei bananieri in Nicaragua? No. E gli interessa qualcosa? No, pare che non gli interessi niente. Gli interessa soltanto di trovare qualcosa di cretino per poter sembrare, per contrasto, intelligente e simpaticissimo: e infatti la trova. In fondo alla pagina. La bellicosa dichiarazione di guerra di un gruppuscolo che termina col canonico “appendere un fascista non è reato”. Soltanto che il pezzo, abbondantemente citato dal Griso… è un commento. Cioè: prima aveva detto di non voler prendere di mira i commenti. Poi lo fa. È più forte di lui.
Il Griso vorrebbe tanto scoprire su Indymedia il brodo di cultura dell’eversione di sinistra. Ora, il guaio è che un brodo del genere c’è, come hanno dimostrato le perquisizioni di ieri. Ma non è una scoperta del Griso. È davanti a tutti noi, grazie a Indymedia. (Con l’avvertenza che un terrorista serio si guarderà bene da mettere le sue idee su uno strumento open publishing). Per questo IMC Italia continua a essere un sito molto più interessante del Griso, non me ne voglia. È libero e aperto al contributo di tutti, esclusi fascisti, razzisti e sessisti: una limitazione che molti blog a questo punto troveranno eccessiva. Su Indymedia assistiamo alla guerriglia quotidiana tra estremisti di destra e centri sociali; i migranti reclusi nei CPT; i processi che riguardano anche le forze dell’ordine. Indymedia fornisce un altoparlante a tanta gente che non ne ha: se qualcuno è tanto fesso da usarlo per autodenunciarsi, peggio per lui. Rimangono comunque testimonianze interessanti, anche quando non si condividono.
Il Griso, però, non pare troppo disponibile a interessarsi. Lui cerca solo il materiale per un altro pappappero. Lui fa la predica ai disobbedienti. Non sui commenti di Indymedia, per carità: qualche disobbediente potrebbe sentire. No, lui si chiude nel suo orticello virtuale e perfeziona le sue frecciatine, che piaceranno molto a chi la pensa esattamente come lui. Ecco a cosa servono i blog: non a dialogare, ma a ripeterci le cose che già sappiamo. Come le favole di mamma e papà.
(E dire, per esempio, che una cosa come il Noglobbal Speech Generator) era pure divertente: ma perché non la posti nel newswire? Così, solo per vedere l'effetto che fa. Credi che nessuno sappia apprezzare l'ironia? Credi che nell'ambiente tutti apprezzino le tirate dei disobbedienti?)
E io? Non sto facendo esattamente la stessa operazione del Griso? Non sto riempiendo un post con lui, come lui ne ha riempito uno con Indymedia? Probabilmente sì. Probabilmente dovrei farmi i fatti miei e lasciarlo nel suo brodo (non di eversione). Il fatto è che sono un po’ stanco.
Sì, sono stanco di queste frecciatine, che non aggiungono e tolgono più nulla a quanto ci siamo già detti e stradetti, e che mi sembrano un’insistente richiesta di attenzione. Ma continuare a dialogare col Griso significherebbe spiegargli cosa penso ultimamente di lui. E io non vorrei. Ma se insiste:
Omissis
Io, però, non avevo aperto un blog per giudicare le persone. Specie quelle che praticamente non conosco. E poi mi chiedi perché non ho i commenti. Ma se siamo a questi livelli forse vale la pena di chiudere il blog, altro che i commenti.
Questa faida da quattro soldi, temo, sarà la mia fine. Exit Leonardo, vecchio blog di periferia: una volta tutti gli pronosticavano un glorioso futuro, ma lui ha continuato a frequentare cattive compagnie e ad azzuffarsi per delle sciocchezze. Finché non l’hanno trovato disteso su un tombino, con un commento ficcato nello sterno. Ben gli sta.
Ma perché, perché, Leonardo non ha i commenti?
#21. Il Griso
L’altro giorno Il Griso era triste e non sapeva di cosa parlare, così è andato a spulciare Indymedia.
Insomma, per farla breve, quando nelle lunghe sere d'inverno mi rannicchio accanto al fuoco e preferisco evitare di uscire alla caccia di miei simili che la Natura, il cieco Fato, o qualche altra divinità beffarda ha colpito più crudelmente di me, mi vado a fare un giretto su Indymedia.
[…]
-Sì, ma andare a pescare nel newswire non vale! Perchè quello è open publishing, e c'è troppo open publishing in giro. Cioè, l'open publishing sarebbe la ricchezza della rete, però poi ci sono quelli che ne approfittano e pubblicano messaggi sessisti, o fascisti. Che poi magari non sono i fascisti che li pubblicano - comunque: l'ideale è che ciascuno coltivi il suo orticello virtuale e sia responsabile di quel che ci cresce, ecco.
A parte il fatto che è quello che dicevo già io un annetto fa (e non è colpa mia se voi alle cose ci arrivate sempre tardi e sempre col braccino corto)...
È una sensazione mia, è una paranoia mia, o qui il Griso (come sempre simpaticissimo) cercava di prendermi in giro?
Naturalmente bisogna accettare le frecciate, specie quelle simpaticissime, perché ti aiutano a crescere: probabilmente in questo caso mi si voleva rimproverare una certa incoerenza nel mio rapporto con l’open publishing, e un certo affanno nello spiegarmi in italiano. Mentre lui, lui un anno fa aveva già capito tutto. Capito cosa?
Sono andato a controllare. Un anno fa io ce l’avevo con quelli che cercano di dimostrare di essere intelligenti criticando i blog altrui, e cercavo di spiegare il perché. Ma probabilmente mi sono spiegato male, visto che il Griso non ha capito. Del resto in quel periodo lui era occupato a fare una simpaticissima predica a Hans Blix, che sosteneva che non ci fossero armi di distruzione di massa in Iraq, povero merlo.
In seguito c’è stata una discussione con Wittgenstein a proposito del newswire di Indymedia. Ecco, uno dei sintomi di decadenza del presente blog è che l’anno scorso polemizzavo con Wittgenstein, quest’anno col Griso. Non tanto perché W sia un giornalista di un certo successo e il Griso no: ma perché allora una polemica serviva a chiarire le proprie posizioni, e condividerle con altri: dopodiché ognuno era libero di restare sulla sua. Mentre ora ci punzecchiamo su cose arcinote.
Io dicevo che Indymedia non va confusa con i commenti sul newswire di Indymedia. La scorsa settimana ho ribadito: si rischia di confondere Internet con l’open publishing. Non mi pare di essermi contraddetto. Un anno fa, come oggi, io coltivavo il mio orticello virtuale. C’era solo una differenza, che a me sembrava piccola: ogni mio post in calce conteneva il link al forum. Siccome il forum tendeva a sviluppare una personalità tutta sua, io a un certo punto ho ritenuto che il rimando in calce fosse fuorviante, e l’ho tolto. Apriti cielo. Il Griso si è sentito censurato. Letteralmente: riaprici il tombino, che a noi piace sguazzare nel torbido. Notate che io non avevo chiuso un bel niente: avevo semplicemente economizzato un link.
Questa era la posizione a cui il Griso era “già arrivato” un anno fa: tutti hanno un loro giardino, dove gli altri (non lui) sono tenuti a lasciare aperti i tombini, perché al Griso piace sguazzare nel loro torbido (ma non nel suo). Il suo blog, naturalmente, non ha mai avuto né forum né commenti.
Io, invece, che da due anni cerco di trovare una soluzione per interagire coi lettori in maniera positiva (e non la trovo), se metto i commenti vengo accusato di aprire un tombino; se li tolgo vengo accusato di chiuderlo. Ma in maniera sempre simpaticissima, per fortuna.
Allora: un motivo molto importante per cui non tengo i commenti è perché in giro ci sono persone come il Griso, che hanno rispetto solo per il proprio orticello virtuale, e una curiosità ossessiva verso gli orticelli degli altri, a cui attingono ogni volta che si sentono soli e non hanno nulla da dire.
Il Griso continua dicendo che non ha intenzione di criticare Indymedia per i commenti, ma per “l’homepage”: vediamo cosa fa. Trova l’appello per Cesare Battisti, e manifesta il suo dissenso: perfetto, è quello a cui servono i blog.
Poi salta un bel po’ di robe interessanti. Un aggiornamento generale sui fatti di Genova, in cui si dice chi è sotto processo e chi no: se l’avesse studiato un po’, forse avrebbe capito perché molta gente continua ad avere sentimenti ostili verso le forze dell’ordine. E ancora: le acciaierie dell’Ilva; il petrolchimico di Marghera: tutti cose di cui il Griso non parla mai. È proprio sicuro di essere in un qualche modo ‘migliore’ di Indymedia? P2P, fecondazione assistita… il 31 gennaio è stata la giornata europea per la regolamentazione dei clandestini, il Griso lo sapeva? E delle manifestazioni dei bananieri in Nicaragua? No. E gli interessa qualcosa? No, pare che non gli interessi niente. Gli interessa soltanto di trovare qualcosa di cretino per poter sembrare, per contrasto, intelligente e simpaticissimo: e infatti la trova. In fondo alla pagina. La bellicosa dichiarazione di guerra di un gruppuscolo che termina col canonico “appendere un fascista non è reato”. Soltanto che il pezzo, abbondantemente citato dal Griso… è un commento. Cioè: prima aveva detto di non voler prendere di mira i commenti. Poi lo fa. È più forte di lui.
Il Griso vorrebbe tanto scoprire su Indymedia il brodo di cultura dell’eversione di sinistra. Ora, il guaio è che un brodo del genere c’è, come hanno dimostrato le perquisizioni di ieri. Ma non è una scoperta del Griso. È davanti a tutti noi, grazie a Indymedia. (Con l’avvertenza che un terrorista serio si guarderà bene da mettere le sue idee su uno strumento open publishing). Per questo IMC Italia continua a essere un sito molto più interessante del Griso, non me ne voglia. È libero e aperto al contributo di tutti, esclusi fascisti, razzisti e sessisti: una limitazione che molti blog a questo punto troveranno eccessiva. Su Indymedia assistiamo alla guerriglia quotidiana tra estremisti di destra e centri sociali; i migranti reclusi nei CPT; i processi che riguardano anche le forze dell’ordine. Indymedia fornisce un altoparlante a tanta gente che non ne ha: se qualcuno è tanto fesso da usarlo per autodenunciarsi, peggio per lui. Rimangono comunque testimonianze interessanti, anche quando non si condividono.
Il Griso, però, non pare troppo disponibile a interessarsi. Lui cerca solo il materiale per un altro pappappero. Lui fa la predica ai disobbedienti. Non sui commenti di Indymedia, per carità: qualche disobbediente potrebbe sentire. No, lui si chiude nel suo orticello virtuale e perfeziona le sue frecciatine, che piaceranno molto a chi la pensa esattamente come lui. Ecco a cosa servono i blog: non a dialogare, ma a ripeterci le cose che già sappiamo. Come le favole di mamma e papà.
(E dire, per esempio, che una cosa come il Noglobbal Speech Generator) era pure divertente: ma perché non la posti nel newswire? Così, solo per vedere l'effetto che fa. Credi che nessuno sappia apprezzare l'ironia? Credi che nell'ambiente tutti apprezzino le tirate dei disobbedienti?)
E io? Non sto facendo esattamente la stessa operazione del Griso? Non sto riempiendo un post con lui, come lui ne ha riempito uno con Indymedia? Probabilmente sì. Probabilmente dovrei farmi i fatti miei e lasciarlo nel suo brodo (non di eversione). Il fatto è che sono un po’ stanco.
Sì, sono stanco di queste frecciatine, che non aggiungono e tolgono più nulla a quanto ci siamo già detti e stradetti, e che mi sembrano un’insistente richiesta di attenzione. Ma continuare a dialogare col Griso significherebbe spiegargli cosa penso ultimamente di lui. E io non vorrei. Ma se insiste:
Omissis
Io, però, non avevo aperto un blog per giudicare le persone. Specie quelle che praticamente non conosco. E poi mi chiedi perché non ho i commenti. Ma se siamo a questi livelli forse vale la pena di chiudere il blog, altro che i commenti.
Questa faida da quattro soldi, temo, sarà la mia fine. Exit Leonardo, vecchio blog di periferia: una volta tutti gli pronosticavano un glorioso futuro, ma lui ha continuato a frequentare cattive compagnie e ad azzuffarsi per delle sciocchezze. Finché non l’hanno trovato disteso su un tombino, con un commento ficcato nello sterno. Ben gli sta.
02-02-2004, 01:19caso Kelly, guerra, Iraq, neoconi, pappapperoPermalink
Mister Pappappero
Ai giornalisti e ai blog che dopo la sentenza Hutton hanno esclamato: Pappappero!, e anche Noi lo sapevamo da sei mesi, bisogna ricordare che questo è impossibile, perché, affinché la BBC e Gilligan fossero trovati colpevoli di qualcosa, bisognava che Lord Hutton valutasse i pro e i contro, e questo ha richiesto appunto diversi mesi.
(Anche se è pur vero che At the heart of the process is a mysterious lack of logic. On the one hand Hutton spent weeks listening to evidence about the preparation of the Government's case against Saddam in the September dossier, but when it came to writing his report he rejected the need to address the issue of the dossier's truth. 'A question of such wide import ... is not one which falls within my terms of reference.')
Cioè, al massimo Essi hanno azzeccato una previsione. Ma se adesso stessimo qui a contare tutte le previsioni che azzecchiamo. Per dire, io un anno fa sapevo (1) che la guerra si sarebbe fatta; (2) che sarebbero morti un sacco di civili; (3) che sarebbe morta anche più gente durante la successiva “pacificazione”; (4) che la Palestina sarebbe rimasta il disastro che è; (5) che l’opinione popolare nelle comunità islamiche avrebbe preso le parti di Saddam Hussein. E allora chi sono io, Mandrake? Il Divino Otelma? (Molto peggio: sono un comune pessimista).
L’unica previsione che ho sballato sono le Armi di Distruzione di Massa: credevo che alla fine le avrebbero pure trovate (al limite ce le avrebbero messe). Che figura. Tutta colpa di B… di B… di Gilligan. Mi dicono dalla regia che adesso tutta la colpa è di Gilligan.
Però questa cosa, che Essi sapevano già, mi fa pensare. Come facevano a sapere già tutto, Essi?
Forse Essi sapevano qualcosa che Lord Hutton non sapeva (ma perché non glielo sono andati a dire, così si faceva prima?)
Oppure Essi, in quanto esperti di cose inglesi, sapevano che Lord Hutton era già orientato a scaricare tutto il barile sulla BBC, dati i suoi precedenti (che includono anche un voto sull'immunità a Pinochet?)
Però in tal modo, Essi avvallano l’ipotesi che Lord Hutton abbia deciso sulla base alle sue convinzioni ideologiche. Insomma: se Essi stavano zitti, gli rendevano un servizio migliore.
Ma il fatto è che Essi non ce la fanno proprio. Tutto l’anno a copiare, tradurre, lincare, arrampicarsi in su, centimetro di specchio dopo centimetro di specchio. Se per una volta arriva una buona notizia, com’è possibile frenare l’urlo di gioia che viene dal cuore? E tale urlo di gioia è, per l'appunto, assimilabile a un “Pappappero!”
Essi poi dicono a quelli che non sono d’accordo di tacere, sennò il loro Pappappero non si sente forte e chiaro. E io mi chiedo se Essi non si riferissero per caso a me. Ma non credo. Tanto, le cose che scrivo io, Essi non le hanno mai lette, o se le hanno lette, non hanno capito il punto, e neanche le lettere prima del punto.
Io mi sforzo, badate, ma più semplice di così non ci riesco, per cui è l’ultima volta:
La BBC e Gilligan hanno reso più sexy il dossier: questo ha causato indirettamente la morte di una persona, Kelly. Quindi il direttore della BBC e Gilligan si sono dimessi. Bene.
Tony Blair ha raccontato un sacco di balle agli inglesi sulle armi di dimostrazione di massa: questo ha causato la morte di migliaia di persone, civili, effettivi britannici e iracheni. Quindi Tony Blair si deve dimettere migliaia di volte. Non lo fa? Male. Molto male.
Questa cosa, scritta in maniera più breve e sexy, suona così: “ne uccide più una bugia di Blair che venti di Gilligan, pecoroni”. Che è l’unica cosa che io avevo scritto sul caso Kelly. E l’avevo scritta più o meno… sei mesi fa. Ehi! L’ho scritta sei mesi fa! E avevo ragione! Ma forse allora io sono davvero il Mago Otelma!
A Essi raccomandiamo comunque di non tacere, di continuare così, ché sono troppo forti: e anche il giorno che Essi non sapessero cosa dire, per favore, non tacciano, che il contenuto ideologico del Loro blog ne potrebbe soffrire: dicano comunque qualcosa, al massimo facciano dei rumori con la bocca, purché di guerra (perché là fuori c’è una guerra, non lo sapete?): Tatatatatata, Badabum, Craaaak, Ziiiiiiip! Szock! E, si capisce, qualche Pappappero ogni tanto. La vita sarebbe così dura, senza queste piccole soddisfazioni.
Concludo salutando Essi – Essi in realtà sarebbero quasi sempre solo un blog, ma siccome Essi amano parlare sempre di Loro Stessi al plurale, anche io parlo di Essi al plurale, così non si sentono soli.
The BBC is a surprising victim. Of course, Andrew Gilligan was a fool. Of course, Greg Dyke and Gavyn Davies should have investigated Gilligan before they addressed the Government. But that is the extent of their crimes.
Compared to the invasion of a sovereign territory on flawed intelligence they are minor. The issue now is not whether Campbell lied; it is whether he and Blair got it wrong and skewed the processes of government to forge the dossier that took us to war.
A volte un dignitoso silenzio sarebbe più onorevole rispetto a simili imbarazzanti argomenti. Senza speranza.
postato da Essi
Ai giornalisti e ai blog che dopo la sentenza Hutton hanno esclamato: Pappappero!, e anche Noi lo sapevamo da sei mesi, bisogna ricordare che questo è impossibile, perché, affinché la BBC e Gilligan fossero trovati colpevoli di qualcosa, bisognava che Lord Hutton valutasse i pro e i contro, e questo ha richiesto appunto diversi mesi.
(Anche se è pur vero che At the heart of the process is a mysterious lack of logic. On the one hand Hutton spent weeks listening to evidence about the preparation of the Government's case against Saddam in the September dossier, but when it came to writing his report he rejected the need to address the issue of the dossier's truth. 'A question of such wide import ... is not one which falls within my terms of reference.')
Cioè, al massimo Essi hanno azzeccato una previsione. Ma se adesso stessimo qui a contare tutte le previsioni che azzecchiamo. Per dire, io un anno fa sapevo (1) che la guerra si sarebbe fatta; (2) che sarebbero morti un sacco di civili; (3) che sarebbe morta anche più gente durante la successiva “pacificazione”; (4) che la Palestina sarebbe rimasta il disastro che è; (5) che l’opinione popolare nelle comunità islamiche avrebbe preso le parti di Saddam Hussein. E allora chi sono io, Mandrake? Il Divino Otelma? (Molto peggio: sono un comune pessimista).
L’unica previsione che ho sballato sono le Armi di Distruzione di Massa: credevo che alla fine le avrebbero pure trovate (al limite ce le avrebbero messe). Che figura. Tutta colpa di B… di B… di Gilligan. Mi dicono dalla regia che adesso tutta la colpa è di Gilligan.
Però questa cosa, che Essi sapevano già, mi fa pensare. Come facevano a sapere già tutto, Essi?
Forse Essi sapevano qualcosa che Lord Hutton non sapeva (ma perché non glielo sono andati a dire, così si faceva prima?)
Oppure Essi, in quanto esperti di cose inglesi, sapevano che Lord Hutton era già orientato a scaricare tutto il barile sulla BBC, dati i suoi precedenti (che includono anche un voto sull'immunità a Pinochet?)
Però in tal modo, Essi avvallano l’ipotesi che Lord Hutton abbia deciso sulla base alle sue convinzioni ideologiche. Insomma: se Essi stavano zitti, gli rendevano un servizio migliore.
Ma il fatto è che Essi non ce la fanno proprio. Tutto l’anno a copiare, tradurre, lincare, arrampicarsi in su, centimetro di specchio dopo centimetro di specchio. Se per una volta arriva una buona notizia, com’è possibile frenare l’urlo di gioia che viene dal cuore? E tale urlo di gioia è, per l'appunto, assimilabile a un “Pappappero!”
Essi poi dicono a quelli che non sono d’accordo di tacere, sennò il loro Pappappero non si sente forte e chiaro. E io mi chiedo se Essi non si riferissero per caso a me. Ma non credo. Tanto, le cose che scrivo io, Essi non le hanno mai lette, o se le hanno lette, non hanno capito il punto, e neanche le lettere prima del punto.
Io mi sforzo, badate, ma più semplice di così non ci riesco, per cui è l’ultima volta:
La BBC e Gilligan hanno reso più sexy il dossier: questo ha causato indirettamente la morte di una persona, Kelly. Quindi il direttore della BBC e Gilligan si sono dimessi. Bene.
Tony Blair ha raccontato un sacco di balle agli inglesi sulle armi di dimostrazione di massa: questo ha causato la morte di migliaia di persone, civili, effettivi britannici e iracheni. Quindi Tony Blair si deve dimettere migliaia di volte. Non lo fa? Male. Molto male.
Questa cosa, scritta in maniera più breve e sexy, suona così: “ne uccide più una bugia di Blair che venti di Gilligan, pecoroni”. Che è l’unica cosa che io avevo scritto sul caso Kelly. E l’avevo scritta più o meno… sei mesi fa. Ehi! L’ho scritta sei mesi fa! E avevo ragione! Ma forse allora io sono davvero il Mago Otelma!
A Essi raccomandiamo comunque di non tacere, di continuare così, ché sono troppo forti: e anche il giorno che Essi non sapessero cosa dire, per favore, non tacciano, che il contenuto ideologico del Loro blog ne potrebbe soffrire: dicano comunque qualcosa, al massimo facciano dei rumori con la bocca, purché di guerra (perché là fuori c’è una guerra, non lo sapete?): Tatatatatata, Badabum, Craaaak, Ziiiiiiip! Szock! E, si capisce, qualche Pappappero ogni tanto. La vita sarebbe così dura, senza queste piccole soddisfazioni.
Concludo salutando Essi – Essi in realtà sarebbero quasi sempre solo un blog, ma siccome Essi amano parlare sempre di Loro Stessi al plurale, anche io parlo di Essi al plurale, così non si sentono soli.
The BBC is a surprising victim. Of course, Andrew Gilligan was a fool. Of course, Greg Dyke and Gavyn Davies should have investigated Gilligan before they addressed the Government. But that is the extent of their crimes.
Compared to the invasion of a sovereign territory on flawed intelligence they are minor. The issue now is not whether Campbell lied; it is whether he and Blair got it wrong and skewed the processes of government to forge the dossier that took us to war.
A volte un dignitoso silenzio sarebbe più onorevole rispetto a simili imbarazzanti argomenti. Senza speranza.
postato da Essi
31-03-2003, 00:12coccodrilli, guerra, Iraq, Israele-Palestina, Manifesto, pappapperoPermalink
Notizie e tentazioni
La notizia è che la guerra sta andando male, da qualunque lato la si voglia vedere.
La tentazione è: (Sorrisino) “Vedete! Noi l’avevamo detto!”.
È una tentazione alla quale io resisto abbastanza facilmente (le immagini di questi giorni troncherebbero il sorrisino a chiunque), ma Barenghi?
Barenghi è il direttore del Manifesto, un quotidiano che spesso predica ai convertiti, specie in prima pagina. E in prima pagina venerdì scriveva:
Ma quando discutiamo con noi stessi, quando ci guardiamo allo specchio, le cose stanno diversamente: una parte di noi, nel senso di una parte di ognuno di noi, pensa e spera che gli iracheni resistano (per quanto nessuno a sinistra potrebbe mai identificarsi con il loro regime), che gli americani paghino cara la loro guerra, che il sacrificio di migliaia di soldati o civili possa servire a bloccare il progetto che l'amministrazione Bush sta cercando di praticare da un anno e mezzo in qua.
Una parte di noi, quella certa parte di noi, se c’è, di solito se ne sta ben ricantucciata dentro di noi, per la paura che le altre parti di noi la prendano a sberle. È precisamente la parte di noi che sogghigna a ogni notizia di strage di mercato o di marines sperduti nel deserto. È quella parte di noi – profondamente stupida – che ogni volta che vede grande confusione sotto il cielo pensa che la situazione sia eccellente, e la palingenesi rivoluzionaria alle porte. È la parte di me (spero irrisoria), che se qualcuno riuscisse a localizzarmi in una zona fisica (un dito dei piedi, un etto del cervello, una piega dell’intestino), io sarei disposto a farmela asportare, perché non si può essere così idioti, anche solo in una recondita parte di noi.
Alla fine Barenghi (sempre allo specchio) si chiede, amletico: E allora come speriamo che sia questa guerra, lunga o breve?.
La risposta è molto semplice: non speriamo niente. La politica non si fa con la speranza. La guerra, figurarsi. I belligeranti, delle nostre speranze, non sanno che farsene.
(A meno che non siamo convinti che i nostri auspici possano modificare il corso degli eventi, ma in tal caso siamo cristiani e questi auspici si chiamano preghiere. Nulla di male, basta riconoscerlo).
Fine invettiva. Consigli per gli acquisti:
l’ultimo numero di Internazionale è molto bello. Passi il titolo di copertina (“War Blog”), ma ci trovate tante cose che credete di aver già letto in settimana navigando su Internet, e invece avete solo fatto finta, perché erano scritte in piccolo e in inglese. Per esempio, il blog di Raed, da Baghdad, tradotto in italiano. Un pezzo di Seymour Hersh su una delle tante bufale pre-belliche: un presunto traffico di uranio dal Niger all’Iraq. Doveva essere una delle prove del rinnovato interesse di Saddam Hussein per le armi atomiche, ma le pezze d’appoggio erano smaccatamente false, come hanno ammesso a mezza voce anche i servizi americani.
La redazione di Leonardo, che la sa sempre un po’ più lunga, è venuta in possesso di uno di questi documenti riservati. Si tratta di un’e-mail inviata all’indirizzo di posta elettronica saddam@hussein.ir Ne citiamo le prime righe:
Sir,
URGENT BUSINESS RELATIONSHIP
First, I must solicit your confidence in this transaction,
which is of mutual benefit. This is by virtue of it's nature
of being utterly confidential.I am sure and have confidence
of your ability, and reliability to prosecute a transaction
of this great magnitude.
We are top Officials of the Federal Government Uranium
review Panel who are interested in importation of goods into
our country with tons of uranium which are presently trapped in
Niger. In order to commence this business,we need your
assistance to enable us transfer funds into your
account.
Secondo me non c’è cascato. (Qui la spiegazione).
Bambini internazionali
Ma soprattutto, su Internazionale di questa settimana c’è una buona traduzione delle e-mail di Rachel Corrie. Rachel Corrie era una ragazza americana di 23 anni, sensibile, coraggiosa e intelligente. Ed è morta il 16 marzo in Palestina, schiacciata da un bulldozer israeliano. Poi è scoppiata una guerra, e non se n’è più parlato. Ma dobbiamo cercare di vedere le cose in prospettiva: dopo questa guerra ce ne saranno altre, e sempre crederemo di assistere a svolte cruciali, e sempre ci dimenticheremo della guerra precedente. Ma se avremo dei figli, loro non ci chiederanno se c’è stato prima il Kossovo o l’Iraq o l’Afganistan o il Vietnam. Ci chiederanno se abbiamo sentito parlare di Rachel Corrie, se abbiamo pianto per lei, e se abbiamo ancora quella vecchia rivista con le sue lettere. Credo. Spero.
Ho pensato che in fondo siamo tutti bambini curiosi di altri bambini: bambini egiziani che strillano a una strana signora che passeggia sul sentiero dei carri armati. Bambini palestinesi presi di mira dai carri armati quando si affacciano dal muro per guardare quello che succede. Bambini internazionali in piedi davanti ai carri con striscioni. Bambini israeliani nei carri, anonimi, che a volte urlano, a volte salutano, molti obbligati a essere lì, molti semplicemente aggressivi, pronti a sparare sulle case appena noi ce saremo andati...
La notizia è che la guerra sta andando male, da qualunque lato la si voglia vedere.
La tentazione è: (Sorrisino) “Vedete! Noi l’avevamo detto!”.
È una tentazione alla quale io resisto abbastanza facilmente (le immagini di questi giorni troncherebbero il sorrisino a chiunque), ma Barenghi?
Barenghi è il direttore del Manifesto, un quotidiano che spesso predica ai convertiti, specie in prima pagina. E in prima pagina venerdì scriveva:
Ma quando discutiamo con noi stessi, quando ci guardiamo allo specchio, le cose stanno diversamente: una parte di noi, nel senso di una parte di ognuno di noi, pensa e spera che gli iracheni resistano (per quanto nessuno a sinistra potrebbe mai identificarsi con il loro regime), che gli americani paghino cara la loro guerra, che il sacrificio di migliaia di soldati o civili possa servire a bloccare il progetto che l'amministrazione Bush sta cercando di praticare da un anno e mezzo in qua.
Una parte di noi, quella certa parte di noi, se c’è, di solito se ne sta ben ricantucciata dentro di noi, per la paura che le altre parti di noi la prendano a sberle. È precisamente la parte di noi che sogghigna a ogni notizia di strage di mercato o di marines sperduti nel deserto. È quella parte di noi – profondamente stupida – che ogni volta che vede grande confusione sotto il cielo pensa che la situazione sia eccellente, e la palingenesi rivoluzionaria alle porte. È la parte di me (spero irrisoria), che se qualcuno riuscisse a localizzarmi in una zona fisica (un dito dei piedi, un etto del cervello, una piega dell’intestino), io sarei disposto a farmela asportare, perché non si può essere così idioti, anche solo in una recondita parte di noi.
Alla fine Barenghi (sempre allo specchio) si chiede, amletico: E allora come speriamo che sia questa guerra, lunga o breve?.
La risposta è molto semplice: non speriamo niente. La politica non si fa con la speranza. La guerra, figurarsi. I belligeranti, delle nostre speranze, non sanno che farsene.
(A meno che non siamo convinti che i nostri auspici possano modificare il corso degli eventi, ma in tal caso siamo cristiani e questi auspici si chiamano preghiere. Nulla di male, basta riconoscerlo).
Fine invettiva. Consigli per gli acquisti:
l’ultimo numero di Internazionale è molto bello. Passi il titolo di copertina (“War Blog”), ma ci trovate tante cose che credete di aver già letto in settimana navigando su Internet, e invece avete solo fatto finta, perché erano scritte in piccolo e in inglese. Per esempio, il blog di Raed, da Baghdad, tradotto in italiano. Un pezzo di Seymour Hersh su una delle tante bufale pre-belliche: un presunto traffico di uranio dal Niger all’Iraq. Doveva essere una delle prove del rinnovato interesse di Saddam Hussein per le armi atomiche, ma le pezze d’appoggio erano smaccatamente false, come hanno ammesso a mezza voce anche i servizi americani.
La redazione di Leonardo, che la sa sempre un po’ più lunga, è venuta in possesso di uno di questi documenti riservati. Si tratta di un’e-mail inviata all’indirizzo di posta elettronica saddam@hussein.ir Ne citiamo le prime righe:
Sir,
URGENT BUSINESS RELATIONSHIP
First, I must solicit your confidence in this transaction,
which is of mutual benefit. This is by virtue of it's nature
of being utterly confidential.I am sure and have confidence
of your ability, and reliability to prosecute a transaction
of this great magnitude.
We are top Officials of the Federal Government Uranium
review Panel who are interested in importation of goods into
our country with tons of uranium which are presently trapped in
Niger. In order to commence this business,we need your
assistance to enable us transfer funds into your
account.
Secondo me non c’è cascato. (Qui la spiegazione).
Bambini internazionali
Ma soprattutto, su Internazionale di questa settimana c’è una buona traduzione delle e-mail di Rachel Corrie. Rachel Corrie era una ragazza americana di 23 anni, sensibile, coraggiosa e intelligente. Ed è morta il 16 marzo in Palestina, schiacciata da un bulldozer israeliano. Poi è scoppiata una guerra, e non se n’è più parlato. Ma dobbiamo cercare di vedere le cose in prospettiva: dopo questa guerra ce ne saranno altre, e sempre crederemo di assistere a svolte cruciali, e sempre ci dimenticheremo della guerra precedente. Ma se avremo dei figli, loro non ci chiederanno se c’è stato prima il Kossovo o l’Iraq o l’Afganistan o il Vietnam. Ci chiederanno se abbiamo sentito parlare di Rachel Corrie, se abbiamo pianto per lei, e se abbiamo ancora quella vecchia rivista con le sue lettere. Credo. Spero.
Ho pensato che in fondo siamo tutti bambini curiosi di altri bambini: bambini egiziani che strillano a una strana signora che passeggia sul sentiero dei carri armati. Bambini palestinesi presi di mira dai carri armati quando si affacciano dal muro per guardare quello che succede. Bambini internazionali in piedi davanti ai carri con striscioni. Bambini israeliani nei carri, anonimi, che a volte urlano, a volte salutano, molti obbligati a essere lì, molti semplicemente aggressivi, pronti a sparare sulle case appena noi ce saremo andati...