Grande televisione, terribile diplomazia

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Alla fine credo che la sintesi migliore l'abbia fatta proprio Trump: This is going to be great television. Quello che abbiamo tutti visto l'altro giorno nella Sala Ovale è un esempio di cosa succede quando selezioni una classe dirigente in televisione. Per quanto Trump e Zelensky siano personaggi a più dimensioni, la dimensione che hanno in comune è appunto la tv: una grande parte della costruzione del personaggio Trump proviene da The Apprentice (compreso il tormentone, "You're fired", che è poi quello che sta applicando al personale federale), Zelensky prima di fare il presidente dell'Ucraina ha recitato in una serie in cui faceva il presidente dell'Ucraina. Entrambi sono piuttosto bravi sotto i riflettori ed entrambi, a questo punto della loro carriera di successo, possono essersi convinti di poter svoltare la situazione improvvisando in diretta. È deformazione professionale: se metti sotto i riflettori un insegnante, lui cercherà di farti una lezione; se metti due personalità televisive nella stanza dei bottoni, inevitabilmente ne verrà fuori un talk e potrà anche essere un successo (prova è che ne stiamo tutti parlando), ma non diplomazia: almeno una diplomatica di professione a un certo punto si è coperta agli occhi dall'orrore. 

La diplomazia non funziona così, ma a tanti osservatori oggi questo non interessa perché, da anni, non si stanno interessando più alla concreta situazione delle forze in campo – alla politica, insomma – bensì al teatro, dove ogni questione politica viene immediatamente trasformata in un apologo morale: i buoni devono essere ricompensati, i cattivi puniti, il pubblico non sarà contento finché non succederà, e in effetti oggi il pubblico è inquieto e deluso. Se davvero c'era soltanto "un invasore e un invaso", perché tutto sembra doversi decidere a Washington, che non è né l'uno né l'altro? Si cerca di capire se Zelensky abbia o fatto una bella o una brutta figura, e si cerca di capirlo contando i tweet o i comunicati di sostegno, come se davvero si trattasse di un attore la cui efficacia si misura sulla popolarità, e bisogna concedere che Zelensky in questi anni è stato anche questo, un testimonial molto efficace. Ma le guerre non si vincono così. 

Chi avesse sul serio a cuore la situazione dovrebbe applicare lo sforzo costante di intravedere le quinte; Trump interpreta il ruolo del padrone arrogante, ma dietro di lui c'è un sistema militare-industriale che non ritiene più necessario sostenere la resistenza ucraina. Zelensky interpreta il ruolo di eroico presidente integerrimo e sono pronto a convenire che lo interpreta in modo convincente, mettendoci il cuore e a rischio della vita: ma dietro c'è una nazione che non ce la fa più. Questi sono i fattori di cui tener conto: chi vuole restare in superficie può senz'altro inveire alle smorfie di Trump o godere perché 'ha messo Z. al suo posto', cioè può restare nel teatrino, nel ruolo di pubblico che applaude ride e piange a comando.

Una parola per gli americanisti che professano ad alta voce la propria delusione: ricomponetevi. Davvero siete cresciuti pensando che l’America fosse “the land of the free and the home of the brave”? E si vede che non siete cresciuti abbastanza, non so quanto sia il caso di farlo sapere in giro. Capisco quanto sia comodo immaginare che Trump non sia quell'America, bensì un marziano venuto chissà dove e arrivato a Washington per puro caso. Ma Trump non è un incidente, Trump è la necessaria evoluzione di un capitalismo in fuga e di una politica imperialista in un mondo che cresce a ritmi che l'impero non riesce più a reggere. Trump è un imprenditore tipicamente americano, un palazzinaro di NY che ha ereditato un po' di soldi dai genitori come succede tipicamente ai ricchi americani, attirando l'attenzione dei media americani con un'ostentazione tipicamente americana; si è candidato alle elezioni americane e grazie alla deregolarizzazione dei media consentita dalle amministrazioni americane da Reagan in poi, è riuscito a costruirsi un consenso che gli ha consentito di vincere due elezioni presidenziali col sistema elettorale tipicamente americano – addirittura in un caso ha preso più voti dell'altra candidata, una cosa che negli USA non è nemmeno necessaria per vincere le elezioni, ma lui lo ha fatto lo stesso. Nel frattempo era stato complice di un tentativo di colpo di Stato, ma le autorità giudiziarie americane non hanno ritenuto necessario evitare che si ricandidasse e rivincesse. Una volta reinsediato, benché si sia comportato in modo straordinariamente arrogante, non ha fatto nulla che la costituzione americana e la prassi non gli consentano di fare. Certo, ha reso questa arroganza molto più trasparente di prima: è questo che non gli perdonate, ma cercate di capire. Intorno a voi ci sono persone che si ricordano cos'è successo con l'intervento americano in Afganistan – un disastro, e ora il giogo dei talebani è più stretto di prima – e con l'intervento in Iraq: un milione di morti. Ci sono persone che hanno visto tutte le amministrazioni USA, nessuna esclusa, spalleggiare Israele in operazioni di pulizia etnica sempre più tendenti al genocidio. Se oggi scoprite che l'America è arrogante coi suoi alleati e spietata coi suoi nemici, almeno non fate quella faccia stupita: ora sapete come ci sentiamo noi da sempre, benvenuti.

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Trump ci è, Trump ci fa

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Ma insomma Trump è un matto? Lo era già? Lo è diventato? Sta cercando di fare impazzire noi, bersagliandoci con contenuti volutamente ridicoli e controversi? Sono domande che mi danno la nausea, forse perché sono italiano e ho vaghi ricordi di un tizio molto potente che anche lui a volte sembrava completamente svalvolato e abbiamo passato vent'anni a discutere sul fondamentale interrogativo Ma Ci È O Ci Fa, senza peraltro giungere mai a una soluzione perché la Storia ti giudica dai risultati, non dalle intenzioni né dagli stati psicotici. Ma alla fine mi domando se non sia la stessa domanda che ci poniamo da millenni, non so se vi ricordate Svetonio... no? Strano, avete frequentato i licei migliori del mondo, ma insomma ci stiamo ancora domandando se Caligola o Nerone fossero psicopatici o statisti di livello. E poi c'è il caso di Claudio, lo zio di Caligola, acclamato imperatore un po' per caso, il quale probabilmente aveva davvero qualche problema nervoso ma lo mascherava... facendo il matto, e forse questo spiega Trump meglio di altre ipotesi, insomma, l'avete visto ballare ai comizi? Trump balla male apposta per mascherare il fatto che non sa ballare; se ci pensate sta comunicando e governando allo stesso modo. C'è ovviamente molta arroganza – ballo come un buffone e voi dovrete applaudirmi lo stesso – ma anche un'accettazione dei suoi limiti che Berlusconi non aveva; B. voleva essere preso sul serio (e amato sul serio), Trump vuole continuare a passare per il furbacchione che chiude l'affare. Magari chiede la Groenlandia per ottenere la riduzione di un'aliquota, o spara la Riviera a Gaza per far capire agli israeliani che sta per chiudere un paio di rubinetti. 

E forse confondiamo anche stavolta effetti e cause: Trump potrebbe essere impazzito perché è troppo potente, ma potrebbe anche essere diventato così potente proprio perché è un povero pazzo; chi altro avrebbe potuto intestarsi con disinvoltura strappi in politica estera e interna inimmaginabili dal 1945. Può darsi che la democrazia ceda alla follia quando non sa più risolvere le sue contraddizioni, o uscire dalle situazioni in cui si è cacciata. Una di queste, al netto dei retroscena che ognuno racconta come più gli garba, è l'Ucraina: una situazione che si è ingarbugliata molto prima del 2022, degli accordi di Minsk e di Euromaiden. Storicamente, i democratici rappresentanti dell'Occidente hanno ritenuto che l'Ucraina fosse scalabile; che messo alle strette, Putin avrebbe dovuto cedere, o che un suo eventuale bluff sarebbe stata la sua fine politica. Possiamo discutere lungamente su chi abbia più di altri abbia commesso questo errore (Obama? Angela Merkel?) Quello che a questo punto dobbiamo accettare è che un errore di valutazione c'è stato. Non solo, ma dobbiamo anche riconoscere che non lo pagherà chi lo ha commesso, bensì gli ucraini e, meno pesantemente, gli europei. La retorica democratica crolla di schianto e ci accorgiamo che oltre a "un invasore e un invaso" c'erano venditori di armi che ci speculavano, venditori di gas che dalla fine dei due Nord Stream hanno tratto un immediato vantaggio, compratori di terre rare che stanno per chiudere un buon affare, ecc. Tutto questo, i cultori della democrazia potrebbero trovarlo osceno, ma possono consolarsi: la democrazia è sospesa, al suo posto c'è un pazzo che fa un po' quel che gli pare. 

In Palestina, una situazione molto diversa: ma anche lì, dopo aver coccolato per decenni un regime basato sulla segregazione religiosa (e razziale); dopo averlo visto diventare sempre più violento e meno incline ai compromessi, a un certo punto ti scoppia il bubbone, ti ritrovi un genocidio sulla riva del Mediterraneo e cosa fai? Accetti le tue responsabilità? No, perché nel frattempo tu, democrazia occidentale, hai pensato bene di suicidarti. Non fai neanche le primarie del partito democratico; alle elezioni candidi il nonno in carriola e quando diventa chiaro che la carriola ha delle difficoltà lo sostituisci con una vice la cui impopolarità era abbastanza nota; siccome Trump aveva già vinto contro una donna wasp, ci mandi una donna neanche wasp, perché vuoi proprio essere sicuro di perdere. La responsabilità se la prenderà un povero pazzo, anzi una squadra di pazzi un po' nerd incapaci di notare le differenze tra realtà e simulazioni AI, che magari riusciranno a confondere i sionisti eludendo le loro richieste con proposte ancora più folli. È una teoria.

Rimane sempre sul tavolo l'ipotesi che con Trump e Musk il capitale abbia raggiunto il punto di accumulazione dopo del quale la realtà semplicemente collassa: i cittadini contemplano interdetti ma non possono farci niente perché il capitale ha già da tempo attirato a sé non solo gli strumenti del consenso, ma anche le infrastrutture della comunicazione: nonché esercito e finanza, per cui non si vede proprio come uscire da quello che ormai è un buco nero. Ma probabilmente è un'ipotesi troppo pessimistica: voglio dire, tiranni impazziti ne abbiamo avuti sempre, e in un qualche modo ne siamo sempre usciti; probabilmente anche Svetonio era convinto di vivere negli ultimi giorni dell'umanità, tutti sono convinti di questa cosa, e prima o poi qualcuno ci beccherà. Sarebbe molto buffo che quel qualcuno fossi io.  

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A furia di esportarla, la democrazia è finita

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Sono giorni molto confusi: sarebbe saggio non scrivere niente. Ma nella confusione tante cose si rivelano: certo, rischio di svelarmi anch'io. Rispetto ad altri ho un vantaggio: non ho mai confuso gli Stati Uniti d'America con mio padre. Non ho mai dato per scontato che sarebbero venuti a salvarmi da qualsiasi guaio in cui mi sarei cacciato – ragion per cui non ho mai creduto molto in questa cosa di dichiarare guerre, o di combattere a oltranza quando altri me ne dichiaravano, e forse qualche volta ho ceduto territori che mi spettavano, ma l'alternativa era perderne ancora di più, e così me ne sono fatto una ragione. Crescere è anche questo, ma molta gente qui da noi non è mai cresciuta, e probabilmente adesso è tardi. È ingiusto immaginarli mentre si ingegnano di salire sul carro del vincitore, perché anche per quello serve un ingegno che loro non hanno mai applicato. La realtà è che non sanno saltare: i loro genitori o nonni su quel carro sono saliti nel 1944/45, e da allora la questione non si è più posta, la questione non esisteva, Washington era il fulcro morale del mondo. L'idea che abbia trascinato l'Ucraina in una proxy war non è accettabile; la possibilità che ora la molli al suo destino (cioè alla povera Unione Europea), accordandosi con quello che fino a ieri mattina era l'Impero del Male, non è assolutamente immaginabile, dev'essere un incubo. Proprio ora che i filistei si avvicinano, Dio non ci parla più. Persino i governanti sono sotto choc: convocano vertici non si sa nemmeno più di cosa, UE più Regno Unito ma senza gli staterelli troppo riottosi. C'è chi propone di continuare a combattere, ora sapete come dovevano sentirsi i giapponesi in certe isole. 

In mezzo a tutto questo, bisogna ammettere che Giorgia Meloni galleggia meglio di altri corpi, per tutta una serie di motivi, e il primo è che galleggiare è il suo mestiere. A differenza di tanti altri statisti e governanti, l'atlantismo per lei è solo un episodio: il giorno prima di abbracciarlo con tutta sé stessa stava ancora spacciando qualche palla delle content farm putiniane, come il piano Kalergi; e dopodomani potrebbe ricominciare imperterrita, qualsiasi cosa pur di stare a galla. Per tanti altri sarà più difficile, a certe ironie della sorte non si sopravvive: credevano che la guerra in Ucraina avrebbe portato a un regime change a Mosca, e invece è cambiato il regime a Washington. Immagino il dilemma: farsi trumpiani, o inventarsi all'improvviso un europeismo in cui non credevano neanche lunedì scorso? Quel che è certo è che non diranno mai scusate, ci siamo sbagliati, credevamo che gli USA fossero sinceramente interessati a riportare i confini dell'Ucraina al '92. Credevamo che gli ucraini avrebbero combattuto fino all'ultimo uomo per questi sacri confini, ma d'altro canto non credevamo che ce ne sarebbe stato bisogno perché credevamo che qualche mese di guerra di posizione avrebbe fatto saltare Putin, e inoltre credevamo che il sistema di potere russo consistesse essenzialmente in questo malvagio Putin; una volta saltato, la Russia si sarebbe trasformata in una democrazia liberale. Credevamo, credevamo. Scusate, con questa idea di esportare la democrazia facciamo gli stessi errori di calcolo da trent'anni, ma l'ipotesi che la calcolatrice sia un pezzo di plastica coi numeri finti non ci ha ancora sfiorato; confondiamo la geopolitica con la morale e abbiamo la morale di un bambino di otto anni; la maestra è uscita da un po' senza incaricare nessuno di scrivere buoni e cattivi alla lavagna e questo ci destabilizza. Siamo tutti troppo deboli e immaturi per confessare di essere deboli e immaturi, e così anche stavolta stringeremo i denti e faremo finta di andare avanti. Dio non ci parla più, ma fingeremo di ascoltarlo lo stesso.

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Trump, l'idiota in marcia?

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Come vi sentite un mese dopo un mese di Trump 2 la vendetta? A questo punto della storia immaginavo che i commentatori moderati stessero cominciando ad assorbire lo choc e a ingegnarsi per trovare un metodo in tanta pazzia – in fondo anche quella del madman è una tattica di combattimento, no? Se ti mostri completamente inattendibile e inaffidabile, l'avversario sarà in difficoltà perché tutti gli schemi con cui è abituato a combattere non sono più applicabili. A volte ha funzionato – anche se fin qua si trattava, senza eccezione, di leader autoritari e probabilmente psicopatici... però a volte ha funzionato, quindi perché no? In fondo cosa ha fatto Netanyahu dal sette ottobre in poi, se non il matto? e quel Milei con la motosega, anche lui non piace così tanto ai moderati?

Qualche sforzo in tal senso in effetti c'è stato, perché in fondo ci sono motivi seri per occupare la Groenlandia – e anche il Canada alla fine cos'è, se non una curiosità storica. Quanto alla rivierizzazione di Gaza, beh, almeno Trump ha il privilegio di abolire l'ipocrisia: Gaza non è più abitabile, e gli israeliani non hanno le risorse per renderla tale. A essere più precisi non avevano nemmeno le risorse per distruggerla come l'hanno distrutta: tali risorse sono state generosamente fornite dagli americani, per cui a valle di tutta la retorica sionista e biblica, se lì ci sono delle spiagge interessanti (e dei giacimenti interessanti), prima o poi gli americani li reclameranno. A Netanyahu evidentemente la cosa non piace; del resto a nessuno statista piace quando gli americani gli ricordano che è semplicemente un maggiordomo – e non importa quante donne e bambini abbia sepolto negli scantinati, e quanto si sia divertito a macellare gli innocenti: sempre un maggiordomo resta. Da canto loro, gli americani hanno sempre quell'annoso problema con la sindrome di onnipotenza, che li ha condotti a guerre senza fine e senza senso: Trump, meno apparentemente bellicoso di molti altri presidenti, ne sembra comunque la massima incarnazione. Probabilmente l'uomo è davvero convinto che due milioni di persone si possano deportare facilmente in un posto migliore. Altri uomini prima di lui erano altrettanto convinti di cose del genere. Purtroppo ora i loro nomi si trovano in pagine di Storia dedicate ai genocidi, ma davvero, la buona fede c'era e non dubito che anche Trump ne abbia.  

Così, un mese dopo il Secondo Avvento di Trump, non ho resistito e sono andato a rileggermi Gli idioti in marcia. Non ne vado fiero. Ma magari è successo anche a voi. O più probabilmente non conoscete Gli idioti in marcia – che viceversa in certe sottoculture è un testo famosissimo, oltre che un modo di dire. Per fortuna si tratta di una lacuna che si può colmare in venti minuti; Gli idioti in marcia (The Marching Morons) è infatti un raccontino di fantascienza di Cyril M. Kornbluth. Se proprio non volete leggerlo on line, potete trovarlo nel tredicesimo volume della splendida raccolta I grandi racconti della fantascienza, che per me ormai è un testo sacro: nello stesso volume ci sono cose anche più belle e rilevanti, come Null-P, che spiegava il berlusconismo nel 1951; Sentinella di Clarke (Kubrik ci fece un filmetto), Un secchio d'aria di Leiber, insomma se dovete leggere un solo libro di fantascienza nella vostra vita, forse è quello giusto. Tutta l'antologia è curata da Isaac Asimov, il quale nella breve introduzione al racconto ci avvisava già negli anni '80 che "marching morons" in inglese stava diventando un termine colloquiale, molto spesso usato per commentare le notizie di cronaca. In effetti "idioti in marcia" si può applicare quasi a tutto quello che si legge negli ultimi giorni: aa Meloni spia i giornalisti ma si dimentica di pagare l'app di spionaggio? Marching morons. Si fa beccare mentre promette letame su uno scrittore famoso internazionalmente per la lotta alla camorra? Marching morons. Gli industriali italiani si fanno abbindolare da un tizio che si presenta come il ministro Crosetto e gli propone di trasferire fondi su un conto all'estero – per motivi umanitari, per carità? Marching morons. Ma insomma chi sono questi marching morons?

Nel lontano 1951 Kornbluth aveva già notato che le persone intelligenti tendono a riprodursi meno dei "morons". Da giovane nerd frustrato, la cosa lo convinceva di vivere in un mondo di idioti; da bravo scrittore di fantascienza riteneva giusto scrivere un romanzo per esplorare un'ipotesi: questa tendenza, nel lungo termine non renderà l'intelligenza un gene recessivo? Chi non ha ancora letto il racconto potrebbe comunque aver familiarizzato col problema grazie al film Idiocracy, che ne riprendeva l'assunto. Gli autori del film però non potevano seguire Kornbluth fino in fondo, perché l'autore non si limitava a immaginare un mondo futuro popolato di idioti, ma proponeva anche una soluzione – decisamente genocidaria. Parliamo del resto di un ventottenne newyorkese di origine askenazita che si era conquistato una medaglia di bronzo sulle Ardenne. I genocidi per lui non erano pagine di Storia studiate a scuola, ma episodi a cui aveva assistito e nei quali si sentiva coinvolto. In effetti l'altro suo racconto memorabile, Two Dooms, nasce dall'esigenza esistenziale di giustificare il progetto Manhattan: per spiegare ai suoi lettori e a sé stesso che gli americani dovevano sviluppare la Bomba, Kornbluth si immagina cosa sarebbe successo se i nazisti, in un rush finale, fossero riusciti a svilupparla prima di loro. È forse la prima ucronia del genere, dieci anni prima della Svastica sul sole e non è affatto indenne da una serie di pregiudizi di stampo coloniale che oggi troviamo più difficile distinguere dal razzismo dei nazisti che Kornbluth aveva combattuto non solo a parole. Ma anche The Marching Morons, a guardarlo da una certa distanza, rivela una concezione eugenetica che era la stessa da cui partivano i nazisti. I genetisti tedeschi temevano che i matrimoni misti disperdessero la "razza ariana"; Kornbluth era convinto che l'"intelligenza" fosse un analogo fattore genetico a rischio dispersione. Sia i nazisti sia Kornbluth non arrivano al genocidio immediatamente, ma a un certo punto è la logica dei loro ragionamenti a tirarsi da sola le conclusioni e condurli lì, dove stanno arrivando Netanyahu e Trump; non c'è niente da fare, se concedi che determinate persone abbiano un fattore genetico più prezioso, dovrai isolarli e trovare per loro un Lebensraum dove possano crescere e moltiplicarsi indisturbati; chi è di intralcio a questa operazione dovrà essere messo da parte, possibilmente in modo indolore, anzi sarebbe fantastico se potessero andarsene volentieri, in un luogo dove fossero felici (per quanto possano essere felici gli individui inferiori; pensiamo a certi acquari con la conchiglia e il castelletto).

(Continua)

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