23-06-2003, 14:56fascismo, fumetti, omofobie, referendum, snobismiPermalink
L’avete chiesto, l’avete richiesto, e mo’ beccatevi il
Basic Culture Simulator 1.9
Mai più nozioni superflue!
Proust, Marcel
Gay della prima metà del Novecento. Viveva in una stanza foderata di sughero per attutire i rumori. Grandissimo scrittore, mica come certi blog prolissi ed egocentrici.
Intingendo un giorno un pasticcino nel the, Proust trova l’ispirazione per scrivere un’autobiografia in otto volumi, dopodiché muore.
Preferiva le canzonette alla musica classica, come chiunque, ma aveva la faccia tosta di dirlo, per cui quando in società tutti parlano di Brahms e a voi scappa un commento sugli Strokes, potete sempre difendervi tirando fuori Marcel Proust. Forse è per questo che è lo scrittore più amato dai deejay di un certo spessore.
Musil, Robert
Scrittore austriaco della prima metà del Novecento. Nel primo libro parla delle sue esperienze gay in un collegio. In seguito decide di scrivere un colossale romanzo sulla decadenza dell’Impero Asburgico, ma arrivato a metà (più o meno a pagina mille, cioè) si blocca. Nel frattempo (nel 1919) l’Impero Asburgico crolla davvero, di colpo, lasciando esterrefatti centinaia di scrittori che contavano di sfornare romanzi sulla decadenza asburgica ancora per qualche secolo.
Anche Musil si fa prendere dallo sconforto, pubblica i suoi articoli come “scritti postumi di un autore in vita”, è tentato di archiviare il poderoso romanzo, ma i suoi lettori non lo lasciano in pace: si sono sciroppati un migliaio di pagine intense e hanno il diritto di sapere come va a finire. Musil cincischia, tenta la carta del morboso inventandosi una sorella gemella del protagonista, ma anche dopo l’incesto il romanzo non vuole saperne di finire. Almeno credo, perché a pagina duemila mi sono fermato pure io.
In realtà ho tirato fuori Musil soltanto perché non riesco a dimenticarmi la sua definizione di snobismo, letta su un’antologia della quinta liceo che non riesco più a trovare: lo snobismo consiste nell’infilare in una lista di pittori famosi il nome di un pittore sconosciuto ai più. (Funziona benissimo anche con gli scrittori e coi cantanti).
Mi è venuta in mente qualche giorno fa, leggendo il canone occidentale di Scarpa: Catullo, Agostino, Montaigne, Proust, Céline, Henry Miller, Anais Nin, Paul Léautaud… mi chiedevo, per l’appunto: ma chi diavolo è Paul Léautaud? Beh, ecco qui. Bastava un link…
E per oggi con la letteratura abbiamo finito. Che ne dite di un po’ di Storia?
Termopili, Battaglia delle
Strage greca del quinto secolo avanti Cristo: per rallentare le armate persiane, trecento spartani guidati da Leonida (più altri 700 tespiesi di cui nessuno parla mai) si fecero massacrare eroicamente. Se avessero lasciato passare i persiani, probabilmente il re Serse si sarebbe fatto un giro, avrebbe sottomesso formalmente una ventina di villaggi costieri e se ne sarebbe tornato soddisfatto dall’altra parte del mondo.
Invece, mandando al macello sé e mille compagni, Leonida (luogotenente di uno stato fascista basato sulla schiavitù e sulla segregazione razziale) ha ottenuto l’indubbio onore di figurare in tutti i libri di scuola della quarta ginnasio come il salvatore della cultura occidentale. Che nel cinquecento avanti Cristo consisteva già in questo: considerarsi radicalmente superiori agli stranieri, tenere democraticamente gli schiavi lontano dall’acropoli e mandare i cittadini a morire in battaglie sanguinose e inutili.
(Sulle Termopili c’è un bel libro a fumetti, scritto dal più geniale e fascistoide fumettista americano: Frank Miller).
Le battaglie famose sono sempre quelle che finiscono male, ci avete fatto caso? Di solito le Termopili vengono citate dai leader politici che s’imbarcano in imprese disastrose. Per esempio:
Ma lo rifaresti? Bertinotti risponde citando la poesia di Costantino Kavafkis “in onore di coloro che hanno difeso le loro Termopili ben sapendo che i Medi sarebbero comunque passati”. «Se non avessimo fatto il referendum avremmo lasciato libero il campo al rullo compressore di Berlusconi e non si sarebbero accesi i riflettori sull’invisibilità del lavoro dipendente...».
Invece, grazie all’eroica figuraccia del referendum, il rullo compressore di Berlusconi è passato sopra lavoratori e sindacato, e i riflettori sul lavoro dipendente si sono spenti subito. Che dire: Bertinotti è ancora vivo e orgoglioso, pronto a imbarcarci in una nuova gloriosa battaglia.
Almeno Leonida alle Termopili ci lasciò le penne, e la smise, una buona volta, di mandare allo sbaraglio la sua gente.
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Mai più nozioni superflue!
Proust, Marcel
Gay della prima metà del Novecento. Viveva in una stanza foderata di sughero per attutire i rumori. Grandissimo scrittore, mica come certi blog prolissi ed egocentrici.
Intingendo un giorno un pasticcino nel the, Proust trova l’ispirazione per scrivere un’autobiografia in otto volumi, dopodiché muore.
Preferiva le canzonette alla musica classica, come chiunque, ma aveva la faccia tosta di dirlo, per cui quando in società tutti parlano di Brahms e a voi scappa un commento sugli Strokes, potete sempre difendervi tirando fuori Marcel Proust. Forse è per questo che è lo scrittore più amato dai deejay di un certo spessore.
Musil, Robert
Scrittore austriaco della prima metà del Novecento. Nel primo libro parla delle sue esperienze gay in un collegio. In seguito decide di scrivere un colossale romanzo sulla decadenza dell’Impero Asburgico, ma arrivato a metà (più o meno a pagina mille, cioè) si blocca. Nel frattempo (nel 1919) l’Impero Asburgico crolla davvero, di colpo, lasciando esterrefatti centinaia di scrittori che contavano di sfornare romanzi sulla decadenza asburgica ancora per qualche secolo.
Anche Musil si fa prendere dallo sconforto, pubblica i suoi articoli come “scritti postumi di un autore in vita”, è tentato di archiviare il poderoso romanzo, ma i suoi lettori non lo lasciano in pace: si sono sciroppati un migliaio di pagine intense e hanno il diritto di sapere come va a finire. Musil cincischia, tenta la carta del morboso inventandosi una sorella gemella del protagonista, ma anche dopo l’incesto il romanzo non vuole saperne di finire. Almeno credo, perché a pagina duemila mi sono fermato pure io.
In realtà ho tirato fuori Musil soltanto perché non riesco a dimenticarmi la sua definizione di snobismo, letta su un’antologia della quinta liceo che non riesco più a trovare: lo snobismo consiste nell’infilare in una lista di pittori famosi il nome di un pittore sconosciuto ai più. (Funziona benissimo anche con gli scrittori e coi cantanti).
Mi è venuta in mente qualche giorno fa, leggendo il canone occidentale di Scarpa: Catullo, Agostino, Montaigne, Proust, Céline, Henry Miller, Anais Nin, Paul Léautaud… mi chiedevo, per l’appunto: ma chi diavolo è Paul Léautaud? Beh, ecco qui. Bastava un link…
E per oggi con la letteratura abbiamo finito. Che ne dite di un po’ di Storia?
Termopili, Battaglia delle
Strage greca del quinto secolo avanti Cristo: per rallentare le armate persiane, trecento spartani guidati da Leonida (più altri 700 tespiesi di cui nessuno parla mai) si fecero massacrare eroicamente. Se avessero lasciato passare i persiani, probabilmente il re Serse si sarebbe fatto un giro, avrebbe sottomesso formalmente una ventina di villaggi costieri e se ne sarebbe tornato soddisfatto dall’altra parte del mondo.
Invece, mandando al macello sé e mille compagni, Leonida (luogotenente di uno stato fascista basato sulla schiavitù e sulla segregazione razziale) ha ottenuto l’indubbio onore di figurare in tutti i libri di scuola della quarta ginnasio come il salvatore della cultura occidentale. Che nel cinquecento avanti Cristo consisteva già in questo: considerarsi radicalmente superiori agli stranieri, tenere democraticamente gli schiavi lontano dall’acropoli e mandare i cittadini a morire in battaglie sanguinose e inutili.
(Sulle Termopili c’è un bel libro a fumetti, scritto dal più geniale e fascistoide fumettista americano: Frank Miller).
Le battaglie famose sono sempre quelle che finiscono male, ci avete fatto caso? Di solito le Termopili vengono citate dai leader politici che s’imbarcano in imprese disastrose. Per esempio:
Ma lo rifaresti? Bertinotti risponde citando la poesia di Costantino Kavafkis “in onore di coloro che hanno difeso le loro Termopili ben sapendo che i Medi sarebbero comunque passati”. «Se non avessimo fatto il referendum avremmo lasciato libero il campo al rullo compressore di Berlusconi e non si sarebbero accesi i riflettori sull’invisibilità del lavoro dipendente...».
Invece, grazie all’eroica figuraccia del referendum, il rullo compressore di Berlusconi è passato sopra lavoratori e sindacato, e i riflettori sul lavoro dipendente si sono spenti subito. Che dire: Bertinotti è ancora vivo e orgoglioso, pronto a imbarcarci in una nuova gloriosa battaglia.
Almeno Leonida alle Termopili ci lasciò le penne, e la smise, una buona volta, di mandare allo sbaraglio la sua gente.
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