Potrebbe anche piovere
11-05-2010, 20:10dialoghi, internetPermalinkL'ora d'aria
“Ehi, di qua, tutto bene?”
“Sì, sto finendo il balcone”.
“Pulisci il balcone? Ma tra un po' piove”.
“E vabbè, tanto le stanze le ho finite”.
“Tutte? Anche il soppalco?”
“Soprattutto il soppalco. Tu stai scrivendo?”
“No, ho finito il pezzo ieri sera, stavo mettendo a posto i documenti, sai, per il modello 730, domani ho l'appuntamento”.
“Ti sei ricordato”.
“Già. Vuoi che ti aiuti?”
“Guarda, piuttosto il garage”.
“Già fatto stamattina”.
“Quindi hai finito? Perché io qui ho sto finendo”.
“Del resto è ora di pranzo ormai. Pasta?”
“Ho fatto il pesce, è già in forno. Cinque minuti”.
“Il pesce!”
“Con le patate”.
“Vado a prendere il dolce?”
“Ho fatto anche il dolce. Però se vai a prendere il giornale...”
“Già andato stamattina, dopo il garage”.
“Certo che siamo produttivi stamattina”.
“Altroché”.
“E oggi pomeriggio?”
“Potremmo andare al cinema a Bologna”.
“Al festival della fotografia a Reggio”.
“Shopping a Parma”.
“Tiriamo fuori le biciclette e andiamo a Mantova”.
“Potremmo andare al lago”.
“Anche, perché no. C'è un sacco di cose che potremmo fare”.
“Già, è incredibile. La primavera”.
“No, non è soltanto la primavera, è che... mi sembrano anni che non mi sentivo così... lucido”.
“Già. Ma hai trovato poi quelli dell'assistenza?”
“Sì”.
“Cosa hanno detto? Lo riparano lunedì?”
“È una piastra difettosa, non so cosa significhi, ma hanno detto che ci ripristinano l'adsl in un paio d'ore”.
“Bene”.
“Quindi che si fa?”
“Non so, ci sono così tante cose che potremmo fare... ma potrebbe anche piovere”
“Magari aspettiamo che torni l'adsl e poi controlliamo il tempo”.
“Eh, sì, forse è meglio”.
“Anzi, guarda, fa' un tentativo, prova a sollevare il telefono”.
“Suona libero”.
“Vuol dire che è tornata la linea, vado ad accendere il...”
“Magari prima chiama tua madre, se ha provato a chiamarti e non trovava la linea...”
“Chi?”
“Tua madre. Hai una madre, sai”.
“Non ti sento, sono in soggiorno... ci siamo! Abbiamo internet! Adesso mi connetto, così mando il pezzo, e poi...”
“Il pesce è pronto”.
“Un attimo, guardo il meteo...”
“Tanto abbiamo tutto il giorno”.
(Io domani alle 17.00 sono alla Casa di Khoula a Bologna in via Corticella 104 per un laboratorio di scrittura migrante).
“Ehi, di qua, tutto bene?”
“Sì, sto finendo il balcone”.
“Pulisci il balcone? Ma tra un po' piove”.
“E vabbè, tanto le stanze le ho finite”.
“Tutte? Anche il soppalco?”
“Soprattutto il soppalco. Tu stai scrivendo?”
“No, ho finito il pezzo ieri sera, stavo mettendo a posto i documenti, sai, per il modello 730, domani ho l'appuntamento”.
“Ti sei ricordato”.
“Già. Vuoi che ti aiuti?”
“Guarda, piuttosto il garage”.
“Già fatto stamattina”.
“Quindi hai finito? Perché io qui ho sto finendo”.
“Del resto è ora di pranzo ormai. Pasta?”
“Ho fatto il pesce, è già in forno. Cinque minuti”.
“Il pesce!”
“Con le patate”.
“Vado a prendere il dolce?”
“Ho fatto anche il dolce. Però se vai a prendere il giornale...”
“Già andato stamattina, dopo il garage”.
“Certo che siamo produttivi stamattina”.
“Altroché”.
“E oggi pomeriggio?”
“Potremmo andare al cinema a Bologna”.
“Al festival della fotografia a Reggio”.
“Shopping a Parma”.
“Tiriamo fuori le biciclette e andiamo a Mantova”.
“Potremmo andare al lago”.
“Anche, perché no. C'è un sacco di cose che potremmo fare”.
“Già, è incredibile. La primavera”.
“No, non è soltanto la primavera, è che... mi sembrano anni che non mi sentivo così... lucido”.
“Già. Ma hai trovato poi quelli dell'assistenza?”
“Sì”.
“Cosa hanno detto? Lo riparano lunedì?”
“È una piastra difettosa, non so cosa significhi, ma hanno detto che ci ripristinano l'adsl in un paio d'ore”.
“Bene”.
“Quindi che si fa?”
“Non so, ci sono così tante cose che potremmo fare... ma potrebbe anche piovere”
“Magari aspettiamo che torni l'adsl e poi controlliamo il tempo”.
“Eh, sì, forse è meglio”.
“Anzi, guarda, fa' un tentativo, prova a sollevare il telefono”.
“Suona libero”.
“Vuol dire che è tornata la linea, vado ad accendere il...”
“Magari prima chiama tua madre, se ha provato a chiamarti e non trovava la linea...”
“Chi?”
“Tua madre. Hai una madre, sai”.
“Non ti sento, sono in soggiorno... ci siamo! Abbiamo internet! Adesso mi connetto, così mando il pezzo, e poi...”
“Il pesce è pronto”.
“Un attimo, guardo il meteo...”
“Tanto abbiamo tutto il giorno”.
(Io domani alle 17.00 sono alla Casa di Khoula a Bologna in via Corticella 104 per un laboratorio di scrittura migrante).
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Alba of the Dead
10-05-2010, 00:0421tw, cinema, fb2020, film italiani bruttini, ho una teoriaPermalink(Cosa voglio di più with Zombies
E invece nel secondo tempo Milano è invasa da zombie affamati di carne umana! Il virus viaggia attraverso il Lambro contaminato, colpendo bambini e maschi adulti. Anna e l'addetto catering, sbarrati nel motel, vivono momenti di panico che mettono a dura prova una relazione fondata esclusivamente sull'intesa sessuale. Angosciato per le sorti dei suoi cari, l'addetto catering attraversa una Milano cupa e spettrale soltanto per scoprire che la moglie è stata divorata dai due bambini contaminati (una delle metafore più visionarie e grottesche del cinema italiano degli ultimi vent'anni). Distrutto dal rimorso, deciderà ugualmente di restare con loro, per fedeltà a un vincolo che la morte ha messo a dura prova, ma non ha spezzato. Tornerà a lavorare nel catering (ma dovrà apportare molte modifiche ai menu). Nel frattempo, al termine di una rocambolesca odissea nella metropoli devastata, Anna ritrova il placido Alessio, che in sua assenza è diventato il leader della resistenza dei superstiti contro i morti viventi: le sue doti di bricoleur e giardiniere si sono rivelate fondamentali per garantire ai sopravvissuti i beni di prima necessità. Anna capisce di amarlo, ma Alessio ora convive con altre dieci concubine (la poligamia essendo necessaria alla sopravvivenza della specie). L'ex impiegata però si dimostra all'altezza del suo uomo escogitando un piano brillante per attirare gli zombie a San Siro e farlo esplodere. Con lo stadio simbolo di Milano esplode anche l'archetipo del film italiano minimale e intimista, di cui Soldini ha messo in scena nel primo tempo un'imitazione riuscitissima, soltanto per il gusto di farla esplodere nel secondo in un horror movie sgangherato. Il risultato è un autentico capolavoronf.
Ronf
“Sveglia”.
“Eh? Cosa?”
“Stavi russando”.
“Ma è finito il film?”
“Ti sei addormentato a metà, che vergogna”.
“Com'è andata a finire? No, lascia, indovino. Lui torna da sua moglie”.
“E lei torna dal marito”.
“È sempre così. Non hanno neanche il coraggio di far finire un matrimonio, è come se avessero paura di far male ai loro personaggi”.
“Ma è giusto così, è così che finiscono quasi tutte le storie”.
“Sarà. Invece, pensa, stavo sognando che nel secondo tempo arrivavano gli zombie”.
“Gli zombie a Milano?”
“Perché no? Mi sembra una location adatta”.
“Ma gli italiani non sanno fare film di zombie. Loro fanno film che rispecchiano la vita vera. Film in cui le persone normali possono riconoscersi”.
“Ma io mi riconoscerei anche in un film di zombie, sai quanti ne incontro tutti i giorni? No, sul serio, sai quanti se ne devono trovare in giro per Milano... per dire, quelli che hanno scritto questo film, secondo te sono ancora vivi? Un essere vivente non scrive un film così. Voglio dire, hai la possibilità di scrivere un film, cosa fai? Cerchi di metterci un sacco di cose belle, interessanti, divertenti”.
“Ma la vita non è sempre così”.
“Ma i film dovrebbero. Io mi sarei anche stancato di andare al cinema a vedere personaggi che hanno un'esistenza più piatta della mia. Cioè, sul serio, le mie giornate sono più interessanti di quelle di questi due. E mi chiedo: ma come fa un essere vivente a decidere di scrivere un film così? 'Mi raccomando, mettiamoci solo cose mediocri: personaggi mediocri, incontri mediocri, discorsi mediocri'...”
“Sono i discorsi mediocri che fa la gente normale”.
“La gente normale fa discorsi mediocri anche perché quando va al cinema non trova nessuno che le suggerisca qualche parola in più. Una volta serviva anche a questo, il cinema: a fornire modelli di comportamento o di conversazione. Le signorine ascoltavano come parlavano le dame dei telefoni bianchi e prendevano appunti. I ragazzi studiavano le battute dei cow-boy o dei padrini. La gente ha bisogno di mettere parole nella loro vita, e il cinema gliele deve suggerire. Non può tutte le volte limitarsi a rispecchiare una realtà nel modo più piatto e fotografico possibile”.
“Mah”.
“Sennò contribuisce a renderci ancora più banali e afasici di quello che siamo. Almeno, è una mia teoria”.
“Già, le tue teorie”.
“Torniamo a casa? Ho fame”.
“Cosa c'è per cena?”
“Carne umana. ARRRRRGH!”
“Cretino”.
Figùrati se D'Alema
06-05-2010, 01:51avercela con D'Alema, dialoghi, Pd, tvPermalinkSchemi lungamente riprovati
Martedì 4 maggio. In un superattico a Roma o Cologno Monzese, una task force di persuasori occulti sta lavorando a una missione impossibile: difendere l'ex ex Ministro Scajola dagli ignobili attacchi degli avvoltoi all'opposizione...
“Quindi, sintetizzando la situazione...”
“Siamo fottuti”.
“No, ecco, così è un po' troppo sintetica”.
“Ieri il ministro si è dimesso, tra sei ore comincia il tolksciò, e non abbiamo nessun argomento per difenderlo, nessuno”.
“Più o meno sì, la situazione è questa”.
“Quindi siamo fottuti”.
“Sì, però quante volte ci siamo trovati davanti a uno specchio e ci siamo arrampicati? Ce la possiamo fare anche stavolta”.
“No. È indifendibile, quello. Si è sganciato pure il Giornale”.
“Vabbè, scusa, mica potevano bersi la storia dei tremila euro a metro quadro... voglio dire, le case le comprano anche i lettori del Giornale, saranno mica tutti idioti”.
“Va bene, però adesso la consegna è di difenderlo, e noi non abbiamo uno straccio di argomento. Non abbiamo niente. Lui manco sa quel che dice, dice che vuol rendere l'appartamento, capirai, a momenti non sa nemmeno a chi l'ha comprato. E tra sei ore si va in onda. Stavolta ci fanno il contropelo”.
“Chi, i democratici? Ma no, vedrai. Non sono capaci”.
“Ti dico che ci fanno il contropelo”.
“Ma no, guarda, è proprio in questi casi, quando potrebbero affondare la lama nella piaga, che si ritirano sempre... gli manca il killer instinct”.
“Cazzate. Non sono più quelli di una volta. Adesso ci sono questi giovani, 'sti pivellini, hanno voglia di mostrare i denti”.
“Vabbè, ma son cucciolotti ancora”.
“Son più pericolosi. Se ci fosse ancora la vecchia guardia... per dire, cinque, dieci anni fa, sai chi avrebbero mandato?”
“D'Alema”.
“Proprio lui. Ecco, D'Alema ce lo saremmo giocato”.
“Era tosto anche D'Alema”.
“Sì, però... guarda, gli si mandava un fesso qualunque, il più irritante in circolazione, e si cominciava a pungolarlo su Affittopoli, te la ricordi Affittopoli?”
“Vagamente. Una vecchia roba di Feltri?”
“Scoprirono che a Roma D'Alema pagava una miseria di equo canone”.
“Vabbè, non è esattamente la stessa cosa”.
“Ma è proprio questo il punto. D'Alema è precisino, stizzosetto, tu gli mandi un cialtrone irritante che ti butta lì un parallelismo idiota con un vecchio scandalo, e lui esplode! A quel punto bum, caciara, e il giorno dopo nessuno parla più di Scajola, tutti a parlare di D'Alema e della caciara. Cinque anni fa avremmo fatto così. Dieci anni fa avremmo fatto così”.
“In effetti facevate sempre le stesse cose”.
“Per forza, ci mandavano sempre gli stessi... ormai li conosciamo a memoria”.
“Schemi lungamente provati e riprovati”.
“Vabbè, che ci vuoi fare, il tempo passa...”
“Però, chi lo sa, stasera potrebbe comunque venire D'Alema”.
“Ma valà, figurati. Adesso lui sta nelle retrovie, gioca a fare il kingmaker, di sicuro non si sporca le mani a battibeccare in un tolksciò”.
“Ogni tanto ci va ancora”.
“Sì ma non stavolta, scusa, figurati se per parlare della casa di Scajola mandano l'unico esponente del loro partito che è stato coinvolto in uno scandaletto immobiliare. Cioè, dovrebbero essere degli autolesionisti puri”.
“Ma loro sono autolesionisti puri. Scusa, eh, ma Tafazzi...”
“Ma no, Tafazzi è un'idea che abbiamo messo in giro noi. Se vuoi fare questo mestiere bisogna che ti alleni a non credere troppo alle storie che metti in giro, eh”.
“Quindi secondo te non sono autolesionisti?”
“Non così tanto da mandare D'Alema stasera, no. Te l'ho detto, manderanno i giovani, stanno funzionando. Al limite Bersani, pare che sia piaciuto da Santoro la scorsa settimana”.
“Io comunque una telefonata la farei, giusto per chiedere se sanno già chi viene del Pd... hai visto mai”.
“Fai pure, ma è tempo perso. Quello stasera se ne sta a casa a guardare i suoi uomini al lavoro".
"Non si sa mai".
"Si sa, si sa. Mica è scemo".
Martedì 4 maggio. In un superattico a Roma o Cologno Monzese, una task force di persuasori occulti sta lavorando a una missione impossibile: difendere l'ex ex Ministro Scajola dagli ignobili attacchi degli avvoltoi all'opposizione...
“Quindi, sintetizzando la situazione...”
“Siamo fottuti”.
“No, ecco, così è un po' troppo sintetica”.
“Ieri il ministro si è dimesso, tra sei ore comincia il tolksciò, e non abbiamo nessun argomento per difenderlo, nessuno”.
“Più o meno sì, la situazione è questa”.
“Quindi siamo fottuti”.
“Sì, però quante volte ci siamo trovati davanti a uno specchio e ci siamo arrampicati? Ce la possiamo fare anche stavolta”.
“No. È indifendibile, quello. Si è sganciato pure il Giornale”.
“Vabbè, scusa, mica potevano bersi la storia dei tremila euro a metro quadro... voglio dire, le case le comprano anche i lettori del Giornale, saranno mica tutti idioti”.
“Va bene, però adesso la consegna è di difenderlo, e noi non abbiamo uno straccio di argomento. Non abbiamo niente. Lui manco sa quel che dice, dice che vuol rendere l'appartamento, capirai, a momenti non sa nemmeno a chi l'ha comprato. E tra sei ore si va in onda. Stavolta ci fanno il contropelo”.
“Chi, i democratici? Ma no, vedrai. Non sono capaci”.
“Ti dico che ci fanno il contropelo”.
“Ma no, guarda, è proprio in questi casi, quando potrebbero affondare la lama nella piaga, che si ritirano sempre... gli manca il killer instinct”.
“Cazzate. Non sono più quelli di una volta. Adesso ci sono questi giovani, 'sti pivellini, hanno voglia di mostrare i denti”.
“Vabbè, ma son cucciolotti ancora”.
“Son più pericolosi. Se ci fosse ancora la vecchia guardia... per dire, cinque, dieci anni fa, sai chi avrebbero mandato?”
“D'Alema”.
“Proprio lui. Ecco, D'Alema ce lo saremmo giocato”.
“Era tosto anche D'Alema”.
“Sì, però... guarda, gli si mandava un fesso qualunque, il più irritante in circolazione, e si cominciava a pungolarlo su Affittopoli, te la ricordi Affittopoli?”
“Vagamente. Una vecchia roba di Feltri?”
“Scoprirono che a Roma D'Alema pagava una miseria di equo canone”.
“Vabbè, non è esattamente la stessa cosa”.
“Ma è proprio questo il punto. D'Alema è precisino, stizzosetto, tu gli mandi un cialtrone irritante che ti butta lì un parallelismo idiota con un vecchio scandalo, e lui esplode! A quel punto bum, caciara, e il giorno dopo nessuno parla più di Scajola, tutti a parlare di D'Alema e della caciara. Cinque anni fa avremmo fatto così. Dieci anni fa avremmo fatto così”.
“In effetti facevate sempre le stesse cose”.
“Per forza, ci mandavano sempre gli stessi... ormai li conosciamo a memoria”.
“Schemi lungamente provati e riprovati”.
“Vabbè, che ci vuoi fare, il tempo passa...”
“Però, chi lo sa, stasera potrebbe comunque venire D'Alema”.
“Ma valà, figurati. Adesso lui sta nelle retrovie, gioca a fare il kingmaker, di sicuro non si sporca le mani a battibeccare in un tolksciò”.
“Ogni tanto ci va ancora”.
“Sì ma non stavolta, scusa, figurati se per parlare della casa di Scajola mandano l'unico esponente del loro partito che è stato coinvolto in uno scandaletto immobiliare. Cioè, dovrebbero essere degli autolesionisti puri”.
“Ma loro sono autolesionisti puri. Scusa, eh, ma Tafazzi...”
“Ma no, Tafazzi è un'idea che abbiamo messo in giro noi. Se vuoi fare questo mestiere bisogna che ti alleni a non credere troppo alle storie che metti in giro, eh”.
“Quindi secondo te non sono autolesionisti?”
“Non così tanto da mandare D'Alema stasera, no. Te l'ho detto, manderanno i giovani, stanno funzionando. Al limite Bersani, pare che sia piaciuto da Santoro la scorsa settimana”.
“Io comunque una telefonata la farei, giusto per chiedere se sanno già chi viene del Pd... hai visto mai”.
“Fai pure, ma è tempo perso. Quello stasera se ne sta a casa a guardare i suoi uomini al lavoro".
"Non si sa mai".
"Si sa, si sa. Mica è scemo".
Comments (26)
Un uomo chiamato Dimettiti
04-05-2010, 19:41Berlusconi, dialoghi, repliche, ScajolaPermalink(La domanda della settimana ovviamente è: ma può veramente un Ministro, seppure tra i più dimissionati della Storia della Repubblica, pensare che quell'appartamento lì costasse seicentomila euro? La domanda sarebbe retorica, se il Ministro non fosse Scajola.
Quando si parla di Scajola, e quindi di dimissioni-di-Scajola, la redazione di questo decrepito blog prova sempre un fremito di nostalgia per i vecchi tempi barricaderi, in cui a chiedere le dimissioni senza se e senza ma erano solo i brigatisti-noglobbal. Per questo motivo abbiamo pensato di festeggiare le ennesime dimissioni con un pezzo d'epoca: luglio 2002! Sì, esistevano già blog in Italia, e scrivevano pezzi sulle dimissioni di Scajola. Sembra impossibile, eppure).
Drin!
"Pronto"
"Presidente, sono Claudio".
"Claudio quale, il custode della villa?"
"No, il Ministro degli Interni".
"Ah, sì… Claudio! Che piacere, come va?"
"Insomma. Io chiamavo per via di quelle dimissioni".
"Ah, già, le dimissioni. Beh, Claudio, non se ne parla nemmeno".
"Ecco, appunto. Credo sia superfluo dirle quanta stima e quanta ammirazione io nutri per lei…"
"Non è mai superfluo, Claudio".
"…il giorno in cui io seppi che mi nominava Ministro degli Interni, non lo nascondo, ero francamente sorpreso…"
"Stupirvi è il mio mestiere, Claudio!"
"…perché fino a quel momento io di Interni non ne sapevo nulla".
"Via, Claudio, adesso sei ingiusto con te stesso".
"…però mi sono detto: il Presidente sa quello che fa, e se mi nomina Ministro, vuol dire che io ne sono capace".
"Bravo Claudio, questa è la giusta attitudine".
"…Ma i risultati, Presidente, sono stati disastrosi!".
"Ma no, che cosa dici".
"Presidente! In quest'anno di ministero io ho abusato della sua fiducia in tutti i modi! L'ho esposta al ridicolo nazionale e internazionale!"
"Ecco, Claudio, qualche errorino l'hai fatto, non lo nego… per esempio, a Genova, gli arazzi alle pareti non erano un granché…"
"A Genova ho lasciato che Fini prendesse il controllo della piazza! I poliziotti usavano armi proibite dalle convenzioni internazionali e nascondevano molotov nei dormitori, e io stavo a Roma a giocare a solitario col computer!"
"E i tappetini della passerella, soprattutto… si vedeva subito che non erano nuovi".
"E poi mi sono intrappolato da solo, con le mie dichiarazioni da deficiente! Siccome i carabinieri sparavano, io mi sono inventato di avergli dato l'ordine di sparare, e perfino i Comandanti mi hanno sputtanato! Che fosse chiaro che i carabinieri sparano quando gli pare e non glielo può ordinare nessuno!"
"Sì, quei tappetini mi hanno fatto sudar freddo. Ma da quale congresso li avevi riciclati? Ti sembrava il caso di lesinare, con Bush Putin e Chirac in giro?".
"Certo, tutto questo è successo un anno fa… ero nuovo del giro… si poteva dar la colpa al governo precedente…"
"Ed è quello che ho fatto, Claudio. Del resto non ho mai dubitato delle tue capacità".
"Lei è troppo buono con me, Presidente! Troppo! Ma è ormai evidente come io sia il più indegno dei suoi Ministri, e sì che è una bella gara!"
"Beh, se proprio insisti, Claudio, qualche rilievo da farti ce l'ho".
"Basti il modo in cui ho gestito il caso Biagi, dico, perfino il suo stalliere si sarebbe comportato in maniera più elegante di me!"
"Lasciamo stare gli stallieri, Claudio…"
"Certo, in fondo ho fatto quello che avrebbe fatto chiunque! Quel signore viene, sostiene di essere un consulente importante, capirai! E pretende che gli lasci la scorta. Ma se l'ho tagliata a tutti! Me l'aveva chiesto Tremonti…"
"Sì, Tremonti, d'accordo, ma bisogna stare attenti a non esagerare".
"Ho cercato di spiegarglielo, ma lui insisteva… diceva che Cofferati lo minacciava. Ora, è facile adesso prendersela con me, ma sfido chiunque al mio posto a comportarsi diversamente: arriva un professor nessuno, dice: salve, sono un consulente importante, e Cofferati minaccia di uccidermi! Come si fa a dargli retta? Era come se avesse scritto 'Mitomane' sulla fronte".
"Per esempio, tu sai quanto io apprezzi la cura degli dettagli…"
"I dettagli, già, Presidente… Avrei dovuto pensarci. Ricordarmi di D'Antona. Fare due più due. E invece niente. I brigatisti avrebbero potuto ucciderlo in qualsiasi momento, ma hanno aspettato che la questura di Bologna gli togliesse la scorta. Avrei dovuto pensarci".
"Ma ci sono accostamenti che proprio non riesco a mandar giù"
"Neanch'io, Presidente. Non riuscivo ad ammettere che qualcuno potesse tramare alle mie spalle. Io mi fidavo, e loro mi prendevano in giro. Mi hanno fatto dichiarare che era la stessa pistola di D'Antona, e non era vero. Un'altra figura di merda".
"Per esempio, al Viminale mi è capitato di vedere una cassapanca rococò di fianco a una scrivania Luigi XIII. Beh, non mi sembra proprio il caso".
"Poi, naturalmente, Biagi è stato fatto santo. Improvvisamente si è scoperto che il Libro Bianco l'aveva scritto tutto lui. Che era il martire delle riforme. E tutti a cospargersi il capo di cenere. Un'ipocrisia rivoltante".
"Quante volte te l'avrò detto, Claudio? Al Viminale il rococò non si addice. È roba da Farnesina. Un giorno o l'altro ti mando un camioncino per la consegna. Però a queste cose dovresti pensarci tu…".
"Nessuno che si sentisse di dire la sacrosanta verità: che Biagi non aveva più bisogno di scorta perché gli stavamo dando il benservito, che Maroni non gli avrebbe rinnovato il contratto! Certo, col senno del poi era un eroe delle riforme, ma da vivo Biagi mi era sembrato nient'altro che un precario, con le classiche paranoie del caso".
"E ti dirò, anche il mobilio di palazzo Chigi lascia un po' a desiderare":
"Io ho resistito, Presidente, non sa quante volte ho rischiato di scoppiare, ma ho sempre resistito. Poi, l'altro giorno, a Cipro… non so che mi è preso".
"Tutti questi cassettoni stile Impero, te l'ho già detto di buttarle via, ma quand'è che vieni a fare un sopralluogo? Certe volte mi chiedo cosa fai tutto il santo giorno. Per esempio, a Cipro che c'eri andato a fare?"
"Lei forse può capirmi, Presidente… all'estero si crede sempre che i giornalisti non capiscano quello che diciamo. Ho il sospetto che si travestano da giornalisti stranieri. E poi il caldo, lo stress, Maroni che fa il furbo… mi è scappata. Un errore imperdonabile. Imperdonabile".
"Claudio, ma insomma, mi ascolti quando parlo?"
"Certo, Presidente".
"Direi di no. Non fai che lagnarti per delle inezie che non c'entrano niente col tuo mestiere. Io ti ho nominato Ministro degli Interni".
"Sì, Presidente".
"E tu non fai che parlare di quel poveretto di Biagi, di scorte, di carabinieri, del G8… tutto questo cosa ha a che fare con gli Interni?"
"Mah, Presidente, veramente…"
"Claudio, io è da anni che ti tengo d'occhio, da quand'eri un pesce piccolo democristiano un po' inquisito, come tanti. Ma sin d'allora ho capito che in te c'era un grande talento. Io per queste cose ho un occhio. Per esempio, un giorno ho detto: bravo questo Mike Bongiorno, sarà un grande presentatore. Ed è andata così. E un'altra volta ho visto Ruud Gullit e ho detto: però questo negro, mi sa tanto che diventerà un gran calciatore. Nessuno ci credeva, eppure è andata così. O no?"
"Certo Presidente, ma io…"
"Lasciami finire. Sin dal primo momento in cui sono stato tuo ospite a Imperia ho capito che tu avevi un vero talento per gli Interni. Per l'arredamento, le tendine alle finestre, gli stucchi, gli arazzi. Come politico, sai, sei sempre stato una mezzasega. Ma come arredatore sei un genio ancora largamente inespresso. Un mago degli Interni. È per questo che ti ho fatto ministro".
"Ah… beh…"
"E dopo un anno che sei lì, non sei ancora venuto a cambiare i cassettoni di palazzo Chigi, e non fai che rilasciare dichiarazioni su fatti che non ti riguardano! Si può sapere cosa ti ha preso?"
"Ehm… Presidente, forse c'è stato un equivoco".
"Un equivoco?"
"Sì, direi un tragico qui pro quo".
"Ma che qui e quo qua vai parlando, il fatto è che ti sei montato la testa. Non sei l'unico Ministro a cui è successo. Ma non credere che io ti mollerò così facilmente. Un talento come il tuo vale tanto oro quanto pesa. Vuoi che ti ritocchi lo stipendio?"
"No, Presidente, meglio di no…"
"Come vuoi. Allora magari ti raddoppio la scorta, eh? Quattro macchine blu davanti e dietro. Così lo sapranno tutti quanto ti stimo e la pianteranno di attaccarti".
"Beh, Presidente, se insiste…"
"Ok, da domattina scorta raddoppiata. Però domani mattina alle nove precise voglio vederti a Palazzo Chigi per quei cassettoni. È chiaro?"
"Sì, mio Presidente".
"Molto bene. Sogni d'oro, Claudio. A domani".
"A domani Presidente".
-click-
"Ouf".
"Ma si può sapere chi era? Sono le tre del mattino..."
"Ma niente, era Claudio".
"Claudio chi, il custode?"
"No, il mio arredatore, un pirla di Forza Italia. Bravo, eh. Però un pirla".
"Certo che te li sai scegliere".
"Oh, Veronica, credi che alla mia età sarei ancora in circolazione se mi scegliessi collaboratori intelligenti? Devono essere perlomeno più pirla di me".
"Bella gara…"
"Cos'era, una battuta?"
"No, niente. Buona notte, Presidente".
"Buona notte".
Quando si parla di Scajola, e quindi di dimissioni-di-Scajola, la redazione di questo decrepito blog prova sempre un fremito di nostalgia per i vecchi tempi barricaderi, in cui a chiedere le dimissioni senza se e senza ma erano solo i brigatisti-noglobbal. Per questo motivo abbiamo pensato di festeggiare le ennesime dimissioni con un pezzo d'epoca: luglio 2002! Sì, esistevano già blog in Italia, e scrivevano pezzi sulle dimissioni di Scajola. Sembra impossibile, eppure).
Drin!
"Pronto"
"Presidente, sono Claudio".
"Claudio quale, il custode della villa?"
"No, il Ministro degli Interni".
"Ah, sì… Claudio! Che piacere, come va?"
"Insomma. Io chiamavo per via di quelle dimissioni".
"Ah, già, le dimissioni. Beh, Claudio, non se ne parla nemmeno".
"Ecco, appunto. Credo sia superfluo dirle quanta stima e quanta ammirazione io nutri per lei…"
"Non è mai superfluo, Claudio".
"…il giorno in cui io seppi che mi nominava Ministro degli Interni, non lo nascondo, ero francamente sorpreso…"
"Stupirvi è il mio mestiere, Claudio!"
"…perché fino a quel momento io di Interni non ne sapevo nulla".
"Via, Claudio, adesso sei ingiusto con te stesso".
"…però mi sono detto: il Presidente sa quello che fa, e se mi nomina Ministro, vuol dire che io ne sono capace".
"Bravo Claudio, questa è la giusta attitudine".
"…Ma i risultati, Presidente, sono stati disastrosi!".
"Ma no, che cosa dici".
"Presidente! In quest'anno di ministero io ho abusato della sua fiducia in tutti i modi! L'ho esposta al ridicolo nazionale e internazionale!"
"Ecco, Claudio, qualche errorino l'hai fatto, non lo nego… per esempio, a Genova, gli arazzi alle pareti non erano un granché…"
"A Genova ho lasciato che Fini prendesse il controllo della piazza! I poliziotti usavano armi proibite dalle convenzioni internazionali e nascondevano molotov nei dormitori, e io stavo a Roma a giocare a solitario col computer!"
"E i tappetini della passerella, soprattutto… si vedeva subito che non erano nuovi".
"E poi mi sono intrappolato da solo, con le mie dichiarazioni da deficiente! Siccome i carabinieri sparavano, io mi sono inventato di avergli dato l'ordine di sparare, e perfino i Comandanti mi hanno sputtanato! Che fosse chiaro che i carabinieri sparano quando gli pare e non glielo può ordinare nessuno!"
"Sì, quei tappetini mi hanno fatto sudar freddo. Ma da quale congresso li avevi riciclati? Ti sembrava il caso di lesinare, con Bush Putin e Chirac in giro?".
"Certo, tutto questo è successo un anno fa… ero nuovo del giro… si poteva dar la colpa al governo precedente…"
"Ed è quello che ho fatto, Claudio. Del resto non ho mai dubitato delle tue capacità".
"Lei è troppo buono con me, Presidente! Troppo! Ma è ormai evidente come io sia il più indegno dei suoi Ministri, e sì che è una bella gara!"
"Beh, se proprio insisti, Claudio, qualche rilievo da farti ce l'ho".
"Basti il modo in cui ho gestito il caso Biagi, dico, perfino il suo stalliere si sarebbe comportato in maniera più elegante di me!"
"Lasciamo stare gli stallieri, Claudio…"
"Certo, in fondo ho fatto quello che avrebbe fatto chiunque! Quel signore viene, sostiene di essere un consulente importante, capirai! E pretende che gli lasci la scorta. Ma se l'ho tagliata a tutti! Me l'aveva chiesto Tremonti…"
"Sì, Tremonti, d'accordo, ma bisogna stare attenti a non esagerare".
"Ho cercato di spiegarglielo, ma lui insisteva… diceva che Cofferati lo minacciava. Ora, è facile adesso prendersela con me, ma sfido chiunque al mio posto a comportarsi diversamente: arriva un professor nessuno, dice: salve, sono un consulente importante, e Cofferati minaccia di uccidermi! Come si fa a dargli retta? Era come se avesse scritto 'Mitomane' sulla fronte".
"Per esempio, tu sai quanto io apprezzi la cura degli dettagli…"
"I dettagli, già, Presidente… Avrei dovuto pensarci. Ricordarmi di D'Antona. Fare due più due. E invece niente. I brigatisti avrebbero potuto ucciderlo in qualsiasi momento, ma hanno aspettato che la questura di Bologna gli togliesse la scorta. Avrei dovuto pensarci".
"Ma ci sono accostamenti che proprio non riesco a mandar giù"
"Neanch'io, Presidente. Non riuscivo ad ammettere che qualcuno potesse tramare alle mie spalle. Io mi fidavo, e loro mi prendevano in giro. Mi hanno fatto dichiarare che era la stessa pistola di D'Antona, e non era vero. Un'altra figura di merda".
"Per esempio, al Viminale mi è capitato di vedere una cassapanca rococò di fianco a una scrivania Luigi XIII. Beh, non mi sembra proprio il caso".
"Poi, naturalmente, Biagi è stato fatto santo. Improvvisamente si è scoperto che il Libro Bianco l'aveva scritto tutto lui. Che era il martire delle riforme. E tutti a cospargersi il capo di cenere. Un'ipocrisia rivoltante".
"Quante volte te l'avrò detto, Claudio? Al Viminale il rococò non si addice. È roba da Farnesina. Un giorno o l'altro ti mando un camioncino per la consegna. Però a queste cose dovresti pensarci tu…".
"Nessuno che si sentisse di dire la sacrosanta verità: che Biagi non aveva più bisogno di scorta perché gli stavamo dando il benservito, che Maroni non gli avrebbe rinnovato il contratto! Certo, col senno del poi era un eroe delle riforme, ma da vivo Biagi mi era sembrato nient'altro che un precario, con le classiche paranoie del caso".
"E ti dirò, anche il mobilio di palazzo Chigi lascia un po' a desiderare":
"Io ho resistito, Presidente, non sa quante volte ho rischiato di scoppiare, ma ho sempre resistito. Poi, l'altro giorno, a Cipro… non so che mi è preso".
"Tutti questi cassettoni stile Impero, te l'ho già detto di buttarle via, ma quand'è che vieni a fare un sopralluogo? Certe volte mi chiedo cosa fai tutto il santo giorno. Per esempio, a Cipro che c'eri andato a fare?"
"Lei forse può capirmi, Presidente… all'estero si crede sempre che i giornalisti non capiscano quello che diciamo. Ho il sospetto che si travestano da giornalisti stranieri. E poi il caldo, lo stress, Maroni che fa il furbo… mi è scappata. Un errore imperdonabile. Imperdonabile".
"Claudio, ma insomma, mi ascolti quando parlo?"
"Certo, Presidente".
"Direi di no. Non fai che lagnarti per delle inezie che non c'entrano niente col tuo mestiere. Io ti ho nominato Ministro degli Interni".
"Sì, Presidente".
"E tu non fai che parlare di quel poveretto di Biagi, di scorte, di carabinieri, del G8… tutto questo cosa ha a che fare con gli Interni?"
"Mah, Presidente, veramente…"
"Claudio, io è da anni che ti tengo d'occhio, da quand'eri un pesce piccolo democristiano un po' inquisito, come tanti. Ma sin d'allora ho capito che in te c'era un grande talento. Io per queste cose ho un occhio. Per esempio, un giorno ho detto: bravo questo Mike Bongiorno, sarà un grande presentatore. Ed è andata così. E un'altra volta ho visto Ruud Gullit e ho detto: però questo negro, mi sa tanto che diventerà un gran calciatore. Nessuno ci credeva, eppure è andata così. O no?"
"Certo Presidente, ma io…"
"Lasciami finire. Sin dal primo momento in cui sono stato tuo ospite a Imperia ho capito che tu avevi un vero talento per gli Interni. Per l'arredamento, le tendine alle finestre, gli stucchi, gli arazzi. Come politico, sai, sei sempre stato una mezzasega. Ma come arredatore sei un genio ancora largamente inespresso. Un mago degli Interni. È per questo che ti ho fatto ministro".
"Ah… beh…"
"E dopo un anno che sei lì, non sei ancora venuto a cambiare i cassettoni di palazzo Chigi, e non fai che rilasciare dichiarazioni su fatti che non ti riguardano! Si può sapere cosa ti ha preso?"
"Ehm… Presidente, forse c'è stato un equivoco".
"Un equivoco?"
"Sì, direi un tragico qui pro quo".
"Ma che qui e quo qua vai parlando, il fatto è che ti sei montato la testa. Non sei l'unico Ministro a cui è successo. Ma non credere che io ti mollerò così facilmente. Un talento come il tuo vale tanto oro quanto pesa. Vuoi che ti ritocchi lo stipendio?"
"No, Presidente, meglio di no…"
"Come vuoi. Allora magari ti raddoppio la scorta, eh? Quattro macchine blu davanti e dietro. Così lo sapranno tutti quanto ti stimo e la pianteranno di attaccarti".
"Beh, Presidente, se insiste…"
"Ok, da domattina scorta raddoppiata. Però domani mattina alle nove precise voglio vederti a Palazzo Chigi per quei cassettoni. È chiaro?"
"Sì, mio Presidente".
"Molto bene. Sogni d'oro, Claudio. A domani".
"A domani Presidente".
-click-
"Ouf".
"Ma si può sapere chi era? Sono le tre del mattino..."
"Ma niente, era Claudio".
"Claudio chi, il custode?"
"No, il mio arredatore, un pirla di Forza Italia. Bravo, eh. Però un pirla".
"Certo che te li sai scegliere".
"Oh, Veronica, credi che alla mia età sarei ancora in circolazione se mi scegliessi collaboratori intelligenti? Devono essere perlomeno più pirla di me".
"Bella gara…"
"Cos'era, una battuta?"
"No, niente. Buona notte, Presidente".
"Buona notte".
Comments (1)
Per resistere, resiste
03-05-2010, 15:0725 aprili, ho una teoria, memoria del 900, resistenza, scuolaPermalink
"Ma hai sentito che vogliono cancellare la Resistenza?"
"Eh? Cosa?"
"La Resistenza, vogliono cancellarla dalle scuole".
"Ma chi?"
"Come chi, la Gelmini!"
"Ma è uno scandalo".
"Ma veramente".
"Come se... ma tu, scusa, l'hai fatta tu a scuola la Resistenza?"
"Ah, no, io sono arrivato a Caporetto".
"Io a Sarajevo".
"Comunque è uno scandalo".
"Comunque sì".
Ho una teoria (#21): cancellare la Resistenza dalle scuole non è poi quel dramma... (sull'Unità.it; si commenta qui).
"Eh? Cosa?"
"La Resistenza, vogliono cancellarla dalle scuole".
"Ma chi?"
"Come chi, la Gelmini!"
"Ma è uno scandalo".
"Ma veramente".
"Come se... ma tu, scusa, l'hai fatta tu a scuola la Resistenza?"
"Ah, no, io sono arrivato a Caporetto".
"Io a Sarajevo".
"Comunque è uno scandalo".
"Comunque sì".
Ho una teoria (#21): cancellare la Resistenza dalle scuole non è poi quel dramma... (sull'Unità.it; si commenta qui).
Ma è vero che la Gelmini vuole cancellare la Resistenza dalle scuole? Sì e no. Non è vero che i nuovi programmi ministeriali abbiano eliminato la lotta antifascista. È semplicemente successo che i collaboratori della Gelmini, dovendo sintetizzare il programma di Storia del Novecento in una paginetta, non abbiano usato la parola “Resistenza”. Per loro stessa ammissione, affrontare la Seconda Guerra Mondiale e il dopoguerra senza toccare l'argomento è praticamente impossibile. Dipenderà poi da ogni singolo insegnante, che alla paginetta allegata a una circolare darà un'occhiata a settembre, per poi rinchiuderla in un cassetto e non guardarla probabilmente mai più. L'approccio degli insegnanti dipende molto più dai libri di testo, e sui libri per ora la Resistenza resiste.
È curioso che si accusi la Gelmini di questo tipo di revisionismo: si dà per scontato che la Resistenza sia un punto fermo dei programmi di Storia della scuola dell'obbligo. Eppure, se ci pensate bene, fino a poco tempo fa non lo era affatto. Sono piuttosto rari quelli della mia generazione che hanno fatto in tempo a studiare i partigiani a scuola: e questo non a causa del programma: sui foglietti del ministero magari la parola “Resistenza” c'era. Ma poi mancava il tempo, a Pasqua si arrivava a Sarajevo e il fascismo era confinato negli ultimi mesi. Ciononostante in qualche modo ce l'abbiamo fatta anche noi, a crescere antifascisti. Viceversa, oggi i programmi dedicano alla Storia del Novecento un anno intero di scuola dell'obbligo: c'è tutto il tempo per affrontare i totalitarismi e capire l'insidiosa differenza tra repubblichini e repubblicani; ci sono le giornate della Memoria e del Ricordo, da osservare nelle scuole di ogni ordine e grado; in pratica, non abbiamo mai avuto una scuola così antifascista; eppure le svastiche incise nei banchi non sono un granché diminuite.
Forse quello che rende ancora così affascinante quel periodo della nostra Storia recente è proprio il fatto che abbiamo dovuto studiarcelo da soli, con strumenti che la solita scuola gentiliana non ci dava. A differenza della Grande Guerra, con le sue triplici alleanze e le sue battaglie, ridotte a uno sbiadito ricordo scolastico, la Resistenza abbiamo dovuto impararla dai nonni: riuscivamo ancora a leggerla in certe scritte sbiadite sui muri tra i quali siamo cresciuti, e nei rancori di persone che conoscevamo. Se l'avessimo studiata a scuola forse l'avremmo sentita molto meno nostra. È una mia teoria: la scuola rende noioso qualsiasi argomento, e la Resistenza non merita di diventare un argomento noioso. Nessun professore di Storia potrà mai davanti a sé la platea di un concerto di piazza, come è successo ancora una volta al comandante Diavolo a Carpi, lo scorso 25 aprile.
I partigiani non erano soldati come gli altri. Non meritavano i soliti monumenti, e forse ha un senso che non si riesca a confinarli in una paginetta di riassunto del Novecento. Del resto, se negli ultimi anni erano riusciti a entrare a scuola, probabilmente non è lontano il giorno in cui ne usciranno: non a causa di una circolare ministeriale, ma perché di Storia se ne insegnerà sempre meno. Nei licei, ad esempio, le quattro ore di Storia e geografia dovrebbero ridursi a tre. A quel punto probabilmente si tratterà di scegliere se insegnare i partigiani o la Cina, i repubblichini o l'Australia. Non ci sarà nessun bisogno di cancellare la Resistenza dal programma: anzi, sarà facile attribuire la colpa agli insegnanti, che non riescono a procedere spediti lungo il '900 con classi di quasi trenta alunni. Insomma, è possibile che i nostri figli dovranno arrangiarsi a impararla in casa o in strada. Come abbiamo fatto noi. E non è detto che sia per forza un male.
È curioso che si accusi la Gelmini di questo tipo di revisionismo: si dà per scontato che la Resistenza sia un punto fermo dei programmi di Storia della scuola dell'obbligo. Eppure, se ci pensate bene, fino a poco tempo fa non lo era affatto. Sono piuttosto rari quelli della mia generazione che hanno fatto in tempo a studiare i partigiani a scuola: e questo non a causa del programma: sui foglietti del ministero magari la parola “Resistenza” c'era. Ma poi mancava il tempo, a Pasqua si arrivava a Sarajevo e il fascismo era confinato negli ultimi mesi. Ciononostante in qualche modo ce l'abbiamo fatta anche noi, a crescere antifascisti. Viceversa, oggi i programmi dedicano alla Storia del Novecento un anno intero di scuola dell'obbligo: c'è tutto il tempo per affrontare i totalitarismi e capire l'insidiosa differenza tra repubblichini e repubblicani; ci sono le giornate della Memoria e del Ricordo, da osservare nelle scuole di ogni ordine e grado; in pratica, non abbiamo mai avuto una scuola così antifascista; eppure le svastiche incise nei banchi non sono un granché diminuite.
Forse quello che rende ancora così affascinante quel periodo della nostra Storia recente è proprio il fatto che abbiamo dovuto studiarcelo da soli, con strumenti che la solita scuola gentiliana non ci dava. A differenza della Grande Guerra, con le sue triplici alleanze e le sue battaglie, ridotte a uno sbiadito ricordo scolastico, la Resistenza abbiamo dovuto impararla dai nonni: riuscivamo ancora a leggerla in certe scritte sbiadite sui muri tra i quali siamo cresciuti, e nei rancori di persone che conoscevamo. Se l'avessimo studiata a scuola forse l'avremmo sentita molto meno nostra. È una mia teoria: la scuola rende noioso qualsiasi argomento, e la Resistenza non merita di diventare un argomento noioso. Nessun professore di Storia potrà mai davanti a sé la platea di un concerto di piazza, come è successo ancora una volta al comandante Diavolo a Carpi, lo scorso 25 aprile.
I partigiani non erano soldati come gli altri. Non meritavano i soliti monumenti, e forse ha un senso che non si riesca a confinarli in una paginetta di riassunto del Novecento. Del resto, se negli ultimi anni erano riusciti a entrare a scuola, probabilmente non è lontano il giorno in cui ne usciranno: non a causa di una circolare ministeriale, ma perché di Storia se ne insegnerà sempre meno. Nei licei, ad esempio, le quattro ore di Storia e geografia dovrebbero ridursi a tre. A quel punto probabilmente si tratterà di scegliere se insegnare i partigiani o la Cina, i repubblichini o l'Australia. Non ci sarà nessun bisogno di cancellare la Resistenza dal programma: anzi, sarà facile attribuire la colpa agli insegnanti, che non riescono a procedere spediti lungo il '900 con classi di quasi trenta alunni. Insomma, è possibile che i nostri figli dovranno arrangiarsi a impararla in casa o in strada. Come abbiamo fatto noi. E non è detto che sia per forza un male.
Perché la tv succhia?
30-04-2010, 01:26deliri, dialoghi, futurismi, tvPermalinkMa com'è bello andare in giro
col motocrono a tavoletta
> Scusi ti disturbo. Complimenti per il blog!!!
> Grazie.
> Letto che tu mente tra le migliori tua generazione.
> Eh? Ah, sì, che carino. Ma forse intendeva Da Vinci davvero.
> Da Vinci non conosco. Io avrei bisogno di fare domande, ma non parlo bene italiano (si vede).
> Se vuoi parliamo inglese.
> No, no, io devo praticare italiano.
> Da dove vieni?
> Afrapolis.
> Ah.
> Cioè?
> Capitale di Afrabia, non conosci? Confina a nord con Eurasia sud con Grande Congo. Secolo XXV.
> Aaaah, secolo XXV! Ma dovevi dirlo prima.
> Hai ragione.
> Eh, mica ho le carte geografiche di tutti i secoli in mente.
> Domando umilmente il tuo perdono?
> Accordato.
> Grazia. Mi presento. Sono studente di Dams specializzazione arte classica televisiva.
> No, dunque, fammi capire.
> Nel XXV secolo tu frequenti... il Dams?
> Sì.
> Come no, certo. E la sigla sta per... Dipartimento Astronautico Missione Saturno?
> No, no, acronimo italiano per Discipline Arte Musica Shows.
> Mio Dio.
> Italia dato questo a tutto il mondo.
> Chissà com'è contento tutto il mondo.
> Sì! In tutte le città statue in onore del grande U-Eco.
> Gloria a U-Eco, allora.
> Va bene, quindi sei uno studente del Dams che vive in Afrabia nel XXV secolo.
> No, io adesso qui in 2010 a Bologna.
> Ti sei trasferito qui da noi?
> No, solo sei mesi in Erasmus.
> Ah, già, ovvio.
> Mio professore fregòmmi.
> Perché?
> Convintomi scrivere tesi su arte televisiva italiana del primo decennio sec. XXI.
> Dunque sei qui per...
> Vedere televisione in chiaro.
> Ahi.
> Ho mansarda in via Petroni. Tutto il giorno e la notte io guardo tv, rai mediaset, la7, mtv...
> Ti ha proprio fregato.
> Infatti io non capisco. Volevo chiedere a esperto così ho cercato su internet, cercato su blog, ma blog televisivi non li capisco. Scritti troppo difficile.
> Sì, è gente molto competente.
> Poi finalmente letto su Wired che tu mente tra le migliori,
> allora venuto qui in chat per domandare te:
> perché tv italiana succhia?
> Beh... non si dice “succhia”.
> No?
> Io domando perdono?
> Diciamo che “fa schifo”.
> Ecco sì, perché fa schifo così?
> Mah, è un discorso lungo...
> Tu uomo dei discorsi lunghi.
> Già. Però, scusa, la cosa ti sorprende?
> Non ti aspettavi che succhiasse?
> Cioè, che facesse così schifo?
> No, io credevo età dell'oro.
> Noi studiamo che Italia fine XX secolo primo caso mondiale di videocrazia.
> In effetti.
> Già Mussolini tentava con radio e cinema, ma troppo presto.
> Invece con Berlusconi la tv va al potere.
> Noi studiamo che voi guardavate tv notte e giorno.
> E quindi io pensavo: doveva essere tv veramente buona, fatta con molto impegno.
> O poverino
> mi dispiace.
> Invece tutto succhia!
> Io non ho mai visto televisione così brutta!
> E ho fatto tesina al liceo su televendite di stoviglie peruviane nel sec. XXII!
> Ma è niente al confronto.
> Spero non offendoti.
> No, no, anzi.
> Ma perché succhia così?
> Cioè, perché così schifo?
> Non una sola idea!
> Io guardo Grande Fratello 10, Isola dei Famosi 6, Amici 9
> tra un po' tutto avrà numero a due cifre
> non una sola idea nuova negli ultimi 10 anni!
> Decadenza.
> Beh, forse sei arrivato un po' tardi... Berlusconi è al potere da parecchio, ormai si è rilassato, ha il monopolio...
> Come l'Impero Romano alla massima espansione... non ci ha lasciato un granché, era più interessante ai tempi di Cesare... un secolo di guerre civili... Catullo, Cicerone, Sallustio... dovevi arrivare negli anni Ottanta.
> C'era Sallustio?
> No, però c'era il Drive In, la Gialappa, Arbore... insomma qualcuno qualche idea l'aveva...
> Poi anche loro le hanno finite.
> Io guardo rai2 non capisco.
> Quasi tutte le sere telefilm americano in replica.
> Sembra tv via cavo usa anni '90.
> Eh, magari.
> Nemmeno tanta pubblicità. Pochi inserzionisti.
> Io credevo che in anni Zero in Italia inserzione era potere.
> Ma sai, sono i canali di Stato... Berlusconi li sta affondando perché fanno concorrenza ai suoi.
> Ma anche canali Mediaset succhiano!
> Pardon significavo “fanno schifo”!
> Tu spiegami ti prego Maria De Filippi.
> Temo di essere un po' prevenuto.
> Io preparato esame su Maria De Filippi. Grande eroe del televisionismo italiano.
> Donna famosa in tutti i mondi.
> Io pensavo: di sicuro grande professionista.
> Eh.
> NON SA LEGGERE IL GOBBO
> E SI VANTA!
> Cosa ti posso dire
> Sua voce monotona addormenta.
> Sbaglia perfino il titolo trasmissione
> Una volta è entrata ad “Amici” dicendo “benvenuti a È posta per te”
> Io con mio italiano squallido ho presentato feste di laurea più eccitanti di sue trasmissioni.
> Non ne dubito, ma credo faccia parte anche un po' del personaggio.
> Cioè, lei ci tiene a sembrare svogliata, perché... non è proprio la presentatrice, è qualcosa di più.
> Cosa è lei?
> È la detentrice del Potere, del Microfono.
> Lei non presenta, è come se... regnasse. Non deve far fatica.
> Non è brava, non è carismatica, non è bella.
> Gli altri devono essere bravi o belli per piacere a lei. Devono essere scelti dal Potere.
> Ma il Potere non è bello né capace. Il Potere è intrinsecamente mediocre. Non so se riesco a spiegarmi.
> Io credevo lei Grande presentatrice che aveva portato in Italia il talent show.
> Suo talent show sembra imitazione parrocchiale di talent sudamericano.
> Credo che parrocchiale sia il termine giusto.
> È una piccola comunità in cui devi piacere ad alcune persone potenti ma mediocri.
> E caroselli. Siete tornati a caroselli.
> Le televendite, vuoi dire.
> Totale anacronismo. Perché?
> Ma in effetti mi spaventa.
> Su MTV in prima serata fanno i siparietti sugli assorbenti, non so se li hai visti.
> Vuol dire che le televendite sono mirate anche ai giovani. Non capisco.
> Anch'io pensavo che fossero una forma di comunicazione per vecchi, però...
> Può darsi che a furia di tarare il livello sugli anziani, anche i ragazzini si siano adeguati.
> Sono cresciuti guardando televendite, gli spot veloci magari non li capiscono.
> Non posso credere che stanno a vedere televendita di telefono cellulare per due minuti
> Perché no?
> Ma perché non cambiano canale.
> Per vedere cosa? Il livello più o meno è quello ovunque.
> Oppure ti stanchi e compri il decoder, che forse è l'obiettivo finale.
> Siamo in monopolio, e quindi la qualità è precipitata, tutto qui.
> Ma non capisco neanche questo. Tu dici: siamo in monopolio.
> Non è vero
> Ma praticamente sì.
> No, perché tu ragioni solo su televisione.
> Ma non c'è solo tv in Italia, soprattutto adesso
> C'è il sole, primavera, belle giornate
> Si può anche spegnere televisione e uscire
> Andare in Pratello e bersi un bicchiere
> Ecco, per esempio
> Oppure farsi un giro sui colli in motorino
> O un raid col motocrono.
> Il motocrono sarebbe?
> La moto per i viaggi nel tempo a breve percorrenza
> non la chiamate così in italiano?
> No
> Cioè, forse sì
> Quando la inventeremo.
> Oddio è vero che non avete ancora scoperto i cronoviaggi
> che idiota me nero dimenticato
> Ecco perché non sai dov'è l'Afrabia.
> Guarda, tu sei probabilmente un pazzo, ma nella tua pazzia c'è del genio
> Oddio sono un idiota devo aver messo troppa hash nel mio knerg
> Ho parlato di cronoviaggi con un nativo del XXI secolo
> Del XX, prego.
> Ho violato tipo 15 direttive. Domando il tuo perdono?
> Perdono accordato.
> Vabbeh, tanto anche se lo racconti in giro non ti crede nessuno.
> Sono solo un blogger.
> Appunto
> Cosa fai stasera, esci?
> No dovrei studiare. C'è Santoro, molto difficile.
> Dai, lo vedi, sei troppo stanco.
> Hai messo troppa hash nel tuo comesichiama
> Se vuoi un consiglio esci, almeno tu
> prendi una boccata d'aria
> Mi sa che hai ragione
> Mi ha fatto piacere sfogarmi con te
> Figurati
> Quando vuoi
col motocrono a tavoletta
> Scusi ti disturbo. Complimenti per il blog!!!
> Grazie.
> Letto che tu mente tra le migliori tua generazione.
> Eh? Ah, sì, che carino. Ma forse intendeva Da Vinci davvero.
> Da Vinci non conosco. Io avrei bisogno di fare domande, ma non parlo bene italiano (si vede).
> Se vuoi parliamo inglese.
> No, no, io devo praticare italiano.
> Da dove vieni?
> Afrapolis.
> Ah.
> Cioè?
> Capitale di Afrabia, non conosci? Confina a nord con Eurasia sud con Grande Congo. Secolo XXV.
> Aaaah, secolo XXV! Ma dovevi dirlo prima.
> Hai ragione.
> Eh, mica ho le carte geografiche di tutti i secoli in mente.
> Domando umilmente il tuo perdono?
> Accordato.
> Grazia. Mi presento. Sono studente di Dams specializzazione arte classica televisiva.
> No, dunque, fammi capire.
> Nel XXV secolo tu frequenti... il Dams?
> Sì.
> Come no, certo. E la sigla sta per... Dipartimento Astronautico Missione Saturno?
> No, no, acronimo italiano per Discipline Arte Musica Shows.
> Mio Dio.
> Italia dato questo a tutto il mondo.
> Chissà com'è contento tutto il mondo.
> Sì! In tutte le città statue in onore del grande U-Eco.
> Gloria a U-Eco, allora.
> Va bene, quindi sei uno studente del Dams che vive in Afrabia nel XXV secolo.
> No, io adesso qui in 2010 a Bologna.
> Ti sei trasferito qui da noi?
> No, solo sei mesi in Erasmus.
> Ah, già, ovvio.
> Mio professore fregòmmi.
> Perché?
> Convintomi scrivere tesi su arte televisiva italiana del primo decennio sec. XXI.
> Dunque sei qui per...
> Vedere televisione in chiaro.
> Ahi.
> Ho mansarda in via Petroni. Tutto il giorno e la notte io guardo tv, rai mediaset, la7, mtv...
> Ti ha proprio fregato.
> Infatti io non capisco. Volevo chiedere a esperto così ho cercato su internet, cercato su blog, ma blog televisivi non li capisco. Scritti troppo difficile.
> Sì, è gente molto competente.
> Poi finalmente letto su Wired che tu mente tra le migliori,
> allora venuto qui in chat per domandare te:
> perché tv italiana succhia?
> Beh... non si dice “succhia”.
> No?
> Io domando perdono?
> Diciamo che “fa schifo”.
> Ecco sì, perché fa schifo così?
> Mah, è un discorso lungo...
> Tu uomo dei discorsi lunghi.
> Già. Però, scusa, la cosa ti sorprende?
> Non ti aspettavi che succhiasse?
> Cioè, che facesse così schifo?
> No, io credevo età dell'oro.
> Noi studiamo che Italia fine XX secolo primo caso mondiale di videocrazia.
> In effetti.
> Già Mussolini tentava con radio e cinema, ma troppo presto.
> Invece con Berlusconi la tv va al potere.
> Noi studiamo che voi guardavate tv notte e giorno.
> E quindi io pensavo: doveva essere tv veramente buona, fatta con molto impegno.
> O poverino
> mi dispiace.
> Invece tutto succhia!
> Io non ho mai visto televisione così brutta!
> E ho fatto tesina al liceo su televendite di stoviglie peruviane nel sec. XXII!
> Ma è niente al confronto.
> Spero non offendoti.
> No, no, anzi.
> Ma perché succhia così?
> Cioè, perché così schifo?
> Non una sola idea!
> Io guardo Grande Fratello 10, Isola dei Famosi 6, Amici 9
> tra un po' tutto avrà numero a due cifre
> non una sola idea nuova negli ultimi 10 anni!
> Decadenza.
> Beh, forse sei arrivato un po' tardi... Berlusconi è al potere da parecchio, ormai si è rilassato, ha il monopolio...
> Come l'Impero Romano alla massima espansione... non ci ha lasciato un granché, era più interessante ai tempi di Cesare... un secolo di guerre civili... Catullo, Cicerone, Sallustio... dovevi arrivare negli anni Ottanta.
> C'era Sallustio?
> No, però c'era il Drive In, la Gialappa, Arbore... insomma qualcuno qualche idea l'aveva...
> Poi anche loro le hanno finite.
> Io guardo rai2 non capisco.
> Quasi tutte le sere telefilm americano in replica.
> Sembra tv via cavo usa anni '90.
> Eh, magari.
> Nemmeno tanta pubblicità. Pochi inserzionisti.
> Io credevo che in anni Zero in Italia inserzione era potere.
> Ma sai, sono i canali di Stato... Berlusconi li sta affondando perché fanno concorrenza ai suoi.
> Ma anche canali Mediaset succhiano!
> Pardon significavo “fanno schifo”!
> Tu spiegami ti prego Maria De Filippi.
> Temo di essere un po' prevenuto.
> Io preparato esame su Maria De Filippi. Grande eroe del televisionismo italiano.
> Donna famosa in tutti i mondi.
> Io pensavo: di sicuro grande professionista.
> Eh.
> NON SA LEGGERE IL GOBBO
> E SI VANTA!
> Cosa ti posso dire
> Sua voce monotona addormenta.
> Sbaglia perfino il titolo trasmissione
> Una volta è entrata ad “Amici” dicendo “benvenuti a È posta per te”
> Io con mio italiano squallido ho presentato feste di laurea più eccitanti di sue trasmissioni.
> Non ne dubito, ma credo faccia parte anche un po' del personaggio.
> Cioè, lei ci tiene a sembrare svogliata, perché... non è proprio la presentatrice, è qualcosa di più.
> Cosa è lei?
> È la detentrice del Potere, del Microfono.
> Lei non presenta, è come se... regnasse. Non deve far fatica.
> Non è brava, non è carismatica, non è bella.
> Gli altri devono essere bravi o belli per piacere a lei. Devono essere scelti dal Potere.
> Ma il Potere non è bello né capace. Il Potere è intrinsecamente mediocre. Non so se riesco a spiegarmi.
> Io credevo lei Grande presentatrice che aveva portato in Italia il talent show.
> Suo talent show sembra imitazione parrocchiale di talent sudamericano.
> Credo che parrocchiale sia il termine giusto.
> È una piccola comunità in cui devi piacere ad alcune persone potenti ma mediocri.
> E caroselli. Siete tornati a caroselli.
> Le televendite, vuoi dire.
> Totale anacronismo. Perché?
> Ma in effetti mi spaventa.
> Su MTV in prima serata fanno i siparietti sugli assorbenti, non so se li hai visti.
> Vuol dire che le televendite sono mirate anche ai giovani. Non capisco.
> Anch'io pensavo che fossero una forma di comunicazione per vecchi, però...
> Può darsi che a furia di tarare il livello sugli anziani, anche i ragazzini si siano adeguati.
> Sono cresciuti guardando televendite, gli spot veloci magari non li capiscono.
> Non posso credere che stanno a vedere televendita di telefono cellulare per due minuti
> Perché no?
> Ma perché non cambiano canale.
> Per vedere cosa? Il livello più o meno è quello ovunque.
> Oppure ti stanchi e compri il decoder, che forse è l'obiettivo finale.
> Siamo in monopolio, e quindi la qualità è precipitata, tutto qui.
> Ma non capisco neanche questo. Tu dici: siamo in monopolio.
> Non è vero
> Ma praticamente sì.
> No, perché tu ragioni solo su televisione.
> Ma non c'è solo tv in Italia, soprattutto adesso
> C'è il sole, primavera, belle giornate
> Si può anche spegnere televisione e uscire
> Andare in Pratello e bersi un bicchiere
> Ecco, per esempio
> Oppure farsi un giro sui colli in motorino
> O un raid col motocrono.
> Il motocrono sarebbe?
> La moto per i viaggi nel tempo a breve percorrenza
> non la chiamate così in italiano?
> No
> Cioè, forse sì
> Quando la inventeremo.
> Oddio è vero che non avete ancora scoperto i cronoviaggi
> che idiota me nero dimenticato
> Ecco perché non sai dov'è l'Afrabia.
> Guarda, tu sei probabilmente un pazzo, ma nella tua pazzia c'è del genio
> Oddio sono un idiota devo aver messo troppa hash nel mio knerg
> Ho parlato di cronoviaggi con un nativo del XXI secolo
> Del XX, prego.
> Ho violato tipo 15 direttive. Domando il tuo perdono?
> Perdono accordato.
> Vabbeh, tanto anche se lo racconti in giro non ti crede nessuno.
> Sono solo un blogger.
> Appunto
> Cosa fai stasera, esci?
> No dovrei studiare. C'è Santoro, molto difficile.
> Dai, lo vedi, sei troppo stanco.
> Hai messo troppa hash nel tuo comesichiama
> Se vuoi un consiglio esci, almeno tu
> prendi una boccata d'aria
> Mi sa che hai ragione
> Mi ha fatto piacere sfogarmi con te
> Figurati
> Quando vuoi
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Der Zauberlehrling
27-04-2010, 22:59Berlusconi, Bossi, come diventare leghisti, Gianfranco FiniPermalinkCi sto riflettendo seriamente: e se Fini uscisse davvero? E se qualcuno lo seguisse? Non succederà, ma nel caso. Non si meriterebbe la mia simpatia?
In fondo cosa vuoi, i tempi sono quel che sono. È vero, una volta ha detto che Mussolini era il più grande statista del Novecento, ma era giovane, da giovani, si sa... No, aveva già passato i 40. Ma in fondo, in senso neutro, Mussolini è stato davvero un grande statista, ha cambiato l'Italia e blablablà, l'Agro Pontino, la battaglia del grano, sono state cose comunque importanti, vuoi mettere con... con De Mita? Tra Mussolini e De Mita, chi è stato lo statista più grande? Ecco vedi? In un certo senso Fini aveva rrrrrrr.
E poi basta passato. L'importante è quello che vuole oggi, per esempio far votare gli stranieri. Quelli che non ha fatto annegare con la Bossi-Fini. Buffo, così quelli che sopravviveranno voteranno per lui. In un certo senso fila: only the strong will survive. Sì, lo so, è un'altra cazzata, il darwinismo sociale. Ma almeno assomiglia al darwinismo vero. Bisogna essere pragmatici.
Così magari nascerà una destra seria e moderna – che in questo momento è in Parlamento mescolata alla destra poco seria e poco moderna. Sì. Vota le stesse leggi. Il legittimo impedimento? Votato. Lo scudo fiscale? Votato. Nuove centrali nucleari? Votate. Ronde? Votate. Insomma, per ora a parte le parole la nuova destra di Fini è indistinguibile da quell'altra. Ma magari, se tutti la incoraggiamo, nascerà, crescerà, cambierà idea... Cioè, alla fine anche Galeazzo Ciano è un martire antifascista, no? Ah no? Boh, credevo. Beh, ma discutiamone. Una lapide se la meriterebbe, un cippo da qualche parte, io credo che i tempi sian maturi.
E poi insomma, non è da oggi che Fini muove critiche al Presidente, con un'indipendenza di giudizio e un coraggio di cui pochi sono capaci in Italia. Per esempio due anni fa disse in tv che era un po' basso di statura.
Ci sto riflettendo seriamente: e se Bossi uscisse davvero? E se volesse mandare all'aria il governo? Difficile, ma se succedesse? Non si meriterebbe un po' della mia simpatia?
In fondo cosa vuoi, i tempi sono questi. Recessione, involuzione, siamo tutti un po' più poveri e attaccati alle nostre povere cose, le nostre povere, com'è che le chiamano adesso? “tradizioni”. “Identità”. Va bene, sì, perlopiù son corna di plastica e spillette made in Romania. E film in costume anche loro made in Romania. Però l'intuizione è buona, bisogna dirlo, la gente riscopre l'appartenenza a una comunità. Anche quelle sparate, trecentomila fucili caldi... uno spaccone da bar, quel Bossi, sì, ma non facevano la stessa cosa i capi partigiani? fingevano di avere i fucili per ottenere qualcosa... non sto veramente paragonando Bossi a un partigiano, ma la situazione presenta qualche analogia... e poi almeno i leghisti parlano al territorio, ne capiscono i problemi. Poi tagliano i fondi agli enti locali, però almeno loro parlano. Anche in dialetto, che è divertente.
E poi insomma, non è da oggi che Bossi muove critiche al Presidente, con un'indipendenza di giudizio e un coraggio di cui pochi sono capaci in Italia. Per esempio quindici anni fa diceva che era un mafioso massone.
Ci sto riflettendo seriamente: e se il culo di Berlusconi volesse separarsi dalla faccia? Poco plausibile, ma se succedesse? Non si meriterebbe, il culo, un poco della mia simpatia?
In fondo, cosa vuoi, i tempi son quelli che sono. Recessione, crisi, terremoti, vulcani, cavallette, non è che chieda molto dalla vita, salvo non vedere più quella faccia, quella maledetta faccia. Pur di non vederla più, appoggerei chiunque. Anche il suo culo, sì, in fondo il suo culo che mi ha fatto? Niente. Certo, lo ha seguito da vicino durante tutta la sua funesta carriera, ma nei momenti giusti ha sempre fatto rimarcare le sue divergenze. Per esempio mi ricordo una volta che la faccia di Berlusconi sudava freddo a un convegno perché voleva finire un discorso e il culo aveva deciso di no, il culo aveva un altro ordine del giorno.
Ecco, forse è stata l'unica volta che ho visto qualcuno veramente in grado di fermare Berlusconi. E quel qualcuno era il suo culo. Bisognerebbe fargli un monumento, credo che i tempi sian maturi, da qualche parte, un cippo.
In fondo cosa vuoi, i tempi sono quel che sono. È vero, una volta ha detto che Mussolini era il più grande statista del Novecento, ma era giovane, da giovani, si sa... No, aveva già passato i 40. Ma in fondo, in senso neutro, Mussolini è stato davvero un grande statista, ha cambiato l'Italia e blablablà, l'Agro Pontino, la battaglia del grano, sono state cose comunque importanti, vuoi mettere con... con De Mita? Tra Mussolini e De Mita, chi è stato lo statista più grande? Ecco vedi? In un certo senso Fini aveva rrrrrrr.
E poi basta passato. L'importante è quello che vuole oggi, per esempio far votare gli stranieri. Quelli che non ha fatto annegare con la Bossi-Fini. Buffo, così quelli che sopravviveranno voteranno per lui. In un certo senso fila: only the strong will survive. Sì, lo so, è un'altra cazzata, il darwinismo sociale. Ma almeno assomiglia al darwinismo vero. Bisogna essere pragmatici.
Così magari nascerà una destra seria e moderna – che in questo momento è in Parlamento mescolata alla destra poco seria e poco moderna. Sì. Vota le stesse leggi. Il legittimo impedimento? Votato. Lo scudo fiscale? Votato. Nuove centrali nucleari? Votate. Ronde? Votate. Insomma, per ora a parte le parole la nuova destra di Fini è indistinguibile da quell'altra. Ma magari, se tutti la incoraggiamo, nascerà, crescerà, cambierà idea... Cioè, alla fine anche Galeazzo Ciano è un martire antifascista, no? Ah no? Boh, credevo. Beh, ma discutiamone. Una lapide se la meriterebbe, un cippo da qualche parte, io credo che i tempi sian maturi.
E poi insomma, non è da oggi che Fini muove critiche al Presidente, con un'indipendenza di giudizio e un coraggio di cui pochi sono capaci in Italia. Per esempio due anni fa disse in tv che era un po' basso di statura.
Ci sto riflettendo seriamente: e se Bossi uscisse davvero? E se volesse mandare all'aria il governo? Difficile, ma se succedesse? Non si meriterebbe un po' della mia simpatia?
In fondo cosa vuoi, i tempi sono questi. Recessione, involuzione, siamo tutti un po' più poveri e attaccati alle nostre povere cose, le nostre povere, com'è che le chiamano adesso? “tradizioni”. “Identità”. Va bene, sì, perlopiù son corna di plastica e spillette made in Romania. E film in costume anche loro made in Romania. Però l'intuizione è buona, bisogna dirlo, la gente riscopre l'appartenenza a una comunità. Anche quelle sparate, trecentomila fucili caldi... uno spaccone da bar, quel Bossi, sì, ma non facevano la stessa cosa i capi partigiani? fingevano di avere i fucili per ottenere qualcosa... non sto veramente paragonando Bossi a un partigiano, ma la situazione presenta qualche analogia... e poi almeno i leghisti parlano al territorio, ne capiscono i problemi. Poi tagliano i fondi agli enti locali, però almeno loro parlano. Anche in dialetto, che è divertente.
E poi insomma, non è da oggi che Bossi muove critiche al Presidente, con un'indipendenza di giudizio e un coraggio di cui pochi sono capaci in Italia. Per esempio quindici anni fa diceva che era un mafioso massone.
Ci sto riflettendo seriamente: e se il culo di Berlusconi volesse separarsi dalla faccia? Poco plausibile, ma se succedesse? Non si meriterebbe, il culo, un poco della mia simpatia?
In fondo, cosa vuoi, i tempi son quelli che sono. Recessione, crisi, terremoti, vulcani, cavallette, non è che chieda molto dalla vita, salvo non vedere più quella faccia, quella maledetta faccia. Pur di non vederla più, appoggerei chiunque. Anche il suo culo, sì, in fondo il suo culo che mi ha fatto? Niente. Certo, lo ha seguito da vicino durante tutta la sua funesta carriera, ma nei momenti giusti ha sempre fatto rimarcare le sue divergenze. Per esempio mi ricordo una volta che la faccia di Berlusconi sudava freddo a un convegno perché voleva finire un discorso e il culo aveva deciso di no, il culo aveva un altro ordine del giorno.
Ecco, forse è stata l'unica volta che ho visto qualcuno veramente in grado di fermare Berlusconi. E quel qualcuno era il suo culo. Bisognerebbe fargli un monumento, credo che i tempi sian maturi, da qualche parte, un cippo.
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Tortellino tra i tortellini
26-04-2010, 15:49come diventare leghisti, Emilia paranoica, ho una teoriaPermalink
A me, troppi emiliani in una stanza, fanno una strano effetto, come essere...
(Ho una teoria #20! Si commenta qui).
Ne approfitto anche per segnalare, con un imperdonabile ritardo, l'ebook commemorativo sulla Resistenza Schegge di Liberazione raccolto dalla infaticabile redazione di Barabba in occasione del 25 aprile. Ci sono belle pagine, memorie, racconti ispirati alla Resistenza; e li hanno scritto i migliori bloggatori d'Italia... per dire, tra i più scarsi c'ero io, figuratevi gli altri. Godetene tutti.
Sabato l'Unità era in Emilia. C'ero anch'io. In realtà io ci sono tutti i giorni, in Emilia, ma proprio per questo probabilmente non ci faccio più caso, non ci rifletto abbastanza. Comunque sabato la carovana dell'Unità arrivava a Reggio, e io non potevo perdermela. Appeno entro provo una strana sensazione. Vedo metalmeccanici emiliani, pensionati emiliani, genitori emiliani, bambini emiliani. È da anni che non mi trovo così circondato. Non ci sono abituato; a scuola ho colleghi calabresi e allievi pachistani. Tanti emiliani tutti nello stesso posto non li trovo più nemmeno alle feste dell'U... alle feste democratiche. Mi viene un po' d'ansia, e così, mentre aspetto che cominci il dibattito politico, mi faccio un giro in centro.
È bella, Reggio Emilia: forse non è più il gioiellino di qualche anno fa, la crisi si sente; ma i negozi sono ancora pieni di belle cose da comprare. Qualche mese fa un giornalista del Corriere venuto a intervistare i leghisti emergenti scrisse che alle sei di sera non c'era un solo italiano in piazza. Chissà in che città lo avevano portato, i leghisti emergenti. Non è che non ci siano facce scure, a Reggio. È una delle città con la più alta concentrazione di residenti stranieri. Ma ci vuole fantasia per immaginare che i reggiani doc sbarrati dentro casa alle diciotto. È un sabato normalissimo, italiani e stranieri passeggiano, mangiano il gelato, guardano le vetrine. L'ansia è passata. Torno al dibattito.
La sala nel frattempo si è riempita. L'età media, come noterà il direttore, è abbastanza avanzata. E il tasso di emilianità è altissimo, quasi insostenibile. Per carità, sono simpatici gli emiliani, ma... come i tortellini, sono buoni la domenica; non li mangeresti tutti i giorni. Troppi emiliani tutti assieme sembrano un'esagerazione. Forse perché l'Emilia non è mai stata una terra omogenea. Non esisteva, l'Emilia, al tempo delle Signorie, quando già Repubblica Veneta e Piemonte erano concetti chiari, ma Parma Modena e Bologna avevano tre signori diversi. Non esisteva all'inizio del Novecento, quando nella bassa non ancora del tutto bonificata i braccianti distruggevano le trebbiatrici e il fascismo agrario incubava. Non esisteva nel dopoguerra, quando le fonderie richiamavano lavoratori prima dal meridione, e poi dall'Africa. Io sono cresciuto in un paesino dove la seconda lingua più diffusa era il dialetto casertano: questa è l'Emilia per me. Ritrovarmi in una stanza con tanta gente che parla il mio stesso accento e mi assomiglia, mi dà una strana vertigine. Come su cento specchi deformanti, rivedo i miei tratti emiliani doc su volti più magri, più floridi, più anziani; ecco come sarò quando mi cadranno i capelli... Vorrei tornare in piazza, con gli africani che mangiano il gelato, e invece resto. Proiettano un video sui giovani leghisti emiliani. Ecco, va già meglio, quella è gente che mi sembra di aver visto in piazza. Certo, dicono scemenze a raffica. Uno ha appena finito di leggere il Piccolo Principe di Machiavelli. Però sono gli stessi giovani che stanno guardando le vetrine, che leccano il gelato nella panchina di fronte agli africani.
A questo punto mi ritrovo in un paradosso. Quei ragazzi del video dicono di voler essere padroni a casa loro. Che vorrebbero mandare a casa i clandestini. Le solite cose. Si capisce che hanno in mente un'Emilia di soli emiliani. Proprio quella in cui sono rinchiuso in questo momento, e che mi dà un po' di nausea. Chissà se a loro è mai capitata una riunione così, di soli emiliani. Per quanto se la cantino e se la suonino, non sono ancora così tanti. Per far numero devono andare in Lombardia: per loro dev'essere un viaggio straordinario in un Paese esotico... Ma chissà, forse un giorno ce la faranno a riempire la loro assemblea emiliana. Forse quel giorno sentiranno la stessa ansia che sento io. Ma per ora non ne sono ancora capaci, fanno il 14%. Invece, sapete chi è capace di riempire un salone di puri emiliani? L'Unità.
La cosa fantastica è che tutti i signori seduti intorno a me sono a favore dell'integrazione, della parità dei diritti, dell'accoglienza; gli amministratori per la verità si lamentano un po' del fatto che di stranieri ne siano arrivati troppi e troppo in fretta, e che Maroni non riesca a tenere in prigione quelli che delinquono... Il solito pragmatismo degli amministratori emiliani, nemmeno questo è una novità. Nessuno accenna alla necessità di dare diritti civili ai regolari, ma voglio pensare che lo diano per scontato. Il paradosso è che qui dentro sono tutti uguali, e vogliono accogliere i diversi. In piazza invece sono tutti diversi, e preferirebbero trovarsi soltanto in mezzo agli uguali.
Non se ne esce. Ne usciranno gli immigrati, quando finalmente entreranno in questa stanza, si siederanno, prenderanno parola, lotteranno per i diritti che gli spettano. Non possiamo farlo noi al posto loro, ci facciamo la figura di altruisti benefattori, e noi emiliani non siamo così.
Il mio incubo è che forse in questa stanza gli immigrati non entreranno mai; che a un certo punto, semplicemente, se ne andranno come sono venuti, sulle tracce di un Benessere che per trent'anni è transitato anche da noi, ma evidentemente era solo di passaggio. Sono stati gli ultimi ad arrivare, ma se il lavoro non c'è più saranno i primi ad andarsene. E mi lasceranno qui, emiliano tra emiliani, tortellino tra i tortellini, e a me i tortellini – spero di non offendere nessuno – alla lunga stancano.
Dietrologie di primavera 1
22-04-2010, 15:21dietrology, racconti, telefonatePermalinkQuesto Sentimento Popolare
“Pronto, Sezione Monitoraggio del Sentimento Popolare, dica”.
“Sono io”.
“Ah, buongiorno Capo”.
“Chi c'è lì a parte te, qualcuno intelligente?”
“No Capo, mi dispiace, sono tutti in mensa”.
“E si capisce. Vabbè, come stanno le cose, fora?”
“Eh?”
“La lite Fini-Berlusconi, fora?”
“Su internet sembra proprio di sì”
“E chemmifregammè di internet, scusa. Ce li hai i tracciati dei medium?”
“Capo, lei ci ha detto che non dovremmo parlare di medium quando siamo al telefono... che se qualcuno si accorge che riusciamo a leggere nel pensiero degli spettatori televisivi...”
“Massì, certo, se nessuno se n'è ancora accorto dopo anni... ormai chi ci intercetta più. Ce li hai i tracciati o no?”
“Ho due medium su tre...”
“Non mi dire che è in mensa pure il terzo”.
“No, no... ha ancora l'occhio a palla, ha presente”.
“Sbava?”
“Un po'”.
“Dannazione. Non mi piace affatto quando sbava. Ma gli altri due?”
“Beh, lo sa che per decifrare i tracciati ci vuole un po', ma...”
“Ma?”
“Sembra proprio che quattro o cinque milioni di italiani siano incuriositi dal fatto che Gianfranco Fini e Silvio Berlusconi non vadano più d'accordo. Anche un po' inquietati”.
“Ma porca zozza”.
“C'è una specie di... fastidio come quando... papà e mamma vivono separati in casa”.
“Separati in casa, ho capito. Va bene, contromossa”.
“Non vuole aspettare il terzo medium?”
“No, no, bisogna fare in fretta. Contromossa. Hai delle proposte?”
“Io, capo?”
“Guarda, se al telefono in questo momento ci fosse uno scimpanzè lo chiederei a lui: hai delle proposte? Qualcosa che si possa fare nel giro di mezz'ora? Bisogna distrarre almeno il 40% del target”.
“Beh, Capo, dunque, in questi casi la traslazione sembra la tecnica più efficace... è stato dimostrato dagli studi di Bokanovsky che...”
“Falla breve, se non ti dispiace”.
“Insomma, se il problema è una coppia in crisi, il modo migliore è attirare l'attenzione su un'altra coppia in crisi”.
“Va bene. Procedi”.
“In che senso procedo?”
“In che senso... ma vi devo dire tutto? Datti da fare, telefona, ci sarà qualche coppia dello showbiz che è disposta ad andare in crisi in mezz'ora, no? Chiedi a Signorini!”
“Ma è in mensa, gliel'ho detto...”
“Va bene, allora fa' così. Hai una matita?”
“Sono davanti a un computer”.
“Ecco, allora segnati questo numero: 3XX XX XX XXX”.
“È una persona famosa?”
“Un po'. Ha lavorato per noi in passato. Chiamala e spiega per chi lavori. Spiega che se molla l'osso in venti minuti sarà ricompensata. Alla grande. Hai capito?”
“Capo, non ho mai avuto il tempo per dirle che lavorare per lei è la cosa più”...
Clic.
“...orribile che mi potesse capitare”.
L'addio era nell'aria da tempo, ma a mettere un punto definitivo sulla storia ci ha pensato in un'intervista a Panorama, Fabrizio Corona. Ha rotto con Belen: "Mi ha distrutto casa e adesso sto cercando di convincerla che non sono l'uomo sbagliato che crede". Subisce minacce: "Giorni fa mi hanno chiesto il pizzo puntandomi addosso una pistola".
“Pronto, Sezione Monitoraggio del Sentimento Popolare, dica”.
“Sono io”.
“Ah, buongiorno Capo”.
“Chi c'è lì a parte te, qualcuno intelligente?”
“No Capo, mi dispiace, sono tutti in mensa”.
“E si capisce. Vabbè, come stanno le cose, fora?”
“Eh?”
“La lite Fini-Berlusconi, fora?”
“Su internet sembra proprio di sì”
“E chemmifregammè di internet, scusa. Ce li hai i tracciati dei medium?”
“Capo, lei ci ha detto che non dovremmo parlare di medium quando siamo al telefono... che se qualcuno si accorge che riusciamo a leggere nel pensiero degli spettatori televisivi...”
“Massì, certo, se nessuno se n'è ancora accorto dopo anni... ormai chi ci intercetta più. Ce li hai i tracciati o no?”
“Ho due medium su tre...”
“Non mi dire che è in mensa pure il terzo”.
“No, no... ha ancora l'occhio a palla, ha presente”.
“Sbava?”
“Un po'”.
“Dannazione. Non mi piace affatto quando sbava. Ma gli altri due?”
“Beh, lo sa che per decifrare i tracciati ci vuole un po', ma...”
“Ma?”
“Sembra proprio che quattro o cinque milioni di italiani siano incuriositi dal fatto che Gianfranco Fini e Silvio Berlusconi non vadano più d'accordo. Anche un po' inquietati”.
“Ma porca zozza”.
“C'è una specie di... fastidio come quando... papà e mamma vivono separati in casa”.
“Separati in casa, ho capito. Va bene, contromossa”.
“Non vuole aspettare il terzo medium?”
“No, no, bisogna fare in fretta. Contromossa. Hai delle proposte?”
“Io, capo?”
“Guarda, se al telefono in questo momento ci fosse uno scimpanzè lo chiederei a lui: hai delle proposte? Qualcosa che si possa fare nel giro di mezz'ora? Bisogna distrarre almeno il 40% del target”.
“Beh, Capo, dunque, in questi casi la traslazione sembra la tecnica più efficace... è stato dimostrato dagli studi di Bokanovsky che...”
“Falla breve, se non ti dispiace”.
“Insomma, se il problema è una coppia in crisi, il modo migliore è attirare l'attenzione su un'altra coppia in crisi”.
“Va bene. Procedi”.
“In che senso procedo?”
“In che senso... ma vi devo dire tutto? Datti da fare, telefona, ci sarà qualche coppia dello showbiz che è disposta ad andare in crisi in mezz'ora, no? Chiedi a Signorini!”
“Ma è in mensa, gliel'ho detto...”
“Va bene, allora fa' così. Hai una matita?”
“Sono davanti a un computer”.
“Ecco, allora segnati questo numero: 3XX XX XX XXX”.
“È una persona famosa?”
“Un po'. Ha lavorato per noi in passato. Chiamala e spiega per chi lavori. Spiega che se molla l'osso in venti minuti sarà ricompensata. Alla grande. Hai capito?”
“Capo, non ho mai avuto il tempo per dirle che lavorare per lei è la cosa più”...
Clic.
“...orribile che mi potesse capitare”.
L'addio era nell'aria da tempo, ma a mettere un punto definitivo sulla storia ci ha pensato in un'intervista a Panorama, Fabrizio Corona. Ha rotto con Belen: "Mi ha distrutto casa e adesso sto cercando di convincerla che non sono l'uomo sbagliato che crede". Subisce minacce: "Giorni fa mi hanno chiesto il pizzo puntandomi addosso una pistola".
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Gomorra e non Gomorra
19-04-2010, 21:3121tw, Berlusconi, cinema, fb2020, mafie o camorre, tvPermalinkGuarda avanti, Lot
Oggi vorrei parlarvi di due opere audiovisive prodotte in Italia negli ultimi anni: Gomorra di Matteo Garrone e Il Capo dei Capi di Enzo Monteleone e Alexis Sweet. Si vedrà che non hanno poi molte cose in comune.
Gomorra (2008) è un lungometraggio tratto dall'omonimo libro-inchiesta di Roberto Saviano. Il Capo dei Capi (2007) è una miniserie tv di sei puntate, tratta da un libro-inchiesta di Giuseppe D'Avanzo e Attilio Bolzoni.
Gomorra dura due ore abbondanti; Il Capo dei Capi nove.
Il Capo dei Capi racconta la formidabile ascesa di Totò Riina, da umile contadinello a capo della più grande organizzazione malavitosa italiana. Gomorra racconta le vite “normali” di alcune persone in un territorio governato dalla camorra. Nessuno di loro ascende in nessun posto; alcuni si ammalano, un paio scappa, molti muoiono.
Gomorra è un film discusso, tratto da un libro altrettanto discusso. Fu il fim più visto in Italia nel week end in cui uscì (maggio 2008). Nel marzo del 2009 aveva già incassato 10.175.071 euro. Divisi per sette fanno più o meno un milione e mezzo di spettatori paganti. È una cifra impressionante, complimenti.
Però Il capo dei capi è stato visto, nell'autunno del 2007 da un numero di telespettatori praticamente mai inferiore ai sette milioni. Il trenta per cento dello share – più o meno un telespettatore su tre, in prima serata. Più o meno una famiglia su tre ha visto il capo dei capi. Molta di questa gente di Gomorra ha sentito solo vagamente parlare (da quanto mi risulta non è mai stato programmato sulla tv in chiaro).
Questo può in parte sorprendervi. Perché state leggendo un blog su internet. Non c'è niente di male, ma dovete sapere che fate parte di una certa nicchia statistica. Chi vive in questa nicchia può essere portato a pensare che Gomorra sia un prodotto più famoso del Capo dei Capi. Probabilmente ha visto il film, magari ha pure letto il libro. Difficilmente però avrà seguito una fiction su Canale5: le fiction italiane, si sa... Ripeto, niente di male: e non sentitevi soli, parliamo di più di un milione di persone.
Ma fuori c'è tutto un mondo. Ci sono sette milioni di persone che hanno visto Claudio Gioè interpretare l'indomito Riina, e di Gomorra hanno solo vagamente sentito parlare. Giusto per ristabilire le proporzioni. Gomorra ha vinto il Gran premio della Giuria a Cannes (ma la palma d'oro è andata a un filmetto scolastico su un prof demotivato) e ben sette David di Donatello, sì, vabbè. Il Capo dei Capi ha macinato milionate di euro di inserzioni: e quanto rimpiango di non averlo videoregistrato, di non potervi dire che prodotti ci fossero in televendita (una linea di coppole trendy?)
Nella prima puntata del Capo dei Capi, Totò è un tredicenne che perde il padre zappatore su una bomba rimasta nel sottosuolo dalla Seconda Guerra Mondiale. Divenuto così capofamiglia, con tante bocche da sfamare, Riina si mette a lavorare per i corleonesi, brillando subito per ferocia e capacità organizzativa.
Nella prima seqenza di Gomorra c'è un camorrista che si abbronza in un centro estetico. Un suo collega, dopo aver scherzato con lui, estrae una pistola e lo uccide a sangue freddo. Di lui non sapremo più niente. È come se l'eroe del film morisse subito, e il resto dei personaggi brancolasse per due ore senza trovare un senso. Una cosa molto spiazzante.
Il Capo dei Capi è una success story, una specie di versione sicula del sogno americano: tutti possono diventare Presidente, se studiano sodo... ehm, no: tutti possono diventare capiclan, se si liberano dagli scrupoli e imparano ad ammazzare i traditori prima che ammazzino loro. Anche Gomorra ci mostra un capoclan, ma per pochi minuti. È un poveretto cocainomane che vive nascosto in una brutta casa, ossessionato dalla necessità di ammazzare gli altri prima che ammazzino lui, Bum! Bum! Bum! (Dice proprio così: “Bum! Bum! Bum!” Non è carismatico proprio per niente).
Pare che a Totò Riina, che dal carcere di Opera non si perdeva una puntata, l'interpretazione di Claudio Gioè non sia dispiaciuta. Invece i camorristi ritratti da Saviano, si sa, hanno un po' brontolato, tanto che l'autore è sotto scorta.
Il Capo dei Capi è un figlio di contadino che diventa capoclan, ma cosa significhi essere capoclan da un punto di vista economico non è affatto chiaro. La mafia sembra semplicemente adeguarsi alla società in progresso: quando tutti si mettono a comprare le automobili, anche i mafiosi cominciano a usarle per ammazzarsi. Gomorra mostra cosa succede all'economia nei luoghi dell'indotto della malavita: il sarto Pasquale, artista di livello internazionale, non riesce a vivere del suo lavoro. Alla fine tradisce i segreti del suo mestiere ai cinesi e si mette a fare il camionista.
Dicevamo che all'inizio del Capo dei Capi Totò Riina è un tredicenne. Molti appassionati telespettatori del Capo dei Capi avevano più o meno quell'età. Nel novembre del 2007 il pm Antonio Ingroia andò a parlare di mafia in una scuola di Palermo. La maggioranza degli studenti di quella scuola, in un sondaggio, aveva scritto di non voler far parte della mafia. Alla domanda di Ingroia “qual è il personaggio più simpatico della fiction?” risposero tutti Totò Riina. È impossibile non notare che i modi del giovane Totò sono quelli del classico bulletto da corridoio.
Anche in Gomorra ci sono alcuni ragazzini. Uno di mestiere resta nascosto tutto il giorno, pronto a dare un segnale appena passa una macchina della polizia. È lavoro, come dice lui, è fatica. Sua madre verrà uccisa alle spalle dai camorristi del clan avverso. A tradirla sarà il suo migliore amico, un bambino pure lui. E poi ci sono Marco e Ciro, proprio due bulletti di quartiere: rubano droga di qua, armi di là, sparano all'aria, toccano le donne, sono convinti di poter fare quello che vogliono. Vengono ammazzati da una squadra di vecchi camorristi spazientiti. Anche loro in un agguato. Anche loro senza gloria.
Potrei andare avanti molto a lungo, ma direi che il senso è chiaro: il Capo dei Capi è una cosa, Gomorra è un'altra.
E dunque sabato il produttore del Capo dei Capi si è lamentato per la pubblicità che Gomorra ha fatto alla mafia.
Oggi vorrei parlarvi di due opere audiovisive prodotte in Italia negli ultimi anni: Gomorra di Matteo Garrone e Il Capo dei Capi di Enzo Monteleone e Alexis Sweet. Si vedrà che non hanno poi molte cose in comune.
Gomorra (2008) è un lungometraggio tratto dall'omonimo libro-inchiesta di Roberto Saviano. Il Capo dei Capi (2007) è una miniserie tv di sei puntate, tratta da un libro-inchiesta di Giuseppe D'Avanzo e Attilio Bolzoni.
Gomorra dura due ore abbondanti; Il Capo dei Capi nove.
Il Capo dei Capi racconta la formidabile ascesa di Totò Riina, da umile contadinello a capo della più grande organizzazione malavitosa italiana. Gomorra racconta le vite “normali” di alcune persone in un territorio governato dalla camorra. Nessuno di loro ascende in nessun posto; alcuni si ammalano, un paio scappa, molti muoiono.
Gomorra è un film discusso, tratto da un libro altrettanto discusso. Fu il fim più visto in Italia nel week end in cui uscì (maggio 2008). Nel marzo del 2009 aveva già incassato 10.175.071 euro. Divisi per sette fanno più o meno un milione e mezzo di spettatori paganti. È una cifra impressionante, complimenti.
Però Il capo dei capi è stato visto, nell'autunno del 2007 da un numero di telespettatori praticamente mai inferiore ai sette milioni. Il trenta per cento dello share – più o meno un telespettatore su tre, in prima serata. Più o meno una famiglia su tre ha visto il capo dei capi. Molta di questa gente di Gomorra ha sentito solo vagamente parlare (da quanto mi risulta non è mai stato programmato sulla tv in chiaro).
Ma fuori c'è tutto un mondo. Ci sono sette milioni di persone che hanno visto Claudio Gioè interpretare l'indomito Riina, e di Gomorra hanno solo vagamente sentito parlare. Giusto per ristabilire le proporzioni. Gomorra ha vinto il Gran premio della Giuria a Cannes (ma la palma d'oro è andata a un filmetto scolastico su un prof demotivato) e ben sette David di Donatello, sì, vabbè. Il Capo dei Capi ha macinato milionate di euro di inserzioni: e quanto rimpiango di non averlo videoregistrato, di non potervi dire che prodotti ci fossero in televendita (una linea di coppole trendy?)
Nella prima puntata del Capo dei Capi, Totò è un tredicenne che perde il padre zappatore su una bomba rimasta nel sottosuolo dalla Seconda Guerra Mondiale. Divenuto così capofamiglia, con tante bocche da sfamare, Riina si mette a lavorare per i corleonesi, brillando subito per ferocia e capacità organizzativa.
Nella prima seqenza di Gomorra c'è un camorrista che si abbronza in un centro estetico. Un suo collega, dopo aver scherzato con lui, estrae una pistola e lo uccide a sangue freddo. Di lui non sapremo più niente. È come se l'eroe del film morisse subito, e il resto dei personaggi brancolasse per due ore senza trovare un senso. Una cosa molto spiazzante.
Il Capo dei Capi è una success story, una specie di versione sicula del sogno americano: tutti possono diventare Presidente, se studiano sodo... ehm, no: tutti possono diventare capiclan, se si liberano dagli scrupoli e imparano ad ammazzare i traditori prima che ammazzino loro. Anche Gomorra ci mostra un capoclan, ma per pochi minuti. È un poveretto cocainomane che vive nascosto in una brutta casa, ossessionato dalla necessità di ammazzare gli altri prima che ammazzino lui, Bum! Bum! Bum! (Dice proprio così: “Bum! Bum! Bum!” Non è carismatico proprio per niente).
Pare che a Totò Riina, che dal carcere di Opera non si perdeva una puntata, l'interpretazione di Claudio Gioè non sia dispiaciuta. Invece i camorristi ritratti da Saviano, si sa, hanno un po' brontolato, tanto che l'autore è sotto scorta.
Il Capo dei Capi è un figlio di contadino che diventa capoclan, ma cosa significhi essere capoclan da un punto di vista economico non è affatto chiaro. La mafia sembra semplicemente adeguarsi alla società in progresso: quando tutti si mettono a comprare le automobili, anche i mafiosi cominciano a usarle per ammazzarsi. Gomorra mostra cosa succede all'economia nei luoghi dell'indotto della malavita: il sarto Pasquale, artista di livello internazionale, non riesce a vivere del suo lavoro. Alla fine tradisce i segreti del suo mestiere ai cinesi e si mette a fare il camionista.
Dicevamo che all'inizio del Capo dei Capi Totò Riina è un tredicenne. Molti appassionati telespettatori del Capo dei Capi avevano più o meno quell'età. Nel novembre del 2007 il pm Antonio Ingroia andò a parlare di mafia in una scuola di Palermo. La maggioranza degli studenti di quella scuola, in un sondaggio, aveva scritto di non voler far parte della mafia. Alla domanda di Ingroia “qual è il personaggio più simpatico della fiction?” risposero tutti Totò Riina. È impossibile non notare che i modi del giovane Totò sono quelli del classico bulletto da corridoio.
Anche in Gomorra ci sono alcuni ragazzini. Uno di mestiere resta nascosto tutto il giorno, pronto a dare un segnale appena passa una macchina della polizia. È lavoro, come dice lui, è fatica. Sua madre verrà uccisa alle spalle dai camorristi del clan avverso. A tradirla sarà il suo migliore amico, un bambino pure lui. E poi ci sono Marco e Ciro, proprio due bulletti di quartiere: rubano droga di qua, armi di là, sparano all'aria, toccano le donne, sono convinti di poter fare quello che vogliono. Vengono ammazzati da una squadra di vecchi camorristi spazientiti. Anche loro in un agguato. Anche loro senza gloria.
Potrei andare avanti molto a lungo, ma direi che il senso è chiaro: il Capo dei Capi è una cosa, Gomorra è un'altra.
E dunque sabato il produttore del Capo dei Capi si è lamentato per la pubblicità che Gomorra ha fatto alla mafia.
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