Hanno rotto i maroni (i Maya)

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Parlo da una casa - lievissimamente danneggiata - a 40 km dall'epicentro, anche se per fortuna la notte della scossa ero altrove. Non ho rimproveri da fare al mondo dell'informazione, tranne uno. Quando ho cercato testimonianze di prima mano, su internet le ho trovate quasi in tempo reale. Ma presto sono arrivate le immagini, anche sulle tanto snobbate emittenti locali. Ieri pomeriggio conoscevo già l'entità dei danni nel mio comune, e gli edifici pubblici che stamattina sarebbero rimasti chiusi. Tutto sommato la televisione mi ha dato tutto quello che mi serviva, più una cosa che non mi serviva affatto, e questa cosa è la telefonata di Red Ronnie.

Ecco, io non avevo veramente bisogno che il Tg1 (ma non solo il Tg1) mi facesse ascoltare le speculazioni di Red Ronnie a proposito di congiunzioni astrali e profezie Maya. Mi domando in effetti chi ne abbia bisogno. In generale, se c'è qualcosa di cui a 40 km dall'epicentro non si sente alcun bisogno, è un po' di paura in più, un po' di procurato allarme. Red Ronnie probabilmente non se ne rende conto, ma chi ha deciso di intervistarlo per il Tg1 dovrebbe. Non si fanno i tarocchi sulle emittenti nazionali del servizio pubblico: non si cura il malocchio con le fatture e non si tirano in ballo le Pleiadi per un sisma con epicentro a Finale Emilia. Se era uno scherzo, non faceva ridere. Ma non era uno scherzo, vero? (Continua sull'Unita.it, H1t#2^7)

 E allora ci restano due possibilità. O al Tg1 non sono più in grado di distinguere tra scienza e ciarlataneria, o ritengono che la ciarlataneria vada benissimo per il loro pubblico: dopotutto poco prima del Tg1 su Rai2 c’era Paolo Fox con l’oroscopo. Dopotutto col suo libro sulle profezie Maya il presentatore di Voyager ha fatto guadagnare alla ERI edizioni RAI dei bei soldini. Se lui ha potuto terrorizzare una generazione di preadolescenti con favolette sulla fine del mondo, perché anche Red Ronnie non può buttar lì i Maya e un vulcano in Honduras in una telefonata? Dopotutto almeno è in buona fede, Red Ronnie.
Ecco, io non so davvero quale delle due ipotesi sia la peggiore. Sul serio al Tg1 qualcuno considera autorevoli le opinioni di Red Ronnie sugli allineamenti astrali che provocano i terremoti? E se invece le ritenete scemenze, perché le diffondete a ora di pranzo su una popolazione che – lasciatevelo dire a 40 km dall’epicentro – è piuttosto terrorizzata? Qual è il senso, visto che stavolta non avete nemmeno, come aveva Giacobbo, un libretto da venderci? Temo che un senso non ci sia, che ormai si è capito che l’apocalisse tira così bene che si distribuisce gratis anche quando non ce n’è alcun bisogno, quando non serve a nessuno. http://leonardo.blogspot.com
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Bernardino 5 Stelle

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20 maggio - San Bernardino da Siena (1380-1444), predicatore.

(Si legge intero qui).

'Ci saranno bombe, terremoti, falsi profeti
che vi diranno che ve l'avevano detto...'

C'è crisi. Da parecchio. Ce n'è così tanta che non ci ricordiamo nemmeno quand'è cominciata, e nulla ci lascia sperare che possa finire. Le vecchie ricette non funzionano più, i vecchi partiti si sono scannati tra loro senza portarci nulla di buono. C'è confusione e non c'è nessuno che ci spieghi cosa fare. No, veramente uno c'è. È un tizio fuori degli schemi. Per dire, è esperto di Apocalisse e di teorie economiche. Però non è tanto questo l'importante. L'importante è che lui si fa ascoltare. Gli altri sono noiosi e battibeccano sempre, lui quando occupa la scena può tenerla per ore, giorni, settimane. Si capisce che ne sa a pacchi, ma non te lo fa pesare; cita gli economisti ma anche i barzellettieri, ti fa spetasciare dal ridere, certe volte; altre volte ti fa pensare. Quando arriva in città, col suo battage pubblicitario un po' rozzo ma innovativo, le ragazze fanno la fila per occupare i primi posti, dove si sente tutto. I ragazzi occupano i secondi posti, dove si vedono meglio le ragazze. Insomma è l'uomo dell'anno, del decennio. Dove passa ammainano le bandiere dei partiti e innalzano la sua. Gli hanno offerto cariche importanti, ma lui la politica preferisce lasciarla fare agli altri. Quello che veramente gli interessa non sono gli onori (ne ottiene), né i guai (se li procura). Quello che davvero vuole fare, lo sta già facendo: predicare è la sua più grande gioia, continuerà finché le forze non lo abbandoneranno. Sto ovviamente parlando di Bernardino degli Albizzeschi, il più grande predicatore del quindicesimo secolo.

Ma non è che nel ventunesimo le cose vadano troppo diversamente. A chi continua ad affettar stupore per gli exploit di Beppe Grillo, porto questa ipotesi in regalo: forse Grillo non è affatto un uomo nuovo, forse è l'incarnazione di un archetipo dell'inconscio collettivo che noi italiani ci portiamo dentro da secoli: il Grande Predicatore. Grillo è tutto lì, un meraviglioso affabulatore, uno spacciatore di apocalissi da coniugare secondo necessità. In un altro secolo si sarebbe messo un saio addosso e avrebbe detto più o meno le stesse cose: guai a voi banchieri usurai affamatori del popolo, guai a voi politici corrotti, le cose stanno per cambiare, eccetera (continua sul Post...)


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Perché sono omofobo

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L'omosessualità è apparsa come una delle figure della sessualità quando è stata ricondotta dalla pratica della sodomia ad una specie di androginia interiore, un ermafroditismo dell'anima. Il sodomita era un recidivo, l'omosessuale ormai è una specie (Michel Foucault, La volontà di sapere, 1976).


Oggi è la giornata mondiale contro l'omofobia, dicono, e pensavo di celebrarla con un piccolo autodafé. Siccome ogni tanto mi viene rivolta l'accusa di essere io stesso omofobo, vorrei cercare di spiegare e spiegarmi il perché questo è successo, succede e succederà. Non è un pezzo polemico, in teoria; in pratica qualcuno con cui litigare lo trovi sempre; ma questo pezzo è da intendersi più come la fine di un litigio, quella parte noiosa che alcuni chiamano "spiegazioni", e che molti giustamente saltano: potete anche saltare questo, al massimo la prossima volta che mi date dell'omofobo ve lo linco e ci date un'occhiata. È anche parecchio autoreferenziale.

L'accusa di omofobia è meno scontata di quella di antisemitismo, socialmente meno pericolosa di quella di pedofilia; in ogni caso dà un po' fastidio. Io poi sono convinto, da molto tempo, che un gay dovrebbe avere gli stessi diritti che ho io, compreso quello di sposarsi e crescere figli; per quel poco che posso fare cerco di contrastare l'omofobia nel mio ambiente di lavoro; ho conosciuto e voluto bene a persone omosessuali, cosa un po' banale da dire ma pure è successo; ero cautamente favorevole a un testo di legge che riconoscesse l'aggravante per omofobia; e il video di Small Town Boy mi fa venire i lacrimoni. Per cui quando mi ritrovo iscritto tra gli omofobi mi sembra sempre un po' un'ingiustizia. All'inizio pensavo che si trattasse del mio attendismo, che è un tratto della mia personalità che ha sempre fatto arrabbiare molte persone, buoni ultimi i gay. In sostanza io ho sempre amato i compromessi e diffidato dei duri e dei puri, ce l'avevo con Bertinotti nel '98 e tutto quanto, e sono tuttora convinto che se nel 2007 fossero passati i Dico, oggi la qualità di vita di molte famiglie gay italiane sarebbe lievemente superiore - il solo fatto di aver uno status riconosciuto da una legge italiana accelererebbe anche il processo verso il definitivo riconoscimento della parità e del diritto al matrimonio, perlomeno io la penso così, e non credevo di essere omofobo per questo. E infatti questo in realtà c'entra in modo molto relativo. Ci ho messo un po' di tempo a capirlo: il mio attendismo è oggettivamente snervante per molti che mi leggono, ma non è il motivo per cui alcune conversazioni terminano con qualcuno che mi dà dell'omofobo. C'è qualcosa di più profondo.

"Omofobo" è un curioso portmanteau. Generalmente lo usiamo per intendere una "persona che odia gli omosessuali": però il suo significato letterale sarebbe: colui che ha paura di sé stesso. In questo senso io potrei essere effettivamente un po' omofobo, e mi domando chi non lo sia mai stato. Il nostro corpo è una fonte inesauribile di ansie e paure, molte delle quali coinvolgono la sfera sessuale e l'identità di genere. È un argomento fin banale: chi ha paura degli omosessuali teme soprattutto l'omosessuale che è in sé. Se vi soffermate sulle dichiarazioni omofobe di questo o quel politico o attivista vi accorgerete che implicano l'idea (folle) che tutti possiamo diventare omosessuali, se non stiamo attenti. C'è chi paventa l'estinzione del genere umano, e non dice una battuta: ci crede. L'omosessualità per costoro non è soltanto una malattia, ma è anche altamente contagiosa. Nel loro fanatismo, questi signori hanno capito una cosa che altri gay temo non afferrino: siamo tutti omosessuali. Potenzialmente. No, non è vero. Cioè, in realtà ne sappiamo poco, molto meno di quanto crediamo di saperne.

Tra l'altro fu uno scout ad alto livello.
Do per scontato che chi legge qui conosca un po' la storia del rapporto Kinsey. La figura dell'entomologo che studia la sessualità degli americani in piano maccartismo, giungendo a conclusioni ancora oggi sorprendenti, è insieme modernissima e antica, come la serie classica di Star Trek: mostra un futuro radicalmente diverso da quello che poi c'è stato. È profondamente alieno, per esempio, l'approccio; per noi, qui nel 2012, la cosa più importante è definirsi: etero, omo, trans, eccetera. A Kinsey questo tipo di etichette non diceva nulla, lui partiva dalle esperienze: non chiedeva ai suoi campioni Chi sei?, Come ti definisci, ma Cosa hai fatto? E scopriva cose che ci sorprendono ancora: che il 37% dei maschi intervistati aveva avuto un'esperienza omosessuale; che il 46% degli stessi aveva provato attrazione per persone di ambo i sessi. Spesso nelle discussioni si tira in ballo Kinsey per ricordare una fantomatica stima della "popolazione omosessuale" tra il 5 e il 10% (è un errore che ho fatto anch'io): non è esattamente così, ma soprattutto non è il dato più interessante; perlomeno, mi pare più interessante il fatto che negli USA degli anni '50 un terzo della popolazione maschile avesse avuto almeno un'esperienza omosessuale e quasi la metà avesse provato attrazione per qualcuno del suo stesso sesso: se comunque accettiamo di prendere per buona la stima del 10% di omosessuali 'esclusivi' (il gradino 6 della scala Kinsey) ci rimane una fascia grigia del 40% che forse ci spiega meglio perché Giovanardi, se vede due gay baciarsi, può avere paura sul serio. Prendendo per buone le stime di Kinsey potremmo avere 4 possibilità su 10 che Giovanardi, un politico cattolico di centrodestra, un bacio così lo abbia trovato almeno in un periodo della sua vita desiderabile; un apostrofo roseo che un politico cattolico di centrodestra deve assolutamente cancellare con un vigoroso tratto nero (o un virgineo bianchetto), ne va della carriera politica nel centrodestra. Molti omofobi sono realmente omo-fobi. Non sono nati eterosessuali (gradino 1 Kinsey): ci sono arrivati rinunciando a qualcosa, che a volte può bussare e ripresentarsi, il che fa paura. Visto che si doveva parlare di me, ammetto che no, non ha mai bussato nessuno, per ora. Però i gradini di Kinsey qualche turbamento me lo danno. Non siamo tutti omosessuali; non siamo nemmeno tutti bisessuali; però non siamo neanche quasi mai eterosessuali grado 1; insomma cosa siamo? Non lo sappiamo, e questo ci rende diffidenti.

Mi capita molto spesso di pensare alle stime di Kinsey, quando discuto di omosessualità, e questo mi frega, perché davvero Kinsey è un altro mondo: persino il modo in cui usa le parole è diverso da quello con cui si usano oggi, e questo fa sì che non ci capiamo. Per esempio, io tendo a concepire l'omosessualità come una possibilità, mentre per molti interlocutori l'omosessualità è una comunità precisa. La comunità LGBT non è unita soltanto dagli orientamenti sessuali (che tra l'altro sono diversi, lo dice la sigla stessa), ma da un'ideologia. Ora magari qualcuno protesterà che non è vero. Capiamoci: ideologia non è una brutta parola. Non credo possano esistere comunità senza un'ideologia condivisa che le tiene insieme. Non sta a me definire quale sia l'ideologia gay-lesbica-bisessuale-transgender. Nel corso degli anni e dei litigi ho solo fatto caso a un paio di cose. Per esempio, l'innatismo. Non so quanto sia diffuso, ma mi capita sempre più spesso di discutere con gente convinta che gay si nasce. Non mi è difficile immaginare che molti gay o lesbiche si sentano tali "dalla nascita", però resto persuaso che tutt'intorno ci sia un'enorme fascia grigia di gente che nasce e cresce, come dire, confusa. Affermare questa cosa (con un po' di statistiche alle spalle) non implica che queste persone vadano rieducate o mandate dallo psicologo o quant'altro: non sto parlando di persone "confuse" perché sono nate gay e le voglio rieducare: sto dicendo che sono confuse perché stanno sul 2 o sul 3 o sul 4 della scala Kinsey, e se non fosse per le rigidità della società (di qualsiasi società), resterebbero lì: e invece a un certo punto devono scegliere una cosa e rinunciare all'altra. È quello che fanno. Milioni di persone in Italia, non saprei proprio dire quanti, scelgono la loro identità di genere, e non sempre scelgono la cosa giusta, e a volte hanno paura di essersi sbagliati, e questa paura possiamo anche chiamarla omofobia. (Mi accorgo che ho già scritto tantissimo ed è tardi, continuo un'altra volta)
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Tre bicchieri mezzi pieni

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Il nove maggio - data storica - il presidente della prima potenza mondiale, Barack Obama, ha dichiarato di aver cambiato posizione sul matrimonio gay: le discussioni coi familiari, ma anche il confronto coi politici dei due schieramenti, lo hanno convinto che "alle coppie dello stesso sesso dovrebbe essere consentito sposarsi". La strada verso il riconoscimento legale del matrimonio nei 50 Stati è ancora lunga: quella di Obama non è una proposta di legge federale, ma un'opinione personale, seppure espressa in campagna elettorale dall'uomo più potente del mondo. Io credo che nessuno che abbia a cuore la parità dei diritti si sia trattenuto dal festeggiare il nove maggio; immagino che nessuno abbia perso tempo a rimproverare Barack Obama di avere avuto, fino all'otto dello stesso mese, una posizione ambigua, se non reticente o retrograda. Meglio tardi che mai, meglio adesso che poi.

È il solito discorso del bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto: se davvero c'interessa che le cose cambino, un po' di ottimismo aiuta. Ne abbiamo bisogno molto più noi che i connazionali di Obama. Prendiamo il caso dell'onorevole Mariapia Garavaglia (PD), che all'alba di venerdì risultava ancora nell'elenco degli aderenti alla Marcia per la vita di Roma. Guardiamo al bicchiere mezzo pieno: domenica, nello stesso elenco, non c'era più. Non che abbia cambiato idea: probabilmente è ancora convinta che l'aborto sia un omicidio, anzi un genocidio. (Continua sull'Unita.it, H1t#127, ma lascio i commenti aperti anche qui).

 In fondo questa è la linea della Conferenza Episcopale, e la Garavaglia non ha mai fatto mistero del suo allineamento con la CEI. Se alla fine non s’è presentata, è perché sostiene che la marcia è stata ‘strumentalizzata’ dagli estremisti, e vabbe’. Guardiamo il bicchiere mezzo pieno: il movimento pro-life italiano è ormai stato colonizzato dalla destra meno presentabile, la retorica dei bambolotti-feti incollati ai crocefissi non è fatta per conquistare le simpatie dei moderati. Non possiamo fare molto per cambiare le idee della Garavaglia (non possiamo neanche fare un granché per evitare di votarla, se insistiamo a voler votare PD e il meccanismo elettorale resta l’orrore che è), ma certe posizioni la Garavaglia fa sempre più fatica a spacciarle per moderate, sempre più fatica a esternarle. Alla fine è un buon bicchiere mezzo pieno, secondo me.
Nei giorni scorsi sui giornali e in rete si è parlato molto di scout cattolici e omosessualità. Più precisamente: la più grande associazione di volontariato cattolico giovanile, l’AGESCI, ha fatto notizia per il suo dibattito interno sull’omosessualità, e in particolare sull’opportunità che gli eventuali educatori omosessuali facciano coming out. Per molti che hanno commentato questa notizia, il bicchiere era più che mezzo vuoto, vuotissimo: le posizioni espresse dai relatori di un convegno (spacciate su Repubblica per “linee guida dell’AGESCI”) sono state denunciate come retrograde e omofobe. E lo erano.
Ma la vera notizia è che centinaia di educatori dell’AGESCI le considerano tali. Lo mostrano le quasi cinquecento firme in calce a un documento stilato il 6 maggio - una data meno storica del 9, ma che vale comunque la pena di festeggiare: nel documento si prendono nettamente le distanze dalle relazioni del convegno, e tra le altre cose si legge: “Crediamo fermamente che non si possa concepire, né tantomeno si possa ascrivere al nostro modo di pensare, che l’inclinazione sessuale, come l’omosessualità o l’eterosessualità, sia intrinsecamente e di per sé una discriminante per essere dei buoni capi educatori, né tantomeno per essere degli uomini e donne di valore a questo mondo. L’inclinazione sessuale di per sé non determina l’intenzionalità educativa, cuore pedagogico e operativo del nostro servizio”. Possono sembrare affermazioni ispirate al semplice buonsenso, ma per i membri di un’associazione cattolica italiana rappresentano una posizione impegnativa, al limite della sfida esplicita alla linea ufficiale della Chiesa. I firmatari del documento non rappresentano l’associazione, ma meritano di fare notizia molto più di tre relatori di un convegno: e mostrano come si sta evolvendo una delle realtà più importanti del cattolicesimo italiano.
Il bicchiere insomma mi sembra anche più che mezzo pieno. C’è qualcosa che si muove nelle parrocchie. Si muove lentamente, ma la direzione è quella del riconoscimento di pari dignità e pari diritti. Non abbiamo tutti la stessa fretta, non abbiamo tutti la stessa pazienza, ma non è una gara: a certe decisioni dobbiamo arrivarci assieme. Sarà ancora lunga: tanto vale assaporare i bicchieri mezzi vuoti che troviamo lungo la strada. http://leonardo.blogspot.com
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Il terzo segreto di Fatima +1

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13 maggio - Madonna di Fatima.

(Questo pezzo fa parte della top10 delle madonne più incredibili della cristianità! clicca qui per ricominciare dall'inizio).

31 anni fa oggi, a Piazza San Pietro Mehmet Ali Ağca sta per sparare il terzo colpo (o il quarto), quando una suora e un addetto alla sicurezza del Vaticano lo atterrano. Stacco. Dieci giorni prima, un monaco trappista dirotta un Boeing 737 in Normandia e minaccia di dar fuoco all'aeroplano se non gli viene rivelato il Terzo Segreto di Fatima. Stacco. Il Papa Buono dietro una scrivania tiene in mano una busta. C'è scritto, in portoghese: per ordine di Nostra Signora aprire nel 1960. La mano trema. Stacco. Una folla radunata in un villaggio: siamo nell'ottobre 1917, quindi le immagini sono in bianco e nero, tranne che all'improvviso il sole esplode in una supernova arcobaleno. Stacco. Karol Wojtyla parla dal balcone, la sua voce fuori campo annuncia: "gli oceani annegheranno intere sezioni della terra... da un momento all'altro milioni di persone periranno... però non abbiate paura". Dissolvenza incrociata: la statua della Madonna di Fatima, zoom sulla corona, una voce fuori campo: "Perché il Papa non ci volle consegnare la terza pallottola? Oggi magari sapremmo che Ağca non era il solo killer". Zoom sulla corona dorata, ehi, ma quella... sembra proprio una pallottola! Dissolvenza incrociata. Un uomo in bianco sale su una montagna cosparsa di cadaveri, dispensando benedizioni con fare allucinato. Una voce simile a quella di Joseph Ratzinger, fuori campo, dice: "Chi leggerà con attenzione... resterà presumibilmente deluso o meravigliato". Titolo: IL QUARTO SEGRETO DI FATIMA. PERCHÉ LA CHIESA NON VUOLE RIVELARLO? Ecco. Io una puntata di Voyager sulla Madonna di Fatima la lancerei così. E voi probabilmente avreste già cambiato canale da un pezzo. Va bene, ricominciamo.

Il terzo segreto di Fatima è stata l'apocalisse Maya della mia generazione - il solo nominarlo causava a preadolescenti di educazione cattolica autentici brividi di terrore. Considerate le coincidenze: Ali Ağca (in seguito noto anche col nome di "Gesù Cristo il Messia") sceglie per sparare a Papa Wojtyla, di tutti i giorni possibili, il 13 maggio, anniversario della prima apparizione della Madonna ai bambini di Fatima. Un anno dopo (12/5/1982) il Papa, salvo per miracolo, si trova appunto a Fatima, quando il sacerdote spagnolo don Juan María Fernández y Krohn tenta di trafiggerlo con una baionetta. Per don Juan, Wojtyla era un agente di Mosca. Per molti ancora oggi l'uomo di Mosca era Ali Ağca - con o senza intermediazione bulgara. I russi, ma anche la CIA, i Lupi Grigi, i cardinali invidiosi, qualsiasi ente tirato in ballo da Cristo-Ağca nelle settecento versioni che ha fornito. Tutte dotate di qualche grammo di verosimiglianza: i Lupi Grigi erano terroristi laici, senza pregiudiziali, che per soldi potevano far lavoretti per chiunque. Per conto loro avevano messo su un fiorente traffico di stupefacenti che li aveva messi in contatto con tutte le criminalità organizzate d'Europa.

La guerra fredda, nella sua fase finale: il rush della corsa agli armamenti, gli euromissili sepolti sotto le nostre biolche di onesti coltivatori padani, puntati anche verso la Bulgaria. Per chi cresceva negli anni Ottanta, l'apocalisse nucleare era un'opzione. Non dico che ci pensavi tutti i giorni, ma ci pensavi. A scuola ti mostravano The Day After. A catechismo ti parlavano della Madonna di Fatima. Dei meravigliosi doni che aveva fatto ai tre pastorelli portoghesi: per esempio, aveva mostrato loro l'inferno. E consegnato informazioni riservate sulla fine del mondo, con una speciale attenzione per l'Unione Sovietica. Poi li aveva richiamati a sé, due su tre, facendoli morire ancora bambini durante un'epidemia, in modo piuttosto doloroso. La terza viveva semisepolta in qualche convento iberico, e conservava l'immagine specchiata di cose di là da venire.

Ma personalmente la cosa che mi agghiacciava di più era il matto che aveva dirottato il Boeing 737. Si era cosparso di benzina ed era andato a trovare i piloti con un accendino in mano. All'inizio aveva chiesto di farsi scaricare in Iran - era un volo Dublino-Londra, figuratevi, il posto più vicino all'Iran a disposizione era il primo aeroporto di qua dalla Manica. Quando atterra, ai negoziatori chiede che gli sia rivelato il Terzo Segreto, quello che solo pochi alti prelati conoscono. Dieci ore dopo i francesi mandano le teste di cuoio. È facile immaginare che nel frattempo fosse stata consultata la Santa Sede, la quale doveva aver risposto: meglio di no. Cosa c'era di così orribile in quelle quattro paginette scritte a mano, da rischiare piuttosto l'esplosione di un Boeing 737 pieno di passeggeri? È chiaro che un ragazzino di quell'età si fa subito venire in mente cose orribili. Poi crescendo uno all'apocalisse smetta di pensarci tutto il tempo - si diventa razionali, direte voi - in realtà no, il contrario, a un certo punto gli ormoni cominciano a pompare e dei dieci anni successivi ho vaghi ricordi, mi sembra di aver pensato al sesso tutto il tempo. Quando hai 16, 17 anni, anche se ti dicono "fine del mondo", tu non pensi più agli euromissili e al segreto di Fatima, tu pensi Dai, è la volta che si scopa. Cioè, se non stavolta vuol proprio dire che mai.

Questa fase diciamo endocrinosofica della mia esistenza era già in gran parte terminata quando nel 2000 fu finalmente svelato il segreto che mi aveva terrorizzato da bimbo. Come aveva previsto Joseph Ratzinger (allora prefetto della Congregazione per la Difesa della Fede) rimasi deluso. Ma neanche tanto, in fondo è come vedere Belfagor da adulti, o ritrovare lo scivolo altissimo che ti terrorizzava all'asilo, in tutti i suoi due metri di orrido splendore. Tutti i brividi che hai provato ti lasciano giusto una punta di malinconia, come sentire il freddo sotto un'antica otturazione. Ormai sei grande, se ti dicono "fine del mondo" pensi Dai, allora stasera non correggo i compiti... Il terzo segreto di Fatima è il seguente.
Dopo le due parti che già ho esposto, abbiamo visto al lato sinistro di Nostra Signora un poco più in alto un Angelo con una spada di fuoco nella mano sinistra; scintillando emetteva fiamme che sembrava dovessero incendiare il mondo; ma si spegnevano al contatto dello splendore che Nostra Signora emanava dalla sua mano destra verso di lui: l'Angelo indicando la terra con la mano destra, con voce forte disse: Penitenza, Penitenza, Penitenza! E vedemmo in una luce immensa che è Dio: “qualcosa di simile a come si vedono le persone in uno specchio quando vi passano davanti” un Vescovo vestito di Bianco “abbiamo avuto il presentimento che fosse il Santo Padre”. Vari altri Vescovi, Sacerdoti, religiosi e religiose salire una montagna ripida, in cima alla quale c'era una grande Croce di tronchi grezzi come se fosse di sughero con la corteccia; il Santo Padre, prima di arrivarvi, attraversò una grande città mezza in rovina e mezzo tremulo con passo vacillante, afflitto di dolore e di pena, pregava per le anime dei cadaveri che incontrava nel suo cammino; giunto alla cima del monte, prostrato in ginocchio ai piedi della grande Croce venne ucciso da un gruppo di soldati che gli spararono vari colpi di arma da fuoco e frecce, e allo stesso modo morirono gli uni dopo gli altri i Vescovi Sacerdoti, religiosi e religiose e varie persone secolari, uomini e donne di varie classi e posizioni. Sotto i due bracci della Croce c'erano due Angeli ognuno con un innaffiatoio di cristallo nella mano, nei quali raccoglievano il sangue dei Martiri e con esso irrigavano le anime che si avvicinavano a Dio.
Tutto qui? Tutto qui. Per carità, c'è di che stare in ansia: massacri, martiri, un Papa assassinato, innaffiatoi di sangue. E allora perché non fa più paura? (continua sul Post...)

(Clicca invece qui per conoscere, finalmente, la Madonna più spaventevolmente incredibile di tutta la cristianità).
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Abbasso Lapo, strofo

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Via albertocane.blogspot.com
In margine a un errore (il solito)
Nella prova Invalsi somministrata giovedì nelle classi prime secondarie di primo grado (=medie), tra i quesiti grammaticali ce n'era uno che chiedeva di correggere il famigerato apostrofo di "qual". In effetti è una delle competenze grammaticali solitamente richieste al primo anno, e sono abbastanza contento di come sono andati i miei alunni (anche se forse non dovrei saperlo? Ops). E però mi chiedo: ma ne vale la pena?

Seriamente: vale la pena insegnare che "qual" si scrive senza apostrofo; correggere infinite volte l'uso errato di "qual", mentre nel frattempo magari Roberto Saviano proclama a gran voce che lui l'apostrofo lì ce lo mette e continuerà a mettercelo? Non uno scrittore qualsiasi, l'unico scrittore italiano della mia generazione che i ragazzini probabilmente conoscono - l'unico anche che possa funzionare un po' come un modello, non il solito squatter di torri eburnee sfitte, uno scrittore che si misura con i problemi reali della società e cerca di cambiarla, in più con quel piglio sbruffoncello che funziona, che in generale ai preadolescenti garba. Che faccio, gli dico che Saviano può e loro no? Che se hai fegato per sfidare la mafia puoi sfidare anche la potentissima Crusca? Come se poi Saviano fosse il solo, mentre lui ci tiene a far sapere che ha ripreso l'uso ortodattilografico di Pirandello.

Il quale Pirandello ci pone un serio problema, perché certo, possiamo raccontarcela finché vogliamo che non è un gran prosatore, Pirandello - vuoi mettere, chessò, con Landolfi (ahimè, anche Landolfi apostrofava "qual") - però oltre ad avere un orecchio, un senso incredibili per lo stile colloquiale medio, che gli ha consentito di scrivere commedie applaudite da Torino ad Agrigento; oltre a quel premio Nobel che sì, non è una trecentesca corona d'alloro, ma butta via; oltre a tutto il resto, non era mica un autodidatta Luigi Pirandello: si era laureato a Bonn in Filologia Romanza, ne sapeva di fenomeni linguistici più di me e di molti redattori delle prove Invalsi; e apostrofava "qual". Non solo, ma alla Mondadori non glielo correggevano, il che fa riflettere. Come se l'apostrofo mezzo secolo fa non fosse questo orrore che è diventato al tempo dei blog: probabilmente passava inosservato, abbiamo letto per anni i romanzi di Pirandello editi da Mondadori e mai avevamo fatto caso all'apostrofo. E poi all'improvviso che è successo?

Una rivoluzione copernicana, che diamo ormai per scontata, ma pensiamoci. Dieci anni fa non facevamo così tanto caso agli apostrofi, se correggere le bozze non era il nostro mestiere. Dieci anni fa cos'eravamo?Lettori. E oggi siamo diventati scrittori. Scriviamo continuamente. Mail, sms, post, cinguettii, ognuno di noi scrive in un mese quanto un accademico di Arcadia poteva buttar giù in un anno. Scriviamo così tanto che spesso abbiamo smesso di leggere, il che parzialmente può spiegare perché in generale la qualità della scrittura non è migliorata (e la capacità di comprensione sembra crollata, ma forse è un'impressione mia). È in un momento del genere che certe regolette scolastiche come l'apostrofo su "qual" sono diventate una specie di bandiera, o meglio una livrea da sfoggiare in società: la differenza tra chi ha avuto buone elementari e chi no. Io continuo a chiedermi se ne valga la pena. I racconti di Landolfi sarebbero più o meno belli senza apostrofo? Le requisitorie di Saviano più o meno leggibili?

Io insegno nella scuola dell'obbligo, dove le cose devono essere chiare: i ragazzi hanno bisogno di certezze, se scrivi in un modo è giusto e se scrivi in un altro modo è sbagliato. E tuttavia poi quando cresci e scopri che in un modo scriveva Manzoni e in un modo Pirandello, non ti senti preso in giro? Non rischi di perdere la fiducia un po' nella scolarizzazione tutta? Chiedo. Anch'io avrei bisogno di certezze, se mi dite che con l'apostrofo è meglio per me è ok. Preferirei impiegare il mio tempo in cose altrettanto noiose, non crediate, ma più utili: la benedetta punteggiatura. Le benedette maiuscole (impiccate i grafici). Tutte cose banali che rendono una frase più comprensibile e più leggibile - un apostrofo non rende nulla più leggibile. Preferirei avere più tempo per la noiosissima ma fondamentale analisi logica, che non è "logica" per modo di dire: sui tweet ve ne accorgete, c'è gente che non si riesce semplicemente a spiegare, è un handicap, un grammatical divide - e non è mai un problema di apostrofi. Preferirei valutare la comprensione, visto che per ora la produzione scritta invece che diminuire aumenta; c'è sempre più roba da leggere e c'è sempre più gente che non ne è in grado, prima o poi l'elastico si spezzerà e mi chiedo come.
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(Io li amo) i nazisti della Beozia

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"Ma la Grecia a te, ma non ti fa paura?".
"Paura? La Grecia? Al massimo un po' tristezza".
"Scherzi, ma ti rendi conto? I nazisti, hanno votato. Roba da trentatré".
"In effetti guarda, io spero che vincano loro".
"Loro? I nazisti greci?"
"Lo so, è brutto da dire, ma se ci rifletti ha un senso. Partiamo da un presupposto..."
"Mi metto comodo".
"No ma guarda faccio presto. Partiamo da un presupposto: la Grecia è finita. Fottuta. Anzi guarda se vuoi andare a vedere l'Acropoli prima che la smontino, prenota per luglio".
"La smontano".
"Non sarebbe la prima volta, via, a Berlino c'è tutta l'Ara di Pergamo, basta ingrandire un po' e ci sta pure il Partenone".
"C'è un sacco di spazio a Berlino".
"Lo spazio è vitale. Insomma, sono già al default. Controllato. Conoscendo i controllori, diciamo che tra un po' saranno al default e basta. Lasciamo perdere il discorso sulle responsabilità e le colpe e tutto quanto. La Grecia è fottuta: tanto vale usarla come avvertimento".
"Un avvertimento?"
"A chi sgarra da qui in poi. Volete fare la fine della Grecia? Avete visto cos'è successo alla Grecia? Credevate che scherzassimo? Salutateci i greci, eccetera. Ma questo anche se ad Atene ci fosse un bel governo di euro-sinistra, o per dire i comunisti - ci sono ancora i comunisti?"
"Altroché".
"Ecco, allora, visto che qualcuno la Grecia la deve far salire sulla seggiola, e poi dare un calcio, ma perché deve proprio essere uno di sinistra? Abbiamo un capro espiatorio da macellare, cerchiamo di trarne il meglio possibile. Che almeno il boia sia un nazista".
"Così la figura di merda la fanno loro?"
"E poi magari per qualche anno la gente ci pensa, che a votar nazista non si fa un buon affare. Ma pensa anche solo ai grillini".
"Cosa c'entrano i g..."
"Niente. Però pensa. C'è Grillo che dice dai, usciamo dall'Euro, svalutiamo la cara vecchia lira del 50%. Ora, io non ci credo che dica sul serio, a meno che lui e Casaleggio non abbiano già tutto il capitale al sicuro in Isvizzera. Comunque c'è gente che gli crede, no? Mica poca. E a questi sai che gli mostriamo? Un fuehrer greco che introduce la dracma e rade al suolo l'economia, ti rendi conto, in sei mesi sono tutti in Turchia a lavare i parabrezza ai semafori, i volonterosi elettori del fuehrer greco. Allora secondo me a quel punto i grillini, i pentastellati, la storia della svalutazione della lira se la dimenticano - come si sono già dimenticati il signoraggio".
"Insomma, il nazismo greco per te è una cosa educativa".
"Tanto andrà così in ogni caso. Se cola a picco con un capitano socialdemocratico daranno la colpa di nuovo alla socialdemocrazia, non ce n'è veramente bisogno".
"Stai veramente diventando cinico, sai?"
"Trovi? Ma cinico più tipo Antistene o più tipo Diogene?"
"Più tipo un cane rognoso".
"Wof".
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Dio sta con l'ippopotamo

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10 maggio - San Giobbe, personaggio letterario (600 a.C:?)

Ci siamo già visti?

Nelle seconde file del calendario cattolico, accucciati dietro le spalle di santi più ordinari per non dare troppo nell'occhio, ci sono personaggi incredibili. Per esempio c'è Edipo - in realtà non proprio Edipo, un Edipo tarocco made in Ungheria, lo abbiamo visto, e c'è Buddha, un'altra volta spiegheremo magari cosa ci fa Buddha. Ma il più incredibile secondo me è Giobbe. Come abbia potuto ritrovarsi il protagonista del libro di Giobbe nel martirologio della Chiesa cattolica nello stesso giorno di Sant'Alfio, San Filadelfio e San Cirino, onestamente non lo so. Giobbe non è un profeta e non è un patriarca in senso stretto, non è nemmeno chiaro se sia un ebreo (il suo Dio però è chiamato proprio YHVH). Il suo libro omonimo è uno dei capolavori letterari dell'Antico Testamento - anche se non si armonizza molto bene con quella collezione di leggende ancestrali e antiche cronache redatte alla benemeglio. Anche Giobbe forse all'inizio poteva essere un mito, una fiaba, ma si capisce che a un certo punto uno o più scrittori ci hanno rimesso le mani. E almeno uno di loro doveva essere bravo davvero, perché la Genesi parla di Abramo, l'Esodo di Mosè, ma Giobbe parla ancora di noi, dopo tremila anni. E contiene anche la risposta di Dio all'Unica Domanda Che Valga Veramente La Pena, scusate se è poco.

La trama la sapete, no? No? Cioè l'Odissea sì, i promessi sposi sì, e Giobbe no? C'è qualcosa che non va nella nostra educazione. Poi per carità, Omero è ok, ma non è che ti capiti così spesso di organizzare massacri di Proci, né di volerti sposare contro la volontà di un signore feudale; mentre un'imprecazione alla Giobbe prima o poi sfugge a tutti, e l'Unica Domanda ce la poniamo più o meno tutti i giorni. Per dire, negli ultimi tre anni gli americani lo hanno riciclato in un paio di film, entrambi molto apprezzati (A Serious Man e The Tree of Life). Certo, se la mettiamo su questo piano i fumetti della Marvel battono Giobbe 5 a 2, ma per un prodotto di nicchia non è comunque un risultato da buttar via. La trama, dicevamo.

Allora il Signore rispose a Giobbe
dal seno della tempesta..." (A Serious Man)

Nel paese di Uz (deserto del Negev?) Giobbe è un uomo giusto che fa tutto quello che deve fare un buon ebreo. (Il fatto che non sia identificato come un ebreo secondo alcuni è un modo per evitare la censura, visto che tra lui e Dio accadranno eventi spiacevoli: un'altra ipotesi è che dietro a Giobbe ci sia un mito più antico, di origine mesopotamica). Nel frattempo, alla corte di Dio... ecco, già questo è incredibile. Non si è mai vista la corte di Dio fin qui nella Bibbia: si sono visti roveti ardenti, carri rotanti, ma un Dio che tranquillo riceve i suoi cosiddetti "figli" (angeli?) è un unicum, solo in Giobbe assistiamo a scene così. Non solo, ma tra questi "figli" c'è Satana, nella sua prima apparizione pubblica. Non è ovviamente il Satana cristiano con le corna o la coda, non è visto come un nemico di Dio (anzi prende ordini da lui). Al limite è l'unico in grado di reggere una conversazione con l'Ente supremo. Da dove vieni, gli chiede infatti l'Ente, e Satana: Me ne sono andato a spasso per la terra. "Hai visto Giobbe? Lui sì che mi vuol bene, eh?" "Per forza ti vuol bene, gli hai dato tutto: una casa, una famiglia, gli affari vanno bene... prova a togliergli qualcosa, e vedrai se non ti maledice". L'Ente accetta la scommessa: "Vai pure, levagli quel che vuoi". Satana insomma è una specie di pubblica accusa che punta il dito sull'umanità (la parola forse in origine significava avversario, accusatore); più che il diavolo, l'avvocato del diavolo, con la missione di mostrare a Dio quanto gli uomini facciano schifo. Per questo bazzica la terra, mentre gli altri angeli se ne vanno per i cieli. Dunque Satana prende il migliore degli uomini, e in pochi minuti gli toglie la famiglia, il raccolto, la casa, tutto... tranne la moglie. La moglie gliela lascia (qui io ci sento un'ironia fortissima, ma forse sovrainterpreto).

Giobbe reagisce come un vero santo: quel che il Signore mi ha dato, il Signore me lo può togliere, sia benedetto il Signore. Nell'alto dei cieli Dio gongola: visto che avevo ragione io? Non è male questa umanità, dopotutto. Satana non fa una piega, anzi rilancia: in realtà, dice, non lo abbiamo ancora toccato. Sì, gli abbiamo tolto tutto, ma gli abbiamo lasciata salva la pelle, l'unica cosa che agli umani interessi realmente. Dammi il permesso di rovinargli la salute, e vedrai se non ti maledice. Dio accetta, e Satana si affetta a coprire il sant'uomo di piaghe dalla testa alla punta dei piedi. Da uomo ricco e potente, Giobbe si ritrova nudo nella polvere a grattarsi le pustole con un coccio di terracotta, e in più la moglie che gli dice: Ma che aspetti a morire bestemmiando? Taci cretina, dice più o meno Giobbe; e non bestemmia.

Questo è l'antefatto in prosa, e sta in due paginette. Secondo alcuni è il nucleo iniziale della storia, a cui si ispirò il poeta (o i poeti) del poema successivo. Secondo altri è un'aggiunta posteriore, il che cambierebbe tutto, perché, per esempio, Satana nel resto del libro non compare più, e della scommessa nessuno fa più menzione. Se togli il prologo, il libro inizia con questo Giobbe, uomo giusto che non ha fatto nulla di male, che giace nella polvere cosparso dalle piaghe, domandandosi il perché. Il perché lo sa il lettore - c'è una scommessa in ballo - ma forse la scommessa è un'aggiunta posteriore, il tentativo abbastanza romanzesco di un copista di razionalizzare lo scandalo di un libro che comincia con un uomo che non maledice Dio, no, ma maledice il giorno in cui è nato. Oggi possiamo leggere Giobbe come il libro in cui Dio scommette sull'uomo, ma forse c'è stato un periodo in cui Giobbe era semplicemente il libro che si chiedeva: perché esiste il male? Perché comportarsi bene, visto che Dio non ti premia, anzi? Un problema molto attuale, come si vede. (Continua)
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Il prof automatico

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L'IBM Test Scoring Machine 805 era in grado di
correggere e valutare le prove Invalsi già nel 1938
(ma un prof. italiano del 2012 costa meno).
Invalsi 2012 (prologo)

Quest'anno la primavera se la prende comoda: non è ancora finita la stagione dei piumini e domani comincia la stagione delle prove Invalsi. Chiedo scusa al lettore abituale, ma anche quest'anno qui se ne parlerà molto, e temo inutilmente.

Schiacciato tra quelli che le considerano un'umiliazione inutile e costosa nei confronti del corpo docente, e quelli che le ritengono utilissimi strumenti di misurazione e valutazione, questo blog propone da alcuni anni una posizione tutto sommato conciliante, à la Veltroni: avete ragione un po' tutti. Ovvero: le prove invalsi potrebbero essere utilissimi strumenti di valutazione, se non fossero scritte spesso male, e corrette peggio, da un corpo docente che nessuno si è mai preoccupato di dover motivare (per Moratti e Gelmini era meglio minacciare fumose graduatorie di merito). E dire che basterebbero alcuni accorgimenti, non proprio lievi, ma necessari: dire chiaro e tondo che le prove servono a misurare le competenze dei ragazzi, non a ridurre o aumentare lo stipendio dei docenti; munire i provveditorati di macchine per la correzione automatica, quelle cose fantascientifiche che anche nelle scuole USA sono arrivate solo l'altro ieri (1972), e che sono ancora oggi prerogativa di Paesi avanzatissimi come l'India. O almeno non costringere a usare per le correzioni un file excel con macro funzionanti solo con l'ultimissimo aggiornamento Microsoft, che a scuola nessuno scarica mai perché costa e piuttosto si compra la carta igienica. A tal proposito, volevo fare una piccola scommessa, che spero di perdere.

Test scoring machine a lettore ottico, anni 2000.
Domattina somministreremo la prova Invalsi per le classi prime (medie). Domani pomeriggio procederemo alla correzione. Ecco, io scommetto che anche quest'anno dopo un po' ci bloccheremo, e per il solito motivo che denunciamo ogni anno da tre, da quattro anni (l'anno scorso anche sulle pagine web di un prestigioso quotidiano nazionale), ovvero che quel benedetto file indispensabile per la correzione telematica delle prove non funziona sui computer della scuola, a causa di qualche aggiornamento che nessuno ha fatto, che nessuno ha comunicato di dover fare. Disguido da cui nascerà confusione, che creerà frustrazione, che aumenterà l'odio di molti miei colleghi per le prove invalsi. Tutto questo è già successo, è già stato raccontato, e domani pomeriggio risuccederà. Perlomeno, io ci scommetto un sonetto caudato in onore del Ministro Profumo, se perdo; e se vinco? Niente, se vinco perdo lo stesso, due o tre ore della mia vita - tanto il mio tempo di insegnante non ha nessun valore, come volevasi dimostrare.
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Il Grande Partito Astensionista

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C'è un solo partito che festeggia davvero in tutta Italia, stamattina: quello dell'Astensione. Sette punti percentuali in più, una valanga: l'Astensionismo sembra ormai sul punto di diventare il partito di massa che PdL e PD non sono più. Cari ideologi dell'astensionismo militante, complimenti: gli editoriali che escono stamattina su tutti i quotidiani, sulla Delusione e la Disaffezione della Gente per la Politica e per la Casta, sono dedicati a voi, ve li meritate tutti. Mentre aspettate che diventino gratuiti on line, vagolate sui social network festeggiando e teorizzando: quando saremo il 50% più uno, cosa accadrà? Già, cosa? (Continua sull'Unita.it, H1t#126).

Credo di poterlo anticipare, visto che in altre nazioni è già successo: quando l’Astensione sarà il primo partito in Italia, non succederà un bel niente. Ci sarà qualche editoriale in più sulla Disaffezione della Gente, qualche dibattito televisivo con ospiti molto accigliati… e dal giorno seguente chi ha vinto le elezioni governerà, chi le ha perse starà all’opposizione, come sempre. Come è successo in altri Paesi, di più antica tradizione democratica, che siamo abituati a ritenere più politicamente evoluti del nostro. Per dire, nel ’96 Clinton fu rieletto Presidente con un’affluenza alle urne del 49%, che non fece certo di lui un’anatra zoppa – perlomeno finché non scoppiò il caso Lewinsky. Per contro un’alta affluenza (come quella di cui noi italiani eravamo orgogliosi ai tempi della Prima Repubblica) in generale nel mondo non è ben vista, spesso è un indizio di scarsa democrazia: è ai tiranni che piace far sfilare compatto alle urne il 99% degli aventi diritto.
Forse dietro al movimento astensionista militante c’è un equivoco, nato con la deriva dei referendum abrogativi: quando, a partire dagli anni ’90, l’astensionismo è diventato così importante che accanto ai comitati per i Sì e per i No sono nati veri e propri comitati per l’Astensione (come quello dei vescovi al tempo del referendum per la fecondazione assistita), che per 15 anni hanno vinto a man bassa tutte le consultazioni referendarie. Ma astenersi dalle elezioni non ha lo stesso peso politico: chi non si reca alle urne, semplicemente, si chiama fuori. Governeranno gli altri, e lo faranno anche in nome suo. Meglio spargere l’idea, perché in giro c’è chi davvero non lo sa, chi è convinto che si possano invalidare anche le elezioni politiche.
L’astensionismo, in effetti, ha un che di diabolico. È riuscito a spacciarsi per rivoluzionario, quando alla fine è una resa bella e buona alla famigerata Casta, che con una riduzione dell’elettorato avrà anche meno spese da affrontare per campagne e voti di scambio. E mentre lorsignori si votano e si governano da soli, all’Astensionista resterà la gran consolazione di poter urlare “non nel mio nome”. Come se davvero gli importasse qualcosa, a chi ti frega il futuro, di come ti chiami. http://leonardo.blogspot.com
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