Il primo pogrom
01-07-2014, 19:41Bibbia, ebraismo, Israele-Palestina, santiPermalink1 luglio - Santa Ester (V secolo aC), da reginetta a salvatrice
Ester è la protagonista di una delle storie più divertenti della Bibbia - anche se non ha avuto presso i gentili lo stesso successo di Mosè o David. La sua vicenda è molto più popolare presso gli ebrei, che sin dall'antichità rileggono il breve libro di Ester una volta all'anno in occasione dei festeggiamenti primaverili del Purim. Invece i cattolici la celebrano il primo luglio, senza un apparente motivo. Alcuni la confondono con un'altra eroina assai più discutibile, Giuditta: la ragazza di buona famiglia che si concia da prostituta per far abboccare un generale antisemita e tagliargli la testa, offrendo un buon pretesto a generazioni di pittori e pittrici per ritrarre indumenti sexy e schizzi di sangue. Giuditta però non è stata ammessa né nella Bibbia ebraica, né nel calendario cristiano. Ester, al contrario, per salvare il suo popolo non commette nulla di riprovevole: anche lei si tira da urlo, ma soltanto per convincere il suo legittimo convivente a non ammazzarla, e magari a sospendere un pogrom.
Siamo a Susa, a corte del potente re Assuero. Chi sia questo potente re che governa "dall'India all'Etiopia" non è ben chiaro, anche se tradizionalmente viene identificato con Serse I, sì, il cattivo delle Termopili. Erodoto ha scritto parecchio su Serse, ma senza menzionare nessuna Ester. A un certo punto però ricorda l'episodio in cui promette alla moglie di concederle qualsiasi cosa ella chiederà, ed ella ovviamente chiede che Serse tagli la testa a una sua amante. È un esempio molto antico di "don contraignant", il tropo narrativo in cui un re firma una specie di promessa in bianco che gli costa sempre molto caro.
Lo stesso tropo torna nel libro di Ester, che se fosse davvero ambientato ai tempi di Serse descriverebbe fatti successi nel V secolo a.C. Più probabilmente è stato composto tre secoli più tardi, da un bravo narratore senza molte preoccupazioni di verosimiglianza storica, all'epoca dei Maccabei - una dinastia di sacerdoti che lottava per conservare l'autonomia e l'identità del popolo ebraico, contro l'imperialismo assimilatore dei tiranni seleucidi. Per sopravvivere arrivarono al punto di allearsi coi Romani, che nel primo secolo a.C. finirono per sostituire i tiranni precedenti, e il resto della storia più o meno la sapete.
Ma torniamo a Serse, anzi, Assuero. Siamo a una festa in grande stile a Susa, più o meno al settimo giorno di festeggiamenti, quando al re dei re, un po' brillo, vien voglia di esibire la regina Vasti davanti ai suoi invitati. Mandata a chiamare dagli eunuchi, Vasti si nega, senza neanche accampare la scusa di un mal di testa. Per il re dei re non è solo una figuraccia insopportabile: come gli spiegano i consiglieri, una cosa del genere rischia di devastare l'istituto famigliare in tutto l'impero: appena la notizia si saprà in giro, dall'India all'Etiopia, c'è il rischio concreto che le mogli smettano di correre in salotto quando il marito le chiama, bisogna fare qualcosa. Vasti viene immediatamente detronizzata e, secondo una tradizione successiva, messa a morte; per rimpiazzarla viene lanciato un concorso che porta a Susa le più avvenenti (e obbedienti) fanciulle vergini di tutto l'impero. A vincere è la giovane Hadassa, un'orfanella ebrea che Mardocheo, funzionario del re, aveva allevato come una figlia, e che forse per nascondere le sue origini si fa chiamare "Ester", stella del mattino.
Il fatto che il nome richiami Ishitar, la dea babilonese della fertilità, e abbia per cugino un Mardocheo (Marduk è il re degli dei babilonesi, cugino di Ishitar) lascia sospettare che il canovaccio sia un antico mito mesopotamico, ripreso dagli ebrei quasi in chiave di farsa. il Mardocheo del libro ha probabilmente dovuto assumere il nome pagano per poter lavorare a corte. Proprio qui gli capita di sventare un complotto di eunuchi che vogliono attentare alla vita del sovrano. Mardocheo avvisa Ester, Ester avvisa Assuero, Assuero fa arrestare e interrogare i due eunuchi e premia Mardocheo con una promozione. La vita di un re dei re è però molto intensa, e in poco tempo Assuero finisce per dimenticarsi sia dello zelante funzionario che dell'avvenente reginetta. Nel frattempo splende a corte la stella di Aman (BOOOOOOOOOOOOOH! SCRASHSBDANGANGDANG), un principe agaghita - non che nessuno sappia chi siano gli agaghiti e donde vengano. Infatti la versione greca, un po' più tarda, lo nazionalizza macedone. Questo Aman (BOOOOOOOOOOOH!), investito di un'autorità inferiore solo a quella di Assuero, si monta immediatamente la testa e impone che tutti si inginocchino davanti a lui. L'unico a non inginocchiarsi davanti ad Aman (BOOOOOOOOOOOOH!) è proprio Mardocheo. Quando Aman (BOOH!) se ne rende conto, decide di fargliela pagare, sterminando completamente il suo popolo. Per decidere il giorno del genocidio si affida ai purim, pietruzze adoperate per estrarre i numeri a sorte. Esce il tredici del dodicesimo mese (Agar, tra febbraio e marzo). Quindi tutto contento si reca dal suo re e gli propone, in cambio di un indennizzo di diecimila talenti d'argento di sterminare un popolo disseminato nel suo regno "che non osserva le leggi del re". Il re gli passa tranquillamente l'anello col sigillo reale, che Aman (BOH!) usa per controfirmare uno dei primi discorsi antisemiti in nostro possesso - se non il primo in assoluto.
...Amàn, distinto presso di noi per prudenza, segnalato per inalterata devozione e sicura fedeltà ed elevato alla seconda dignità del regno, ci ha avvertiti che in mezzo a tutte le stirpi che vi sono nel mondo si è mescolato un popolo ostile, diverso nelle sue leggi da ogni altra nazione, che trascura sempre i decreti del re, così da impedire l'assetto dell'impero da noi irreprensibilmente diretto.
Considerando dunque che questa nazione è l'unica ad essere in continuo contrasto con ogni essere umano, differenziandosi per uno strano tenore di leggi, e che, malintenzionata contro i nostri interessi, compie le peggiori malvagità e riesce di ostacolo alla stabilità del regno, abbiamo ordinato che le persone a voi segnalate nei rapporti scritti da Amàn, incaricato dei nostri interessi e per noi un secondo padre, tutte, con le mogli e i figli, siano radicalmente sterminate per mezzo della spada dei loro avversari, senz'alcuna pietà né perdono, il quattordici del decimosecondo mese, cioè Adàr; perché questi nostri oppositori di ieri e di oggi, precipitando violentemente negli inferi in un sol giorno, ci assicurino per l'avvenire un governo completamente stabile e indisturbato».
È la versione greca; l'originale ebraico è molto più stringato. Ma insomma la sostanza è già familiare: vivono tra noi, ma non sono come noi. Vanno eliminati. È un rotolo di ventuno o ventidue secoli fa, pensate. E già allora la situazione, per quanto terribile, ispirava i toni di una farsa. Perché il libro di Ester, secondo alcuni lettori contemporanei, è una spietatissima commedia.
Quando Mardocheo viene a sapere dell'Editto di sterminio, si lacera le vesti e si cosparge il capo di cenere; coperto di un umile sacco viene a chiedere udienza al re, ma ovviamente viene bloccato prima di entrare. Ester lo vede dalla finestra e gli fa mandare dei vestiti; Mardocheo rifiuta di indossarli e le spiega (tramite un eunuco) cosa sta per succedere. Ricordati dei giorni della tua povertà, di chi ti ha nutrito! Intercedi per noi presso il tuo re, che aspetti? Il guaio è che Ester non è più la favorita del re. Succede a molte reginette: adorabili, ma stancano subito, non ti entrano nelle vene. Pensa che è da trenta giorni che il re non mi fa chiamare. Credi che io possa andare da lui così, come se niente fosse? Lo sai cosa succede a chi cerca di incontrarlo senza essere stato convocato? Gli tagliano la testa all'istante.
Mardocheo reagisce con una certa durezza: credi di salvarti perché sei nella reggia, ma sei ancora un'ebrea. Morirai comunque se non fai qualcosa. Chissà, forse c'è un motivo per cui ti è capitato si essere lì dove sei.
È solo a quel punto che Ester cessa di essere la reginetta timida e noiosa. Manda a dire allo zio di radunare tutti gli ebrei di Susa: ché preghino e digiunino tre giorni. Anche lei, nei suoi appartamenti, farà la stessa cosa. Nella versione greca seguono due lunghe preghiere di Mardocheo ed Ester, aggiunte probabilmente da un ebreo di Alessandria, forse un po' impensierito dallo spirito laico del libro - uno dei due della Bibbia in cui non viene mai nominato Dio (l'altro è il Cantico dei Cantici). E tuttavia anche le due poesie ottengono un effetto narrativo, perché dopo tante accorate invocazioni, quando al terzo giorno Ester depone i vestiti di sacco e si leva la cenere dal capo e si veste da principessa, è un po' come in quel film in cui la Mangano da suora si trasforma improvvisamente in ballerina: ecco, adesso sì che non è più una reginetta slavata, adesso sì che è sexy. La vediamo procedere nel corridoio, rosea nel volto, ma col cuore stretto dalla paura: sta andando al supplizio. Quando il re la vedrà, le guardie verranno a coprirle il capo e l'ammazzeranno. La sua unica speranza è che il re stesso stenda lo scettro verso di lei. Il re è seduto sul trono, "tutto splendente di oro e di pietre preziose, e aveva un aspetto terribile" (continua sul Post...)
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L'imbarazzante sexy barbecue M5S
30-06-2014, 01:52Beppe Grillo, ho una teoria, internet, pubblicitàPermalinkAbbiamo cliccato Beppe Grillo per voi.
Salve a tutti, bentornati alla saltuaria rubrica che vi mostra cosa c'è davvero nella meravigliosa colonnina destra del sito di Beppe, risparmiandovi dozzine di clic, di stupidi video pubblicitari, di stupidi video nemmeno pubblicitari, eccetera. Visto che il giornalismo sta per morire - Grillo ne è entusiasta - vale la pena di scoprire assieme cosa ci aspetta dopo il funerale: cosa sarebbe l'informazione se rimanesse a gestirla Casaleggio? Ecco qua.
Donne seminude e non solo! Imbarazzi! Davvero incredibile che nessuno ne parli. Ma di cosa? Dunque (clic), pare che nel 2012 il gruppo dirigente del PD di Napoli invece di farsi vedere a Occupy Scampia sia andato a una festa che si chiamava "People party", organizzata da Lorenzo Crea (capo ufficio stampa e portavoce del gruppo regionale del Partito democratico). Si trattava, secondo il sito casaleggiano TzeTzè, di un "party trash con ragazze seminude". Wow. Ce le fa vedere? La tizia sgranata nella foto è forse un assaggio? No. Se clicchi sulla notizia, parte un video sulla Minetti. Giuro. Non è neanche un video in senso stretto, è una famosa intercettazione della Minetti con un fermo immagine della Minetti - seminuda, almeno? No, neanche. Ovviamente la Minetti non è del Pd, non parla né di Scampia né del People Party, insomma "i dettagli" un par di ciufoli. Ché io in linea di massima in questi giorni di vacche magrissime potrei anche capire la necessità di intercettare sempre di più il target dei guardoni annoiati da youporn, e tuttavia mi domando fino a che punto una strategia del genere funzioni: cioè quante volte lo puoi fregare un guardone cliccatore compulsivo? Quante volte gli puoi permettere "ragazze seminude e non solo" e poi mostrargli uno scatto stravisto della Minetti vestita? Quante, prima che ti mandi nel luogo tanto caro ai 5Stelle, Fanculo? Poi sicuramente Casaleggio è un genio della comunicazione e ha capito cose che io no; e tuttavia, boh.
Nei momenti di stanca, quando gli streaming non vanno esattamente come dovrebbero andare, alla Casaleggio la buttano sull'alimentazione. Il modo migliore di curare la tosse è mangiare l'ananas. Cinque volte più efficace. Chi lo dice? Degli studi. Quali studi? Non lo dice. C'è solo il nome di un sito web, molto in fondo, che dice che l'ananas è una fonte di vitamina C: l'avreste mai detto? Vi passo comunque la ricetta che, secondo "gli studi", aiuta a sciogliere il muco nei polmoni: ananas, miele, pepe di cayenna e sale. Sappiatemi dire. (Continua sull'Unita.it, H1t#237).
Vi può venire il cancro. Maddai. Beh, almeno stavolta nel pezzo di lafucina.it (l’altro sito casaleggiano a cui puntano i link di beppegrillo) c’è la fonte: Cesare Gridelli, oncologo presso l’Ospedale San Giovanni Moscati di Avellino. Ha scritto un libro in cui si spiega che carne e pesce alla brace aumentano il rischio di tumori. Però se mangi frutta e verdura gli antiossidanti riducono l’assimilazione di sostanze tossiche. E vai.
Perché non li chiamano – no, scherzo – ma fino a un certo punto, visto che su Tzetzé la deputata Giulia Sarti ammette “è vero non ci sono arrivati molti inviti“. Ma voi ve n’eravate accorti che avevano smesso di andarci? Io non saprei, non guardo un talk più o meno da quando è cominciato il mondiale. Magari succede anche ai 5stelle, e questo spiegherebbe il mistero.
La “verità” di Di Maio consiste in un messaggio da lui pubblicato su facebook che coincide perfettamente con un post di Beppegrillo.it. Dunque, o Di Maio è un autore di Beppegrillo.it (non ci sarebbe niente di male), o è uso copiare pari pari i pezzi di Beppegrillo.it sulla sua bacheca facebook (e anche qui non c’è niente di male). Poi Beppegrillo riprende il pezzo copiato da Beppegrillo e lo chiama “verità di Di Maio”.
Salve a tutti, bentornati alla saltuaria rubrica che vi mostra cosa c'è davvero nella meravigliosa colonnina destra del sito di Beppe, risparmiandovi dozzine di clic, di stupidi video pubblicitari, di stupidi video nemmeno pubblicitari, eccetera. Visto che il giornalismo sta per morire - Grillo ne è entusiasta - vale la pena di scoprire assieme cosa ci aspetta dopo il funerale: cosa sarebbe l'informazione se rimanesse a gestirla Casaleggio? Ecco qua.
Donne seminude e non solo! Imbarazzi! Davvero incredibile che nessuno ne parli. Ma di cosa? Dunque (clic), pare che nel 2012 il gruppo dirigente del PD di Napoli invece di farsi vedere a Occupy Scampia sia andato a una festa che si chiamava "People party", organizzata da Lorenzo Crea (capo ufficio stampa e portavoce del gruppo regionale del Partito democratico). Si trattava, secondo il sito casaleggiano TzeTzè, di un "party trash con ragazze seminude". Wow. Ce le fa vedere? La tizia sgranata nella foto è forse un assaggio? No. Se clicchi sulla notizia, parte un video sulla Minetti. Giuro. Non è neanche un video in senso stretto, è una famosa intercettazione della Minetti con un fermo immagine della Minetti - seminuda, almeno? No, neanche. Ovviamente la Minetti non è del Pd, non parla né di Scampia né del People Party, insomma "i dettagli" un par di ciufoli. Ché io in linea di massima in questi giorni di vacche magrissime potrei anche capire la necessità di intercettare sempre di più il target dei guardoni annoiati da youporn, e tuttavia mi domando fino a che punto una strategia del genere funzioni: cioè quante volte lo puoi fregare un guardone cliccatore compulsivo? Quante volte gli puoi permettere "ragazze seminude e non solo" e poi mostrargli uno scatto stravisto della Minetti vestita? Quante, prima che ti mandi nel luogo tanto caro ai 5Stelle, Fanculo? Poi sicuramente Casaleggio è un genio della comunicazione e ha capito cose che io no; e tuttavia, boh.
Di questo avete probabilmente sentito parlare. L’ostilità di Beppe Grillo ai POS è di vecchia data: due anni fa organizzò persino un sondaggio on line sull’argomento. Vinsero, neanche a farlo apposta, i difensori del contante. “Studiosi e dirigenti della banca centrale tedesca“, scrisse al tempo “dimostrano in modo inconfutabile che, rispetto ai pagamenti elettronici, il contante è: più comodo, più veloce, più accettato, più rispettoso della privacy, più economico, più trasparente“. Ah, se lo dice la Banca Centrale Tedesca…
Come nel caso delle donne seminude, anche stavolta cliccando non arrivi in nessun circo. Non sapremo nemmeno mai da dove è tratta l’immagine in questione. L’articolo di Tzetzè a cui rimanda il link spiega che gli elefanti vengono addestrati con un uncino metallico che fa parecchio male. C’è anche un video dove si vedono – da lontano – elefanti pungolati, ma mai al circo.
Vi può venire il cancro. Maddai. Beh, almeno stavolta nel pezzo di lafucina.it (l’altro sito casaleggiano a cui puntano i link di beppegrillo) c’è la fonte: Cesare Gridelli, oncologo presso l’Ospedale San Giovanni Moscati di Avellino. Ha scritto un libro in cui si spiega che carne e pesce alla brace aumentano il rischio di tumori. Però se mangi frutta e verdura gli antiossidanti riducono l’assimilazione di sostanze tossiche. E vai.
Perché non li chiamano – no, scherzo – ma fino a un certo punto, visto che su Tzetzé la deputata Giulia Sarti ammette “è vero non ci sono arrivati molti inviti“. Ma voi ve n’eravate accorti che avevano smesso di andarci? Io non saprei, non guardo un talk più o meno da quando è cominciato il mondiale. Magari succede anche ai 5stelle, e questo spiegherebbe il mistero.
Anche se in realtà non c’è nessun mistero. Non hanno smesso di andare in tv. Hanno soltanto diradato le presenze perché sono stanchi. “Abbiamo avuto talmente tanto lavoro tra ballottaggi, tra organizzazione di azioni in Parlamento, mille cose [...] Mentre negli altri partiti ci sono persone che fanno esclusivamente quello, magari non vengono in aula tant’è che sono state pure richiamate certe deputate del PD perché andavano sempre in televisione poi al momento del voto in aula non c’erano. Noi facciamo tutto”. Va bene. Nel frattempo mi giunge notizia che a Bruxelles i 17 eurodeputati si porteranno un “gruppo di comunicazione” di 24 elementi, tra cui qualche dipendente della Casaleggio. Chi li pagherà? Non sono un po’ tanti? Ma parliamo piuttosto di cibi velenosi.
È il sale. Ma non faceva bene ai polmoni? Eh, ma fa male alle arterie. “Se assunto in quantità smodate” – grazie al Grillo, anche la tachipirina se ne prendi un chilo ti uccide, un giorno di questi mi aspetto il titolo STA NEL TUO CASSETTO DEI MEDICINALI MA È UN VELENO. Gli antichi greci avevano una parola per questa cosa, credo. E ora siete pronti per la tresca della settimana? Vai col momento Novella2000:
Beccati! In una riunione! Chissà che combinavano. E adesso? Se clicchi arrivi su un video che ti mostra quante auto blu erano parcheggiate su un marciapiede nei pressi di Palazzo Madama il giorno della fiducia, 24 febbraio. E che c’entra? Non si sa. Più in basso ci sono ampie citazioni da un pezzo di Carlo Tecce sul Fatto Quotidiano. Il succo è che Renzi sapeva che la proposta di riforma del Senato sarebbe passata con la reintroduzione dell’immunità. Interessante – ancorché ovvio – ma noi volevamo le foto di Renzi e della Boschi beccati. E invece niente. Per fortuna che la notizia successiva è una “verità”.
La “verità” di Di Maio consiste in un messaggio da lui pubblicato su facebook che coincide perfettamente con un post di Beppegrillo.it. Dunque, o Di Maio è un autore di Beppegrillo.it (non ci sarebbe niente di male), o è uso copiare pari pari i pezzi di Beppegrillo.it sulla sua bacheca facebook (e anche qui non c’è niente di male). Poi Beppegrillo riprende il pezzo copiato da Beppegrillo e lo chiama “verità di Di Maio”.
Si chiama Chiara Gagnarli e ha firmato un’interrogazione parlamentare per esortare il governo a diffondere l’iniziativa di alcuni supermercati inglesi che hanno tolto snack e caramelle dagli scaffali più vicini alle casse. Per ora la “battaglia” non è neanche una proposta di legge: è un invito a diffondere un’iniziativa. Sacrosanta, per carità. Ne approfitto per segnalare un fatto buffo: i link falsi. Per esempio, in fondo a questa notizia sul sito di Beppe si legge “www.linkiesta.it”: però se clicchi sopra la scritta www.linkiesta.it, non vai sull’inkiesta, bensì su Tzetzè. Si vede che la gente non è poi così entusiasta di cliccare su tzetzè: al punto che bisogna mascherarlo un po’.
Si chiama Marinaleda, è un comune dell’Andalusia di 2600 abitanti. Non è vero che l’affitto sia a 15 euro: con 15 euro al mese la casa è tua – ma devi costruirtela. Non è neanche esattamente vero che tutti guadagnino 47 euro al giorno “non importa quale sia la posizione”: 47 euro è il salario della Coperativa Humar, che dà comunque lavoro alla maggior parte della popolazione. Fonte Wikipedia, e questo per stasera è tutto.
Si chiama Marinaleda, è un comune dell’Andalusia di 2600 abitanti. Non è vero che l’affitto sia a 15 euro: con 15 euro al mese la casa è tua – ma devi costruirtela. Non è neanche esattamente vero che tutti guadagnino 47 euro al giorno “non importa quale sia la posizione”: 47 euro è il salario della Coperativa Humar, che dà comunque lavoro alla maggior parte della popolazione. Fonte Wikipedia, e questo per stasera è tutto.
No, aspetta, c’è un post scriptum. Proprio mentre scrivevo questo pezzo, qualcuno su facebook mi ha segnalato un fotomontaggio di Renzi al volante che contratta con una prostituta (“ma allora é identico a Berlusconi 100%“). Il maldestro tizio che l’ha concepito e postato per ora non sembra essersi reso conto del guaio in cui si è cacciato (“solo gli stupidi come tè non hanno ancora capito che i miei fotomontaggi rispecchiano la realtà“, ecc.). Il suo account è pieno di orrendi fotomontaggi sullo stesso argomento: Renzi-diavolo, Renzi-killer, Renzi al cesso, ecc. ecc. Immagino che Grillo, se interpellato, prenderà le distanze. Ma la responsabilità di aver formato una sottoclasse di web-attivisti isterici, di averli svezzati a vaffanculi e photoshop, è tutta sua.
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Un calcio ai mutanti
28-06-2014, 03:31cinema, Cosa vedere a Cuneo (e provincia) quando sei vivo, fumettiPermalinkTra dieci anni non esisteranno più mutanti. Per la verità non esistono anche adesso, fuori dai cinema. Dentro invece cominciano a essercene troppi, e a fare paura alla concorrenza: dinosauri, robottoni, divi in pensione che giocano a fare le spie, eccetera. Alla fine è pura lotta per la sopravvivenza, come diceva il mio bis-bis-bis-bisnonno mentre spaccava il cranio a un Neanderthal con la sua clava. O noi o loro, e loro sono molto cattivi, meglio togliersi il pensiero. Tra dieci anni non esisteranno più mutanti, il pubblico non ne potrà più di loro. Troppi errori di continuity, troppi supereroi morti e poi resuscitati perché la gente vuole il sangue ma anche il lieto fine. Come dice veramente il professor Xavier in una storia che non ricordo, la vita e la morte per gli X-Men hanno le porte girevoli. Contate soltanto quante volte tra fumetto e cinema avranno resuscitato la povera Jean Grey - alla quinta o sesta quale spettatore non si sentirebbe preso in giro? Tutto questo, in un futuro molto prossimo, causerà l'estinzione dei film di supereroi mutanti. A meno che.
A meno che i pochi superstiti del futuro non decidano di mandare uno di loro nel passato per -
"No scusa questa no, eddai".
Chi ha parlato?
"Sono la voce della coscienza di qualsiasi sceneggiatore, cioè io capisco che la Fox debba continuare a fare più o meno un X-Men all'anno sennò i diritti tornano alla Marvel, ma non è che puoi riciclare Terminator 1 così".
Ah no?
"No, è proprio il fondo del barile, capisci".
Il solito ignorante. Di che anno è Terminator 1?
"Primi Ottanta, e allora?"
1984. "Giorni di un futuro passato", la saga originale di Claremont e Byrne è del 1981. È Cameron che ha copiato. Mai raschiatura dal barile fu più filologica. E dunque - dov'ero rimasto? I pochi superstiti del futuro decidono di mandare uno di loro nel passato per contattare Bryan Singer, che finalmente ha finito di pagare quel mutuo o quegli alimenti o quel ricatto, e sta lavorando a un sequel dell'Allievo, o a un noir come i Soliti sospetti, insomma vuole rimettersi a fare il regista e recuperare il tempo perso a riprendere tizi in calzamaglia, giganti e altre puttanate. Quand'ecco che riceve una visita di Wolverine. Salvaci Bryan, nel futuro prossimo stiamo per estinguerci. I buchi di sceneggiatura prenderanno il sopravvento e ci inghiottiranno tutti. Cazzi vostri, risponde educato Bryan. Eh no, dice Wolverine, tu ci hai creati come esseri di celluloide, e ora spetta a te salvarci. Solo tu puoi darci il reboot che meritiamo. Sai dove te lo metterei? Non scherzare Byan, non è il momento.
Il reboot - per chi non s'intende di saghe - è il Calcio di riavvio. Quando una saga è consumata, frusta; quando tutti gli eroi sono morti e resuscitati più di una volta, non prima di essersi fidanzati e lasciati un paio di volte, come in certe compagnie d'amici di provincia, c'è una sola cosa che puoi fare prima di diventare il Posto al Sole, ed è premere il supremo pulsante del Reboot. Fino a qualche anno fa il Reboot era molto semplice: spegnevi tutto e poi ripartivi da capo: nuovi attori, storia un po' diversa, amen. Prendi il nuovo Uomo Ragno: la trilogia di Sam Raimi è stata semplicemente azzerata. Un po' troppo presto, secondo alcuni - ma il motivo è il solito: se non fai lavorare il personaggio, la Marvel può reclamarlo indietro. La minaccia è più reale che mai, ora che la Marvel ha dimostrato di saper fare film di supereroi meglio di tutti, ed è stata rilevata dalla Disney. Anche gli X-Men andavano quindi presi a calci e riavviati il prima possibile. E d'altro canto come si fa a ripartire sempre dalla stessa lagna, il professore in carrozzella, i giovani mutanti, Logan che ama Jean che sta con Scott che BASTA PER PIETÀ BASTA.
Veramente tutto qui. È un film molto al di sopra della media degli X-Men, probabilmente grazie alla mano di Singer. Combattimenti ben coreografati e non troppo lunghi, grande equilibrio tra azione e spieghe, buon uso dei personaggi - compreso il Wolverine di Hugh Jackman, benché come sempre distantissimo dall'uomo-bestia dei vecchi fumetti di Miller: un damerino palestrato che continua a fumare sigari nei posti sbagliati, ma che alla fine usa più la voce che gli artigli. La sua missione è rimettere un giovane Xavier sulla retta via, una cosa abbastanza incongrua ma si può trovare una giustificazione narrativa anche per questo. Si può trovare una giustificazione narrativa a tutto. Ma il punto forse è proprio questo: al termine di due ore di intrattenimento di buon livello, con attori di prima classe (Fassbender, la Lawrence) la sensazione che rimane è quella di aver assistito soltanto a un lunghissimo reboot. Come se la principale preoccupazione degli sceneggiatori fosse spiegare perché tutto quasi tutto quello che è successo fin qui è come se non fosse successo, e dal prossimo film cambieranno tutti gli attori (tranne probabilmente Jackman). Come se non ce li fossimo già scordati alla grande, tutti i precedenti X-Men.
Giorni di un futuro passato è in giro da un mese, più o meno; ma non è che a Cuneo e dintorni ci sia molto di meglio, eh? Il film è ancora in sala al Cinelandia di Borgo S. Dalmazzo, sabato e domenica alle 22:40 e martedì alle 21, in 2d.
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La puttana di Don Milani
26-06-2014, 04:21preti parlanti, santiPermalink26 giugno - Don Lorenzo Milani (1923-1967), priore di Barbiana
[Questo pezzo si legge interamente qui].
Questo è il periodo dell'anno in cui mi capita più spesso di pensare a don Milani, alle sue classi e alle sue lettere. L'anniversario della morte (47 anni oggi) non c'entra molto. Un giorno magari finirà sui calendari, ma per ora non risulta nemmeno avviata una causa di beatificazione. E dire che qualche miracolo da esibire davanti a una commissione Milani ce l'avrebbe: il solo fatto che stiamo parlando ancora oggi di un sacerdote che morì a 44 anni, dopo aver servito e insegnato in due piccole parrocchie, non ha del miracoloso? Ma i tempi non sono ancora maturi: per adesso i suoi seguaci cattolici devono accontentarsi di poter finalmente leggere le Esperienze pastorali senza incorrere nella censura del Sant'Uffizio, ritirata in aprile dopo più di cinquant'anni. Bella e saggia mossa di Francesco, dopo il silenzio dei quattro pontefici che l'avevano preceduto. Milani continua a essere un prete molto più popolare al di fuori dalla Chiesa.
Questo è il periodo dell'anno in cui penso più spesso al priore di Barbiana, e ai suoi studenti, perché è il mese degli esami: quel bizzarro momento in cui il bistrattato insegnante, da nove mesi zimbello di studenti genitori e riformatori, si ritrova improvvisamente investito di un potere enorme, sproporzionato: la facoltà di rovinare al fanciullo un'estate, un anno, eventualmente anche la vita. Proprio così: da settembre a maggio il professore soffre, supplica, corregge, sorregge; ma a giugno boccia. O perlomeno potrebbe. Ma prima di brandire un'arma tanto ingombrante, così poco adatta a lui, pensa sempre a don Milani. Da qualche parte - non necessariamente l'Alto dei Cieli - il priore lo guarda, scuote la testa e dice: lo sai cosa sei, vero? Un cane da guardia del sistema? Sì, ma non basta. Una bestiolina ammaestrata dai padroni? Certo, ma c'è di più.Lo sai.
Sei una puttana.
È in fondo a pagina quarantuno.
Tutti noi, quando ricordiamo un libro, o un film - quando crediamo di ricordare un libro, o un film - in realtà peschiamo dal pozzetto della nostra memoria due o tre situazioni o immagini, sempre le stesse. Sono il riassunto estremo di quell'opera d'ingegno, come lo schema finale che ci siamo fatti la notte prima di un esame. A volte ci aiutano a recuperare il resto; altre volte finiscono per assorbirlo, sicché alla fine molti libri che crediamo di aver letto in realtà non li ricordiamo più, a parte quella paginetta, quella frase. La maggior parte delle persone che conosco, quando pensa a Lettera a una professoressa, ricorda Gianni e Pierino. In effetti sono due personaggi sbozzati in modo molto efficace. Io però quando ripenso alla Lettera, ripesco sempre mio malgrado quel passo volgare in fondo a pagina quarantuno: "Le maestre sono come i preti e le puttane. Si innamorano alla svelta delle creature. Se poi le perdono non hanno tempo di piangere".
Mi viene sempre in mente questo passo a fine giugno, perché non è solo il mese degli esami; è anche quello dei commiati, che a scuola sono sempre frettolosi e informali. L'esame è finito. Buone vacanze. Di solito me la sbrigo così, e in alcuni casi sarà l'ultima cosa che dirò a quella persona in tutta la mia vita. Ho diviso con lui ore, settimane, mesi, anni. Gli ho voluto bene, l'ho detestato, l'ho aiutato quando non ne avrebbe avuto bisogno, l'ho ignorato quando invece gli serviva un aiuto; in ogni caso è tutto finito, buone vacanze. Loro mi dicono "arrivederci", e poi qualche volta mi saluteranno per strada, un po' imbarazzati. Io non ho mai tempo per piangerli perché, in effetti, sono una puttana. A pagina quarantuno è spiegato molto bene, da qualcuno che evidentemente aveva sperimentato sulla sua pelle cosa significa essere maestro, essere prete: voler bene alla gente per mestiere. Con tutto il rispetto per le puttane e la loro professione complicata e pericolosa, mentre per noi maestri o preti si tratta semplicemente di voler bene tutti i giorni a un sacco di gente che poi, improvvisamente sparirà dalla nostra vista senza che ci sia il tempo per rimpiangerla - stiamo già preparando le prime dell'anno prossimo, ci sono già centinaia di nuovi sciagurati a cui voler bene. Da settembre a giugno. È strano, però. Alienante, si sarebbe detto una volta.
A meno di non fare come don Milani: abolire le vacanze, i pomeriggi, la domenica, il tempo libero, la famiglia. Allora sì, l'amore smetterebbe di essere finzione. Noi però alle vacanze ci teniamo, e alle domeniche, e anche i pomeriggi non li passiamo proprio tutti a correggere, ad aggiornarci, ad amare i nostri piccoli clienti a distanza. Perché siamo delle puttane, e Don Milani ce lo diceva in faccia - no, peggio. Ce lo faceva dire dai suoi studenti.
Alla scuola di Barbiana si parlava molto schietto. Sulla porta di tutte le scuole della Repubblica gli studenti di Don Milani avrebbero voluto scrivere LA SCUOLA SARÀ SEMPRE MEGLIO DELLA MERDA. L'aforisma è attribuito al giovane Lucio, che quando non era a scuola dal priore aveva una stalla con 36 mucche da gestire. A me piacerebbe ogni tanto parlarne nelle mie classi, sollecitare un'inchiesta: tu che ne pensi? Secondo te è meglio la scuola o la merda? Ma ho paura di finire sul giornale.
Dici: potresti sempre usare un eufemismo. Potresti chiedere se è meglio la scuola o la deiezione vaccina. No, non potrei. Merda si dice merda. Puttana si dice puttana. Non solo don Milani si lasciava evidentemente sfuggire queste parole di fronte ai suoi ragazzi; non solo permetteva che le scrivessero in un libro, e resistessero alle decine di stesure e ristesure; ma le sottoponeva al vaglio dei suoi amici colti e raffinati, ad esempio David Maria Turoldo che sale a Barbiana per farsi leggere le bozze e "si sganascia dalle risa a ogni parola grossa". Lettera a una professoressa è un testo molto elegante nella sua rozzezza. Profondamente toscano, azzarderei, ma poi dovrei spiegare il perché solo ai toscani è concesso di maneggiare la nostra lingua letteraria come se fosse un coltellaccio da cucina, senza quella distanza, quel disagio in cui consiste l'uso della lingua per tutti noialtri non toscani - quella maschera che indosso continuamente, qualsiasi cosa io scriva, come se io la stessi traducendo da un'altra lingua che ho in testa (quale lingua, se non so nemmeno bene il mio dialetto?) Eppure questa distanza c'è: la sentiamo tutti ogni volta che rileggiamo quello che scriviamo e ci sembra sempre fuori fase, distorto come la nostra voce registrata. Un diaframma che forse è responsabile di intere età letterarie, di barocchi, classicismi e linee lombarde, mentre ai toscani basta scrivere come si mangia. Papini, Malaparte, la Fallaci. Ma anche i ragazzi di Barbiana, e il loro priore che non poteva più pubblicare niente a nome suo (continua sul Post...)
[Questo pezzo si legge interamente qui].
Questo è il periodo dell'anno in cui mi capita più spesso di pensare a don Milani, alle sue classi e alle sue lettere. L'anniversario della morte (47 anni oggi) non c'entra molto. Un giorno magari finirà sui calendari, ma per ora non risulta nemmeno avviata una causa di beatificazione. E dire che qualche miracolo da esibire davanti a una commissione Milani ce l'avrebbe: il solo fatto che stiamo parlando ancora oggi di un sacerdote che morì a 44 anni, dopo aver servito e insegnato in due piccole parrocchie, non ha del miracoloso? Ma i tempi non sono ancora maturi: per adesso i suoi seguaci cattolici devono accontentarsi di poter finalmente leggere le Esperienze pastorali senza incorrere nella censura del Sant'Uffizio, ritirata in aprile dopo più di cinquant'anni. Bella e saggia mossa di Francesco, dopo il silenzio dei quattro pontefici che l'avevano preceduto. Milani continua a essere un prete molto più popolare al di fuori dalla Chiesa.
Questo è il periodo dell'anno in cui penso più spesso al priore di Barbiana, e ai suoi studenti, perché è il mese degli esami: quel bizzarro momento in cui il bistrattato insegnante, da nove mesi zimbello di studenti genitori e riformatori, si ritrova improvvisamente investito di un potere enorme, sproporzionato: la facoltà di rovinare al fanciullo un'estate, un anno, eventualmente anche la vita. Proprio così: da settembre a maggio il professore soffre, supplica, corregge, sorregge; ma a giugno boccia. O perlomeno potrebbe. Ma prima di brandire un'arma tanto ingombrante, così poco adatta a lui, pensa sempre a don Milani. Da qualche parte - non necessariamente l'Alto dei Cieli - il priore lo guarda, scuote la testa e dice: lo sai cosa sei, vero? Un cane da guardia del sistema? Sì, ma non basta. Una bestiolina ammaestrata dai padroni? Certo, ma c'è di più.Lo sai.
Sei una puttana.
È in fondo a pagina quarantuno.
Tutti noi, quando ricordiamo un libro, o un film - quando crediamo di ricordare un libro, o un film - in realtà peschiamo dal pozzetto della nostra memoria due o tre situazioni o immagini, sempre le stesse. Sono il riassunto estremo di quell'opera d'ingegno, come lo schema finale che ci siamo fatti la notte prima di un esame. A volte ci aiutano a recuperare il resto; altre volte finiscono per assorbirlo, sicché alla fine molti libri che crediamo di aver letto in realtà non li ricordiamo più, a parte quella paginetta, quella frase. La maggior parte delle persone che conosco, quando pensa a Lettera a una professoressa, ricorda Gianni e Pierino. In effetti sono due personaggi sbozzati in modo molto efficace. Io però quando ripenso alla Lettera, ripesco sempre mio malgrado quel passo volgare in fondo a pagina quarantuno: "Le maestre sono come i preti e le puttane. Si innamorano alla svelta delle creature. Se poi le perdono non hanno tempo di piangere".
Mi viene sempre in mente questo passo a fine giugno, perché non è solo il mese degli esami; è anche quello dei commiati, che a scuola sono sempre frettolosi e informali. L'esame è finito. Buone vacanze. Di solito me la sbrigo così, e in alcuni casi sarà l'ultima cosa che dirò a quella persona in tutta la mia vita. Ho diviso con lui ore, settimane, mesi, anni. Gli ho voluto bene, l'ho detestato, l'ho aiutato quando non ne avrebbe avuto bisogno, l'ho ignorato quando invece gli serviva un aiuto; in ogni caso è tutto finito, buone vacanze. Loro mi dicono "arrivederci", e poi qualche volta mi saluteranno per strada, un po' imbarazzati. Io non ho mai tempo per piangerli perché, in effetti, sono una puttana. A pagina quarantuno è spiegato molto bene, da qualcuno che evidentemente aveva sperimentato sulla sua pelle cosa significa essere maestro, essere prete: voler bene alla gente per mestiere. Con tutto il rispetto per le puttane e la loro professione complicata e pericolosa, mentre per noi maestri o preti si tratta semplicemente di voler bene tutti i giorni a un sacco di gente che poi, improvvisamente sparirà dalla nostra vista senza che ci sia il tempo per rimpiangerla - stiamo già preparando le prime dell'anno prossimo, ci sono già centinaia di nuovi sciagurati a cui voler bene. Da settembre a giugno. È strano, però. Alienante, si sarebbe detto una volta.
A meno di non fare come don Milani: abolire le vacanze, i pomeriggi, la domenica, il tempo libero, la famiglia. Allora sì, l'amore smetterebbe di essere finzione. Noi però alle vacanze ci teniamo, e alle domeniche, e anche i pomeriggi non li passiamo proprio tutti a correggere, ad aggiornarci, ad amare i nostri piccoli clienti a distanza. Perché siamo delle puttane, e Don Milani ce lo diceva in faccia - no, peggio. Ce lo faceva dire dai suoi studenti.
Alla scuola di Barbiana si parlava molto schietto. Sulla porta di tutte le scuole della Repubblica gli studenti di Don Milani avrebbero voluto scrivere LA SCUOLA SARÀ SEMPRE MEGLIO DELLA MERDA. L'aforisma è attribuito al giovane Lucio, che quando non era a scuola dal priore aveva una stalla con 36 mucche da gestire. A me piacerebbe ogni tanto parlarne nelle mie classi, sollecitare un'inchiesta: tu che ne pensi? Secondo te è meglio la scuola o la merda? Ma ho paura di finire sul giornale.
Dici: potresti sempre usare un eufemismo. Potresti chiedere se è meglio la scuola o la deiezione vaccina. No, non potrei. Merda si dice merda. Puttana si dice puttana. Non solo don Milani si lasciava evidentemente sfuggire queste parole di fronte ai suoi ragazzi; non solo permetteva che le scrivessero in un libro, e resistessero alle decine di stesure e ristesure; ma le sottoponeva al vaglio dei suoi amici colti e raffinati, ad esempio David Maria Turoldo che sale a Barbiana per farsi leggere le bozze e "si sganascia dalle risa a ogni parola grossa". Lettera a una professoressa è un testo molto elegante nella sua rozzezza. Profondamente toscano, azzarderei, ma poi dovrei spiegare il perché solo ai toscani è concesso di maneggiare la nostra lingua letteraria come se fosse un coltellaccio da cucina, senza quella distanza, quel disagio in cui consiste l'uso della lingua per tutti noialtri non toscani - quella maschera che indosso continuamente, qualsiasi cosa io scriva, come se io la stessi traducendo da un'altra lingua che ho in testa (quale lingua, se non so nemmeno bene il mio dialetto?) Eppure questa distanza c'è: la sentiamo tutti ogni volta che rileggiamo quello che scriviamo e ci sembra sempre fuori fase, distorto come la nostra voce registrata. Un diaframma che forse è responsabile di intere età letterarie, di barocchi, classicismi e linee lombarde, mentre ai toscani basta scrivere come si mangia. Papini, Malaparte, la Fallaci. Ma anche i ragazzi di Barbiana, e il loro priore che non poteva più pubblicare niente a nome suo (continua sul Post...)
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Di Calderoli (non si butta via niente)
24-06-2014, 03:20come diventare leghisti, ho una teoria, PdPermalink
Speravo non arrivasse mai quel giorno, e invece eccomi qui a cantare le lodi dello statista più abile e improbabile d'Italia, Roberto Calderoli. Cosa mi sta succedendo? E siamo sicuri che sia un problema solo mio?
Nei mesi scorsi mi è capitato più volte di criticare, dal mio trascurabile punto di vista, le bozze di riforma del Senato e del Titolo V della Costituzione portate avanti dal governo e dalla ministra Boschi. Sia nella loro versione marzolina - quando il Senato per un po' fu ribattezzato Assemblea delle Autonomie, senza che si capisse bene su cosa avrebbe legiferato e perché - sia quella bozza successiva in cui, siccome la sproporzione tra regioni più o meno popolate non sembrava sufficiente, qualche buontempone aveva deciso di nominare senatori i sindaci dei capoluoghi di regione. Un nonsense completo che sembrava aggiunto apposta per essere cassato in un secondo momento, e infatti è andata così. Il testo che oggi fa ancora discutere, principalmente per la questione dell'immunità, è comunque molto migliorato. Non è il mio testo ideale, ma mi riconcilia col partito che ho votato alle europee. Non fosse che molti di questi miglioramenti si devono al fatto che ci abbia messo le mani Roberto Calderoli.
Proprio lui, il leghista col maialino al guinzaglio. L'unico ministro al mondo a essersi dovuto dimettere per aver causato una sommossa popolare mostrando una maglietta in tv. Pare che sappia scrivere le leggi meglio dei ministri PD. Questa per la verità non è del tutto una sorpresa... (continua sull'Unità, H1t#236).
Nei mesi scorsi mi è capitato più volte di criticare, dal mio trascurabile punto di vista, le bozze di riforma del Senato e del Titolo V della Costituzione portate avanti dal governo e dalla ministra Boschi. Sia nella loro versione marzolina - quando il Senato per un po' fu ribattezzato Assemblea delle Autonomie, senza che si capisse bene su cosa avrebbe legiferato e perché - sia quella bozza successiva in cui, siccome la sproporzione tra regioni più o meno popolate non sembrava sufficiente, qualche buontempone aveva deciso di nominare senatori i sindaci dei capoluoghi di regione. Un nonsense completo che sembrava aggiunto apposta per essere cassato in un secondo momento, e infatti è andata così. Il testo che oggi fa ancora discutere, principalmente per la questione dell'immunità, è comunque molto migliorato. Non è il mio testo ideale, ma mi riconcilia col partito che ho votato alle europee. Non fosse che molti di questi miglioramenti si devono al fatto che ci abbia messo le mani Roberto Calderoli.
Proprio lui, il leghista col maialino al guinzaglio. L'unico ministro al mondo a essersi dovuto dimettere per aver causato una sommossa popolare mostrando una maglietta in tv. Pare che sappia scrivere le leggi meglio dei ministri PD. Questa per la verità non è del tutto una sorpresa... (continua sull'Unità, H1t#236).
Chi segue più da vicino la cronaca parlamentare ci raccontava già da anni di un Calderoli paziente diplomatico, assai diverso da quello che poi alle feste leghiste chiamava la Kyenge “orango tango“. Da cui l’orribile dubbio: è migliorato Roberto Calderoli, o siamo peggiorati tutti, al punto che persino il vecchio suino ormai ci fa la figura di statista? Nel nuovo testo non esiste più quel bizzarro club dei ventuno amici del Quirinale, nominati dal presidente della Repubblica, che avrebbero potuto fare da ago della bilancia in situazioni molto delicate (per esempio la rielezione del Presidente stesso). Ora sono soltanto cinque, una quota molto più accettabile. Ma ce lo doveva spiegare Roberto Calderoli che ventuno erano un po’ troppi?
Nel nuovo Senato non entreranno più i sindaci dei capoluoghi di regione, grandi o piccoli che siano. Si reintroduce finalmente il concetto di proporzionalità: le ragioni più popolate avranno più rappresentanti di quelle meno popolate. Sembra una banalità, ma c’è voluto un emendamento di Calderoli. E della Finocchiaro, certo. Ma fa più effetto pensare che a sventare ogni sospetto di incostituzionalità sia intervenuto proprio Roberto Calderoli.
Persino il suo punto di vista sull’immunità è tutto sommato condivisibile: se i deputati, in quanto eletti dal popolo, godono di un trattamento speciale, non si capisce perché non dovrebbero goderne anche i senatori. Avrebbe davvero più senso eliminare l’immunità per gli uni e per gli altri. Nel frattempo la reazione populista è già scattata, ma era inevitabile: i sindaci-senatori restano una pessima idea. Renzi ci tiene tanto, un po’ perché non ha mai smesso di sentirsi sindaco, e un po’ perché vuole risparmiare sugli stipendi. Il senato che ne risulterà però sarà formato da politici eletti da altri politici: l’obiettivo ideale di tutti i savonarola anti-casta.
Queste e altre obiezioni, fin qui, non avevano smosso il governo. Renzi aveva un progetto preciso – di questa riforma si parlava già ai tempi della prima Leopolda – e, soprattutto, ci aveva “messo la faccia”. La proposta alternativa di Chiti è stata liquidata quasi come un atto di sabotaggio. Non restava che sperare in Calderoli – e Calderoli non ci ha deluso. Ora la legge proseguirà il suo percorso. Se un Berlusconi incattivito dai suoi incidenti giudiziari facesse mancare la maggioranza la legge potrebbe passare comunque con un referendum confermativo. E io mi troverei nella situazione di votare una riforma del Senato e del Titolo V non perfetta ma accettabile – salvo che non lo era, finché non ci ha messo le mani Roberto Lanciafiamme Calderoli.
Sono davvero a questo punto? Ed è un problema solo mio? http://leonardo.blogspot.com
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Non stacco gli occhi da te
22-06-2014, 08:28cinema, Cosa vedere a Cuneo (e provincia) quando sei vivo, fb2020, musicaPermalinkJersey Boys (Clint Eastwood, 2014)
C'è stato un tempo, neanche tanto lontano, in cui i cantanti non si gonfiavano la fedina penale al microfono per giocare ai personaggi scomodi; tutto il contrario. Erano tempi peggiori di adesso, che ti credi? Sotto tutta la brillantina, bernoccoli e cicatrici prese in strada o in famiglia; eppure appena salivi su un palco, anche minuscolo, tutto la fetenzìa spariva come un incanto, e tornavi a essere il bello di mamma tua capace di sciogliere in lacrime i mammasantissima del quartiere e le liceali alla prima libera uscita. Elvis era a militare, i Beatles non erano ancora arrivati, l'America ingannava il tempo sprofondando nella melassa dei quartetti vocali. I Four Seasons qui da noi non li ha sentiti nominare quasi nessuno, forse per lo stesso motivo per cui nessuno ti serve le fettuccine Alfredo o la pizza ai peperoni; ma in quella manciata di anni andarono fortissimo. La risposta italoamericana ai Beach Boys - voi non ne avreste sentito il bisogno, ma milioni di acquirenti di 45 giri evidentemente sì. Dopo anni di gavetta errabonda tra bowling e pizzerie del New Jersey, una sera fatidica trovarono la formula di un doo-wop all'italiana che li portò in cima alle classifiche e in tutti juke box del Paese. Poi ci furono i passi falsi e gli scazzi del caso - e la British Invasion non aiutò - ma dovettero passare cinquant'anni e un musical a Broadway prima che il pubblico scoprisse che quei quattro figurini impomatati e adorabili erano avanzi di galera. Come si evolvono i costumi - oggi se scoprono che sei in cella il tuo disco va in cima alle classifiche, vabbeh, per quel che contano oggigiorno le classifiche...
Jersey Boys è in parte la trasposizione cinematografica dello show di Broadway. Eastwood riprende, senza crederci troppo, la struttura narrativa dello show (quattro atti, quattro "stagioni" raccontate ciascuna da un diverso componente della band, con punti di vista discordanti), ma per fortuna mia e vostra non gira un musical. Si potrebbe dire che più della musica gli interessi raccontare una storia, ma non sarebbe giusto: è anche grazie alla sensibilità musicale del regista di Bird che il film riesce nell'impresa di farci interessare e affezionare a un'era musicale che seppelliremmo volentieri, ai coretti frastornanti e agli stucchevoli gorgheggi in falsetto di Frankie Valli. Tutte le coreografie del film, brevi e spettacolari, non valgono la sequenza in cui Bob Gaudio si presenta in un bar ai suoi tre futuri compagni con uno spartito stropicciato, che diventa di colpo una jam session, e prende progressivamente la forma della canzone che Bob nemmeno sognava. Il successo è ancora lontano, ma la musica c'è. Un'ora dopo un Frankie Valli intristito dagli anni e dalle delusioni solleverà un sipario e ci mostrerà l'orchestra dei suoi sogni - che decisamente non sono i nostri, noi Love Boat l'avremmo affondata con tutto l'equipaggio, ma se sapete resistere al bridge di Can't Take My Eyes Off Of You vi compatisco sinceramente. Eastwood muove la macchina tra i tavolini di un ristorante e ci illustra la semplice verità: la canzone di successo non è la più originale o la più elaborata; è quella che riconosci già a metà del primo ascolto, quella che riesci a cantare a partire dal secondo ritornello.
Forse vale lo stesso discorso anche per Jersey Boys. Non è il film perfetto che continuiamo ad aspettarci dall'ottuagenario Eastwood, ma in giro c'è di meglio? La storia la conosciamo già; dalla metà in poi riusciremmo quasi a raccontarcela da soli; ma di chi è la colpa se i cantanti di successo partono sempre dalla gavetta, si sposano troppo presto, commettono più o meno sempre gli stessi errori, li pagano e si rialzano come possono? Eppure se dovessi indicare il biopic musicale più divertente e riuscito degli ultimi anni, non avrei esitazioni: Clint Eastwood mi ha fatto stare in pena per Frankie Valli. Ora vado a picchiare la testa contro il muro, che pare sia l'unico modo per scacciare da lì i coretti di Sherry Baby. Voi invece andate a vedere Jersey Boys, è un bel film che vale la pena di ascoltare in sala. Alla fine vorrete bene persino ai titoli di coda.
Jersey Boys è al Cinelandia di Borgo S. Dalmazzo alle 20:00 e alle 22:45; al Cinecittà di Savigliano alle 21:30. Buona visione e buon ascolto!
C'è stato un tempo, neanche tanto lontano, in cui i cantanti non si gonfiavano la fedina penale al microfono per giocare ai personaggi scomodi; tutto il contrario. Erano tempi peggiori di adesso, che ti credi? Sotto tutta la brillantina, bernoccoli e cicatrici prese in strada o in famiglia; eppure appena salivi su un palco, anche minuscolo, tutto la fetenzìa spariva come un incanto, e tornavi a essere il bello di mamma tua capace di sciogliere in lacrime i mammasantissima del quartiere e le liceali alla prima libera uscita. Elvis era a militare, i Beatles non erano ancora arrivati, l'America ingannava il tempo sprofondando nella melassa dei quartetti vocali. I Four Seasons qui da noi non li ha sentiti nominare quasi nessuno, forse per lo stesso motivo per cui nessuno ti serve le fettuccine Alfredo o la pizza ai peperoni; ma in quella manciata di anni andarono fortissimo. La risposta italoamericana ai Beach Boys - voi non ne avreste sentito il bisogno, ma milioni di acquirenti di 45 giri evidentemente sì. Dopo anni di gavetta errabonda tra bowling e pizzerie del New Jersey, una sera fatidica trovarono la formula di un doo-wop all'italiana che li portò in cima alle classifiche e in tutti juke box del Paese. Poi ci furono i passi falsi e gli scazzi del caso - e la British Invasion non aiutò - ma dovettero passare cinquant'anni e un musical a Broadway prima che il pubblico scoprisse che quei quattro figurini impomatati e adorabili erano avanzi di galera. Come si evolvono i costumi - oggi se scoprono che sei in cella il tuo disco va in cima alle classifiche, vabbeh, per quel che contano oggigiorno le classifiche...
Jersey Boys è in parte la trasposizione cinematografica dello show di Broadway. Eastwood riprende, senza crederci troppo, la struttura narrativa dello show (quattro atti, quattro "stagioni" raccontate ciascuna da un diverso componente della band, con punti di vista discordanti), ma per fortuna mia e vostra non gira un musical. Si potrebbe dire che più della musica gli interessi raccontare una storia, ma non sarebbe giusto: è anche grazie alla sensibilità musicale del regista di Bird che il film riesce nell'impresa di farci interessare e affezionare a un'era musicale che seppelliremmo volentieri, ai coretti frastornanti e agli stucchevoli gorgheggi in falsetto di Frankie Valli. Tutte le coreografie del film, brevi e spettacolari, non valgono la sequenza in cui Bob Gaudio si presenta in un bar ai suoi tre futuri compagni con uno spartito stropicciato, che diventa di colpo una jam session, e prende progressivamente la forma della canzone che Bob nemmeno sognava. Il successo è ancora lontano, ma la musica c'è. Un'ora dopo un Frankie Valli intristito dagli anni e dalle delusioni solleverà un sipario e ci mostrerà l'orchestra dei suoi sogni - che decisamente non sono i nostri, noi Love Boat l'avremmo affondata con tutto l'equipaggio, ma se sapete resistere al bridge di Can't Take My Eyes Off Of You vi compatisco sinceramente. Eastwood muove la macchina tra i tavolini di un ristorante e ci illustra la semplice verità: la canzone di successo non è la più originale o la più elaborata; è quella che riconosci già a metà del primo ascolto, quella che riesci a cantare a partire dal secondo ritornello.
Forse vale lo stesso discorso anche per Jersey Boys. Non è il film perfetto che continuiamo ad aspettarci dall'ottuagenario Eastwood, ma in giro c'è di meglio? La storia la conosciamo già; dalla metà in poi riusciremmo quasi a raccontarcela da soli; ma di chi è la colpa se i cantanti di successo partono sempre dalla gavetta, si sposano troppo presto, commettono più o meno sempre gli stessi errori, li pagano e si rialzano come possono? Eppure se dovessi indicare il biopic musicale più divertente e riuscito degli ultimi anni, non avrei esitazioni: Clint Eastwood mi ha fatto stare in pena per Frankie Valli. Ora vado a picchiare la testa contro il muro, che pare sia l'unico modo per scacciare da lì i coretti di Sherry Baby. Voi invece andate a vedere Jersey Boys, è un bel film che vale la pena di ascoltare in sala. Alla fine vorrete bene persino ai titoli di coda.
Jersey Boys è al Cinelandia di Borgo S. Dalmazzo alle 20:00 e alle 22:45; al Cinecittà di Savigliano alle 21:30. Buona visione e buon ascolto!
UKIP - sezione Italia
17-06-2014, 17:14Beppe Grillo, Euro, ho una teoriaPermalink
Settantotto per cento, un plebiscito. Quando giovedì finalmente Beppe Grillo ha chiesto ai suoi grandi elettori di scegliere il gruppo europarlamentare di preferenza, ventitremila hanno indicato la loro preferenza per l'UKIP di Farage - l'opzione sulla quale Grillo si giocava ormai la sua credibilità di leader. Come sempre il bilancio della democrazia interna è piuttosto avvilente: malgrado il Movimento continui a selezionare i suoi grandi elettori col contagocce (soltanto 87.656 iscritti hanno maturato la facoltà di voto) anche qui l'astensione è altissima; più della maggioranza degli aventi diritto non ha votato. L'esclusione dei Verdi Europei dalla competizione, con ragioni più o meno pretestuose, può avere allontanato qualcuno dal voto; e tuttavia quel 78% ci conferma che non c'è un M5S al di fuori di Grillo. È ormai un ricordo la fronda che in passato disattese le sue volontà, votando per esempio l'abolizione del reato di clandestinità, o costringendo il Capo Politico a uno sgraditissimo incontro con Renzi. Il Movimento che riparte dopo la delusione delle europee è più grillino che mai: se a Grillo va a genio l'UKIP di Farage, che UKIP sia. Ma cos'è l'UKIP, alla fine?
Cominciamo da cosa non è: l'UKIP non è un partito fascista, come molti hanno scritto in questi mesi, anche per l'oggettiva difficoltà nel tradurre in italiano un certo tipo di istanze che sono una novità quasi assoluta. Per la verità un nome esiste - sovranismo - ma è molto brutto e il correttore automatico lo segna ancora come un errore. I sovranisti esistono in tutta Europa; partendo da posizioni diverse (l'UKIP per esempio non nasce all'estrema destra, ma da una scissione del partito conservatore) arrivano più o meno allo stesso risultato: il rifiuto del progetto di unificazione europea. Per i sovranisti non è che un complotto cosmopolita ordito dai nemici dei popoli: banche, multinazionali, massoneria, ecc. Bisogna mandarlo a monte, tutti assieme. Se questa è la piattaforma, l'alleanza con Grillo non dovrebbe stupire. Né dovrebbe sorprendere che Paolo Becchi, ideologo del Movimento a fasi alterne, la presenti come una battaglia di sinistra addirittura ("La sfida del futuro è tra sovranità e internazionalismo negativo"), o che un mese prima della consultazione Grillo abbia già fornito all'ufficio stampa dell'UKIP il piedistallo del suo blog, perché in fondo chi meglio dell'UKIP può spiegare ai lettori quanto bravo e buono e non razzista o fascista sia l'UKIP? (continua sull'Unita.it, H1t#235)
Cominciamo da cosa non è: l'UKIP non è un partito fascista, come molti hanno scritto in questi mesi, anche per l'oggettiva difficoltà nel tradurre in italiano un certo tipo di istanze che sono una novità quasi assoluta. Per la verità un nome esiste - sovranismo - ma è molto brutto e il correttore automatico lo segna ancora come un errore. I sovranisti esistono in tutta Europa; partendo da posizioni diverse (l'UKIP per esempio non nasce all'estrema destra, ma da una scissione del partito conservatore) arrivano più o meno allo stesso risultato: il rifiuto del progetto di unificazione europea. Per i sovranisti non è che un complotto cosmopolita ordito dai nemici dei popoli: banche, multinazionali, massoneria, ecc. Bisogna mandarlo a monte, tutti assieme. Se questa è la piattaforma, l'alleanza con Grillo non dovrebbe stupire. Né dovrebbe sorprendere che Paolo Becchi, ideologo del Movimento a fasi alterne, la presenti come una battaglia di sinistra addirittura ("La sfida del futuro è tra sovranità e internazionalismo negativo"), o che un mese prima della consultazione Grillo abbia già fornito all'ufficio stampa dell'UKIP il piedistallo del suo blog, perché in fondo chi meglio dell'UKIP può spiegare ai lettori quanto bravo e buono e non razzista o fascista sia l'UKIP? (continua sull'Unita.it, H1t#235)
Perfino la promozione del blogger Claudio Messora, che lascia l’ufficio Comunicazione M5S a palazzo Madama per Bruxelles, e che a qualche malfidato poteva sembrare una rimozione dopo le imbarazzanti vicende di qualche mese fa, assume un significato diverso; Messora sarà anche una catastrofe con twitter, ma la sua passione per Farage è sincera e relativamente antica – lo intervistò già più di due anni fa, quando in Italia era un perfetto sconosciuto. La storia d’amore tra M5S e UKIP non è insomma un colpo di fulmine: i segni erano nell’aria già da anni, ma forse abbiamo preferito ignorarli nella speranza che il Movimento diventasse più simile a come lo avremmo voluto: più progressista, più ambientalista, più europeo. Magari a un certo punto ha quasi rischiato di esserlo; ma alla lunga ha vinto la tendenza incarnata da Messora: complottismi assortiti e nostalgie d’un mondo che fu, al tempo in cui il Regno Unito era un Impero, e l’Italia… già, l’Italia, che nostalgie dovrebbe nutrire?
In effetti, uno dei motivi per cui il sovranismo ci ha messo molto ad attecchire qui da noi è la mancanza di un nobile passato da proiettare: il benessere drogato dall’inflazione degli anni Ottanta? Il boom degli anni Cinquanta? Più indietro c’è solo il fascismo, ma è una nicchia di mercato già occupata e sfruttata fino alla noia. Nel frattempo persino la Lega si improvvisa sovranista, smette la camicia verde e le pretese scissionistiche e riscopre il tricolore contro l’euroburocrazia. Una virata spettacolare di cui è responsabile Matteo Salvini, che lavorando a Bruxelles per tanto tempo magari ha fiutato l’aria prima dei cerchi magici padani.
Se Grillo e Salvini hanno qualcosa in comune con Farage, non è il razzismo o un presunto fascismo, ma proprio la nostalgia. Si stava meglio prima. Ovviamente ognuno pensa a un “prima” diverso: Grillo e Salvini sognano il ritorno dell’Età dell’oro della Piccola Media Impresa; Farage immagina un Regno Unito riconvertito all’industria, di nuovo sbuffante carbone e vapore di petrolio dalle sue mille ciminiere. Se queste nostalgie abbiano ancora senso, in un mondo che va verso l’emergenza ambientale globale, è una domanda che va girata ai loro elettori. http://leonardo.blogspot.com
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Caro vecchio futuro
16-06-2014, 00:41animazione, cinema, Cosa vedere a Cuneo (e provincia) quando sei vivo, futurismiPermalinkThe Congress (Ari Folman, 2013)
Perché non hai mai voluto un ruolo in un film di fantascienza, Robin Wright? Credi che sia robaccia, vero? Favole coi raggi laser al posto degli archi e le frecce, beh, ti sbagli anche su questo. Da' retta a me che recensisco a Cuneo. È da quasi due anni che mi guardo un film a settimana, e questa cosa ormai mi salta agli occhi: la fantascienza se la sta cavando meglio di qualsiasi altra cosa. Meglio delle commedie sceme, degli action, dei noir, perfino meglio dei supereroi. Magari non sono sempre i film che incassano di più, ma sono quelli che funzionano meglio. Qualsiasi fantascienza: alieni cattivi, viaggi nel tempo, roba da Hollywood, opere europee, non ha così importanza. La fantascienza è il futuro.
Suona banale ma è proprio così. Rifletti. Cosa t'immagini che andremo a vedere nel cinema del futuro? Saghe coi draghi e le fate? Ma quella roba funziona meglio con continuity lunghe, ormai sta migrando in televisione, non te ne accorgi? Commedie romantiche? Anche quelle sono molto più divertenti grattugiate in serie tv: ti affezioni ai personaggi e poi le puoi guardare sul divano nella posizione che preferisci. Film storici? Meglio in tv. Situazioni erotiche all'acqua di rose con pretese artistoidi, tipo la roba che hai fatto l'anno scorso in cui tu e Naomi Watts vi facevate il figlio a vicenda? Eeergh - comunque meglio in tv. C'è solo un genere che funziona meglio al cinema, e indovina qual è.
E non è una questione di occhialini 3d o animazione digitale, credimi. Ok, non nego che quelle diavolerie abbiano la loro importanza nel far uscire di casa gli spettatori, in questa fase. Ma a monte di tutto c'è una caratteristica specifica del genere narrativo: la fantascienza funziona al cinema perché è, per sua costituzione, breve e autoconclusiva. Non è sempre, d'accordo. Anche la fantascienza ha le sue saghe, non devi dirlo a me. Ma la quintessenza della fantascienza, sin dalla età dell'oro delle riviste americane, è il racconto. La short novel. L'ideale per un film autoconclusivo. Certo, poi se la storia funziona puoi fare due o tre sequel, ma al cinema non avrai mai la continuità che può drogarti in tv.
La fantascienza, quella vera, va proprio nella direzione contraria. Scordati gli episodi che cominciano sempre nello stesso posto, coi personaggi che conosci già. Ogni scena dev'essere una sorpresa, e i protagonisti possono lasciarti anche a metà film. La fantascienza ti libera. Prendi un film come The Congress... (continua su +eventi!)Sconclusionato, ingenuo, pieno di difetti; eppure libero di andarsene per i fatti suoi e pigliarsi con sé lo spettatore. Il regista israeliano Ari Folman ha reinvestito i soldi raccolti in tutto il mondo con lo straordinario Valzer con Bashir in un'opera completamente diversa, folle sconclusionata e imperdibile. The Congress è l'unione tutt'altro che armonica di due film. Il primo è la storia di un'attrice che ha fatto un sacco di errori nella sua carriera, Robin Wright (Robin Wright), che cede alle insistenze del suo agente (Harvey Keitel) e si fa digitalizzare: d'ora in poi non avrà più bisogno di recitare per comparire in migliaia di titoli.
Il secondo film comincia come una parodia animata e allucinata del primo, ispirata al Congresso di futurologia di Stanislaw Lem (l'autore di Solaris, precisamente). Se già Bashir non era lo stato dell'arte dell'animazione (e non sta invecchiando bene), il segmento animato di The Congress è programmaticamente anacronistico; più vicino a Betty Boop che a Wall-E. Del resto l'idea di usare i cartoni animati per rappresentare gli effetti degli allucinogeni è davvero così antica (e curiosamente disneyana: pensate a certi capolavori psichedelici come Topolino giardiniere, o allo spaventoso sogno di Dumbo ubriaco). Folman è un regista più che un disegnatore: alle sue creature manca uno stile coerente - lui stesso a Wired ha spiegato di aver affidato personaggi diversi a disegnatori diversi di studi diversi (le figure maschili in Israele, quella femminili in Belgio, e così via). Ma persino questo ha un senso, in un futuro possibile in cui saremo tutti interferenze nelle allucinazioni di chi ci sta vicino. The Congress funziona soltanto a scatti, come un incubo dal quale sarai contento di svegliarti, ma che non vorresti mai dimenticare.
The Congress lo potete trovare all'Impero di Bra (18:10, 20:20, 22:30) e al Cinecittà di Savigliano (16:00, 18:10, 20:20, 22:30). Su Trovacinema c'è scritto che dura un'ora e mezza, ma l'originale è di due ore. Non so se l'abbiano tagliato; in 'giro' c'è anche una versione lunga sottotitolata. Però, davvero, la fantascienza è una delle poche cose che vale ancora la pena di vedere al cinema.
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"Vuoi più bene alla Boschi o a Mineo?"
13-06-2014, 18:56ho una teoria, Pd, RenziPermalink
A conti fatti forse Matteo Renzi mentiva. Due settimane fa, ricordate? Quando festeggiò la vittoria alle europee ribadendo che non si era trattato di un referendum sul governo. "Non lo considero un voto sul governo, non lo considero un voto su di me". Una magnanima affermazione che ha avuto senso appena per il tempo dei festeggiamenti. È bastato che il primo nodo venisse al pettine (il dibattito sulla legge elettorale), perché gli elettori del PD scoprissero di non aver votato semplicemente per Matteo Renzi - il che ci potrebbe anche stare, via - ma proprio per la bruttissima legge elettorale su cui Matteo Renzi, a dispetto di ogni ragionevolezza e obiezione di incostituzionalità ha pervicacemente deciso di mettere la propria faccia.
Dunque, se Corradino Mineo, senatore del PD ritiene - come ritengo anch'io, per quel che vale - che quella proposta di legge sia davvero brutta, non solo il suo parere in commissione smette di essere interessante, ma diventa addirittura un tradimento a una volontà che gli elettori avrebbero espresso: "non ho preso il 40,8 per cento per lasciare il paese in mano a Corradino Mineo", pare abbia risposto Matteo Renzi. Onde evitare che il Paese intero rimanesse ostaggio del senatore regolarmente eletto Mineo, quest'ultimo è stato subito sostituito in commissione, con una procedura forse irregolare - ma forse sulla schede delle europee accanto al simbolo del Pd c'era la domanda: vuoi le riforme di Matteo Renzi, o preferisci lasciare il Paese in mano a Corradino Mineo? Io francamente non ricordo di aver letto così, ma forse andavo di fretta... (continua sull'Unita.it, H1t#234)
Dunque, se Corradino Mineo, senatore del PD ritiene - come ritengo anch'io, per quel che vale - che quella proposta di legge sia davvero brutta, non solo il suo parere in commissione smette di essere interessante, ma diventa addirittura un tradimento a una volontà che gli elettori avrebbero espresso: "non ho preso il 40,8 per cento per lasciare il paese in mano a Corradino Mineo", pare abbia risposto Matteo Renzi. Onde evitare che il Paese intero rimanesse ostaggio del senatore regolarmente eletto Mineo, quest'ultimo è stato subito sostituito in commissione, con una procedura forse irregolare - ma forse sulla schede delle europee accanto al simbolo del Pd c'era la domanda: vuoi le riforme di Matteo Renzi, o preferisci lasciare il Paese in mano a Corradino Mineo? Io francamente non ricordo di aver letto così, ma forse andavo di fretta... (continua sull'Unita.it, H1t#234)
Quando ieri tredici senatori del PD hanno protestato per la sostituzione di Mineo in Commissione auto-sospendendosi, Luca Lotti (sottosegretario alla presidenza) ha rincarato la dose: “Tredici senatori non possono permettersi di mettere in discussione il volere di 12 milioni di elettori”. Per la verità a votare PD sono stati soltanto undici milioni e duecentomila: e sulla scheda non c’era scritto: “che ne dite di sostituire il senato con un dopolavoro di sindaci – ma non tutti i sindaci, soltanto alcuni scelti un po’ a caso – integrato da un club degli amici del presidente della repubblica? Sì o no?” Si tratta evidentemente di dettagli, inezie: undici milioni abbondanti di italiani hanno votato il PD, e pare che votare PD significhi anche questo. Non un referendum su Renzi, non un referendum sul governo, ma un referendum sul dopolavoro dei sindaci dei capoluoghi di provincia. Potevano almeno dircelo – no, dovevamo capirlo da soli.
A Lotti fa eco Ivan Scalfarotto: “è a quel quarantuno per cento di elettori che i nostri 14 colleghi dovranno spiegare le ragioni del proprio gesto”. Ecco, se posso dire la mia, molto umilmente: contatemi fuori. C’ero anch’io in quel 41%. Ho votato PD per motivi che nulla avevano a che fare con la riforma elettorale; mi dispiace, mi dispiace veramente, ma continuo a trovare le bozze della ministra Boschi una peggio dell’altra. Non ho votato per Matteo Renzi, che sulla scheda non c’era; non ricordo che ci fosse nemmeno una domanda del tipo “vuoi più bene alla Boschi o a Corradino Mineo”. Ho votato Cécile Kyenge per quanto di buono è riuscita a fare nel poco tempo in cui è stata ministro – prima che Renzi la sostituisse; ho votato altri due candidati perché li ritenevo eccentrici rispetto alla maggioranza renziana del PD. Mi riconosco nella minoranza del PD e credo che la proposta Chiti sia molto più interessante, nonché meno esposta a rischi di bocciatura da parte della corte costituzionale.
In breve, ho votato il PD perché il PD non è soltanto Matteo Renzi; se Matteo Renzi non è più d’accordo, vorrà dire che non voterò più PD. Potete cominciare a segnare: undici milioni e duecentomila meno uno. Grazie. http://leonardo.blogspot.com
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Gli scrutini di Osvaldo
10-06-2014, 10:38scuolaPermalink
Ciao, credo che ormai sia il tempo di presentarmi: contrariamente a quello che molti lettori potrebbero essere stati indotti a credere, non mi chiamo Leonardo, bensì Osvaldo. Guazzi Osvaldo. E non ho mai lavorato nella scuola in vita mia. In effetti non so proprio come sia fatta. Non l'ho nemmeno frequentata - ho passato tutta l'infanzia e l'adolescenza in una spelonca e poi ho dato la maturità da privatista. Perciò, vedete, io la scuola non so proprio cos'è, e quelle che a volte descrivo sono sempre ricostruzioni di fantasia senza alcun riferimento a situazioni o persone reali.
Diciamo dunque che, nella mia dimensione fantastica, questa potrebbe essere la settimana degli scrutini. In questa settimana accadono fenomeni bizzarri, il più frequente dei quali è la trasformazione dei Quattro e dei Cinque in Sei. Succede più o meno a tutti gli alunni che hanno solo una o due insufficienze: a norma di legge dovrebbero essere bocciati, ma bocciati dove? Parliamo di un quinto della popolazione scolastica che ogni anno dovrebbe essere trattenuta in aule che non esistono, da un organico sottodimensionato. Parliamo di nulla, perché questi Quattro e Cinque sulle schede non esistono: nelle ultime settimane l'insegnante sospira e li cancella, e non è possibile nemmeno riconoscerli dalle tracce di gomma sul registro perché magari il registro è on line.
Già a questo livello possono verificarsi malintesi miracolosi, perché se a cinque insegnanti capita di non parlarsi per una settimana (come può capitare spesso a fine maggio, almeno nella scuola della mia fantasia) ecco che l'alunno X può trovarsi abbuonate non una o due insufficienze, ma anche cinque o sei: se tutti gli insegnanti sono convinti che X sia scarso soltanto nella propria materia, e che non valga la pena penalizzarlo più di tanto se non è portato per l'inglese - le scienze - la geografia - il disegno - la ginnastica, via, mica lo possiamo bocciare perché è impedito in palestra. E così può accadere che un impedito globale arrivi allo scrutinio con una media del sei già tonda. Stiamo parlando di impediti normodotati, perché quelli con una certificazione di Disturbo dell'Apprendimento Scolastico sono già fuori dalla discussione: cioè, in teoria li si potrebbe anche bocciare, ma nella scuola della mia fantasia devi prima dimostrare di avere attivato tutta una serie di interventi didattici personalizzati che non hai attivato, perché nessuno ti ha formato o pagato per farli: di modo che promuovere è la strada più semplice è più sicura per evitare ricorsi e seccature sia a te che alla famiglia. E ti fa anche sentire molto don Milani.
A questo punto arriviamo agli scrutini, dove tutti gli insegnanti mettono assieme i voti di tutti i ragazzi, e si ragiona sulla situazione generale. Gli alunni che hanno ancora dei Quattro o dei Cinque, ne hanno veramente tanti: sono ragazzi normodotati la cui situazione globale, già da mesi, era avvertita come precaria dalla maggioranza degli insegnanti. E però di qui a bocciarli ancora ce ne passa. Ragioniamoci. Cosa penserebbe don Milani di noi? Abbiamo fatto tutto quello che potevamo fare per salvarli? No, in coscienza potevamo fare di più. Potevamo entrare in casa loro con la forza e ripetere le tabelline finché non si addormentavano e anche oltre, e non l'abbiamo fatto. È un po' colpa nostra, insomma. E poi guardate: stiamo promuovendo X. Quell'asino di X lo promuoviamo, e Y no? Com'è possibile? E vogliamo parlare anche di H? D'accordo, è in coma vigile da tre mesi, però cosa penserà Y vedendo che persino un compagno in coma vigile ha voti migliori dei suoi? Non si deprimerà? Vogliamo davvero che si deprima? Siamo forse un consesso di sadici che godono a distruggere i sogni di un preadolescente? In generale no, non lo siamo: e quindi, a maggioranza, promuoviamo. Succede così che anche molti alunni che arrivavano allo scrutinio con sfilze interminabili di Cinque o di Quattro, ne escano con una mediocre ma rassicurante schiera di Sei.
A quel punto avviene un altro tipico fenomeno. Un insegnante - potrebbe essere chiunque, anche quello che si è appena asciugato gli occhi dalla commozione per aver promosso a maggioranza un tizio che entrava con la media aritmetica del Tre e Mezzo - riguarda il tabellone dei voti e dice: ma come, davvero a Y diamo Sei? Ma se diamo Sei a Y, a X come minimo gli dobbiamo dare un Sette, per equità. In effetti non c'è dubbio che X abbia studiato un po' di più di Y, e quindi, per equità, anche se due settimane fa aveva ancora cinque insufficienze, X comincia a ritrovarsi dei Sette in pagella. Da lì in poi parte una reazione a catena, perché se davvero X adesso è da Sette, il suo amico Z che ha studiato veramente tutto l'anno è come minimo da Nove, e che dire del secchione della classe? Bisognerebbe dargli un Dodici, per equità, ma siccome non l'hanno ancora introdotto, accontentiamoci di un Dieci Cum Laude e speriamo che la famiglia non si lamenti. A volte la situazione degenera al punto che qualche insegnante un po' rigoroso sbrocca e comincia ad assegnare Dieci politici a tutti, anche a X e Y, massì, e chissenefrega, tanto mi pagano uguale. A questo punto le pagelle sono pronte, e tutti sono più o meno contenti - tranne gli insegnanti che hanno una terza media.
In terza si fa l'esame. Non solo è l'unico esame della scuola dell'obbligo (quello di quinta elementare è stato abolito anni fa), ma è anche un esame molto impegnativo, con ben cinque prove scritte in soli cinque giorni - e dal mattino successivo cominciano gli orali. Per i ragazzi è uno choc. Non hanno mai fatto un esame, e di colpo si vedono davanti questo che sulla carta è davvero duro. Sulla carta. Ma per fortuna ci sono i loro insegnanti che possono aiutarli.
Gli insegnanti, dal canto loro, si trovano in una situazione particolare. A causa delle reazione a catena sopra descritta, hanno appena consegnato pagelle un po', come dire, ottimistiche. Cosa succederà se il ragazzo non riuscirà a mantenere tante promesse? A Z abbiamo dato Nove, ricordate? Secondo voi ce la fa a prendere Nove alla prova Invalsi? Ma per carità. E tutti penseranno che abbiamo gonfiato i voti. Il che tra parentesi è vero, ma come possiamo fare per evitare che lo pensino?
Possiamo continuare a gonfiarli. Persino il Commissario Esterno, quello che arriva da un'altra scuola e dovrebbe verificare il corretto andamento degli esami, a volte può capitare che passi di commissione in commissione a raccomandarsi: state un po' altini coi voti, ché tanto lo sapete che la Prova Invalsi andrà male.
La Prova Invalsi è un doppio questionario di italiano e matematica che verrà somministrato agli alunni giovedì prossimo. È uguale per tutti, non sempre è ben fatto (anche se negli ultimi anni sta migliorando), ma purtroppo non fa sconti. Mentre la commissione d'esame ormai vive in una dimensione parallela in cui Y si merita Sette e Z Nove, la prova Invalsi è stata confezionata da un pool di intelligenze artificiali che non conosce né Y né Z, anzi probabilmente non ha mai visto un preadolescente in vita sua. E quindi, se Y non sa la matematica, prende Tre. E se Z, che pure s'impegna tanto ed è tanto gentile, non è in grado di leggere un brano di quotidiano e di rispondere correttamente a una dozzina di domande, prende Quattro. Questo agli insegnanti non piace. Cosa volete che ne sappia l'Invalsi, dicono. Davvero pensate che la maturazione dei vostri figli possa essere valutata da un freddo test a crocette? D'altro canto l'Invalsi c'è, e vale da solo un settimo di tutto l'esame. Se Y prende Tre, e se a Y (per tener fede a quello che gli abbiamo scritto in pagella) vogliamo dare Sette, non abbiamo altra scelta: dobbiamo alzare un po' tutti gli altri voti. Tanto chi mai protesterà se alziamo di un punto tutti i temi d'italiano. Chi farà ricorso se all'orale chiederemo soltanto gli argomenti che abbiamo precedentemente concordato, onde evitare figuracce al candidato e a noi. Non è colpa nostra, capite, è il Sistema che ci costringe. Il Sistema ci invita a regalare tanti Sei; noi ci facciamo prendere e cominciamo a regalare anche i Sette, gli Otto, i Nove; a quel punto il Sistema si rifà vivo con la prova Invalsi e noi ormai siamo in un circolo vizioso. Dobbiamo regalare altri voti per evitare che qualcuno si accorga che li abbiamo regalati. Per fortuna tutto questo avviene solo nella mia immaginazione.
Buongiorno, ora mi conoscete. Mi chiamo Osvaldo Guazzi e non sono mai entrato in una scuola media in vita mia. E comunque in generale sono un gran bugiardo, non mi fiderei mai di qualcuno che credesse alle cose che scrivo. Ma se in questi giorni vi capita di ritirare la pagella di un vostro figlio, non meravigliatevi più di tanto. Soprattutto non lamentatevi con gli insegnanti dei voti troppo bassi. Non sono troppo bassi, fidatevi. Non sono mai troppo bassi.
Diciamo dunque che, nella mia dimensione fantastica, questa potrebbe essere la settimana degli scrutini. In questa settimana accadono fenomeni bizzarri, il più frequente dei quali è la trasformazione dei Quattro e dei Cinque in Sei. Succede più o meno a tutti gli alunni che hanno solo una o due insufficienze: a norma di legge dovrebbero essere bocciati, ma bocciati dove? Parliamo di un quinto della popolazione scolastica che ogni anno dovrebbe essere trattenuta in aule che non esistono, da un organico sottodimensionato. Parliamo di nulla, perché questi Quattro e Cinque sulle schede non esistono: nelle ultime settimane l'insegnante sospira e li cancella, e non è possibile nemmeno riconoscerli dalle tracce di gomma sul registro perché magari il registro è on line.
Già a questo livello possono verificarsi malintesi miracolosi, perché se a cinque insegnanti capita di non parlarsi per una settimana (come può capitare spesso a fine maggio, almeno nella scuola della mia fantasia) ecco che l'alunno X può trovarsi abbuonate non una o due insufficienze, ma anche cinque o sei: se tutti gli insegnanti sono convinti che X sia scarso soltanto nella propria materia, e che non valga la pena penalizzarlo più di tanto se non è portato per l'inglese - le scienze - la geografia - il disegno - la ginnastica, via, mica lo possiamo bocciare perché è impedito in palestra. E così può accadere che un impedito globale arrivi allo scrutinio con una media del sei già tonda. Stiamo parlando di impediti normodotati, perché quelli con una certificazione di Disturbo dell'Apprendimento Scolastico sono già fuori dalla discussione: cioè, in teoria li si potrebbe anche bocciare, ma nella scuola della mia fantasia devi prima dimostrare di avere attivato tutta una serie di interventi didattici personalizzati che non hai attivato, perché nessuno ti ha formato o pagato per farli: di modo che promuovere è la strada più semplice è più sicura per evitare ricorsi e seccature sia a te che alla famiglia. E ti fa anche sentire molto don Milani.
A questo punto arriviamo agli scrutini, dove tutti gli insegnanti mettono assieme i voti di tutti i ragazzi, e si ragiona sulla situazione generale. Gli alunni che hanno ancora dei Quattro o dei Cinque, ne hanno veramente tanti: sono ragazzi normodotati la cui situazione globale, già da mesi, era avvertita come precaria dalla maggioranza degli insegnanti. E però di qui a bocciarli ancora ce ne passa. Ragioniamoci. Cosa penserebbe don Milani di noi? Abbiamo fatto tutto quello che potevamo fare per salvarli? No, in coscienza potevamo fare di più. Potevamo entrare in casa loro con la forza e ripetere le tabelline finché non si addormentavano e anche oltre, e non l'abbiamo fatto. È un po' colpa nostra, insomma. E poi guardate: stiamo promuovendo X. Quell'asino di X lo promuoviamo, e Y no? Com'è possibile? E vogliamo parlare anche di H? D'accordo, è in coma vigile da tre mesi, però cosa penserà Y vedendo che persino un compagno in coma vigile ha voti migliori dei suoi? Non si deprimerà? Vogliamo davvero che si deprima? Siamo forse un consesso di sadici che godono a distruggere i sogni di un preadolescente? In generale no, non lo siamo: e quindi, a maggioranza, promuoviamo. Succede così che anche molti alunni che arrivavano allo scrutinio con sfilze interminabili di Cinque o di Quattro, ne escano con una mediocre ma rassicurante schiera di Sei.
A quel punto avviene un altro tipico fenomeno. Un insegnante - potrebbe essere chiunque, anche quello che si è appena asciugato gli occhi dalla commozione per aver promosso a maggioranza un tizio che entrava con la media aritmetica del Tre e Mezzo - riguarda il tabellone dei voti e dice: ma come, davvero a Y diamo Sei? Ma se diamo Sei a Y, a X come minimo gli dobbiamo dare un Sette, per equità. In effetti non c'è dubbio che X abbia studiato un po' di più di Y, e quindi, per equità, anche se due settimane fa aveva ancora cinque insufficienze, X comincia a ritrovarsi dei Sette in pagella. Da lì in poi parte una reazione a catena, perché se davvero X adesso è da Sette, il suo amico Z che ha studiato veramente tutto l'anno è come minimo da Nove, e che dire del secchione della classe? Bisognerebbe dargli un Dodici, per equità, ma siccome non l'hanno ancora introdotto, accontentiamoci di un Dieci Cum Laude e speriamo che la famiglia non si lamenti. A volte la situazione degenera al punto che qualche insegnante un po' rigoroso sbrocca e comincia ad assegnare Dieci politici a tutti, anche a X e Y, massì, e chissenefrega, tanto mi pagano uguale. A questo punto le pagelle sono pronte, e tutti sono più o meno contenti - tranne gli insegnanti che hanno una terza media.
In terza si fa l'esame. Non solo è l'unico esame della scuola dell'obbligo (quello di quinta elementare è stato abolito anni fa), ma è anche un esame molto impegnativo, con ben cinque prove scritte in soli cinque giorni - e dal mattino successivo cominciano gli orali. Per i ragazzi è uno choc. Non hanno mai fatto un esame, e di colpo si vedono davanti questo che sulla carta è davvero duro. Sulla carta. Ma per fortuna ci sono i loro insegnanti che possono aiutarli.
Gli insegnanti, dal canto loro, si trovano in una situazione particolare. A causa delle reazione a catena sopra descritta, hanno appena consegnato pagelle un po', come dire, ottimistiche. Cosa succederà se il ragazzo non riuscirà a mantenere tante promesse? A Z abbiamo dato Nove, ricordate? Secondo voi ce la fa a prendere Nove alla prova Invalsi? Ma per carità. E tutti penseranno che abbiamo gonfiato i voti. Il che tra parentesi è vero, ma come possiamo fare per evitare che lo pensino?
Possiamo continuare a gonfiarli. Persino il Commissario Esterno, quello che arriva da un'altra scuola e dovrebbe verificare il corretto andamento degli esami, a volte può capitare che passi di commissione in commissione a raccomandarsi: state un po' altini coi voti, ché tanto lo sapete che la Prova Invalsi andrà male.
La Prova Invalsi è un doppio questionario di italiano e matematica che verrà somministrato agli alunni giovedì prossimo. È uguale per tutti, non sempre è ben fatto (anche se negli ultimi anni sta migliorando), ma purtroppo non fa sconti. Mentre la commissione d'esame ormai vive in una dimensione parallela in cui Y si merita Sette e Z Nove, la prova Invalsi è stata confezionata da un pool di intelligenze artificiali che non conosce né Y né Z, anzi probabilmente non ha mai visto un preadolescente in vita sua. E quindi, se Y non sa la matematica, prende Tre. E se Z, che pure s'impegna tanto ed è tanto gentile, non è in grado di leggere un brano di quotidiano e di rispondere correttamente a una dozzina di domande, prende Quattro. Questo agli insegnanti non piace. Cosa volete che ne sappia l'Invalsi, dicono. Davvero pensate che la maturazione dei vostri figli possa essere valutata da un freddo test a crocette? D'altro canto l'Invalsi c'è, e vale da solo un settimo di tutto l'esame. Se Y prende Tre, e se a Y (per tener fede a quello che gli abbiamo scritto in pagella) vogliamo dare Sette, non abbiamo altra scelta: dobbiamo alzare un po' tutti gli altri voti. Tanto chi mai protesterà se alziamo di un punto tutti i temi d'italiano. Chi farà ricorso se all'orale chiederemo soltanto gli argomenti che abbiamo precedentemente concordato, onde evitare figuracce al candidato e a noi. Non è colpa nostra, capite, è il Sistema che ci costringe. Il Sistema ci invita a regalare tanti Sei; noi ci facciamo prendere e cominciamo a regalare anche i Sette, gli Otto, i Nove; a quel punto il Sistema si rifà vivo con la prova Invalsi e noi ormai siamo in un circolo vizioso. Dobbiamo regalare altri voti per evitare che qualcuno si accorga che li abbiamo regalati. Per fortuna tutto questo avviene solo nella mia immaginazione.
Buongiorno, ora mi conoscete. Mi chiamo Osvaldo Guazzi e non sono mai entrato in una scuola media in vita mia. E comunque in generale sono un gran bugiardo, non mi fiderei mai di qualcuno che credesse alle cose che scrivo. Ma se in questi giorni vi capita di ritirare la pagella di un vostro figlio, non meravigliatevi più di tanto. Soprattutto non lamentatevi con gli insegnanti dei voti troppo bassi. Non sono troppo bassi, fidatevi. Non sono mai troppo bassi.
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