Cosa ci insegnano i procioni
20-08-2015, 11:29animali, futurismi, La grande gara di spuntiPermalink
Come tutti i procio-linguisti (e più in generale i procio-studiosi, e i procio-divulgatori, e tutto l'indotto umanistico e scientifico che ruotava intorno al Pianeta dei Procioni), Aron aveva grosse difficoltà a mascherare il disprezzo che provava per i cosiddetti "procionidi terrestri", quei gruppi di svitati che dopo aver visto un documentario di troppo erano andati a vivere nei boschi in piccole comunità di soli maschi o sole femmine - fatta eccezione ovviamente per quelle quattro settimane tra marzo e aprile, dedicate al corteggiamento e all'accoppiamento. Aron non riusciva nemmeno a individuare l'aspetto più paradossale: che le istruzioni per la vita in armonia con la natura provenissero da trasmissioni inviate e captate con le tecnologie più sofisticate a disposizione? o che una specie vivente dedita al genocidio fosse percepita come più "naturale" soltanto perché viveva tra gli alberi?
(Questo pezzo prosegue lo spunto della Fine del mondo dei procioni, e ovviamente partecipa alla Grande Gara degli Spunti. Se vuoi provare a capirci qualcosa, leggi qui. Puoi anche controllare il tabellone).
"Non hai mai pensato che è anche colpa nostra?", le aveva detto Sara un giorno. "In fondo non sono che vittime della procio-mania. Quella cosa che ci dà da vivere".
"Noi non viviamo di procio-mania. Noi studiamo i linguaggi dei procioni".
"Certo, e per farlo servono computer dall'enorme potenza di calcolo, e specialisti ben pagati, e tutto questo lo pagano gli sponsor che vogliono vendere il prossimo film 3d ambientato nel mondo dei procioni".
"Sara..."
"La soap dei procioni sta andando fortissimo - anche se non abbiamo ancora capito chi è il buono e chi è il cattivo - ammesso che ci siano - i peluche autorizzati dall'Agenzia Spaziale sono già pezzi da collezione, e ci sono ragazzini che da cinque anni in qua non fanno che sentir parlare di procioni, procioni, procioni. Ti sorprende che una piccola parte di loro comincino ad arrampicarsi sugli alberi? Tra un po' ci arrampicheremo tutti. Hai visto i progetti della nuova torre di Berlino?"
"Prima o poi si renderanno conto che i procioni sono come noi".
"Non sono come noi".
"È vero. Ma non sono né meglio né peggio. Sono violenti, devastatori, hanno un forte senso del branco ma nessuno scrupolo per gli estranei".
"Bene, e ora dimmi qualcosa che li differenzi dai sapiens".
"Sin da quando abbiamo cominciato a capire qualcosa della loro Storia, abbiamo cercato di combattere il luogo comune di specie-in-armonia-con-la-natura. Abbiamo raccontato di come abbiano sterminato un'altra razza intelligente nel continente inferiore".
"Probabilmente noi abbiamo fatto la stessa cosa coi Neanderthal".
"Loro lo hanno fatto con armi batteriologiche".
"Allora è la stessa cosa che noi abbiamo fatto agli Incas".
"Non abbiamo usato armi batteriologiche contro gli Incas... non consapevolmente".
"Hanno iniziato a usare armi batteriologiche più o meno quando noi cominciavamo a perfezionare le catapulte, non puoi fare un paragone con..."
"Sei tu che hai iniziato a fare paragoni".
"Va bene. Fare paragoni è sempre sbagliato".
"Sempre".
"Perché abbiamo iniziato?"
"Non riesco a capire come sia passata l'idea dei procionidi in sintonia con la natura. Hanno devastato più habitat di quanto non abbiamo fatto noi".
"Ma vivono ancora sugli alberi, mentre noi siamo scesi".
"Tutto qui?"
"Certo che no. Hanno quella pelliccia adorabile, e quel mese all'anno in cui pensano soltanto al sesso. Tutte cose di cui eravamo convinti fosse necessario liberarsi, per diventare civili. Loro ci hanno dimostrato che non è vero. Si può fondare una civiltà senza scendere dagli alberi, senza perdere i peli, senza rinunciare alla stagione dell'amore".
"Hanno cacciato gli orsi fino all'estinzione. E manco li mangiano".
"Erano comunque pericolosi. Piuttosto ci sarebbe da domandarsi perché noi non abbiamo fatto la stessa cosa".
"Perché abbiamo sviluppato il concetto di biodiversità, mentre loro..."
"Loro si sono stabilizzati sul miliardo di abitanti, su un pianeta un po' più piccolo della Terra, forse è una strategia più ecologica della nostra".
"Il loro modo di stabilizzarsi è massacrarsi tutti gli autunni".
"Anche lì, ci sarebbe da domandarsi perché non facciamo la stessa cosa".
"Sei seria?"
"Forse non stiamo distruggendo il pianeta perché facciamo troppe guerre, ma perché non ne facciamo abbastanza. Ci hai mai pensato?"
"Ok, non sei seria".
Se sei un furry, o non hai il coraggio di ammetterlo a te stesso, ma hai quello per votare Cosa ci insegnano i procioni, che oggi se la vede con Qualcuno continua a uccidere le mie ex, non hai che da mettere Mi piace su facebook, o esprimerti nei commenti. Grazie per l'attenzione e arrivederci al prossimo spunto.
(Questo pezzo prosegue lo spunto della Fine del mondo dei procioni, e ovviamente partecipa alla Grande Gara degli Spunti. Se vuoi provare a capirci qualcosa, leggi qui. Puoi anche controllare il tabellone).
"Non hai mai pensato che è anche colpa nostra?", le aveva detto Sara un giorno. "In fondo non sono che vittime della procio-mania. Quella cosa che ci dà da vivere".
"Noi non viviamo di procio-mania. Noi studiamo i linguaggi dei procioni".
"Certo, e per farlo servono computer dall'enorme potenza di calcolo, e specialisti ben pagati, e tutto questo lo pagano gli sponsor che vogliono vendere il prossimo film 3d ambientato nel mondo dei procioni".
"Sara..."
"La soap dei procioni sta andando fortissimo - anche se non abbiamo ancora capito chi è il buono e chi è il cattivo - ammesso che ci siano - i peluche autorizzati dall'Agenzia Spaziale sono già pezzi da collezione, e ci sono ragazzini che da cinque anni in qua non fanno che sentir parlare di procioni, procioni, procioni. Ti sorprende che una piccola parte di loro comincino ad arrampicarsi sugli alberi? Tra un po' ci arrampicheremo tutti. Hai visto i progetti della nuova torre di Berlino?"
"Prima o poi si renderanno conto che i procioni sono come noi".
"Non sono come noi".
"È vero. Ma non sono né meglio né peggio. Sono violenti, devastatori, hanno un forte senso del branco ma nessuno scrupolo per gli estranei".
"Bene, e ora dimmi qualcosa che li differenzi dai sapiens".
"Sin da quando abbiamo cominciato a capire qualcosa della loro Storia, abbiamo cercato di combattere il luogo comune di specie-in-armonia-con-la-natura. Abbiamo raccontato di come abbiano sterminato un'altra razza intelligente nel continente inferiore".
"Probabilmente noi abbiamo fatto la stessa cosa coi Neanderthal".
"Loro lo hanno fatto con armi batteriologiche".
"Allora è la stessa cosa che noi abbiamo fatto agli Incas".
"Non abbiamo usato armi batteriologiche contro gli Incas... non consapevolmente".
"Hanno iniziato a usare armi batteriologiche più o meno quando noi cominciavamo a perfezionare le catapulte, non puoi fare un paragone con..."
"Sei tu che hai iniziato a fare paragoni".
"Va bene. Fare paragoni è sempre sbagliato".
"Sempre".
"Perché abbiamo iniziato?"
"Non riesco a capire come sia passata l'idea dei procionidi in sintonia con la natura. Hanno devastato più habitat di quanto non abbiamo fatto noi".
"Ma vivono ancora sugli alberi, mentre noi siamo scesi".
"Tutto qui?"
"Certo che no. Hanno quella pelliccia adorabile, e quel mese all'anno in cui pensano soltanto al sesso. Tutte cose di cui eravamo convinti fosse necessario liberarsi, per diventare civili. Loro ci hanno dimostrato che non è vero. Si può fondare una civiltà senza scendere dagli alberi, senza perdere i peli, senza rinunciare alla stagione dell'amore".
"Hanno cacciato gli orsi fino all'estinzione. E manco li mangiano".
"Erano comunque pericolosi. Piuttosto ci sarebbe da domandarsi perché noi non abbiamo fatto la stessa cosa".
"Perché abbiamo sviluppato il concetto di biodiversità, mentre loro..."
"Loro si sono stabilizzati sul miliardo di abitanti, su un pianeta un po' più piccolo della Terra, forse è una strategia più ecologica della nostra".
"Il loro modo di stabilizzarsi è massacrarsi tutti gli autunni".
"Anche lì, ci sarebbe da domandarsi perché non facciamo la stessa cosa".
"Sei seria?"
"Forse non stiamo distruggendo il pianeta perché facciamo troppe guerre, ma perché non ne facciamo abbastanza. Ci hai mai pensato?"
"Ok, non sei seria".
Se sei un furry, o non hai il coraggio di ammetterlo a te stesso, ma hai quello per votare Cosa ci insegnano i procioni, che oggi se la vede con Qualcuno continua a uccidere le mie ex, non hai che da mettere Mi piace su facebook, o esprimerti nei commenti. Grazie per l'attenzione e arrivederci al prossimo spunto.
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Concentrati, Sirio
19-08-2015, 19:39La grande gara di spunti, racconti, sessoPermalink
Tutti i compagni di studio di Sirio conoscevano la storia del video di Ghent, per averlo studiato in Sociologia Uno o Diritto Civile, e per averlo visto innumerevoli volte alla tv o su internet, spesso utilizzato come filmato di repertorio. Per popolarità e pervasività se la giocava col filmino di Zapruder che documentava l'attentato a Kennedy, o le riprese di qualche allunaggio, forse l'adunata di Norimberga. A differenza di tutti questi documenti, il video di Ghent non esibiva personaggi storici, bensì un ragazzo, (D.T.) di bell'aspetto, visibilmente contrariato per un'erezione che non arriva malgrado le sollecitudini della partner, di cui nella prima versione si vedevano soltanto le mani. Si sentiva però la sua voce, molto vicina alla videocamera, ripetere la parola concentrati, con una sfumatura ironica che a molti sfuggiva (a Sirio no).
Benché nel video originale la parola concentrati non si udisse più di tre volte, alcune manipolazioni successive l'avevano trasformata in un mantra. Dieci anni dopo la pubblicazione del video, era ancora impossibile coniugare in pubblico il verbo "concentrarsi" senza stimolare negli ascoltatori un'associazione col video - e con le disfunzioni erettili in generale. I vocabolari raccomandavano di usare sinonimi. Sirio ricordava benissimo quando aveva iniziato ad alzare le mani sui compagni che gli dicevano concentrati. Seconda elementare.
(Questo pezzo partecipa alla Grande Gara degli Spunti! È uno sviluppo di La prima volta si fa davanti a tutti. Se vuoi provare a capirci qualcosa, leggi qui. Puoi anche controllare il tabellone).
Tutti i coetanei di Sirio avevano studiato di come l'eccezionalità del video di Ghent, in un primo momento, fosse consistita in questo: era il primo esempio documentato di revenge porn al femminile. I genitori del ragazzo D.T., oltre a chiederne il sequestro (un gesto inutile, ma dall'alto valore simbolico), avevano denunciato la 17enne Cassiopea Ree. Sostenevano che lo avesse pubblicato per punire D.T. di averla lasciata. Tutti i compagni di Sirio sapevano più o meno com'era andata a finire: durante il dibattimento i legali di Cassopea avevano dimostrato che
1. Il video era stato girato e condiviso da due persone consenzienti (una delle quali, D.T., aveva già compiuto la maggiore età), le quali non potevano non essere consapevoli del rischio che correvano.
2. Se Cassiopea era effettivamente stata la prima a far circolare un frammento del video, non aveva agito per ritorsione o ricatto, ma per reazione a una minaccia di D.T., che in seguito a uno screzio le aveva annunciato di volerne pubblicare un'altra versione. Cassiopea lo aveva semplicemente battuto in velocità. Si era trattato di autodifesa.
A questo punto i legali dei genitori avevano chiesto che fosse divulgato il video nella sua interezza, ai fini di "contestualizzare" la défaillance sessuale di D.T. Richiesta stravagante che il giudice probabilmente non avrebbe autorizzato - non fosse stata la stessa Cassiopea, a quel punto maggiorenne, ad acconsentire. La versione lunga in effetti riabilitava parzialmente il povero D.T., ma soprattutto rendeva Cassiopea una celebrità mondiale, proiettandola non verso la carriera cinematografica che molti le prospettavano, ma verso la politica. Quindici anni dopo l'eurodeputata Ree era tra le firmatarie del Sex Act Act, il disegno di legge che regolamentava la pubblicazione di "video giovanili amatoriali a contenuto esplicitamente sessuale". Tutti i coetanei di Sirio la stimavano come personaggio pubblico di specchiata onestà e profonda competenza. E tutti avevano visto almeno una volta nella vita quel video artigianale in cui ci dava dentro con la foga dei suoi 17 anni. Tutti.
Tranne Sirio Ree.
Il figlio di Cassiopea.
Se questo è il pezzo che vuoi salvare oggi, e Fiume 1920 quello che vuoi bocciare, apprestati ordunque a mettere Mi piace su facebook, o esprimerti nei commenti. Grazie per l'attenzione e arrivederci al prossimo spunto.
Benché nel video originale la parola concentrati non si udisse più di tre volte, alcune manipolazioni successive l'avevano trasformata in un mantra. Dieci anni dopo la pubblicazione del video, era ancora impossibile coniugare in pubblico il verbo "concentrarsi" senza stimolare negli ascoltatori un'associazione col video - e con le disfunzioni erettili in generale. I vocabolari raccomandavano di usare sinonimi. Sirio ricordava benissimo quando aveva iniziato ad alzare le mani sui compagni che gli dicevano concentrati. Seconda elementare.
(Questo pezzo partecipa alla Grande Gara degli Spunti! È uno sviluppo di La prima volta si fa davanti a tutti. Se vuoi provare a capirci qualcosa, leggi qui. Puoi anche controllare il tabellone).
Tutti i coetanei di Sirio avevano studiato di come l'eccezionalità del video di Ghent, in un primo momento, fosse consistita in questo: era il primo esempio documentato di revenge porn al femminile. I genitori del ragazzo D.T., oltre a chiederne il sequestro (un gesto inutile, ma dall'alto valore simbolico), avevano denunciato la 17enne Cassiopea Ree. Sostenevano che lo avesse pubblicato per punire D.T. di averla lasciata. Tutti i compagni di Sirio sapevano più o meno com'era andata a finire: durante il dibattimento i legali di Cassopea avevano dimostrato che
1. Il video era stato girato e condiviso da due persone consenzienti (una delle quali, D.T., aveva già compiuto la maggiore età), le quali non potevano non essere consapevoli del rischio che correvano.
2. Se Cassiopea era effettivamente stata la prima a far circolare un frammento del video, non aveva agito per ritorsione o ricatto, ma per reazione a una minaccia di D.T., che in seguito a uno screzio le aveva annunciato di volerne pubblicare un'altra versione. Cassiopea lo aveva semplicemente battuto in velocità. Si era trattato di autodifesa.
A questo punto i legali dei genitori avevano chiesto che fosse divulgato il video nella sua interezza, ai fini di "contestualizzare" la défaillance sessuale di D.T. Richiesta stravagante che il giudice probabilmente non avrebbe autorizzato - non fosse stata la stessa Cassiopea, a quel punto maggiorenne, ad acconsentire. La versione lunga in effetti riabilitava parzialmente il povero D.T., ma soprattutto rendeva Cassiopea una celebrità mondiale, proiettandola non verso la carriera cinematografica che molti le prospettavano, ma verso la politica. Quindici anni dopo l'eurodeputata Ree era tra le firmatarie del Sex Act Act, il disegno di legge che regolamentava la pubblicazione di "video giovanili amatoriali a contenuto esplicitamente sessuale". Tutti i coetanei di Sirio la stimavano come personaggio pubblico di specchiata onestà e profonda competenza. E tutti avevano visto almeno una volta nella vita quel video artigianale in cui ci dava dentro con la foga dei suoi 17 anni. Tutti.
Tranne Sirio Ree.
Il figlio di Cassiopea.
Se questo è il pezzo che vuoi salvare oggi, e Fiume 1920 quello che vuoi bocciare, apprestati ordunque a mettere Mi piace su facebook, o esprimerti nei commenti. Grazie per l'attenzione e arrivederci al prossimo spunto.
Comments (23)
Il ritorno alla terra, poema drammatico
19-08-2015, 11:46futurismi, La grande gara di spuntiPermalink
(Tra gli spunti ce n'è uno - Fiume 1920 - recuperato in una vecchia cartella di cui mi ero assolutamente dimenticato, buttato lì come tanti altri per far mucchio, e che invece risulta fin qui uno dei più votati. Sono un po' in pensiero perché anche se è una vicenda che ho studiato (meno di quanto meriterebbe), ormai non ne so più niente. E siccome per ora non ho niente di più da offrire, incollo un pezzo preso dal libro più venduto e meno antologizzato di F.T. Marinetti, Come si seducono le donne. È un testi del '16, dettato in trincea, che anche in edizione censurata spopolava tra gli ufficiali al fronte. Gente che sotto l'artiglieria si ripromette di tornare a casa con cicatrici non troppo sfiguranti e sdraiare nobildonne grazie ai futuristici consigli di FTM. Lo incollo qui per dare un po' l'idea del tono, della situazione. Cinque anni dopo FTM è a Fiume che continua a inseguire gonnelle senza requie).
Durante i tre anni che precedettero la conflagrazione generale, Parigi, che aveva riassunto e perfezionato in sé tutte le eleganze, tutte le raffinatezze, tutti i cerebralismi e tutte le esasperazioni erotiche, volle realmente spaccarsi l’enorme fronte luminosa contro la muraglia dell’impossibile.
Tutti i divertimenti, tutte le bizzarrie, tutti i capricci, tutti gli spettacoli realizzati, esauriti, vuotati. La mania letteraria femminile che aveva succeduto alla mania del bridge, giunse a delle forme snobistiche assolutamente pazzesche e cretine. Durante un pomeriggio in un salone politico consideratissimo fui costretto ad ascoltare venti declamatrici diverse.
(Questo pezzo partecipa alla Grande Gara degli Spunti! Se vuoi provare a capirci qualcosa, leggi qui. Puoi anche controllare il tabellone).
Una dama sessantenne leggeva una Notte di De Musset. Occhialetto tremante fra i nodi delle vecchie dita. Primavera stonata di una toilette rosalilla sul corporuderoattaccapanniombrello. Lingua stanca e bavosa fra i versi roventi. Disattenzione di tutti i cappelli piumati che bisbigliavano i loro affari senza preoccuparsi della declamatrice. Poi, un barbone biondo, pettinatissimo, in stiffelius, notaio o direttore di banca, cadenzava per dieci minuti degli alessandrini col gesto sempre eguale di un seminatore. Poi una signorina svenevole, piena di smorfie cinesi, parlava con una voce da passero, di una volontà che faceva rima con carità. Compassione generale. Nessuno ascoltava. Dalle tre fino alle otto e mezzo di sera. Ogni tanto interruzione: – bello! magnifico! interessante! Piccoli battiti febbrili dei ventagli richiusi contro gli anelli delle mani ridipinte. Mormorio di compiacimento falso. Gorgoglio di voci. Trotto di cretinerie banalissime. E si riprendeva: a non ascoltare.
Nella sala dei rinfreschi si sfogava un frastuono sincero di voci, di piatti e di appetiti. Tutti infatti, poeti, poetesse, bohémiens ripuliti, giornalisti, artiste, signore, attrici avevano fame di sandwiches, pasticcini, gelati e cioccolata dopo quel fiume nauseante di insipidità, e specialmente dopo le lunghe strade parigine affollatissime che avevano dovuto attraversare a piedi, in tram, in luccicantissime limousines; tra mille scossoni, sotto l’impulso del tempo che li spronava a fare ad ogni costo il più assoluto niente. Ritmo affannoso. I petti femminili smaniosi di trovarsi sempre nel punto di Parigi più alla moda, nel salotto più in vista, allo spettacolo più eccezionale. Tutte le bassezze per un invito!...
Ogni signora ha il suo giorno di ricevimento con qualche cosa di speciale. Lotta feroce dei diversi giorni della settimana! Il martedì della marchesa C pompa pneumaticamente i due terzi della curiosità parigina, ma è minacciato dal martedì della contessa D, e specialmente da quello della giovane e bellissima letterata Y, che lavora accanitamente ad accumulare quadri cubisti, poeti, futuristi, ballerini russi, giocolieri sudanesi e lancia su Parigi delle reti d’inviti nelle quali tutti i pesci vogliono assolutamente rilucere di un guizzante piacere cretino.
Io ero un numero ricercatissimo. Non si poteva vivere senza i miei versi liberi all’automobile da corsa, che spaccavano tonando l’atmosfera morfinizzata di quegli ambienti. Per curiosità psicologica e mediante un veloce automobile io riempivo di energia futurista quattro o cinque salotti alla moda in un solo pomeriggio. Conobbi così la signora Julie de Mercourt che incontravo dappertutto.
Biondissima, fragile, pallidissima, un ninnolo febbrile con dei subitanei languori nella voce e negli occhi come se si fosse tuffata nell’acqua calda di un ricordo erotico. La desiderai acutamente e l’inseguii. Le nostre velocità e le nostre onnipresenze erano parallele. Un giorno in un ascensore, presa di subitanea confidenza, mi parlò di malattia cardiaca e mi fece premere colla mano un piccolo seno bianchissimo scosso da un cuore troppo disordinato. Moglie di un architetto illustre che non conobbi mai, era smaniosa d’essere nominata in tutte le note mondane dei giornali, ma aveva evidentemente un’altra mania che io volli esplorare.
Fu felice di presentarmi nella casa di un industriale miliardario, nell’occasione di una festa che doveva sorpassare tutto ciò che si era inventato di più favolosamente strano e piccante. Tutte le limousines aristocratiche scoppianti di luccicori, fuga sferica di riflessi, esplosione molle di stoffe rosa neve fra i cristalli, ebano, lacca rossa, turchesi, tenerissimi gialli, ottone dei fanali, gridio schizzante di strilloni sull’asfalto pieno di raggi veloci: Kru-breee-breee breee, Krubree-bree.
Entriamo insieme. Vasto cortile quadrato. Tre pareti drappeggiate di bianco e verde; quella di fondo, evidentemente di un’altra casa e di un altro proprietario, trasudava di curiosi a tutte le finestre. Crescente polifonia di voci. Tutti i profumi corrotti dagli odori di troppi corpi femminili. Ambizione, irritazione di quattrocento cappelli, piume, garze, veli in rissa per emergere. Naufragio di gesti nudi. Palpitazione di gabbiani femminili fra una schiuma di ventagli. Caldo crescente. Interno di enorme conchiglia marina invasa metà dal sole di agosto. Non c’era più posto, ma la gente continuava ad entrare. Compenetrazione di gomiti nei fianchi. Barbe rosse, dorate, quadrate, a pizzo sfioravano globi di seni colorati come cirri al tramonto. Lunghi capelli grigiastri di vecchio decadente fra le scapole feroci di una scheletrita pianista bandeaux neri con una bocca forata dal rosso. Miscela di fiati. Ansare. Sarà molto interessante! Eccezionale! Il ritorno alla terra, poema drammatico... Non c’è palcoscenico! Una cosa assolutamente nuova! La divina Lettecot Livy sarà nuda! O quasi! Vestita di foglie!... I versi sono suoi! Nel centro vi sarà della terra, della vera terra!
La folla era infatti disposta, assiepatissima, tutta in cerchio, come in un’arena. Silenzio! Silenzio! A stento inoculati, la mia amica ed io formavamo una fusione unica. Lo spettacolo incominciava. Non si vedeva nulla. Dei pezzi di versi schizzavano fuori dal brusio che non poteva cessare data la ressa. Ad un tratto, fra il fogliame umano, vidi la celebre Livy rizzarsi tutta verde, e spargere intorno a sé col grasso braccio nudo, della terra nera. Poi, riempirsene la bocca. E finalmente gridare con irruenza drammaticissima: «Bisogna mangiare la terra! Nutrirsi, nutrirsi, nutrirsi di terra!... per non morire!»
Intanto una finestra si apriva al primo piano davanti a noi ed apparve una vasta portinaia francese una di quelle tipiche portinaie che presero tanta parte nelle battaglie tra inquilini Dreyfusisti e inquilini anti-Dreyfusisti. Aveva sotto l’ascella una lunga scopa, le larghe mani aperte sul ventre e ridendo a crepapelle, disse nel silenzio generale: Ah questa è grossa! Manicomio! Manicomio!... Tutti risero ma meno di me perché ero forse il solo a sentire la necessità urgente della conflagrazione generale. La mia amica mi guardò negli occhi, comprese e disse: «avete ragione di trovare tutto questo idiota... Dopo questo spettacolo non c’è altro che il diluvio».
Due voci flebili e smorfiose mi ronzavano nelle orecchie da dieci minuti. Scambio di parole tenere che rivelavano dei semi-contatti erotici simili a quelli che mi univano alla mia amica. Mi voltai e vidi un signore panciuto sessantenne che stringeva col braccio destro amorosamente un giovanetto oscenamente effeminato, guance a pastello, labbra enfiate di vecchia prostituta, occhi azzurri sciupati malaticci e paurosi sotto dei bellissimi capelli biondi.
Alla mia destra una notissima scrittrice, liquefatta da trenta anni di thè letterari, vasto seno-prua balordamente fasciato di velluto granata, oscillante alberatura di cappello estremoriente. Vicino sotto e sovente nascosta da lei una troppo fragile pupattola bionda (crema oro sorrisi di vetri fini) diceva a un banchiere biblico, calvo, che uncinava le donne (velieri o canotti) col naso arrugginito:
— Oh! io trovo che il denaro è un potente afrodisiaco. Il denaro è la più grande prova d’amore che un uomo può darci...
Era probabilmente fedele a quel suo palmipede bancario che le offriva con 100,000 franchi di toilette all’anno la delizia di vincere e di umiliare tutte le sue amiche. Preferiva indubbiamente un palpeggio di stoffe e una rivista di mannequins ad un ardente corpo a corpo col più seducente amante del cuore. Il banchiere rideva viscidamente di tanto in tanto offrendo ad ogni sorriso due lunghi denti d’oro al suo labbro inferiore ogni volta deluso.
Se tutto ciò ti seduce, almeno più di La prima volta si fa davanti a tutti, non ti resta che mettere Mi piace su facebook, o esprimervi nei commenti. Grazie per l'attenzione e arrivederci al prossimo spunto.
Durante i tre anni che precedettero la conflagrazione generale, Parigi, che aveva riassunto e perfezionato in sé tutte le eleganze, tutte le raffinatezze, tutti i cerebralismi e tutte le esasperazioni erotiche, volle realmente spaccarsi l’enorme fronte luminosa contro la muraglia dell’impossibile.
Tutti i divertimenti, tutte le bizzarrie, tutti i capricci, tutti gli spettacoli realizzati, esauriti, vuotati. La mania letteraria femminile che aveva succeduto alla mania del bridge, giunse a delle forme snobistiche assolutamente pazzesche e cretine. Durante un pomeriggio in un salone politico consideratissimo fui costretto ad ascoltare venti declamatrici diverse.
(Questo pezzo partecipa alla Grande Gara degli Spunti! Se vuoi provare a capirci qualcosa, leggi qui. Puoi anche controllare il tabellone).
Una dama sessantenne leggeva una Notte di De Musset. Occhialetto tremante fra i nodi delle vecchie dita. Primavera stonata di una toilette rosalilla sul corporuderoattaccapanniombrello. Lingua stanca e bavosa fra i versi roventi. Disattenzione di tutti i cappelli piumati che bisbigliavano i loro affari senza preoccuparsi della declamatrice. Poi, un barbone biondo, pettinatissimo, in stiffelius, notaio o direttore di banca, cadenzava per dieci minuti degli alessandrini col gesto sempre eguale di un seminatore. Poi una signorina svenevole, piena di smorfie cinesi, parlava con una voce da passero, di una volontà che faceva rima con carità. Compassione generale. Nessuno ascoltava. Dalle tre fino alle otto e mezzo di sera. Ogni tanto interruzione: – bello! magnifico! interessante! Piccoli battiti febbrili dei ventagli richiusi contro gli anelli delle mani ridipinte. Mormorio di compiacimento falso. Gorgoglio di voci. Trotto di cretinerie banalissime. E si riprendeva: a non ascoltare.
Nella sala dei rinfreschi si sfogava un frastuono sincero di voci, di piatti e di appetiti. Tutti infatti, poeti, poetesse, bohémiens ripuliti, giornalisti, artiste, signore, attrici avevano fame di sandwiches, pasticcini, gelati e cioccolata dopo quel fiume nauseante di insipidità, e specialmente dopo le lunghe strade parigine affollatissime che avevano dovuto attraversare a piedi, in tram, in luccicantissime limousines; tra mille scossoni, sotto l’impulso del tempo che li spronava a fare ad ogni costo il più assoluto niente. Ritmo affannoso. I petti femminili smaniosi di trovarsi sempre nel punto di Parigi più alla moda, nel salotto più in vista, allo spettacolo più eccezionale. Tutte le bassezze per un invito!...
Ogni signora ha il suo giorno di ricevimento con qualche cosa di speciale. Lotta feroce dei diversi giorni della settimana! Il martedì della marchesa C pompa pneumaticamente i due terzi della curiosità parigina, ma è minacciato dal martedì della contessa D, e specialmente da quello della giovane e bellissima letterata Y, che lavora accanitamente ad accumulare quadri cubisti, poeti, futuristi, ballerini russi, giocolieri sudanesi e lancia su Parigi delle reti d’inviti nelle quali tutti i pesci vogliono assolutamente rilucere di un guizzante piacere cretino.
Io ero un numero ricercatissimo. Non si poteva vivere senza i miei versi liberi all’automobile da corsa, che spaccavano tonando l’atmosfera morfinizzata di quegli ambienti. Per curiosità psicologica e mediante un veloce automobile io riempivo di energia futurista quattro o cinque salotti alla moda in un solo pomeriggio. Conobbi così la signora Julie de Mercourt che incontravo dappertutto.
Biondissima, fragile, pallidissima, un ninnolo febbrile con dei subitanei languori nella voce e negli occhi come se si fosse tuffata nell’acqua calda di un ricordo erotico. La desiderai acutamente e l’inseguii. Le nostre velocità e le nostre onnipresenze erano parallele. Un giorno in un ascensore, presa di subitanea confidenza, mi parlò di malattia cardiaca e mi fece premere colla mano un piccolo seno bianchissimo scosso da un cuore troppo disordinato. Moglie di un architetto illustre che non conobbi mai, era smaniosa d’essere nominata in tutte le note mondane dei giornali, ma aveva evidentemente un’altra mania che io volli esplorare.
Fu felice di presentarmi nella casa di un industriale miliardario, nell’occasione di una festa che doveva sorpassare tutto ciò che si era inventato di più favolosamente strano e piccante. Tutte le limousines aristocratiche scoppianti di luccicori, fuga sferica di riflessi, esplosione molle di stoffe rosa neve fra i cristalli, ebano, lacca rossa, turchesi, tenerissimi gialli, ottone dei fanali, gridio schizzante di strilloni sull’asfalto pieno di raggi veloci: Kru-breee-breee breee, Krubree-bree.
Entriamo insieme. Vasto cortile quadrato. Tre pareti drappeggiate di bianco e verde; quella di fondo, evidentemente di un’altra casa e di un altro proprietario, trasudava di curiosi a tutte le finestre. Crescente polifonia di voci. Tutti i profumi corrotti dagli odori di troppi corpi femminili. Ambizione, irritazione di quattrocento cappelli, piume, garze, veli in rissa per emergere. Naufragio di gesti nudi. Palpitazione di gabbiani femminili fra una schiuma di ventagli. Caldo crescente. Interno di enorme conchiglia marina invasa metà dal sole di agosto. Non c’era più posto, ma la gente continuava ad entrare. Compenetrazione di gomiti nei fianchi. Barbe rosse, dorate, quadrate, a pizzo sfioravano globi di seni colorati come cirri al tramonto. Lunghi capelli grigiastri di vecchio decadente fra le scapole feroci di una scheletrita pianista bandeaux neri con una bocca forata dal rosso. Miscela di fiati. Ansare. Sarà molto interessante! Eccezionale! Il ritorno alla terra, poema drammatico... Non c’è palcoscenico! Una cosa assolutamente nuova! La divina Lettecot Livy sarà nuda! O quasi! Vestita di foglie!... I versi sono suoi! Nel centro vi sarà della terra, della vera terra!
La folla era infatti disposta, assiepatissima, tutta in cerchio, come in un’arena. Silenzio! Silenzio! A stento inoculati, la mia amica ed io formavamo una fusione unica. Lo spettacolo incominciava. Non si vedeva nulla. Dei pezzi di versi schizzavano fuori dal brusio che non poteva cessare data la ressa. Ad un tratto, fra il fogliame umano, vidi la celebre Livy rizzarsi tutta verde, e spargere intorno a sé col grasso braccio nudo, della terra nera. Poi, riempirsene la bocca. E finalmente gridare con irruenza drammaticissima: «Bisogna mangiare la terra! Nutrirsi, nutrirsi, nutrirsi di terra!... per non morire!»
Intanto una finestra si apriva al primo piano davanti a noi ed apparve una vasta portinaia francese una di quelle tipiche portinaie che presero tanta parte nelle battaglie tra inquilini Dreyfusisti e inquilini anti-Dreyfusisti. Aveva sotto l’ascella una lunga scopa, le larghe mani aperte sul ventre e ridendo a crepapelle, disse nel silenzio generale: Ah questa è grossa! Manicomio! Manicomio!... Tutti risero ma meno di me perché ero forse il solo a sentire la necessità urgente della conflagrazione generale. La mia amica mi guardò negli occhi, comprese e disse: «avete ragione di trovare tutto questo idiota... Dopo questo spettacolo non c’è altro che il diluvio».
Due voci flebili e smorfiose mi ronzavano nelle orecchie da dieci minuti. Scambio di parole tenere che rivelavano dei semi-contatti erotici simili a quelli che mi univano alla mia amica. Mi voltai e vidi un signore panciuto sessantenne che stringeva col braccio destro amorosamente un giovanetto oscenamente effeminato, guance a pastello, labbra enfiate di vecchia prostituta, occhi azzurri sciupati malaticci e paurosi sotto dei bellissimi capelli biondi.
Alla mia destra una notissima scrittrice, liquefatta da trenta anni di thè letterari, vasto seno-prua balordamente fasciato di velluto granata, oscillante alberatura di cappello estremoriente. Vicino sotto e sovente nascosta da lei una troppo fragile pupattola bionda (crema oro sorrisi di vetri fini) diceva a un banchiere biblico, calvo, che uncinava le donne (velieri o canotti) col naso arrugginito:
— Oh! io trovo che il denaro è un potente afrodisiaco. Il denaro è la più grande prova d’amore che un uomo può darci...
Era probabilmente fedele a quel suo palmipede bancario che le offriva con 100,000 franchi di toilette all’anno la delizia di vincere e di umiliare tutte le sue amiche. Preferiva indubbiamente un palpeggio di stoffe e una rivista di mannequins ad un ardente corpo a corpo col più seducente amante del cuore. Il banchiere rideva viscidamente di tanto in tanto offrendo ad ogni sorriso due lunghi denti d’oro al suo labbro inferiore ogni volta deluso.
Se tutto ciò ti seduce, almeno più di La prima volta si fa davanti a tutti, non ti resta che mettere Mi piace su facebook, o esprimervi nei commenti. Grazie per l'attenzione e arrivederci al prossimo spunto.
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La schiava (io ce l'ho e tu no)
18-08-2015, 19:40La grande gara di spunti, raccontiPermalink
Potevano passare mesi interi senza un solo pensiero di angoscia. Mesi interi in cui passando davanti allo specchio dell'ingresso Biagio non vedeva che un cinquantenne soddisfatto, con una carriera avviata nel ramo immobiliare, un figlio che lo adorava, una compagna che lo amava, e una schiava rinchiusa nel secondo piano interrato di una palazzina sfitta, una piccola cosa pronta a precipitarsi ai suoi piedi appena la porta blindata si fosse aperta, alle due del pomeriggio nei feriali, e a qualsiasi ora nella notte, senza preavviso. In qualsiasi momento fosse arrivato laggiù, portando un po' di luce e cibo e amore, sapeva che Yris gli avrebbe fatto festa, non era un amore di cucciola? E lui non era il più fortunato degli uomini? Potevano passare mesi interi così.
(Questo pezzo partecipa alla Grande Gara degli Spunti! Se vuoi provare a capirci qualcosa, leggi qui. Puoi anche controllare il tabellone. Questo è un capitolo qualsiasi dalla Prigioniera nella torre).
L'angoscia arrivava a tradimento, di solito in seguito a un'interruzione della routine. Un incidente domestico o un imprevisto sul lavoro. Persino una rimpatriata coi compagni d'università, dalla quale Biagio si aspettava solo soddisfazioni. Alcuni dei suoi amici avevano avuto più fortuna di lui nella vita: avevano auto più grosse, mogli più belle e giovani, e parlavano di luoghi esotici dove Biagio mai sarebbe andato in vacanza; ma cos'era tutta quella volgare esibizione di fronte alla sua gloria segreta? Nessuno di quei coglioni era riuscito ad avere dalla vita quel che Biagio si era conquistato. Nessuno ci era andato nemmeno vicino. Ogni gioia che riuscivano a prendersi, Biagio lo sapeva, non era che un simulacro di quella che lo attendeva al buio ogni primo pomeriggio nei feriali. E per quel povero simulacro erano costretti anche a pagare! In regali alla partner, in contanti alle escort, in alimenti elle ex, in assegni agli analisti.
Quella sera, mentre si contavano a vicenda le rughe sulla fronte, e confrontavano le cilindrate, e prendevano appunti mentali sul prezzo delle vacanze altrui, Biagio si sentiva il cuore gonfio. Era il re del mondo e nessuno lo sapeva. Aveva solo il timore di sembrare troppo allegro, troppo su di giri - era sicuramente una paranoia, ma ad ogni buon conto si era messo a bere. Un ottimo espediente, già collaudato. Nessuno fa più caso a te quando bevi. Puoi esultare e gridare al mondo intero di essere un mostro - nessuno ti starà ad ascoltare.
L'angoscia lo prese al risveglio, in un parcheggio poco lontano da casa. Non doveva aver dormito più di una mezz'ora, ma era come se tornasse alla vita dopo cent'anni di incubo. Chi era? Marchesani Biagio, nato a *** il primo ottobre 1963. Era il titolare di un'agenzia immobiliare, un padre di famiglia e un mostro. Da sei anni teneva prigioniera una ragazza in un sotterraneo, e non c'era modo di risolvere la cosa. Prima o poi sarebbe scappata, e lui si sarebbe ucciso. Oppure.
Oppure sarebbe stato lui a ucciderla. C'era sempre stata questa possibilità. Si sarebbe sbarazzato del corpo in uno dei cento modi che si era immaginato in quegli anni. Acido muriatico. Sega circolare. Un'intercapedine del muro. Ma forse la soluzione migliore era la più semplice: sacchi neri, qualche mattone, e una gita notturna al porto. Nessuno l'avrebbe mai cercata in quei fondali. E nessuno sarebbe comunque risalito a lui. E allora cosa aspettava? Aveva già rischiato troppo, mettendo a repentaglio la felicità della sua famiglia. Doveva farlo il prima possibile. Poteva farlo anche in quel momento. La palazzina era a cinque minuti di distanza. Cosa aspettava?
Già. Cosa aspettava a tornare il povero coglione di sempre, circondato da gente con macchine più grosse e compagne più giovani?
C'erano notti in cui varcando quel cancello Biagio non sapeva, non credeva di sapere se andava a strangolare Yris o a piangerle in grembo. Nei fatti Yris era ancora viva, e lo aspettava alzata.
Se tutto questo ti solletica, almeno un po' di più di Tutto quel che sai è falso, non ti resta che mettere Mi piace su facebook, o esprimerti nei commenti. Grazie per l'attenzione e arrivederci al prossimo spunto.
(Questo pezzo partecipa alla Grande Gara degli Spunti! Se vuoi provare a capirci qualcosa, leggi qui. Puoi anche controllare il tabellone. Questo è un capitolo qualsiasi dalla Prigioniera nella torre).
L'angoscia arrivava a tradimento, di solito in seguito a un'interruzione della routine. Un incidente domestico o un imprevisto sul lavoro. Persino una rimpatriata coi compagni d'università, dalla quale Biagio si aspettava solo soddisfazioni. Alcuni dei suoi amici avevano avuto più fortuna di lui nella vita: avevano auto più grosse, mogli più belle e giovani, e parlavano di luoghi esotici dove Biagio mai sarebbe andato in vacanza; ma cos'era tutta quella volgare esibizione di fronte alla sua gloria segreta? Nessuno di quei coglioni era riuscito ad avere dalla vita quel che Biagio si era conquistato. Nessuno ci era andato nemmeno vicino. Ogni gioia che riuscivano a prendersi, Biagio lo sapeva, non era che un simulacro di quella che lo attendeva al buio ogni primo pomeriggio nei feriali. E per quel povero simulacro erano costretti anche a pagare! In regali alla partner, in contanti alle escort, in alimenti elle ex, in assegni agli analisti.
Quella sera, mentre si contavano a vicenda le rughe sulla fronte, e confrontavano le cilindrate, e prendevano appunti mentali sul prezzo delle vacanze altrui, Biagio si sentiva il cuore gonfio. Era il re del mondo e nessuno lo sapeva. Aveva solo il timore di sembrare troppo allegro, troppo su di giri - era sicuramente una paranoia, ma ad ogni buon conto si era messo a bere. Un ottimo espediente, già collaudato. Nessuno fa più caso a te quando bevi. Puoi esultare e gridare al mondo intero di essere un mostro - nessuno ti starà ad ascoltare.
L'angoscia lo prese al risveglio, in un parcheggio poco lontano da casa. Non doveva aver dormito più di una mezz'ora, ma era come se tornasse alla vita dopo cent'anni di incubo. Chi era? Marchesani Biagio, nato a *** il primo ottobre 1963. Era il titolare di un'agenzia immobiliare, un padre di famiglia e un mostro. Da sei anni teneva prigioniera una ragazza in un sotterraneo, e non c'era modo di risolvere la cosa. Prima o poi sarebbe scappata, e lui si sarebbe ucciso. Oppure.
Oppure sarebbe stato lui a ucciderla. C'era sempre stata questa possibilità. Si sarebbe sbarazzato del corpo in uno dei cento modi che si era immaginato in quegli anni. Acido muriatico. Sega circolare. Un'intercapedine del muro. Ma forse la soluzione migliore era la più semplice: sacchi neri, qualche mattone, e una gita notturna al porto. Nessuno l'avrebbe mai cercata in quei fondali. E nessuno sarebbe comunque risalito a lui. E allora cosa aspettava? Aveva già rischiato troppo, mettendo a repentaglio la felicità della sua famiglia. Doveva farlo il prima possibile. Poteva farlo anche in quel momento. La palazzina era a cinque minuti di distanza. Cosa aspettava?
Già. Cosa aspettava a tornare il povero coglione di sempre, circondato da gente con macchine più grosse e compagne più giovani?
C'erano notti in cui varcando quel cancello Biagio non sapeva, non credeva di sapere se andava a strangolare Yris o a piangerle in grembo. Nei fatti Yris era ancora viva, e lo aspettava alzata.
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I falsi miti del regresso (appunti)
18-08-2015, 11:43complotti, crisi? che crisi?, Euro, La grande gara di spuntiPermalink
Gli abitanti di quella porzione occidentale del mondo, all'inizio del XXI secolo, assistevano con vari gradi di consapevolezza a due enormi cambiamenti, che visti da vicino potevano sembrare di proporzioni apocalittiche: la globalizzazione economica e il riscaldamento globale. Fenomeni complessi, che oggi si liquidano in un paio di paragrafi sul manuale.
Nel 1990 il crollo del blocco sovietico aveva accelerato un processo di globalizzazione già in corso: se in quel momento molti in occidente esultarono per la fine della Guerra Fredda e l'apertura di nuove rotte commerciali, il modo in cui la globalizzazione si fece davvero sentire nei trent'anni successivi fu il crollo del costo del lavoro. A quel punto un terzo della popolazione mondiale era indiano o cinese; ed era disposto a lavorare per meno di un decimo del salario di un operaio francese o tedesco; e sarebbe stato così per un altro mezzo secolo. Questo portò i partiti tradizionali di sinistra alla crisi irreversibile, ironia della sorte, proprio nel momento di massimo splendore del Partito Comunista Cinese. Molti diventarono protezionisti: si opposero con forza a ogni progetto di accordo internazionale sul commercio. La "globalizzazione" diventò un'entità ostile, che si immaginava pilotata da lobbies di milionari, speculatori, "neoliberisti". Fin qui era facile capire la dinamica del mito. Nasceva a sinistra come racconto consolatorio, si prestava a supporto di un progetto di riposizionamento: i leader delle sinistre occidentali avevano tutti gli elementi per capire che in un mondo di sette miliardi di abitanti il dumping salariale avrebbe distrutto le classi medie, ma qualcosa dovevano pure raccontare ai loro elettori, mentre li traghettavano verso posizioni protezionistiche o reazionarie.
(Questo pezzo partecipa alla Grande Gara degli Spunti! Se vuoi provare a capirci qualcosa, leggi qui. Puoi anche controllare il tabellone. Questi sono appunti sulla traccia di Tutto quel che sai è vero!) (Poi li metto a posto meglio). (Ci faccio dei dialoghi). (Non sarà così noioso, prometto).
A un certo punto aveva preso un improvviso vigore una vecchia idea fino a quel momento circolante soltanto in qualche circolo di destra: il sovranismo monetario. Gli studiosi del secolo successivo, con larghe dosi di senno del poi, accusano spesso gli artefici dell'unione monetaria europea di non aver calcolato il "contraccolpo emotivo" dell'euro: non si dà una valuta nuova in mano a centinaia di milioni di persone senza aspettarsene uno. Nei 20 successivi l'euro divenne, nella cultura popolare, la causa di tutte le crisi. I suoi vantaggi furono minimizzati, gli svantaggi magnificati: nel frattempo le burocrazie al potere, spaventate dall'idea che l'unione potesse implodere, terrorizzavano gli elettori prospettando vere e proprie catastrofi nel caso un Paese volesse rinunciare all'euro e tornare a una divisa nazionale. La religione del signoraggio nasce in questa temperie.
La situazione sarebbe già stata caotica anche se nel frattempo l'atmosfera non avesse iniziato a scaldarsi. Del negazionismo relativo al riscaldamento globale, nella mia tesi, non avevo intenzione di parlare se non per sommi capi: era un argomento talmente famoso e sviscerato che non intendevo andare oltre i due o tre riferimenti biografici più noti. Si trattava del fenomeno di negazionismo più conosciuto e studiato: si sapeva che era stato finanziato dalle multinazionali criminalmente interessate a perpetuare lo status quo - in primis le compagnie petrolifere - e abbracciato acriticamente dai conservatori di tutto l'occidente. Verso il 2010 però era chiaro anche a loro che il mondo si stava scaldando. Doveva sentirsi in giro una gran necessità di miti consolatori; quello delle scie chimiche non era poi un granché, ma sempre meglio di niente. La cosa curiosa è che il mito era fiorito in qualche oscuro modo intorno a una tecnologia realmente esistente - il cloud seeding - che anche se in quegli anni sembrava passato in secondo piano, rappresentava comunque una speranza: se il clima era davvero modificabile su larga scala, perché non modificarlo per il meglio?
Entrambi i miti (il signoraggio e le scie chimiche) emergevano come risposta semplice, rassicurante, a problemi complessi: contro il dumping globale di miliardi di lavoratori sottopagati, era sufficiente chiudere le dogane e stampare cartamoneta. Contro il riscaldamento globale, era sufficiente localizzare gli aeroplani che irroravano le scie riscaldanti. Come ci aveva detto il prof. Arci: il mito è la storia che racconti al bambino quando hai fretta o sonno. Perché fa sempre più caldo? figliolo, la rivoluzione industriale, la sovrappopolazione... papà, ti ho chiesto perché fa sempre più caldo. Ci sono uomini cattivi che ci scaldano il cielo. Ah, ok.
Se l'argomento ti interessa, almeno più della Prigioniera della torre, non ti resta che mettere Mi piace su facebook, o esprimervi nei commenti. Grazie per l'attenzione e arrivederci al prossimo spunto.
Nel 1990 il crollo del blocco sovietico aveva accelerato un processo di globalizzazione già in corso: se in quel momento molti in occidente esultarono per la fine della Guerra Fredda e l'apertura di nuove rotte commerciali, il modo in cui la globalizzazione si fece davvero sentire nei trent'anni successivi fu il crollo del costo del lavoro. A quel punto un terzo della popolazione mondiale era indiano o cinese; ed era disposto a lavorare per meno di un decimo del salario di un operaio francese o tedesco; e sarebbe stato così per un altro mezzo secolo. Questo portò i partiti tradizionali di sinistra alla crisi irreversibile, ironia della sorte, proprio nel momento di massimo splendore del Partito Comunista Cinese. Molti diventarono protezionisti: si opposero con forza a ogni progetto di accordo internazionale sul commercio. La "globalizzazione" diventò un'entità ostile, che si immaginava pilotata da lobbies di milionari, speculatori, "neoliberisti". Fin qui era facile capire la dinamica del mito. Nasceva a sinistra come racconto consolatorio, si prestava a supporto di un progetto di riposizionamento: i leader delle sinistre occidentali avevano tutti gli elementi per capire che in un mondo di sette miliardi di abitanti il dumping salariale avrebbe distrutto le classi medie, ma qualcosa dovevano pure raccontare ai loro elettori, mentre li traghettavano verso posizioni protezionistiche o reazionarie.
(Questo pezzo partecipa alla Grande Gara degli Spunti! Se vuoi provare a capirci qualcosa, leggi qui. Puoi anche controllare il tabellone. Questi sono appunti sulla traccia di Tutto quel che sai è vero!) (Poi li metto a posto meglio). (Ci faccio dei dialoghi). (Non sarà così noioso, prometto).
A un certo punto aveva preso un improvviso vigore una vecchia idea fino a quel momento circolante soltanto in qualche circolo di destra: il sovranismo monetario. Gli studiosi del secolo successivo, con larghe dosi di senno del poi, accusano spesso gli artefici dell'unione monetaria europea di non aver calcolato il "contraccolpo emotivo" dell'euro: non si dà una valuta nuova in mano a centinaia di milioni di persone senza aspettarsene uno. Nei 20 successivi l'euro divenne, nella cultura popolare, la causa di tutte le crisi. I suoi vantaggi furono minimizzati, gli svantaggi magnificati: nel frattempo le burocrazie al potere, spaventate dall'idea che l'unione potesse implodere, terrorizzavano gli elettori prospettando vere e proprie catastrofi nel caso un Paese volesse rinunciare all'euro e tornare a una divisa nazionale. La religione del signoraggio nasce in questa temperie.
La situazione sarebbe già stata caotica anche se nel frattempo l'atmosfera non avesse iniziato a scaldarsi. Del negazionismo relativo al riscaldamento globale, nella mia tesi, non avevo intenzione di parlare se non per sommi capi: era un argomento talmente famoso e sviscerato che non intendevo andare oltre i due o tre riferimenti biografici più noti. Si trattava del fenomeno di negazionismo più conosciuto e studiato: si sapeva che era stato finanziato dalle multinazionali criminalmente interessate a perpetuare lo status quo - in primis le compagnie petrolifere - e abbracciato acriticamente dai conservatori di tutto l'occidente. Verso il 2010 però era chiaro anche a loro che il mondo si stava scaldando. Doveva sentirsi in giro una gran necessità di miti consolatori; quello delle scie chimiche non era poi un granché, ma sempre meglio di niente. La cosa curiosa è che il mito era fiorito in qualche oscuro modo intorno a una tecnologia realmente esistente - il cloud seeding - che anche se in quegli anni sembrava passato in secondo piano, rappresentava comunque una speranza: se il clima era davvero modificabile su larga scala, perché non modificarlo per il meglio?
Entrambi i miti (il signoraggio e le scie chimiche) emergevano come risposta semplice, rassicurante, a problemi complessi: contro il dumping globale di miliardi di lavoratori sottopagati, era sufficiente chiudere le dogane e stampare cartamoneta. Contro il riscaldamento globale, era sufficiente localizzare gli aeroplani che irroravano le scie riscaldanti. Come ci aveva detto il prof. Arci: il mito è la storia che racconti al bambino quando hai fretta o sonno. Perché fa sempre più caldo? figliolo, la rivoluzione industriale, la sovrappopolazione... papà, ti ho chiesto perché fa sempre più caldo. Ci sono uomini cattivi che ci scaldano il cielo. Ah, ok.
Se l'argomento ti interessa, almeno più della Prigioniera della torre, non ti resta che mettere Mi piace su facebook, o esprimervi nei commenti. Grazie per l'attenzione e arrivederci al prossimo spunto.
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La miscellanea del sesto volume
17-08-2015, 20:03amici, autoreferenziali, La grande gara di spuntiPermalink
Ho un problema coi vecchi amici. Non li chiamo mai. Me li immagino sempre appollaiati sul mio passato. In realtà hanno una vita anche loro, un presente, rate di mutuo, pannolini da cambiare. Mi piacerebbe incontrarli oggi per la prima volta, ho l'impressione che diventeremmo amici. Ma li ho incontrati da giovane ed ero un deficiente. E loro lo sanno.
Io so che lo sanno.
“Pronto”
“Ehilà Ognibene, son Traldi”.
“Traldi, ehi, ciao!”
“Oh come butta vecchio”.
“Traldi guarda, adesso come adesso posso solo risponderti in monosillabi mentre davanti agli occhi mi scorre il film del campeggio all'Isola d'Elba del 1992 quando la dissenteria mi tradì nel sacco a pelo”.
“Maddai, cosa mi fai venire in mente”.
“Traldi sei un cattivo bugiardo, ancorché pietoso, e io so che quella chiazza marron è il primo ricordo che tu hai di me, dovessi vivere cent'anni e conquistare la Kamchatka a mani nude, per te io sarò sempre quella chiazza marron”.
“Ma piantala, Chiazza... ehm, volevo dire Ognibono”.
“Ognibene”.
“Sai che io dipingo, no, faccio una vernice in Pomposa, volevo invitarti”.
“Roba astratta?”
“Sì, campiture di colori un po' spenti... color terra, hai presente”.
“E hai pensato subito a me”.
Clic.
(Questo pezzo partecipa alla Grande Gara degli Spunti! Se vuoi provare a capirci qualcosa, leggi qui. Puoi anche controllare il tabellone. Dovrebbe essere il seguito di Capodanno). (In un qualche modo). (Mi avete segato lo spunto su Genova). (Fascisti).
Mi avevano raccontato da bambino che non è così, che del passato si ricordano soltanto le cose belle, la Centoventisei (un tombino semovente), il primo bacio (sapeva di lumaca), cose del genere. Magari per gli altri è così, magari si ricordano di quanto ero simpatico, alla buona, abbastanza corretto, se solo mi fossi fermato più spesso a sparecchiare alle feste. E poi ci sono tutte le cose che ho scritto. Se solo ci penso impazzisco.
“Ma mi sbaglio o costui è Ognibene? Ma che bella sorpresa!”
“Sì, beh, speravo di non disturbarti”.
“Non mi disturbi affatto, ma perché vesti una calzamaglia nera e hai il carbone sulla faccia e sei entrato da un lucernario nel mio solaio senza suonare il campanello?”
“Storia lunga. Senti, già che sei qui, non è che per caso ti ricordi dove tieni le mie lettere, sai, quelle che ti ho scritto nel Novantacinque quando...”
“Oh mi dispiace Ognibene le ho buttate tutte le tue lettere, è un problema?”
“Come le hai buttate, scusa”.
“Non credo sia un problema, no? Le scrivevi in duplice copia, mi par di ricordare”.
“Sì, ma non è quello che pensi, io in effetti ero venuto a distruggerle, ciò non toglie che, ma senti, perché non parliamo d'altro?”
“Ok, pensavo a te giusto l'altro giorno, ti ricordi quella volta che tu volevi assolutamente che ci rimettessimo assieme e alla quinta telefonata io ti dissi che mercoledì andavo a Londra, e quando atterrai a Heathrow tu eri lì già da un giorno pronto ad aiutarmi col bagaglio, ti ricordi?”
“Ero un po' troppo romantico a quei tempi”.
“Beh ma lo sai che al giorno d'oggi una cosa del genere va nel penale? Cioè un'incriminazione per stalking non te la levava nessuno”.
“Sì. Va bene”.
“Giusto per dire come cambia il mondo, no?”
“Sì. Ricevuto. Ero un deficiente. Se ora mi vuoi scusare...”
“Sul serio volevi distruggere le lettere?”
“Intanto le facevo sparire, poi magari a casa davo un'occhiata, perché certe cose, per esempio secondo me in quegli anni sbagliavo regolarmente gli accenti su alcune parole, e inoltre...”
“Sei sempre tu”.
“No sono molto cambiato”.
“Tu pensi ancora al meridiano”.
“Eh?”
“Al meridiano di tutte le tue opere, tu ci pensi ancora, sei qui perché non vuoi che alcune missive inopportune finiscano nella miscellanea del sesto volume”.
“Tu sei matta. Comunque non avrebbe mai funzionato, tra noi. Addio”.
“Ti ho mollato io, Ognibene”.
“Se è quello che preferisci pensare”.
“Se le trovo te le spedisco, ok?”
“Come sarebbe a dire, vuoi dire che non sai se le hai distrutte o no?”
“Senti ho fatto due traslochi e ho avuto carteggi con tre scrittori importanti”.
“Non osare mettermi in un elenco col dottor Merda, quel bavoso...”
“Tu non sei nessuno dei tre, Ognibene”.
“Sì, ok. Va bene”.
“Senti, vuoi scendere? Ho fatto la torta salata. Ti presento i bambini”.
“No è meglio che vado”.
“Allora alla prossima”.
“Alla prossima”.
“In cui tu suoni al campanello”.
“Sì”.
“Perché se ti infili un'altra volta dal lucernario io chiamo i carabinieri”.
“Senti lo so, lo so che ho giurato che non ti avrei mai più fatto questa domanda, però...”
“Sì ti ho voluto bene”.
“Grazie”.
“Ma chi era?”
“Ma niente un mio ex dell'università, un po' spostato, ogni tanto mi entra nel solaio”.
“È lo scrittore?”
“Noo, è... è Ognibene, lui... scrive anche lui in effetti, ma non ha mai pubblicato dei veri libri, credo che tenga soprattutto alla gloria post mortem”.
“Certo che te li cercavi col lumicino, in facoltà”.
“Ti giuro, erano tutti così. Com'è la torta?”
Se sul serio volete insistere su questa china insopportabile, che contro Genova non doveva avere speranze, dovete mettere Mi piace su facebook, o esprimervi nei commenti. Grazie per l'attenzione e arrivederci al prossimo spunto.
Io so che lo sanno.
“Pronto”
“Ehilà Ognibene, son Traldi”.
“Traldi, ehi, ciao!”
“Oh come butta vecchio”.
“Traldi guarda, adesso come adesso posso solo risponderti in monosillabi mentre davanti agli occhi mi scorre il film del campeggio all'Isola d'Elba del 1992 quando la dissenteria mi tradì nel sacco a pelo”.
“Maddai, cosa mi fai venire in mente”.
“Traldi sei un cattivo bugiardo, ancorché pietoso, e io so che quella chiazza marron è il primo ricordo che tu hai di me, dovessi vivere cent'anni e conquistare la Kamchatka a mani nude, per te io sarò sempre quella chiazza marron”.
“Ma piantala, Chiazza... ehm, volevo dire Ognibono”.
“Ognibene”.
“Sai che io dipingo, no, faccio una vernice in Pomposa, volevo invitarti”.
“Roba astratta?”
“Sì, campiture di colori un po' spenti... color terra, hai presente”.
“E hai pensato subito a me”.
Clic.
(Questo pezzo partecipa alla Grande Gara degli Spunti! Se vuoi provare a capirci qualcosa, leggi qui. Puoi anche controllare il tabellone. Dovrebbe essere il seguito di Capodanno). (In un qualche modo). (Mi avete segato lo spunto su Genova). (Fascisti).
Mi avevano raccontato da bambino che non è così, che del passato si ricordano soltanto le cose belle, la Centoventisei (un tombino semovente), il primo bacio (sapeva di lumaca), cose del genere. Magari per gli altri è così, magari si ricordano di quanto ero simpatico, alla buona, abbastanza corretto, se solo mi fossi fermato più spesso a sparecchiare alle feste. E poi ci sono tutte le cose che ho scritto. Se solo ci penso impazzisco.
“Ma mi sbaglio o costui è Ognibene? Ma che bella sorpresa!”
“Sì, beh, speravo di non disturbarti”.
“Non mi disturbi affatto, ma perché vesti una calzamaglia nera e hai il carbone sulla faccia e sei entrato da un lucernario nel mio solaio senza suonare il campanello?”
“Storia lunga. Senti, già che sei qui, non è che per caso ti ricordi dove tieni le mie lettere, sai, quelle che ti ho scritto nel Novantacinque quando...”
“Oh mi dispiace Ognibene le ho buttate tutte le tue lettere, è un problema?”
“Come le hai buttate, scusa”.
“Non credo sia un problema, no? Le scrivevi in duplice copia, mi par di ricordare”.
“Sì, ma non è quello che pensi, io in effetti ero venuto a distruggerle, ciò non toglie che, ma senti, perché non parliamo d'altro?”
“Ok, pensavo a te giusto l'altro giorno, ti ricordi quella volta che tu volevi assolutamente che ci rimettessimo assieme e alla quinta telefonata io ti dissi che mercoledì andavo a Londra, e quando atterrai a Heathrow tu eri lì già da un giorno pronto ad aiutarmi col bagaglio, ti ricordi?”
“Ero un po' troppo romantico a quei tempi”.
“Beh ma lo sai che al giorno d'oggi una cosa del genere va nel penale? Cioè un'incriminazione per stalking non te la levava nessuno”.
“Sì. Va bene”.
“Giusto per dire come cambia il mondo, no?”
“Sì. Ricevuto. Ero un deficiente. Se ora mi vuoi scusare...”
“Sul serio volevi distruggere le lettere?”
“Intanto le facevo sparire, poi magari a casa davo un'occhiata, perché certe cose, per esempio secondo me in quegli anni sbagliavo regolarmente gli accenti su alcune parole, e inoltre...”
“Sei sempre tu”.
“No sono molto cambiato”.
“Tu pensi ancora al meridiano”.
“Eh?”
“Al meridiano di tutte le tue opere, tu ci pensi ancora, sei qui perché non vuoi che alcune missive inopportune finiscano nella miscellanea del sesto volume”.
“Tu sei matta. Comunque non avrebbe mai funzionato, tra noi. Addio”.
“Ti ho mollato io, Ognibene”.
“Se è quello che preferisci pensare”.
“Se le trovo te le spedisco, ok?”
“Come sarebbe a dire, vuoi dire che non sai se le hai distrutte o no?”
“Senti ho fatto due traslochi e ho avuto carteggi con tre scrittori importanti”.
“Non osare mettermi in un elenco col dottor Merda, quel bavoso...”
“Tu non sei nessuno dei tre, Ognibene”.
“Sì, ok. Va bene”.
“Senti, vuoi scendere? Ho fatto la torta salata. Ti presento i bambini”.
“No è meglio che vado”.
“Allora alla prossima”.
“Alla prossima”.
“In cui tu suoni al campanello”.
“Sì”.
“Perché se ti infili un'altra volta dal lucernario io chiamo i carabinieri”.
“Senti lo so, lo so che ho giurato che non ti avrei mai più fatto questa domanda, però...”
“Sì ti ho voluto bene”.
“Grazie”.
“Ma chi era?”
“Ma niente un mio ex dell'università, un po' spostato, ogni tanto mi entra nel solaio”.
“È lo scrittore?”
“Noo, è... è Ognibene, lui... scrive anche lui in effetti, ma non ha mai pubblicato dei veri libri, credo che tenga soprattutto alla gloria post mortem”.
“Certo che te li cercavi col lumicino, in facoltà”.
“Ti giuro, erano tutti così. Com'è la torta?”
Se sul serio volete insistere su questa china insopportabile, che contro Genova non doveva avere speranze, dovete mettere Mi piace su facebook, o esprimervi nei commenti. Grazie per l'attenzione e arrivederci al prossimo spunto.
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Lo spaziotempo in aramaico
17-08-2015, 13:34cristianesimo, Cristo, La grande gara di spuntiPermalink
Era un piccoletto. Aveva una fronte ampia e un occhio furbo, e monete troppo lisce nella sacca. Era insomma una spia dei Romani, e non si dava nemmeno troppa pena di negarlo.
Quanto a me, ne avevo avuto abbastanza di queste stronzate. Con quel po' di argento messo da parte avevo aperto un'attività ad Arimatea, giusto un banchetto. Prestavo a un buon tasso, accettavo pegni, ma non raccoglievo imposte. Troppo rischioso. Non volevo dare nell'occhio e fino a quel momento credevo di esserci riuscito. Ma il piccoletto aveva un accento strano e nell'occhio la luce di chi ha trovato il suo uomo.
"Sei ebreo?"
Si finse sorpreso prima di rispondermi. "Se sono qui..."
"Non vuol dire niente. Io presto anche ai gentili".
(Questo pezzo è il seguito di Gesù è il mio crononauta e partecipa alla Grande Gara degli Spunti! Se vuoi provare a capirci qualcosa, leggi qui. Puoi anche controllare il tabellone).
"E allora perché me lo chiedi?"
"Hai un accento curioso. Da dove vieni?"
"Dalla Cilicia".
"E fin qui sei arrivato, prima di trovare qualcuno disposto a prestarti denaro?"
Affettò un sorriso. "Non cerco esattamente denaro".
"Allora sei nel posto sbagliato".
"Ne ho più di quanto me ne serva".
"Buon per te, ma sei nel posto sbagliato".
"Cerco una persona".
"Sei nel posto sbagliato".
"Giuda, si chiama".
"Buona fortuna, siamo in Giudea".
"Iscariota".
D'istinto lo avrei preso per il collo e appeso al muro, intimandogli di non ripetere mai più quel nome. Ma se era una spia dei Romani torcergli un capello mi sarebbe costato molto più caro di quanto potessi sostenere in quel momento. Così rimasi a sentire la mia lingua che diceva:
"Quell'uomo è morto impiccato".
"Così dicono".
"Io peraltro non lo conoscevo".
"Certo".
"Fu qualche anno fa, la sera in cui Romani crocifissero..."
"Quel tipo di Nazareth".
"Certo che in Cilicia ne sapete di cose".
"Ci teniamo informati. Per esempio, so che il corpo non è mai stato trovato".
"Trafugato dalla tomba, dicono. Ma i suoi discepoli vanno dicendo in giro che è risuscitato dai morti e..."
"Non mi riferivo al nazareno".
"Ah no?"
"Ma all'Iscariota. Secondo alcuni non si è impiccato affatto".
"Ah sì?"
"Secondo alcuni coi soldi del sinedrio ha messo su un banchetto da usuraio ad Arimatea".
"Dunque i Romani sanno questo".
"I Romani sanno tutto".
"E allora che altro vogliono da me? Io sto filando dritto".
"C'è qualcosa che non torna. Tu hai fatto tradito il tuo amico, per una certa somma in argento".
"Non era mio amico".
"Il sinedrio dice di non averti pagato".
"E voi gli credete? Avranno usato fondi in nero..."
"Dicono che i soldi te li avrebbe dati lo stesso Gesù".
"Ne ho abbastanza di queste stronzate".
"Ti ha davvero pagato perché tu lo tradissi?"
"Non posso spiegarti".
"Credo che dovresti sforzarti".
"E certo, spiegare lo spaziotempo in aramaico a un tizio del primo secolo dopo Cristo, che ci vuole".
"Cos'è il primo secolo dopo Cristo?"
"Partiamo bene".
Se volete continuare a dare speranza a questa idea poco originale che mi era venuta e che avrebbe dovuto perdere facile contro David Bowie venuto dal futuro, dovete mettere Mi piace su facebook, o esprimervi nei commenti.
Quanto a me, ne avevo avuto abbastanza di queste stronzate. Con quel po' di argento messo da parte avevo aperto un'attività ad Arimatea, giusto un banchetto. Prestavo a un buon tasso, accettavo pegni, ma non raccoglievo imposte. Troppo rischioso. Non volevo dare nell'occhio e fino a quel momento credevo di esserci riuscito. Ma il piccoletto aveva un accento strano e nell'occhio la luce di chi ha trovato il suo uomo.
"Sei ebreo?"
Si finse sorpreso prima di rispondermi. "Se sono qui..."
"Non vuol dire niente. Io presto anche ai gentili".
(Questo pezzo è il seguito di Gesù è il mio crononauta e partecipa alla Grande Gara degli Spunti! Se vuoi provare a capirci qualcosa, leggi qui. Puoi anche controllare il tabellone).
"E allora perché me lo chiedi?"
"Hai un accento curioso. Da dove vieni?"
"Dalla Cilicia".
"E fin qui sei arrivato, prima di trovare qualcuno disposto a prestarti denaro?"
Affettò un sorriso. "Non cerco esattamente denaro".
"Allora sei nel posto sbagliato".
"Ne ho più di quanto me ne serva".
"Buon per te, ma sei nel posto sbagliato".
"Cerco una persona".
"Sei nel posto sbagliato".
"Giuda, si chiama".
"Buona fortuna, siamo in Giudea".
"Iscariota".
D'istinto lo avrei preso per il collo e appeso al muro, intimandogli di non ripetere mai più quel nome. Ma se era una spia dei Romani torcergli un capello mi sarebbe costato molto più caro di quanto potessi sostenere in quel momento. Così rimasi a sentire la mia lingua che diceva:
"Quell'uomo è morto impiccato".
"Così dicono".
"Io peraltro non lo conoscevo".
"Certo".
"Fu qualche anno fa, la sera in cui Romani crocifissero..."
"Quel tipo di Nazareth".
"Certo che in Cilicia ne sapete di cose".
"Ci teniamo informati. Per esempio, so che il corpo non è mai stato trovato".
"Trafugato dalla tomba, dicono. Ma i suoi discepoli vanno dicendo in giro che è risuscitato dai morti e..."
"Non mi riferivo al nazareno".
"Ah no?"
"Ma all'Iscariota. Secondo alcuni non si è impiccato affatto".
"Ah sì?"
"Secondo alcuni coi soldi del sinedrio ha messo su un banchetto da usuraio ad Arimatea".
"Dunque i Romani sanno questo".
"I Romani sanno tutto".
"E allora che altro vogliono da me? Io sto filando dritto".
"C'è qualcosa che non torna. Tu hai fatto tradito il tuo amico, per una certa somma in argento".
"Non era mio amico".
"Il sinedrio dice di non averti pagato".
"E voi gli credete? Avranno usato fondi in nero..."
"Dicono che i soldi te li avrebbe dati lo stesso Gesù".
"Ne ho abbastanza di queste stronzate".
"Ti ha davvero pagato perché tu lo tradissi?"
"Non posso spiegarti".
"Credo che dovresti sforzarti".
"E certo, spiegare lo spaziotempo in aramaico a un tizio del primo secolo dopo Cristo, che ci vuole".
"Cos'è il primo secolo dopo Cristo?"
"Partiamo bene".
Se volete continuare a dare speranza a questa idea poco originale che mi era venuta e che avrebbe dovuto perdere facile contro David Bowie venuto dal futuro, dovete mettere Mi piace su facebook, o esprimervi nei commenti.
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GLI OTTAVI DI FINALE DEGLI SPUNTI
17-08-2015, 08:32La grande gara di spuntiPermalinkE così i sedicesimi se ne sono andati, e con loro - temo - molti spunti promettenti. Ho rifatto un tabellone che forse è comprensibile anche da qui. Come vedete non ci sono ancora i risultati di tutti i sedicesimi: anche se vi avevo detto che la scadenza per votare era ieri, non ho i mezzi tecnici per controllare (ho anche poca voglia di farlo), e quindi fino al 19 agosto potete continuare a votare per Claudio, Fiume o gli altri, e così via.
Da oggi cominciano gli ottavi. Alcune precisazioni abbastanza importanti.
- Entro sera se tutto fila liscio verranno pubblicati due post sui due spunti in gara. Per votare uno dei due (o anche tutti e due) occorre come sempre segnalarli su facebook o esprimere la propria preferenza nei commenti. Se fate entrambe le cose può darsi che diate due voti invece che uno.
- Ho notato che raccogliere le preferenze su twitter è molto più macchinoso. Quindi, se ci tenete davvero a dare il vostro voto, meglio usare fb o i commenti.
- Mi raccomando: se volete sostenere i vostri spunti preferiti agli ottavi, dovete farlo commentando o condividendo i post che escono a partire da oggi, non quelli vecchi.
Tutto chiaro? Più o meno? Boh, procediamo. Quale spunto arriverà più lontano?
Sedicesimi | Ottavi | Quarti | Semifinali | Finale | ||||
Stardust | 48 |
38
|
37
|
31
| ||||
Gesù | 52 | |||||||
5 a Genova | 20 |
26
| ||||||
Capodanno | 27 | |||||||
Claudio Augusto | 9 |
28
|
34
| |||||
Fiume 1920 | 68 | |||||||
La prima volta | 43 |
20
| ||||||
O viceversa | 17 | |||||||
I banditi | 34 |
16
|
46
| |||||
Campo di grano | 19 | |||||||
I Catari | 53 |
39
| ||||||
Il basilisco | 6 | |||||||
Scuola media | 44 |
26
|
12
| |||||
Sauron vive! | 34 | |||||||
Dama e cavaliere | 18 |
31
| ||||||
Zombi vs vegan | 39 | |||||||
Scie chimiche | 53 |
35
|
15
| |||||
Eyjafjöll | 40 | |||||||
La prigioniera | 42 |
27
| ||||||
Pinocchio uccide | 22 | |||||||
L'ultimo uomo | 10 |
61
|
38
| |||||
Addio ai procioni | 50 | |||||||
La marmellata | 41 |
55
| ||||||
Tutte le ex | 52 | |||||||
Gioconda | 30 |
48
|
21
| |||||
Marinetti duce | 60 | |||||||
Redenzione | 29 |
8
| ||||||
Pandolfo | 17 | |||||||
Perpendicolare | 15 |
63
|
54
| |||||
Copernico | 47 | |||||||
Love of My Life | 8 |
6
| ||||||
1+2+3+4+5+6+... | 29 |
Da oggi cominciano gli ottavi. Alcune precisazioni abbastanza importanti.
- Entro sera se tutto fila liscio verranno pubblicati due post sui due spunti in gara. Per votare uno dei due (o anche tutti e due) occorre come sempre segnalarli su facebook o esprimere la propria preferenza nei commenti. Se fate entrambe le cose può darsi che diate due voti invece che uno.
- Ho notato che raccogliere le preferenze su twitter è molto più macchinoso. Quindi, se ci tenete davvero a dare il vostro voto, meglio usare fb o i commenti.
- Mi raccomando: se volete sostenere i vostri spunti preferiti agli ottavi, dovete farlo commentando o condividendo i post che escono a partire da oggi, non quelli vecchi.
Tutto chiaro? Più o meno? Boh, procediamo. Quale spunto arriverà più lontano?
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Le 1+2+3+4+5+6+... notti
16-08-2015, 19:22La grande gara di spunti, raccontiPermalink
Una donna molto ricca, una donna molto raffinata, è una donna molto arrabbiata. Ha appena scoperto di essere stata tradita dal suo fatuo marito, presidente del consiglio di una nazione trascurabile. Lo ha scoperto nel modo peggiore - glielo ha detto la sorella, quella smorfiosa. Ha subito preteso un divorzio milionario, ma non le basta. Ora vuole coricarsi con un uomo diverso ogni notte, e tagliargli la testa il mattino successivo. L'avvocato glielo sconsiglia. Il dottore suggerisce di variare i dosaggi. E poi in effetti tutto questo coricarsi con gli uomini non è detto che sia sempre divertente. C'è altro nella vita, indovinate cosa. Esatto, sì, lo storytelling!
(Questo pezzo partecipa alla Grande Gara degli Spunti! Se vuoi provare a capirci qualcosa, leggi qui. Puoi anche controllare il tabellone).
Una donna molto ricca, una donna in cerca di rivalse anche sul piano intellettuale, ha invitato nella sua tenuta 6 spasimanti. Ha spiegato che giacerà con uno solo di loro, colui che meglio saprà intrattenerla con fiabe o racconti. Dopo un primo turno in cui tutti e 6 hanno la possibilità di mettersi alla prova, la signora procederà all'eliminazione di un primo spasimante. Prima di lasciare la villa per sempre (esponendosi alla mortale epidemia gastroenterica che sta infuriando fuori dai cancelli), l'eliminato suggerirà il tema sul quale dovranno ruotare i racconti del turno successivo. Il secondo turno durerà 5 notti, e terminerà con una seconda eliminazione. Resteranno in 4, poi in 3, e così via. Ognuno degli spasimanti è caratterizzato da un'ossessione, che diventa l'argomento dei racconti suoi e degli avversari nel turno successivo alla sua eliminazione. Ogni racconto ha così due argomenti. Sembra un po' macchinoso, vero? In realtà è un semplice talent show per racconti, e ha il grosso pregio che l'ho già scritto tutto, un agosto di qualche anno fa.
E allora perché riproporlo? Perchénon so più cosa inventarmi l'idea era buona e merita di essere sviluppata meglio: alcuni raccontini vanno rimaneggiati, altri rimpiazzati con raccontini più decenti. e mi piacerebbe aggiungere qualche personaggio (il che significa aggiungere come minimo 7 racconti, o 15, o 24...) Se la cosa ti sconfinfera, non hai che da votare per Le 1+2+3+4+5+6+... notti, che oggi se la gioca con Love of My Life. Non esitare a cliccare Mi Piace su Facebook, o linkare questo post su Twitter, o scrivere nei commenti che questo pezzo ti è piaciuto. Grazie per la collaborazione, e arrivederci al prossimo spunto.
(Questo pezzo partecipa alla Grande Gara degli Spunti! Se vuoi provare a capirci qualcosa, leggi qui. Puoi anche controllare il tabellone).
Una donna molto ricca, una donna in cerca di rivalse anche sul piano intellettuale, ha invitato nella sua tenuta 6 spasimanti. Ha spiegato che giacerà con uno solo di loro, colui che meglio saprà intrattenerla con fiabe o racconti. Dopo un primo turno in cui tutti e 6 hanno la possibilità di mettersi alla prova, la signora procederà all'eliminazione di un primo spasimante. Prima di lasciare la villa per sempre (esponendosi alla mortale epidemia gastroenterica che sta infuriando fuori dai cancelli), l'eliminato suggerirà il tema sul quale dovranno ruotare i racconti del turno successivo. Il secondo turno durerà 5 notti, e terminerà con una seconda eliminazione. Resteranno in 4, poi in 3, e così via. Ognuno degli spasimanti è caratterizzato da un'ossessione, che diventa l'argomento dei racconti suoi e degli avversari nel turno successivo alla sua eliminazione. Ogni racconto ha così due argomenti. Sembra un po' macchinoso, vero? In realtà è un semplice talent show per racconti, e ha il grosso pregio che l'ho già scritto tutto, un agosto di qualche anno fa.
LE XXI NOTTI | turni → | 1° turno | 2° turno | 3° turno | 4° turno | 5° turno | 6° turno |
personaggi ↓ | argomenti → ↓ | malattia | comunicazione | lavoro | sesso | economia | religione |
Prof Esso | istruzione | Il futuro di chi ha memoria | Il re impiccione e lo specchio magico | È un mercato pazzerello | L'ombelico è un problema complesso | La strage alla sagra d'Autunno | Ognibene ippopotamo in Kenya |
Don Tinto | religione | Sai-Pio sale in cielo | Dio mi ama | Di come Don Tinto perse la fede | In bagno coi Maestri | Karma 740 | |
Teddi | economia | Di ronda in ronda | Sono schizzato e mi piaccio così | Razza di parassita | L'amore gratis (I) | ||
Mària | sesso | La mia amica Boa | L'amore alla fine dei tempi | Storia di Mària | |||
Aureliano | lavoro | La supplente | L'assedio in pausa caffè | ||||
Arci | comunicazione | Il contagio |
E allora perché riproporlo? Perché
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Love of My Life
16-08-2015, 12:00autoreferenziali, Berlusconi, La grande gara di spuntiPermalink
Ho esitato molto a proporre questo spunto, che infatti arriva nell'ultimo giorno utile. È l'unico spunto nonfiction, si dice così adesso. È uno spunto né originale né tempestivo - anzi è deliziosamente fuori moda - ma che muove da una profonda riflessione scaturita da un rapido esame al mio archivio.
Ci sono 177 pezzi su Berlusconi.
(La stima è per difetto).
Che ne faccio?
Tra un po' saranno quasi tutti incomprensibili. Alcuni già lo sono. E però è seccante - questa è la parola - buttar via tanto lavoro. Tanta roba scritta nell'impellenza di un momento, quando sembrava importante, sembrava interessante, e adesso non si capisce nemmeno di cosa stessi parlando. Possibile che non si possa riciclare?
(Questo pezzo partecipa alla Grande Gara degli Spunti! Se vuoi provare a capirci qualcosa, leggi qui. Puoi anche controllare il tabellone).
In fin dei conti SB è stata una presenza fissa nella mia vita. Quando ho iniziato a guardare i cartoni animati, lui si è comprato tutti i canali privati e ci ha messo la pubblicità. Quando ho cominciato a nutrire attenzioni per le forme femminili, lui mi ha sbattuto in faccia l'inquietante Tinì Cansino. Quando ho avuto finalmente l'età per votare, lui si è preso tutti i partiti di centrodestra e ha vinto le elezioni. Il primo pezzo che ho scritto su un giornalino parlava di Berlusconi e dei suoi sondaggi. Poi sono cresciuto e Berlusconi è cresciuto con me - anche un po' in me, naturalmente. Sembrava sempre lo stesso, e invece ogni anno era un po' diverso. Spariva per mesi, tornava abbronzato in bandana, diceva due cazzate all'europarlamento, mi forniva così tanti spunti per sembrare intelligente. Tra noi è stata una storia lunghissima, e LO SO, NON INTERESSA PIÙ A NESSUNO, però è una cosa che si scrive da sola.
Questa era tra l'altro l'idea originale di Storia d'Italia a Rovescio; poi decidemmo di non fissarci solo su SB. Ma era ancora il 2006, mancava per esempio ancora tutta la fase puttaniera. Con poco sforzo finirebbe pure per sembrare una parodia di Piccolo, basta inserire qualche minimalismo al volo, non so quando trasmisero la vhs della discesa in campo, mio padre disse: boh, non so cosa pensare, ma io ero al bagno perché avevo un virus intestinale (non è vero niente, ma per fare un esempio al volo).
Alla fine più che di Berlusconi si parlerebbe dell'antiberlusconismo, anzi dei cinque antiberlusconismi: di come sono degenerati o sono stati sconfitti. Però c'è anche un altro aspetto che mi piacerebbe salvare, ed è la simpatia. Io ho senz'altro odiato Berlusconi, però ogni volta che mi capitava di scrivere una storiellina su di lui, ne facevo un personaggio simpatico. Non so perché. Non mi capita con tutti, per esempio con Bush Jr sì, con Renzi no. È una tendenza che è cominciata prestissimo, e non è praticamente mai finita. Se riuscissi a mettere insieme tutti i pezzi, ne salterebbe fuori un Berlusconi non dico verosimile, ma umano. A guerra finita, sarebbe anche un modo di congedarsi con dolcezza.
Se insomma ti interessa un collage di tutti i Berlusconi comparsi su questo blog e qui intorno, dovrai votare per Love of My Life, che oggi se la gioca con Le 1+2+3+4+5+6+... notti. Sentiti libero di cliccare Mi Piace su Facebook, o linkare questo post su Twitter, o scrivere nei commenti che questo pezzo ti è piaciuto. Grazie per la collaborazione, e arrivederci al prossimo spunto.
Ci sono 177 pezzi su Berlusconi.
(La stima è per difetto).
Che ne faccio?
Tra un po' saranno quasi tutti incomprensibili. Alcuni già lo sono. E però è seccante - questa è la parola - buttar via tanto lavoro. Tanta roba scritta nell'impellenza di un momento, quando sembrava importante, sembrava interessante, e adesso non si capisce nemmeno di cosa stessi parlando. Possibile che non si possa riciclare?
(Questo pezzo partecipa alla Grande Gara degli Spunti! Se vuoi provare a capirci qualcosa, leggi qui. Puoi anche controllare il tabellone).
In fin dei conti SB è stata una presenza fissa nella mia vita. Quando ho iniziato a guardare i cartoni animati, lui si è comprato tutti i canali privati e ci ha messo la pubblicità. Quando ho cominciato a nutrire attenzioni per le forme femminili, lui mi ha sbattuto in faccia l'inquietante Tinì Cansino. Quando ho avuto finalmente l'età per votare, lui si è preso tutti i partiti di centrodestra e ha vinto le elezioni. Il primo pezzo che ho scritto su un giornalino parlava di Berlusconi e dei suoi sondaggi. Poi sono cresciuto e Berlusconi è cresciuto con me - anche un po' in me, naturalmente. Sembrava sempre lo stesso, e invece ogni anno era un po' diverso. Spariva per mesi, tornava abbronzato in bandana, diceva due cazzate all'europarlamento, mi forniva così tanti spunti per sembrare intelligente. Tra noi è stata una storia lunghissima, e LO SO, NON INTERESSA PIÙ A NESSUNO, però è una cosa che si scrive da sola.
Questa era tra l'altro l'idea originale di Storia d'Italia a Rovescio; poi decidemmo di non fissarci solo su SB. Ma era ancora il 2006, mancava per esempio ancora tutta la fase puttaniera. Con poco sforzo finirebbe pure per sembrare una parodia di Piccolo, basta inserire qualche minimalismo al volo, non so quando trasmisero la vhs della discesa in campo, mio padre disse: boh, non so cosa pensare, ma io ero al bagno perché avevo un virus intestinale (non è vero niente, ma per fare un esempio al volo).
Alla fine più che di Berlusconi si parlerebbe dell'antiberlusconismo, anzi dei cinque antiberlusconismi: di come sono degenerati o sono stati sconfitti. Però c'è anche un altro aspetto che mi piacerebbe salvare, ed è la simpatia. Io ho senz'altro odiato Berlusconi, però ogni volta che mi capitava di scrivere una storiellina su di lui, ne facevo un personaggio simpatico. Non so perché. Non mi capita con tutti, per esempio con Bush Jr sì, con Renzi no. È una tendenza che è cominciata prestissimo, e non è praticamente mai finita. Se riuscissi a mettere insieme tutti i pezzi, ne salterebbe fuori un Berlusconi non dico verosimile, ma umano. A guerra finita, sarebbe anche un modo di congedarsi con dolcezza.
Se insomma ti interessa un collage di tutti i Berlusconi comparsi su questo blog e qui intorno, dovrai votare per Love of My Life, che oggi se la gioca con Le 1+2+3+4+5+6+... notti. Sentiti libero di cliccare Mi Piace su Facebook, o linkare questo post su Twitter, o scrivere nei commenti che questo pezzo ti è piaciuto. Grazie per la collaborazione, e arrivederci al prossimo spunto.
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