Un pezzo su Sanremo non me lo paga nessuno, comunque ecco gli appunti

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2/2
Cioè hanno fatto la versione techno da autoscontro di Amandoti dei CCCP e l'hanno fatta cantare a una spagnola al festival di Sanremo, è un siparietto comico?



3/2
La metto giù da cretino. Checco Zalone fa un numero di repertorio (a naso è fine anni '90) in cui recita la parte del viados. Probabilmente tra tante cose sue è stata scelta perché c'era l'orchestra, e far suonare all'orchestra la sigla delle fiabe su disco "A Mille ce n'è..." è un richiamo irresistibile per il pubblico di una certa età. Gli altri hanno anche il diritto di restare freddi.
Il bersaglio satirico primario, diciamo il livello 1, è il cittadino benestante (il re della fiaba) che esecra pubblicamente i viados ma poi approfitta dei loro servizi. È una satira contro l'ipocrisia.
Checco-Zalone, ricordo, è un personaggio, un cozzalone, anzi "Che cozzalone!": incarna lui per primo uno stereotipo: non è come Fiorello che te lo immagini in casa esattamente come in studio e ti viene l'ansia. La sua satira è sempre almeno su due livelli, e al livello 0 c'è lui che fa il viados con l'accento brasiliano: una cosa che fa ridere perché gli stereotipi fanno ridere (anche se non sono corretti), e perché l'uomo-donna fa ridere, la confusione sessuale, fa ridere (anche se secondo me è spesso un riso d'imbarazzo, ma forse proietto).
Dunque se ho ben capito la maggior parte di chi critica il numero di Checco Zalone al livello 1 non c'è neanche arrivato. Non ha capito che il vero zimbello della storia è il re che fa finta di trovare scandaloso il viados ma in realtà è un suo cliente. Non si può dire nemmeno che non abbiano capito un sottotesto, perché non è un sottotesto: è il testo, è quello che Zalone canta nella canzone. Non l'hanno ascoltata, si sono fermati all'intonazione brasileira. C'è questo problema, che l'indignazione facile ti risparmia la fatica di ascoltare letteralmente quel che ha da dire un attore, anche un attore popolare e popolaresco come Zalone.
La maggior parte di chi critica il numero di Checco Zalone gli rimprovera di usare uno stereotipo, e qui io temo di dover sostenere che non si dà comicità senza stereotipi, e mi dispiace molto perché a questo punto qualcuno proporrà di abolire la comicità e qualcuno sospirerà: ok, se per ogni numero comico dobbiamo sorbirci critiche del genere, chiudiamola qui e riapriamo tra una generazione quando tutto sembrerà completamente nuovo e un peto con le ascelle farà il tutto esaurito (a quel tempo noi saremo i vecchi noiosi che trovano tutto scandaloso).
Qualcuno sosterrà, e potrei anche dargli ragione, che tra tanti stereotipi che CZ poteva tirar fuori il viados non era né il più fresco (la frecciata a Lapo è un indizio della deperibilità del materiale), né il più adatto a un festival che come ogni festival canoro è sempre molto più genderfluido del pubblico che intrattiene. Giusto. Io magari potrei obiettare che tutti gli spettacoli in cui uomini si travestono da donna e viceversa sfruttano questo tipo di stereotipi e questo tipo di comicità, compreso cose che hanno il loro bel sigillo di approvazione Lgbtq. A questo punto dovreste spiegare al cretino perché una drag queen può lavorare su questi stereotipi e CZ no, e cercare di convincerlo che non è una banale battaglia di posizione: CZ no perché è cisgender. Poi è vero, il contesto è tutto, la stessa parola può essere becera se la dice un etero e autoironica se lo dice un non-etero. Ma questa è la fregatura: il pubblico etero continuerà a trovarla becera, continuerà a ridere di una drag perché è buffa, non perché è liberatrice. Oppure (come il re ipocrita) ne approfitterà per solleticare in sé istinti che non ha intenzione di socializzare.


4/2 
Lo so che è tanto liberatorio, ma ho paura che se non la smettiamo tutti di bullizzare Achille Lauro perché è rimasto incastrato nel suo ruolo di trasgrescio-per-famiglie – e quando dico "tutti" intendo soprattutto te, Osservatore Romano – se non la smettiamo di fare spallucce e sì vabbe' queste cose le ha già fatte David Bowie / Jim Morrison / Panariello nei panni di Renato Zero, poi finisce che un giorno lui sbrocca davvero e chi se ne potrebbe accorgere?, un attimo prima è lì che si prende le coccole da Mara Venier e il momento dopo estrae un blackandecker a batteria e comincia a sventrare gli orchestrali impedendo loro di completare il pensiero "queste cose le faceva meglio mio cugino che nel 1997 suonava in una cover band di Marilyn Man –

(Nel frattempo Grignani fa perdere al regista dieci mesi di vita).


5/2
C'è questo giornalista mi pare del Messaggero che ogni giorno in conferenza stampa a Sanremo fa delle domande e nessuno riesce a rispondergli: Amadeus, il direttore della Rai, quegli altri, nessuno, in compenso lo odiano e lo chiamano Mattia come se fosse il ragazzino che gli porta le bibite. Dopo due giorni che stressava per capire quanto avrebbe contato il voto della sala stampa in percentuale – due giorni in cui hanno continuato ad arrampicarsi sugli specchi declinando supercazzole e dimostrando di non avere la minima idea, probabilmente in monte a tutto c'è uno stronzo con un foglio excel blindato e non lo fa vedere a nessuno (c'è sempre uno stronzo così e senza di lui crolla tutto) – oggi ha fatto notare semplice semplice che Morandi, invitando Jovanotti oltre il termine prefissato dal regolamento (24 gennaio), ha perlappunto violato il regolamento. Non ha completato il ragionamento, ma posso provarci io: ieri Morandi ha vinto la serata, se putacaso oggi batte Mahmood e Blanco scoppia un casino. Di fronte a questa evidenza conclamata, la reazione di Amadeus è da antologia, anche se dubito la rivedremo mai nelle Teche Rai: gli casca completamente la maschera da amicone e dice: io sono una persona corretta, e se tu pensi che io non sia una persona corretta, beh ieri ho fatto il 60% "e me lo voglio godere", quindi la correttezza c'est lui. Il direttore di rete (credo sia lui) ha aggiunto che anche lui è una persona molto corretta e tranquilla, e ha fatto bene a dirlo perché in quel momento allo spettatore occasionale poteva sembrare una persona arrabbiata che aveva consentito ad Amadeus di falsare il concorso e di ammetterlo in conferenza stampa, più che teche rai potremmo vedere il filmato tra qualche ora nella sezione pornhub degli avvocati. A questo punto, considerato che la gara è falsata, che anche quel 60% viene estratto da cadaveri di gente morta addosso all'auditel dopo tre ore di cover, che Mahmood Sanremo l'ha già vinto e l'eurofestival non lo vince neanche stavolta, io propongo come vincitore morale di Sanremo duemila-duemilaventi Mattia del Messaggero, scusa Mattia ma a furia di sentirti chiamare Mattia del Messaggero anch'io mi sono scordato il cognome. (Scherzo, si chiama Marzi).


6/2
Scusate ma mi sto innerdando con l'età: era mai successo che sul podio ci fosse solo gente che aveva già vinto? E inoltre Mahmood ha già vinto il doppio di volte di Albano Carrisi (e di Gianni Morandi).

[Postilla del 20/2] 
Il successo del cantante Achille Lauro nella prestigiosa gara canora della Repubblica di San Marino mi dà l'occasione di mettere per iscritto tutta una mia ipotesi abbastanza complottista ma ormai sono fatto così, non riesco più a tenermele, fb è diventato il mio pannolino.
1. Chi ha seguito Sanremo negli ultimi anni (e non ha nessuna scusa) credo che abbia potuto notare che fino all'anno scorso molti cantanti avevano puntato sulla coreografia un po' a sorpresa: cioè durante l'esibizione il cantante faceva anche qualcos'altro che attirava l'attenzione, magari coadiuvato da un ballerino. È una cosa che nasce tanti anni fa, il più antico che mi viene in mente è il balletto di Salirò di Silvestri (beh prima ancora i travestimenti di Elio e le Storie Tese), poi ci fu lo scimmione di Gabbani che secondo alcuni fu proprio la marcia in più che fece vincere la canzone, cioè la gente diceva ahahah lo scimmione e votava per Gabbani, perché no? Peraltro era una canzone sull'essere tutti quanti scemi, un vero atto performativo.
2. Nelle ultime edizioni questa cosa però aveva un po' trasceso, cioè sempre più artisti cercavano di fare sempre più scenette e questo appesantiva lo spettacolo, poi immagino che il regista cominciasse a rompere i coglioni anche perché in molti casi erano davvero coreografie estemporanee, non si sapeva cosa inquadrare, un casino.
3. Quest'anno all'improvviso niente. Mi pare eh, non è che avessi sempre gli occhi sul video, anzi, però la sensazione è che tutti arrivassero, ringraziassero, magari un po' di manfrina per via del totosanremo, poi cantassero la loro canzone e si levassero dai coglioni. Da cui il sospetto: probabilmente c'è stata una stretta in questo senso, magari la produzione ha detto chiaro e tondo che se cominciate con le scenette vi sgonfiamo le gomme.
4. Però a pensarci bene almeno una scenetta c'è stata ed è successo la prima serata, quando Achille si è autobattezzato. Come ha notato nell'occasione persino l'Osservatore Romano, non è stato un gesto così dissacratorio, anzi: tra le tante ritualità cattoliche, quella del battesimo non ha le caratteristiche adatte a essere dissacrata, non si presta molto, è un po' d'acqua sulla testa, con tutte le cose che si potrebbero fare. Ma forse (ecco l'ipotesi complottara), Achille aveva intenzione di fare molte altre cose.
5. La canzone del resto si chiama Domenica, Achille la canta con un coro gospel, la prima serata ha messo in scena il primo sacramento, capite dove voglio arrivare? Aveva tre sere per esibirsi, probabilmente il battesimo era solo l'antipasto stuzzicante.
6. Non lo sapremo mai perché magari gli hanno sgonfiato le gomme nella notte e da lì in poi la canzone è rimasta lì un po' inutile, del resto sono sempre quei due benedetti accordi. La butto lì: la seconda sera poteva essere la volta dell'Eucarestia, ecco, quella avrebbe fatto molto più discutere. E la terza sera wham! matrimonio! chissà con chi, magari col chitarrista o con tutto il coro, insomma la cosa più trasgrescio possibile.
7. Oppure la confessione (ma è meno spettacolare, certo, portare un confessionale sul palco avrebbe fatto discutere) e la terza sera l'Ordine sacerdotale, v'immaginate Achille che indossa i paramenti e dice la sua prima messa ecco, questo sarebbe stato anche visivamente interessante e forse l'Osservatore Romano avrebbe avuto un sussulto.
8. Ovviamente il mio sogno proibito è Achille Lauro che si impartisce da solo l'estrema unzione, ma non lo ritengo veramente probabile.


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Viva la repubblica parlamentare, viva le elezioni indirette

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 1. Viva la repubblica parlamentare, viva la Costituzione del 1946, anche nei suoi aspetti più anacronistici: viva il conclave, viva le schede bianche e i franchi tiratori, viva le lunghe chiame mentre proseguono le trattative, viva tutte le manfrine mi-candido non-mi-candido. Date semplicemente un'occhiata ai risultati dal 1946 in poi: guardate quanti gentiluomini abbiamo mandato al Quirinale, assai migliori della media dei parlamentari che li eleggevano (e dei cittadini che eleggevano i parlamentari). Non sarà il miglior metodo possibile per eleggere un presidente, ma trovatemene uno meno peggiore. 


2. Però alla mediosfera non piace; giornalisti e opinionisti non capiscono perché non possa essere tutto più rapido e smart, come quelle misteriose elezioni americane in cui si capiva la notte stessa chi aveva vinto (anche se prendeva meno voti dell'altro candidato, eh vabbe' dettagli). A tal proposito avrei un suggerimento: facciamo a meno della mediosfera. Sul serio, io della Maratona-Mentana non ho visto un mezzo minuto e ieri ne sapevo già esattamente quanto Enrico Mentana. È tutta roba per un pubblico di mezza età maschile che non ha ancora scoperto Netflix – ma bisogna ammettere che Netflix non si impegna abbastanza per quel segmento, bisognerebbe inventarsi qualcosa, una serie ambientata in un talk show italiano di sessantenni maschi che cercano di impressionare la stagista con retroscena inventati in camerino, secondo me c'è mercato per questa cosa e forse avremmo anche trovato un mestiere per gente che davanti al video ormai ci sa stare, ma in parlamento non ha molto futuro.

3. Quando gente come Renzi o Salvini o la Meloni (che in parlamento ahinoi ci resteranno) manifestano la loro insofferenza per le ritualità parlamentari, ci credono davvero o stanno semplicemente cantando la canzone che piace ai giornalisti, che dopo un po' che la senti non puoi levartela dalla testa? O non è tutta una manfrina, e hanno capito benissimo che è solo il parlamentarismo a coprirli, a mantenerli nelle loro posizioni di tribuni del dissenso o aghi della bilancia o spostatori di assi di governo, senza mai vedere i loro bluff: le vinceresti, Salvini, le tue elezioni presidenziali? Non credo proprio: e tu, Matteo Renzi? In ballottaggio con Stalin, forse, purché Stalin risulti 100% morto. E allora perché insistono? Ricordano la determinazione suicida dei radicali, che raccoglievano l'1% dei voti e intanto chiedevano l'uninominale, il bipartitismo all'americana. D'accordo che un buon politico non dovrebbe pensare solo ai propri interessi, ma uno che passa tempo a tirarsi mazzate sulle mani risulta più credibile?

4. Prendi Matteo Renzi, che in questi giorni comprensibilmente si sbraccerà per ricordare a tutti che Mattarella al Quirinale ce l'ha portato lui. Ammesso che sia vero: in che modo Mattarella al Quirinale è mai stato un affare per Matteo Renzi? Quest'anno ricorre il settimo anniversario di quando litigò con Berlusconi per portarlo lì la prima volta. Senza dubbio in quel momento dimostrò al parlamento e agli italiani che lui contava più di Berlusconi, e poi cosa successe? Successe che Berlusconi ritirò il suo appoggio alla riforma costituzionale, rese necessario il referendum confermativo e mandò i suoi elettori a votare no, determinando la fine del governo Renzi e più in generale della popolarità del personaggio. Matteo Renzi è così: tra il vincere una battaglia e il vincere la guerra ha sempre preferito la prima cosa. 

5. Mattarella è un ottimo presidente: il suo ritorno al Quirinale non è un'ottima notizia. C'è un precedente e non è di buon augurio: la proroga di Napolitano era considerata sin dall'inizio un mandato a tempo. Napolitano II aveva una specie di missione da portare a termine (e non ci riuscì). Il contratto che oggi Mattarella firma è molto più vago: per quel che sappiamo potrebbe anche restare per un intero settennato. Oppure dimettersi appena Draghi avrà finito la sua incombenza a Palazzo Chigi: si tratterebbe di uno strappo istituzionale notevole, ma da Napolitano in poi la cosa sembra non dare più fastidio a nessuno. A giudicare da qui, non c'è un problema che il prolungamento di Mattarella risolva, non c'è una questione che non rimandi a un momento più propizio che a questo punto soltanto Mattarella, rassegnando le dimissioni, avrà la facoltà di scegliere. 

6. Le analisi del giorno dopo seguono invariabilmente lo schema "chi vince", "chi perde", il che involontariamente dimostra l'esatto contrario, ovvero che la politica non è uno sport, che solo con un'enorme semplificazione si possono estrarre vincitori e sconfitti, dopodiché l'anno prossimo si vota e nessun elettore di Salvini si porrà il problema dei disastri combinati da Salvini in questi giorni – probabilmente avranno più rilevanza i festini di Morisi. Il centrodestra appare favorito – ma perché insistiamo a dire "centro"? Cosa c'è di "centro" nella proposta politica di Salvini e Meloni? E cosa c'è in generale nella loro proposta, a parte la retorica del povero italiano assediato dai poteri forti e dai deboli del mondo intero? E quando il tuo mestiere consiste in questa retorica, ti conviene davvero governare a livello nazionale, mettere le tue facce con relativa mascherina tricolore su tutti i compromessi con la realtà e i guai che ne deriveranno, sperare di rimanere alti nei sondaggi speronando appena qualche barcone in più? 

7. Un solido governo di centrodestra, che abbia il placet degli industriali e che metta gli interessi della piccola-media impresa davanti al diritto alla salute, in Italia c'è già, c'è adesso: sta funzionando persino grazie ai voti dei principali concorrenti, non c'è nemmeno bisogno di sponsorizzarlo, addirittura la Meloni può concedersi il lusso di contrastarlo in parlamento. È chiaro che al governo prima o poi ci devono andare: ma chi glielo fa fare? Succederà, ma forse a questo punto ho più fretta che accada io che lei. Come è già successo al suo collega: prima sale, prima ridiscende. Questo ovviamente non significherà nulla di buono: toccherà a qualche altra grande promessa della politica, qualche altro brillante stratega col sole in tasca, eccetera eccetera. Io sto qui in riva a vederli passare ma ultimamente trovo la pesca più coinvolgente – solo ogni tanto mi ricordo di intonare un inno di ringraziamento: viva la repubblica parlamentare, viva la Costituzione del 1946. 

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La memoria e la farsa

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Noi siamo abbastanza sicuri del fatto che chi dimentica il passato sia condannato a riviverlo. Non è solo un proverbio ripetuto da persone autorevoli: è un'osservazione riferita più volte da persone che la Storia l'hanno studiata da vicino. E siccome nel passato sono stati commessi errori orribili, scegliamo per quanto possiamo di ricordare. Però.

(Lo sapevate che c'era un però).


UGUALE

Noi sappiamo anche che la Storia si ripete in farsa. Anche questa non è una semplice battuta di uno storico o di un economista: è un'osservazione molto sottile, che si adatta a così tanti episodi antichi e recenti. È una regola vagamente simile al principio di indeterminazione: una volta accettato che il passato va osservato (per evitare di riviverlo), occorre studiarlo, per osservarlo si inventa una disciplina – la Storia, che oltre a essere per quanto possibile una scienza dev'essere anche il più possibile popolare, un cannocchiale in un promontorio che tutti hanno il diritto/dovere di usare senza nemmeno l'esborso di una monetina – dopodiché come possiamo impedire che la Storia sia modificata dal fatto stesso che noi la studiamo, la popolarizziamo, ovvero la rendiamo più vicina al popolo fino al momento in cui il popolo non comincia a sognare di viverci dentro? Una volta sensibilizzati i sudditi dei regni ottocenteschi sul fatto che quei ruderi di campagna erano castelli di una civiltà importante ingiustamente svalutata, come impedire che gli stessi sudditi ottocenteschi si mettano a costruire palazzi con merlature ghibelline pacchiane e farlocchissime? Non puoi impedirlo, nemmeno ci provi, finché sono merlature pazienza. 

Con la Shoah però.

Noi non vogliamo che la Shoah si ripeta, quindi non ci basta studiarla: cerchiamo di parlarne il più possibile. Il che è comprensibile e giusto. Abbiamo creato una liturgia, ed era inevitabile che intorno alla liturgia si formasse un'economia. Ogni anno qualche libro in più, qualche film: l'argomento ci interessa ed è giusto interessarsene, quindi continuiamo. Finché un giorno non ci accorgiamo (ma non avremmo dovuto immaginarcelo?) che c'è un sacco di gente che in quei film e quei libri crede di viverci, benché siano molto meno confortevoli dei libri in costume sul medioevo – ma forse la fantasia rifugge il comfort. E quindi eccoci qui, coi novax che sfilano con le stelle di David, persone intorno a noi che vivono tutto un loro film personale in cui stanno lottando contro il nazismo, prima o poi si aspettano che torni la pellicola a colori e almeno una sequenza in cui i volenterosi carnefici del Green Pass guarderanno in camera terrorizzati mentre il giudice di una nuova Norimberga impugnerà il martelletto.

Sembriamo abbastanza fregati. Chi dimentica il passato è condannato a riviverlo. Chi se lo ricorda invece lo trasforma in una farsa. C'è un modo di evitare questo corto circuito? 

Qualche opzione forse c'è, ad esempio si può liquidare i fenomeni farseschi come esagerazioni, aberrazioni, cose che forse è inevitabile che accadano ma che con un minimo di controllo si possono evitare. Sembra buon senso – e come sempre, con gli inviti al buon senso, vale la pena esitare un attimo prima di entrare. Serve un controllo: chi controlla? Chi si metterà lì alla lavagna a dividere i riferimenti alla Shoah autorizzati da quelli aberranti? E con quali criteri?

Sembra tutto molto controriformistico – e siccome una Controriforma c'è già stata, non può che trattarsi di una farsa della medesima; tra gli aspetti farseschi vi è proprio che questa opzione di sapore tanto veterocattolico è quella adottata, in perfetta buona fede, da molti sionisti. Il loro criterio ha almeno il pregio della semplicità: a cosa è consentito paragonare la Shoah? A nient'altro. Che sia da considerare esclusivamente la tragedia del popolo ebraico. Chiunque la usi come un termine di paragone si sta impossessando per fini propagandistici di un genocidio, e va escluso dal dibattito civile in quanto antisemita.

Ora, non è che la cosa non abbia un senso. Perlomeno ci eviterebbe le manfrine di quelli che scambiano una classe con le finestre aperte per un vagone piombato. E da un punto di vista statistico lo sappiamo benissimo, che il 90% di chi tira fuori paragoni con la Shoah sta ciurlando nel manico. Ci perdiamo un 10%? Forse ne vale la pena. E allo stesso tempo non possiamo impedirci di pensare: che senso ha ricordare qualcosa che non può essere più paragonato a nulla se non a sé stesso? Chi non ricorda è condannato a ripetere, ma la Shoah potrebbe ripetersi soltanto in quanto Shoah: le uniche vittime possibili sono gli ebrei, gli unici carnefici possibili sono i nazisti. Non solo sembra tutto innaturalmente rigido, ma anche questo non ci salva dalla deriva: una volta istituita una Corte che impedisca a chiunque di paragonare la Shoah a qualsiasi cosa non riguardi gli ebrei, come impedire che concentri le sue attenzioni (già in partenza così selettive) su qualsiasi discorso riguardi gli ebrei? Come impedire che qualsiasi critica al popolo ebraico non venga presto o tardi associata alla Shoah? Nei fatti, nessuno lo sta impedendo. C'entrerà in molti casi la malizia interessata di questo o quell'osservatore; ma in generale, non è anche questo un passaggio inevitabile? È possibile ricordare la Shoah in quanto Shoah, vigilare affinché nessuno paragoni la Shoah ad altro che alla Shoah, senza rimanerne comunque ossessionati? 

Sinceramente non lo so. Qualcuno ha un'idea?

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Berlusconi al Quirinale (non è la cosa peggiore)

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Nel momento in cui scrivo questo pezzo l'eventualità che Silvio Berlusconi possa diventare presidente della Repubblica è più concreta del solito. Abbastanza per spingermi a scrivere qualcosa in questa paginetta on line, che del mio antiberlusconismo per tanti anni fu il diario. Bei tempi, più semplici. Senza dubbio parte dell'impulso è dettato dalla scaramanzia: questa cosa che potrebbe persino succedere, se la scrivo, non diventerà meno probabile?; se si potesse in questo modo ridurne la possibilità anche di una milionesima parte, ne varrebbe comunque la pena – e se invece succederà, nessuno potrà dire che mi colse di sorpresa. Quel che è peggio però non è nemmeno questo.


Berlusconi al Quirinale non è l'ipotesi più probabile, né la più impossibile; certo, non avrebbe senso, surrealtà al governo, ma guardiamoci intorno: molto più surreale della Brexit, della secessione catalana, della presidenza Trump? La democrazia occidentale ha come minimo un problema, enormi sacche di elettorato vivono una fuga dalla realtà che è poi una delle opzioni a cui si reagisce a una catastrofe che tutti sentiamo come imminente – anche chi ogni giorno nega. Questa fuga, Berlusconi è stato uno dei primi a cavalcarla: la sua salita al Quirinale non sarebbe più scandalosa di quanto non percepimmo (noi che c'eravamo) la sua prima incursione a Palazzo Chigi: una cosa abominevole, poi ci siamo assuefatti, e anche stavolta potrebbe andare così. Sarebbe una cosa molto stupida, e quindi perché no? Non è una necessità storica, non è l'inverarsi di un complotto: ma in una fase di estrema debolezza della politica, in quelle fasi in cui i pretoriani si aggirano smarriti per il palazzo in cerca di un nuovo Cesare da intronare (meglio se vecchio e già rintronato), un anziano signore con un bel po' di soldi può fare la differenza. Lui almeno ci tiene. È una vita che pretende di farsi chiamare Presidente, anche dalla gente che non è sul suo libro paga. Niente gli ha dato soddisfazione come organizzare i vertici, giocare a fare lo statista con Bush e con Putin; persino quando pagava decine di fanciulle perché partecipassero alle cene eleganti, il fulcro della serata era un video di lui che parlava in inglese al Congresso americano, altro che bunga bunga. Comandare è meglio di fottere, disse qualcuno che probabilmente fotteva male, ma a una certa età forse ricoprire un ruolo di altissima rappresentanza istituzionale è davvero meglio, vado a intuito.

L'ipotesi credo ripugni a chiunque abbia un minimo rispetto delle istituzioni – inclusi diversi parlamentari del centrodestra che lo voteranno lo stesso, perché gira che ti gira il centrodestra in Italia da quand'è crollata la DC non è che la corte di un sovrano simpatico e scostante, che per anni interi magari non si fa vedere e allora si può anche fingere che siamo politici, abbiamo progetti, programmi, elettori da rappresentare... ma se un giorno il Sovrano si fa vivo e pretende un frullato, la corte ha da mettersi a frullare, e anche svelta, e quel che è peggio non è nemmeno questo. Poi si sa che nel segreto dell'urna ognuno è solo coi suoi santi, il che significa che anche se qualche leghista, qualche postfascista si ponesse il problema, ma insomma davvero voglio creare un precedente del genere? Mandare al Quirinale un milionario con un conflitto d'interessi più grande del Colle, già condannato per evasione fiscale, è una cosa che in coscienza mi va di fare? – potrebbe anche vincere lo stesso, Berlusconi, perché qualche soldo da buttare sul piatto lui ce l'ha (soldi per lo più nostri; soldi sottratti a noi). Quanti effettivamente non si sa: a giudicare dai risultati più recenti delle sue squadre, delle sue tv, potrebbero anche non essere così tanti: ma sufficienti, se gettati in una corte di miracolati come il parlamento della XVIII legislatura, un'accozzaglia di personaggi più o meno sorteggiati, molti dei quali non solo non hanno la minima speranza di essere rieletti, ma non ne avrebbero comunque l'ambizione, rieletti a fare cosa? Ci sono tante professioni meno problematiche e persino meglio pagate che fare il pigiatasti per un Beppe Grillo. 

Quest'ultimo, non bisognerebbe scordarsene, è il vero cervello politico della sua generazione, nel senso che non capisce niente, non ha mai capito niente, non capirà mai niente: voleva fare un movimento antisistema che scoperchiasse il parlamento e lo rendesse ai cittadini ed è riuscito, attraverso un complicato sistema di specchi e leve, a blindare in siffatto parlamento le persone più corruttibili in assoluto, gente che non ha un mestiere o ha dovuto perderlo per andare a Roma a fare la marionetta cinque anni, tra i quali è lecito supporre ormai ci sia qualcuno che per un bonifico eleggerebbe il dottor Mengele. Che bel capolavoro, lungamente auspicato e preparato da tutti i talentuosi minchioni che per trent'anni hanno lavorato affinché la politica non fosse più finanziata pubblicamente, che a logica significa che da qui in poi sarà possibile finanziarla solo privatamente, quando non clandestinamente, insomma un mercato del pesce. Questo doveva diventare il parlamento e direi che siamo sulla buona strada: né può stupire che Berlusconi e i suoi tendessero a questo obiettivo, o che Beppe Grillo fosse superd'accordo: in fondo non ha mai capito niente. Ma i politici di centrosinistra che si sono inseriti così volentieri nello stesso solco: i Renzi e i Letta che hanno lungamente studiato il problema, il modo più ottimale di segare il ramo su cui sedevano, affinché il parlamento italiano diventasse un luogo dove solo i milionari potessero difendere i loro interessi, finché non ci sono riusciti e adesso Renzi fa l'uomo-immagine dei Sauditi e quell'altro pesta i piedi ma non può evitare in nessun modo che il boss di suo zio finisca al Quirinale, ecco: guardate che bel risultato, scrivetevi i complimenti da soli – oppure fateveli scrivere dai giornalisti degli Elkann o di Confindustria, tanto è uguale, nessuno li leggerà. Comunque non è nemmeno questo, il peggio. 

E quindi il peggio qual è?

Il peggio, se ci riflettete – ci avete riflettuto?

Il peggio siamo noi, come sempre, quando ogni tanto ci sorprendiamo a pensare che ok, Berlusconi sarebbe una vergogna e uno scandalo. Ma sarebbe il peggior presidente della repubblica che potremmo trovarci in febbraio? No. 

Perché alla fine in questi anni in cui ci ha lasciati un po' più soli, un po' più liberi di guardarci intorno, e nel frattempo si sarà addolcito lui, ci saremo rincoglioniti noi, ma insomma ce la faremmo a sostenere che Berlusconi sia la scelta peggiore? Anche se si stancasse dopo pochi mesi, un re Travicello, sarebbe così male? Rintronato quanto si vuole, suona sempre più ragionevole di tutto il centrodestra che gli è fungato intorno al fondoschiena. Oh certo, se "libertà" oggi più che un concetto è un jingle di Povia, è abbastanza responsabilità sua: lui però, non essendo un deficiente, ha chiesto a tutti di vaccinarsi, con una nettezza che il signorino e la signorina banderuola, i due "leader" dei partiti di centrodestra, non potranno permettersi mai. Aggiungi che una volta arrivato a un ruolo del genere, Berlusconi avrà centrato l'obiettivo di tutta la sua fase senile e forse non avrà più bisogno di usare le sue emittenti come divisioni corazzate (già in questi mesi le ha richiamate, perché gli serve stabilità e se sale al Colle continuerà a servirgli). B è un ladro, ma non è un violento: è un guerriero ma rispetta i vinti; è un folle ma non è scemo; quanto a quel conflitto d'interessi, dopo aver visto schegge impazzite come Grillo o Renzi entrare nelle istituzioni e non sapere cosa farsene, persino quel benedetto conflitto d'interessi lo guardo con occhi diversi. Almeno B ha degli interessi, e ce li ha qui in mezzo a noi: non ci manderà in malora per segnare un punto, lui i punti che doveva segnare li ha già segnati. Le aziende della sua famiglia hanno ancora qualche cosa da venderci, non ci lascerà soli. Ecco, tutto ciò che è scritto si realizza: e questo è il peggio. Sto rimpiangendo Berlusconi, e non è nemmeno morto.

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Questa è una frana, ministro

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C'è qualcosa che non va in tante cose che sento e che leggo. Duemila presidi – sono tantissimi – hanno firmato un appello al governo per scongiurare l'apertura delle scuole durante un picco pandemico. Fanno notare quello che dovrebbe essere noto a tutti da tempo, ovvero che le scuole non sono sicure, che l'età media dei contagiati sta diminuendo e che è sempre più alto il rischio di focolai. Qualcuno obietta che non hanno voglia di lavorare, e vabbe'. Qualcuno si domanda perché non hanno messo le scuole in sicurezza. La prima risposta che mi sale spontanea è: con quali risorse? Se il governo non ci ha dato niente o poco più di niente, inutili banchi a rotelle e non un budget decente per coprire gli insegnanti assenti, cosa avrebbero dovuto fare i presidi? Una colletta? Ma non è la risposta giusta. Del resto neanche la domanda è quella giusta. L'unica domanda giusta, in questo momento, è: ma avete capito dove siamo?

Siamo qui


Non abbiamo mai avuto così tanti positivi – certo, non abbiamo neanche mai fatto così tanti tamponi, ma dal grafico sotto (per il quale ringrazio il buon Gaspar Torrero) si vede come anche negli ospedali la curva stia tornando esponenziale. 



Siamo onesti: lo si poteva capire anche una settimana fa. Dieci giorni fa. Quindici. Perché il ministro credo che abbia detto questo: che se il contagio è aumentato durante le vacanze, significa che la scuola è sicura. No ministro, no, i contagi si misurano a quindici giorni, l'effetto delle vacanze di Natale al massimo comincia adesso. Ma è chiaro cosa significa una curva esponenziale? Dopo cinque ondate dovrebbe pure essere chiaro.

La curva esponenziale è una frana. 

E mentre una frana ti sta per venire addosso, anche le obiezioni più sensate cominciano a suonare pretestuose – voglio dire, sì, senz'altro le scuole avrebbero potuto essere messe in sicurezza, senz'altro bisognava pensarci prima e meglio, indubbiamente, sì, ma, che senso ha discuterne adesso? Di sicuro non usciamo a ristrutturarle adesso. Adesso c'è una frana: l'unica cosa sensata sarebbe restare a casa. Se i tetti reggeranno, poi discuteremo di tutte le cose che si potevano fare per evitarla. Poi. Adesso è ridicolo. 

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Funky tiratori

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Nessuno
:

Ancora nessuno:

Qualcuno sottovoce: eh certo che a questo punto, con lo stallo che c'è in parlamento, si rischia proprio che il presidente della repubblica lo scelga di nuovo Matteo Ren...

IMPROVVISAMENTE, DAL NULLA, MASSIMO D'ALEMA: Ciao ragazzi, che si fa di bello?! Ho deciso che Articolo 1 deve tornare nel PD ormai dematteorenzizzato

Qualcuno: ma chi è questo scusa?

"Come chi è questo, sono Massimo d'Alema, il più grande antimatteorenzi vivente, ho fondato un partito apposta"

"Un partito?"

"Articolo 1"

"Oddio mio che brutta cosa".

"Come che brutta cosa?"

"Ma sì, erano tristissimi dai, cosa cantavano? Tranchi Fanchi? Mamma mi ci vuol la fidanzata? C'è Natalino Otto che si gira nella tomba da trent'anni..."

"Non Articolo 31, Articolo 1, è un partito che è uscito dal PD per contrastare il matteorenzismo".

"Aaah, certo che è facile confondere".

"Comunque, avete preso nota? Sono Massimo D'Alema, ho un curriculum e un'esperienza di primo livello, odio Matteo Renzi, tra qualche giorno si elegge un presidente della repubblica e nessuno vuole davvero che lo scelga Matteo Renzi, no?"

"No, no, certo, nessuno lo vuole".

"Non sarebbe odioso lasciargli l'ultima parola per altri sette anni?"

"Sì, in effetti è già insopportabile adesso. Ma tanto andrà così, chiunque eleggeremo, Matteo Renzi sosterrà comunque di averlo scelto lui". 

"L'unica è scegliere qualcuno su cui Matteo Renzi non possa mettere un cappello. Qualcuno che da sempre odia Matteo Renzi e ne è profondamente ricambiato".

"E vabbe', questo circoscrive l'insieme a una quarantina di milioni di italiani. Togliamo i minori di cinquant'anni, i detenuti..."

"Serve anche una personalità di spicco, qualcuno di autorevole, in cui gli italiani si possano riconoscere a livello internazionale".

"Cioè stai suggerendo..."

"No, io non suggerisco nulla, però..."

"Ma J-Ax li ha già compiuti cinquant'anni?"

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Mario Draghi è un novax. Siamo tutti novax.

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Buon anno a tutti. Negli scorsi mesi mi è capitato su questo sito di prendere di mira i novax, e non credo che smetterò, perché per tanti motivi il confronto con i loro argomenti e i loro comportamenti mi sembra istruttivo: nella miniera di questi anni Venti, loro sono il nostro canarino. Non vorrei però che la mia insistenza fosse scambiata per accanimento: quest'epidemia non l'hanno causata loro e per quanto non ci stiano sempre aiutando a superarla, la loro responsabilità è infima se confrontata con quella di chi ci amministra. I novax, ci diciamo sempre, non si comportano in modo razionale, ma in base a strane superstizioni che assecondano la loro visione ideologica. Ok, ma a questo punto dobbiamo chiederci se non succeda la stessa cosa a chi gestisce la cosa pubblica. E all'alba di oggi, sei gennaio, possiamo anche risponderci: beh, no. Non troppo. Non sempre. E non oggi – nel bel mezzo di una curva di contagi di nuovo esponenziale, con quattrocento morti al giorno. Oggi no. 

Venerdì tornerò a scuola, e ne sarò contento, perché insegnare a scuola mi piace più che farlo da casa. Alcuni studenti non ci saranno perché durante queste vacanze senza lockdown hanno contratto il virus. Non faranno, come ho sentito dire "didattica a distanza": semplicemente assisteranno da casa a quello che facciamo in classe, il che non è neanche più didattica, diciamo che è un modo di tenersi compagnia. Nei prossimi giorni qualche classe chiuderà, poi riaprirà, e così via. Tutto questo ha un senso? Secondo me no. Così come non ha senso non mandare in telelavoro chiunque possa svolgere efficientemente la propria mansione da casa. Tenere scuole e attività aperte nel bel mezzo di un'epidemia non è razionale: abbiamo già visto che l'alternativa c'è, che non è indolore, ma che funziona. E invece riapriremo, per salvare l'"economia" o l'"educazione". Chi lo ha deciso non sta prendendo decisioni in base alla razionalità, ma in base a strane superstizioni che assecondano la propria visione ideologica. Proprio come i novax, ma molto più responsabili dei morti e dei feriti che ne deriveranno. Morti e feriti che avremmo potuto risparmiarci con qualche accorgimento, ma non lo faremo perché ci governa l'irrazionale, e all'irrazionale noi obbediremo. Siamo tutti novax ormai.

Certo, Draghi Brunetta e Bianchi non sono pittoreschi come Puzzer o Montesano. Non li trovi sui social a spargere bufale immaginose, a pronosticare l'apocalisse zombie e cose del genere. In effetti le bufale che stanno alla base delle loro decisioni non sono così immaginose. L'idea che la scuola non possa sopportare due o tre settimane di didattica a distanza, o che il sistema produttivo crolli per due o tre settimane di lockdown, è altrettanto assurda, ma bisogna ammettere che è meno buffa, che i novax originali col loro avanspettacolo ci divertono di più. Poi sfotterli è davvero meno pericoloso, e quindi continueremo. Ma da nessun piedistallo, ormai giochiamo alla pari: e nell'attesa che l'epidemia dia ragione a noi o a loro, dobbiamo presumere che da una certa distanza risultiamo tutti ugualmente stupidi.

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Non è più tempo per i Rashomon

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The Last Duel, (Ridley Scott, 2021).

Normandia, 1386: si disputa l'ultimo duello giudiziario della storia francese. Il cavaliere Jean de Carrouges accusa l'ex compagno d'armi, Jacques Le Gris, di aver violentato sua moglie, Marguerite. Le Gris sostiene di avere avuto con la moglie di Carrouges un rapporto consensuale. La moglie invece sostiene... no, la moglie non 'sostiene': la moglie dice il vero. Fine. Non è che possiamo metterci lì a mettere in dubbio quel che dice una donna. Non siamo mica nel Medioevo... 

Ma che ci vedono le donne in Adam Driver, bisognerebbe fare una ricerca seria su questa cosa

Caro Babbo Natale, quest'anno vorrei la pace del mondo, la salute per tutti e un film sul Medioevo decente da proiettare in seconda media – prima di sbuffare, prova a dirmene uno. Visto? No, i draghi non valgono, no, nemmeno i cicli arturiani. Un film per mostrare ai ragazzi un mondo vero, che è esistito e che sicuramente era molto diverso dal nostro, ma in un qualche modo funzionava, coerente, verosimile: castelli, armature, servi della gleba, vorrei solo conservare in un angolo del loro immaginario un po' di arnesi medievali perché – non lo so neanche io il perché, ma in un qualche modo non mi sembra onesto lasciare che crescano senza. Non chiedo un capolavoro; anche solo un film a colori che abbia più senso delle Crociate di Ridley Scott, perché davvero lo so anch'io che fa acqua da tutte le parti: ma trovami qualcosa di meglio nella filmografia degli ultimi trent'anni. E lo so bene che Scott si intende poco di Medioevo  – come d'altronde di qualsiasi evo: alla fine per lui è quasi sempre tutto un grande western con la Frontiera e i pistoleri che si vede che patiscono di non poter estrarre il revolver, di doversi vestire di ferro e sguainare ancora scomode spade – ma almeno sa mettere insieme uno spettacolo. Come dici?

Sì Babbo, lo so che ci ha riprovato anche quest'anno, l'ho visto l'Ultimo duello e mi dispiace che sia andato così male, in un qualche modo il Medioevo a Sir Scott porta sfiga ed è strano: di tanti posti dove ambientare un western sembra uno dei più congeniali al suo gusto per la meraviglia. L'abbiamo sempre saputo che per Hollywood la Storia è un fondale per mettere in scena in modo pittoresco i problemi di oggi: non è esattamente l'approccio storico che mi servirebbe, ma ha il pregio di tenere svegli anche gli spettatori che non siano patiti di cavalli e armature. Scott non dà l'aria di interessarsi di politica, eppure più i suoi film sono in costume, più le sceneggiature si ingombrano di ideologie. Il Gladiatore era il film perfetto per l'America imperiale post 11 settembre (è stupefacente che sia uscito l'anno prima); le Crociate per reazione s'intestardivano a immaginare un Regno dei Cieli multietnico e multiconfessionale. The Last Duel, vent'anni dopo, è un film su #meetoo e la rape culture così concentrato sul suo essere un film su #metoo e la rape culture che in certi punti lo spettatore esigente è portato a domandarsi: ma sul serio? Cioè mi stai davvero raccontando questo, in senso non ironico? Ecco: è un film senza ironia, una qualità che a Hollywood sta diventando merce sempre più rara e pericolosa.

The Last Duel vuole dire qualcosa di molto vero e attuale e vuole dirlo senza il minimo rischio di essere frainteso. Lo fa scomodando vicende di un secolo diverso, vissute da persone i cui valori erano molto diversi dai nostri – e pazienza: Hollywood si è sempre comportata così e forse è l'unico modo per portare nel Medioevo un po' di spettatori che non si farebbero attirare da un caso di cronaca medievale. Alla fine chiunque avrà imparato qualcosa: anche solo il fatto che a un certo punto del Medioevo i medici ritenessero l'orgasmo femminile necessario al concepimento ("It's science!": e tutto questo diversi secoli prima che altri medici, tra Sette e Ottocento, negassero la stessa esistenza dell'orgasmo femminile).

Dopodiché, caro Babbo, capisci anche tu che un film sullo stupro con un dibattito processuale sull'orgasmo, in seconda media, non lo posso mostrare. Ma sarei comunque contento di averlo visto. Il problema è un altro e te lo dico, caro Babbo, sir Scott stavolta non c'entra niente. Sì è più cupo del solito, certi tagli sono evidenti, il ritmo non è il massimo, ma gli perdonerei questo e altro. I colpevoli che non riesco a perdonare sono Ben Affleck e Matt Damon, che non paghi di aver voluto tirar fuori da un saggio di Eric Jager un blockbuster militante, hanno anche deciso di scomodare Rashomon. Proprio così, hanno voluto consegnarci il loro Rashomon, e magari sono persino convinti di esserci riusciti: il loro film problematico con tre versioni inconciliabili della stessa storia secondo i punti di vista di tre personaggi in conflitto. E i critici non si sono fatti sfuggire la cosa – anche perché ci sono persino le didascalie prima di ogni versione, insomma basta saper leggere le scritte grosse e alcuni sembra ne siano ancora in grado, sicché abbiamo veramente delle recensioni in cui The Last Duel è paragonato a Rashomon.

Lui però si ritaglia sempre la parte giusta

Ora Babbo capiscimi, non si tratta di snobismo. Non ne faccio una questione tecnica, ma insomma Rashomon è un film che ci vuole dire che la realtà oggettiva non esiste, che ognuno ha la sua e che lo spettatore non necessariamente riuscirà a ricomporne una. È l'esatto contrario di quel che succede nell'Ultimo Duello, dove dopo aver sentito la campana del cavaliere Carrouges e quello di Jacques Le Gris, la didascalia ci avverte che tocca alla signora, e che la sua verità è "La Verità". Non lo dico io, Babbo, c'è proprio scritto così sullo schermo, affinché nessuno possa confondersi sulla morale del film: e la morale è che gli uomini si raccontano tante palle, per orgoglio o per invidia o persino per amore (ma più spesso per orgoglio e per invidia); le donne invece no, le donne dicono sempre la verità, tranne ovviamente quando non mentono per non finire sul rogo arrostite a fuoco lento. Dopodiché Scott può filmare castelli e armature con tutta la maestria che gli compete, ma l'impianto non funziona, e qui suggerisco a chi vuol vedere il film di non leggere oltre, perché... non so prendiamo Le Gris.

Il film ci spiega, con la sua manina leggera, che Le Gris è cresciuto in un sistema di valori che non gli consente di riconoscere uno stupro, nemmeno quando lo commette. Quando nella sua versione Marguerite fa resistenza, Le Gris è convinto che stia recitando un rituale di corteggiamento. E siccome in quel momento stiamo guardando la scena con gli occhi di Le Gris, dovremmo appunto vedere una Marguerite che vuole e non vuole, che civetta un po', una Marguerite cedevole che infine si concede all'amplesso. Se questo film fosse un vero Rashomon, dovremmo appunto assistere a questo: ma la vera notizia che porta al mondo il nuovo film di Ridley Scott è che i Rashomon in America non si possono più fare – e dire che fino a qualche anno fa erano quasi un tropo, molti telefilm avevano la loro puntata-Rashomon, House MD sicuramente ne ha una e persino Saranno Famosi – ma adesso no, adesso se vedessimo Marguerite concedersi e gioire potremmo equivocare. Qualche spettatore/trice sicuramente equivocherebbe, voglio dire, è statistica, e poi i Rashomon implicano appunto questo, che ognuno possa scegliere la versione che preferisce: ma ciò oggi è intollerabile, qualcuno twitterebbe che Ridley Scott ha girato un film che esalta la cultura dello stupro; che Affleck e Damon l'hanno scritto, che Driver l'ha recitato: insomma no, non si può fare, non è più tempo per i Rashomon, e così ci tocca guardare questa scena molto imbarazzante dove Le Gris vive il vertice della sua storia d'amore mentre ansima sulla schiena di una poveretta che nemmeno è riuscito a svestire. Non c'è nulla di veramente problematico qui, non c'è spazio per il dubbio che anzi va scacciato e al massimo individuato nei personaggi come una debolezza da debellare: le vittime sono serie, integerrime e sofferenti, i rei sono patetici. Alla fine il vero colpevole è il Medioevo: e la sua colpa è di non voler credere alle donne. E Babbo io non è che voglia difendere il Medioevo a ogni costo, lo so che era un periodo terribile per le donne, ma i film che condannano il passato in quanto passato ho sempre paura che servano a distogliere dalle responsabilità del presente.

Rashomon ci chiedeva di accettare che ogni Verità è parziale; l'Ultimo Duello ci nomina giudici onniscienti, davanti a due uomini che hanno deciso di scannarsi per contendersela. Alla fine, caro Babbo, quel che mi lascia è un po' di freddo amaro in bocca, per aver voluto controllare se davvero il cattivo viene punito come nel mio cuore avevo già desiderato. Ci sono anch'io sugli spalti, col sadico re di Francia. Mi dispiace Babbo, perché non è nemmeno un brutto film. Ma non è quello che mi serve.

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Auguri di stagione

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Buone feste a tutti! Non sono scomparso, sto abbastanza bene, mi sono ri-vaccinato e dopo 12 ore ero a posto, vaccinatevi tutti. Avrei persino tante cose da scrivere ma non riesco a metterle in fila – fino a ieri la priorità era mettere in fila nove insegnanti in nove classi per trenta ore a settimana, pescando tra quelli che non erano a casa malati o in quarantena o in coda per vaccinarsi. 

Non credo di dover ripetere che le scuole non sono un ambiente sicuro, riguardo a un virus aereo: non lo erano l'anno scorso e senz'altro non lo sono diventate quest'anno, visto che non è stato speso un solo euro in più per renderle tali. In compenso da qualche parte tra Governo e Regioni si è stabilito che il vero pericolo per i nostri studenti è la Didattica a Distanza: non so spiegarmi altrimenti il mistero di classi intere che, messe in quarantena qualche giorno fa, sono state riammesse a scuola ieri, ultimo giorno prima delle vacanze: giusto il tempo di abbracciare i compagni nei corridoi e scambiarsi saluti e saliva. L'ultimo giorno, ripeto, con un terzo del personale ormai assente, in una fase in cui in qualsiasi altro mese la curva dei contagi ci avrebbe fatto chiudere da una settimana. A quanto pare salvare il Natale è una necessità sociale che viene molto prima di altre – il diritto alla salute, la butto lì. 

Tanto più mi riesce difficile suonare sincero mentre auguro buone feste a tutti voi: anche quest'anno il Grinch è stato sconfitto, i giornali di destra ci hanno messo un po' a trovarlo ma alla fine sono riusciti a recuperare una direttiva della Commissione europea che consigliava di usare un linguaggio più inclusivo e sconsigliava di definire il nome di battesimo come "Christian Name", e tanto è bastato per rispolverare la minaccia del Presepe assediato dai senzadio. È tutto così rodato, ormai, così automatico, che anche quando provo a intervenire non mi sembra di interagire più con esseri umani: piuttosto giocattoli a molla. Facciamo che me ne sto col caldo buono e le quattro capriole di fumo, e ci risentiamo più in là. 

(Ah, nel frattempo su Facebook ho messo in piedi quel torneo di canzoni dei Beatles, un'idea scema che mi ossessionava da tre anni: per chi vuole si trova qui).

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S C I O P E R O

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𝗦𝗖𝗜𝗢𝗣𝗘𝗥𝗜𝗔𝗠𝗢 perché in Legge di Bilancio ci sono 𝘀𝗼𝗹𝗼 𝟴𝟳 𝗲𝘂𝗿𝗼 di aumento per il nuovo contratto e 12 euro per la valorizzazione del personale docente, legati per di più alla dedizione scolastica. Perchè è di quasi 𝟯𝟱𝟬 𝗲𝘂𝗿𝗼 𝗹𝗮 𝗱𝗶𝗳𝗳𝗲𝗿𝗲𝗻𝘇𝗮 attuale tra il resto del personale della PA con pari titolo e il personale della scuola. Perchè ci sono 𝗭𝗘𝗥𝟬 risorse per la proroga dei contratti ATA sul cosiddetto organico Covid. E 𝗭𝗘𝗥𝟬 risorse per l'incremento degli organici docenti e Ata. Non ci sono misure per la riduzione del numero di alunni per classe. 𝗡𝗲𝘀𝘀𝘂𝗻 𝗰𝗼𝗻𝗰𝗼𝗿𝘀𝗼 𝗿𝗶𝘀𝗲𝗿𝘃𝗮𝘁𝗼 𝗽𝗲𝗿 𝗶 𝗗𝘀𝗴𝗮 facenti funzioni e assenza di risorse per eliminare le reggenze. Restano i vincoli sui trasferimenti del personale docente e Dsga neo immesso in ruolo. Nessuna misura per lo snellimento amministrativo e burocratico. 𝗡𝗲𝘀𝘀𝘂𝗻𝗮 𝗶𝗻𝗶𝘇𝗶𝗮𝘁𝗶𝘃𝗮 𝗽𝗲𝗿 𝗱𝗮𝗿𝗲 𝗳𝗶𝗻𝗮𝗹𝗺𝗲𝗻𝘁𝗲 𝘀𝘁𝗮𝗯𝗶𝗹𝗶𝘁𝗮̀ 𝗮𝗹 𝗹𝗮𝘃𝗼𝗿𝗼, partendo da un sistema strutturale e permanente di abilitazioni partendo da un sistema strutturale e permanente di abilitazioni.

𝗢𝗥𝗔 𝗕𝗔𝗦𝗧𝗔. Il 10 dicembre la scuola si RIBELLA e SCIOPERA

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