Rifugio d'uccelli notturni
25-07-2024, 20:06DiscoEstate24, musicaPermalink(Non so se ci avete fatto caso, ma persino il livello dei tormentoni radiofonici estivi è in crollo verticale. Le cause possono essere molteplici; il successo dello streaming ha probabilmente determinato un tracollo culturale degli addetti alla programmazione radiofonica, ecc. ecc.. Comunque siamo a un punto in cui il tormentone potrei benissimo scoprirlo persino io, magari pescando tra gli episodi meno noti della discografia dell'ultimo mezzo secolo. Ad esempio:)
Pochi rammentano che nel 1993 Fiorello con la sua versione di "La nebbia agli irti colli" non solo riscosse un travolgente successo, ma scatenò per emulazione una vera e propria sotto-scena della discodance siciliana, i cui vocalist si misero a saccheggiare i versi dei più celebrati poeti italiani nella speranza che funzionassero bene con delle basi techno. Speranza quasi sempre delusa, e in effetti questa vague disco-lirica è passata alla storia per la velocità con la quale riusciva a svuotare le piste alla domenica pomeriggio: i ragazzini schizzavano via, forse in cerca di biblioteche dove approfondire la conoscenza dei classici, ma siccome era difficile che ne trovassero aperte più probabilmente si davano alla droca. Comunque questa rimane l'ineguagliata hit di dj Quasimodo, Rifugio di uccelli notturni.
L'accelerazione è percepibile
18-07-2024, 01:43autoreferenzialiPermalinkCioè no, non è successo, ma non mi spiace dare questa impressione. I santi hanno reso bene, non tanto perché hanno venduto più di quanto mi aspettavo (mi aspettavo pochissimo), ma per lo spazio che mi hanno fatto intorno, quel sentore di muschio e muffa più che consono a un sito internet più vecchio della maggioranza della popolazione umana al mondo. Pensatemi finalmente assorbito in una passione futile, ogni maschio della mia età ne ha almeno una; e non con gli occhi sbarrati davanti a questo schermo mentre vedo il mondo bruciare e mi torco le mani, e pesto i piedi, e dalla cucina qualcuno mi chiede cosa sto combinando, niente, niente, ho chiuso un attimo la Bibliotheca Sanctorum e sotto c'era un tweet da Gaza, bombardano la spiaggia. Vuoi vedere che Hamas ha messo i tunnel anche lì.
A novembre in USA si vota e chi vincerà sarà fuori da ogni giurisdizione, infallibile come il papa salvo che il papa al massimo oggi ti scomunica, laddove i presidenti tendono a bombardare. Sarà il comandante sul ponte di un Occidente che affonda, sarà nervoso e circondato da imbecilli, un'élite liberale che ha fatto tutto il possibile per mandare la nave a scontrarsi contro ogni logica di sopravvivenza. Sarà tante cose, ma a questo punto tenderei a escludere che sarà una persona equilibrata e sana di mente: Trump non lo era neanche quando aveva ancora due orecchie, Biden se lo fosse si sarebbe ritirato mesi fa. Questa persona si ritroverà sulle spalle l'emergenza climatica, il fallimento strategico e morale di tutte le campagne degli ultimi anni, e in mano la valigetta nucleare. Se non sembra un incubo, è perché a sognarlo tutti i giorni dopo un po' ci si sente come a casa.
Qualche fine settimana vado al mare, perché fa davvero troppo caldo; anche se a dirlo passi per un fanatico. Leggo qualcosa, scrivo qualcos'altro, guardo cartoni animati, faccio anche le parole crociate. Se pensassi che il mondo fosse finito, che non restasse più niente da fare, probabilmente mi comporterei nello stesso modo. Quindi forse lo penso.
Veronica che fotografò Gesù
12-07-2024, 00:34repliche, santiPermalink12 luglio – Santa Berenice/Veronica, paleo-fotografa.
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Grazie Gesù (e chi ti smacchia più) (Mattia Preti). |
Una fotografia, diremmo noi.
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La Veronica di Hans Memling (1475, notate le due punte della barba). |
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Il Volto di Vienna. |
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La Veronica di Roma |
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Autoritratto in forma di Gesù Cristo (o di rockstar), Albrecht Dürer, 1500 (ecco, questo se non lo conoscessi potrei davvero scambiarlo per una foto). |
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Re Abgar riceve un souvenir dalla Palestina (miniatura). |
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Giovanni Damasceno, l’arabo che amava la Madonna. |
La santa che abbatteva le statue
11-07-2024, 02:33santiPermalink11 luglio: Santa Marciana di Cesarea di Mauritania (III secolo), martire e abbattitrice di statue
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FALSA! SEI FALSA! |
È da un po' che nessuno maltratta una statua – perlomeno i giornali non ne parlano, e considerata la rilevanza che ultimamente davano al fenomeno, do per scontato che se qualche monello avesse maltrattato un nano da giardino ce lo farebbero sapere. O invece no, forse i giornalisti hanno capito di avere esagerato – lo spartiacque potrebbe essere stato quel fondo della De Gregorio di un anno fa, chiamò cerebrolesi dei tizi che avevano buttato giù una statuetta e i cerebrolesi se la presero – ma a quel punto non era nemmeno più chiaro perché le statue avessero tanta importanti, e perché vandalizzarle fosse considerato un gesto così importante e pericoloso.
Anche in questo caso il carattere effimero del fenomeno dipendeva soprattutto dal fatto che avevamo importato una pratica dagli USA, senza capire perché negli USA fosse così importante. Laggiù le statue provocano discussioni perché ogni comunità innalza le sue, senza chiedere il permesso agli altri. È il modo in cui si è sviluppata la società – una specie di guerra fredda tra comunità basate su identità razziali o religiose. Se sei razzista non è che puoi proprio dirlo in giro, ma puoi sventolare una certa bandiera, e/o esibire la statua di qualche vecchio schiavista. Finché qualcuno non prova a tirartela giù. Da noi è diverso, le statue di solito sono esposte in uno spazio considerato pubblico, e in molti casi sono pubbliche anch'esse. Per cui di solito il dibattito sull'opportunità di erigerne una si fa prima, o durante l'erezione. Per avere una statua devi entrare nel pantheon dei venerati maestri, dopodiché di te si parlerà generalmente bene e poco. Le eccezioni di solito segnalano l'originalità di qualche amministratore, o, nel caso di Montanelli, lo smottamento dell'opinione pubblica, che vent'anni fa lo trovava tutto sommato un gran personaggio e adesso no.
Comunque il fatto che l'ultima fiammata iconoclastica sia arrivata di riflesso dall'America non significa che in generale prendersela con le statue non abbia un senso e un'efficacia. È peraltro pratica già antica, dopotutto le statue esistono da che esiste l'umanità (le pietre sono la prima cosa che abbiamo cominciato a scheggiare). E come tutte le pratiche antiche senz'altro esiste un santo del calendario che l'ha praticata, e che si può proporre come patrono degli abbattitori di statue. Potrebbe trattarsi proprio di Santa Marciana di Cesarea di Mauritania, che fu condannata alle belve per aver decapitato una fontana.
La pagina che le dedicano gli Acta sanctorum è insolitamente asciutta: non vengono descritti miracoli, ogni accadimento sembra insolito, ma verosimile. Marciana è presentata come una vergine di grande bellezza e di indubbia moralità, decisa a vivere una vita di penitenza. Invece di ritirarsi nel deserto – pratica che si sarebbe diffusa soltanto nel secolo successivo – Marciana si trasferisce dalla piccola Russucur a Cesarea, capoluogo della Mauritania (oggi più o meno l'Algeria), e qui finisce molto presto nei guai. Durante una festa di quartiere, trovandosi davanti una statua della dea Diana su una fontana, rimane così scandalizzata da vandalizzarla, troncandole il capo. Immaginatevi gli opinionisti a quel punto: gioventù dissoluta, cerebrolesi, con quel che costa il marmo e la manodopera, ai miei tempi le fontane e le Diane si adoravano, altroché. La folla a momenti la lincia sul posto; durante il processo Marciana prende parola solo per dissuadere i cittadini dall'adorare dei di marmo o legno o qualsiasi metallo, e di convertirsi al vero Dio: una linea di difesa abbastanza azzardata, durante le persecuzioni di Diocleziano.
Marciana viene condannata "ad bestias": nel grande anfiteatro di Cesarea viene risparmiata da un leone, incornata e sollevata da un toro, dilaniata da un leopardo. Un tale supplizio può sembrare esagerato: sappiamo che a Roma, contro Perpetua e Felicita, non fu aizzato nemmeno un toro, ma una giovenca. Ma di solito in una storia di santi l'esagerazione serve a introdurre un intervento miracoloso, che qui non c'è. Forse davvero in Mauritania si usavano le fiere anche contro le ragazzine, del resto su quella sponda del mediterraneo era più facile procurarsele.
Se ad altri santi sono attribuiti comportamenti iconoclastici, è abbastanza curioso che in questo caso a distruggere un'immagine pagana davanti a tutti sia una vergine, da cui ci si aspetterebbe una condotta assai più timida. Si potrebbe persino ipotizzare che il gesto inconsulto di Marciana sia stato un raptus causato dal panico: proveniente da un piccolo centro, forse la santa non aveva mai visto una statua di buona fattura a grandezza naturale, qualcosa che per noi è abbastanza normale ma che per lei risiedeva nell'uncanny valley dei simulacri così simili all'umanità da risultare perturbanti. Potrebbe avere provato lo stesso orrore che proveremmo nei confronti di un androide semovente che pretende di parlarci come un essere umano. Non solo, ma il suo orrore nei confronti delle immagini potrebbe indicare la presenza di una corrente iconoclastica nelle piccole comunità cristiane africane, tre secoli prima dell'arrivo dell'Islam e delle guerre delle icone a Costantinopoli. Siamo abituati a pensare che l'avversione per le icone si irradi dalla Mecca, ma non avrebbe avuto il successo che avuto se avesse incontrato un terreno ostile. L'idea che le immagini fossero qualcosa di profondamente sbagliato circolava già, se non altro nelle comunità ebraiche e probabilmente anche in qualche comunità cristiana eccentrica o eretica. Può darsi che Marciana ne avesse fatto parte, prima di arrivare nel grande capoluogo e imbattersi in un idolo di marmo a grandezza naturale. E romperlo. Del resto per lei era una truffa. Fate presto a giudicare voi: vi capitasse l'occasione di sventare una truffa in una pubblica piazza, davanti a tutti, non ne approfittereste? Senza fare male a nessuno, le statue non provano dolore. Sono fredde, dure, non provano e non pensano niente, non l'hanno mai pensato. Sarà forse questo che affascina i giornalisti italiani.
A Rainha Santa Isabel
04-07-2024, 01:11santiPermalink4 luglio: Sant'Elisabetta (1271-1336), regina del Portogallo
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Francisco de Zurbarán |
Un'altra volta la stessa Elisabetta stava portando del pane ai poveri, quando il marito sospettoso (e alquanto avaro) la scoprì: ferma là, cosa stai portando in grembo? E lei: ma niente, un mazzo di rose. Ora, questo miracolo ha molto più senso se è riferito a una santa che svolga una professione più umile, come Santa Zita che era una domestica, o al limite Francesca Romana che era una nobildonna, sì, ma stava a Trastevere e poteva davvero infilarsi un sacco di pane sotto il gonnellone. È appunto a causa della scarsa fantasia degli agiografi improvvisati se verso il Quattrocento questo miracolo comincia a essere attribuito a regine come Elisabetta d'Ungheria, e poi Elisabetta di Portogallo che peraltro era sua nipote. Comunque quando re Dionigi insiste per vedere cosa c'è davvero nel sacco, indovinate: il pane si è trasformato in un mazzo di rose. Per questo motivo Elisabetta è spesso ritratta coronata da rose, e Francisco de Zurbarán la ritrae con la gonna più grande che riesce a mettere nel quadro, perché se una regina deve proprio uscire di palazzo per portare pane ai poveri, sembra giusto che ne porti un'ingente quantità. In seguito viene introdotta la variante per cui a trasformarsi in un mazzo di rose non è un po' di pane, ma un sacchetto di monete che avrebbero finanziato opere di carità più degne di una regina. Ma d'altro canto cosa ci si aspetta da una santa regina?
Diverse cose. Che si sposino volentieri con il sovrano loro destinato; che gli scodellino rapidamente qualche erede maschio ma non troppi (sennò poi tocca combattere le guerre di successione); che sopportino invecchiando i tradimenti del marito e che alla sua morte si ritirino in un convento magari fondato e senz'altro finanziato da loro. Elisabetta non si scosta molto dal modello già incarnato dalla zia, Elisabetta di Turingia e Ungheria. Ci aggiunse comunque l'impegno con cui si dedicò a mettere pace tra i suoi litigiosi congiunti. In tutte le famiglie ci sono elementi così, di solito cucinano per le feste e cercano di far sedere tutti allo stesso tavolo; per Isabel invece si trattava di fermare eserciti già schierati cavalcando lungo la linea del fronte e brandendo un crocefisso, per evitare che suo figlio Alfonso Quarto attaccasse il padre Dionigi re del Portogallo e dell'Algarve.
Cosa metteva contro il padre e il figlio? Ma le solite questioni: Dionigi sembrava preferire ad Alfonso certi fratellastri di quest'ultimo, avuti da altre donne mentre la regina Isabel chiudeva santamente gli occhi. Per quanto i genitori gli assicurassero che lui restava il legittimo primogenito, Alfonso non si fidava del tutto e dando un occhiata al suo assai intricato albero genealogico non possiamo dargli torto. La stessa Elisabetta/Isabel, pur essendo figlia di Pietro III il Grande d'Aragona, era nipotina di Manfredi di Svevia, uno dei famosi figli del grande imperatore Federico II: tutti probabilmente illegittimi (non si è ancora capito se Federico sposò o no la madre di Manfredi sul letto di morte). Quanto a papà Dionigi, era un Borgogna, figlio di Alfonso III re come lui del Portogallo, ma la madre Beatrice era figlia illegittima di un altro re Alfonso, quest'ultimo di Castiglia, e Decimo della sua serie.
Vien da pensare che chiudere un occhio sulla legittimità degli eredi fosse l'unico modo per allargare un poco il pool genetico tra casate regnanti di Spagna, Borgogna e Sicilia, ormai ridotte a una sola famiglia neanche troppo allargata. Nota che tutti questi matrimoni tra consanguinei non impedivano agli Alfonsi e ai Dionigi di farsi comunque qualche guerra ogni tanto. Tanto più meritoria l'impresa di Sant'Elisabetta, che forse avvenne a Coimbra durante un assedio (qui avrebbe cavalcato un cavallo) e forse a Lisbona dove invece avrebbe montato una mula, o magari è capitato due volte. Non capita anche nella vostra famiglia che i litigi si somiglino un po' tutti.
Il marito premiò quest'opera di conciliazione facendola rinchiudere per un po' con l'accusa di tradimento, in quanto avrebbe sobillato il figlio. Una bella faccia, tosta, ma alla prima malattia seria se ne pentì e la riabilitò. Elisabetta, dopo aver accudito al marito malato, ottenendone il pentimento per i peccati quando questi era ormai in fin di vita, sarebbe entrata come terziaria francescana nel convento da lei fondato a Coimbra. Ne sarebbe uscita un'ultima volta per tentare di mettere pace tra il figlio Alfonso IV e il marito della figlia di quest'ultimo, anche lui un Alfonso, ma re di Castiglia e pertanto Undicesimo. Ma stavolta l'opera di pacificazione non funzionò e allora lei disse sai che c'è? Mi sono rotta di tutti questi Alfonsi di Castiglia e d'Aragona e di Borgogna, io torno a Coimbra e tra un po' me ne vado in paradiso, ciao. No, non lo disse (più probabilmente morì di febbre prima di arrivare nel teatro delle operazioni), ma non avrebbe avuto tutti i torti.
(Non compie gli anni nessuno in particolare)
02-07-2024, 12:10la musica è finita, musicaPermalink– Stavo pensando che all'età che mi ritrovo sarebbe anche il caso ogni tanto di scrivere un pezzo che esprima indignazione per il fatto che il mondo vada in direzioni che non avevo previsto e che nel futuro le persone non non vivranno come sono vissuto io, non ameranno le cose che ho amato io, non lavoreranno come lavoro io e forse non lavoreranno proprio nel senso che io do oggi al termine – del resto neanch'io sarei stato probabilmente un lavoratore nel senso che i miei nonni davano al termine (oddio anche mio padre credo che abbia sempre avuto dei dubbi su di me in tal senso).
Alcuni alla mia età preferiscono non affrontare ancora la cosa di petto, magari partire da un segmento più ristretto, ad es. i gusti musicali, c'è gente in tutti gli asili nido del mondo che non ascolterà la musica che abbiamo ascoltato noi e probabilmente svilupperà gusti musicali diversi dai nostri, non trovate tutto questo intollerabile? Alla mia età pare che diventi intollerabile.
Nei commenti di questo pezzo potreste dare il vostro contributo esprimendo solidarietà nei miei confronti e pena per chi viene dopo di noi, poveri esseri usciti da uno stampino a cui sarà per sempre preclusa una vera autentica esistenza, e suggerire anche motivi per cui questo è successo, potrebbe essere stata l'Intelligenza Artificiale o l'enigmatica Dittatura del Politicamente, fatto sta che dopo di noi il diluvio e non è che ci faccia piacere, però non possiamo che constatare che i tempora, i mores, è tutto andato a puttane esattamente nel momento in cui compivamo il 45esimo anno di età e ora ci aggiriamo scrollando la testa tra le macerie di questo disastro morale, ultimi superstiti di un'era di superuomini, sperando di incontrare qualcuno che ci capisca, poi da cosa nasce cosa. Purché non ne nascano bambini! Ci abbiamo già provato ma invece di dare la luce a individui perfetti come noi, maledizione, sono nate queste creature sciocche piangenti e puzzolenti che ascoltano la trep o i moleskin.
Bernardino, santo e assassino?
01-07-2024, 10:45Mondo Carpi, santiPermalink2 luglio: San Bernardino Realino (Carpi 1530 – Lecce 1616), poeta pentito e gesuita
L'eresiologo più pacifico
28-06-2024, 00:19santiPermalinkProspero di Reggio, ammesso sia esistito
25-06-2024, 00:13Emilia paranoica, santiPermalink![]() |
Con quanto entusiasmo accoglie l'incarico |
E perché poi non dovrebbe essere esistito, Prospero di Reggio? Non c'è una città d'Italia, non c'è un paese o anche solo un accrocchio di case che non possa invocare un santo protettore; perché anche i reggiani non dovrebbero averne uno? Non sono anch'essi esseri umani? Bella domanda.
Come si fa a non volergliene.
Ora, è pur vero che tra le città sulla via Emilia, tutte un po' simili come matrioske, Reggio non è tra le più grandi, ma non è nemmeno la bambolina più piccola; scommetto ad esempio che Fidenza ci starebbe dentro anche comoda. Se Fidenza un santo se l'è trovato (pure cefaloforo), perché non dovrebbe esserci riuscita Reggio? Ma bisogna ammettere che del Prospero reggiano si conosce così poco, e quel poco sembra copiato da altri santi più definiti. Di lui si racconta, ad esempio, che avrebbe steso la nebbia sulla città per difenderla dall'incursione di Attila, il che però si dice di tanti altri santi e soprattutto di Geminiano di Modena. Bisogna comunque postulare un'Attila talmente selvaggio che conduce il suo esercito in mezzo ai campi alla cieca, invece di seguire la comoda strada romana che ti conduce nei centri urbani anche quando la nebbia non ti fa vedere a un metro di distanza. E comunque se dubiti dell'esistenza di Geminiano puoi andare a dargli un'occhiata nella sua cripta, il 30 gennaio di solito è aperta al pubblico, c'è uno scheletro ben conservato che nei suoi paramenti da vescovo fa una certa figura. I resti di Prospero, nella chiesa omonima a Reggio, sono meno spettacolari.
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Cioè questo per loro è un duomo, capite |
Per sostenere che le cose siano andate davvero così non abbiamo nessuna prova, ma una coincidenza intrigante: se invece di continuare a guardare verso Modena, ci voltiamo verso ovest, cosa troviamo? Un'altra discutibile città che in mancanza di un nome ha preso quello del torrente che la percorre: Parma. A differenza dei modenesi e dei reggiani, i parmensi non ci hanno mai nemmeno provato a inventarsi un santo protovescovo; il loro patrono è proprio Ilario di Poitiers, ovvero il compagno di viaggio di Prospero d'Aquitania. Non è nemmeno escluso che un po' di ossa dei due santi gallici siano davvero arrivate nell'Emilia occidentale, al tempo in cui i duchi longobardi effettuavano scorrerie contro i Merovingi; o più tardi, quando i Franchi diventano i nuovi signori della pianura padana e magari portano un po' di ossa famose in dono ai vescovi locali per tenerli buoni. Poi il tempo passa, i legami con la Francia (ma anche solo con Parma) si affievoliscono, Reggio nel basso medioevo comincia a gravitare intorno a Modena e subisce l'influsso del culto locale del protovescovo. È un'ipotesi.
La voce che chiama, nel deserto
24-06-2024, 00:24Bibbia, Cristo, santiPermalink24 giugno: Natale di San Giovanni Battista (I secolo dC)
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Bottega di Raffaello Sanzio |
Non vorrei mettervi ansia, ma tra sei mesi è Natale, avete già pensato cosa regalare a questo e a quest'altro? (c'è un bellissimo libro della Utet, se lo prenotate adesso arriva di sicuro, si chiama Catalogo dei santi ribelli). Che manchino sei mesi lo si capisce dal calendario, e anche dal fatto che oggi si festeggi Giovanni Battista, che secondo il vangelo di Luca è nato sei mesi prima di Gesù: quindi quando i cristiani cominciarono a osservare il Natale di Gesù nel giorno della festa del Sole Vincitore (tre giorni dopo il solstizio d'inverno, quando le giornate ricominciano ad allungarsi), il Natale di Giovanni andò a cadere tre giorni dopo il solstizio d'estate, ovvero quando le giornate cominciano ad accorciarsi. Non solo, ma essendo nato il 24 giugno, Giovanni dev'essere stato concepito tre giorni dopo l'equinozio di autunno, quando secondo Luca l'angelo Gabriele visita l'anziano Zaccaria e gli promette che sua moglie Elisabetta concepirà un bambino che diverrà un profeta (siccome Zaccaria è scettico, Gabriele gli toglie il dono della parola per tutti i nove mesi). Gesù, invece, si sa, viene concepito tre giorni dopo l'equinozio di primavera, il 25 marzo.
È abbastanza chiaro che i due personaggi evangelici sono stati incastrati in un sistema di ricorrenze basato sul calendario solare, che lascia tracce nel folklore: nella Figlia di Iorio D'Annunzio riprende l'usanza l'abruzzese per cui le donne che vogliono maritarsi entro l'anno, la mattina del 24 devono svegliarsi presto per vedere nel sole nascente la testa (decapitata) di San Giovanni. Lo stesso Giovanni, ai discepoli che gli chiedono ragione del fatto che Gesù si sia messo a battezzare per i fatti suoi: risponde "Egli deve crescere, e io invece diminuire" (Giovanni 3,30), autorizzando una lettura sincretica; Gesù e Giovanni come due opposte polarità, estate e inverno, acqua e fuoco – anche quest'opposizione è messa in bocca a Giovanni, stavolta dall'evangelista Matteo (3,11): "Io vi battezzo con acqua per la conversione; ma colui che viene dopo di me è più potente di me e io non son degno neanche di portargli i sandali; egli vi battezzerà in Spirito santo e fuoco". Sempre in Matteo, Gesù invece definisce Giovanni come nuovo Elia (il profeta rapito in cielo su un carro fiammeggiante), il che potrebbe anche significare che si considera il nuovo Eliseo – il discepolo di Elia che aveva ereditato da lui "il doppio dello spirito". Nel quarto e omonimo vangelo però Giovanni, a domanda diretta dei sacerdoti, nega di essere Elia: uno dei tanti piccoli dettagli dissonanti che i vangeli conservano e che ci fanno sospettare che la situazione fosse molto più complessa. Una cosa curiosa è che quando i sacerdoti gli domandano di definirsi con più precisione, il Battista del quarto vangelo replica con una citazione quasi letterale di un altro vangelo, uno dei rari indizi che abbiamo che il quarto evangelista avesse letto almeno uno degli altri: si definisce infatti "voce di chi chiama nel deserto: preparate la via del Signore". È una citazione da Isaia (40,3), ma è anche il terzo versetto del vangelo di Marco. Diversi commentatori fanno notare che sia Marco sia Giovanni fraintendono Isaia, che non parlava di una "voce nel deserto", ma di una voce che chiede di "preparare la via del Signore nel deserto", ma forse si tratta di commentatori che sanno qualcosa che io non so, di ebraico o di antico greco, perché nella versione latina l'ambiguità c'è, quell'"in deserto" può riferirsi sia a "vox clamantis" sia "parate viam domini"; tutto sta dove metti la punteggiatura, salvo che la punteggiatura l'hanno messa secoli dopo, quindi di che stiamo a parlare.
I vangeli di Giovanni e Marco hanno in comune anche la caratteristica di saltare tutta la narrativa dell'infanzia e cominciare il resoconto degli avvenimenti dal Battesimo di Gesù da parte di Giovanni. Un episodio che forse per alcuni cristiani delle prime generazioni aveva più importanza di quanta ne abbia adesso – sappiamo che a un certo punto tra le eresie fu incluso l'adozionismo, ossia l'idea che Gesù nasca soltanto uomo, e diventi figlio di Dio solo a partire dal battesimo. Bisogna concedere che l'ipotesi adozionista aveva il pregio di dare un senso a un episodio che altrimenti lascia perplessi: Giovanni battezzava i peccatori per purificarli dai peccati, ma se Gesù è già figlio di Dio, peccati non ne ha. Questa perplessità era già diffusa nel primo secolo, al punto che l'evangelista Matteo la lascia esprimere dal Battista stesso, il quale quando vede Gesù in coda per il battesimo afferma: "Io ho bisogno di essere battezzato da te e tu vieni da me?", al che Gesù risponde: "Lascia fare per ora, poiché conviene che così adempiamo ogni giustizia". Dal che è lecito dedurre che l'episodio del battesimo fosse davvero avvenuto, davanti a testimoni oculari che nessun evangelista poteva smentire, anche se sul significato c'erano interpretazioni diverse. Luca, l'evangelista che più sente la necessità di conciliare le versioni, sostiene che "tutto il popolo" si stesse facendo battezzare, insomma Gesù vi si sarebbe sottoposto non perché ne avesse bisogno, ma per rispetto nei confronti delle usanze e delle leggi del popolo: allo stesso modo sua madre aveva partecipato a una cerimonia di purificazione dopo il parto, benché in quanto vergine non ne avesse realmente bisogno.
Anni più tardi, all'apostolo Paolo capiterà almeno un paio di volte in Asia Minore di imbattersi in predicatori che "conoscono soltanto il battesimo di Giovanni" (Atti 19,2). Siamo ancora in una fase iniziale: i sacramenti non sono ancora stati definiti con chiarezza, eppure appare chiaro che "il battesimo di Giovanni" è qualcosa che gli apostoli di Gesù considerano imperfetto, o perlomeno incompleto: e però qualcuno lo sta diffondendo. Forse quella di Giovanni era una nuova religione, diversa da quella poi rielaborata da Gesù (e in seguito dagli apostoli). Può darsi che Giovanni, descritto dagli evangelisti con l'abbigliamento di eremita del deserto, facesse parte della setta degli esseni: ipotesi che viene spesso buttata lì come se spiegasse tutto, ah sì, gli esseni, laddove a parte il fatto vivessero già nel deserto (forse su suggestione di Isaia) e collezionassero preziosi rotoli noi degli esseni non sappiamo poi tanto. Praticavano il celibato – come Giovanni – e venivano sostanzialmente rispettati (forse persino protetti da Erode) malgrado rifiutassero uno o più testi della Torah. Erano inoltre divisi in sette, e Giovanni avrebbe potuto essere il membro o il fondatore di una di queste. Senz'altro il rito battesimale che praticava nelle acque del Giordano è qualcosa di nuovo, non previsto dai riti giudaici – e questo malgrado il padre Zaccaria appartenesse alla casta sacerdotale dei leviti, anzi fosse discendente di Aronne. La piccola comunità religiosa che ancora oggi si rifà agli insegnamenti di Giovanni – i mandei – pratica il battesimo settimanale per immersione come mezzo di purificazione dai peccati. Sono appena settantamila, sopravvissuti a diverse persecuzioni: vivono in una regione dell'Iran, ma parlano ancora un dialetto aramaico. Che i loro libri riflettano veramente la predicazione originale di Giovanni è un'idea suggestiva, anche se la filosofia di fondo è più simile alla gnosi o al manicheismo sviluppatisi in Medio Oriente nei secoli successivi.
I vangeli ci raccontano come Giovanni accetti di essere un semplice precursore, ma è possibile tra le righe intravedere almeno un momento in cui i battezzati dovettero scegliere: con l’uno o con l’altro. O Giovanni o Gesù. Non dicevano proprio le stesse cose. I discepoli di Giovanni digiunavano, quelli di Gesù no; Giovanni si lascia andare a commenti pericolosi sulla famiglia reale, Gesù cerca di non fare politica (ma poi finisce comunque nei guai). Forse Giovanni era stato il maestro di Gesù (è lui a battezzarlo), ma poi quest’ultimo aveva preso una strada sua, e l’incarcerazione di Giovanni lo mise nella condizione di ereditare un po’ del credito del predicatore rivale, che davvero in questo senso gli aveva aperto la strada. Eppure anche in carcere Giovanni continuò a diffidare del cugino (Luca li considera cugini: ma in nessun altro testo sembrano manifestare alcun tipo di familiarità), mandando i suoi discepoli a chiedere a Gesù se davvero è il Messia. Gesù non si limita a rispondere “sì”, ma invita i giovannei a verificare di persona: come si riconosce un Messia? Cosa dice il profeta Isaia al riguardo? I ciechi recuperano la vista? Fatto. Gli storpi camminano? Fatto. I lebbrosi guariscono? Questo a dire il vero in Isaia non c’è, ma crepi l’avarizia. Eccetera eccetera: i sordi odono, i morti resuscitano…”
“E gli schiavi?”
“Eh?”
“Isaia diceva anche qualcosa sugli schiavi da liberare”.
“Sì, benappunto, vi ho detto che i morti resuscitano”.
“No Isaia non parla di morti, parla di schiavi, schiavi da liberare, insomma la rivoluzione”.
“Siete voi che non capite Isaia, volete sempre buttarla in politica”.
“Sei tu che non vuoi far politica, hai paura di finire come Giovanni, lui sì che si è preso le sue responsabilità…”
“Giovanni lo stimo, ma non avete mica capito, qua si parla di resuscitare i morti, liberarsi dal giogo del peccato originale, altro che schiavi e mica schiavi, questa è un’idea che tra duemila anni ancora ne staranno a parlare”.
“E avranno ancora gli schiavi”.
“E pazienza, i poveri ci saranno sempre…”
“Giovanni non parla così”.
“Che importa di quel che dice Giovanni, tanto la storia la scrivono i vincitori, e il protagonista sarò io, e del vostro Giovanni si parlerà come di uno che non era degno di allacciarmi le scarpe”.
“Noi restiamo con Giovanni”.
“Perfetto, sparite, faccio già fatica a vedervi”.
“Buona resurrezione”.
“Ridete, ridete, ride bene chi ride per ultimo”.
Magari non andò esattamente così, però i giovannei non seguirono tutti Gesù. C’era un formicolio di sette e di bande armate, una vitalità complessa e indisciplinata che i Romani non capirono e che presto o tardi spazzarono via per farci un bel deserto e chiamarlo pace (di Giovanni riparleremo nel giorno in cui si celebra il suo martirio, il 29 agosto).