Chiara le cose le sa e basta

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17 agosto: Chiara della Croce (1268-1308), la monaca che sapeva tutto. 

Gesù appare a Chiara,
le imprime alcune immagini sul cuore,
e la invita alla santa delazione. 

Tra i vari doni fatti da Dio a Chiara di Montefalco (oggi in provincia di Perugia), forse come ricompensa per aver cominciato a flagellarsi e a mettersi il cilicio sin dalla prima infanzia, e aver seguito la sorella maggiore Giovanna prima nel reclusorio e poi nel monastero agostiniano da lei fondato... tra i vari doni vi era quello della Scienza Infusa: ovvero sapeva tutto o quasi tutto senza doverlo imparare; lo sapeva e basta. Questo spiega molte cose, ad esempio come mai fosse eletta badessa del monastero della Santa Croce alla morte della sorella, benché avesse appena 23 anni; come mai i cardinali più influenti non disdegnassero di corrispondere con lei o addirittura di incontrarla, e soprattutto come riuscì a denunciare al pontefice la setta dei Fratelli dello Spirito di Libertà. Perché è pur vero che i Fratelli battevano la campagna umbra diffondendo idee pericolosamente eretiche, ma lei, tutta chiusa nel suo eremo e rivolta alle cose del cielo, come faceva a saperlo?

Chi la informava? Il resoconto steso dal biografo di Chiara, Berengario di Sant’Africano, lascia perplessi. Dobbiamo credere che Chiara venga abbordata da un tale fra' Giacomo che cerca di convincerla che l'inferno non esiste e che l'anima in vita possa perdere il desiderio. Queste idee fra' Giacomo le avrebbe esposte alla santa, in un colloquio orale: ovvero non abbiamo documenti scritti. E se vi state chiedendo come avrebbe fatto un frate a entrare in un monastero femminile agostiniano per spiegare che l'inferno non esiste, ebbene, l'unica spiegazione possibile è che questo fra' Giacomo fosse un confessore delle monache. Messa in guardia da un sogno premonitore, Chiara respinge le idee di fra' Giacomo, il quale a questo punto potrebbe anche dirsi va bene, ci ho provato, pazienza, dopotutto questa tiene corrispondenza con tutti i cardinali, forse è meglio concentrarsi su obiettivi meno rischiosi, pastorelle, artigiani. Invece no! Fra' Giacomo decide di rivolgersi al leader del Libero Spirito, Bentivegna da Gubbio: vieni con me da Chiara di Montefalco, vediamo se riusciamo a convincerla che il libero amore è praticabile (in realtà non possiamo essere sicuri che i Fratelli del Libero Spirito praticassero il libero amore: è una delle più classiche accuse che si muovevano nei processi per eresia). E Bentivegna da Gubbio come aveva reagito all'invito? Bentivegna, che in gioventù era riuscito a evitare per un pelo il rogo abbandonando al loro destino l'Ordine degli Apostoli di Gerardo Segarelli; Bentivegna che per salvarsi la pelle aveva preso il saio dei Frati Minori, e per l'eloquenza e la rettitudine ormai godeva in zona della fama di santo, Bentivegna avrebbe detto: ma perché no? andiamo assieme a raccontare tutte le nostre idee eretiche a un'amica dei vescovi come Chiara della Croce, cioè in pratica andiamo a costituirci e vediamo se ci carcerano a vita o ci bruciano subito.

Chiara e Bentivegna avrebbero avuto, secondo Berengario, almeno due colloqui, durante i quali il frate invano avrebbe discettato per ore di desiderio e libero arbitrio, citando versetti delle Scritture; tutto vano, perché Chiara, essendo Scienza Infusa, non aveva bisogno di conoscere le Scritture e nei fatti non le aveva mai lette (non fate quella faccia. Voi li leggereste i libri, sapendo già come vanno a finire?) In compenso aveva Gesù che di notte le appariva e le pregava di essere più severa con le idee eretiche di quel frate. Così Bentivegna se ne sarebbe andato senza riuscire a convertire le monache al libero amore: e di lì a poco sarebbe stato arrestato in quanto eretico, anzi eresiarca. Indovinate chi aveva fatto la soffiata: Chiara della Croce, esatto. Gesù le aveva pregato di scrivere una lettera al cardinale Napoleone Orsini.

Ubertino da Casale nel film.

Le cose strane non finiscono qui. A condurre il processo fu chiamato Ubertino da Casale, che in quel periodo era il cappellano del cardinale. Se ricordate vagamente il suo ruolo nel Nome della rosa, potreste stupirvi di trovarlo pochi anni prima nei panni di inquisitore. Ma Ubertino è una figura complessa. Anche lui, come Bentivegna, in gioventù aveva sognato una rivoluzione pauperistica, ispirata alla figura di Francesco d'Assisi ma soprattutto alle profezie di Gioachino da Fiore. Qualche anno prima che Celestino salisse il Soglio, proprio Ubertino aveva previsto un "papa angelico" che avrebbe trasformato la Chiesa in un regno di pace e di rettitudine; il che poi lo aveva maggiormente esposto alla delusione quando Celestino aveva abdicato. Ubertino era uno dei massimi rappresentanti della corrente spirituale dei francescani, quella più vicina al pensiero di Francesco, più lontana ai diktat dei pontefici, e più esposta alle accuse di eresia. Cinque anni prima che scoppiasse il caso Bentivegna, anche Ubertino era caduto in disgrazia: papa Benedetto XI gli aveva proibito di predicare e lo aveva mandato al confino alla Verna (lo stesso eremo dove anni prima era stato mandato a morire Francesco). Ubertino però era sopravvissuto, aveva scritto l'Arbor vitae crucifixae Jesu Christi, in cui ribadiva le tesi millenariste di Gioachino che in un qualche modo riuscivano ancora a far breccia, perché già nel 1305 lo troviamo alla corte del cardinale, che lo ritiene l'uomo giusto per condannare un collega come Bentivegna. Che senso ha.

Non lo so. Sembra quel momento in cui nei romanzi o nelle serie un personaggio complesso viene messo davanti a un bivio. O rimani quello che sei, tutto d'un pezzo, e vai in malora; o capisci come va il mondo: e per dimostrarci che hai capito ora tradisci un tuo collega. Ubertino e Bentivegna provenivano dallo stesso humus culturale: Ubertino aveva studiato di più, Bentivegna aveva occupato posizioni più estreme, ma a vederli da poco lontano erano entrambi due fraticelli sediziosi. Se Ubertino voleva dimostrare ai cardinali di essere cambiato, di essere più ragionevole, predisposto al compromesso, forse la condanna di Bentivegna era il prezzo da pagare. Non c'era nemmeno bisogno di bruciarlo: Bentivegna, messo davanti alle sue idee, le riconobbe come eretiche e la condanna a morte fu commutata nel carcere a vita. 

Ma la domanda è: come faceva Ubertino a conoscere le idee più eretiche di Bentivegna? C'è una risposta plausibile e una ufficiale. La risposta plausibile è che Ubertino lo avesse frequentato, e magari in parte ne avesse condiviso le opinioni. Insomma, processando Bentivegna, Ubertino stava processando una parte di sé stesso: il che non si poteva ovviamente mettere per iscritto. La risposta ufficiale è che Ubertino apprese ogni informazione da Chiara della Croce, che oltre a sapere tutto per definizione, aveva avuto con Bentivegna quei provvidenziali colloqui. 

Per cui mi rimane questo sospetto, che riconoscendo a Chiara la Scienza Infusa, la Chiesa abbia voluto blindare la sua testimonianza – e semplificare la posizione di Ubertino. Il quale Ubertino subito dopo il processo sarebbe diventato il referente più autorevole e ragionevole degli spirituali, quello che veniva mandato avanti quando si trattava di negoziare. Il che non lo avrebbe messo al riparo da guai successivi; tanto che dovette a un certo punto abbandonare l'Ordine (ed entrare nei benedettini), e forse morì assassinato, ma in età già avanzata, nel 1330.    

Chiara invece sarebbe morta poco dopo il processo, a quarant'anni; la maggior parte dei quali passati a macerarsi con torture che la rendevano, anche agli occhi del più entusiasta degli agiografi "più da ammirare che da imitare". Il corpo le fu aperto, non tanto per indagare sulle cause della morte, quanto per trovare segni miracolosi che ne accelerassero la canonizzazione; sul cuore gli improvvisati anatomopatologi trovarono incisi vari simboli della Passione di Gesù tra i quali il Crocifisso, il flagello, la colonna, la corona di spine, i tre chiodi e la lancia, la canna con la spugna, quante cose si possono incidere su un cuore umano, che è grande più o meno come un pugno? E nella cistifellea trovarono tre sfere di uguale diametro, che furono subito interpretate come un riferimento alla Trinità, mentre io mi immagino questa poveretta a cui tra una flagellazione e l'altra magari capitava di soffrire un po' per i calcoli alla cistifellea, se non li avete avuti non avete idea, a cosa serve sapere tutto se sai anche quanto fanno male i calcoli alla cistifellea.

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Amami a pacchi

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(Un disco per l'estate 2024)


 

Quando trent'anni fa Anselmo Focaccia, in arte Xilitolo, pubblicò la sua versione blueseggiante di Amami a pacchi, ci fu chi gridò alla profanazione del classico di Andrea De Fabrizi, un brano che in effetti dietro al nonsense celava una sua profondità. 

La situazione era un po' più complicata perché Xilitolo anche in sede processuale riuscì a dimostrare che il brano non era di De Fabrizi, ma risultava registrato a un tale "Robbi Giovannini", un improbabile bluesman di Goretto, delta del Po. Negli anni più di un musicologo, non avendo veramente niente di meglio da fare, ha tentato di dimostrare che Robbi Giovannini non era che Xilitolo sotto falso nome, il quale con un astuto sotterfugio avrebbe convinto i funzionari siae a retrodatare agli anni Sessanta un demo molto più recente. Ma Xilitolo non lo freghi, è uno che sgraffigna testi ad altri autori da una vita. 

Proprio quando ormai eravamo rassegnati, una sensazionale scoperta ha riaperto il caso: qualche anno fa, nel mercatino delle pulci di Alassio un egittologo in vacanza ha recuperato un 45 giri del 1959 di "Dario Balestra e la sua Orchestra" che probabilmente in seguito era stato usato come fondo per la sabbiera di un gatto, perlomeno questa è la spiegazione più plausibile per la peculiare cattiva condizione del reperto. E però anche se l'incisione era a brandelli, da quei brandelli si evince che lo sconosciuto Balestra stava cantando lo stesso testo di Robbi Giovannini, anche se su una base musicale che niente aveva di blues. E quindi, insomma, chi ha scritto davvero Amami a pacchi? E perché questo dovrebbe interessarvi? Eh vabbe' abbiate pazienza, ho questi quattro pacchi e non sapevo dove piazzarli. 

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Sta' zitto quando parli

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Sì, insomma, durante questa estate musicalmente discutibile mi sono preso la briga di sbobinare una conversazione che ho avuto con due membre delle Solite Stronze, un collettivo punk eccetera. Siamo al quinto pezzo e se skippate non vi biasimo.

Ecco, un brano che invece secondo me vi mette a fuoco è Sta' zitto quando parli.

Ma datti fuoco a te, coglione.

Scusa, è solo un modo di dire... mettere a fuoco significa definirsi meglio, come... come gli obiettivi delle macchine fotografiche che...

Delle macchine cosa?

Ops.

Ehi lo hai sentito? Ha detto "macchine fotografiche".

Vabbe' dai, non vuol dire, anch'io ne ho una a casa, ce l'aveva mia nonna.

Senti, ma il nostro album come l'hai ascoltato, col grammofono?

Va bene, ho capito, siete tanto punk e trasgressive e avete questa necessità di trattarmi come il nonno rincoglionito, anche se a conti fatti il punk è più vecchio di me...

Ma non si è rincoglionito.

E lo fate proprio mentre stiamo ascoltando una canzone come Sta' zitto quando parli, che addirittura parodizza Lucio Battisti.

Lucio chi?

Non fare la furba, dai. Sai benissimo chi è Lucio Battisti.

È quello con la barba e il berretto di lana?

Naaah, quello era Caruso.

State cercando di negare che Sta' zitto quando parli sia una parodia dei Giardini di marzo, malgrado gli evidenti debiti intertestuali?

Noi neghiamo sempre tutto.

No Future.

Ma anche No Past.

Soprattutto No Past. E aggiungo Fuck. Fuck the past.

Comunque anche stavolta il brano termina con una sorpresa che mette un po' tra parentesi tutto il brano, credevamo che la voce cantante non sopportasse un tizio che non riesce più a stare zitto, e invece capiamo che l'ha portato in un parco...

...per limonarlo.

E adesso ci dirai che questa cosa non ti sembra così femminista.

No, io non vi sto dicendo niente.

Perché ce lo devi spiegare tu, il femminismo.

No no, io non spiego niente.

Ma anche stavolta si tratta di capovolgere il punto di vista, cioè ti piacerebbe essere trascinata nel parco da una tizia che non ha nessuna intenzione di ascoltare quello che dici, una che da te vuole una semplice e immediata gratificazione di natura fisica e poi mandarti affanculo?

Ah quindi è un capovolgimento delle parti che dovrebbe servire a farci capire come ci si sente quando...

Non cercare di spiegare una canzone a chi l'ha scritta, idiota. Tra l'altro lo sai quanto ci ho messo a scriverla?

Non saprei?

Meno del tempo che ci stiamo mettendo ora a parlarne. Andiamo avanti.

Puoi almeno dirmi se hai mai sentito I giardini di marzo e...

Ho detto andiamo avanti, nonno!


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Little Big Love Gone Wrong

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(Un disco per l'estate 2024).

E così siamo arrivati al genere cantautori-spoof, un bacino praticamente inesauribile. Evidentemente certi generi si prestano più di altri alla parodia; oggi poi, con l'intelligenza artificiale il giochino è fin troppo semplice, e infatti ha già smesso di essere divertente.

Angelo Sbaglioni probabilmente non esiste; i suoi brani sembrano scritti da un'AI a cui è stato dato un prompt preciso: ricopia la prima strofa di una canzone d'autore italiana, quindi inserisci il verso: "poi all'improvviso la droga", e prosegui a ruota libera. Nel caso di Questo piccolo grande amore, il risultato è un delirio orgiastico che finisce con qualcuno che deve seppellire qualcun altro di nascosto. 

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Un papa e il suo antipapa (in miniera)

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13 agosto: Ponziano papa e Ippolito antipapa (III secolo)

San'Ippolito si fa un selfie (Antonio del Ceraiolo)

Di solito vengono definiti "antipapi" quei papi che in seguito non sono vengono più considerati tali, per cui l'eventuale conclave che li ha eletti viene considerato nullo, il loro nome eliminato dai documenti e ignorato dalla numerazione progressiva. Siccome la storia la scrivono abitualmente i vincitori, gli antipapi quasi sempre fanno una cattiva fine: uccisi o esiliati – qualcuno è riuscito a dimettersi pacificamente, ma è difficile farlo quando ti sei convinto di essere il papa. 

Il caso di Ippolito di Roma è abbastanza diverso: del resto è considerato il primo antipapa della Storia. È anche uno dei due antipapi che è stato considerato santo. Benché venga definito "di Roma", Ippolito proveniva forse dall'Asia minore. Qualche cronista lo definisce vescovo, anche se non è chiaro di che. Senz'altro era un personaggio di grande cultura e dotato di una certa verve polemica; come altri scrittori cristiani del tempo, la sfogava contro gli eretici, nei quali amava rintracciare le radici provenienti dalla cultura filosofica greca, anche per il gusto di sfoggiare la stessa cultura, mentre la censurava. Nella sua foga dialettica Ippolito non guardava in faccia a nessuno e a un certo punto accusò lo stesso papa, Zefirino, di intelligenza coi modalisti. 

I modalisti pensavano che Padre e Figlio fossero solo due "modi" di essere dell'unico Dio. Zefirino forse era tiepido nei loro confronti, ma Ippolito lo considerava "privo d'istruzione", insomma non abbastanza colto per capire la loro eresia e prenderne le distanze. Ippolito sentiva la necessità di un pontefice più dotato intellettualmente, e aveva anche in mente il candidato ideale: sé stesso. 

Invece alla morte di Zefirino (217) l'incarico passò a Callisto, un presule fautore di una linea morbida coi modalisti, ma soprattutto un maneggione con almeno una bancarotta alle spalle. Da come ne scrive, capiamo che Ippolito non riusciva a darsi pace del fatto che un tizio nato schiavo, che aveva fatto carriera amministrando i fondi del padrone (e perdendoli) fosse diventato il capo della comunità cristiana in città. Oggi sappiamo che nel terzo secolo la Chiesa aveva ormai acquisito una funzione sociale: oltre a predicare il ritorno di Cristo, presbiteri e diaconi raccoglievano fondi presso i membri più facoltosi e li ridistribuivano a chi aveva bisogno non solo di parole di vita eterna, ma anche di cure mediche o assegni di invalidità. È probabile insomma che i fondi che Callisto amministrava fossero quelli della comunità, e che questo gli avesse consentito di far carriera meglio di un teologo. 

Ippolito però questa dimensione del problema non la vedeva, o non voleva vederla: scandalizzato da una nomina che riteneva così poco meritocratica, provocò il primo scisma occidentale rifiutandosi di accettare il nuovo papa, e affermando anzi che il nuovo pontefice autentico era lui. Qualcuno gli dovette dar retta (non sappiamo quanti) perché lo scisma sarebbe durato per 18 anni, fino al 235. Nel frattempo sul Soglio ufficiale si succedettero Callisto, Urbano I e Ponziano. Durante il pontificato di quest'ultimo l'imperatore Massimino il Trace diede il via a una nuova persecuzione anticristiana, tanto che Ponziano, catturato e condannato, decise di dimettersi: ed è il primo papa ad averlo fatto, ufficialmente (delle dimissioni di Clemente non abbiamo informazioni sicure). Può darsi che la decisione sia stata influenzata dal fatto che in città esisteva una Chiesa alternativa, ovvero quella retta da Ippolito, che avrebbe potuto a quel punto reclamare il titolo; in tal caso si trattò di una precauzione inutile, perché anche Ippolito fu arrestato e condannato. 

Il papa e il suo antipapa sarebbero stati condannati "ad metalla", ovvero ai lavori forzati in una miniera sarda, dove si sarebbero incontrati. Può darsi che Ippolito abbia trovato in Ponziano un interlocutore più degno – dopotutto proveniva da famiglia nobilissima, a differenza di Callisto. Oppure fu il duro lavoro in miniera che permise a entrambi di guardare alle controversia teologica da una più giusta prospettiva, ma insomma la leggenda dice che prima di trovare insieme il martirio, Ippolito e Ponziano si sarebbero riappacificati e avrebbero chiesto ai rispettivi discepoli di fare altrettanto. Il primo scisma d'occidente si sarebbe dunque risolto in miniera, lasciandoci il sospetto di quanti altri scismi si sarebbero potuti risolvere così: i vescovi non si mettono d'accordo sul filioque? Ad metalla! C'è un papa ad Avignone e uno a Roma, qual è quello giusto? Mandiamoli entrambi in miniera! Lutero ce l'ha con Tetzel, chi avrà ragione? Ne discutano in miniera, e così via. 

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Compagno di scuola dove vai vieni qua

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(Un disco per l'estate 2024)

Noi ridiamo e scherziamo ripostando canzoncine di dubbio gusto, e intanto il tempo fugge e proprio quest'anno un disco importante come Cuore compie quarant'anni e il suo autore lo porta in giro per l'Italia, domani sera per esempio è a Forte dei Marmi. Chissà se canterà anche Compagno di scuola, una canzone che mi accompagna da una vita anche se io cerco sempre di svicolare, ma non importa, magari sto in un negozio di insetticidi, o in una libreria... sto ricordando semplicemente le ultime due volte che ho sentito questa canzone (e non sono potuto scappare via perché avevo già della merce in mano). 

In effetti è un caso rarissimo di canzone performativa, ti dà proprio quella sensazione di incontrare una persona che avresti preferito incontrare in un qualsiasi altro momento, non so se avete presente. Vabbe' comunque complimenti al cantautore, e ne approfitto per postare quest'altra canzoncina di dubbio gusto.

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Sesso con gli ursidi

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(Prosegue l'intervista con le solite stronze, nel senso della punk band che si fa chiamare Le Solite Stronze e devo dire che è un nome che comincia a convincermi).

Siamo arrivati al quarto pezzo del vostro album, che è anche il più... come dire...

Con parole tue.

Beh ecco devo dire che all'interno del vostro album, che è un po' più eterogeneo di quanto possa sembrare al primo ascolto, Sesso coi coleotteri è il pezzo più eterogeneo, almeno dal punto di vista musicale.

A me fa cagare.

Non sembra un pezzo delle Solite Stronze, ecco.

In effetti è un pezzo che viene da prima... cioè è una cosa a cui stava lavorando Claudia Azzolina, che nel brano suona anche il violino, credo.

Un cazzo di violino, ti rendi conto.

Quando abbiamo deciso di mettere su il gruppo, Claudia è stata un elemento prezioso, però...

Ha subito cominciato a dire, ehi, potremmo fare questa stronzata! potremmo fare quest'altra stronzata! insomma aveva già dei pezzi da parte e non c'entravano molto col mood del collettivo.

Allora alla fine ha ripreso questa, e ha aggiunto la prima strofa sugli orsi perché sembrasse collegata alle altre. Già il pezzo aveva poco senso prima, secondo me.

Ecco appunto, un'altra cosa che volevo chiedervi...

Volevi chiederci il senso di Sesso con gli ursidi?

Sarete d'accordo che è una composizione abbastanza enigmatica.

Noi non siamo mai d'accordo e comunque io trovo più che sia un mucchio di merda senza senso.

Lo dici anche, a un certo punto, quando fa: "sesso coi semafori! Ma in che senso?"

Perdio Sesso coi semafori, ma che cazzo significa.

Eh speravo che me lo spiegaste voi.

Ma per chi mi prendi, io non ho la minima idea di come si possa fare sesso con un cazzo di semaforo, non saprei proprio da che parte prendermelo.

O mettermelo.

Cioè non dico che mi fa schifo, ma è comunque un semaforo, chi è che trova sessuali i semafori.

Beh devo dire che da questo punto di vista forse la musica è una chiave... nel senso che al di là del testo è una canzone serena, che mette allegria

Questo sì, è una canzone molto allegra da cantare.

...per cui magari l'intenzione della vostra collega era comunicare un senso di liberazione dalle inibizioni che...

È una polimorfo-perversa.

Questo indubbiamente, ma lo siamo un po' tutti in una fase della crescita.

Tipo tre anni? Lei si è bloccata lì, poveraccia.

Io non so se possiamo continuare a suonare con lei, cioè a parte il fatto che siamo un gruppo punk e lei si presenta col suo cazzo di violino...

Ma è molto brava ad arrangiare, e ha un sacco di idee.

Vabbe' ma poi lo lascia in giro e io non voglio neanche toccarlo, cioè hai idea di cosa può farci con quel violino mentre siamo nell'altra stanza.

Lady ma dai, su.

Sono seria, cazzo, cioè una che si eccita coi semafori lo capisci che può farlo con qualsiasi cosa.

Dovremmo mostrare una mentalità più aperta.

Io lo sai quanto sono aperta, ma cazzo, i coleotteri? La eccitano gli scarafaggi?

Ma magari intende le coccinelle,

Ah beh allora.

Più probabilmente credo che anche in questo caso si tratti di un'iperbole, e comunque mi sembra che il brano dica che c'è qualcosa di peggio di concupire i semafori o i coletteri.

Cosa c'è di peggio?

I vigili urbani.

Ah vabbe'.

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L'implacable enfant

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Nessuno sa davvero quando e chi partecipò al Projét Verlaine: probabilmente un emulo di Léo Ferré, magari coadiuvato da un imitatore di Serge Gainsbourg. Ma anche un po' di Boris Vian? Dipende, comunque le Feste Galanti erano lì, libere dai diritti, a disposizione di chi se le volesse prenderle, cantabili ed enigmatiche come i soliti quadri di Watteau che sembra indispensabile citare ogni santa volta.



Léandre le sot,
Pierrot qui d'un saut,
De puce
Franchit le buisson,
Cassandre sous son
Capuce,

Arlequin aussi,
Cet aigrefin si
Fantasque
Aux costumes fous,
Ses yeux luisants sous
Son masque,

– Do, mi, sol, mi, fa, –
Tout ce monde va,
Rit, chante
Et danse devant
Une belle enfant
Méchante

Dont les yeux pervers
Comme les yeux verts
Des chattes
Gardent ses appas
Et disent: "À bas
Les pattes!"

– Eux ils vont toujours! –
Fatidique cours
Des astres,
Oh! dis-moi vers quels
Mornes ou cruels
Désastres

L'implacable enfant,
Preste et relevant
Ses jupes,
La rose au chapeau,
Conduit son troupeau
De dupes?
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Non so se hai afferrato il concetto

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(Sto ancora intervistando Le Solite Stronze, un gruppo punk con una sua idea del femminismo che francamente boh, vabbe', andiamo avanti).

...E arriviamo al terzo brano dell'album, che è quello che personalmente ho trovato più perturbante.

Sei uno che si perturba facile.

Beh sì, diciamo che contiene immagini abbastanza forti, che possono dare fastidio...

Infatti sono abbastanza fiera di questa canzone, credo che siamo riuscite a essere, come dici tu, perturbanti, e anche molto volgari, ma senza usare nemmeno una parolaccia.

Che cazzo ci hai con le parolacce adesso.

Ma niente, sono una scorciatoia, è facile essere volgari con le parolacce, sono bravi tutti. Anche noi in altri pezzi ne abbiamo approfittato, invece qui...

Qui io volevo cantare STROOONZOOOO per tutto il ritornello, ma mi è stato impedito.

Sarebbe stato ridondante.

STROOONZOOOO! Senti come suona bene?

La faccio annusare ai plantigradi / piuttosto di darla più a te. Qui se non sbaglio c'è un riferimento a una polemica di un paio di mesi fa... scoppiata credo su Tictoc..

Una polemica veramente del cazzo, devo dire.

Sì.

Ma proprio del cazzo, cioè bisogna avere veramente una testa di cazzo atta a recepire soltanto pensieri a forma di cazzo per non comprendere il senso della provocazione. Cioè io nei boschi non ci vado mai perché non mi va di rompere i coglioni alla natura e cazzivari, ma se ci andassi e mi capitasse di incontrare un orso secondo te resto lì a farmi sbranare?

Suppongo di no.

Il punto è che centinaia di migliaia di donne in tutto il mondo hanno detto, sentite: se invece nel bosco incontro un uomo ho persino più paura. la notizia era quella...

...poi ovviamente certa gente ha la testa di cazzo e contro questa cosa forse è inutile lottare.

Questa canzone è un vero scoppio d'ira, e mi ha fatto pensare se avevo mai sentito altre canzoni così aggressive almeno dal punto di vista verbale. Mi è venuta in mente, non so se ce l'avete presente, I Wanna Destroy You dei Soft Boys...

Eh, come no, chi è che non ascolta i Soft Boys.

Ecco, come ovvio mi vengono in mente solo brani di gruppi maschili, che magari esprimono un forte desiderio di violenza, ma è sempre del tutto estroflesso, cioè, ti distruggo, ti anniento, ti spacco la faccia, e così via.

O gli Skiantos! "Quando t'incontro per la strada ti darei i calci nei denti"!

Anche, sì giusto. Voi qualcosa l'avete presa dagli Skiantos, non dite di no.

Non diciamo di no.

Invece in questa canzone c'è una violenza fortissima, che però è completamente introflessa, cioè capisco l'ironia e l'iperbole e tutto quanto, ma è una canzone sul distruggersi la vagina piuttosto di concederla a qualcuno. 

E questa cosa ti perturba.

Beh sì. Cioè ci vedo anche una pulsione autodistruttiva, masochistica...

"La riempio di polvere pirica!"  

Che tra l'altro è un dato che mi sembra di avere riconosciuto in altre autrici femminili, cioè un'insistenza sulla sofferenza e sulla mutilazione che magari è inferta dall'uomo, ma talvolta mi sembra quasi rivendicata con orgoglio, una specie di mistica del dolore che la trovi già nelle sante medievali e arriva fino al Racconto dell'ancella e probabilmente anche più in là. 

Capisco quello che intendi dire.

Davvero?

Ma è una stronzata. 

Va bene, andiamo avanti. A un certo punto c'è una citazione da Gianni Rodari e Sergio Endrigo, o sbaglio?

In che senso?

La rima ricci/Scandicci.

Aaah, quella. Beh non era consapevole, io pensavo più al mostro di Firenze.

Ah. Oh. Eeeeh. Uh.

Vuoi fare una pausa?

No, no, è solo che per un attimo ho visualizzato e... un'ultima cosa. A un certo punto tu, credo che sia tu, canti: "la chiudo e poi butto il lucchetto".

.

Ma scusa, capisco l'iperbole e tutto quanto, ma se butti il lucchetto vuol dire che non è più chiusa... forse volevi dire che buttavi la chiave.

Cazzo, ma non ci arrivi che le serviva la rima? "La chiudo e poi butto il lucchetto, non so se hai afferrato il concetto".

Sì, ma...

Perché ci stiamo facendo intervistare da questo idiota?

È l'unico che ci ha richiamato.

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Il cane da guardia di Dio

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8 agosto: San Domenico di Guzmán (1170-1221), cane di Dio. 

Claudio Coello, 1865. Il cagnolino è in basso a sinistra. 

Capita a tanti santi di cambiare giorno nel calendario, ma il caso di Domenico è peculiare. Di solito i santi si festeggiano nel giorno della 'nascita in cielo', ovvero quando muoiono: quella data così importante che un giorno starà su tutti i nostri documenti e sulla tomba, vicino a un'altra data che conosciamo benissimo, mentre quella data non la sapremo mai, o solo per poche ore. Domenico però morì a Bologna il 6 agosto del 1221, giorno della Trasfigurazione del Signore; perciò, per evitare di sovrapporsi alla festività, quando nel 1234 fu canonizzato, assunse come festa il 5 agosto. Tre secoli dopo però il 5 divenne la festa per la dedica della Basilica di Santa Maria Maggiore (la Madonna delle Nevi), e Domenico fu retrocesso al 4 agosto, un giorno relativamente sgombro di santi importanti... fino al 1859, quando capita di morire proprio il 4 al curato di campagna Jean-Marie Vianney, un personaggio in cui la Chiesa scelse di investire molto a cavallo tra Otto e Novecento... sì, ma Domenico? Sarebbe un santo importante anche lui, è in sostanza quello che ha inventato gli ordini mendicanti, fondandone il primo (l'Ordine dei Predicatori) i cui membri ancora oggi sono chiamati col suo nome: frati domenicani. Perché deve sempre spostarsi lui?  Probabilmente l'idea è che siccome si è spostato sin dall'inizio, svincolando subito la sua festa dal giorno della morte, a quel punto tanto vale continuare a spostare lui, che c'è abituato; ecco, questo è proprio un tratto tipico di Domenico, un santo che dove lo metti sta. 

Di lui non sappiamo tantissimo perché alla fine la vita di un santo non è che debba essere per forza un romanzo; rispetto ad altre figure anche coeve, quasi completamente trasfigurate dalla leggenda, la biografia di Domenico sembra quella di un uomo vero che visse nel mondo vero, con le sue contraddizioni. Domenico si diede parecchio da fare, stimolato dall'eresia catara che soprattutto nel Mezzogiorno francese era ormai diventata una nuova religione organizzata, con vescovi che reggevano intere comunità. La Linguadoca ormai era una terra di missione e come tale aveva bisogno di missionari, una figura che nel Basso Medioevo non esisteva; gente coraggiosa e intraprendente, pronta a battere la provincia ostile senza armi che non fossero l'esempio e la parola. Una grande idea che Domenico riuscì a trasformare in un Ordine, più o meno nello stesso periodo in cui in Italia centrale Francesco d'Assisi otteneva il permesso di fondare comunità basate sulla povertà; ma se Francesco fu sin dall'inizio un personaggio da romanzo, che stimolava leggende incontrollabili, Domenico per contrasto sembrava un tipo assai più tranquillo, un professionista della predicazione senza molti grilli per la testa. 

Pedro Berruguete

Di lui gli agiografi non sapevano bene cosa raccontare: lo si capisce dalla quantità di episodi che si sono inventati, copiandoli da altri santi. Nel Quattrocento ad esempio Domenico diventa l'inventore del rosario, probabilmente perché qualcuno lo confonde col Domenico di Prussia. Da neonato, si dice, le api si posavano sulle sue labbra, uno dei miracoli in assoluto più raccontati e che probabilmente nasce da un'antica metafora che serviva a complimentarsi con i bravi oratori. Quando – abbastanza presto – i domenicani scelgono come abito il saio bianco con la cappa nera, di Domenico si comincia a raccontare che sua madre la notte prima del concepimento aveva sognato un cagnolino bianco e nero che portava tra i denti un tizzone acceso per rischiarare l'universo; cosa che era già capitata alle madri di san Gregorio, di san Bernardo e san Giuliano di Cuenca. L'associazione al cane può anche essere stata suggerita dal fatto che la festa di Domenico si celebri nei giorni della canicola, i più caldi dell'anno. Per gli uomini del Medioevo era un fatto assodato che le elevate temperature di questo periodo dell'anno fossero concausate dalla presenza nascosta della stella Sirio (il cane di Orione), che tra luglio e agosto sorge in cielo poco prima dell'alba. In questo periodo venivano festeggiati diversi santi che avevano a che fare coi cani: Bernardo, Cristoforo, persino il cane Guinefort... e Domenico.

Nel suo caso il sogno del cane assume una tinta inquietante, non solo perché i domenicani venivano definiti, con un gioco di parole da sagrestia, "cani di Dio" (Domini canes), ma perché dopo la morte del fondatore diventeranno il principale servizio di intelligence del Pontefice, e avranno un ruolo fondamentale nello sviluppo della Sacra Inquisizione; per cui forse quel tizzone, oltre a rischiarare l'universo, serviva anche a incendiarlo un poco. Questa svolta autoritaria  Domenico non poteva prevederla, ma ne divenne comunque il simbolo. A fine Quattrocento l'Inquisizione spagnola ordina al pittore Pedro Berruguete un quadro in cui Domenico in costume bianconero presiede un 'autodafé: gli eretici sono già legati al palo e cominciano a bruciacchiare, Domenico è seduto su un vero e proprio trono, sul palco d'onore. Sono raffigurazioni come queste a rendere Domenico, e il suo ordine, i bersagli preferiti della propaganda protestante, pochi anni dopo; del resto era domenicano il famigerato fra' Tetzel, inviato dal Papa a far cassa in Germania spacciando indulgenze, con lo scandaloso slogan Sobald der Gülden im Becken klingt / im huy die Seel im Himmel springt ("appena la moneta va nella cassetta, l'anima in cielo sale benedetta"). 

Domenico, per quel poco che sappiamo, non era quel tipo di frate. Non vendeva il paradiso a peso d'oro, e non riteneva giusto bruciare gli eretici, in un'epoca in cui era già un'opzione. L'Ordine che aveva fondato doveva servire all'esatto opposto: a convincerli con le parole, non coi tizzoni ardenti. Uno dei pochi aneddoti che non sembrano essere copiati da altri santi è quello dell'oste di Tolosa. Domenico era venuto a passare la notte nel suo ostello, ma quando si accorge che l'oste è cataro, si mette a discutere con lui finché all'alba non lo converte. Anche nella storia di Domenico, come in quella di Francesco, è possibile leggere in controluce una sconfitta; Francesco voleva creare una nuova società di poveri, che divenne immediatamente qualcosa di diverso. Domenico voleva ri-evangelizzare la Linguadoca, ma se alla fine dei suoi giorni lo troviamo a Bologna non è un caso; in Linguadoca non c'era più spazio per i predicatori: i catari sconfitti dalla crociata venivano sistematicamente sterminati. 

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