Derive destre
San Paolo - “Dovete tener conto che noi siamo appena usciti da una feroce dittatura militare e il rischio di tornare indietro non è affatto così remoto come voi europei potreste pensare” mi racconta un signore che parla un buon inglese e regge un cartello con il logo del sindacato degli insegnanti e la scritta “Democrazia nella scuola”.
Il colpo di Stato che instarò la dittatura detta dei “gorilas” fu effettuato il 31 marzo 1964. Furono le grandi manifestazioni che si svolsero in particolare proprio a San Paolo esattamente vent’anni dopo, nell’84, a costringere i militari ad indire le prime elezioni democratiche. “Forse è per questo che i protagonisti di questa nuova stagione di rivolte sono, in particolare, i giovani e i giovanissimi - continua il sindacalista -. Loro non hanno ricordi di quel terribile periodo e quindi hanno meno paura di noi, over 40, di ricaderci dentro. Ma, le ripeto, dobbiamo sempre mettere in conto che esiste il rischio che a tirare le somme delle nostre rivendicazioni sia la destra. Il che ovviamente, non significa che non sia giusto mobilitarci. Solo che facciamo bene a stare attenti a non spianare la strada a latifondisti e industriali. Non sarebbe la prima volta nella nostra storia”.
Sulle strade di una San Paolo in mobilitazione in occasione della giornata di festa nazionale per ricordare dell’indipendenza dal Portogallo, il fiato della destra si sente sul collo. Al concentramento pomeridiano, destra e sinistra si trovano fianco a fianco, salvo poi partire in direzioni diverse e per diverse conclusioni: una sfilata tranquilla senza quasi cordoni di sicurezza per i primi; lacrimogeni, spari e botte dalla polizia per i secondi.
E va subito sottolineato come il concentramento comune, destra e sinistra insieme, inimmaginabile in Europa, sia un segno evidente di come la mobilitazione politica in Brasile corra ancora su binari confusi, se non addirittura equivoci. Lo dimostra l’ingenuità di molti attivisti che si coprono il volto richiamandosi ad una esotica suggestione di “Black Block” che non ha nulla a che vedere con quanto abbiamo conosciuto a Genova, salvo poi scoprirsi per farsi intervistare dai giornalisti. Lo dimostra anche le dinamiche delle forze dell’ordine che, come potete constatare nei filmati che abbiamo girato, non hanno la minima idea di come si tenga una piazza e anche le cariche, più che finalizzate ad uno sgombero o a un alleggerimento, si risolvono sempre in una serie di pestaggi improvvisi, violenti, gratuiti e pure inutili. Neppure gli obiettivi della polizia civile e di quella militare sono sempre gli stessi. Spesso, gli uni vengono sorpresi dai comportamenti degli altri, e capita di vedere i manipoli presi in contropiede o affumicati dai loro stessi lacrimogeni.
Per dirla proprio tutta, in Brasile gli stessi poliziotti non sanno bene da che parte stare. Su un muro di Rio, adiacente ad una caserma, un grande murale recitava: “La polizia civile appoggia le rivendicazioni dei manifestanti per un Paese più civile”. Anche questo è un segnale di come il Brasile sia diverso dall’Italia. Ed è anche il segnale inequivocabile che la destra si è aggrappata al movimento per cercare di cavalcarlo in chiave anti Lula e anti Dilma.
“E’ una operazione che hanno tentato utilizzando soprattutto la televisione Globo - mi spiega un ragazzo vestito di nero e con la maschera di Anonymus sollevata sopra la testa -. All’inizio siamo stati additati dai media come semplici teppisti. Ma poco dopo le cose sono cambiate. I giornali e le tv parlavano di noi come della migliore gioventù del Brasile giustamente indignata contro il Governo. Solo, inquadravano esclusivamente i cartelli che attaccavano la presidente Dilma o che ingiuriavano Lula. Allora abbiamo capito tutti che il pericolo di una deriva verso destra era reale. Ma non è certamente questo che il movimento, pur tra mille contraddizioni e confusioni, voleva quando è sceso in piazza contro l’aumento del prezzo del biglietto e per dire no agli stadi costruiti a spese dello stato sociale”.
Nello spezzone di destra del corteo, quello che verrà pacificamente scortato dalla polizia, non c’erano più di un centinaio di persone. Grandi bandiere contro la corruzione del Governo, cartelloni che chiedono la pena di morte e poteri speciali per l’esercito contro il narcotraffico, immagini di Lula con la scritta “ladrão”.
Un signore mi spiega in spagnolo che loro non si sentono né di destra né di sinistra ma che vogliono un cambiamento di Governo. “Siamo gente normale” mi assicura lui con un sorriso e io penso che non c’è da sbagliare a definirli di destra. Intanto, dall’altra parte della piazza si scatenano le cariche e volano i lacrimogeni. La polizia spara proiettili di gomma anche contro i giornalisti.
Per tutta le sera, le sirene continuano ad ululare nelle strade di San Paolo mentre gli elicotteri si abbassano sino a sfiorare i tetti dei grattacieli. Per noi è l’ultima notte brasiliana. Domani torniamo in Italia. E lo faremo con più domande di quando siamo partiti. Ma in fondo è proprio per questo che siamo partiti.
Sulle strade di una San Paolo in mobilitazione in occasione della giornata di festa nazionale per ricordare dell’indipendenza dal Portogallo, il fiato della destra si sente sul collo. Al concentramento pomeridiano, destra e sinistra si trovano fianco a fianco, salvo poi partire in direzioni diverse e per diverse conclusioni: una sfilata tranquilla senza quasi cordoni di sicurezza per i primi; lacrimogeni, spari e botte dalla polizia per i secondi.
E va subito sottolineato come il concentramento comune, destra e sinistra insieme, inimmaginabile in Europa, sia un segno evidente di come la mobilitazione politica in Brasile corra ancora su binari confusi, se non addirittura equivoci. Lo dimostra l’ingenuità di molti attivisti che si coprono il volto richiamandosi ad una esotica suggestione di “Black Block” che non ha nulla a che vedere con quanto abbiamo conosciuto a Genova, salvo poi scoprirsi per farsi intervistare dai giornalisti. Lo dimostra anche le dinamiche delle forze dell’ordine che, come potete constatare nei filmati che abbiamo girato, non hanno la minima idea di come si tenga una piazza e anche le cariche, più che finalizzate ad uno sgombero o a un alleggerimento, si risolvono sempre in una serie di pestaggi improvvisi, violenti, gratuiti e pure inutili. Neppure gli obiettivi della polizia civile e di quella militare sono sempre gli stessi. Spesso, gli uni vengono sorpresi dai comportamenti degli altri, e capita di vedere i manipoli presi in contropiede o affumicati dai loro stessi lacrimogeni.
Per dirla proprio tutta, in Brasile gli stessi poliziotti non sanno bene da che parte stare. Su un muro di Rio, adiacente ad una caserma, un grande murale recitava: “La polizia civile appoggia le rivendicazioni dei manifestanti per un Paese più civile”. Anche questo è un segnale di come il Brasile sia diverso dall’Italia. Ed è anche il segnale inequivocabile che la destra si è aggrappata al movimento per cercare di cavalcarlo in chiave anti Lula e anti Dilma.
“E’ una operazione che hanno tentato utilizzando soprattutto la televisione Globo - mi spiega un ragazzo vestito di nero e con la maschera di Anonymus sollevata sopra la testa -. All’inizio siamo stati additati dai media come semplici teppisti. Ma poco dopo le cose sono cambiate. I giornali e le tv parlavano di noi come della migliore gioventù del Brasile giustamente indignata contro il Governo. Solo, inquadravano esclusivamente i cartelli che attaccavano la presidente Dilma o che ingiuriavano Lula. Allora abbiamo capito tutti che il pericolo di una deriva verso destra era reale. Ma non è certamente questo che il movimento, pur tra mille contraddizioni e confusioni, voleva quando è sceso in piazza contro l’aumento del prezzo del biglietto e per dire no agli stadi costruiti a spese dello stato sociale”.
Nello spezzone di destra del corteo, quello che verrà pacificamente scortato dalla polizia, non c’erano più di un centinaio di persone. Grandi bandiere contro la corruzione del Governo, cartelloni che chiedono la pena di morte e poteri speciali per l’esercito contro il narcotraffico, immagini di Lula con la scritta “ladrão”.
Un signore mi spiega in spagnolo che loro non si sentono né di destra né di sinistra ma che vogliono un cambiamento di Governo. “Siamo gente normale” mi assicura lui con un sorriso e io penso che non c’è da sbagliare a definirli di destra. Intanto, dall’altra parte della piazza si scatenano le cariche e volano i lacrimogeni. La polizia spara proiettili di gomma anche contro i giornalisti.
Per tutta le sera, le sirene continuano ad ululare nelle strade di San Paolo mentre gli elicotteri si abbassano sino a sfiorare i tetti dei grattacieli. Per noi è l’ultima notte brasiliana. Domani torniamo in Italia. E lo faremo con più domande di quando siamo partiti. Ma in fondo è proprio per questo che siamo partiti.