"Riempire i concetti di sogni" Intervista con Michel Hardt
San Cristobal. Intervistare Michel Hardt è semplice e difficile allo stesso tempo. Semplice perché, oltre ad essere la disponibilità in persona, ti guida nei suoi ragionamenti quasi per mano, misurando ogni sua parola – e i concetti che rappresentano queste parole - e con quelle dell’intervistatore.
Difficile perché ti guida nei suoi ragionamenti quasi per mano, misurando ogni sua parola con le tue. In questo modo, chi gli sta davanti con la penna e il notes non sa mai dove finisce l’intervista e dove comincia un ragionamento comune. Se ne esce comunque con la rassicurante convinzione che esiste ancora qualcuno per cui le parole abbiano un senso.
Incontriamo il co autore di “Impero” all’Università della Terra, un’oasi di cultura zapatista a cinque minuti di auto da San Cristòbal de las Casas, dove va a concludersi il primo festival della Degna Rabbia. Mi spiega che ha appena finito il suo ultimo libro, scritto anch’esso in collaborazione con Toni Negri. Si intitolerà “Commonwealth” ed uscirà in autunno. Hardt è uno di quei “pensatori di strada”, come li ha definiti Marcos, che gli zapatisti hanno invitato a salire sul palco della Degna Rabbia.
Michel, senti qualche affinità con gli zapatisti?
Certamente. E sono onorato per il loro invito. Sono pieno di ammirazione per quello che gli zapatisti hanno costruito. Non solo per come hanno saputo organizzarsi nel territorio, ma soprattutto per la loro capacità di rinnovare il nostro vocabolario politico. Dico “nostro” perché lo zapatismo non è un fenomeno che si ferma nel Chiapas, come dimostra per l’appunto questo incontro “intergalattico” della Degna Rabbia.
Di che concetti parli?
Concetti che io chiamo “corrotti”, come, ad esempio, democrazia, autonomia, dignità… parole che hanno perso il significato, e con esso la loro spinta rivoluzionaria, che avevano un tempo. Gli zapatisti hanno avuto la forza creativa di inventare concetti nuovi come la stessa idea di Degna Rabbia.
Ecco, spiegaci un po’ cosa leggi dietro queste due parole.
Ragioniamoci… il rifiuto delle ingiustizie è spontaneo. La rabbia infatti è un sentimento spontaneo. Ma gli zapatisti vanno oltre. La Rabbia, per diventare Degna, deve essere organizzata e collettiva. Non solo. Deve essere anche creativa. E’ una rabbia biopolitica carica di nuove forme di vita. Dentro l’indignazione c’è già dignità ma è negativa. La dignità di chi si arrabbia per il sopruso ma non agisce. Gli zapatisti hanno saputo lavorare sul concetto per trasformarlo in una costruzione positiva, in una Rabbia Degna di essere vissuta e che può migliorare il mondo. E’ questa la loro grande forza. Se la filosofia è l’invenzione dei concetti, loro sono anche dei veri filosofi perché non solo hanno saputo inventare nuove forme sociali ma anche nuove parole.
Parole nuove. Già. E di quelle vecchie che ne facciamo?
Non è una domanda da poco. Il nostro vocabolario politico è corrotto. Siamo costretti ad adoperare parole che non corrispondono più alla realtà. E questo finisce per ostacolare i cambiamenti. Le strade che possiamo percorrere sono due: inventare nuovi concetti o rinnovare i concetti vecchi.
Due strade contrapposte?
No, a mio parere. Certi concetti, come ad esempio comunismo, democrazia o rivoluzione, sono talmente carichi di sangue, lotte, emozioni, significati che non possiamo abbandonarli. Dobbiamo lavorare per reinventarli e ridare loro un significato.
A proposito di concetti corrotti, alcuni degli intellettuali che abbiamo sentito sul palco non si sono dati pena di rifarsi il vocabolario. Hanno pontificato di lotta di classe, capitalismo e imperialismo come ai bei tempi di Peppone e don Camillo. Roba da slogarsi la mandibola a suon di sbadigli.
Oh… la penso proprio come te! Vedi, c’è chi si sforza di cambiare il vocabolario e chi è convinto che quello marxista valga ancora. Anzi, afferma che se non ragioni nei termini prestabiliti dalla dottrina non sei marxista ma un amico del capitalismo. I concetti invece debbono rinnovarsi di continuo. E, facciamo attenzione, non è compito che spetti all’intellettuale, quello di trovare nuovi concetti ma al movimento. E’ uno sforzo che dobbiamo fare tutti insieme.
Obama, il suo vocabolario lo ha rinnovato?
Per certi versi sì. Vedi, il futuro che io auspico per gli Usa è che riescano a diventare latinoamericani. Non fare quella faccia che adesso ti spiego. Nel sudamerica sono stati eletti diversi presidenti grazie alle spinte dei movimenti, Presidenti che poi non sono riusciti a riempire i sogni di cui sono frutto. Penso al Brasile, al Venezuela, la Bolivia e altri ancora. Questi presidenti non hanno dato realtà a questi sogni, ma hanno comunque innescato una dinamica di movimento. Il meglio che posso sperare, grazie ad Obama, è che anche negli Stati Uniti cominci un conflitto tra governo e movimenti di lotta - appoggio – contrapposizione che è l’unico strumento che abbiamo per andare avanti. Spero che non si torni più a sprecare energia per ribadire che siamo, ad esempio, contro la guerra. Vedi, dopo Shattle e Genova c’è stato un periodo in cui le lotte si sono unificate. Tanti movimenti sono diventati un movimento unico su questioni necessarie ma che potrei definire “imbecilli”, ad esempio per dire no alla tortura a Guantanamo. Che senso ha dibattere su questa questione? Non siamo tutti contro la tortura a Guantanamo? Adesso Bush non c’è più e che anche se ci fosse la geo politica è cambiata e non potrebbe più essere il Bush di prima. Possiamo tornare a riprenderci la nostra moltitudine di lotte che è anche la nostra vera forza.
Dici che il mondo può andare avanti. Negli Usa e nel sud america, forse. In Italia mi pare che stiamo tornando indietro. Ci tocca scendere in piazza per difendere dei diritti, come la scuola pubblica solo per farti un esempio, che solo vent’anni fa erano dati per acquisiti.
Il vostro è un paese strano, in effetti. Ma devo dire che avete delle capacità di reazione di cui nemmeno sospettate. Penso all’Onda Anomala. E’ un movimento che ha una straordinaria capacità creativa di trovare nuovi concetti e di rinnovare quelli vecchi, proprio come dicevamo prima. Considera che il vostro è l’unico movimento a livello mondiale che ha saputo dare una efficace risposta alla crisi economica. Come è quella frase che ripetono gli studenti italiani? Rimettete i debiti…
No, quello era un altro “pensatore di strada”, un certo Gesù Cristo. La frase corretta è: non pagheremo noi la vostra crisi.
Giusto. Ma il concetto è quello, no? Rinnovato, adattato ai tempi e riempito di sogni, lotte e significato.
Incontriamo il co autore di “Impero” all’Università della Terra, un’oasi di cultura zapatista a cinque minuti di auto da San Cristòbal de las Casas, dove va a concludersi il primo festival della Degna Rabbia. Mi spiega che ha appena finito il suo ultimo libro, scritto anch’esso in collaborazione con Toni Negri. Si intitolerà “Commonwealth” ed uscirà in autunno. Hardt è uno di quei “pensatori di strada”, come li ha definiti Marcos, che gli zapatisti hanno invitato a salire sul palco della Degna Rabbia.
Michel, senti qualche affinità con gli zapatisti?
Certamente. E sono onorato per il loro invito. Sono pieno di ammirazione per quello che gli zapatisti hanno costruito. Non solo per come hanno saputo organizzarsi nel territorio, ma soprattutto per la loro capacità di rinnovare il nostro vocabolario politico. Dico “nostro” perché lo zapatismo non è un fenomeno che si ferma nel Chiapas, come dimostra per l’appunto questo incontro “intergalattico” della Degna Rabbia.
Di che concetti parli?
Concetti che io chiamo “corrotti”, come, ad esempio, democrazia, autonomia, dignità… parole che hanno perso il significato, e con esso la loro spinta rivoluzionaria, che avevano un tempo. Gli zapatisti hanno avuto la forza creativa di inventare concetti nuovi come la stessa idea di Degna Rabbia.
Ecco, spiegaci un po’ cosa leggi dietro queste due parole.
Ragioniamoci… il rifiuto delle ingiustizie è spontaneo. La rabbia infatti è un sentimento spontaneo. Ma gli zapatisti vanno oltre. La Rabbia, per diventare Degna, deve essere organizzata e collettiva. Non solo. Deve essere anche creativa. E’ una rabbia biopolitica carica di nuove forme di vita. Dentro l’indignazione c’è già dignità ma è negativa. La dignità di chi si arrabbia per il sopruso ma non agisce. Gli zapatisti hanno saputo lavorare sul concetto per trasformarlo in una costruzione positiva, in una Rabbia Degna di essere vissuta e che può migliorare il mondo. E’ questa la loro grande forza. Se la filosofia è l’invenzione dei concetti, loro sono anche dei veri filosofi perché non solo hanno saputo inventare nuove forme sociali ma anche nuove parole.
Parole nuove. Già. E di quelle vecchie che ne facciamo?
Non è una domanda da poco. Il nostro vocabolario politico è corrotto. Siamo costretti ad adoperare parole che non corrispondono più alla realtà. E questo finisce per ostacolare i cambiamenti. Le strade che possiamo percorrere sono due: inventare nuovi concetti o rinnovare i concetti vecchi.
Due strade contrapposte?
No, a mio parere. Certi concetti, come ad esempio comunismo, democrazia o rivoluzione, sono talmente carichi di sangue, lotte, emozioni, significati che non possiamo abbandonarli. Dobbiamo lavorare per reinventarli e ridare loro un significato.
A proposito di concetti corrotti, alcuni degli intellettuali che abbiamo sentito sul palco non si sono dati pena di rifarsi il vocabolario. Hanno pontificato di lotta di classe, capitalismo e imperialismo come ai bei tempi di Peppone e don Camillo. Roba da slogarsi la mandibola a suon di sbadigli.
Oh… la penso proprio come te! Vedi, c’è chi si sforza di cambiare il vocabolario e chi è convinto che quello marxista valga ancora. Anzi, afferma che se non ragioni nei termini prestabiliti dalla dottrina non sei marxista ma un amico del capitalismo. I concetti invece debbono rinnovarsi di continuo. E, facciamo attenzione, non è compito che spetti all’intellettuale, quello di trovare nuovi concetti ma al movimento. E’ uno sforzo che dobbiamo fare tutti insieme.
Obama, il suo vocabolario lo ha rinnovato?
Per certi versi sì. Vedi, il futuro che io auspico per gli Usa è che riescano a diventare latinoamericani. Non fare quella faccia che adesso ti spiego. Nel sudamerica sono stati eletti diversi presidenti grazie alle spinte dei movimenti, Presidenti che poi non sono riusciti a riempire i sogni di cui sono frutto. Penso al Brasile, al Venezuela, la Bolivia e altri ancora. Questi presidenti non hanno dato realtà a questi sogni, ma hanno comunque innescato una dinamica di movimento. Il meglio che posso sperare, grazie ad Obama, è che anche negli Stati Uniti cominci un conflitto tra governo e movimenti di lotta - appoggio – contrapposizione che è l’unico strumento che abbiamo per andare avanti. Spero che non si torni più a sprecare energia per ribadire che siamo, ad esempio, contro la guerra. Vedi, dopo Shattle e Genova c’è stato un periodo in cui le lotte si sono unificate. Tanti movimenti sono diventati un movimento unico su questioni necessarie ma che potrei definire “imbecilli”, ad esempio per dire no alla tortura a Guantanamo. Che senso ha dibattere su questa questione? Non siamo tutti contro la tortura a Guantanamo? Adesso Bush non c’è più e che anche se ci fosse la geo politica è cambiata e non potrebbe più essere il Bush di prima. Possiamo tornare a riprenderci la nostra moltitudine di lotte che è anche la nostra vera forza.
Dici che il mondo può andare avanti. Negli Usa e nel sud america, forse. In Italia mi pare che stiamo tornando indietro. Ci tocca scendere in piazza per difendere dei diritti, come la scuola pubblica solo per farti un esempio, che solo vent’anni fa erano dati per acquisiti.
Il vostro è un paese strano, in effetti. Ma devo dire che avete delle capacità di reazione di cui nemmeno sospettate. Penso all’Onda Anomala. E’ un movimento che ha una straordinaria capacità creativa di trovare nuovi concetti e di rinnovare quelli vecchi, proprio come dicevamo prima. Considera che il vostro è l’unico movimento a livello mondiale che ha saputo dare una efficace risposta alla crisi economica. Come è quella frase che ripetono gli studenti italiani? Rimettete i debiti…
No, quello era un altro “pensatore di strada”, un certo Gesù Cristo. La frase corretta è: non pagheremo noi la vostra crisi.
Giusto. Ma il concetto è quello, no? Rinnovato, adattato ai tempi e riempito di sogni, lotte e significato.