Il Ponte sullo Stretto è un fake (almeno su facebook)

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A proposito del Ponte sullo Stretto, la cui erezione ormai è imminente (non sto nella pelle), non avrei nulla da aggiungere a quel poco che ho scritto: senonché ho trovato una di quelle immagini che valgono davvero le proverbiali mille parole. Eccola qui dalla pagina Facebook di cui tutti stanno parlando: Ponte sullo Stretto di Messina.


Chissà se l'hanno fatta con un'AI – perché sembra più una fiaccolata che un'insurrezione – d'altro canto parliamo di una pagina amatoriale, mica si può pretendere una qualità professionale. In ogni caso mi sembra che il senso sia chiaro: gli italiani che stravedono per le grandi opere all'estero, appena si prova a farne una in Italia si mettono a protestare, maledetti provinciali. Ora, questo in generale potrebbe anche essere vero.

Ma nel caso del Ponte è una sciocchezza.

È esattamente la sciocchezza che cercavo di spiegare un anno fa, ma davvero non l'ho mai trovata esposta con tanta sfacciata chiarezza come nei meme di questa pagina Facebook. Una sciocchezza che è una specie di tappa obbligata per chiunque voglia sostenere non solo che il ponte sullo Stretto è fattibile, ma lo è in virtù del progetto approvato da un governo Berlusconi ormai vent'anni fa. Ma se quel progetto fu approvato, perché il ponte non c'è? In fin dei conti di governi Berlusconi ce ne fu più d'uno, e a parole erano tutti assolutamente convinti che il Ponte bisognava farlo, e bisognava farlo con quel progetto. 

Ciononostante il ponte non si è fatto. Perché?

Perché gli italiani non lo vogliono! Maledetti ingrati! Li vedete nella seconda immagine, con le fiaccole, pardon, torce? Non lo accettano proprio! Si mettono di traverso, lo boicottano, votano partiti antiponte, è una vergogna. Per fortuna che ci sono coraggiose pagine facebook amatoriali come Ponte sullo Stretto di Messina, che cercano di cambiare questo atteggiamento pubblicando informazioni assolutamente non di parte e simpatici meme come questo. Certo. 

Salvo che appunto, è una sciocchezza.

Non esistono italiani con le torce che non vogliono il ponte sullo Stretto. Ok, qualche manifestazione c'è stata, ma nulla di paragonabile all'esempio che tutti hanno in mente: i No Tav della Val di Susa. Quelli esistono e combattono contro un progetto concreto con pratiche di lotta a volte altrettanto concrete, da trent'anni e più. Non è difficile dimostrare come la loro ostilità abbia realmente rallentato la realizzazione di un'opera che (a differenza del Ponte) era considerata prioritaria dalla UE. Per contro, un movimento No Ponte, se pure esiste, è stato fin qui marginale; non ha bloccato nessun cantiere anche perché fin qui non c'è stato nulla da bloccare. Il fatto che po' di italiani, come me, manifestino un cauto scetticismo ogni volta che un governante tira fuori il Ponte non ha mai realmente impedito a nessun governante di fare il Ponte. Se il Ponte non si è fatto comunque, è stato per altri motivi: il primo che mi viene in mente è che forse non esisteva ancora la tecnologia per realizzarlo in sicurezza, ma può darsi che io sia il solito malfidato. Comunque no, gli "italiani" non seguono il dibattito sul Ponte con le torce in mano: siamo lì in attesa tranquilli, un po' scettici, che chi ha promesso più volte castelli in aria ce li costruisca. Siccome abbiamo pagato (e continuiamo a pagare), sarebbe il minimo.




***

La pagina Ponte sullo Stretto di Messina non esiste da molto – mi sembra di essermela trovata per la prima volta in bacheca l'estate scorsa. Faccio fatica a ricordarmi con precisione perché come molte pagine facebook, vive in un eterno presente: scrive più o meno sempre le stesse cose, con infinite variazioni minimali sullo stesso tema. Ogni post che pubblica contiene quasi tutte le informazioni fondamentali (il progetto del ponte è ottimo, ce lo copiano all'estero, se all'estero li fanno e qui da noi no è colpa di voi miscredenti), per cui letto il primo, li hai letti quasi tutti. Pubblicare un contenuto al giorno è già complicato in generale, figuratevi per qualcuno che ha deciso che ogni giorno scriverà più o meno la stessa cosa su un Ponte che per ora nemmeno esiste. Per cui a volte ai redattori non resta che attaccarsi ai commentatori ostili, come i cani che fanno chiasso intorno alla loro coda; rispondiamo a Caio73 che dice che una campata così lunga non può reggere il vento, ebbene no, il Messina Type Deck ha già dimostrato di reggere a tot venti alla tale velocità, bla bla, io non è che possa fingere più di tanto di capire cosa stanno dicendo, non sono un ingegnere. 

Sono un povero prof di geografia, per cui almeno una volta li ho beccati a scrivere un'imprecisione geografica (i giapponesi non avevano voluto mettere la ferrovia nell'Akashi perché non ne avevano bisogno). A giudicare dalla quantità dei traghetti nella stessa zona, è difficile credere a una cosa del genere. È molto più probabile che i progettisti non abbiano inserito la ferrovia perché non era sicura, del resto durante la costruzione un terremoto spostò i pilastri di quasi un centimetro. L'Akashi, ricordo, è stato per più di vent'anni il ponte a campata unica più lungo del mondo, e la campata in questione non arrivava a 2000 metri, mentre per arrivare dalla Calabria alla Sicilia ne servono 3000: è vero che l'ingegneria fa progressi, ma per vent'anni non ne ha più concretamente fatti. Poi l'anno scorso finalmente un ponte sui Dardanelli ha sorpassato il record dell'Akashi: di 32 metri. Il ponte sullo Stretto dovrebbe superarlo di altri mille. A questo punto di solito qualcuno obietta che siamo andati sulla Luna, il che è fantastico, però ci abbiamo messo tanti tentativi, abbiamo speso tanti soldi, dopodiché non è che siamo andati subito su Marte: i progressi tecnologici non si possono dare per scontati. Tra l'altro di che progressi tecnologici stiamo parlando, se il progetto per il Ponte continua a essere quello di vent'anni fa? Forse nel frattempo davvero unire Calabria e Sicilia potrebbe essere diventato ingegneristicamente più facile, ma il progetto rimane lo stesso, perché? La pagina Ponte sullo Stretto non spiega il perché. 



Una spiegazione l'ha proposta Report nella puntata della scorsa settimana: il progetto deve rimanere lo stesso perché è quello di Webuild (ex Impregilo). Salvini l'ha imposto per decreto: se si volesse cambiare il progetto, bisognerebbe fare una gara, ma se si facesse una gara, siamo sicuri che Webuild la vincerebbe? Evidentemente Salvini non ne è sicuro; ma Webuild non è che può essere messa alla porta, c'è ancora in corso una lunga vertenza giudiziaria, ci sarebbero penali miliardarie da pagare, tanto vale farle costruire il ponte, e poi chi vivrà vedrà. È una conclusione a cui arrivano quasi tutti quelli che stanno un po' nella stanza dei bottoni, compresi quelli che anni prima avevano criticato il ponte: Salvini, Renzi (i grillini no, ma forse non hanno avuto il tempo). Si vede che Webuild in quella stanza possiede un bottone più grosso di altri.

Sul piano della comunicazione, viceversa, c'è ancora qualcosa che si può migliorare. Dopo la puntata di Report, la pagina indipendente Ponte sullo Stretto ha subito pubblicato un post sugli errori di Report. Report di errori ne fa spesso, però sono professionisti: non è che che lanci l'amo e loro tirano fuori la lingua. Ci hanno messo pochi minuti a notare che il contenuto della pagina indipendente Ponte sullo Stretto era stato rapidamente diramato a tutti gli organi di stampa, e da chi? Da un PR di Webuild. "Una pagina Facebook indipendente con alle spalle un’agenzia di comunicazione internazionale?" Ma chi l'avrebbe detto mai! Sembrava così amatoriale...

Attaccare Report non è un gesto senza conseguenze. Nel giro di qualche ora la pagina è stata sospesa da Facebook, probabilmente per eccesso di segnalazioni. Poi è tornata on line; nel frattempo Report aggiungeva un poscritto al suo comunicato: "Dalle prime verifiche effettuate risulta che SEC & Partners si è limitata a segnalare un articolo, reperito nel web, che fornisce informazioni sull’opera, ma che non ha, né ha mai avuto, alcun rapporto con la pagina Facebook “Ponte sullo Stretto di Messina”, come gli stessi amministratori della pagina hanno peraltro già dichiarato con un post successivo". E noi ci crediamo. Perché no? Se dobbiamo credere che vent'anni fa esistesse un progetto per una campata unica che in un colpo solo superava del 50% il record mondiale, un ponte all'avanguardia che non è stato realizzato malgrado gli sforzi dei governanti, dei lobbisti e dei costruttori, a causa del maledetto provincialismo italico, perché non dovremmo credere che un paio di ragazzi abbiano deciso di passare il tempo a scrivere ogni giorno un contenuto a favore del Ponte sullo Stretto, su una pagina Fb che si chiama Ponte sullo Stretto? Chi di voi, avendo studiato ingegneria e quel tipo di cose, non amerebbe passare il tempo a scrivere più o meno le stesse cose su un ponte che nel frattempo nessuno sta costruendo? io non so davvero perché invece mi sono messo a scrivere di canzoni dei Beatles, o santi del calendario, quando avrei potuto divertirmi molto di più scrivendo tutti i giorni che i più lunghi ponti del mondo sono tutti "Messina Type". 




Scrivono proprio così: dovete infatti sapere che William Brown, l'ingegnere che concepì l'ambizioso progetto che Salvini ha deciso di riprendere senza cambiare uno strallo, ebbene in quell'occasione avrebbe disegnato un avveniristico impalcato aerodinamico che da quel momento sarebbe stato usato in tanti altri megaponti, e che viene generalmente chiamato Messina Type Deck, l'impalcato tipo Messina. Vi rendete conto? Il ponte sui Dardanelli ha il Messina Type Deck; il ponte di Xihoumen ha il Messina Type Deck: starebbero tutti copiando un ponte che non esiste, e ricordo che non esiste esclusivamente a causa dello scetticismo oscurantista di noi poveri italiani. Non ci credete? Googlate, bingate Messina Type Deck...

...ops, troverete solo comunicazioni della Webuild. O della pagina Ponte sullo Stretto. Curiosissima coincidenza. Su queste pagine c'è scritto che il ponte sui Dardanelli ha il Messina Type Deck, il che non è improbabile visto che al progetto collaborò lo stesso Brown; ma per ora non ci sono pagine in turco che citino il Messina Type Deck riferendosi al ponte sui Dardanelli (o pagine in cinese che citino il Messina Type Deck riferendosi al ponte di Xihoumen). Anzi Bing dice proprio che l'impalcato di questi due ponti è diverso, ma non mi fido molto di quello che dice Bing. E non sono un ingegnere, ricordo: per cui non ho motivo di dubitare che l'impalcato di questi lunghissimi ponti ricordi, o sia ispirato, al progetto del Ponte sullo Stretto. 

Sono però un comunicatore, magari amatoriale, ma in tanti anni qualcosa l'ho capito, e credo di poter concludere che l'espressione "Messina Type Deck" è tipica della comunicazione corporate di Webuild. È una cosa che usano soltanto loro, con una piccola, stranissima eccezione: la pagina Facebook Ponte sullo Stretto di Messina. Che però dice di essere una pagina indipendente. Non credo che potrò mai dimostrare il contrario. Nemmeno ci provo. 

Resto così, scettico, con la mia fiaccola in mano, a domandarmi: ma se il progetto era così buono, perché il ponte non l'hanno già fatto? E perché hanno bisogno di convincerci in questi modi così contorti? E se davvero la pagina facebook è indipendente, perché non c'è verso di capire chi la gestisce? Davvero: non c'è scritto da nessuna parte. Dicono che sono indipendenti, e non dicono chi sono. Magari ho cercato male, purtroppo anch'io sono un amatore, non è che posso stare tutta la notta a googlare. Ma credo che il modo migliore per convincere i propri detrattori, e anche i propri follower, sarebbe metterci la faccia. Eccoci, ci chiamiamo così e così, siamo laureati in ingegneria qui e qui, non abbiamo conflitti di interesse, eccetera eccetera. Ci vorrebbe così poco. Io mi chiamo Leonardo Tondelli, insegno italiano storia e geografia, non ho mai lavorato per la Webuild, vedete? Bastano due righe. Anche una sola. 
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Perché il Ponte non c'è già?

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Che a questo punto si riparli di Ponte sullo Stretto non è affatto sorprendente. Così permettetemi di cominciare con una domanda molto semplice, che rivolgo soprattutto a chi crede che il ponte si possa fare subito, anzi vada fatto subito, anzi è un peccato che non esista già:

e perché non esiste già?


Il Çanakkale 1915, con la campata più lunga del mondo (2023 metri)
(lo Stretto di Messina supera i 3000)

Rifletteteci bene. Se siete convinti che un ponte con una campata unica di tre chilometri si possa fare, cosa ci ha impedito di farlo fin qui?

La volontà politica? Non è vero: un sacco di governi hanno vinto le elezioni promettendo il ponte sullo Stretto, e le hanno vinte bene, con ampie maggioranze. Quindi potevano farlo. E perché non lo hanno fatto?

Guardate che non siamo mica nati ieri. Di ponte sullo stretto parliamo da due millenni, la terra per costruire i piloni l'abbiamo confiscata vent'anni fa, e da più di dieci paghiamo una penale a una ditta che aveva vinto un appalto. Tanto valeva farle costruire il ponte. 

E perché non glielo abbiamo fatto costruire? 

Il progetto c'era. Aveva vinto una gara, e benché avesse destato più di una perplessità tra gli addetti ai lavori, qualche ingegnere e architetto deve pur averne firmato i progetti: quindi perché sono rimasti progetti? 

Chi esattamente si è messo in mezzo alla più grande realizzazione ingegneristica italiana di tutti i tempi? Perché ci dev'essere stato qualcuno che ha bloccato tutto, altrimenti non si spiega. Eppure per quanto cerchi non riesco a trovarlo. 

Ci tengo comunque a ricordare che non sono stato io – per quanto paradossale, una precisazione del genere a questo punto è necessaria. Eppure io alla fine chi sono? Nessuno. 

Sono solo un tizio che ogni tanto, quando scoppia una discussione sul Ponte, interviene portando alcune informazioni che a dire il vero sono alla portata di tutti:

a) Lo Stretto è largo 3 km.

b) La profondità non rende possibile piantare piloni nella zona centrale.

c) Non esiste (ancora) una tecnologia che ci consenta di costruire ponti con una campata molto superiore ai 2 km. 

Il ponte di Akashi, che per vent'anni ha mantenuto il record di campata più lunga.


Il punto a è autoevidente (controllate pure su Google Maps) e non è destinato a cambiare per qualche milione di anni. Il punto b forse un giorno lontano si potrà mettere in discussione (ogni tanto in effetti si riparla di soluzioni alternative, il famoso tunnel). Il punto c è il più controverso, e si basa soprattutto su un'osservazione empirica: la campata unica più lunga mai costruita dall'uomo è di 2 km. Il ponte sullo Stretto dovrebbe superare il record mondiale, e non di poco; di quasi il 50%: è possibile? Chi parla di costruirlo in tempi brevi sostiene (o finge di sostenere) che sì, è possibile. Del resto almeno un progetto per una campata di 3 km c'è, qualche ingegnere e architetto l'hanno firmato; c'è già il cantiere, anzi stiamo già pagando le penali all'impresa che ha vinto l'appalto. Penali milionarie che hanno fatto pensare a più di un governante: ma tanto vale che paghiamo un po' di più e lo facciamo davvero. 

Punto di vista perfino comprensibile... e tuttavia il ponte non si è fatto lo stesso, credo per i soliti tre motivi che sono più forti di qualsiasi obiezione: lo Stretto continua a essere lungo 3 km, la profondità non rende possibile piantare piloni in mezzo, e una campata più lunga di 2 km non s'è ancora vista. Tutto qui.

Di solito chi sostiene il Ponte parla della necessità di innovare, di fornire collegamenti più veloci e efficienti, e perché no, di stupire il mondo con un'opera unica al mondo. Tutte esigenze condivisibili, e tuttavia dopo averle espresse a me piace intervenire ricordando che lo Stretto rimane lungo 3 km; la profondità continua a non rendere possibile piantare piloni in mezzo, e la tecnologia non fa quel passo necessario a permetterci di costruire ponti con una campata centrale superiore ai 2 km. 

E la discussione dovrebbe finire qui. Invece di solito è qui che comincia. Perché il mio interlocutore – quello che difende la necessità di innovare, di collegamenti più veloci ed efficienti, ma anche, perché no, di una maxiopera che richiamerebbe l'attenzione del mondo intero – a quel punto l'interlocutore se la prende con me. Perché? 

Perché conosco la geografia.

Se gli faccio presente che lo Stretto è lungo 3 km, mi accusa di non credere alle innovazioni. Siccome gli spiego che non si possono piantare piloni nella zona centrale, mi risponde che non capisco la necessità di collegamenti più veloci ed efficienti tra la Sicilia e il continente. Siccome gli ricordo che non esistono al mondo campate più lunghe di 2 km, mi accusa di sabotare la maxiopera, di cospirare contro l'immagine internazionale dell'Italia. 

E dopo un po' che si discute così, di solito avviene questo fenomeno per cui sembra che il vero motivo per cui il ponte non si fa non siano i 3 km, né la profondità: no, il vero motivo sarebbe la mia ostilità al progetto. Mia e di chissà quanti altri milioni di persone che io con le mie opinioni rappresenterei: siamo noi, noi nemici delle innovazioni, dei collegamenti e del made in Italy, quelli che rendono impossibile ai siciliani arrivare in Calabria in treno. Pensa che roba: c'è il progetto, c'è il cantiere, ci sono già gli operai pronti con gli utensili in mano, e li stiamo già pagando; e però il ponte non si fa perché il signorino, che sarei io, conosce la geografia e quindi pesta i piedi: no, no no, mi dispiace sono tre chilometri, fermi tutti. 


Ma non è vero

– e anche se fosse, sai che c'è? Volete il ponte? 

Va bene, fatelo. 

Se è la mia ostilità a tenere lontana Scilla da Cariddi, ebbene la mia ostilità può cedere di schianto, con un atto performativo: ecco, smetto di oppormi al Ponte; fatelo pure.

Lo farete?

No, non subito. 

E si capisce: i km sono ancora tre; la profondità è ancora eccessiva, e nel mondo nessuno sta veramente cercando di costruire campate di tre chilometri. 

Invece molti sostenitori del progetto, in buona fede o meno, si comportano come se da qualche parte ci fosse un Movimento No Pont disposto a sabotare la gettata dei piloni: non fosse per questi No Pont, ormai Messina e Reggio sarebbero una città sola; ma siccome sono dappertutto, camuffati tra il popolo e le istituzioni... niente da fare, il Ponte ancora non si fa: il che almeno ci consente di ripromettere la stessa cosa a ogni tornata elettorale. 

È un meccanismo così rodato che ormai anch'io ho la sensazione di farne parte, ogni volta che il politico di turno tira fuori l'argomento e quelli come me recitano la parte degli oppositori. Come se fossimo noi il motivo per cui il ponte non si fa: non la geografia, non i 3 km, non la profondità, non i limiti dei materiali e delle tecnologie, no: sarei io, coi miei discorsetti on line, col mio scetticismo di maniera.

Come se a me alla fine poi dispiacesse il ponte in sé: e invece no, giuro, non ho mai bloccato un cantiere, non ho mai boicottato nessuna impresa, non solo: il giorno che si farà ne sarò contento. 

Ma non si fa.

E perché non si fa, secondo voi?


(PS: in una prima versione di questo pezzo si citava ancora il ponte di Akashi come la campata unica più lunga del mondo. Questo malgrado già da un anno sui Dardanelli sia stato inaugurato il ponte della battaglia di Gallipoli del 1915, che supera la campata di Akashi di... una ventina di metri. Ringrazio il commentatore che mi ha avvisato dell'errore. Chi insiste sul fatto che possiamo costruire il ponte sullo Stretto, sostiene di poter migliorare il record mondiale di quasi un km. E lo sostiene da trent'anni. E in trent'anni non abbiamo visto niente, forse non avevamo abbastanza fede). 

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Il ponte sullo Stretto esiste già

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Ciao, siccome Renzi l'altro giorno per festeggiare l'Impregilo è tornato sull'argomento (in modo molto vago, peraltro), nei prossimi giorni si parlerà del ponte sullo Stretto di Messina, dell'opportunità che rappresenta, dei rischi che comporta, ecc. ecc. Siccome non è la prima volta, e non sarà l'ultima, tanto vale equipaggiarsi. Ad esempio: lo sapete quanto è stretto lo Stretto? Più o meno 3 km.: una semplice nozione geografica che molti sostenitori del progetto, curiosamente, non condividono.

Peccato, perché è facile. Ripetete con me: Stretto di Messina, 3 km. Adesso lo sapete.

Inoltre in certi punti è molto profondo, quanto profondo? Abbastanza da rendere tecnicamente impossibile piantare dei piloni sul fondale, come si immaginava ancora negli anni Ottanta - si vedevano modellini di ponti a tre campate, a cinque campate, Craxi diceva che ormai era tutto pronto, si sarebbe fatto il ponte (io leggevo Topolino). Non andò esattamente così, e già allora c'era chi accusava l'indecisionismo italiano, il disfattismo italiano, ecc.. Però da lì in poi nessuno ha più proposto di piantare piloni nello Stretto. Pare che per adesso proprio non si possa (e sarebbe anche un problema farci passare le navi). Dagli anni Novanta in poi, il progetto proposto e approvato prevede una campata unica: una torre da 300 metri in Calabria, l'altra in Sicilia, e in mezzo... tre km senza sostegno. Sono tanti? Sono pochi?

Di solito a questo punto qualcuno tira fuori i giapponesi, che non sono disfattisti, non sono indecisionisti, e che con tutto il rischio sismico che si ritrovano riescono comunque a stendere ponti pazzeschi. Vero. In fatto di ponti i giapponesi sanno proprio il fatto loro. Negli anni Novanta la campata più lunga del mondo, ovviamente, era in Giappone. E quanto è lunga?


Salutate l'Akashi Bridge, inaugurato nel 1998, lungo la bellezza di tre chilometri e novecento metri.

Visto? Quindi, se si può fare in Giappone, perché no tra Reggio e Messina? Perché sempre questo disfattismo?

Aspetta. Il ponte giapponese arriva a 3900 metri, ma la campata centrale è lunga soltanto 1991. Ripeto: al momento è la campata più lunga del mondo. Neanche due chilometri. Vi ricordate quanto è largo lo Stretto di Messina? Dai che ve lo ricordate. Tre chilometri.

Tutto qui.

Quando Berlusconi annunciava al mondo che avremmo presto costruito il Ponte sullo Stretto, stava dicendo nientemeno che avevamo intenzione di migliorare il record del mondo di campata unica del 42%. Al tempo lo spernacchiavamo - anche Renzi diceva che c'erano altri problemi, le case antisismiche, la banda larga, ecc.. Adesso Renzi promette la stessa cosa - no, a dire il vero dice solo che il Ponte creerà migliaia di posti di lavoro. Addirittura decine di migliaia di posti di lavoro. Magari ha ragione.

Se la vediamo da questo punto di vista, il Ponte funziona, già da vent'anni. Tanti appalti sono già stati appaltati, tanta gente ci ha mangiato. Solo di penali il governo Monti ha dovuto sborsare 300 milioni di euro. Briciole. Nel 2007 il governo Prodi rischiava di dover pagare 500 milioni di penale, proprio all'Impregilo. Un sacco di soldi, un sacco di posti di lavoro - cioè, lavoro, aspetta, non è che sia proprio necessario di lavorare. Anzi nel caso del Ponte non ce n'è proprio bisogno. Basta vincere un appalto e aspettare che cambi il governo: di solito il centrodestra lo vuole e il centrosinistra lo blocca. A volte il centrosinistra non vince le elezioni e allora il centrodestra se lo blocca da solo, nel 2011 successe appunto questo.

Nel frattempo il mondo gira, e in tante altre nazioni meno disfattiste della nostra si costruiscono grattacieli, dighe, ponti; per esempio adesso il recordo mondiale di ponte a campata unica è... è sempre lo stesso di vent'anni fa.

Ciao Akashi, quanto tempo ti è passato sotto.

Neanche i giapponesi l'hanno migliorato: né del 42%, né del 5%, né di niente. Forse hanno finito gli Stretti. O forse nemmeno loro, sono in grado, per adesso, di costruire una campata unica più lunga di due km. Magari tra un po', con una tecnologia diversa. Ma per adesso non lo fanno.

Peraltro, si tratta di un ponte non ferroviario: farci passare i treni sarebbe stato problematico anche per i giapponesi? Una buona notizia è che il ponte ha già retto, durante la sua fabbricazione, un sisma di magnitudo 6,8 avvenuto proprio nella faglia di Akashi: il terremoto di Kobe del '95, terribile anche per gli standard nipponici: quindicimila morti. I piloni del ponte di Akashi si sono allontanati appena di 120 centimetri, e dopo qualche mese i lavori sono ripresi. Magari se il ponte fosse stato già terminato, si sarebbe deformato un po'. Comunque anche il rischio sismico non sembra insormontabile, se ci sono riusciti i giapponesi. Magnitudo 6,8. A Messina c'è mai stato un sisma più forte?

Certo che c'è stato. Nel 1908 i sismografi hanno registrato una scossa di 7,1 magnitudo - ricordiamo che è una scala logaritmica: si tratta di un terremoto sensibilmente più disastroso di quello di Kobe. E ovviamente, se è già successo, non possiamo escludere che un giorno non ce ne sia un altro di intensità anche superiore. E qui potremmo anche inserire un lungo discorso sulla storica tendenza degli italiani a sottostimare il rischio sismico - Messina e Reggio sono due città che già rischiano troppo, un filo di cemento sospeso a trecento metri sul mare non aggraverà la situazione, ma nemmeno l'allevia. Aggiungete qualche considerazione sulla surrealtà di essere italiani, di vivere in un Paese dove solo un mese fa sembrava necessario rifare tutte le scuole, tutte le città secondo criteri antisismici, e adesso, e adesso niente, ci siamo rimessi a discutere del solito ponte.

Di solito a questo punto qualcuno invoca l'autorità: ma insomma, c'è un progetto, c'era un comitato scientifico che lo ha approvato, evidentemente il ponte si può fare, no? Già. Però nessuno lo fa, un ponte lungo così: né a Messina né altrove. Nel frattempo il coordinatore del comitato scientifico che approvò il progetto preliminare ha scritto un libro in cui sostiene che la campata unica è troppo lunga; ha accusato la società dello Stretto di Messina di aver nascosto una faglia sismica, è stato condannato per diffamazione. Insomma tutto questo consenso scientifico forse non c'è. Le sue obiezioni sono condivise da altri architetti, ingegneri e accademici: cito Massimo Majowiecki (IUAV di Venezia):"Allo stato attuale, pertanto, è più che legittimo domandarsi quali siano gli schemi d’impalcato da impiegare per la realizzazione di grandissime luci, che eccedano la misura di 2000m. È doveroso, invece, recepire e studiare i dati forniti dalla ricerca Giapponese, che, nella misura di 2000m, individua il limite applicativo delle soluzioni alari, aerodinamicamente efficienti" (la fonte è purtroppo il blog di Beppe, ma l'intervista è interessante). Lo stesso Majowiecki ha cofirmato una proposta alternativa (una specie di funivia) che tiene conto del problema del vento - sì, il vento crea più problemi dei terremoti. Una bella ricostruzione della storia del Ponte l'aveva scritta qualche anno fa Luca Silenzi.

In rete c'è anche la storia "Zio Paperone e lo Stretto di Messina", costruita su una trovata geniale: un ponte di corallo, una barriera che si autoriparerebbe da sola. In fondo il Ponte è un po' questo: una struttura immaginaria che facciamo a pezzi periodicamente, e periodicamente torna a protendersi tra il promontorio del Dire e l'irraggiungibile costa del Fare. Ho detto "immaginaria", ma in realtà esiste. Il ponte fa discutere, fa votare, fa vincere appalti, fa commissionare studi di fattibilità, il ponte fa un sacco di cose. L'unica cosa che non fa, e che non farà ancora per parecchi anni, sarà portare i siciliani in Calabria e viceversa. Ma quello in fondo è un dettaglio.
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27 adulti andata e ritorno grazie

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Cara Trenitalia, quante te ne potrei dire, ma chissà quante te ne dicono tutti i giorni: chissà quanti ti rimproverano i tuoi ritardi, le tue biglietterie chiuse, il tuo sito inaffidabile, eccetera. Ma se proprio devo aggiungermi al coro dei tuoi detrattori, cercherò almeno di metterci qualcosa di mio. Per esempio: cara Trenitalia, cos'hai contro le gite scolastiche? (Continua sull'Unita.it, H1t#133).

Perché dai 12 anni in su non concepisci che una classe di scuola possa viaggiare in comitiva? Perché se voglio organizzare una gita in treno, un mezzo assai più sicuro delle corriere (e credo anche più educativo) mi tocca acquistare, per 25 alunni di 13 anni, 25 biglietti per adulti, a prezzo pieno? Oltre ovviamente ai biglietti per gli insegnanti, sia mai che ti venga in mente di offrire uno sconto a chi ti riempie un mezzo scompartimento.
Cara Trenitalia, perché invece di riempirmi la mail di offerte meravigliose sui Frecciarossa e i Frecciargento, non mi stupisci con una bella offerta per le gite scolastiche? Non ti ci vorrebbe nulla per essere competitiva con gli autotrasportatori. E dovresti essere la prima interessata a far conoscere il treno ai ragazzini. Il mezzo meno pericoloso di tutti, il più riposante. O hai paura che gli studenti disturbino i pendolari, o i manager col laptop che cercano di guardarsi i gol con la connessione WiFi che va a scatti?
Cara Trenitalia, perché insisti a volermi portare da Bologna a Milano in un’ora, quando l’unico treno che vorrei prendere ultimamente è un Modena-Verona, e ce ne mette due e venti? Ma ti pare normale che nel 2012 Modena e Verona stiano a 140 minuti di distanza? A volte, mentre guardo al finestrino la bassa emiliana diventare per un attimo lombarda, sento come uno spostamento d’aria: è il fantasma di un calesse ottocentesco che sorpassa il regionale Suzzara-Mantova. Lo so che darai la colpa alle regioni. Ma l’Italia è fatta di regioni, non viviamo tutti nell’immediata vicinanza di una stazione dell’Alta Velocità. Cara Trenitalia, ma che t’abbiamo fatto di male noi utenti? Perché fai di tutto per evitarci?
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Vedetta valsusina

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In questi giorni ho letto un po' dappertutto che, d'accordo, la TAV può essere un'idea discutibile, i NO-TAV possono avere la loro parte di ragione: però salire sui tralicci è sbagliato, salire sui tralicci è semplicemente stupido. Io non so bene cosa pensare, ci metto un po' a formare i miei giudizi. Sto ancora riflettendo su un episodio di 152 anni fa.

Siamo a Montebello, nell'Oltrepò pavese, a duecento chilometri di distanza dal fronte della Val di Susa. Anche a quel tempo c'era un conflitto in corso, che forse nessuno aveva ancora osato chiamare Seconda Guerra d'Indipendenza. In sostanza Napoleone III mira a cacciare gli austriaci dalla pianura padana, e a formarvi uno Stato satellite dell'Impero francese, da affidare alla dinastia dei Savoia e alle cure del conte di Cavour. È il venti maggio e nella zona cominciano a prendere posizione truppe francesi e piemontesi; ma si è capito che anche gli austriaci sono in zona. Un ragazzino del luogo, Giovanni Minoli (nessun grado di parentela col giornalista), sale su un frassino per dare un'occhiata. Un cecchino austriaco lo colpisce di striscio. Minoli viene prontamente soccorso dai soldati francesi e piemontesi, che lo ricoverano a Voghera, ma la medicina del tempo è quel che è, e insomma Minoli muore per un'infezione polmonare, dopo sette mesi di agonia.

Probabilmente i Sallusti dell'epoca, perché in tutte le epoche ce ne sono (anche se forse a noi è toccato il peggiore) lo avranno definito un "cretinetti": cosa c'è in effetti di più cretino che salire su un albero in un campo di battaglia? Se ti prendi una palla a un polmone te la sei meritata tutta. E poi cos'è questa frenesia di voler aiutare i soldati: non poteva salirci uno di loro, sull'albero, ché la guerra sarebbe il loro mestiere? Ne avranno fatti, di discorsi del genere, ai tavolini dei caffè.

Ma presto c'è stato altro di cui parlare. (Continua sull'Unita.it, H1t#115)

Ma presto c’è stato altro di cui parlare. Altre battaglie terribili, come Solferino; e poi l’armistizio di Villafranca che fa infuriare e dimettere Cavour; l’anno dopo l’impresa dei Mille e, in breve, l’Unità d’Italia. In mezzo a tante vittorie e tanto eroismo, la memoria di Minoli si perde completamente; tanto più che era orfano, e nessuno ne aveva reclamato il corpo, sicché ancora oggi ignoriamo dove sia sepolto. Il silenzio è tale che quando Edmondo De Amicis, un quarto di secolo più tardi, infila in Cuore la storia della “Piccola vedetta lombarda” (sostituendo alla lunga agonia una più spiccia morte in battaglia), i lettori la scambiano per la solita leggenda edificante e patriottica: la classica figurina da additare agli studenti dell’epoca umbertina come esempio di coraggio, eroismo, dedizione alla causa eccetera eccetera.
Però, prima di diventare una figurina, Giovanni Minoli è esistito davvero: perlomeno a questa conclusione sono giunti, qualche anno fa, i ricercatori Fabrizio Bernini e Daniele Salerno. E ora che non è più un personaggio di carta ci possiamo porre il problema: eroe o cretinetti? Cretinetti senz’altro, dal punto di vista degli austriaci, legittimi difensori dell’autonomia del regno Lombardo-veneto dalle mire espansionistiche di Napoleone III e dei suoi lacché piemontesi. Se avessero vinto loro, di Italia unita per un altro po’ non si sarebbe più parlato. Nessuno scrittore avrebbe mai additato agli studenti del Granducato di Toscana o dello Stato della Chiesa il modello di un un ragazzaccio che sale su un albero per fare una spiata. Ma i piemontesi la guerra l’hanno vinta (con qualche complicazione): l’Italia è unita e Minoli è uno dei suoi eroi.
La guerra del TAV non è ancora finita, e non saranno nemmeno i confronti tra la popolazione e le forze dell’ordine a risolverla. Quella in Val di Susa è soprattutto una guerra di idee: le due fazioni in campo hanno in mente due modelli di sviluppo diversi, hanno fatto calcoli diversi, e da molto tempo non si capiscono più. Se dovessi scommetterci sopra, probabilmente direi che il TAV si farà, mi basta vedere da che parte stanno i manganelli. Ma se il TAV sarà veramente un successo lo sapremo solo nei prossimi venti, trenta, cinquant’anni.
E allora forse potremo rispondere serenamente alla domanda di questi giorni: salire su un traliccio dell’alta tensione come ha fatto Luca Abbà; mettere a repentaglio la propria vita per salvare un territorio da un modello di sviluppo che in coscienza si reputa sbagliato, è un atto di eroismo o di stupidità? Se tra vent’anni la TAV funzionerà a regime, se avrà ridotto il traffico su gomma e ripianato le enormi spese che sosterremo, il problema nemmeno si pone. Se invece si sarà dimostrato un monumento inutile, se altre evoluzioni l’avranno già reso superato, i Sallusti del futuro la vedranno in un modo diverso. E Abbà si ritroverà anche lui in una figurina, come quello studente cinese davanti al carro armato in piazza Tienammen.
In fondo è facile riconoscere gli eroi: basta aspettare qualche tempo, e ogni cosa diventa ovvia e necessaria come la trovi scritta sui libri. Ma gli eroi non ce l’hanno tutto quel tempo: quando arriva un nemico si fa la prima cosa che ti viene in mente, sali su un albero oppure su un traliccio, e poi la Storia va come deve andare. Io spero che Abbà ci metta ancora un bel po’ a passare alla Storia; che si rimetta e abbia ancora tante battaglie, da vincere o perdere, ma tante. http://leonardo.blogspot.com
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Cretinetti 2022

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Il caro vecchio buon senso

Magari tra vent'anni nessuno ci penserà più, al TAV e alla Val di Susa. Sarà una zona depressa come tante, dissestata come tante; qualche pastore sarà andato a starci coi fondi dell'Unione. Non faremo nemmeno in tempo a vedere gli armenti, mentre sfrecciamo verso Parigi a fare chissàche. Avremo ricordi molto vaghi, di una cosa su cui avevamo preso una posizione, poi un'altra, quand'eravamo giovani; del fatto che non riuscissimo a trovarci a nostro agio mai, né quando votavamo un Ulivo che se ne fotteva dell'ambiente, né quando ci imbarazzavamo a trovarci dalla stessa parte dei pancabbestia. Magari andrà così.

Magari anche un po' peggio. Il traffico su gomma resisterà, perché più duttile; molta gente smetterà di viaggiare per riunioni di lavoro che si possono fare benissimo davanti a un video; e così ci ritroveremo per anni a pagare il costo di un enorme tunnel che alla fine ci sarà servito a poco. Qualche giornalista un po' più scrupoloso, o qualche ricercatore universitario senza un'idea migliore per una tesi di dottorato, riuscirà finalmente a mettere sui piattini della bilancia tutti i pro e tutti i contro (facile, col senno del poi), e scoprirà che il secondo piattino sarebbe effettivamente risultato di qualche oncia più pesante, se sull'altro non si fosse posata la fame di appalti, la brama di commesse, il keynesismo clientelare e cialtrone di questi vent'anni (che pure ha fatto respirare tante ditte che senza il TAV sarebbero a gambe all'aria da un pezzo).

Simili sorprendenti conclusioni avranno qualche eco nella stampa borghese, sempre piena di quel sano buon senso che ci fa prendere le decisioni più ponderate e meno avventurose; magari il Sallusti di turno, perché ci sarà sempre un Sallusti (anche se spero che a noi sia capitato il peggiore), leggerà il rapporto e sbotterà: ecco per cosa paghiamo le tasse, per i buchi inutili che i nostri papà facevano nelle montagne. Ma cosa avevano in testa, quei deficienti? Invece di fare le cose che andavano fatte. E titolerà: CI TOCCA PAGARE PER QUEI CRETINETTI.

Spero che quel giorno Luca Abbà possa farsi almeno una risata amara. Tieni duro.
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