All'ombra dei lanzichenecchi in fiore
27-07-2023, 18:01cultura, giornalistiPermalinkNon so se funziona anche fuori dai social, ma dentro quelli che frequento io si parla solo dell'avventura ferroviaria di Alain Elkann. Probabilmente andrà avanti così ancora per qualche giorno perché effettivamente da qualche parte doveva scoppiare quella bolla d'aria che è diventata Repubblica, e in generale i quotidiani 'autorevoli', e la cultura autopercepita che esprimono; poteva succedere in qualsiasi momento e con qualsiasi intervento, ma ha un senso che sia successo su un treno, mentre tutti partiamo per le vacanze, e a causa del padre del proprietario. È una storia insignificante, eppure dice tutto; ogni giorno si arricchisce di dettagli ancora meno significanti e ancora più eloquenti: il Comitato di redazione che prende le distanze, il Direttore che non pubblica la lettera del Comitato, il paginone culturale di due giorni dopo che ci spiega che Elkann è uno Scrittore, visto che non lo sapevamo, e il mio preferito fin qui è il tizio che esordisce scrivendo "vorrei fare il mestiere di critico che mi ha procurato una cattedra negli Stati Uniti", perché è professore emerito all'Università della Pennsylvania, mentre sulla pagina di Wikipedia silenziosa scompare l'informazione che anche Alain Elkann collaborava con la stessa università. E così via.
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Mi piacerebbe anche capire perché Dall-e, se gli chiedi un Renoir, ti dipinge un Cezanne. |
Ma insomma ne stanno parlando tutti, quindi cosa aggiungere? No, è che tra tante variazioni sul tema non ho ancora trovato qualcuno che si ponga il problema: chi sarebbe, Marcel, in quello scompartimento?
Marcel sarebbe un ragazzo seduto due file più al centro, un po' ubriaco perché qualcuno gli ha detto che un drink prima del viaggio ti risolve l'agorafobia ferroviaria, e allora ne ha presi due. A un certo punto ha scambiato sedile col suo amico Bloch (che continuava a prospettargli inverosimili avventure "al night") perché nel variopinto afrore dello scompartimento ha captato una chiara nota di muffa che gli ricorda uno scantinato del Bois de Boulogne, e ha capito che proviene dalla borsa o dagli indumenti di lino stazzonato di quel signore un po' fuori dal mondo che dal sedile su cui era prima appollaiato Bloch si può contemplare in tutto il suo appannato splendore. Ha le cuffiette perché finge di ascoltare una playlist di mauvaise musique, sperando che il tizio si lasci sfuggire una frase, un discorso, qualche considerazione sui bei tempi andati o sull'arte. Desidererebbe portarselo a casa, presentarlo alla nonna, ma sa che è una fantasia assurda – meno assurda è quella di vincere la timidezza, presentarsi con qualche pretesto, farsi introdurre in qualche atrio muscoso in cui vivrà con creature a lui simili che Marcel ora arderebbe dalla voglia d'incontrare – ma è anche vero che al Lido Hotel Bikini di Vieste ci stanno la Cicci e la Frenci e Bloch sostiene di potergliele presentare entro il tramonto.
Che cultura ti fai col bonus cultura
26-06-2018, 10:46cultura, generazione di fenomeni, Renzi, TheVisionPermalinkPersino in questa fase di luna di miele, in cui gli esponenti del nuovo governo raccolgono applausi anche quando suggeriscono schedature su base razziale, l’uscita di Bonisoli deve essere stata giudicata disastrosa se nel giro di 48 ore ha dovuto rimangiarsela: da qualche parte i 200 milioni sono stati trovati, il bonus ci sarà anche nel 2019. In commissione cultura i senatori 5Stelle non hanno smesso di borbottare: è solo una mossa elettorale, se davvero si tratta di promuovere la cultura tra i giovani ci vorrebbe qualcosa di più strutturale. Sagge parole che non costano nulla: senz’altro si può fare qualcosa di più “strutturale” che infilare 500 euro in tasca ai 18enni (con l’obbligo di spenderli in sei mesi), ma cosa?
Bisognerebbe fare un ragionamento più ampio sul concetto di cultura; servono idee, serve tempo. Cinque anni fa Matteo Renzi non ne aveva: doveva svecchiare l’immagine della sinistra e ampliare il suo bacino elettorale in tempi brevissimi. I bonus un po’ a pioggia, ai giovani, ai docenti, agli impiegati, non erano una misura né strutturale né elegante, ma facevano notizia e all’inizio sembravano funzionare. Oggi il M5S, ancora impegnato in una delicata campagna per i ballottaggi, non si trova in una situazione così diversa: per gareggiare con le sparate quotidiane di Salvini non può permettersi di scoprirsi su nessun fronte; se la cultura giovanile non è la sua priorità, Di Maio non può nemmeno rischiare di passare per il politico che ha tolto ai diciottenni 500 euro di libri, o addirittura di scarpe – Bonisoli, ma che ti ha detto il cervello? Proporre ai 18enni di fare a meno delle scarpe. Maria Antonietta in confronto con quella cosa della brioches fu una grande comunicatrice (in realtà non disse mai quella cosa delle brioches. L’ho scoperto su Wikipedia).
Insomma il bonus elettorale resta, e la discussione su cosa sia la cultura e su quale sia il modo migliore di promuoverla è rimandata a data da destinarsi. Se vi va possiamo cominciarla qua sotto, gratis. Partirei da un’osservazione empirica: a 18 anni, non so voi, ma io non è che ne capissi molto in generale. Ero un coglione. In altri Paesi europei mi avrebbero aiutato a uscire di casa o a trovare un lavoro; ma se mi avessero infilato in tasca 500 euro e mi avessero costretto a spenderli in “cultura”, li avrei spesi in stronzate. Per fortuna nessuno si era già fatto venire questa buffa idea. E siccome avevo comunque fame di “cultura”, qualsiasi cosa fosse, mi avreste trovato spesso in biblioteca. Nelle città in cui mi è capitato di vivere ce ne sono di meravigliose: le amministrazioni di sinistra in particolare ci hanno investito, aggiungendo al tradizionale prestito dei libri anche quello di CD e DVD originali (tutti con la loro brava scritta “proibito il noleggio”). Ho una grande nostalgia per i miei pomeriggi di ozio in quegli ambienti luminosi e tranquilli, ma mi domando se non rischio davvero di sembrare quel tipo di persona che cerca di infilare il gettone telefonico nell’Iphone, una volta Renzi li descriveva così. Che senso ha insistere su un luogo fisico, ancorché pubblico, oggi che la cultura tende a smaterializzarsi – noleggiare CD e DVD, nell’era di Spotify e Netflix? Un’app che produce voucher è meno scenografica di una biblioteca, ma forse è più adatta ai tempi, così come uno smartphone è più comodo di una cabina telefonica (continua su TheVision).

Le biblioteche e il bonus18 hanno una cosa in comune: sembrano aperte a tutti, meravigliosamente interclassiste. Tutti possono entrare in biblioteca – e però certa gente non ci entrerà mai; tutti i 18enni hanno diritto al bonus – ma molti non l’hanno usato e forse non ci si aspettava nemmeno che lo usassero, visto che il governo uscente non ne aveva previsto la copertura. C’è una specie di selezione invisibile all’ingresso: per entrare in una biblioteca fisica devi sapere che esiste, che hai il diritto di entrarci e prendere in prestito i contenuti che preferisci senza pagarli, basta compilare un foglio con i tuoi dati e farti dare “la tessera della biblioteca”. Per usare il bonus18 devi sapere che ne hai il diritto, ti serve uno smartphone e devi sapere come si scarica e si usa l’app. Sembra di una semplicità imbarazzante, oggi lo smartphone ce l’hanno pure i migranti sui barconi, si sa. Eppure, a febbraio del 2017 ancora metà degli aventi diritto non si era registrata. Difficile immaginare che più di duecentomila diciottenni abbiano rinunciato a 500 euro per odio a Renzi e alle sue politiche culturali.
Quando la procedura burocratica passa per il sito del Miur o per Poste.it, non i due siti più user friendly dell’universo, come praticamente tutti i siti legati in qualche modo allo Stato, tutto diventa molto complicato, anche per i nativi digitali. A questo si aggiunge il problema del divario digitale tra i fruitori e il mondo che li circonda: i 500 euro saranno più facilmente percepiti dai giovani che vivono nei centri meglio connessi e serviti, chi vive in un piccolo paese in provincia, lontano da questi centri, non solo potrebbe avere più difficoltà a ottenerli – come il rapporto sulle credenziali SPID nella regione Toscana lascerebbe intuire – ma faticherà di più a trovare negozi che accettino i voucher. Non è così strano che tra gli articoli più venduti col bonus18 ci siano i manuali universitari, ma ecco: se si trattava di aiutare i giovani universitari, tanto valeva investire in borse di studio.
Anche nelle biblioteche, alla fine, trovi utenti diversi su piani diversi. C’è chi al terzo piano cerca documenti per una tesi di laurea e c’è chi alle postazioni internet a piano terra gioca a World of Warcraft. Il bonus18 per ora non contempla videogiochi e nemmeno tablet (qualcuno se ne lamenta), ma mantiene un’accezione molto vasta di cultura: concerti, mostre, qualsiasi tipo di libro (fumetti e saghe per young adult e coming of age sono i generi più apprezzati, subito dopo ai libri universitari), con qualche esclusione che sembra dettata dal capriccio e invece spesso dipende dalla scelta delle piattaforme: va bene qualsiasi DVD, ma Netflix no, non è convenzionata. Spotify invece sì. Del resto il bonus non serve soltanto a conquistare il cuore dei giovani: è anche una misura concreta di sostegno del mercato editoriale, che tuttora ringrazia. Più gli editori che i librai, non tutti pronti ad accettare l’innovazione dei voucher. Amazon, come sempre, è pronta ad approfittarne, anche e soprattutto in regioni “periferiche” come Sardegna, Basilicata e Abruzzo.
Nel bene e nel male, il bonus18 è una tipica invenzione del periodo renziano che ci dice molto sulla classe dirigente che lo ha ideato. È come se per il Pd di governo l’uguaglianza non fosse un progetto, ma un dato di fatto: tutti i giovani sono già uguali, indifferentemente dal reddito dei genitori, dalle scuole che possono permettersi di frequentare, dalle coordinate geografiche e sociali. Per Salvini tutti, ricchi e poveri, dovrebbero pagare la stessa aliquota; per Renzi tutti, ricchi e poveri, hanno diritto a 500 euro da spendere in libri e concerti. Io a 18 anni forse non avevo capito tante cose però mi ero accorto che la cultura letteraria è in assoluto la meno classista. I classici della letteratura sono una commodity, la qualità è inversamente proporzionale al prezzo di copertina, i romanzi di Marcel Proust costano meno dell’ultima saga fantasy con copertina rigida; con dieci euro ti porti a casa quindici pagine di avventure di supereroi a colori o tutte le opere di Franz Kafka – sempre se proprio non vuoi leggertele gratis in biblioteca o avere l’ansia della scadenza del prestito. I carmi non danno il pane, lo sapevano già i latini: in compenso te ne tolgono pochissimo, è la passione meno costosa che un giovane possa alimentare. Se molti optano per passioni economicamente più disastrose, non è sempre e solo per scarsa inclinazione, o per un pregiudizio anticulturale che pure esiste: c’è anche gente che non legge perché nessuno ha provato mai a mettergli davanti un libro, o perché si è convinta che sia una cosa difficile; o perché si annoia a sfogliare 50 sfumature di grigio e non sa che Ernest Hemingway le darebbe più soddisfazioni. Anche un buono da 500 euro non cambia più di tanto le cose, se nessuno ti sa suggerire come spenderlo.Ernest Hemingway
Se invece di restare al piano terra della mia biblioteca io sono salito di piano in piano, se mi sono fatto una cultura, non è stato grazie alla mia estrazione sociale o ai soldi dei miei genitori (in libri ho speso abbastanza poco, alla fine). La prima volta che ci sono entrato sapevo già dove volevo andare. Avevo una mappa, non troppo complicata all’inizio, ma precisa. Non me l’ero fatta da solo, non me l’aveva data la mia famiglia. Me l’avevano data a scuola. Ancora oggi, però, se mi chiedessero come si fa a promuovere la cultura presso i giovani avrei un attimo di smarrimento. Non sono nemmeno sicuro di sapere cosa sia questa cultura di cui tutti parlano, e se sia opportuno promuoverla tutta, dai libri di Federico Moccia ai manuali di filatelia. Negli ultimi dieci anni, m’imbarazzo a dirlo, la maggior parte delle nozioni le ho imparate e ripassate su Wikipedia: forse allora il bonus dovremmo devolverlo alla Wiki Foundation e basta. Ma se ho imparato a orientarmi su Wikipedia, e in generale su Internet, e nelle biblioteche, e nel mondo, è perché sono andato a scuola, e a scuola ho letto buoni libri e ho avuto buoni insegnanti. Così, se mi chiedessero dove piazzare 200 milioni di euro per promuovere la cultura, io alla fine risponderei: usateli per rendere gratuiti i libri scolastici fino alla maturità, e se ne avanzano per la formazione per gli insegnanti. Ovvero, dateli a me, che sono un insegnante. Ma certo, se fossi un politico avrei altre priorità, soprattutto se avessi una campagna elettorale ogni tre mesi.
...e anche saper leggere un po' aiuterebbe.
"...non disse mai quella cosa delle brioches. L’ho scoperto su Wikipedia"
modestONE!!!
I licei classici non sono abbastanza inutili?
18-02-2016, 14:20chiudere i licei (con i prof dentro), cultura, scuolaPermalinkNell'universo che alcuni chiamano Biblioteca di Babele esistono tutti i libri possibili. Tutte le combinazioni di libri di 410 pagine - ogni pagina 40 righe di 40 caratteri. Ci sono tutti i libri che mi piacerebbe scrivere e a voi non piacerebbe leggere; c'è il vangelo tale e quale l'edizione che avete in casa ma con la parola "lavandino" al posto di "Regno dei Cieli". C'è un'edizione dei promessi sposi in cui Lucia scappa con Don Rodrigo e a pagina venti comincia una spiegazione della relatività ristretta che è sbagliata, o forse no. C'è l'autentica spiegazione della vostra vita, con la descrizione veridica della vostra morte - ma è in mezzo ad altri volumi che la smentiscono, che cambiano alcuni dettagli inquietanti, che presentano tutto sotto una luce diversa, come fare a distinguerli. C'è il catalogo della biblioteca e c'è il senso della vita - e il secondo volume della Poetica di Aristotele, composto interamente di virgole. C'è un libro in cui Voltaire dà la vita affinché Rousseau possa esprimere la sua opinione, che è "mort ai ro.dodendrr,rr". Un libro in cui Einstein si preoccupa della sorte delle api, un altro in cui Neruda lentamente muore, e persino un libro (anzi ce ne sono milioni) in cui la poesia che Renzi ha attribuito a Borges è davvero di Borges. Purtroppo questo avviene in un altro universo.
Che poi si sa come vanno queste cose, no? Devi andare in Argentina, chiedi ai tuoi di farti un discorso sull'Argentina, loro googlano "poeti argentini" e trovano "Borges"; googlano "citazioni di Borges"... cioè alla fine è sempre colpa di google, dai. Al limite di Wikipedia. Non varrebbe neanche la pena di parlarne. Senonché ero già irritato per quella roba che aveva scritto Galimberti, l'ennesimo peana sulla fine del liceo classico e quindi della cultura, perché pare proprio non si dia cultura senza liceo classico.
Altri hanno già parlato a sufficienza di quanto sia in realtà angusta e piuttosto retroborghese l'idea di cultura di Galimberti - che infatti non riesce a non includere un feticcio ormai residuale, il "teatro": tra le attività che secondo lui sono cultura e distinguono l'uomo dalla "bestia" non c'è la capacità di percepire e misurare le onde gravitazionali attraverso un interferometro, ma c'è il "teatro": se vai a teatro sei un uomo, se stai in casa e guardi Superquark non è detto.
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Per Galimberti è Cultura. Posso andarci col buono per l'aggiornamento culturale. |
Ché poi a me andare a teatro è sempre piaciuto: ma questa idea che qualsiasi cosa vi avvenga sia "cultura" e meriti di essere salvata, finanziata... è un'idea che avrebbe fatto girare la testa i buoni borghesi di un secolo fa, che a teatro ci andavano per tirare i pomodori ai futuristi e guardare le gambe delle ballerine. Galimberti è più trombone di loro, Galimberti scambia perline per gioielli, qualsiasi cazzata per Galimberti diventa importante se si recita su un palco col sipario rosso. È il guardiano di un museo che non capisce, spolvera gli estintori ed è convinto che siano oggetti di valore inestimabile, la gente passa e non si cura delle loro rotondità sgargianti ma non è colpa loro: è che non hanno fatto il Classico, son bestie.
E allora Matteo Renzi? Uscito con 60/60 dal prestigioso Liceo classico Dante, Matteo Renzi che non trova un finale per un discorso e googla "Jorge Luis Borges citazioni"... Renzi e Galimberti dovrebbero essere due prodotti della migliore istruzione italiana, quella che produce esseri Umani, no scimmie chine sui calcolatori e gli interferometri: gente che s'intende di tutto ciò che è umano, e quindi anche di umane lettere. Com'è che invece Galimberti non sa distinguere la filosofia dalla lamentazione di un pensionato su una panchina? Un intellettuale in una società di massa da una jeune fille che studia lettere antiche per passatempo in attesa di fidanzarsi con un buon partito che la manterrà per il resto dei suoi giorni? E com'è che Renzi non sa distinguere un pensiero di Borges da un incarto di cioccolatino? Non dico che debbano servire a trovare un lavoro, questi studi classici: ma almeno a "studiare i classici", appunto. I testi perdio, cosa avete fatto in cinque anni se non sapete distinguere Borges da un cioccolatino, Benjamin da una portinaia. Chiunque abbia letto anche solo un libriccino di Borges, se ne può ben rendere conto che Borges non scriveva banalità sull'amicizia. Chiunque abbia letto un solo testo degli autori che Galimberti cita con rimpianto - Marcuse, Foucault - come fa anche solo per un istante a concepire una scemenza pseudoromantica come il "mondo del lavoro" contrapposto al "mondo della vita"?
Cioè forse abbiamo sbagliato tutto - forse il problema non è che il liceo classico sia inutile, ma che non sia abbastanza inutile. Non produce filosofi, ma imbecilli che scambiano soprammobili Biedermeier per statue di Prassitele. Non produce filologi, ma praticoni anche abbastanza astuti, che magari ti diventano presidenti del consiglio, ma non sanno chi è Borges. Con tutto che non sono affatto sicuro che sia utile sapere chi è Borges. Ma chiedi a un matematico, lo sanno tutti chi è Borges.
Non ne potevo piu` di recensioni cinematografiche, e` tornato il Leonardo che piace a me.
quella stessa classe dirigente che ci ha dato quarant'anni di democrazia cristana, la P2, vent'anni di Silvio, e ora Renzi.
solo il professionale alberghiero ci salverà.
L'estate che verrà (coi suoi scontrini)
23-09-2015, 02:31cultura, Renzi, scuolaPermalink
Firmato il decreto sulla carta elettronica dei docenti. 500 euro per la loro formazione pic.twitter.com/vwArEjZMfs
— Matteo Renzi (@matteorenzi) September 22, 2015
Buongiorno, mi chiamo Leonardo e non tutti sanno che ho il dono della profezia. Fu Apollo, una sera che aveva bevuto. Premesso ciò, vi vado a illustrare cosa succederà nel luglio 2016, quando molti miei colleghi insegnanti, dopo aver liquidato i loro studenti, cominceranno a raccogliere gli scontrini per la rendicontazione delle spese di formazione, ai sensi del comma 4 dell'articolo boh del decreto legge che Renzi ha firmato ieri.E si accorgeranno che i conti non tornano.
Perché magari nove mesi prima la volontà c'era, si erano anche preparati il cassettino, la bustina, il salvadanaio, un posto dove infilare i bigliettini, ma poi c'erano altre incombenze, e gli scrutini, e gli esami, e bisognava anche prenotare per le vacanze, e insomma bisogna tirar fuori 500 euro di spese culturali, cosa ci mettiamo? I biglietti del cinema vanno bene? Che tipo di film? La Pixar è una risorsa educativa? Più o meno di Wim Wenders? Porcaputtana l'avevo ancora in tasca e mi si è sbiadito.
E cominceranno a lamentarsi su facebook.
Non più di quanto si lamenti qualsiasi altra categoria - si lamentano tutti su facebook, perlomeno tutti gli italofoni. Ci si lamenta del tempo, del boss, della salute, delle tasse, del partner se c'è, se non c'è della sua mancanza, ci si lamenta dei figli e del loro discutibile gusto in fatto di cartoni animati. Ci si lamenta di ogni cosa e tra un anno ci si lamenterà di questa legge assurda che ci chiede di tenere 500€ di consumi "culturali" - i biglietti di teatro sì - e i biglietti del treno per andare a teatro? E tanti altri Problemi da primo mondo, ansietà da classe medio-agiata, mentre la fuori c'è chi lotta per la terza settimana, o per tenersi a galla quando si rovescia il barcone.
E ci faremo la figura dei figli viziati, che si stufano a rendicontare la paghetta.
Ma sarà solo l'inizio.
Perché intanto sarà arrivato il torrido agosto, e gli ombrelloni reclameranno il loro tributo di ariose chiacchiere da spiaggia, e chi rimane in città a fare il giornalista (o a fare finta di) dovrà pure dar loro in pasto qualcosa. E noi saremo lì, belli maturi, pronti a cascare nella prima trappola. Così che a Roma, o Milano, o in qualche altra città, prima o poi un cronista qualsiasi metterà davanti un microfono a un insegnante convinto di farci pure una bella figura, mentre si lamenta che questo Ministero che vuole guardare come spendi i tuoi soldi è, boh, ficcanaso? Degno di un regime totalitario? Con un po' di sforzo qualcuno che la spara così grossa lo trovi. In fondo siamo centinaia di migliaia, tutti scazzati mentre mettiamo in fila gli scontrini - qualcuno che sbrocchi lo trovi, è statistica.
Oppure il furbacchione. Quello che si crede brillante mentre spiega di aver rendicontato 500€ in libri a una Feltrinelli, per farseli permutare il giorno dopo in giochi per la playstation. (Che peraltro tra un premio Strega di quelli che danno via oggi e un Grand Theft Auto, qualche dubbio su chi trasudi più cultura potremmo farcelo).
Però alla fine, davvero, io punterei sul coglione che dirà "TOTALITARIO". E sarà subito tormentone dell'estate. Come successe nella torrida estate del 2015, quando tutti sotto l'ombrellone cantavano, vi ricordate? "DEPORTAZIONE". Che hit fenomenale. Che modo fantastico ed economico di sputtanare una categoria di cui fanno persone che ogni anno cambiano sedi a centinaia di km di distanza, affrontando spese ingenti per un tozzo di pane - e poi un giorno ne intervisti una che dice: "DEPORTAZIONE", et voilà, son tutti figli di papà e mammà che pretendono di insegnare sottocasa.
Nel baccano che ne seguirà ci sarà pure qualcuno che proverà a spiegare che tutto sommato ci troviamo davanti a un ridicolo aumento salariale (500€ all'anno, signori, fa 40 al mese), truccato da grande misura per la formazione della classe docente. Classe docente a cui è proposto di spendere i soldi in corsi di formazione o in cofanetti dvd di Guerre Stellari: per il ministero non dovrebbe fare nessuna differenza, il che tradisce una concezione non so quanto gentiliana e quanto semplicemente paracula. Qualcuno ci sarà, che prova a discuterne in questi termini.
Ma non ci farà caso nessuno, staranno tutti ridendo, ahah, sul giornale c'è un prof che si è stancato di raccogliere gli scontrini e si lamenta dello Stato TOTALITARIO.
Quel che fu la brioche per Maria Antonietta - non la disse mai, quella frase, sapete. Gliela confezionarono su misura i suoi nemici. Fu molto più efficace della ghigliottina.
Ciao a tutti, mi chiamo Leonardo e quella sera, se vogliamo dirla tutta, Apollo ci stava a provare. Mi guardava con quell'occhio, sapete, io poi da giovane ero un tipo. Ti offro il dono della profezia, mi disse a un certo punto, e già sbavava sul bancone, puzzava di nettare rancido. Grazie ma domattina mi alzo presto ho un'interrogazione. E va bene disse lui, sai che ti dico? Il dono non posso ritirartelo, ma ci metto una giunta: farai solo profezie di merda. Grazie, grazie, potente dio, delfico Apollo.
Poi parli te che stai in un paese che non ha il senato elettivo, sarà mica vera democrazia quella ?
Ma anche io non posso capire, non sono un 'insegnante . A me 40 euro al mese in più farebbero pure comodo.
Certo, è l'università e non la scuola; noi mica ci abbiamo "altre incombenze, e gli scrutini, e gli esami", e naturalmente non ci spacchiamo la schiena come gli insegnanti della scuola italiana. Soprattutto, non siamo sottoposti a disumane richieste come andare a insegnare dove ci sono classi scoperte, e non - come invece sarebbe giusto - creare più classi dove ci sono più insegnanti da stabilizzare: in effetti, quando siedo comodamente sul mio volo Ryanair Ancona-Londra, penso con dolore al dramma umano di coloro che debbono fare cinquanta chilometri per andare a compiere la propria missione pedagogica.
Però, almeno riguardo ai rimborsi, posso garantire con tutta tranquillità che non è un dramma. Basta conservare gli scontrini delle spese - è sufficiente una cartellina, di quelle di plastica -, e al massimo tenere un appunto per vedere quando si sfora.
Poi, certo, bisogna vedere se uno quei soldi ha bisogno o voglia di spenderli. Ovviamente, si può continuare tutta la vita a far leggere Il Barone Rampante e far vedere il Galileo della Cavani ai ragazzini (o a distribuire fotocopie sulla fotosintesi clorofilliana, o a spiegare il puntinismo): nel qual caso, l'aggiornamento culturale serve a poco. Ma immagino che gli insegnanti italiani questo problema non l'abbiano, e che dunque i 500 euro potranno aiutarli, nei limiti del possibile, a fare quel che già fanno (altrimenti perché avrebbero scelto questo mestiere?): leggere, informarsi, conoscere il mondo in cui vivono, per poterlo insegnare e far comprendere, giusta il detto di Calamandrei o di qualcun altro che si ritira sempre fuori a ogni riforma della scuola e a ogni ministro "bocciato"; un mondo che - per fortuna o sfortuna - non è fermo a Calvino e Liberovici e a Ci ragiono e canto, che la mia antologia delle medie (1988-1991) presentava ancora, con mio grande stupore, come qualcosa di attualissimo.
Qui è tutto un museo - le assemblee le fate a casa vostra
19-09-2015, 02:54cultura, Renzi, scioperiPermalinkÈ passato qualche tempo.
Non lasceremo la cultura ostaggio di quei sindacalisti contro l'Italia. Oggi decreto legge #colosseo #lavoltabuona pic.twitter.com/D154PLS8L8
— Matteo Renzi (@matteorenzi) September 18, 2015
Ieri il presidente del consiglio dei ministri Matteo Renzi ha scoperto che la cultura italiana è ostaggio di forze avverse in Italia - pare che si tratti di sindacalisti. Santo cielo, che avran combinato quei diabolici nemici dell'ordine e del progresso? La mente vacilla: pare che in seguito a una triste storia di straordinari non pagati, i rappresentanti del personale del Colosseo (non sindacalisti di professione) si siano permessi, ai sensi dell'articolo 20 dello Statuto dei Lavoratori, di convocare un'assemblea in orario di lavoro. Avete capito bene: per tre ore, per ben tre ore, ieri mattina il Colosseo è rimasto chiuso. I poveri turisti venuti da tutto il mondo hanno dovuto ripiegare su altri monumenti - purtroppo come è noto lì in giro non c'è niente per miglia e miglia, solo colline e greggi e paludi fino al raccordo anulare. Una tale vergogna sarebbe mai potuta succedere in altri Paesi? Certo che no.
Grazie a Erik |
A parte forse in Francia, ma che c'entra, quelli sono bolscevichi. Ma immaginatevi una cosa del genere nel mondo anglosassone.
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Grazie a Chamberlain |
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Grazie a Mazzetta |
Manco da Roma da un po' ma leggo i giornali e conosco gente che nella metropolitana di Roma ci lavora. Be', a me pare proprio che il cosiddetto "caso" della metropolitana di Roma (quella che praticamente non funzionava nel luglio più caldo del millennio) sia un perfetto esempio di scaricabarile. Quella metropolitana ha funzionato poco e male, non solo questa estate, e continuerà a funzionare male, in parte a causa di scioperi del personale regolarmente annunciati alla dirigenza e motivati da gravi problemi strutturali (anche legati alla sicurezza dei passeggeri), e in (gran) parte proprio a causa di quegli stessi problemi tecnici e organizzativi di cui sopra, a cui la dirigenza non vuole o non sa rimediare. Però ai macchinisti (che ormai temono di essere linciati) si dice che con gli utenti non devono parlare.
Esattamente come per il caso Colosseo e, a occhio e croce, tanti altri servizi pubblici o siti turistico/culturali.
* vedi questo stesso blog, qualche giorno fa, "gli imperi recalcitranti"
E poi sarei io il massimalista ;)
L'assemblea era convocata da una settimana, la sopraintendenza che dipende direttamente dal ministero quindi da Franceschini, non ha fatto nulla, non hanno comunicato la cosa e non hanno gestito i turni in modo da tenere il sito ugualmente aperto.
Il decreto era li bello pronto che aspettava dalla faccenda di Pompei. E' stato facile approvarlo con la collaborazione dei media, dei gonzi che subito abboccano a queste ondate di sdegno, del presidente della Repubblica che firma una cosa del genere ed invece viene il sospetto che fosse tutto un trappolone a danno dei lavoratori.
Nel Pd, partito che si vuole dalla parte dei lavoratori nessuno ha dissentito.
Saluto
non che con questo io voglia dire che tifo per i precetti, però la mia idea di "disagi insostenibili" e "servizi essenziali" è altra.
e sì, le assemblee sono un diritto garantito, e si fanno in orario di lavoro (@ Claudio VdA: però non si organizzano "in risposta a un'ingiustizia": se no si chiamano scioperi, e si fanno con altre modalità e soprattutto rimettendoci dei soldi).
Oppure Rosa Parks lottava per 50 dollari di arretrati che le doveva lo Stato dell'Alabama?
Una delle due, perché se no il paragone è leggermente scentrato...
Sz.
Possibile che non abbia capito l'autogol? Vabbè, torno dalla bottiglia di amaro. Tra un po' passo all'eroina.
Ma ci sono modi ben diversi per chiedere degli arretrati.
Chiudere il Colosseo è un autogol pazzesco, come si può non capirlo?
Non potevano fare uscire la storia contattando un giornalista, del Fatto, per dirne uno?
Sarebbero passati per vittime e avrebbero messo in luce lo scandalo di un Governo che a parole ha la cultura come priorità mentre non riesce nemmeno a pagare le aperture notturne o gli straordinari.
Sz
Facciamo così, mediamo anche tra i diritti di un frocio o di un negro con i legittimi bisogni dei razzisti.
Ci sarà pure un modo, no? L'importante comunque è mediare, ci mancherebbe.
I lavoratori dei beni culturali subiscono un'ingiustizia, in risposta organizzano un'assemblea e il governo, in nome dell'interesse nazionale, decide che non devono più fare assemblee.
Dopo i beni culturali a chi toccherà? La prossima volta saranno i salumai a subire un'ingiustizia, decideranno una forma di protesta ed il governo decreterà che i salumi sono di interesse nazionale quindi precettazione.
E poi le reazioni delle altre categorie: se X ha diritto a fare assemblea e Y non ha diritto, ci si aspetterebbe che Y prendesse in esempio X chiedendo di essere adeguato allo stesso trattamento, invece Y chiede che X perda tale diritto. In questo modo quando Y chiederà tale diritto gli sarà risposto "A X l'abbiamo tolto, perché mai lo dovremmo dare a te?".
Quando c'è uno sciopero dei treni intervistano sempre lo stupido di turno che dice "Dovevo andare a XXX per lavoro, ma a causa di questi scioperanti non posso andarci", mentre l'unica risposta seria sarebbe "Dovevo andare a XXX per lavoro, ma a causa dei tagli che hanno costretto la gente a scioperare non posso andarci".
Mutatis mutandis, se i precari bloccano l'autostrada non te la devi prendere coi precari, ma con chi si rifiuta di stabilizzarli adducendo motivazioni pretestuose: vedrai che una volta stabilizzati non bloccheranno più l'autostrada!
Non è che FR e UK possono permettersi le assemblee sindacali perché stanno meglio; FR e UK stanno meglio perché i lavoratori hanno vinto una serie di lotte. Con scioperi, assemblee, tutta quella roba.
Detto ciò, anche io, proprio in qualità non solo di utente ma di professionista che lavora nell'ambito dei Beni Culturali, sono sconcertata dall'atteggiamento del Ministero... l'ennesima pezza, messa a cavolo senza nemmeno aver voglia di affrontare il problema.. E l'atteggiamento di Renzi a Firenze.. ecco, da fiorentina direi che preferisco calare un velo pietoso...
Stefania
Mi ripeto: stamo aĺle cozze... Ora vado a bere.
Brutto il modo di agire del governo finchè vuoi; purtroppo non riesco a non pensare che milioni di noi lavorano straordinariamente e ordinariamente per poco, con paghe non regolare, mentre questi 30 non hanno concreti rischi di perdere il posto e faccio tacere la mente sulle maggiori tutele.
Per me rimane troppa la distanza col mitologico paese reale e inopportuno lo sdegno.
In più, nello specifico del tema, FR e UK, possono permetterselo, l'Italia non può perdere neanche un turista, giusto l'intervento del governo a difesa della sua industria principale.
Ciao
La Card di Lodoli, la sconfitta di Baricco
23-05-2015, 16:581500 caratteri, cultura, Renzi, scuolaPermalinkMi spiace che alla corte di Renzi abbia vinto lui e perso Baricco, pur così applaudito alla Leopolda. Non per il valore letterario, ma perché B. vedeva il problema in modo diametralmente opposto, e un giorno osò scriverlo: basta aiuti al teatro, investiamo tutto nella scuola e nella tv. Inutile foraggiare prodotti culturali di nicchia, se a scuola alleviamo analfabeti; il teatro rinascerà quando e se scuola e tv produrranno cittadini in grado di apprezzarlo. Mi pareva l’unica proposta logica, ma alla Leopolda Baricco non la portò (non ne ebbe il coraggio?) Ha vinto il modello-Lodoli, che insiste a vedere nella classe docente non un insieme di lavoratori che deve adeguarsi a determinati standard professionali, bensì una casta intellettuale che celebra la propria identità andando a teatro, leggendo libri: “cultura”, insomma in senso antropologico.
mi sembra comunque l'ultimo dei problemi.
Allego qui sotto il testo del comma 1 dell'art. 12, come uscito dalla camera.
Emanuele Ripamonti
Al fine di sostenere la formazione continua dei docenti e di valorizzarne le relative competenze professionali, per iscrizione a corsi di laurea, laurea magistrale, specialistica, a ciclo unico, inerenti al profilo professionale, iscrizione a corsi post lauream o master universitari inerenti al profilo professionale, è istituita la Carta elettronica per l'aggiornamento e la formazione del docente di ruolo delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado, nel rispetto del limite di spesa di cui al comma 3. La Carta, dell'importo nominale di euro 500 annui per ciascun anno scolastico, può essere utilizzata per l'acquisto di libri e di testi, anche in formato digitale, di natura didattico-scientifica, di pubblicazioni e di riviste riferite alle materie di insegnamento e comunque utili all'aggiornamento professionale, per l'acquisto di hardware e software, per l'iscrizione a corsi per attività di aggiornamento e di qualificazione delle competenze professionali, per rappresentazioni teatrali e cinematografiche, per l'ingresso a musei, mostre ed eventi culturali, nonché per iniziative coerenti con le attività individuate nell'ambito del piano dell'offerta formativa delle scuole e del Piano nazionale di formazione di cui al comma 4. La somma di cui alla Carta non costituisce retribuzione accessoria né reddito imponibile.
Boh! Come critica questa mi sembra tirata per i capelli. Non entro nel merito del resto della riforma, sono quasi 20 anni che non metto piede in una scuola e non ho idea delle sue reali esigenze, ma lamentarsi nello specifico di questi soldi mi sembra tanto benaltrismo.
Insomma, è una somma in più, e ti danno pure ampio margine su come usarla. Vuoi farci dei corsi? Ok. Vuoi spararteli a cinepattoni? Pure.
Come può essere una misura a sussidio di scrittori e teatranti? Magari uno ci si compra la discografia dei Rammstein.
Ovviamente uno può usarli per corsi di aggiornamento. Ma che logica è quella di equiparare biglietti per un balletto a un corso post lauream? Se vuoi destinarli alla formazione, investili direttamente in corsi di aggiornamento, e poi offrili ai docenti gratis o con forti sconti. Però poi a Lodoli i libri chi glieli compra?
Ah, poi pare che la cifra copra anche i costi di corsi di formazione. Almeno così dice qua.
"[Il bonus può essere usato anche] per l'iscrizione a corsi per attività di aggiornamento e di qualificazione delle competenze professionali, a corsi di laurea, di laurea magistrale, specialistica o a ciclo unico, inerenti al profilo professionale, ovvero a corsi post lauream o a master universitari inerenti al profilo professionale"
http://notizie.tiscali.it/articoli/politica/15/05/19/scuola-riforma-formazione.html
Il giglio dei Mohawk
17-04-2014, 13:31Americana, cultura, Il Post, religioni, santiPermalink
17 aprile - Santa Kateri Tekakwitha (1656-1680), vergine mohawk
Di solito gli irochesi attaccano su due fronti; accerchiano il villaggio; uccidono i guerrieri feriti, gli anziani, i bambini troppo piccoli e in generale chi non reggerebbe la fatica di un lungo viaggio a piedi. Ai restanti prigionieri viene tagliato un dito a scopo di identificazione; nel frattempo un messaggero viene mandato al villaggio per avvertire che la piccola guerra è andata bene. Lungo il cammino i prigionieri che cadono vengono terminati rapidamente a colpi d'ascia e abbandonati insepolti. Quando finalmente arrivano al villaggio, una piccola folla si fa avanti per percuoterli un po'. Vengono spogliati e torturati con più professionalità dalle donne, specie le più anziane ed esperte. A questo punto venivano nutriti e potevano riposare; quindi erano fortemente invitati a danzare in cerchio mentre il consiglio del villaggio deliberava sul loro destino. I nuclei famigliari che avevano avuto un lutto recente avevano la facoltà di adottare uno dei prigionieri, che in caso contrario veniva ulteriormente torturato, ucciso e parzialmente mangiato. Il prigioniero adottato diventava membro della famiglia a tutti gli effetti, e dalla sua disponibilità a impersonare il parente precedente morto in guerra o in malattia dipendeva la sua sopravvivenza: se non riusciva a integrarsi poteva essere ucciso anche dopo qualche anno. Anche la madre di Kateri Tekakwitha divenne mohawk in questo modo, quando era bambina. Di nascita era algonchina, di una tribù cattolica e filofrancese; gli irochesi (di cui i mohawk facevano parte) in questa fase acquistavano armi da olandesi e inglesi, e attaccavano i francesi che si ostinavano a comprare pelli di castoro da altri popoli.

Gli irochesi erano tutto meno che un popolo in simbiosi con la natura. Giunti da sud nel medioevo, miravano a diventare la potenza egemone di tutta la zona tra i Grandi Laghi e il Mississippi che in alcune mappe europee si chiamava invece Nuova Francia. La loro idea di egemonia prevedeva il genocidio e l'assimilazione delle tribù nemiche. Da un punto di vista economico, miravano al monopolio della vendita di pelli del castoro gli europei, e questo era un buon motivo per combattere contro le tribù alleate dei francesi. Pazienza se nel frattempo la caccia sistematica dell'animale lo stava portando all'estinzione in una vasta porzione del suo habitat. Cacciatori e guerrieri erano costretti a viaggi sempre più lunghi, il che aumentava il prestigio e l'importanza delle donne che restavano a casa. Alle donne appartenevano terreni e abitazioni; soltanto loro conoscevano i misteri delle "tre sorelle" (mais, fagioli, zucche), senza le quali anche i più potenti guerrieri non avrebbero saputo come riempire la scodella quotidiana. E tuttavia le donne dovevano sposarsi e avere figli: era l'unico destino concesso. L'infertilità era connessa con la stregoneria e con altre sciagure. D'altro canto, divorziare sembrava straordinariamente facile: bastava posare i mocassini del marito fuori dalla casa.

Kateri però non voleva sposarsi. Quando le presentarono un pretendente (a 14 o a 17 anni), se la squagliò senza tante cerimonie. Ora faccio l'avvocato del diavolo: Kateri non era un buon partito. Non per via delle origine algonchine, dal momento che l'abitudine a rimpolpare le famiglie con prigionieri di altre tribù aveva reso gli irochesi un melting pot più amalgamato del nostro: dopo l'epidemia del vaiolo del 1662 gli etnologi calcolano che il 90% dei mohawk non fossero di origine mohawk.
Nella stessa epidemia però Kateri aveva perso la famiglia e la bellezza: i segni del vaiolo le sfiguravano la fronte. Aveva anche una vista assai debole, il che non le impediva di essere un'artigiana molto abile. La zia che l'allevava non aveva probabilmente né l'interesse né la possibilità di trovarle un guerriero bello e forte: bisognava arrangiarsi. Le fonti gesuite ovviamente non scrivono così, bensì:
Tekakwitha crebbe senza scuola e senza studio, amante soltanto della solitudine e del lavoro, ma la grazia di Dio la condusse per vie misteriose alla pratica eroica di tutte le virtù, specialmente di quella più sconosciuta agli Indiani, la castità.E può anche darsi che abbiano ragione; che Kateri non disprezzasse unicamente il suo promesso sposo, ma il matrimonio e il congiungimento carnale in sé. Persone del genere esistono in tutte le culture e a tutte le latitudini. Fu la scelta di non sposarsi - che nella cultura mohawk l'avrebbe portata dritta a un'accusa di stregoneria - ad avvicinarla ai "vestenera", i missionari gesuiti. Ogni villaggio ne aveva uno: lo prevedeva una clausola di una pace da poco firmata coi francesi. Qui bisognerebbe aprire una parentesi enorme sul ruolo dei gesuiti, che abbinavano a una devozione fanatica una duttilità etnologica veramente in anticipo sui tempi. Ovunque arrivano - e arrivano ovunque, sprezzanti dei rischi di martirio - i gesuiti sanno di non trovarsi semplicemente in mezzo a selvaggi, ma al cospetto di culture da interpretare e studiare. Saranno i primi a pubblicare grammatiche giapponesi e azteche; ma a differenza degli antropologi di oggi, che sono portati a considerare ogni popolo come una nicchia da preservare, anche a costo di impedirsi di conoscerla, i gesuiti sono in missione per conto di Dio. La cultura che si portano con sé, dall'Europa sconvolta dalle guerre di religione, la vogliono spargere nel Nuovo Mondo, innestandola su piante autoctone ed esotiche, nella speranza che da qualche parte nella foresta o nella jungla nasca qualcosa di simile a un regno dei cieli, o anche solo una Repubblica di Indios conversi come in Paraguay. Anche in Nuova Francia erano riusciti a farsi intestare delle seignuries, dei feudi. Il piano era infettare le Sei Nazioni come un virus, portando armi e sacramenti (continua sul Post...)
La Francia è una cosa che esiste
29-10-2013, 13:09cinema, cultura, FranciaPermalinkDistinto Asso, leggendo giusto iersera la sua gustosa doppia recensione, sono rimasto colpito da questo lungo passo, che mi perdonerà se cito nella sua interezza.
Le giornate della ragazza si dividono tra la scuola, dove Adele e i suoi compagni leggono con attenzione e analizzano complesse opere letterarie (e qui, sin da subito, il regista mette in chiaro che tutto il film non è nient'altro che una favola), la famiglia (dove genitori gentili sopportano una figlia che non riesce nemmeno a masticare con la bocca chiusa), le amiche e i ragazzi (dove anche il più scemo ha comunque letto Le Relazioni Pericolose ed è in grado di parlarne). Non si vede un cellulare, un computer o Facebook, proprio per rimarcare ancora di più il distacco tra il mondo fantastico di Adele e quello reale.Non so perché però mi è venuta voglia di intervenire, e precisare che c'è un altro luogo oltre a Topolinia o la Contea, dove si sarebbe potuto ambientare La vita di Adele; un luogo assai famoso e ben noto agli autori di fumetti, ovvero la Francia. E in effetti La vita di Adele è ambientata proprio là, in una Francia così Francia che è quasi Belgio; ed è una storia tutto sommato realistica, anche se è più divertente immaginare il contrario.
Ad un certo punto Adele incontra Emma, una ragazza lesbica. Ovviamente Emma non è una lesbica qualsiasi. Prima di tutto è bellissima pure lei, di una bellezza quasi aliena, poi - pure lei - è un pozzo di cultura (sciorina Sartre come fosse un amico suo) è molto sensibile, gentile, comprensiva e piena di talento.
A sottolineare ancora la natura favolistica di tutta la faccenda, Emma ha i capelli azzurri proprio come la Fata Turchina e, proprio come la creatura di Collodi, ha un ruolo determinante nell'educazione di Adele.
Le due, dopo un primo momento di titubanza, si mettono insieme.
Sono grandi baci, sesso ruvido ma patinato, e ancora ambienti e situazioni fantasiose: Emma diventa rapidamente un'artista di grido, Adele insegna ai bambini ed è felice della sua condizione di insegnante (va bene il contesto fantasy, qui però si esagera), ci sono salotti buoni dove tutti, ma proprio tutti, sono gentili e acculturati, famiglie aperte e comprensive, famiglie meno aperte ma comunque che non rompono i coglioni e poi le inevitabili tensioni di coppia, i tradimenti, le liti, la rottura e le frasi urlate come nei film. Poi ci sta lo stare male, il rivedersi, il non trovarsi e tutte cose tipiche di una coppia (etero o gay poco importa) più o meno in crisi, ma tutte rappresentate in maniera così straordinariamente civile e garbata e a modo che giusto a Topolinia o nella Contea.
Ma in effetti nella Francia reale ci sono licei dove si legge Marivaux, e se ne discute, e non dovrebbe stranirci la cosa; anche noi al liceo leggevamo romanzi del Settecento - cioè no, perché non abbiamo romanzi del Settecento - insomma alla fine ci buttiamo sempre sull'Ottocento e persino Foscolo non ha lo stesso sex appeal dei libertini e delle cortigiane. Comunque se i nostri liceali, invece di continuare a tradurre versioncine di latino, si leggessero qualche mattone settecentesco per tre-quattro ore alla settimana, alla fine ci si affezionerebbero come si affeziona Adèle. Naturalmente serve anche la predisposizione - e infatti Adèle si innamora di un libro dove una ragazza semplice è fulminata dall'amore per un tizio di una classe sociale superiore; si mette insomma in chiaro da subito che la letteratura non risolve i tuoi problemi, al massimo te li anticipa. La letteratura ha un valore profetico, se da ragazzino ti piace Pascoli hai grosse possibilità di morir zitello, ecc.
Dopodiché in Francia, la Francia di adesso, quella che confina con la nostra disgraziata nazione, i teen-ager nascono probabilmente più o meno stupidi come i nostri, e senz'altro il più scemo non ce la fa a leggere le Relazioni pericolose; nel film infatti non l'ha letto da solo, e lo ammette: lo ha letto in classe. Gli è piaciuto perché un insegnante gliel'ha fatto piacere. In Francia ciò succede, fino a qualche tempo fa sono sicuro che succedesse anche in Italia, perché a me un'insegnante riuscì a farmi piacere cose incredibili, Tasso, Verga, ecc.
Il ragazzo in questione, poi, non è così scemo: ha tirato fuori Le relazioni pericolose perché ha capito che Adèle è il tipo intellettuale. E per Adèle farebbe qualsiasi cosa e anche di più, visto che promette di leggersi tutta la Vita di Marianna, un mattone settecentesco inaffrontabile. È fantascienza? no, è la vita in un normale liceo in Francia: c'è una ragazza a cui piace leggere, una scuola che riesce a orientarla verso prodotti letterari non banali, un ragazzo che per avere una chance si andrà a comprare un mattone settecentesco inaffrontabile di cui, siamo pronti a scommettere, sfoglierà soltanto le prime trenta pagine. Tutto questo nel fumetto originale non c'era: è una scelta del regista.
La famiglia di Adele tollera che lei mangi con la bocca aperta, perché... in quella casa mangiano tutti così. E mangiano spaghetti. Il cibo in Kechiche ha un simbolismo tutt'altro che raffinato: spaghetti a bocca aperta = proletariato; ostriche e champagne = borghesia. Altre cose che nel fumetto non c'erano, e ci fanno capire che Kechiche aveva altri fantasmi in testa mentre lo sfogliava. La lotta di classe, ma chiamiamola pure invidia di classe. In ogni caso, nel momento cruciale la ragazza borghese cita Sartre, e la ragazza prolet dice che è più o meno la stessa cosa di Bob Marley. Ora, io nei primi Novanta andavo a un liceo, e un dialogo del genere l'ho trovato assolutamente credibile. Parlavamo così, eravamo buffi, ma non ridicoli. Leggevamo roba importante per darci un tono (ma poi magari ci piaceva davvero e ci aiutava a capire cose di noi stessi che oggi non avremmo il coraggio di affrontare; abbiamo fatto bene a leggerla allora, quando insieme a tanta spocchia avevamo ancora qualche cellula attiva). E poi ascoltavamo le cose che ascoltavano tutti: Bob Marley. Infine mescolavamo tutto assieme, e quel mix apparentemente imbevibile era effettivamente la nostra vita. Col senno dei poi, Bob Marley non è assolutamente Jean-Paul Sartre, ma L'esistenzialismo e l'umanesimo non scava necessariamente più a fondo di Rastaman Vibration. Ed è assolutamente pacifico che nella civiltà liceale francese Sartre e Camus siano rimaste due rockstar culturali: se n'era accorto già Boris Vian, per cui vedi anche il film di Gondry tratto dalla Schiuma dei giorni. Ci può sembrare inverosimile, eppure io mi ricordo un ragazzino che si lesse tutto il Mito di Sisifo in quarta liceo perché la prof di francese - la più antipatica prof mai conosciuta - glielo aveva messo davanti al naso, invece di qualsiasi altra cazzata ci si possa leggere a 16 anni. E in effetti, guarda un po', non l'ho più riletto da allora e non credo mi piacerebbe, ma temo proprio che quel libro sia il mio destino. Comincia con un l'unico dilemma filosofico veramente importante (ci suicidiamo o no?) e non contiene una risposta proprio chiarissima.
Tornando al film: è vero, non si vede un cellulare, un computer o Facebook... perché la storia è ambientata negli anni Novanta, quando i device esistevano ma erano meno pervasivi; la cosa diventa evidente in uno dei momenti più toccanti del film, quando tornando a casa dal suo primo appuntamento Adèle si sente dire che "ha chiamato una tua amica, Emma si chiama": quel caratteristico tuffo al cuore negli anni Novanta lo abbiamo sentito tutti. Magari i ragazzi negli anni Zero ne hanno provati di simili leggendo nomi sui display. Ci si potrebbe anche lamentare di come Kechiche non abbia voluto o non sia riuscito a periodizzare la storia, assorbito com'era dalla necessità di stringere su Adele. Io, parlo per me, sono così stuccato dalla mania del vintage nei film, dalla precisione filologica con cui un film di metà anni Settanta conterrà sempre esattamente i costumi e i caroselli di quell'anno, che di sicuro non mi vado a lamentare per una volta che c'è un regista che se ne fotte. Comunque gli anni Novanta spiegano anche i capelli turchini: non era poi così raro trovare chiome azzurre o fuxia o giallo evidenziatore, specie nel parcheggio del liceo d'arte. È successo. Tutta colpa di Bilal, forse. È una delle poche cose che appena un po' mi manca.
Né Emma né Adèle sono bellissime. In particolare Emma potrebbe essere più bella di così. È l'occhio del regista che le trasfigura, secondo me. Da un certo punto in poi è evidente la presenza di un Dio dall'altra parte della macchina da presa, un Dio geloso (ed eterosessuale) che magnifica Adèle e s'ingegna a rendere Emma più antipatica di quanto non sia. Emma non diventa artista di grido: sta appena cominciando a esporre davvero quando finisce il film. Ma era necessario che facesse carriera, perché Kechiche la voleva borghese e questo è quello che i borghesi fanno: nascono ribelli, mordono il freno, poi trovano il passo giusto e hop! si sistemano. Mentre Adèle non ci riesce. Ed è il motivo in cui si mollano (secondo Kechiche): si piacciono tantissimo, ma sono di due caste diverse. Adèle capisce l'arte ma non capisce la carriera; per un po' prova a fare la donna di casa ma Emma in quel ruolo non la sopporta; vorrebbe che Adèle avesse la stessa ansia di autoaffermazione individuale, che tirasse fuori da qualche cassetto un diario geniale, e invece no. Adèle vuole cucinare per la sua donna e insegnare nella scuola dell'obbligo, perché sente che la scuola dell'obbligo le ha dato tanto e si ritiene obbligata a restituire qualcosa. È il senso di un altro bellissimo film di qualche anno fa, Stella: l'autobiografia di una ragazzina che vive letteralmente in un bistrot, un'osteria, circondata dall'affetto degli alcolisti del quartiere. Non scommetteremmo un eurocent sul suo destino, ma le capita una cosa curiosa: per sorteggio viene mandata in una bella scuola media di un altro quartiere. Lì scopre che studiare le piace - le piace anche giocare a biliardino con gli ubriaconi, però ci sono scuole in alcuni quartieri che funzionano: prendono gente che in casa ha fusti di birra al posto dei libri e la mettono davanti ai libri, ai film, alla musica. La ragazza cresce e appena può fa un film su quanto sia bella la scuola media francese. È il suo modo di restituire il favore.
Altri si accontentano di mettersi a insegnare. Hanno avuto buoni maestri e vorrebbero restituire quello che hanno ricevuto. Non è il mondo delle favole. Era la motivazione che ha portato a insegnare tanta gente anche noi, almeno fino a una generazione fa. Poi non è che sia successo chissaché: è solo che non è stato più immesso in ruolo quasi nessuno. Adele insegna ai bambini ed è felice della sua condizione di insegnante perché in effetti insegnare ai bambini, in scuole pulite e ben tenute, con colleghi giovani come lei, è una cosa stimolante. Faticosa, ma stimolante. Crescendo negli ultimi vent'anni in Italia siamo magari portati a pensare che l'insegnante medio sia una cinquantenne acciaccata, distrutta dalla fatica di far convivere famiglia e lezioni: basterebbe calare un po' la media, e prevedere soluzioni di praticantato come quelle della neodiplomata Adèle, per cambiare un po' il paesaggio e l'umore complessivo (anche la cinquantenne si sente meno acciaccata se trova più giovani in sala insegnanti, e magari invece di tumori e badanti si discutesse anche di dove andare a ballare tutti assieme).
È vero che sembra tutto straordinariamente civile e garbato, ma in realtà a ben pensarci non lo è: cacciare una ragazzina di casa di notte, a Lille, senza neanche chiamarle un taxi, è roba da galera, tanto più che Kechiche ci ha da un pezzo insufflato il sospetto che l'arrivista Emma stia soltanto aspettando un pretesto per sganciare la sua toy-girl di periferia. Se tutti ci sembrano civili e garbati è soltanto perché ci è inevitabile confrontarli con immaginari omologhi italiani, e purtroppo, non solo per colpa di Muccino, ci vengono in mente soltanto attori costretti a urlare come ossessi T'HO VISTO CHE LO BACIAVI T'AMMAZZZOOOOO!!!! T'AMMAZZOOOO!!! anche se poi alla fine la Mezzogiorno non solo non lo ammazzava, Accorsi, ma se lo riprendeva pure in casa (i francesi in effetti non è che siano meno stronzi di noi, anzi; sono soltanto più educati). Non manca la tragedia, anzi. Non mancano le lacrime. Non mancano le liti furibonde. Non manca nemmeno la rissa di comari nel parcheggio del liceo. L'unica cosa che manca è il melodramma. Le basi musicali strappalacrime e le urla scomposte. Si può raccontare la fine di un amore anche senza, e commuove lo stesso. Io addirittura mi commuovo di più, ma forse ho qualche gene normanno.
Parte della mia commozione deriva anche dal fatto che so che tutta questa non è una favola, ma un Paese che esiste a poche ore di treno da qui, la Francia. E che tutto questo sarebbe potuto succedere anche qui. Bastava un nonnulla, forse, una farfalla in Brasile, un vulcano indonesiano che non erutta proprio l'anno di Waterloo, offuscando parzialmente l'atmosfera e creando le premesse per un anno senza estate in cui i cannoni di Napoleone si infangarono e non poterono spedire al creatore quei diecimila fantaccini tedesco-russo-inglesi, il sacrificio necessario a vivere in un Paese con scuole decenti, e dove ci sono i bulli di periferia esattamente come da noi; però se li incontri sull'autobus ti dicono bonjour e se ti conoscono appena un po' ti stringono la mano, perché anche un bullo di periferia è comunque un essere umano e non un animale. Maledetto vulcano indonesiano. Ma non è vero. Non è colpa sua.
È colpa nostra. Dipende da noi. Non dico che basterebbe poco, ma se ci mettessimo tutti d'accordo potremmo fare di questo posto una Francia in una generazione. Servirebbe qualche soldo in più alle scuole, senz'altro. Cambiare qualche programma, pensionare qualche venerato maestro che ritiene che "il latino apra la mente" e balle del genere.
Più in profondo, dovremmo smettere di pensare che è impossibile: che le ragazze di periferia non si possono affezionare a romanzi settecenteschi o saggi di filosofia; che non si possa diventare maestri perché dopotutto è un bel mestiere; che non ci si possa lasciare senza far piazzate. Non è affatto impossibile, visto che funziona appena a qualche centinaio di chilometri da qui. Funziona.
Ed è tutto fuorché un mondo perfetto. Senza tanto parlare di mafia o di camorra, si ammazza e si delinque più o meno come da noi. E un cuore spezzato a vent'anni fa comunque male: aver letto Sartre o Marivaux non previene la cosa. Io ho il sospetto che un po' la possa alleviare, ma non sono sicuro; del resto che ne so, mi piaceva Pascoli.
http://fr.wikipedia.org/wiki/Lyc%C3%A9e_en_France
bella comunque la descrizione della Francia tra Legoland, Sgobbonia di Rochard Scarry e il villaggio dei Puffi, mi è piaciuta.
Poi c'era la marmotta che confezionava la cioccolata...
E' anche per questo che bisognerebbe evitare di prendere aneddoti personali e considerarli rappresentazione universale... io le mani avanti in proposito nel mio commento le avevo messe.
Comunque tornando al pezzo di Leonardo, il nostro stava facendo le pulci a una critica di chi ritiene impossibile che chi frequenta un liceo si appassioni alle materie trattate. A me tanto impossibile non sembra, in Francia in Italia o in Germania.
I padroni dei cani lasciano fare la cacca in ogni dove, non ci sono i cassonetti per la differenziata per la plastica (vetro e carta sì, plastica no), alla guida si va come nemmeno a Napoli. Delle scuole non so granchè, ma mi sembra, a occhio, che siano un briciolino più moderne, anche se hanno appena tirato su un putiferio per le ragazzine che vestono con i calzoncini e le scarpe da ginnastica .C'è da dire però,quando sali sull'autobus l'autista ti saluta sempre. Ohibò.;-)
Un esempio fra molti: nell'accesso alle università migliori il voto di diploma ha un peso importante, ma il peso del voto non è uguale per tutte le scuole, scuole migliori danno un punteggio più alto. Ma queste scuole migliori non sono ugualmente distribuite sul territorio, nei quartieri mediocri ci sono scuole mediocri, nei quartieri schifosi ci sono scuole schifose, nei bei quartieri ci sono belle scuole.
Nei bei quartieri abitano persone che possono permetterselo e per permetterselo devono avere un buon lavoro, ma per avere un buon lavoro devono aver frequentato buone università.
E' un circolo vizioso, che prosegue da generazioni e sta pure peggiorando, a causa della crisi.
E per la cronaca di alcuni commenti, anche in Francia i ragazzini picchiano compagni disabili, si fanno le canne, parlano di cazzate in autobus (questo in tutti i quartieri). Anche in Francia stanno tagliando i fondi alla scuola e all'università.
Smettiamola di piangerci addosso e di volere cose che crediamo migliori solo perché i loro proprietari ci fanno credere lo siano.
vale per quasi tutto quello che ho letto di tuo e da un po' volevo scriverti grazie, poi la repulsione da commento mi frena, ma chissene..GRAZIE!
Pochi mesi fa ero a trovare un amico in Normandia e a cena ho discusso con le sue figlie liceali; i discorsi erano simili a quelli di Adèle, ovviamente trasferiti dagli anni '90 agli anni '10 in campo di gusti musicali.
Le cose sono cambiate in peggio negli ultimi 10-15 anni in Italia? In molti lo dicono, e dicono anche che la stessa cosa era successa in UK un decennio prima, mentre non è successa in FR, DE o SE. Uhm, cosa è successo alla scuola britannica alla fine del XX secolo e a quella italiana all'inizio del XXI? Forse ci sono: il sistematico taglio di personale, finanziamenti e strutture!
La gente esce dalla scuola, cresce, lavora. All'oggi vari paesi europei stanno bene o male iniziando ad uscire dalla crisi, l'Italia invece no.
Non per fare di tutta l'erba un fascio, ma non è che forse forse i tagli a scuola, università e ricerca degli anni passati ci impediscono di essere competitivi?
sarà colpa dei piemontesi, o della mafia, di berlusconi...
mia no, non è certo colpa mia
a proposito: che dire di quei ragazzini che picchiano il disabile, vengono denunciati e uno dei genitori fa la controquerela perché rivolgendosi ai carabinieri s'è creato un danno psicologico ai figlioli-teppisti?
quell'altro genitore che mena un ragazzino perché non passava la palla al figlio?
che razza di paese è diventato l'italia?
comunque negli anni '70-'80 con i miei coetanei si discuteva di libri-musica-arte-cinema; ci si sparavano delle pose forse, ma se ne parlava, faceva parte della vita e nessuno di noi faceva il liceo, per dire
se la scuola non fa quel che deve tutto va a rotoli, non potrebbe essere diversamente
I personaggi del film non sono poi mica pozzi di cultura, Emma che "parla di Sartre come fosse amico suo" è al quarto anno di università (e come artista contemporanea non è proprio all'avanguardia), Adele non sa chi sia Schiele ecc. ecc.
In Francia-ed è questo il collegamento con il post- queste cose non accadono e se accadono ci si dimette ....
Napoleone e la Restaurazione qui c'entrano ben poco. Il Regno d'Italia nasce sulla base di quello piemontese e, quest'ultimo, era ampiamente tributario nella sua organizzazione politica al modello francese. Di conseguenza, le leggi, le strutture burocratiche e il modello di società da disegnare che il nostro paese aveva in cantiere nei primi 60 anni della sua storia, fino al fascismo diciamo, è praticamente un calco a forma delle istutizioni d'oltralpe, modellato però su un paese con delle identità locali forti e ampiamente disomogenee. I risultati, credo, sono sotto gli occhi di tutti.Fare paragoni va bene, imparare dagli altri pure, credere che imitando si possa migliorare, visti anche i risultati, proprio no.
- mymo
Grillo, o dell'egemonia
22-04-2013, 03:32Beppe Grillo, cultura, ho una teoria, PdPermalink
Il PD - ammesso esista ancora - ha tanti problemi. Quello della comunicazione non è secondario (continua sull'Unita.it)
Leonardo, giuro che non capisco come diavolo sia successo che ci siamo persi per strada la tua capacita' di analisi, che da tanti anni ho imparato a stimare grazie a questo blog.
Ti hanno rapito gli alieni?
spiegato bene mi pare
fritz
Io non mi aspettavo dal PD una vittoria - si era capito che non avrebbero avuto i numeri.
Però, da ignorante, certo... nessuna di queste era praticabile??
- Trattare con il M5S sul serio, e lasciar perdere insulti striscianti e meno striscianti lanciati per mesi, se non anni, non era possibile? (Non cominciamo con il 'ha cominciato Grillo'. Ovvio che ha cominciato Grillo. Grillo è espressione in questo momento dell'incazzo. Il PD si pone come il partito della ragione: che si comporti come tale. E invece no. Grillo=Mussolini è un vero capolavoro. Grandi presupposti per una trattativa)
- Cosa ha offerto il PD al M5S? Gli sentivo chiedere "Cosa volete?" ma non ho sentito offerte concrete, davvero solide. Il PD aveva bisogno del M5S più che il contrario, e quindi mi spiace, ma nella logica politica, è il PD che ha fallito nel conquistare l'appoggio di cui aveva bisogno
- Di fronte al muro opposto dal M5S: perché non hanno passato a Grillo e soci la patata bollente? Che facesse un esponente del M5S il capo del governo e che andasse il M5S a elemosinare in giro i voti per la fiducia, appurato che il PD non li aveva, quei voti
- Discutere delle elezioni del Presidente della Repubblica in anticipo??????? Non ritrovarsi a far le riunioni di notte?!?!?!?!?!?! Questo non era possibile? Ma che organizzazione hanno, questi qui!?!??!?!?
Quello che avrei voluto io, con i dati immutabili delle elezioni, sarebbe stato uno dei 3 tentativi di cui sopra. Ma Bersani (che poveretto, a me lui piace pure) no, lui doveva vincere a tutti i costi, quando anche era chiaro che non aveva vinto per niente. Ora il PD ha fatto il suo gioco: facciamo due anni di governo tecnico, poi Berlusconi fa cadere il governo il giorno che i sondaggi gli danno la vittoria per certo in mano, e no, non si candida di nuovo... aspetta che Napolitano si dimetta o muoia, e poi si fa eleggere lui presidente. Scommettiamo? Tutte le grandi strategie, le ragioni e i capolavori del PD, a questo ci hanno portato.
E sì, temo di sì, se continua così voterò di nuovo M5S. Sto osservando con curiosità Vendola, ma non mi illudo.
Trovare le soluzioni è il loro lavoro. Io posso dare uno stimolo, esprimere una preferenza, ma a questo punto, se dobbiamo fare tutto dalla 'base', quelli che li paghiamo a fare???
#perchénoRodotà è riuscito a circolare e diventare la questione centrale nel dibattito perché, a differenza dell'ipotetico #perchénoProdi, pone la questione in termini di scelta di un personaggio irreprensibile e di area progressista ad un partito che, volente o nolente, su questi due temi (onestà e progressismo) si rappresenta come competitore di M5S, o anzi il peso massimo da sfidare.
La domanda su Prodi invece è una domanda tutta interna al PD, non pone problematiche ad osservatori esterni, o peggio indifferenti, alla sorte del PD. Forse aggrava la situazione.
#perchénoRodotà mette in crisi il PD, intercetta dei temi chiave e irride i tatticismi politici. Tu stesso quando motivi sui perché del rifiuto della candidatura di Rodotà, non fai altro che spiegare le motivazioni tattiche del PD (peraltro scarsine,SEL già al primo giorno suggerì di incalzare in contropiede) che sono quelle stesse che lo inchiodano alla domanda elusa su Rodotà. Le domande perciò non sono equivalenti: una rivolge lo sguardo verso l'ombelico di chi la pone (o avrebbe potuto porre), l'altra allarga l'orizzonte e diventa egemonica. Così si fa. E mi duole dirlo.
mi sa che nonostante gli sforzi di grillo la figura di merda della classe politica ha coinvolto anche il m5s...
mi sa che tutta o quasi l'astensione in più viene da grillini, qualcuno di quelli a cui grillo ha detto di aver sbagliato a votare m5s... gli hanno dato retta, mi sa
Dopo il NO sistematico ad ogni offerta di cambiamento (l'abbiamo visto tutti, c'è lo streaming), al momento di votare il PDR è intervenuta la lista dei top ten (messa a punto dal Marketing B&C, altroché dagli iscritti, tanto chi va a controllare?). La trappola era che tutti fossero più o meno di csx e non ci fosse un economista, ambientalista, NO TAV, proRifiuti Zero o compagno di camper del M5S: serviva a zavorrare eventuali "colpi d'ala". Non a caso alla fine il primo era Rodotà (il più divisivo di tutti) e l'ultimo Prodi.
Che età aveva la media dei M5S nel 1992? Quanti libri di Rodotà hanno letto? Sentite le sparate di Grillo, davvero condividono le idee in materia di fine vita, laicità, diritti della persona, pacifismo, ecc. oggetto di tanti articoli di Repubblica e Micromega? Al momento non possiamo saperlo, visto che parlano via portavoce.
Nel frattempo, a qualsiasi intellettuale farebbe piacere essere tanto amato, e Rodotà non è stato una eccezione. Meno male che di fronte all'adunata di piazza si è tirato indietro. Meglio tardi che mai.
Questo combinato disposto ha "incrociato" (per caso o in maniera deliberata, per fortuna o per bravura) le divisioni interne al PD, che fanno capitolo aparte.
Personalmente non le immaginavo così gravi e le ritengo comunque inaccettabili, come svendere le partite della squadra del cuore.
Marini e Prodi sono cattolici adulti (io invece adulta ma non credente) che meritavano ben altro. Nemmeno di Matteo Renzi, che non frequenta il partito e preferisce i finanziatori segreti, mi sarei aspettata tanto. Aspetto il nome degli altri 100...
Lepidia
1. Il criterio di priorità di Fabio non esiste, non è così che funziona una trattativa (che in realtà non c'è mai stata, a parte lo streaming). Sia di Rodotà sia di Prodi si parlava da mesi ed erano entrambi ottimi nomi. Su Rodotà il PD era più spaccato che su Prodi.
2. Ce ne sarebbe da discutere, ma - limiti miei - non mi pare che Grillo ne abbia parlato molto quando si trattava di spiegare perché no. Ma in generale la cosa interessante è che era il PD a giocare in difesa, a dover spiegare il perché: nessuno ci si aspettava da Grillo dei perché razionali.
Su Rodotà, che ripeto, era un ottimo nome, è prevalsa nel PD l'idea che Grillo non poteva vincere. Non aveva voluto nessun dialogo (il bluff finale non è roba che un adulto possa prendere sul serio) e quindi non poteva portare a casa nessun risultato. Rodotà era papabile finché non è diventato la bandiera del M5S: da quel momento in poi eleggerlo sarebbe stato ammettere che il M5S è un interlocutore, e non lo è più. Io l'avrei pensata in un altro modo, ma non sono un politico. Anche perché a questo punto Grillo porta a casa un risultato assai più succoso, che è la fine politica di Bersani.
ecco secondo me il quadro è il seguente:
pdl:partito di berluscones acritici che scodinzolano ad ogni cenno del capo supremo...
5star: ingenui (anzi, alcuni proprio pirla) neofiti -salvo rare eccezioni- che attendono con impazienza che venga loro impartita la comunione digitale dal pope di santa chiesa di casaleggio
tristi realtà di partito ma quantomeno monolitiche ( o comunque + omogenee del PD)
ecco, appunto cosa è il PD?
i dalemiani - Gli stronzi-
i Renziani - gli arrivisti ignorantelli-
i Cattorimastoni - o rompicazzo-
i bersaniani - gli sfigati destinati a prendersela nel..
i veltroniani - stronzi maanche arrivisti ignorantelli manche rompicazzo ma anche destinati a prendersela nel...
e sicuramnete dimentico qualche altra inutile componente
beh...che dire un bel mix 'sto partito..
deve essere x questo che nelle elezione del PDR era il primo partito ma sembrava contasse meno della SVP...
deve essere x questo che adesso tale partito candida la Serrachiani...una che ha fatto carriera unicamente per aver alzato un pelino la vocina contro la dirigenza del partito ( x il resto, politicamnete non sembra valere molto...e neanche culturalmente..)...ma allora perchè non candidare Pino, il mio barbiere??lui, solo negli ultimi gg non vi dico quante ne ha dette sulla diirigenza PD!!!!
Che poi la strategia di Bersani sia stata nel suo complesso ondivaga e in fin dei conti completamente insensata nel suo voler conciliare l'inconciliabile è un altro discorso ...
Tu non lo hai votato e il PD ha perso le elezioni. Il PD ha ovviamente delle responsabilità, però non puoi pretendere che realizzi il programma che aveva proposto agli elettori: non ha la maggioranza in senato, ce l'ha alla camera solo per una bizzarria del porcellum, non può.
Quindi cosa vorresti: camere sciolte ed elezioni la settimana prossima sempre col porcellum? Giusto per curiosità. Voterai M5S? Li vuoi al governo? Capisco l'umanissima necessità di individuare le responsabilità, ma le soluzioni?
Questa era l'ultima possibilità per l'Italia, ce la siamo giocata e adesso basta. E' la fine per l'Italia perché non c'è più alcuna speranza di invertire la sistematica distruzione di scuola e università: chiunque voglia avere una formazione decente dovrà andare Oltralpe e Oltralpe resterà, le nuove classi dirigenti saranno composte da arrivisti che domineranno un popolo di ignoranti e la balcanizzazione della penisola sarà completa.
Così come i marines passeggiavano fra le rovine dell'antica Babilonia, ormai terra di preda e di conquista, presto accadrà lo stesso fra i ruderi dei Comuni e del Rinascimento... ma cosa vuoi rapinare in Italia visto che petrolio non ce n'è? Forse verremo colonizzati da qualche multinazionale venuta a fare i soldi a palate col geotermico, soldi che non resteranno sul territorio così come le ricchezze petrolifere dell'Iraq non vanno certo agli iracheni. Forse qualche nerd cercherà di fare scudo agli Uffizi, come coloro che protessero il museo archeologico del Cairo durante le violenze degli anni passati, poi passerà qualcuno col kalashnikov e fra i danni collaterali vi sarà qualche crosta quattrocentesca, mentre dei contractors si arrotoleranno le sigarette con le pagine dell'Orlando Furioso, che tanto è in Italiano, una lingua di barbari che nessuno studia più.
Poi va bene tutto, ma questa idea per cui D'Alema è "sempre in prima fila" è smentita dalla cronaca, dalle premesse, dalle conclusioni; è perfino consolatoria. Magari il problema avesse una faccia e magari fosse la faccia di D'Alema.
e il problema è che se ti azzardi a criticare (e particolarmente se lo fai da sinistra) ....vanno in loop con "così fai il gioco di grillo" che ha sostituito l'ormai datato refrain "così fai il gioco di Berlusconi"...
dunque facciamo un pò il riassunto delle varie reazioni alle critiche...
"squadristi"..."squadristi di sinistra"..."antidemocratici".. "fasciocomunisti"....
"siete peggio di Belusconi"..."non capite le priorità del paese"..."fate il gioco di Grillo" etc.. etc..
ecco forse l'unica cosa per cui stimo un minimo (ma proprio un minimo) Bersani è che si è defilato ( sperando davvero e nn come Veltroni ed il baffetto) con la faccia e l'atteggiamento di chi pensa di aver fatto una clamorosa figura marrone e che la colpa è solo sua e della cricca dirigente...molto meglio del Paraculismo d'alemiano x cui si sbaglia sempre ma...beh c'è sempre un ma e lui è sempre in prima fila...molto meglio del maanchismo Veltroniano del "ho perso ma ho anche vinto" o del "non mi hanno capito ma mi capiranno"...meglio di fenomeni cattocarsici che quandro sembrano scomparsi....ZAAAC rieccoli...
adesso, vedremo se almeno nell'uscita di scena riuscirà a conservare un pò di coerenza...
l'egemonia culturale il PCI l'aveva pur stando all'opposizione, perchè influenzi di più la vita di un paese se sei un'opposizione seria piuttosto che un partito che governa ma ondivago o cialtrone. le leggi su divorzio e aborto sono passate in anni di totale DC, negli anni dell'Ulivo non siamo riusciti a far passare manco i DICO.
hanno ragione Claudio e Marcello, al primo vero urto, ovvero il M5S, quel soggetto politico mai nato che era il PD è andato gambe all'aria.
perchè no Prodi? bisognerebebro chiederlo ai 101 che hanno preferito la loro guerra tra bande ad un futuro.
Bersani ha fatto una campagna elettorale insipiente, dopo le elezioni non ha azzeccato una mossa politica che sia una, il gruppo dirigente ha mostrato la sua autoreferenzialità, la sua incapacita, i suoi vecchi rancori; il fondatore del PD, Prodi, è stato silurato dal suo stesso partito...ma mannaggia non ci fossero stati quei Grillini! gli italiani non fossero cosi stupidi! Allora si che il PD avrebbe, come meritava, governato più che bene l'italia...
Basta Crederci!
ma credo che lui non lo disse per *avallare* qualcosa...
immagino volesse dire di *resistere* a qualcosa
che è esattamente quel che cercherò di fare io: resistere (nel senso di sopravvivere) al prossimo governo
per dire: io sto qui (su 'sta terra) dal fanfani II (grazie wikipedia), ci ho le spalle larghe
"Bersani per settimane ha detto che non aveva alcun senso per il pd cercare un accordo con il pdl. Questo ha detto, con una chiarezza sconvolgente. E questo è quello che la sua base tutto sommato condivideva".
Dal tuo post sembra che l'attuale vergognoso arroccamento sul vecchio, anzi sul decrepito, fosse ampiamente nell'aria e nella coerenza dei fatti. Io penso proprio il contrario: è emerso solo dopo una serie di eventi ben precisi, e ha stravolto quello che si diceva fino al giorno prima.
Non è attaccarsi alle date, è voler individuare e ribadire (almeno) due fasi estremamente diverse nella strategia di bersani.
Tu leggi i giornali nel modo che ti pare, ma la verità è che la segreteria bersani si è autodistrutta.
E lo ha fatto proprio partendo con decisione in una direzione per poi rinnegarla (12 giorni fa, non settimane) e trovandosi sbatacchiata tra un norodotà e un siprodi che ormai non lasciava più scampo: la strada era già stabilita, era quella verso il pdl, esattamente il contrario di quello che avrebbe voluto lui.
Il grande napolitano...
La linea decisa da bersani...
Bah.
Io mi sto ancora chiedendo con curiosità cosa gli ha fatto cambiare idea (e temo che lo scopriremo presto), e tu mi vieni a raccontare che non ha mai cambiato idea?
penso da quando s'è tentata la scorciatoia dell'unione tra cattolici ed ex comunisti
molte cose non sono mai state chiarite e molte brutte abitudini sono rimaste o sono peggiorate
alle volte quando unisci due cose diverse invece che veder limare i rispettivi difetti li vedi amplificarsi, è successo con i cattolici ex dc e sicuramente sarebbe successo coi grillini (troppo ideologici e schematici rispetto ai pragmatici pd! lo so, sembra una battuta eh?) in un eventuale governo pd-sel-m5s
quindi, come in lombardia, avremo un governo più reazionario di quel che molti di noi pensano di meritare, e di quel che - forse - sarebbe stato possibile
ma insomma, s'è passati quasi indenni attraverso gli anni di piombo e i maledetti governi cossiga, s'è sopravvissuti ai governi forlani, goria, craxi, berlusconi, ancora poco e va via monti, si sopravviverà anche al prossimo: resistere! resistere! resistere!
poi parlando di coerenza Bersaniana...beh...mesi a difendere la coalizione con Vendola salvo poi prendere una strada che già sapeva avrebbe rotto tale alleanza...mesi a dire no all'inciucio salvo poi riproporlo sotto mentite spoglie, arrampicandosi sugli specchi e attorcigliandosi alla semantica per trovare nuovi termini per la porcata verso la quale puntava...se poi c'era già il progetto di un intesa col pdl perchè bersani sarebbe andato ad umiliarsi in diretta web davanti ai due ignorantelli telecomandati? forse perchè in quanto leader (?!?!?) PD doveva garantire almeno una pessima figura ogni tot giorni??
poi scusate, ma gli ultimi gg sono il chiaro segnale che coerenza e progettualità non sono cose note presso i palazzi pddini...tutti allo sbando...tutti contro tutti, senza sapere bene cosa fare...
e intanto il cainano dopo Occhetto,Rutelli,Veltroni si è fagocitato un altro leader avversario (questa volta con l'aiuto del suo alter ego gggiovane ed in versione 2.0)
Lo dico con amarezza in quanto ci ho creduto e ho fatto di tutto per difendere l'idea che il compito della sinistra non fosse quello di sbraitare a prescindere rimanendo in un'eterna opposizione, ma quello di cercare di andare al governo, di fare accordi, di cambiare qualcosa, meglio un uovo oggi che una gallina domani.
Tale progetto è fallito, ucciso sia dal M5S che quando Bersani è andato a proporre loro misure di rinnovamento loro gli hanno risposto a pesci in faccia (evidentemente preferivano Monti), ma è stato ucciso anche da chi ha preferito affossare la candidatura di Prodi per beghe interne, da chi ha rifiutato Rodotà perché troppo di sinistra, insomma: il PD è collassato soprattutto perché le sue diverse anime non hanno saputo trovare una sintesi.
Non si vota una persona, si vota un programma, e i punti che Bersani portava avanti erano punti di sinistra: misure sul lavoro, misure anti-corruzione, conflitto di interessi, investimenti sulla ricerca, garanzie sociali. Fose per questo tutti erano contro di lui.
Non avremo più un'occasione simile in quanto nessuno degli altri programmi in gioco è così a sinistra: non lo è Renzi, che strizza d'occhio al liberismo e che vuole privatizzare il privatizzabile; non lo è il M5S il cui programma prevede un'allegra miscela di utopie mescolate con punti estremamente reazionari; non lo è Monti che è un conservatore; non lo è Berlusconi che è un bancarottiere. SEL? Sarebbero interessanti, ma son 4 gatti e contano come il 2 di briscola.
Sono profondamente deluso, il PD ha fallito il proprio compito storico e in Italia non sarà più possibile intavolare un qualcosa di socialdemocratico per almeno 20 anni, nel frattempo la situazione economica peggiorerà ancora e le sistematiche fughe di cervelli renderanno impossibile la nascita di una nuova classe dirigente più istruita in quanto rimarranno solo gli arrivisti e gli incapaci.
E' molto doloroso assistere alla progressiva marginalizzazione e scomparsa della propria cultura, perché questo è il destino dell'Italia nei prossimi anni, ma occorre anche farsene una ragione: l'Italia ha perso l'ultima occasione e adesso è condannata alla progressiva marginalizzazione e poi a scomparire. Occorre solo attendere che Berlusconi dia l'ultimo colpo di piccone...
http://www.repubblica.it/politica/2013/04/22/news/lettera_rodot-57201730/?ref=HREC1-1
Tra l'altro è la risposta ad un articolo di Scalfari di rara presunzione e maleducazione.
Leonardo ti seguo da circa 2 anni, mi sei sempre sembrato una persona lucida e intelligente, ed ancora lo penso, anche se ultimamente non ti capisco.
Ritornando sui 100 traditori, io rimango dell'idea che c'è lo zampino di Renzi, ha sempre lavorato per la convergenza con il pdl, alla sua affermazione di votare per Prodi non ci credo, semplicemente perchè tutto il suo agire fino a quel momento era stato in direzione contraria. Scusa se ribadisco le mie convinzioni su Renzi ma, ancora una volta, mi sembra che nel PD si fa di tutto pur di non vedere l'evidente.
Angelo Brolis
Dink
Il discorso di un accordo con il Pdl, non sul governo, ma su riforme e presidente della Repubblica era in piedi eccome ...
8 Aprile
Bersani parla di «Larghissima condivisione sulle riforme e nella scelta del nuovo capo dello Stato»
Corriere http://www.corriere.it/politica/13_aprile_08/leader-accerchiato-difende-la-linea-guerzoni_655dad76-a00d-11e2-b85a-0540f7c490c5.shtml
Il Sole 24 Ore - 8 Aprile
http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2013-04-08/bersani-insiste-doppio-binario-135506.shtml?uuid=AbyzqElH
Pier Luigi Bersani, a 42 giorni dal voto che ha certificato la non-vittoria del Pd con la mancanza di una maggioranza in Senato, torna a riproporre lo schema del doppio binario. Ossia al centrodestra la guida della convenzione per riforme, al Pd la guida di un governo di cambiamento che partirebbe con la non ostilità del centrodestra. Il tutto dopo aver trovare l'accordo su un presidente della Repubblica condiviso e che Silvio Berlusconi percepisca come di "garanzia".
ri-vincerà alemanno o vincerà m5s, se si andrà al ballottaggio saprò per chi tifare
tra i due spero per il secondo (mm... io non abito a roma, ci lavoro) così avremo finalmente la possibilità di vedere una vera amministrazione m5s (sì, lo so che c'è già a parma... ma le notizie che mi giungono non sono conformi alla vulgata grillina)
staremo a vedere, mi chiedo quanto ci metterà il neosindaco m5s a dire che roma è una città complicata e che...
ma peggio di alemanno sarà difficile
Poi sono successe alcune cose nel gruppo dirigente del pd, e parecchie di queste hanno a che fare proprio con la posizione di bersani rispetto al pdl. Poi bersani ha incontrato berlusconi in privato, e presumibilmente gli è stato ricordato che ci sono buoni motivi per non inimicarsi troppo il caimano (ipotizzo affari del tipo mps ma potrebbe esserci molto ma molto di più che permette al b. di tenere b. per le palle). Ed è rispuntato marini e la rosa dei decrepiti. E infine quello che poteva sembrare un ultimo rigurgito di dignità con prodi, ma in realtà era solo strategia per mettere la parola fine a qualsiasi tentativo di accordo con i grillini. Sapevano benissimo che lo avrebbero trombato, i vecchi avvoltoi, e una volta trombato il messaggio sarebbe stato chiaro e definitivo. Nessuno si sogni di toccare i vecchi apparati, le vecchie logiche, le vecchie cariatidi coinvolte.
Se è stato impallinato dallo stesso PD che anzichè continuare a votarlo compatto come è successo per Rodotà lo ha semplicemente mollato dopo una sola votazione.
Quindi la domanda di perchè Prodi no bisogna farla alla dirigenza del PD.
Egemonia di Grillo? Non credo proprio, ma considerando che un terzo dell'Italia vota ancora per il pdl, tutto ci si può aspettare, anche che andranno a votare in massa per un altro cazzaro. L'errore è stato quello di di menarla con il gesto di responsabilità che doveva essere eleggere un Presidente che non fosse inviso al pdl, Berlusconi non se lo sarebbe fatto questo problema.
Hanno vinto con pochissimo margine, ma potevano sfruttarlo meglio,dovevano votare Rodotà per il cambiamento o essere compatti su Prodi e questo è quanto.
Oggi invece mi sembra che tu stia continuando a difendere un'impostazione che è nata limitata e che si sta dimostrando sempre più limitata. Parlo della tua percezione di cosa è il PD e di cosa è il M5S.
È che avevo l'impressione che tu non fossi uno che ha bisogno di evidenze assolutamente indiscutibili e lampanti per mettersi in discussione, ma che ti bastano pochi indizi per costruire un ragionamento logico, spesso lungimirante. Oggi sembra che finché non ti prendono e ti mettono sopra a un satellite, non ci vuoi nemmeno pensare che la terra possa essere rotonda...
Mi lascia perplesso però continuare a leggere, qui, e su tanti giornali, delle gran tirate di quanto Grillo sia sbagliato, dittatoriale, e sostanzialmente la rovina dell'Italia. Del PD si dice per gioco che sia bravissimo a far l'analisi della sconfitta: ma siamo sicuri?
Perché a me il PD sembra bravissimo (come le sue varie forme precedenti) a dar la colpa agli altri: Berlusconi, le televisioni, Grillo, internet, il vaffanculo, la crisi, gli italiani persino! che son così stupidi da non votare in massa Bersani e quindi adesso c'è tutto 'sto casino!
Ho molti dubbi sul mio voto dato a Grillo; non sono nemmeno sicuro che lo voterò di nuovo. Ma di sicuro, questa è stata l'ultima volta che ho votato un partito alleato al PD (il PD, quello mai votato e mai lo voterò, però in passato avrei accettato di far coalizione...)
Lo dico venendo e continuando a stare a sinistra, e da libero professionista invece dovrei andarmene a votare il Berlusca tutto contento, farmi abbassare un po' le tasse, evaderne altre, e che gli altri si fottano... Mi turo il naso, voto Vendola... e il PD pareggia (non perde, pareggia!) e manco l'analisi del pareggio riesce a fare!
Adesso se la prende con il guardialinee Grillo, ieri con l'arbitro Berlusconi... ma oh! il dubbio, non gli viene che non sanno giocare a pallone!?!?
Insomma, per quel che vale il mio piccolo voto... lo dico qui, ma temo che in tanti abbiano già fatto questa scelta, e la faranno anche molti di più in futuro: mai più PD, mai più partiti alleati con il PD!!
almeno, fino a quando non cambierò idea :-)
Leonardo, continuerò a leggerti, perché i tuoi pezzi mi son sempre piaciuti molto, saranno almeno sette o otto anni che ti seguo quasi tutti i giorni. Ma cavolo, quando ti arrampichi sugli specchi per proteggere il PD, sembri mio papà (che non è un argomento convincente, ma forse mio papà è come tuo papà, emiliano, cattolico, ex-DC o ex-PCI, ora convergente al centro, generoso, onesto, compassionevole, e con culo seduto bello comodo, sulle fortune degli anni settanta e ottanta, che non se ne accorgono, ma hanno gestito bene i conti di casa, lasciato che lo stato invece andasse in vacca, e ora quel che ci lasceranno i nostri genitori tornerà allo stato per risanare il debito!!).
tibi
2) Le ragioni per il no a Prodi sono molteplici, ed hanno a che fare con il suo passato, la distruzione del tessuto industriale pubblico (IRI in primis), le sue responsabilità nella disgraziata gestione dei rifiuti in Campania (ordinò lui di poter bruciare ecoballe illegali negli inceneritori e ripristinò i CIP6 abrogati durante il suo mandato proprio dalla sua coalizione, il tutto a fine mandato). E' stato persino chiamato in causa da Walter Ganapini quando questi ha denunciato il coinvolgimento dei servizi segreti e della presidenza della repubblica (ovvero, Napolitano) nella gestione dei rifiuti. E' tutto su wikileaks, gli dia un'occhiata.
Potrei continuare per minuti e minuti.
Ora, perché no a Rodotà?
Zeitgeist è un rigurgito
07-03-2013, 18:14Beppe Grillo, cultura, futurismi, internet, scienza, scrittura bene video malePermalinkIn futuro forse non esisteranno più le enciclopedie scritte, per via che leggere diventerà sempre più faticoso; ci saranno sempre più video e immagini, e magari alla voce IRONIA di qualche videopedia del futuro ci troveremo la clip del cittadino Paolo B., quello che sosteneva che "con Internet le coscienze si stanno svegliando". L'ironia è che in teoria questo dovrebbe essere vero: su Internet ci sono già più informazioni che in una qualsiasi biblioteca media: chiunque grazie a internet può approfondire la propria conoscenza di qualsiasi ramo dello scibile umano. Lo dico per esperienza, visto che da un po' di tempo in qua mi sono dato all'agiografia e davvero, all'inizio ne sapevo veramente poco, ma con internet ho recuperato migliaia di nozioni in tempi brevissimi: niente di paragonabile ai ritmi medievali in cui imparavo cose all'università analogica 15 anni fa.
E quindi in teoria Paolo B. ha proprio ragione, su internet si possono davvero condividere idee e conoscenze; peccato che invece migliaia di persone come Paolo B. si limitino a trovare un video, Zeitgeist, che "gli ha fatto vedere il mondo in un modo radicalmente diverso", raccontando una serie di storie enormi (il controllo della popolazione mediante microchip probabilmente massonici, l'11/9 'automanovrato' dagli americani) e accettarlo senza un'ombra di pensiero critico.
E dire che sulla stessa Internet, con un po' di pratica, Paolo B. avrebbe potuto trovare fonti che smentivano e demolivano il video stesso (Attivissimo, per esempio). Perché invece si è fermato davanti a Zeitgeist, perché ha deciso che tutto quello che sapevano gli altri era falso e soltanto Zetigeist diceva la verità? Qui c'è un problema che va molto al di là del grillismo - perché lo scandalo di un ragazzo un po' disinformato in parlamento lascia il tempo che prova, probabilmente era disinformato anche il tizio che sedeva in quel seggio prima di lui. Però questo tipo di disinformazione non è l'ignoranza vecchio stile: è qualcosa di nuovo, qualcosa di attuale, col quale stiamo facendo i conti adesso: polemiche sulla sovranità monetaria, scienziati condannati per non aver allertato la popolazione su un terremoto non prevedibile, detrattori dell'evoluzionismo, negatori del riscaldamento globale, ecc.. La cultura scientifica è sotto attacco, e il luogo dell'attacco è proprio quello in cui in teoria dovrebbe essere diventata finalmente accessibile a tutti: Internet. L'hanno inventata gli scienziati, la stanno colonizzando gli spacciatori di bufale. Cosa sta succedendo? Io ho una teoria.
Si tratta di un rigurgito.
Internet fa paura
C'è un motivo molto semplice per cui un individuo qualsiasi - chiamiamolo "Paolo" - messo di fronte a tutto lo scibile umano, invece di cominciare a studiarlo pagina per pagina, andrà a cercarsi un video, e ovviamente il "video che gli cambierà il modo di pensare", che gli dirà la verità su tutto quanto e soprattutto che tutti gli altri mentono. Questo motivo molto semplice è quello che ci orienta nella maggior parte delle nostre scelte quotidiane: il risparmio di energia. Ne parlava già Freud, credo (non ho voglia di controllare): risparmiare energia, risparmiare fatica, è piacevole in sé, quindi ogni volta che il nostro cervello trova un sistema di risparmiare (consapevolmente o inconsapevolmente), lo fa. Di fronte a quell'immensa enciclopedia che è Internet, Paolo B. ha di fronte infinite opzioni. Può approfondire le sue conoscenze di economia: ma servirà tempo e aiuto, specie se non ha una cultura di base in quella materia. Può approfondire le sue conoscenze sulla società americana, quel poco che gli basterà a scoprire che CHIP è la sigla che sta per Children's Health Insurance Program, ma potrebbe metterci ore, giorni, settimane. Un video è molto meno faticoso. Non devi neanche leggere, i video si leggono da soli. Proprio perché su Internet c'è tutto, il contenuto semplice scaccia il contenuto complesso.
Ma per funzionare davvero, il video non deve essere soltanto semplice: deve anche escludere tutti gli altri contenuti: deve dirti che "tutto quel che sai è falso". Quel che rende irresistibile Zeitgeist, come tutti i documentari complottisti, è che ti mette di fronte a un aut-aut: o credi Zeitgeist, o credi a tutto il resto. E siccome Zeitgeist è facile, e tutto il resto è complicato e faticoso, molti utenti hanno già deciso pochi istanti dopo aver premuto il tasto play. È il motivo per cui il pensiero religioso continua a essere un'alternativa abbastanza ragionevole alla cultura scientifica: una volta si trattava di scegliere se leggere una biblioteca o un libro solo. Oggi non c'è neanche bisogno di leggere un libro, basta un video, il che sbilancia ancora di più i corni del dilemma. Si noti che mentre l'approccio religioso ("credo in tutto quello che mi dice un libro, o un video, o il blog di Beppe Grillo") può sembrarci un po' angusto, l'approccio enciclopedico ("leggerò tutto quel che posso leggere, imparerò tutto quel che posso imparare") nell'ultimo mezzo secolo è diventato a ben vedere qualcosa di utopistico e disperato: la biblioteca è troppo grossa, non posso leggere tutto, non posso imparare tutto, anzi le frazioni dello scibile umano che posso conoscere sono così ridicole rispetto al tutto che forse non ne vale nemmeno la pena. E qui scopriamo uno dei punti cruciali dello strano successo di Grillo su internet: il suo blog (lo si scrive da anni) è una specie di anticamera di internet, un posto frequentato soprattutto da gente che internet non sa bene cosa sia, non ha ancora imparato a usarla, e forse ne ha anche un po' paura. Siamo sicuri che non abbia tutti i torti? Internet può veramente fare paura.
Lo so, per molti che stanno leggendo Internet è quel luogo meraviglioso dove hanno imparato tantissime cose grazie al quale hanno trovato lavoro, la ragazza e fatto pure dei bambini. Anche se nessuno di voi è nativo digitale, internet tra '90 e '00 ci è per così dire cresciuta intorno. L'abbiamo conosciuta molto prima che diventasse quella cosa enorme che è adesso. E anche adesso che è enorme, sappiamo orientarci abbastanza bene. Conosciamo i luoghi da evitare come la peste, sappiamo dove andare per trovare le cose che ci interessano (era automatico che Attivissimo commentasse l'exploit di Paolo B.; è il primo posto dove siamo andati a cercare). Ci eravamo quando sono nati i blog, abbiamo visto nascere e crescere wikipedia, abbiamo visto scoppiare la bolla di Second Life. Nel frattempo Grillo demoliva i PC nei suoi spettacoli. Più del gesto, è interessante ricordarsi il perché li distruggeva: perché facevano troppe e cose e lui avrebbe voluto farne soltanto poche, semplici. Raccontava di aver speso milioni in inchiostro da stampante perché non era in grado di selezionare cosa stampare e così no: non è la stessa vertigine del Paolo medio di fronte all'internet di oggi: cosa leggo? cosa stampo? ok, nessuno più stampa niente, forse. Ma di chi mi fido? Fatalmente, molti sceglieranno il messaggio più semplice e più integralista: Tutto quello che sai è falso, SvegliaaaaAAA!
Non vi è mai capitato che una biblioteca vi mettesse soggezione? tutti quei libri messi assieme, non sembrano dirci "non riuscirai mai a leggerci"? Più impariamo, più ci rendiamo conto di saperne poco, ogni giorno migliaia di persone scrivono i libri interessanti che non leggeremo mai. Se solo qualcuno ci dicesse che è tutto inutile, tutto falso, che non ne vale la pena... dovremmo credere in lui, ovviamente, e ciecamente; ma non sarebbe comunque un buon affare?
Paolo B. è un po' più giovane di molti di noi - ma non credo che sia una questione anagrafica. Paolo B. è soprattutto una persona che, come Grillo, come molti lettori di Grillo, si è ritrovata su internet senza preparazione. All'improvviso, senza mediazioni scolastiche o culturali, hanno premuto un tasto e avevano la più grande enciclopedia del mondo in casa, un lusso estremo fino a dieci anni fa, qualcosa per cui il potente Re Salomone avrebbe rinunciato a mogli e concubine - e non sanno da che parte iniziare. Per utenti così Zeitgeist è un inizio perfetto: non fa che dirti "è tutto un inganno, inutile proseguire, resta pure qui con noi, siamo tanti, ci vedremo in parlamento (sarà un piacere)". Noi che internet l'abbiamo assaggiata un po' per volta, fino ad assuefarci, dobbiamo fare un certo sforzo per capire i Paolo che prima di farsi i denti non riescono a mandar giù niente, e rigurgitano sull'internet pezzi di internet intera.
In questa forma il grillismo non è che la prosecuzione di una lunga lotta degli italiani contro la cultura, e in particolare contro la cultura scientifica. Lo hanno paragonato a tante cose in questi giorni - è uno sport popolare. Uomo Qualunque, Fascismo, Nazismo, ecc.. Qui vorrei proporre un parallelo un po' meno banale: nel suo tentativo di reagire a qualcosa di profondamente nuovo (internet) assorbendolo, mettendoselo sugli stendardi, e trasformandolo in qualcosa di vecchio (un pulpito semovente da predicatore '400), Grillo in fondo si ritrova sui solchi tracciati un secolo fa dai futuristi. Sarà che l'argomento è una mia antica ossessione, ma le analogie mi sembrano tante. Ne riparliamo magari un'altra volta.
http://robertalombardi.wordpress.com/info/
Di sinistra lo sono da parecchi anni, un socialdemocratico favorevole alla repubblica federale europea per la precisione, sostenitore del welfare state, dello sviluppo sostenibile e dell'integrazione multiculturale, quindi direi che se mi definisci "di sinistra" ci hai azzeccato.
Un intellettuale... magari! Quando qualcuno mi definisce "intellettuale" lo prendo per un complimento.
Se però per te un intellettuale di sinistra è qualcosa da disprezzare, allora credo che non ci intenderemo mai, mi dispiace.
Né vale il discorso c'ho prescia, c'ho 'a tastiera che numme da l'accenti: a mettere tre/quattro/cinque punti ci metti più tempo che a metterne uno.
E' che fa tanto popolano pasoliniano 2.0, l'ortografia è robba da kasta, etc.
E' l'ignoranza esibita come tratto distintivo.
tibi
Un progetto di videoenciclopedia nella quale ciascuna voce è ridotta (mai termine fu più adeguato) dentro una clip video di 3 minuti, con non poche curiosità nell'elenco dei nomi dei suoi inventori e che a un certo punto subì uno stallo.
Prima di lasciare questo commento ne ho verificato la situazione scoprendo che ha ripreso la strada ed è on line.
Non ti metto link, tanto basta una ricerca in google, ti estraggo solo un passo di un'intervista rilasciata da Andrea Pezzi, volto mediatico dell'operazione:
"Per esempio, negli ultimi giorni abbiamo aggiunto alcune voci sull'energia e in tre minuti spieghiamo come viene prodotta, stoccata e distribuita, oltre all'impatto delle diverse fonti sull'ambiente. E all'interno di ciascuno di questi mini-documentari collochiamo l'equivalente di 300 lemmi enciclopedici".
Per avere ulteriori dati su come questo progetto avrebbe spazio dentro questa tua analisi, prova ad andare a vedere com'è e segui i link fino alla voce "condottieri e rivoluzionari", tanto sono due clik dalla home e, come da mission aziendale, non più di 5 minuti tra navigazione e fruizione.
A margine, i complimenti non possono andare solo alle tue analisi senza passare anche attraverso la qualità dei tuoi commentatori (al netto dei miei, ovvio), davvero un piacere da leggere almeno quanto i post che li accolgono.
C'hai pure il grillino intelligente capace di farsi bastone tra le più che solide ruote del paradosso e chiunque bazzichi la rete per più di 5 minuti al giorno sa quanto sia raro incontrarne.
Attivissimo è un debunker e sinceramente meno male che esistono i debunker, così risparmiano a me pigra utente di internet almeno un po' di lavoro e fatica. non offrono verità, sfrondano panzane.
un po' è paura l'andare sulla soluzione più semplice, un po' è appunto pigrizia. il problema è che io sono più vecchia di Leonardo e quindi come lui ho imparato a studiare sui libri, dove comunque tu parti in alto a sinistra e finisci in fondo a destra a leggere, quindi ti crei una struttura mentale di un certo tipo.
la rete (lo sappiamo tutti) è un ipertesto, è orizzontale, si fa fatica ad estrapolare i contenuti importanti dagli altri.
non è a caso che il parlamentare sia un ragazzo di 24 anni.
e quindi poi a me sorge una domanda: prof Leonardo, che possiamo/potete fare da adulti educatori?
dory
tibi
forse non sono stato chiaro.
Io non sono un estasiato e incondizionato supporter di Attivissimo. lo avro' letto si e no 4 volte nella mia vita.
Quindi se tu mi parli di Autori di attentati, Gazzetta del Mezzogiorno o altri dettagli, sinceramente non ti seguo...
Il mio punto e' diverso.
Io parlo di metodo, non di debolezze personali, limiti umani, Gazzette del mezzogiorno.
tu mi dai una notizia e una fonte, io la posso verificare e controbbattere.
Nel caso di Zeitgeist, ci sono delle informazioni verificabili?
ci sono dei riferimenti specifici?
Leonardo ha trovato Attivissimo ed io ho preso solo spunto da li.
Se ci sono altri giornalisti o divulgatori scientifici con tesi diverse, benvengano.
NOn condivi Attivissimo. Bene, ottima cosa. Forniscimi altri autori o divulgatori, confrontiamo le tesi (e' un esempio, non una sfida).
Questo e' il metodo scientifico, a mio modesto parere.
Per tornare al tema del post, ignoranza, superficialta', piattume culturale, si possono e si devono combattere.
anche pagando le tasse universitarie.
Comunque non ho dato del coglione a nessuno.
direi di mantenere un tono del dialogo aderente alla realta'.
Io aggiungevo la mia teoria del "Rasoio di Occam" sui complotti, ossia cercare spiegazioni più semplici ad eventi che accadono tutti i giorni (banche, obsolescenza programmata, mancanza di privacy per citarne alcuni)... anziché tuffarsi in complotti planetari!
1) abbia letto l'articolo e non l'abbia capito
2) non l'abbia letto e spari giudizi in base alla prima riga
Se avesse letto l'articolo, infatti, avrebbe capito che oggetto di critica sono coloro che quando cercano le informazioni su internet si fermano al primo sito complottista che dica loro "non cercare più, noi sappiamo tutto".
Insomma basta disseminare opportunamente intercalari come "onere della prova" e "falsificabile" e sei scientifico.
Coglioni noi a pagare le tasse di iscrizione ogni anno.
Grazie per la risposta.
Se si parla di metodo, mi sembra che Attivissimo sia sulla strada giusta. Nel dettaglio delle sue reazioni non entro, ne nel merito dei fatti, ne giudico le sue reazioni. ma se si parla di approccio scientifico, Attivissimo e' sulla strada giusta.
C'e' un fatto, una verfica del fatto e della fonte. Questo e' l'approccio scientifico (ofrse meglio dire realistico).
tanto per chiarire, no seguo Attivissimo ne sono un suo seguace.
-@ Andrea Manzi
Grazie. informazioni illuminanti.
-@ leonardo
il mio modesto parere:
creduloni, imboniti, seguaci di complotti, allocchi o altro sono in ogni parte del mondo. e' la natura umana.
E' vero che in Italia si paga il prezzo di una assoluta assenza di cultura e cultura "scientifica". non intendo quella applicata (non e' nella matematica la verita" del mondo; manca un approccio piu' "concreto" alle cose; meno enfasi, meno spettacolo, meno apparenza.
I cosidetti piedi per terra!
LAvoro in Giappone come ingegnere e spesso contatti i rispettivi colleghi italiani.
Spesso i miei colleghi giapponesi lamentano una mancanza di concretezza e di realismo nel lavoro degli ingegneri italiani.
Gli ingegneri italiani spiattellano grafici e numeri ad catsum, ma manca una ferrea logica. Il tecnico giapponese vuole sapere se la macchina si rompe o no, non quanto sei fico o quanto e' bello il mondo.
per carita', non tutti sono uguali, non tutti sono farfalloni, not tutti sono perfetti, i giapponesi non sono migliori o peggiori di noi e molti si suicidano per eccesso di realta'.
trovo lo stesso approccio emozionale con i giornali, i film, la vita quotidiana (da quello che ricordo).Troppa passione o troppe materie umanistiche?
-Segue critica con sottile ironia-
Anche tu Leonardo, scrivi ottime cose, ma poi ti e' mancato un fact checking sul fruitore di Zeitgeist
Con affetto
la fama di Attivissimo è legata al servizio antibufala, impeccabile ed utile finchè si tratta di catene di sant'antonio, bimbe malate bisognose di midollo e via dicendo. Però negli anni il concetto di bufala si è allargato, e Attivissimo è diventato paladino della Versione Ufficiale in qualunque campo dello scibile umano ce ne sia una - cosa che è un pò troppo persino per lui.
Quello, oppure i pipponi catastrofico-complottisti che fanno da approfondimento e pezza d'appoggio, così come i cori da stadio fanno da slogan e documento di sintesi: l'uno sostiene l'altro.
tibi
Troppo comodo che i grillini siano "quelli che non hanno voglia di studiare e guardano le figure". Capisco che sia gratificante ma non è così. È la tipica reductio ad ignorantem dei conservatori.
È ovvio che nell'era della sovrabbondanza di informazioni, comunicare in modo semplice ed efficace è importante. Ma questo lo sa anche Attivissimo. Non c'è niente di nuovo. Anche Attivissimo scrive in modo semplice, con titoli ad effetto, ricorrendo a battute e caricature per attirare l'attenzione. Cos'è, un grillino pure lui?
Al contrario molti siti complottisti fanno lunghe e monotone trattazioni con pagine statiche. E alla fine non dicono "tutto quello che dovevi sapere adesso lo sai", ma danno liste di rimandi bibliografici, scimmiottando lo stile dei siti "seri".
Non penso che i complottisti non abbiano voglia di approfondire. Anzi, spesso sono quelli che approfondiscono e leggono di più (a modo loro) proprio perché sono costretti a trovare molti argomenti per le loro tesi controintuitive. A me è capitato molte volte che un complottista mi prendesse in castagna su un argomento, sul quale lui era preparatissimo e io no.
Il successo di Zeitgeist non sta nel "risparmio di fatica" ma nel fornire argomenti per attaccare un mondo percepito come estraneo. Un mondo fatto di banche, accordi internazionali, finanza, è inaccessibile e frustrante per molti giovani che ne vorrebbero far parte. Accettarlo così com'è sarebbe come accettarne la superiorità. Quindi bisogna sovvertirne le tesi per sentirsi vivi.
Quindi economista, grazie a casaleggio/grillo/grillini con tutto ciò che hanno fatto fino ad ora (cioè niente) ci hanno declassato nuovamente... chissà... magari appena iniziano a fare qualcosa ti mettono A+++ con l'ozione rispamio energetico.
Andrea Manzi
Non ho siti purtroppo da dirti... in genere cerco cosa mi interessa e dove mi porta google vado, senza pregiudizio. Poi vedi informazioni da una parte, informazione dall'altra e la mia mente tira le sue conclusioni.
Per esempio adesso ero su wikipedia che puo essere modificata da chiunque ma questo è interessante:
http://it.wikipedia.org/wiki/Operazione_Northwoods
ci sono voulti 25 anni per far uscire questo piano criminale che non è andato in porto... chissà magari quando saremo sottoterra ci sarà qualcuno che pubblicherà una realtà diversa sugli attentati dell'11 settembre perchè ha le prove... ma ormai saremo inutili (poco più di quanto lo siamo ora) :)
Un sito che non frequento costantemente ma che mi piace molto è:
http://www.anticorpi.info/
Diciamo come leonardo... il più delle volte lo seguo quando sono in treno per andare a lavoro... ma siti ai quali sono affezionato non so davvero darteli.
Ciao!
Andrea Manzi
Dopo di che, con profonda deontologia scientifica, invece di ammettere il grossolano errore - perchè non so, è come dire che un libro tascabile è un metro e mezzo per un metro e pesa tre chili, o che l'Italia ha la stessa popolazione degli USA - ha detto di aver preso quei dati da due quotidiani locali (uno dei quali, tra l'altro, di Seattle!), e dunque che se mai i dati presentati nel suo talk fossero stati erronei, la colpa comunque non sarebbe stata sua ma degli autori dei due articoli che aveva utilizzato come fonte.
SERIE BiIiIiiIIiII!!11!11!!!!1!11
SERIE BIIiiiIiiiI!!11!1!11!1
Voi votate Casaleggio,
noi finiamo in SERIE B:
http://www.corriere.it/economia/13_marzo_08/rating-italia-fitch-taglia_03a29b3e-8814-11e2-ab53-591d55218f48.shtml
tibi
Grazie per la risposta.
personalmente non ho votato ne' PD ne' PDL, ma fa poca differenza ora.
Vorrei farti un' altra domanda personale. Vorrei capire di piu' del tuo movimento e dei sostenitori.
Che tipo di scuole hai frequentato?
Se non hai la televisione, dove ti informi? e se internet, che siti?
Grazie ancora
e serena vita a te!
Per l'esattezza ho votato il movimento 5 stelle, non "Grillo"! certamente! Chi avrei potuto mai votare? Il PD??? Da uno che si è sempre sentito di vocazione di sinistra e che ha votato gli ultimi 15 anni i menopeggio (ovvero la nullità centrosinistra) e vedere che non sono buoni neanche a vincere con gli avversai fuori gioco... ho pensato... sono stanco di questa corrente tiepida... è la volta di provare a cambiare. E non sono fra quelli che lo hanno fatto per protesta, le prossime elezioni rivoto movimento 5 stelle. Finchè non ci saranno cose che mi schiferanno ovviamente.
Lieto di essere un archetipo a cui si riferisce il post. Ma fatemi il piacere. Prima di sparare giudizi sul movimento aspettate di vedere, non dico tanto, almeno una mossa fatta in parlamento... una proprosta di legge. Magari vengon fuori altri deputati regionali che si riducono lo stipendio ;) Invece già si sente di tutto e di più su internet e da quello che leggo anche in tv (perchè in casa mia non ci tengo quella friggitrice di pensiero)
Comunque auguri. Rincorrete il nulla di renzi e bersani. Non vi dico certo sveglia o altro... ognuno ha il suo pensiero ed è giusto lo porti avanti come sente e crede. Ma gli elettori del pd mi fanno tenerezza quanto quelli del pdl... 20 anni di aria cotta e ricotta e continuate a votarli... ci sono fatti, basta guardarsi un pochino indietro, non supposizioni come avete su "grillo".
Buona vita
Andrea Manzi
Grazie per la risposta.
Credo che sugli altri punti,Leonardo possa rispondere, se ne ha voglia.
Potresti anche spiegarmi in cosa non sia attendibile Attivissimo?
Ancora, tu cosa useresti quale verifica dei fatti?
Grazie
"sei ostinato nella difesa dell'euro, così ti hanno raccontato i politici per decenni nei talk show. Gli economisti sostengono l'esatto contrario"
Il che è una corbelleria di dimensioni megagalattiche.
Esistono politici favorevoli all'Euro (es: Romano Prodi) e politici contrari all'Euro (es: Giulio Tremonti), esistono poi economisti pro ed economisti contro; la stessa definizione di "pro" e "contro" è ambigua in quanto esistono diverse sfumature, ad esempio la redazione dell'Economist è favorevole all'Euro ma generalmente contraria al rafforzamento della struttura politica, invece l'SPD tedesco è favorevole all'Euro e favorevole al rafforzamento della struttura politica, e così via...
Forse dovresti evitare di generalizzare, di pensare in bianco e nero senza sfumature intermedie, perché il prossimo passo è "gli italiani sono tutti fannulloni" oppure "gli italiani sono tutti furbi", ottima base per una barzelletta, ma pessima per la comprensione della realtà.
Mi riferivo a due punti del post di Leonardo che mi hanno colpito.
il primo:
Se parto dal presupposto che Zeitgeist sia una patacca, e ci può pure stare, magari come esempio di affidabilità non uso Attivissimo, che ha ben pochi titoli per meritare siffatta stima.
secondo: "Condannati per non aver previsto i terremoti" va bene per i lettori di Libero e del Giornale, ma credo che i lettori di Leonardo siano abituati ad argomentazioni migliori.
Perciò mi chiedevo: davvero Leonardo pensa che Zitgeist sia il male e Attivissimo il bene?
Davvero Leonardo pensa che chi lo legge non conosca le motivazioni della sentenza dell'Aquila?
Sono stata un pò più chiara ora?
Per esempio tu hai creduto e continui a ripeterci che gli scienziati siano stati condannati per non aver previsto il terremoto.
In una puntata recente di 'presa diretta' si spiega dettagliatamente e a prova di scimmia che non è così.
Inoltre sei ostinato nella difesa dell'euro, così ti hanno raccontato i politici per decenni nei talk show. Gli economisti sostengono l'esatto contrario.
Complimenti.
http://it.wikipedia.org/wiki/Microchip_(impianto_umano)
la tecnologia dei chip RFID esiste gia', possiamo anche stare qua a ridicolizzare Paolo, ma non credo che questo cambi la sostanza della possibile schedatura cui i governi potrebbero sottoporci da qui a 20 anni.
saluti
Leo
La prima riguarda il fatto che molti (a prescindere da internet) non hanno le basi metodologiche per apprendere in modo critico. Qui il problema è del sistema scolastico e in generale di quello sociale (viste le trasmissioni della televisione di Stato (tipo voyager) e mediaset (tipo misteri).
L'altro aspetto è quello politico contro grillo. Le generalizzazioni sono sempre erronee. Pensare che tutti quelli che hanno votato grillo siano degli stolti è un errore. Non tutti considerano le stupidaggini come oro colato.
L'ultima cosa a cui mi viene da pensare è (lo chiedo a me stesso): se avessimo partecipato alle discussioni del blog di grillo (prescindendo dall'approccio fideistico-ideologico intendo), il programma del movimento cinque stelle sarebbe stato lo stesso? gli eletti in parlamento sarebbero stati quelli che vediamo oggi? Forse no. Probabilmente il rigetto per mero pregiudizio ha fatto si che altri, magari meno informati, meno colti, occupassero degli spazi liberi. E' evidente inoltre che gli eletti in parlamento non sono colpa di grillo ma di una legge elettorale ad dir poco infame.
il tuo post (peraltro anche condivisibile, magari non in toto) che qui pubblichi con il titolo Zeitgeist è un rigurgito" è stato ripreso dall'Unità on-line, che però gli ha cambiato il titolo in un più esplicito (e più funzionale per la propaganda) "perché un grillino crede alle bufale?"
C'è forse bisogno di una più lampante dimostrazione di disinformazione, o meglio, di distorsione dell'informazione?
Anche tu hai attirato la mia attenzione, quale soggetto del post.
Mi potresti spiegare quale quale salto logico c'e' tra
Attivissimo-previsioni di terremoti - Bertolaso- comprendonio di Leonardo?
Leonardo, perche' non indaghi?interviste e spaccati di vita per noi, altro che Barbara D'Urso!
Gli scienziati condannati per il terremoto dell'Aquila hanno rassicurato la popolazione per compiacere Bertolaso.
A questo punto sorge spontanea una domanda: Leonardo ma ci sei o ci fai?
Ho letto con interesse e sconforto crescente quello che hai scritto in merito alla non preparazione scientifica di certa gente; sconforto perché purtroppo debbo ammettere che è tutto vero.
Mi sento però di osservare una cosa: se è vero che per un percorso scientifico completo occorre affrontare anche il dottorato (quello che sto facendo io al momento), il seme della scienza può essere fatto germogliare anche senza tale enorme preparazione: il lavoro nelle scuole è da questo punto di vista fondamentale.
Non tutti possono o vogliono fare un PhD, ma si può ragionar di scienza anche chi non è PhD, visto che la scienza è più che altro un modo di affrontare i problemi ch ci si pongono davanti.
Purtroppo la scuola italiana non sempre forma un approccio scientifico di base nelle persone.
solo che non tutto è riassumibile in 10 righe.
e poi si confonde il possibile col plausibile col verosimile... come le storie sull'11 settembre... siccome la verità ufficiale non ci convince ne accettiamo un'altra che ha ancora meno prove di quell'altra e fa nascere ancora più dubbi...
ochei avevo detto che stavo zitto
ah, un'altra cosa: ha ragione claudio, per te il m5s è come la peste per manzoni, ora si spera che non lo sia per noi come per i milanesi...
senti se hai tempo potresti dare una lettura al mio post sulla Religione Grillo?
Grazie
Mimi
http://mimimollica.wordpress.com/2013/03/07/grillos-cult/
Ottimo post.
Resta con i piedi per terra, però. Si sta parlando di alcuni milioni di persone e, a mio modestissimo parere, non sono tutti zeitgeist, biowashball, no-euro (abbreviato "neuro"), plutocomplottomassomaniaci. Credo tu abbia descritto molto bene Paolo B., ma questo non significa molto rispetto a chi lo ha eletto. E se non ci si interroga seriamente, a partire dal tuo partito, sul motivo per cui gli 8 milioni e passa di cui sopra hanno corso il rischio di mettere il sig. zeitgeist in parlamento al posto di tanti altri geniacci della prima e seconda repvbblica, se si continua a vivisezionare gli infiniti difetti delle 160 new entry anziché ragionare del motivo per cui tante (tantissime) persone che è necessario considerare senzienti li hanno votati... siamo sempre al solito punto che ci lascia basiti a chiederci come sia stato possibile che berlusconi abbia ancora tutto quel consenso.
La risposta non è che chi li vota è come loro: troppo semplice. E troppo inquietante... quasi cospirazionista!
la cultura scientifica è sotto attaccato dal giorno in cui è nata la scienza. Tutt'ora si contrappone il creazionismo al darwinismo (l'ultimo l'articolo sul Foglio, riguardo il rogo della città della scienza a Napoli), per non parlare di tutte le teorie bislacche che si trovano su Internet!
Andando nello specifico del m5s, ultimamente ho letto delle discussioni sulla vivisezione e la vaccinazione da farmi venire la pelle d'oca. Siamo a livelli di medio evo scientifico, come è sempre stato tra la popolazione, ma con Internet la cosa è diventata di dominio pubblico.
Ora, io non credo al fatto che l'accesso alla conoscenza faccia così tanta paura da indurre un blocco ed allo stesso tempo, a cercare una scorciatoia: nel tuo esempio il video di Zeitgeist. Così come non credo che la biblioteca possa spaventare, perché vedere tutti quei libri insieme ci porta a pensare che non potremmo mai leggerli e quindi ci blocca sul nascere!
In realtà la gente legge, si informa, si fa un'idea sull'argomento ma molto spesso, questa idea è completamente sbagliata. Soprattutto quando si parla di materie scientifiche. Studiare un argomento nuovo, da autodidatta, non basta, anzi, spesso è deleterio. Entro in biblioteca, il tempio della conoscenza, e credo di uscirne fuori con un nuovo "sapere". Falso!
In Internet è peggio ancora, perché oltre a leggere puoi pure commentare (come me ora ;) ).
Se per diventare uno scienziato ti devi fare 5 anni di Università, una tesi sperimentale (1-2 anni), più un dottorato di ricerca (altri 3 anni), un cavolo di motivo ci sarà. Non è la semplice nozionistica a fare la differenza. Un percorso del genere serve principalmente ha tirare fuori, potenziare, sviluppare il ragionamento scientifico. Il Paolo B. non spaventa perché porta ad esempio Zeitgeist, ma perché lo fa come se fosse un Vescovo con i suoi dogmi religiosi. Sarebbe lo stesso se si mettesse in testa di difendere il darwinismo dopo aver letto una Wiki e visto un video di "salcazzo". La scienza non si difende a dogmi. Non è una religione.
Per fare un esempio concreto, leggiti, se hai tempo e voglia, la discussione sui vaccini in Lombardia, segnalata dal Tumblr di Nipresa: http://nipresa.tumblr.com/post/44799046185/proposta-m5s-vaccinazioni-pediatriche-non-piu
All'unico che prova a portare ordine e dati scientifici nella discussione, si contrappone gente informata a cazzo, senza la minima idea su come si tiene una discussione scientifica e che argomenta con "matrix - pillola rossa e blu".
Questo perché non sanno discutere scientificamente, non sanno leggere un grafico, dei dati, estrapolano pezzetti di articoli che sembrano volergli dare ragione e te lo sbattono in faccia come se fosse la verità assoluta: benvenuti nel Medio Evo scientifico. Un posto dove la gente crede sia sufficiente usare la logica per arrivare alla verità: è un ragionamento logico, dunque è vero. Ecco che così sanciscono la morte della scienza, della sperimentazione, delle prove scientifiche. Son come quelli che parlando di surriscaldamento globale confondono il meteo con il clima e ti dicono "ma come, si alza la temperatura globale e però l'inverno fa sempre più freddo!"
Siamo di fronte ad una massa di qualunquisti che al contrario di quello che scrivi tu, legge e pure troppo, ma lo fa senza una guida appropriata. Come decidere di scalare l'Everest perché ci si è comprati le migliori attrezzature di sempre!
Per stimolare un letterato non c'è niente di meglio di una bella disgrazia: la peste per Boccaccio, l'amore non corrisposto per Petrarca, l'oppressione austriaca per Manzoni... e il M5S per Leonardo ;)
anche io, ho letto con curiosita' e ammirazione i voli pindarici della tua mente. sono affascinato da tanto sincero disprezzo.
credo tu sia il perfetto archetipo, il soggetto che Leonardo cita. Mio caro Andrea, con affetto si parla di te.
ti prego dimmi che hai votato Grillo!
Leonardo, te lo ripeto, Grillo ti ha fatto bene. hai una nuova verve!
Se poi la verità la sancisce Attivissimo siamo apposto. Non è che se ci sono 10 argomenti e uno trova la verità su 9 questa si applica automaticamente anche alla 10. Informaticamente nulla da ridire, ha fatto sempre uno splendido lavoro... cose dimostrate! ma sulle torri gemelle fatemi il piacere. Mi fa sorridere vedere che dopo 12 anni ci siano ancora persone che credono che dei cavernicoli abbiano violato lo spazio aereo americano, cosi... ma poi un aereo che si schianta in un punto in cui per l'appunto non c'era nessuno del pentagono, poi un aereo che si disintegra, sparisce. non c'è una telecamera che ha ripreso qualcosa... al pentagono! :-D Ma poi organizzato dal terribile Bin Laden che l'hanno ammazzato in mare e buttato fra le onde! Cioè... si parla di americani? Buttano in TV anche quanto uno va in bagno al giorno e questi si perdono il servizio del secolo? Dai dai... restate con la vostra paura rifugiandovi dietro queste verità di comodo... quella ufficiale...
Ma che buffo... dovevano andare a prendere Bin Laden e per la strada hanno trovato Saddam Hussein... son proprio sbadati. Ma non è stato per il petrolio sul quale galleggia l'iraq, è perchè il navigatore gli diceva che per andare dai terribili talebani si doveva passare per bagdad... sai, quando ci sono armi di distruzione di massa è bene uccidere e rovesciare una nazione (anche se non si trovano queste armi)! Ma gli esportatori sani di democrazia ormai son diventati efficienti nelle loro missioni di pace! ovviamente dove c'è da prendere delle risorse...
Poi vediamo... il signoraggio è una bufala! Eccerto! Il debito è un pò come lo spread... bene sempre ricordarlo quando le cose non vanno come devono andare... rendiamoci conto... con berlusca era quasi a 500 arriva Mister Monti e passa a 200... si va alle votazioni e con il rischio ingovernabilità (mentre ancora non erano definitivi i risultati) risaliva come lava in un vulcano...
mi dispiace, ma se spesso ho letto con curiosità e ammirazione, questa volta provo solo un sincero disprezzo.
Andrea Manzi
In questa forma il grillismo non è che la prosecuzione di una lunga lotta degli italiani contro la cultura, e in particolare contro la cultura scientifica. Lo hanno paragonato a tante cose in questi giorni - è uno sport popolare. Uomo Qualunque, Fascismo, Nazismo, ecc..
Partendo dalla lotta contro la cultura scientifica, il vero padre spirituale di Grillo è Benedetto Croce: http://pensieri-eretici.blogspot.de/2011/10/ne-portiamo-ancora-la-croce.html
Saluti,
Mauro.
Ricordo che quando andavo al liceo il mio prof di teatro** aveva sostenuto una cosa simile, siccome la rete all'epoca era ancora agli albori lui si riferiva a tutti qui libelli che andavano di moda circa i templari che conquistano il mondo aiutati dal nuovo ordine modiale e simili.
Internet è uno specchio dell'umanità, c'è dentro tutto e il contrario di tutto e ovviamente sta a noi distinguere il grano dal loglio: in epoca pre-internet avremmo detto "evita di credere al primo fanatico che bussa alla tua porta".
Ricordo che fra i commenti di qualche tuo post addietro c'era uno che ti minacciava di non cancellargli il testo altrimenti "faremo sapere a tutta la rete il tuo gesto"; in maniera analoga ricevo spesso delle email da parte di certi attivisti che mi invitano a firmare petizioni per questo o quell'altro autoconvincendosi poi che gli eventi politici internazionali avvengano perché 50 000 -100 000 persone (lo 0,1-0,2% degli italiani, lo 0,014-0,028% degli europei, ma se contiamo almeno un 50% di troll otteniamo un numero ancora inferiore) avrebbero firmato il loro appello. Una volta ho provato a cercare informazioni su di loro e ho trovato dei complottisti che sostenevano che in realtà dietro di loro c'era non ricordo quale società finanziaria che aveva lo scopo di screditare le petizioni on-line, organizziamo subito una bella petizione on-line contro tale società.
Tornando alla fatica dell'acquisizione dati, me ne accorgo quotidianamente quando uso i motori di ricerca scientifici come Sci Finder o ISI Web of Knoweledge alla ricerca di articoli e pubblicazioni: il 95% del tempo viene speso per separare il ridondante.
Mi rendo quindi conto che qualcuno possa essere tentato dal "tutto quello che sai è falso", così la facciamo finita e non se ne parla più.
Mi sa che ho scritto troppo, però approfitto ancora per dirti che neanche a me piace la nuova visualizzazione dei commenti, ma siccome chi commenta è ospite in casa d'altr me torno alle mie casarecce ai funghi e più non fiato (si, anche qui fra la Mosa ed il Reno riusciamo a cucinare mediterraneo ogni tanto ;) ).
**si, proprio così: prof di teatro... ho fatto un liceo scientifico assai bizzarro, col senno di poi lo definirei "a sperimentazione umanistico-teatrale" ma se potessi tornare indietro lo rifarei da capo.
Però se poi l'esempio di cosa fatta come si deve è Attivissimo, son tentato di stare col Grillo neoluddista.
Aggiungo una cosa: mi riconosco in pieno nel tuo ritratto dell'utente di internet molto più skillato rispetto all'utente medio del grilloblog e come tale posso dire che, quando noi vedevamo i grillini muovere i primi passi nel vasto mondo fuori dal loro serraglio, li catalogavamo subito e ci chiedevamo "ma questi da dove sono usciti fuori? Speriamo tornino presto nella loro fogna".
Anni fa leggevo con dispiacere le statistiche in base alle quali l'accesso alla rete in Italia era limitato a una percentuale ridicola della popolazione, adesso che hanno aperto le gabbie trovo che siano già fin troppi. Purtroppo è a te come insegnante che spetta l'arduo compito di staccare i giovani virgulti dallo smartphone e insegnare loro prima di tutto a scrivere in un italiano decente: prima della connessione, ci sarebbe da risolvere il problema di una percentuale di analfabeti (più o meno funzionali) pari a quasi metà della popolazione, che in questo frangente si è manifestata votando appunto Beppe Grillo.
Il Paese che ha bisogno di Popstar
24-03-2011, 00:05apocalittici e integrati, culturaPermalinkDetto questo, rimane il fatto che chi si occupa pubblicamente di una questione su cui non ha alcuna competenza, va criticato ed eventualmente anche preso in giro. Quindi, se qualcuno non vuole essere sottoposto a giudizio, farebbe bene a dichiarare la propria incompetenza ed astenersi da dichiarazioni incaute e dequalificate.
Tu vedi il problema di ambienti sedicenti di cultura alta, io potrei vedere il contrario, un paese il nostro in cui la notorietà comunque ottenuta viene spesa in qualunque campo, anche quando non ha alcuna attinenza col settore che ha dato a costui notorietà. Abbiamo cioè il problema degli onniscienti. Se Saviano vuole essere giudicato sulla base dei propri romanzi, non vada in TV a fare sermoni e riassuntini pietosi, non si senta in dovere di fare dichiarazioni perfino sulle manifestazioni studentesche. Allora, sono i critici di Saviano che hanno la puzza al naso, o è invece Saviano che vuole fare il grillo parlante su questioni che non lo coinvolgono e su cui non ha alcuna competenza specifica?
Ma si sa, il nostro paese è quello dove calciatori semianalfabeti vengono intervistati su gravi questioni economiche, e tutto perchè sono noti al grande pubblico.
Ciò che invece sollevi nella parte finale, è tutt'altra questione, se cioè sia bene che qualsiasi prodotto culturale, qualunque sia il suo livello qualitativo, sia consumato. Io credo proprio di no, ad esempio nel caso che sollevi di Moccia. Ma anche in prodotti "middle", quali "Il nome della rosa" o i vari romanzi bestsellers dei vari Follet o anche di Camilleri, che ritengo positivo vengano letti, mi pare comunque utile ricordare che c'è Tolstoj o Marcel Proust, perchè fare gli opportuni distinguo aiuta soprattutto gli adolescenti man mano che si affacciano alla prima maturità e potrebbero fare confusione.
In questo senso, sono Midcult i Peanuts, ma non farei certo rientrare Moccia nella categoria... un minimo di qualità intrinseca dovrebbe esserci, ponte o non ponte! se poi invece qualche tua studentessa passa da Moccia a Tolstoj prometto che mi rimangio tutto
Letizia
gillo non è diventato una cultural-popstar causa l'atteggio gnégné della turris eburnea, ma perché CENSURATO (d'ya remember il viaggio in cina di bottino crazzo?)
anon-nedo
Quindi, purtroppo, se anche fra due secoli nessuno si ricorderà più di Moccia, pure gli intellettuali superstiti avranno sempre i loro detrattori che cercheranno di riportarli al rango di "soliti stronzi". Non si scappa.
Io comunque propendo per equiparare certe letture al pittarsi le unghie. Non è snobismo. E' che mica l'upgrade sia automatico, o che la lettura in sè sia un valore. C'è gente che legge quintalate di romanzetti rosa o di thriller per tutta la vita e si definisce con orgoglio grande lettrice (o lettore) ma non è che così si compiano grandi crescite personali. E' un po' come viaggiare andando sempre nei villaggi turistici. E' divertente, riposante, ti permette anche di vedere qualche scorcio interessante, ma difficilmente scopri qualcosa di nuovo che ti apre gli occhi.
Poi ci sono quelli che dicono anche "Leggo in continuazione, dappertutto, qualsiasi cosa, anche le etichette dell'acqua minerale". Mah.
Ma la serie continua o finisce qui?
Il cuore della questione secondo me sta nella "passione/amore" e di come questa venga stimolata.
Se io ho passione per la musica probabilmente non mi accontenterò della prima cosa che ascolto, con il tempo andrò a fondo per fermarmi in un punto da me gradito.
La questione quindi è aiutare un ragazzino a formare le sue passioni. La scuola in questo gioca un ruolo determinante e non è un caso che il deteriorarsi della cultura corrisponda un deteriorarsi di questa.
(ex studente nullafacente)
L'unico piccolo appunto che mi permetto è che la cura redazionale è davvero molto lacunosa: oltre ai refusi (tanti) ci sono imprecisioni che si potevano eviatre facilmente. Come il blog di Giglioli citato così (Giglioli, appunto) che fa un po impressione.
Crux desperationis
19-03-2011, 11:28cristianesimo, Cristo, cultura, deliri, repliche, scuolaPermalinkIl Calvario quotidiano
Io un crocefisso l'ho già tolto.
Due settimane fa, nell'intervallo. Stavo dando un'occhiata ai traffici loschi in zona distributore di merendine, quando vengono in due a dirmi che in Seconda è caduto Gesù. Mi reco immediatamente sul luogo del misfatto e interrogo i testimoni oculari. Chi è stato? Silenzio. Proiettili, elastici, palline di carta? Negano tutti, del resto non mi pare l'abbiano mai considerato un bersaglio; hanno una certa soggezione. Forse una vibrazione del pavimento, qualcuno che saltella o che va a sbattere contro la parete, una porta chiusa di scatto: sia come sia, sembra caduto da solo. Ne traggo auspici non buoni.
Ma in quanto insegnante ostento razionalità e pragmatismo. Do un'occhiata al Cristo in questione: è caduto per l'ultima volta. Frattura completa del polso sinistro, il destro era già partito mesi fa. O anni fa. Anche il chiodino sotto i piedi è sparito da molto. A questo punto mi spiace, ma finché qualcuno (chi?) non stanzia nuovi fondi, il crocefisso se ne resta nel cassetto in fondo.
Oggi l'ho rivisto in corridoio, però a grandezza naturale. Sanguinava copioso. Subito ho pensato a una rissa in IIC, poi mi sono accorto della corona di spine e della croce che portava in spalla, quindi, insomma, era Lui.
“Domine, quo vadis?”
“E non parlare latino, che tu sappia io ho mai saputo il latino?”
“No, che io sappia no”.
“Mi dà anche un po' ai nervi”.
“In effetti è comprensibile. Ma insomma, Signore, dove vai?”
“Dove vado, dove vuoi che vada. A farmi crocifiggere un'altra volta, vado”.
“Ma no, dai, Maestro...”
“...visto che la prima non è bastata”.
“Non te la prendere, ti prego. A scuola succede, le cose cadono, si rompono... ho dovuto metterti nel cassetto, ma ti giuro che...”
“Ma non ce l'ho con te, cosa c'entri te. Sei anche tu un povero cristo”.
“Grazie, Maestro”.
“Ce l'ho con i farisei, per prima cosa”.
“Aaah, i farisei”.
“Hai capito, no?”
“Beh, magari un aiutino...”
“Quelli che mi hanno preso per un simbolo della cultura, della tradizione. Una bandierina, praticamente. Aho', ma stiamo a scherzare?”
“Però anche la tradizione ha la sua importanza...”
“Cioè secondo voi io mi sono fatto inchiodare mani e piedi per rappresentare una tradizione? Cioè, siamo a questo? Babbo Natale, la Befana e Cristo in Croce? Magari vi aspettate che vi porti anche i regali?”
“Ma no, non dico questo, però...”
“Però niente. Li vedi questi chiodi qua? Li vedi?”
“Ehm, sì”.
“Sono autentici, va bene? Non sono un simbolo, sono una rappresentazione realistica. Duemila anni fa i ribelli li uccidevano così. Li esponevano su un trespolo finché non morivano soffocati. Perché fossero da esempio. Tutto molto razionale, ma anche molto teatrale, ma anche violentissimo, Dio Me! Io rappresento questo, va bene? Rappresento un supplizio capitale! Rappresento la crudeltà dell'uomo e la ribellione dell'uomo! Rappresento la Morte! Rappresento il...”
“Ehm, Maestro... forse sarebbe meglio abbassare un po' la voce”.
“Il Martirio!”
“Ssssssssssssh!”
“Cos'è, hai paura?”
“Maestro, in effetti sì. Siamo nel 2009, è pieno di bambini musulmani qui, e quella parola...”
“Quella parola è italiana, ha radici nel latino che ti piace tanto, è il fondamento della tua cosiddetta tradizione, sepolcro imbiancato che non sei altro”.
“Sì, sì, Maestro, è vero... d'altronde...”
“D'altronde?”
“Non puoi negare che suoni po', come dire... scandalosa”.
“E che m'interessa a me? Guarda che io non sono mica un santone indiano peace and love! Io non sono venuto a portare la pace, ma la spada”.
“Matteo Dieci Trentaquattro”.
“Appunto. Io sono lo Scandalo! Sono pornografia, non so se è chiaro! Un uomo trafitto da chiodi che grida dai vostri muri, che chiama al combattimento per la salvezza! Io sono questo, mica l'albero di Natale”.
“Ecco, Maestro, in effetti, se mi ci fai pensare, sì. Tu sei molto scandaloso. Molto più di quanto io quotidianamente possa sopportare”.
“Tuo problema, non mio”.
“Però succede un po' come con tutti gli spettacoli disgustosi... all'inizio non riesci a guardarli, ma se ti abitui a darci un'occhiata tutti i giorni, dopo un po' non ci fai più caso... diventi parte di uno sfondo familiare”.
“Ah, dici che è così? Va bene, allora toglietemi immediatamente”.
“Ma poi i Vescovi...”
“Tiratemi fuori solo ogni tanto, quando i fedeli meno se lo aspettano. Io non voglio passare sullo sfondo, io voglio spaventarvi”.
“Se la metti così...”
“E aggiungo una cosa. È proprio sulla mia consistenza di carne e sangue e ossa e chiodi che è fondato il realismo europeo, è chiaro? Se avete avuto Giotto Caravaggio e Mapplethorpe lo dovete solo a me! Esclusivamente a me!”
“Adesso, Mapplethorpe...”
“Adesso niente. Rileggiti Auerbach. Che se era per gli ebrei o per Maometto, con le loro menate filosofiche sulla non rappresentabilità del divino, a quest'ora eravate ancora lì a eccitarvi sui triangoli e gli ottagoni. Dario Argento deve tutto a me. Che dico. Tinto Brass...”
“Piano, Gesù, piano!”
“E adesso salta fuori che sono solo una tradizione. Il mandolino è una tradizione. La pizza è una tradizione. Appendete i mandolini e non rompete, io sono Gesù Cristo morto in croce, non ci credi?, vuoi toccare?”
“No, no, no, mi fido”.
“No, ma guarda, tocca”.
“Maestro, sul serio, io...”
“No, tu adesso tocchi. Il cristianesimo si tocca, va bene? Non è una menata filosofica: è carne e sangue, pane e vino. E i farisei lo sai che fine fanno. Finiscono in vomito”.
“Apocalisse Tre Quindici”.
“Precisamente. E poi ce l'ho anche coi Sadducei”.
“I sadducei”.
“Hai capito, no?”
“Ehm”.
“Ma perché perdo tempo con te. Matteo Ventidue Ventitré”.
“Quelli che non credono nella resurrezione”.
“Ecco. Non ci vogliono credere? Va bene. Che problema c'è? Nessun problema. Voi non ci credete, io non vi risorgo. Non esisto nemmeno, per voi. Facciamo che sono un pezzo di legno”.
“Quindi?”
“Quindi cos'è questa storia che mi denunciate a Strasburgo? Cosa posso aver fatto, se sono un pezzo di legno?”
“Dunque, se ho ben capito la sentenza, la tua presenza sul muro, in quanto pezzo di legno... impedirebbe ai loro figli di crescere secondo i principi dei genitori”.
“Vabbè, siamo alle comiche. Ma che principi hanno questi genitori, si può sapere?”
“Beh, presumo che si tratti dell'illuminismo, del razionalismo...”
“Non conosco, ma dev'essere un pensiero molto debole, se si cancella appena fissi un pezzo di legno. Cos'è, sono un totem, adesso? Se mi fissi ti faccio dimenticare la lezione? Mi volto un attimo e mi tornate all'età della pietra?”
“Maestro, ci vuole tolleranza...”
“Ma tolleranza di che. È come quelli che si sbattezzano. In teoria non credono nel battesimo. In pratica però hanno paura di restare segnati per sempre da uno schizzo d'acqua. Va bene, allora a questo punto chiamiamo Wanna Marchi che vi fa le carte e vi vende i numeri del lotto, a proposito, di che segno sei?”
“Maestro, ci vuole rispetto...”.
“Che poi, spiegami. Il genitore ha il diritto che il figlio sia educato secondo i suoi principi? Non suona un po' totalitario? E quindi ti cresci un piccolo a tua immagine e somiglianza, che creda solamente nelle cose in cui credi in te, e poi la prima volta che lo lasci libero nel mondo, lui vede due legnetti appesi al muro che non corrispondono al suo sistema di credenze e va in confusione? Corte dei diritti dell'uomo, intervieni immediatamente! Il pezzetto di legno sta fissando il mio bambino! Ma come li tirate su questi ragazzi?”
“Facciamo quel che possiamo”.
“Il mondo è pieno di cose. Per dire, ci sono i semafori e non sempre segnano verde. I bambini lo devono sapere. Ci sono persone nel parco che offrono caramelle e non sono tutti buoni. Poi ci sono i pezzetti di legno e non tutti corrispondono alle cose a cui crede mamma o papà. Vogliamo abolirli a scuola? E quando li incontreranno nella vita, come si comporteranno?”
“Quindi Maestro, in conclusione, dobbiamo riappenderti o no?”
“Ma fate quel che vi pare, tanto comunque sia non avete capito. Mi sembra tutto così poco serio. Il fariseo che mi pianta come una bandierina, il sadduceo che vede la bandierina e si sente leso nei suoi diritti umani, è l'umanità? Sembra un pollaio. Non ci sono cose più serie? A scuola, poi. Che io nelle scuole ci vado, lo so quali sono i veri problemi”.
“Eh, immagino”.
“No, non puoi neanche immaginare, fidati. Sai quante non sono a norma? Sai quante non rispettano la 626? Sai quanto costerebbe metterle tutte in sicurezza?”
“Ecco, Maestro, questi sono effettivamente problemi seri...”
“Sai che mancano i sostegni? I corsi di recupero? Sai che la scuola assomiglia sempre meno un luogo educativo e sempre più a una casa di detenzione? Parliamo di questo!”
“No, Maestro, appunto. Proprio perché sono problemi seri, è meglio non parlarne”.
“E perché?”
“Perché, perché... perché a parlarne non si risolvono, e allora ci si deprime soltanto. Siamo in crisi, tutti vorrebbero scuole più belle, ma votano il primo che gli promette una tassa in meno, quindi...”
“Vi consolate chiacchierando di bandierine”.
“Sì. I problemi veri sono deprimenti. I problemi identitari invece, come dire, sono sexy. Tutti possono dire la loro senza impegno... ieri le bandierine, domani i dialetti...”
“Oggi i Cristi in croce...”
“Maestro, sì. Ma non devi prendertela”.
“No, no, non me la prendo. Adesso però vado. Mi aspettano in sala mensa”.
A me dà molto più fastidio il fatto che nel mio paese c'è una scuola media che non ha soldi per far sostituire un vetro rotto.
Saluti
Mauro
Ma seriamente: cosa implica per un credente il fatto che il simbolo della sua religione sia apposto e imposto in un luogo non riservato al culto? Perché non nei ristoranti o sui treni o nelle bische o sui semafori o su ogni pagina internet?[...]"
Grazie
Primo:
La sentenza non ha senso. Il crocifisso è un simbolo passivo che non fa indottrinamento. Ok, ma allora cos'è un simbolo attivo? Un fascio littorio, per esempio, è anch'esso un simbolo passivo. Da solo non fa indottrinamento, o no? Perché non rimetterlo a fianco del crocifisso? Non possiamo certo negare che il fascismo non faccia parte della "tradizione" italiana (se vogliamo metterla sulla "tradizione"). Faccio altri esempi di simboli "passivi"?
- Il faccione di Mao con una classica falce e martello? Simbolo passivo.
- Un caprone satanico con annessa stella a cinque punte? Simbolo passivo.
- Una bella svastica? Simbolo passivo.
Potrei continuare...
Secondo:
Ci dobbiamo rendere conto che, mentre un crocifisso in una chiesa è effettivamente un simbolo religioso, un crocifisso in una scuola non lo è.
Un crocifisso in una scuola è un simbolo identitario. Stabilisce un appartenenza ad una certa identità, necessariamente in opposizione ad altre identità. Vista da questo punto di vista la questione non è tanto più di lana caprina. È per questo che tanti (non propriamente bigotti) si sono battuti con sorprendente veemenza per lasciarlo dov'è. Anche se magari non lo notano nemmeno più, hanno bisogno di sapere che c'è per una questione di identità. Consideriamo anche che, se per noi (europei di nascita, diciamo) è diventato pressocchè indistinguibile dalla tappezzeria (come hai fatto giustamente notare tu), per altri potrebbe non esserlo. Ai figli di immigrati di prima generazione per esempio potrebbe risaltare all'occhio questa loro "esclusione dall'identità della classe"...
Quello che voglio dire è che se oggi questo cambiamento non è passato "con le buone", un domani potrebbe passare lo stesso, e magari in maniera più traumatica, dato che a incazzarsi potrebbe essere qualcuno che prende la questione molto più sul serio.
La cosa, naturalmente, è ben diversa dall'impedire a qualcuno di manifestare le proprie convinzioni; il problema non è il simbolo, è il fatto che il simbolo sia istituzionalizzato.
Dopodiche: esistono problemi più urgenti? Ti sembra poco saggio sollevare la questione quando i rapporti di forza sono sfavorevoli? Legittimo, ma visto la questione è già stata sollevata potremmo anche discuterne.
Secondo me, chi promuove questa strumentalizzazione del crocifisso denuncia di considerare il cristianesimo come una dottrina politica, non un credo religioso, di essere cioè un cristianista, affine agli islamisti che tanto ci spaventano.
O potenziarla?
Se lo si vuole in luoghi come scuole e tribunali è per affiancare i simboli dello Stato e in qualche modo limitarne l'influenza, o no?
Insomma, non è che gli dessi molto peso all'epoca, ma ero anche credente e quindi, che ci fosse o non ci fosse il crocifisso per me era lo stesso: Gesù era nella mia visione del mondo, si può dire. Non avevo bisogno di sentirmi rassicurato in un posto qualsiasi andando a cercare una sua immagine in qualche angolo.
Lasciata la scuola e cambiata radicalmente visione del mondo (lasciamo perdere il perché e il percome), il fatto che il crocifisso fosse presente o meno in un luogo ha cominciato ad avere per me una certa importanza. Insomma, non è che mi dia fastidio l'oggetto in sé: apprezzo anche la devozione, quando è accompagnata da sincera pietas per i propri simili. Non è neanche lo stesso fastidio che provo quando in certe zone di Roma vedo i "nasoni" dipinti di giallorosso o i gagliardetti della Roma sugli autobus (cioè il fastidio per la simbolica appropriazione di qualcosa di comune da parte di una tribù, per quanto numerosa). Quello che mi urta profondamente è che se ne faccia un punto di principio: che quel crocifisso "debba" stare lì. Anche se non esiste più una religione di Stato. Anche se paghiamo con le nostre tasse le scuole cattoliche. Anche se i professori di religione sono a carico nostro e sono meno precari degli altri. Anche se paradossalmente in una classe ci fossero cinque atei, dieci musulmani, due ebrei, cinque confuciani, sette buddisti, due bahai, un rastafari e nemmeno un cristiano. Così come deve esserci un panciuto cardinale ad ogni taglio di nastro, in ogni ricevimento ufficiale, a lato di ogni valutazione di un governo, nei pensieri più nascosti delle opposizioni. Insomma, per me quel crocifisso imposto dalla legge sta lì solo per ricordare che accanto al potere ufficiale, rappresentato dal ritratto del presidente della Repubblica (ma c'è o non c'è, in classe?), ce n'è un altro superiore, e non nei cieli, ma sulla terra. Un simbolo che da quel muro scrostato rimanda ad una scuola ricca e prestigiosa, ad ospedali puliti che funzionano, a carriere che filano lisce come l'olio, insomma ad uno Stato parallelo che campa a spese dello Stato reale e che lo irride pur essendo una delle principali cause del suo dissesto economico (e non solo). Una roba poco carina, in definitiva.
http://www.einaudi.it/libri/libro/sergio-luzzatto/il-crocifisso-di-stato/978880620727
http://www.anobii.com/books/Il_crocifisso_di_Stato/9788806207274/013bc0ec7e3df653ac/
Il nuovo Baudo (è meglio del vecchio)
10-03-2011, 17:13apocalittici e integrati, cultura, la sinistra perde anche per questo motivo, nazionalpopPermalinkL’intellettuale moderno non è più da tempo la cinghia di trasmissione tra il partito e le masse. All’egemonia culturale della sinistra è subentrata, silenziosa ma devastante, una nuova egemonia “sottoculturale”, per usare un’espressione di Massimiliano Panarari, che ha soppiantato la prima, inoculando nella società il pericoloso e pandemico germe del populismo mediatico.
Sedici anni di dominio berlusconiano hanno impresso un segno indelebile nel carattere nazionale. Per uscire dalle strettoie della sottocultura berlusconicentrica e per sfuggire al gorgo mefitico dell’autoreferenzialità, l’intellettuale ha ceduto di schianto. Succube da decenni di dibattiti autopoietici e di soporiferi cineclub, ormai ebbro e nauseato dalla propria presunta superiorità morale, da tempo degradata in un indifendibile moralismo da casta protetta, la sinistra culturale ha rotto le righe e, muovendosi in ordine sparso, si è buttata nello stesso circuito di populismo della destra, innervato da robuste iniezioni di moderni steroidi catodici. Quel che rimane dell’industria culturale in mano alla sinistra scimmiotta il baudesco nazionalpopolare, utilizzando le antiche corde dell’emozione, del sentimento, dell’anima, dell’antirazionalismo, dell’antimodernismo e della cialtroneria, che da sempre costituiscono il nerbo della melodrammatica e furbesca indole italica. Così nasce e prospera Giovanni Allevi...
Alcune obiezioni:
1. B e r l u s c o n i h a v i n t o. Ci ha inoculato. Abbiamo ceduto di schianto e adesso ci ritroviamo Allevi, mentre prima ascoltavamo... ascoltavamo... boh, Benedetti Michelangeli? Trocino, che pure identifica con molta chiarezza quali sono i contenuti deteriori delle 'popstar' (sentimentalismo, antirazionalismo, primitivismo, eccetera), e altrove se la prende esplicitamente con i “venditori di apocalisse”, ecco, Trocino non è del tutto immune dal sentimento apocalittico. Addirittura nella sua versione più svenduta, l'antiberlusconismo. Per immaginare che Berlusconi ci abbia lasciato un segno indelebile, dobbiamo postulare un'età dell'innocenza in cui non eravamo berlusconiani, non avevamo ancora colto la mela del biscione e quindi fruivamo di una cultura vera, senza popstar. Ma è mai esistita questa età dell'oro in cui invece di Allevi ascoltavamo Benedetti Michelangeli, mentre sfogliavamo La dialettica dell'Illuminismo invece di Camilleri? Lo chiedo a voi, io non me la ricordo, sarà che sono giovane?

2. F a z i o è i l n u o v o B a u d o. Sono d'accordo. E allora? Secondo me sarebbe d'accordo lo stesso Fazio, probabilmente è il disegno che persegue da anni. A questo punto però propongo un esercizio intellettuale: immaginare cosa sarebbe Domenica In, il contenitore domenicale della Rai, se lo gestisse Fazio da dieci anni, come probabilmente sarebbe successo senza editti praghesi e in generale senza Berlusconi al potere. Non c'è dubbio che lo avrebbe gestito come lo gestiva Baudo negli anni Ottanta: invitando cantanti e scrittori, presentando balletti cantanti e telefilm, e dando verso sera la linea a 90° minuto. Secondo me Fazio ha sempre voluto essere quello lì, quello che regna sulla domenica italiana. E non c'è dubbio che sarebbe una domenica nazionalpopolare, ma che domenica sarebbe? Un'intervista a Peter Gabriel (all'ora in cui invece si parla del delitto di Avetrana), un siparietto con Albanese (invece che Platinette), due chiacchiere divulgative con Odifreddi (invece di un servizio sulla fine del mondo nel 2012), un balletto ma sperimentale, poi un'ospitata di Follett o Calasso che presentano il loro cartonato (invece di un servizio dalla casa del Grande Fratello). Che domeniche sarebbero? Naturalmente noi avremmo meglio da fare che guardarlo – ma non sarebbe un netto miglioramento, non solo nei confronti della merda che affligge la nostra digestione mentre sonnecchiamo sul divano, ma anche rispetto alla Domenica baudiana? Insomma, preso atto che Fazio è il nuovo Baudo, è così male come Baudo? Baudo non invitava la Fallaci o Pasolini, è arrivato troppo tardi: ma non è neanche riuscito a scovare Pier Vittorio Tondelli o Andrea Pazienza. Io ricordo immarcescibili i vari Bevilacqua, Gervaso, De Crescenzo, Luca Goldoni, per carità tutta gente simpatica, ma non stiamo neanche a scomodare il termine popstar. E invece un Pazienza da Fazio ci sarebbe andato. E gli avremmo dato del nazionalpopolare. Perché saremmo convinti di vivere in una pessima Italia, non sapendo quanto è pessima quella in cui Berlusconi ha vinto e la domenica è affidata a creature come Giletti, o Giurato.
3. L e c e n e r i d i G r a m s c i. Per l'apocalittico Trocino l'apparizione di queste popstar è un chiaro sintomo degenerativo della cultura di sinistra (ogni tanto compare Gramsci come nume tutelare, per la verità la riflessione di Gramsci sul nazionapopolare era un po' più sottile). Ora, dare addosso alla sinistra è uno sport nazionale che pratico anch'io a livello amatoriale (ma da bambino sognavo il professionismo). Però, insomma, chi ce lo ha detto che Allevi è di sinistra? Lui no, lui non lo ha detto. Da cosa si dovrebbe capire? E Mauro Corona? Non potrebbe essere considerato più agevolmente un autore di destra, col suo primitivismo apocalittico? A volte, più che essere di sinistra, queste popstar “vengono” dalla sinistra: vedi Petrini, con la sua storia di comunista di sezione. Trocino poi insiste molto sui 'tradimenti' di Petrini, sui suoi flirt con la Lega. Si potrebbe semplicemente prendere atto che il fondatore di Slow Food, partendo da sinistra, si è spostato consapevolmente su posizioni conservatrici che lo portano per forza a incrociarsi con movimenti tradizionalisti e identitari. Lo stesso Saviano, prima che con “Vieni via con me” si ritrovasse nella ridotta televisiva antiberlusconiana, godeva di una certa trasversalità politica, secondo Facci e Socci era addirittura un intellettuale di destra (a proposito: e Socci? Non è a suo modo una popstar, anche se più locale, diciamo un neomelodico della parrocchietta? E Veneziani? E Buttafuoco? E chi li legge? Sì, appunto, è il solito problema della cultura italiana di destra, che non trovi nessuno disposto a leggertela, figurati a passarti i riassunti). Il fatto che da sinistra spuntino più popstar dipende se mai dal fatto che sempre di consumo culturale stiamo parlando, e il bacino di questo consumo è sempre il famoso ceto medio riflessivo coi capelli grigi che intasa le librerie Feltrinelli alle sei di pomeriggio di ogni santo sabato: i libri e i dischi li comprano praticamente solo loro (per dire io Trocino l'ho preso in biblioteca), quindi è abbastanza naturale che oggi le popstar nascano lì. Ma non restano lì, questo mi sembra importante. Si diventa popstar quando si riesce a sfondare il proprio bacino tradizionale e a piacere anche a tutti gli altri. Lo stesso Camilleri, prima di darsi alle invettive impegnate, ha conquistato la sua popolarità sulla cosa più trasversale che esista sui banchi del mercato letterario: il giallo seriale. Roba tendenzialmente conservatrice, non fosse perché di solito la Legge trionfa e l'Ordine viene ripristinato: salvo che in quegli anni c'è stata un'enorme rivalutazione del noir da sinistra, che ha permesso a Camilleri e ai suoi lettori di non percepire quel senso di colpa – ma anche quel delizioso senso di proibito – che avevano i 'compagni' di trent'anni fa che sfoggiavano Marcuse sugli scaffali del soggiorno ma sul comodino ammucchiavano Gialli Mondadori. C o n t i n u a . . .
Attendiamo la seconda parte del pezzo, sarà interessante.
C'è da dire che questa era solo una metà del pezzo, e probabilmente la più debole: gli spunti più interessanti me li tenevo per la prossima settimana (purtroppo il blog è la riserva dei grafomani). Però in effetti dove ho scritto "alcune obiezioni" sarebbe stato meglio scrivere "alcuni spunti", perché a ben vedere fin qui delle vere obiezioni a quello che scrivi non ci sono.
Ovviamente non ho mai immaginato né sostenuto che Allevi è di sinistra. Lo schema di lettura del libro come un pamphlet contro le popstar di sinistra è riduttivo e parziale, come ho spiegato varie volte. I fili che si intrecciano e li collegano tra loro non riguardano solo e sempre la politica, ma il costume, la società, il modo di essere e di pensare degli italiani. Di più, credo che ogni capitolo possa essere letto a se stante, senza per forza costringerlo dentro la camicia di forza di una teoria generale e sistematica.
Ma per tornare alla politica, uno dei punti, credo, più interessanti, riguarda proprio la collocazione oscillante o incerta di queste popstar: vedi Petrini, vedi Corona. Vedi Saviano. Mi pare giusta la tua riflessione sul fatto che molte di queste popstar nascono a sinistra (o fanno di finta di nascere lì) e poi si spostano (magari provando a non dare troppo nell’occhio) verso altre posizioni. Altrettanto interessante mi sembra il discorso che provo a fare sul fatto che alcuni “valori” e “principi” oscillano pericolosamente tra destra e sinistra, vedi il culto della natura, la tradizione, l’ossessione identitaria, il primitivismo apocalittico. Io offro, o provo a farlo, elementi di riflessione. E, spesso lo vedo sottovalutato, offro anche molti elementi da cronista, di ricostruzione storico-biografica di questi personaggi. Raccontando le loro vite e i meccanismi della loro ascesa al successo credo che si capiscano molte cose. O perlomeno che vengano molti dubbi. A me piacciono i dubbi, mi piace mettere in crisi certezze consolidate, negli altri e in me stesso. Non è anche questo un modo di capire la realtà e di crescere?
Per finire, grazie ancora dell’analisi e delle critiche. Sono anch’io figlio di questa Italia e di questa sinistra, purtroppo o per fortuna, e non sono immune dai “vizi” che provo a denunciare. Tra i vizi che ho, non c’è quello di considerarmi infallibile o intoccabile o più puro degli altri.
Un saluto
Alessandro Trocino
Ovviamente non ho mai immaginato né sostenuto che Allevi è di sinistra. Lo schema di lettura del libro come un pamphlet contro le popstar di sinistra è riduttivo e parziale, come ho spiegato varie volte. I fili che si intrecciano e li collegano tra loro non riguardano solo e sempre la politica, ma il costume, la società, il modo di essere e di pensare degli italiani. Di più, credo che ogni capitolo possa essere letto a se stante, senza per forza costringerlo dentro la camicia di forza di una teoria generale e sistematica.
Ma per tornare alla politica, uno dei punti, credo, più interessanti, riguarda proprio la collocazione oscillante o incerta di queste popstar: vedi Petrini, vedi Corona. Vedi Saviano. Mi pare giusta la tua riflessione sul fatto che molte di queste popstar nascono a sinistra (o fanno di finta di nascere lì) e poi si spostano (magari provando a non dare troppo nell’occhio) verso altre posizioni. Altrettanto interessante mi sembra il discorso che provo a fare sul fatto che alcuni “valori” e “principi” oscillano pericolosamente tra destra e sinistra, vedi il culto della natura, la tradizione, l’ossessione identitaria, il primitivismo apocalittico. Io offro, o provo a farlo, elementi di riflessione. E, spesso lo vedo sottovalutato, offro anche molti elementi da cronista, di ricostruzione storico-biografica di questi personaggi. Raccontando le loro vite e i meccanismi della loro ascesa al successo credo che si capiscano molte cose. O perlomeno che vengano molti dubbi. A me piacciono i dubbi, mi piace mettere in crisi certezze consolidate, negli altri e in me stesso. Non è anche questo un modo di capire la realtà e di crescere?
Per finire, grazie ancora dell’analisi e delle critiche. Sono anch’io figlio di questa Italia e di questa sinistra, purtroppo o per fortuna, e non sono immune dai “vizi” che provo a denunciare. Tra i vizi che ho, non c’è quello di considerarmi infallibile o intoccabile o più puro degli altri.
Un saluto
Alessandro Trocino
Innanzitutto, grazie a Leonardo per aver letto il libro e per averlo recensito in modo molto più approfondito di molti quotidiani o riviste. Inutile dire che non sono d’accordo con molte delle critiche fatte. E inutile dire che io consiglio caldamente la lettura del libro...
Rispondo a qualche obiezione, in ordine sparso.
Non ho avuto fretta di scriverlo né di uscire: ho cominciato a pensarci e a scrivere il libro nel 2009, un paio d’anni prima di Vieni Via con me. L’uscita in quei giorni è stata casuale, anche perché programmata con largo anticipo.
Troppo buono con Saviano e Grillo? Molti dicono il contrario. In effetti ricevo critiche di segno diametralmente opposto: forse (dico forse) perché l’intento non era demolire né incensare, ma solo raccontare e, dove lo ritenevo necessario, decostruire e criticare.
L’accusa che mi rivolgete mi sorprende: retorica dell’apocalissi e nostalgia dei bei tempi andati? Oibò, pensavo di aver scritto un libro contro questi detestabili sentimenti. Ma può darsi che ci sia cascato anch’io, son sabbie mobili sempre dietro l’angolo.
Comunque. C’era un’età dell’oro? Non mi pare. Prima delle popstar moderne, scrivo nel passo citato c’era “l’intellettuale organico” e c’era “l’egemonia culturale della sinistra”. C’erano “i dibattiti autopoietici e i cineclub soporiferi”. C’era “la presunta superiorità morale”. Mi cito solo per far notare che queste parole non mi pare denotino una gran nostalgia del passato. Sentimento apocalittico? E perché? Perché dico che il ventennio berlusconiano ha modificato sensibilmente il nostro modo di vedere il mondo? Io ne sono convinto, il che non vuol dire che il nostro sguardo di venti o trent’anni fa fosse limpido o particolarmente da rimpiangere. Semplicemente è cambiato e decisamente non in meglio. Detto questo, come si evince da molti passaggi del libro, considero l’antiberlusconismo militante di molte di queste popstar un errore e un rifugio di comodo.
Altra critica ricorrente: le popstar della cultura sono sempre esistite, non c’è nulla di nuovo. Vedi Pasolini, Fallaci, Don Milani, Dario Fo, Enzo Biagi. Verissimo, chi ha detto il contrario? Io ho raccontato come ci sia stato, a mio parere un mutamento (antropologico, direbbe Pasolini) nelle caratteristiche delle popstar. Che ha a che fare con molti elementi, non da ultimo da un’industria culturale che è molto cambiata. Ci sono tratti comuni con le vecchie popstar? Eccome, le citazioni di Pasolini, ma anche di Terzani, ne sono un esempio. Gli intellettuali e artisti della cultura di massa citati sono solo un campione, che ho ritenuto significativo. Ma potevano essere molti altri.
2 “Fazio è il nuovo Baudo. E allora?”, ti chiedi. Con Fazio a Domenica In, sostieni, avremmo avuto “popstar” di qualità superiore ai De Crescenzo e ai Bevilacqua che ci ha propinato per anni il Pippone nazionalpopolare. Può darsi, anzi, sicuramente. Ma a parte che Fazio se ne sta nella sua riserva di sinistra (volente o nolente), il che cambia radicalmente il discorso, la sua melassa buonista e chiesastica fa del bene alla causa della crescita culturale del Paese? Non sempre e non completamente. Nel libro provo a spiegare il perché.
Meglio Pazienza di Gervaso? Beh, sfondi un portone spalancato. C’è da discuterne?
(Scrivi: “Perché saremmo convinti di vivere etc”…ah! Ma non mi accusavi di antiberlusconismo apocalittico al punto 1? A moi?)
(segue)
Porco Rosso
Insomma, innanzi tutto mi pare che il termine "popstar" viene mutuato dalla musica per dargli già una sfumatura peggiorativa di conformismo di massa, come se una folla che segue Saviano fosse uguale a quella di un concerto di Gigi d'Alessio.
Poi mi risulta che Dante e Verdi, per dire, siano stati piuttosto popolari ai loro tempi e chissà, se ci fosse stata la tivù avrebbero condotto "Radio Londra" il primo e il secondo sarebbe magari andato a Sanremo.
Mi pare che il problema se mai è che certe "popstar della cultura", accompagnate dalle ali del mezzo televisivo (che riesce a creare miti popolari persino da Nando GF11 o da Berlusconi) siano andate a riempire il vuoto lasciato dai politici "di sinistra" che non riescono più (e nemmeno aspirano) a dare un messaggio unificante di civiltà, di coraggio, di speranza e di esempio: sono loro, che hanno "ceduto di schianto". E allora gli intellettuali (quelli che campano di cervello e non di braccio, non necessariamente tutti Socrate) fanno da "cinghia di trasmissione" tra le masse e sé stessi, al punto che diventano oggetto di aspettative politiche (v. Grillo, appunto, ma anche Saviano che qualcuno addirittura aveva proposto come premier). O no?
Ritorno degli Pseudo-cripto-ebrei
25-06-2010, 15:28contro l'identità, cultura, lingue morte, religioniPermalinkBobby Wheelock: I feel different from everyone sometimes.
Dr. Josef Mengele: You are infinite different. Infinite superior. You are born of the noblest blood in the world.
Le persone vorrebbero avere radici. Questa è una cosa che non smette di stupirmi. Invece vedo che molti ormai la danno per scontata.
Allora adesso vi spiego cos'è scontato per me: queste radici, che le persone vorrebbero avere, in realtà non esistono. Le persone non hanno mai avuto radici, e mai le avranno. Hanno i piedi, per spostarsi. Sembra banale, evidentemente non lo è. Il discorso delle “radici” è una vecchia metafora. Quanto vecchia? C'è già nella Bibbia. È una metafora efficace e condivisa. Però resta una metafora. Finché ci serve a capire un concetto, bene. Se comincia a ostruire la via dei ragionamenti, è il momento di farla fuori.
Perché appendiamo i crocefissi alle pareti delle scuole? A cosa servono, concretamente? I ragazzi diventano più cristiani? Non sembra. L'occhio di Dio vi si posa più volentieri? Eh, sostenerlo sarebbe idolatria. E allora? È per via delle radici. Alt. Di cosa stiamo parlando?
Perché ci scandalizziamo se alla maturità viene proposto un tema su Mussolini o sulla vita extraterrestre, e troviamo normalissimo che si traduca ancora un pezzettino di Greco antico? Perché insistiamo a privilegiare nelle scuole l'insegnamento delle lingue classiche rispetto alle lingue vive e alle materie scientifiche? È quello che abbiamo fatto, da Gentile fino alla Gelmini. Con risultati che oggi appaiono scarsi. E allora perché insistiamo? Per via delle radici. Alt.
Sono senz'altro una persona strana, ma ogni volta che sento parlare di radici mi vengono in mente gli pseudo-cripto-ebrei del Nuovo Messico. Li scoprii grazie a un vecchio pezzo di Marco D'Eramo sul Manifesto. La storia è un po' complicata, ma in tre righe si tratta di questo: negli anni Ottanta uno storico di origini ebraiche si trasferì a Santa Fé, New Mexico. Qui, senza nemmeno mettersi a cercarle, s'imbatté in una serie di testimonianze che lo convinsero che diverse famiglie del posto erano di origine ebraica sefardita. Probabilmente si trattava di criptoebrei (ebrei che fingevano di essersi convertiti) scappati dall'Inquisizione spagnola ai tempi in cui il Nuovo Messico era la più lontana terra a disposizione, che poi erano restati lì, evitando di mescolarsi troppo coi locali e mantenendo alcune usanze (il sabato, l'astinenza dal maiale). E così nel giro di pochi anni un certo numero di newmexicani si convinsero di essere di origine ebraica, e in molti casi decisero di riprendere le usanze di cui genitori e nonni conservavano soltanto un labilissimo ricordo: si circoncisero, si misero a leggere la Torah, andarono a Gerusalemme in pellegrinaggio... qualche anno dopo passò un altro studioso: guardò meglio e smentì tutto quanto. Non c'erano mai stati tutti questi criptoebrei in New Mexico: non c'era motivo per cui avrebbero dovuto scegliere un luogo lontano dai traffici commerciali, e tutt'altro che snobbato dall'Inquisizione.
E il Sabato? Il maiale? I nomi biblici? Le stelle di David sulle tombe? Quel che restava di una setta protestante che si era infiltrata nel New Mexico nell'Ottocento. Tutto chiaro? No, perché i discendenti degli pseudocriptoebrei si erano convinti di essere ebrei, e riconvertirsi è sempre più difficile. Scoppiò una lunga diatriba, che continua tuttora. Io ogni tanto sono così folle da dare un'occhiata su google. L'ultima cosa interessante che ho trovato è questo articolo, che in sostanza rifiuta di porsi il problema centrale: forse non sapremo mai se i criptoebrei siano mai stati in New Mexico. A questo punto per l'articolista la cosa interessante diventa capire come mai l'ipotesi criptoebraica piace più delle altre: come mai molti abitanti del New Mexico hanno deciso di diventare ebrei appena uno studioso gli ha fatto intravedere la traccia di una radice. Nell'articolo si suggerisce tra l'altro che l'ipotesi criptoebraica 'funzioni' perché si appoggia su una struttura dell'immaginario tutta novecentesca: l'olocausto. Non importa che il paragone tra Inquisizione spagnola e nazismo sia stato smontato dagli storici: i criptoebrei piacciono più dei protestanti perché sono un esempio di ebrei scampati a una persecuzione.
A osservarla dall'alto la cosa rimane buffa: convertirsi all'ebraismo perché forse il tuo bisnonno lo era. Il problema è che noi appendiamo croci e studiamo (fingiamo di studiare) Platone per lo stesso motivo: radici. Questa idea per cui i nostri bisnonni, che da tempo sono cenere e fango, comunque esistono. Comunque ci appartengono. Se fossero vivi probabilmente non riuscirebbero a capirci, né noi capiremmo loro: non importa, abbiamo qualcosa in comune. Ma allora delle due l'una: o si ammette di credete in una qualche forma di trasmigrazione o metempsicosi o aldilà, oppure questo è uno dei classici casi in cui le metafore ci hanno dato alla testa. I nostri bisnonni non esistono più. Quello in cui loro hanno creduto non è poi così rilevante. Un po' di dna, nemmeno tanto.
Eppure ci avvinghiamo a loro. Soprattutto quando diventa evidente che non ci assomigliano nemmeno (Platone, Socrate, Gesù Cristo): meno cose abbiamo in comune, meglio è. Siamo tutti così, specie a una certa età. Ci crediamo tutti diversi, speciali. Aspettiamo tutti che arrivi il profeta o lo studioso che ci dimostri quello che oscuramente intuiamo già: siamo i discendenti di un popolo eletto. Abbiamo un sangue diverso. Siamo di una nobile stirpe. A quel punto molti di noi si ritrovano iscritti a un classico. E si avvinghiano a quel che trovano: Platone, Livio, Orazio. Se dessimo loro per cinque anni soltanto Pinocchio, si attaccherebbero a Pinocchio. Diventerebbero studiosi collodiani appassionati e cerebrali. Citerebbero il sacro testo a memoria, appenderebbero alle pareti icone della Fata Turchina, crederebbero nella resurrezione dei morti perché Pinocchio è pur tornato dalla balena, saluterebbero nei rari interventi del Grillo Parlante la base della sapienza occidentale. Sognerebbero un aldilà dove non saremmo più burattini di legno, ma bambini perbene di vera carne e vero sangue. Si può spremere una radice da qualsiasi cosa.
Ho scritto che la metafora delle radici ha origine nella Bibbia. Il profeta Isaia nel secondo Libro dei Re consola il re Ezechia, che teme il massacro del suo popolo da parte degli Assiri: il massacro magari ci sarà, ma “il rimanente della casa di Giuda che sarà scampato, metterà ancora radici in basso e porterà frutto in alto” (2 Re 19,30). Le radici – se proprio vogliamo parlar metaforico – crescono verso il basso. Tremila anni fa Isaia aveva già capito qualcosa che non ci entra in testa: noi non veniamo dopo le nostre radici o a causa delle nostre radici: le radici sono roba nostra, che spingiamo verso il basso, alla ricerca di nutrimento. Siamo liberi di spingerle dove vogliamo: di sentirci ebrei o protestanti o antichi Greci. Fuor di metafora: siamo liberi di scegliere e coltivare il passato che vogliamo. I bisnonni non hanno nessuna autorità su di noi. Ma i loro spettri, è evidente, mettono ancora molta soggezione.
Ci sono un paio di vicende storiche che potrebbero smentire non il testo di Marco d'Eramo, ma la tua interpretazione. Vedro' di parlarne quanto prima
Che bello, il tuo blog! Ci sono tante cose sugli ebrei e le loro vittime!
Barbara
Le radici (= il padre) non devono essere un impedimento alla propria realizzazione ed a quella degli altri (= il regno di Dio).
Pika
Puoi dire che tuo nonno è un esempio di vita. Ma se tuo nonno fosse stato un aguzzino nazista saresti comunque libera di rinnegarlo e attingere dall'esempio del nonno antifascista di qualcun altro. Sei libera di metter radici dove ti va.
Barbara
Se il mito è necessario per rinsaldare le “comunità” in modo che non virino in banali gruppi di lavoro, occorre mantenere in evidenza che esso è solamente un artifizio identitario strumentale per un (positivo) controllo sociale. E' un buon modo per tenere presente che esso, in quanto mito artificioso è totalmente umano e pertanto, come qualsivoglia attrezzo o strumento, è soggetto nel tempo ad ossidazione e degradadazione. Insomma può diventare tossico e pericoloso. La mummificazione del mito è pertanto sconsigliabile. Nei casi in cui detta mummificazione viene praticata il mito perde la sua funzione di rinsaldamento della “comunità” ed acquisisce quella (negativa) di instrumentum regni. Gli animali, più prosaicamente, fanno qualcosa di simile marcando il territorio con le proprie urine.
Roberto.
Se le radici che hanno permesso di sopravvivere a uno tzunami devono far morire a causa della siccità cosi sia. Personalmente non credo che sia possibile senza un intervento "umano" che provochi la siccità, come del resto vediamo succedere nel mondo secondo modalità che possono essere anche molto differenti: andiamo infatti dalla privatizzazione dell'acqua che avviene in alcuni angoli del mediterraneo alla pura e semplice chiusura dei rubinetti che succede in altri angoli dello stesso mediterraneo. E sia.
Non conosco le discipline che si studiano alla facoltà di medicina nè tanto meno il programma di studi scelto dal tuo amico israeliano in Italia, so' pero' che le scuole di medicina (leggi filosofie) sono estremamente diverse da Paese a Paese e che si và da scuole che mettono il paziente nella sua totalità di essere umano al centro delle cure fino a quelle in cui l'essere umano perde del tutto questa sua qualifica nel momento in cui diventa un paziente (in entrambi i casi che sia per un raffreddore o un tumore cerebrale all'ultimo stadio): tra questi due estremi una possibilità notevole di casi differenziati e differenti. Nella sua carriera di medico, dovunque la svolga, si troverà, di volta in volta, di fronte alla necessità di scegliere da che parte stare. Quando questa necessità non sarà più accompagnata da ragioni altre che la condizione umana comporta, e quel momento arriverà anche per lui, scoprirà le Sue radici.
Che possiamo tutti noi continuare a sorridere alle stelle
Ogni società ha un mito delle proprie origini, e chiunque voglia costituire una società deve creare un mito delle origini che funzioni (lo sapevano i romani, con il mito di Enea, lo sapevano gli ebrei, con il mito di Abramo, lo sanno i leghisti, con il mito dei celti e di Alberto da Giussano). Poi c'è questo fatto - che fa anche parte del come siamo costruiti - dell'efficacia della parola, per cui parlare di una cosa significa far esistere quella cosa stessa, e quindi parlare dei nostri bisnonni (che mi pare una cosa giusta e nobile, oltre che inevitabile) significa continuare a vivere con le loro immagini, o con i loro idoli, o con i loro fantasmi, a seconda del punto di vista che si preferisce.
Però è vero che le radici, danno sì nutrimento, ma ancorano anche al suolo. E penso che in Italia le radici siano particolarmente ingombranti. Siamo abituati che chiunque debba fare un'esposizione su qualsiasi argomento, dalla legge elettorale alle olive all'ascolana, inizia con una pallosissima introduzione storica ("l'olea europea sativa era conosciuta anche in epoca romana; l’invenzione delle olive ripiene e fritte si data intorno al 1800..." zzz zzz ronf). Un mio amico israeliano venuto a studiare medicina in italia mi diceva "non capisco perchè quando all'università ti insegnano l'anestesia partono sempre da Ippocrate. Quando addormento un paziente non mi interessa sentirmi parte di un'eredità storica che affonda le radici nell'antichità classica, voglio solo sapere come fare esattamente che il paziente resti privo di conoscenza per quanto serve e si risvegli al momento giusto senza conseguenze".
Liberarsi delle radici non credo si possa. Sarebbe bello riuscire a gestirsele queste radici in modo da cercare nutrimento dove c'è e far crescere vigorosa la pianta, e non continaure a gonfiarle dove ormai di acqua ce n'è poca con il rischio di far seccare tutto.
Vi è una tale confusione tra natura ed educazione, tra radici genetiche, culturali ricevuta durante l'infanzia, acquisite ed immaginario collettivo.
Io vi consiglio di dare una scorsa almeno a questo
http://www.amazon.com/Agile-Gene-Nature-Turns-Nurture/dp/006000679X#noop
e poi tornare qui con la mente aperta.
Andrea
"Il problema, caro Leonardo, stà nel fatto che noialtri ci dobbiamo fare forzatamente le canne cattoliche in ogni ambito di questa nostra penisola." In questa frase, elimina tutto a partire dall'aggettivo cattoliche, ed è un commento secondo me perfetto.
Sono senz'altro d'accordo con Vincenzo Cucinotta
Roberto Cesari
Non so perchè credi che io sia arrabbiato, ma questo non è l'aspetto importante. Nel secondo intervento, io chiarisco quale sia il punto di polemica con Leonardo, e mi pare che si tratti di una questione fondamentale, assai di più direi delle questioni del garantire o no le radici.
Leonardo sostiene che noi non abbaimo radici ma gambe. Dal punto di vista anatomico, sarebbe difficile dargli torto. Si direbbe però che noi abitiamo oltre che in un universo fisico, in un universo simbolico, e l'universo simbolico in cui ci ritroviamo non ce lo siamo certo scelti da noi. Questo universo simbolico che c'hanno tramandato inevitabilmente determina le scelte della nostra vita, il che implica, e non mi pare cosa di poco conto, che l'ipotesi liberale che noi siamo esseri liberi e razionali non ha fondamento alcuno, è una gigantesca bufala che ci portiamo dietro e che sta trascinando l'umanità verso il baratro. La cronaca politica quotidiana ci mostra come un patetico buffone che controlla tanta parte del mondo mediatico sia in grado di suscitare consensi in un pubblico istupidito, convintissimo per altro di scegliere tutto nella propria vita e in particolare di votare il buffone di cui dicevo prima. Per argomentare insomma che le radici non vanno difese non mi pare una saggia scelta negarne perfino l'esistenza, tutto qua.
Ciao
"la questione toccata da Leonardo è la retorica conservatrice delle radici. Suggerire infatti che è importante conoscere il passato, anche per liberarsene. Invece siamo vittime della coazione a ripetere." Non potrei essere più d'accordo (purtroppo per noi tutti)
p.s. A Gabriele: davvero le minoranze sono tutelate purchè esistano? Con questo criterio sono tutelati anche i gorilla nello zoo.
(E poi che senso avrebbe tutelare una minoranza se non esiste?)
Il crocifisso non va tolto perchè rende cristiani, ma perchè è la bandierina di una tribù appiccicata allo Stato. Credo che si equivochi troppo spesso tra lo Stato e la Nazione. Lo Stato è un artificio umano, esiste per garantire i diritti dell'uomo. Ogni funzione aggiuntiva è una perversione dello Stato ed un abuso del suo potere; lo Stato non è tenuto a rappresentare alcun gruppo di esseri umani in particolare; per questo non è e non può essere cristiano, ma neppure italiano.
E' come se il presidente fosse tenuto ad indossare la maglia della Juventus: e questo anche se non rende nessuno più juventino di prima.
A parte il fatto che qui si è ampiamente dibattuto sul crocifisso nelle aule, credo che i dubbi di costituzionalità su una norma riguardino solo la norma e la Costituzione, e non i ragionamenti sugli effetti pratici finali della norma stessa (uso? costume? abitudine? radice? boh).
Quanto al plagio, forse il fatto che secondo te la MAGGIORANZA VUOLE il crocifisso lì, be', magari vuol dire che ha funzionato, e anche bene. Al punto che più che di toccare una radice pare di toccare un nervo (dentale) scoperto.
Credo che la libertà culturale che rivendica Leonardo sia riservata alle menti curiose, aperte ed analitiche. E se l'esempio che fa nel penultimo paragrafo ricorda un po' il mito della caverna, proprio il curioso episodio dei crypto-ebrei messicani ricorda che non conta solo ciò che viene insegnato dall'infanzia, ma anche quello che si incontra casualmente poi.
Evidentemente non sempre le radici che ti ritrovi ti stanno bene: magari non sono abbastanza profonde, o magari non sono abbastanza nobili per il nostro ego alla ricerca di una rivelazione che ci consegni spada, scudo, pedigree e una mappa con una bella X sopra.
In fondo è la vita che spaventa; la sua inutilità, la sua corsa verso la morte. Gesù, mica siamo tutti Spinoza.
Le radici danno forse un senso alla vita, ci rimettono in un posticino tra qualcosa che non c'è più e qualcosa che sarà, ci rassicurano e ci affiancano ai modelli che abbiamo scelto o che ci hanno imposto. E possono spingerci a cose orribili, all'odio, all'intolleranza. Ma possono anche essere molto comode, se sei un politico con poche idee e molta faccia a culo o anche un crypto-furbacchione in cerca di una cricca.
Alla fine, le radici sono l'opposto di quello che sembrano: sono stratagemmi superficiali. E certo, vanno difese: soprattutto perché, a scavarci sotto, rivelano sempre cose un po' imbarazzanti.
Il problema è insito nei paradossi del linguaggio, ma svela la mancanza di coerenza tra questo ragionamento e il reale.
E' possibile pensare che qualcuno scelga liberamente solmanete quando deve scegliere qualcosa che non sono i CRITERI stessi della scelta.
Per decidere questi non c'era ancora alcun criterio. Questi sono il frutto della storia che comunemene si chiama RADICE.
Oggi il crocifisso stà appeso perchè è CONDIVISO dal popolo italiano per i più svariati motivi e la maggioranza VUOLE che sia legge.
La democrazia garanteisce le minoranze con attraverso la costituzione. E' anticostituzionale?
Bisognerebbe provare allora che il crocifisso appeso negli ultimo 50 anni ha generato una nazione unicamente credente e cattolica. Così non è (vd. UAAR).
Quindi lo vuole la MAGGIORANZA e gli ultimi 50 anni di storia provano che non c'è plagio psicologico, quindi NON è ANTICOSTITUZIONALE!
Dubitare dell'ovvio non necessariamente porta a smentire l'ovvio.
Il punto per me davvero importante è il negare che ci scegliamo ciò che vogliamo, come diceva leonardo. Ciò è assolutamente falso secondo me, perchè questa libertà così tanto predicata e data per scontata non esiste proprio, e noi siamo piuttosto degli esseri assolutamente condizionabili, in sostanza estremamente conformisti.
Per favore, ci vuole veramente poco, ma poco poco, ma poco, poco, poco.
Un briciolo di attenzione e hai fatto diventare la seconda confessione cristiana al mondo, un branco di satanisti, criptocosi, per di più!
il cristianesimo si divide in tre grandi CONFESSIONI (cattolici, protestanti, ortodossi) e in mille mila DENOMINAZIONI (nome principalmente protestante ma usabile anche in ambito cattolico, tipo le chiese di rito orientale).
Setta è un termine derogatorio che fa subito pensare male.
Sarebbe bello che non si usasse...
Grazie.
Stando così le cose, sembra esserci qualcosa tipico di certi personaggi coeniani (nel senso dei fratelli Coen) nella ricerca scapestrata e grottesca della propria identità.
Forse un po' ci si può ridere sopra.
Ma guarda, e` lineare. I nostri numeri, e tutta la matematica che ne consegue, sono di origine araba, lo sanno anche i sassi. Dobbiamo studiare arabo? E i cinesi? Quanto abbiamo preso da quella cultura negli ultimi 1000 anni? Anche il cinese. Evvvaiiii...
Il "ragionamento del tutto sbagliato" e` solo un modo complicato per dire che le radici altro non sono che una questione di comodo. Punto.
Poi ci sono i furbetti, come spero tu non sia. Insomma, questi furbetti giocano sporco e trasformano, fra le righe, radici in storia. E solo un "pazzo" negherebbe la storia. Quindi, tu che neghi la storia sei un "pazzo". E` un sistema fantastico per aver ragione. Devo dire che oggi pero` mi rode questo uso "furbo" della logica.
Un po' piu` di logica (e magari statistica, cosi` la piantiamo di giocare al l8) a scuola non guasterebbe.
Pronti. Via. A casa.
Ho una teoria #5
11-01-2010, 16:13contro l'identità, cultura, ho una teoria, migrantiPermalinkdi Leonardo Tondelli - Rassegnamoci: è passata anche la Befana, e ha spazzato via le feste. Mentre mettiamo via gli addobbi e le statuine del presepe, ci resta una consolazione: anche quest'anno, abbiamo fatto quello che potevamo fare per salvare la nostra civiltà. Ma sarà bastato?
Poche tradizioni natalizie ci sono care come il presepe. Forse perché ci fa tornare bambini, ai tempi meravigliosi in cui tutto era nuovo, e mamma e papà ci aiutavano a collocare Bue e Asinello accanto alla mangiatoia. Ora magari tocca a noi insegnarlo ai nostri figli, ed è una cosa che scalda il cuore. In più, è anche una delle poche tradizioni che possa vantare un pedigree 100% italiano. Non importa che la scena sia ambientata in Palestina e i protagonisti siano medio-orientali: qualcuno può avere inventato gli spaghetti prima di noi, e magari innalzato una torre più pendente della nostra, ma il presepe è sicuramente nato in Italia, nel secolo XIII. Lo dicono gli storici, e guai a chi ce lo tocca.
Negli ultimi anni però – anche a causa di questa origine doc – il presepe è diventato qualcosa di più di una bella tradizione: addirittura il simbolo di una civiltà che appare più in pericolo, assediata com'è da minacciosi stranieri. Fanno sempre più rumore gli istituti scolastici in cui qualche insegnante o preside decide di lasciar perdere Bue, Asinello e mangiatoia. Queste scuole non è che siano poi tante; e forse avrebbero altri problemi di cui varrebbe la pena di parlare (organici insufficienti, aule non a norma, le solite cose)... però è un presepe mancato che rischia di mandarle in prima pagina.
A lamentarsi per i presepi mancati non sono più quattro leghisti al bar, ma uomini di cultura: opinionisti prestigiosi, come Angelo Panebianco. Vale la pena di segnalare il suo coraggioso atto di accusa, comparso sul Corriere della Sera giovedì. A poche ore dallo scoppio della rivolta di Rosarno, con chi se la prendeva Panebianco? Con la malavita organizzata che sfrutta i braccianti? Con gli abitanti locali che tirano ai “negri” con fucili ad aria compressa? Col racket dell'immigrazione clandestina? No: con quegli educatori (“diseducatori” preferisce chiamarli) che non fanno più il presepe a scuola. Proprio così. I “futuri, probabilmente feroci scontri di civiltà” che ci attendono, non scoppieranno a causa dello sfruttamento della manodopera immigrata, vecchia causa demodé. Non perché, per tener bassi i prezzi di arance e pomodori, abbiamo fatto dormire i braccianti in baracche infestate dai topi, pagandoli venti euro per quattordici ore di lavoro quotidiano. No: gli scontri esploderanno perché siamo stati troppo tolleranti, come dice il ministro Maroni. Non abbiamo insegnato ai loro figli a mettere Bue e Asinello ai fianchi della mangiatoia. Naturale che poi crescano sprezzanti verso la nostra civiltà.
Colpa degli educatori, dunque? Sì, ma non soltanto. Panebianco non si tira indietro, e nel suo atto di accusa include anche quelli che il presepe lo hanno inventato: i religiosi. E che invece di difenderlo a spada tratta si sono dati all'accoglienza. Questi preti, lamenta Panebianco, “troppo accoglienti”, contagiati dal morbo del politicamente corretto... In effetti che razza di cristiani sono questi che invece di preoccuparsi di collocare correttamente il Bue e l'Asinello si sono messi in testa di sfamare gli affamati, soccorrere i bisognosi, alloggiare gli sfitti?
Cristiani che seguono il Vangelo, potremmo rispondergli. Un libro più citato che letto (come tutti i libri, del resto, in Italia). Anche per questo motivo, ottocento anni fa, un geniale religioso ebbe l'idea di trasformare una pagina di Vangelo in una rappresentazione vivente: affinché fosse comprensibile per quegli analfabeti che allora erano la stragrande maggioranza (e oggi dovrebbero essere un po' meno). Era una pagina che raccontava di una famiglia costretta a un viaggio difficile e a un alloggio di fortuna: ma proprio in quella famiglia, e in quelle condizioni così disagevoli, Dio sceglieva di farsi vivo. Di incarnarsi, in un bambino deposto in una mangiatoia, o praesepe. Da quella rappresentazione sacra, concepita nel 1223 da Francesco d'Assisi, deriva il nostro presepe: sì, proprio quello da cui, secondo Panebianco, dipende il futuro della nostra cultura. Prima di essere una tradizione, era una lezione sull'ospitalità: sulla possibilità di trovare Dio nelle persone più umili, nelle condizioni più difficili. Può darsi che l'ospitalità dei religiosi non sia la risposta più razionale al problema: del resto non è ai religiosi che si chiedono le risposte razionali. Da loro si pretende che mettano in pratica il Vangelo: proprio a partire da quella pagina famosa che ispirò il Presepe. O no?
Ho una teoria. A Panebianco il presepe non interessa in quanto pagina di Vangelo, lezione sull'ospitalità, eccetera. Quello che lui riesce a vedere del presepe è la stessa superficie che ci ammaliava da bambini: le statuette dipinte, il Bue, l'Asinello. Che dietro alle statuette ci fossero degli insegnamenti da mettere in pratica è cosa che probabilmente da bambino gli è sfuggita – e adesso è un po' tardi. Ottocento anni fa il presepe era un'innovazione, un modo di trasformare una pagina illeggibile in una scena reale, visibile, realizzabile. Ottocento anni dopo a Panebianco il Presepe interessa solo in quanto tradizione, statuetta dipinta, guscio vuoto che non spiega più niente a nessuno, perché rimanda solo a sé stesso. E bisogna averne di cose vuote in testa, per vedere le baracche di Rosarno e di non accorgersi di quel che sono: presepi viventi, in mezzo a noi. Che frigniamo, però, se ci toccano le statuette dipinte.
Graven by a fool!
21-08-2009, 03:20anglistica, autoreferenziali, coccodrilli, cultura, leggerePermalink
Un buon motivo per morire in agosto è che non succede molto altro e c'è più spazio sui giornali per celebrarti – non importa che i giornalisti siano in ferie, basta recuperare i coccodrilli, aggiornare le date... detto questo, forse sulla prima pagina di Repubblica di mercoledì 19 agosto Fernanda Pivano si sarebbe meritata un titolo più in alto: d'accordo, non sopra le elezioni afgane, e forse nemmeno al livello degli shorts di Mrs Obama. Sicuramente più in alto del burkini di Verona, ma cosi è la vita. No, la morte.
Quello che però trovo davvero discutibile – nel senso di meritevole di una discussione, non necessariamente polemica – è il titolo: È morta la Pivano ci regalò Spoon River. Più in piccolo: La scrittrice aveva 92 anni scoprì la beat-generation. Le epigrafi sono sempre insoddisfacenti, si sa; ma questa mi ha sinceramente incuriosito al punto che aprirei un dibattito. Ovvero: dovendo riassumere in una misera frasetta la carriera di un'intellettuale che ha scoperto e tradotto la fetta più consistente di letteratura americana del '900, da Hemingway a Scott Fitzgerald a Pound su fino a Kerouac e Dylan, e ancora su, su, su fino a Bukowski o McInerney, voi scegliereste proprio quel vecchio tetro libro di versi sciolti, Spoon River? Non Addio alle armi? Nemmeno Tenera è la notte? No, ma neanche Sulla strada? Ah, ipocriti lettori.
Miei simili, fratelli. Giù la maschera: voi non avete veramente letto Allen Ginsberg, e neanch'io. Nessuno che io sappia ha mai seriamente affrontato Corso e Ferlinghetti, sempre citati uno dopo l'altro col rischio di confonderli prima o poi con quei due anarchici finiti sulla sedia. I veri poeti beat sono sempre stati più tradotti che letti, come tutti i poeti del resto. Persino Dylan: non ne trovi poi così tanti che si pongano il problema (cruciale) di cosa stia cantando Dylan. Ma Hemingway o Kerouac li abbiamo letti tutti. Anche troppo. E troppo presto, sicuramente. Ora mi chiedo: Spoon River regge il confronto? Non dico in termini di valore, per carità, ma di ricezione del pubblico. Hemingway lo riconoscono tutti: quanti di voi hanno riconosciuto Edgard Lee Masters nella fotina qua sopra? E il suo libro, tradotto di nascosto da una liceale nel '43, scoperto in un cassetto dal suo insegnante, il prof. Pavese, e prontamente spedito alla Giulio Einaudi Editore: il suo libro, quanti lo avranno in casa? E di questi, quanti avranno provato a leggerlo?
Io in questo caso non faccio testo. Il mio Spoon River è qui, davanti a me. È sopravvissuto a tre traslochi, ma non è invecchiato nella maniera dignitosa dei libri degli adulti. Per fare un esempio, lungo il taglio delle pagine c'è una macchia... arancione. Un pennarello carioca. La dedica a pagina 3 mi conferma quello a cui fatico a credere: è un regalo della mamma, per il mio dodicesimo compleanno. Edizione col testo a fronte, così avrei migliorato il mio inglese. Mamma, e poi lamentati. Hai rischiarato la mia preadolescenza coi fuochi fatui del libro più sepolcrale mai scritto – 244 poesie, 248 morti, ogni volta che giri una pagina crepa almeno un personaggio, mi chiesi spesso perché non ne avessero tratto un film. Già, perché? Una trama così irresistibile. Frank Drummer vuole imparare l'Enciclopedia a memoria, ma muore. Washington McNeely siede sotto il cedro finché muore. Cassius Hueffer muore e gli sbagliano l'epitaffio – beh, forse un film no, ma una miniserie...
Si veniva su così, in provincia, appoggiandosi a quello che si trovava in giro, senza preoccuparsi più di tanto se era o no adatto a noi – l'importante era che fosse cultura, roba seria: e poi col tempo saremmo diventati seri anche noi. Quando, mesi dopo, fondai con mio cugino la mia prima band, l'idea di scrivere testi in inglese era parzialmente minata dalla quasi totale incapacità di formulare concetti più complessi di La Penna È Sulla Tavola. Ricordo quindi intense sessioni creative davanti al Garzanti tascabile e all'Antologia di Spoon River. I morti di Spoon mi insegnarono come si coniugano i tempi al passato e al futuro. E mentre cercavo “la poesia di quello che dice Una serpe ha fatto il nido nel mio cuore” per copiare di pacca il sintagma, mi rileggevo i duecento destini tristi di questi americani qualunque che nemmeno sapevo di che secolo fossero, senz'altro un secolo in bianco e nero, ma a parte questo non era difficile immaginarli sotto le pagliette e nei fustagni dei miei nonni, gente qualunque che si lascia morire in un paesino di provincia. La macchia di pennarello data senz'altro da quel periodo.
Oggi non saprei se consigliare a qualcuno l'antologia di Spoon River. A qualcuno, intendo, che non sia un dodicenne un po' fuori dal mondo disposto a mandar giù un volume di duecento pagine e duecento e più morti, dando per scontato che ne capirà il venti per cento, e quel venti per cento non se lo scorderà per tutto il resto della vita. Ci si formava con quel che si trovava in giro, la roba dimenticata sulle mensole dei genitori, centinaia di pagine buttate giù di nascosto sperando in qualche scena di sesso ogni tanto.
Quante volte poi mi sono detto: Hai tessuto il tuo sudario! Io sedevo sotto il cedro! E perché mi torturi coi fogli e coi piccoli appunti? Vidi che anch'io ero una buona macchina che la vita non aveva adoperato. Tutto questo, ci tengo a dirlo, non è merito mio. Io cos'ero a dodici anni, se non una macchinetta, non molto più complessa del mio registratorino panasonic col tasto rec arancione. Pronto a ingozzarmi di qualsiasi cosa mi spacciassero per Cultura e Poesia, per Vita e per Morte – potenzialmente, un bimbominchia. Nel senso che se dall'altra parte del meccanismo ci fossero stati i manga, o Harry Potter, o Twilight, avrei buttato giù quintalate di manga, HP, Twilight.
Ma dall'altra parte del meccanismo c'era ancora gente come Fernanda Pivano. In senso lato, c'era l'Einaudi. Una specie di grande famiglia di gente coltissima, ma a portata di edicola, che si interessava di te da quando nascevi. Cominciavano con Gianni Rodari, proseguivano con le antologie scolastiche curate da Calvino. Tu a nove anni chiedevi alla nonna per regalo Huckleberry Finn, perché avevi visto il cartone in tv, e lei ubbidiente sotto l'albero di Natale ti faceva trovare uno Struzzo Einaudi con una prefazione tostissima in cui si parlava di Bildungsroman e si seminavano interrogativi velenosi (se lo schiavo Jim vuole la libertà, perché non attraversa semplicemente il Mississippi, invece di andare sempre più a sud?) Qualche anno dopo un prof di musica ti prestava dischi di Dylan e per capirci qualcosa, a chi dovevi riferirti? Alla Pivano: come ritrovare in un negozio di dischi una vecchia zia che fino a quel momento avevi incrociato soltanto al cimitero. Di questo passo arrivavi alle superiori non dico con una cultura, ma con un'idea di cosa la cultura fosse: libri e autori che dialogano tra loro – il più delle volte è un dialogo tra sordi, come i morti di Spoon River, ma in mezzo ci siamo noi, siamo noi che portiamo i messaggi tra un sordo e l'altro, noi che vorremmo urlare al reverendo Wiley che si è sbagliato, che non doveva affatto “salvare i Bliss dal divorzio”. Preachers and judges! Non sanno niente della vita, a dodici anni era già chiaro. Perché un preadolescente non dovrebbe capirlo? E' la vita, è la morte: non sono mica concetti complessi.
Più tardi ci sarebbe stata l'età della ribellione, e il suo Kerouac; l'età di farsi una cultura sul serio coi suoi Hemingway e i suoi Scott Fitzgerald; e così via. Ma quella è adolescenza, faccio fatica a riconoscerla e persino a ricordarla. Forse davvero gli unici libri sono quelli che mandiamo giù fino a tredici anni, senza capirli. Uomini e donne di domani, vi porterete con voi Harry Potter per tutta la vita. Speriamo che vi faccia bene.
Io rimpiango la Pivano, non da ieri: non per nostalgia; oppure sì, per nostalgia, ma certo non di Ginsberg e dei suoi mantra. Nostalgia di un progetto culturale che oggi, a riassumerlo, suona pura eresia: siccome gli italiani leggono poco, facciamogli leggere soltanto cose di assoluta qualità. A tutte le età. E vediamo cosa succede. Ok, non è successo un granché. Ma io ho letto Spoon River, tradotto da Fernanda Pivano. Non è escluso che abbia fatto di me una persona migliore.
Nel mio caso allora sono state le versioni per bambini, antologizzate, di Promessi Sposi e Divina Commedia (ma ho letto solo l'inferno, il resto mi annoiava).
Rodari, Edgar Allan Poe e "Il Ritratto di Dorian Gray".
Cambiò la mia vita, volevo fare come Dorian e averne una copia dalla copertina diversa perchè i volumi si abbinassero a tutti i miei vestiti.
Quando il mio fidanzato mi lasciò, lo chiamai Il Principe Gentile.
Però non sono un'edonista.
Non del tutto.
Sono solo una che si sta laureando in letteratura contemporanea, e alla quale Fernanda, quando è mancata, ha dato un certo piccolo ma persistente dolore.
Lo penso anch'io. E sottoscriverei anche tutto il resto. Forse, mi spingerei oltre i tredici. A quindici anni io lessi quegli "unici libri". E non saprei dire che li ho capiti. Può darsi che loro abbiano capito me, ma - il punto è - chissà perché, hanno lasciato tanti e tali segni quanto un Harry Potter qualsiasi non può certo lasciare.
Regina
La dama del lago
Se la memoria non gioca brutti scherzi tutto è cominciato con Sulla Strada, comprato a un prezzo ridicolo nell'edizione "Miti Mondadori". Credo che il mio amore per l'America sia cominciato così. Fernanda è arrivata subito dopo, Spoon river dopo qualche anno, insieme a De Andrè.
Tutti questi ricordi stanno attutendo il dolore, sento questa perdita come se si fosse rotto qualcosa, come se una fase della mia vita fosse davvero conclusa. Sono forse diventata grande?
Avessi potuto fare io il titolo in questione, avrei scritto: "Ci ha regalato la grande letteratura americana", ma è lungo, lunghissimo, non regge il confronto con "Spoon River", che come ha scritto qualcun altro fa tanto De Andrè (a proposito: Faber, Nanda, ma non ti danno fastidio questi soprannomi che tutti usano come se fossero sempre stati amiconi dei personaggi in questione? Per me sono sempre stati De André e la Pivano, punto).
Poi, sì, da buon provinciale anch'io mi sono succhiato tutti i beat, Ginsberg compreso (che mi vado periodicamente a rileggere, almeno quello del Giubòx all'idrogeno), e mi ascolto pure le nuove uscite di Dylan. Non credo comunque che la Pivano e l'Enaudi stati i soli a coltivare quel disegno di inculturazione degli italiani attraverso la letteratura: gli Oscar Mondadori fecero altrettanto (è in questa collana che vennero alla luce, tra l'altro, "Il vecchio e il mare" e "Addio alle armi", ma anche altri classici che ci cambiarono la vita, come "La nausea" di Sartre, che è ben più inquietante di Spoon River e delle sue epigrafi, specie se letto a 13 anni). Quello che conta, comunque,è che all'epoca c'era un disegno. Era l'Italia democristianona, che censurava le gambe delle Kessler. Ma al popolo si proponevano Hemingway e Sartre, in edizione economica. E, sì: anch'io penso che quelle letture ci abbiano fatti migliori. Forse più incasinati dei tronisti di oggi, forse meno capaci di goderci la vita di Noemi Letizia (mi pare si chiami così, no?). Però, vuoi mettere?
Serepta Mason è quella che mi viene in mente sempre.
Mi fa pensare al mio disperato cugino che amo più di un fratello e che pare il mio doppio al maschile..solo che io non ho avuto il vento crudele da nord che mi ha intristito i petali.
Bene, chiuso l'attimo melò di cui frega niente a nessuno, una cosa mi sento di dire: ma che vita lunga e bella e intensa ha avuto la fortuna di vivere quella donna? Forse è per questo che non sono dispiaciuta che se ne sia andata. Piuttosto, cambiando punto di vista, contenta che si sia stata. Dato che prima o poi tutti si toglie il disturbo, per una vita vissuta così e così a lungo e così bene direi che più di qualcuno ci metterebbe la firma.
E che le sia lieve la terra.
(scusa ma dall'altra parte del meccanismo all'epoca non c'erano anche Urania, Marvel comics e gialli Mondadori? non ne hai mandati giù neanche un pò? ce lo vedi un parallelismo possibile con i bestseller odierni?)
(non mi toccate quello sfigato di Spongebob)
Deacon Taylor
I belonged to the church,
And to the party of prohibition;
And the villagers thought I died of eating watermelon.
In truth I had cirrhosis of the liver,
For every noon for thirty years,
I slipped behind the prescription partition
In Trainor's drug store
And poured a generous drink
From the bottle marked
"Spiritus frumenti."
(questa è la mia preferita)
Anch'io ho ricevuto in regalo l'Antologia quando andavo ancora alle medie. L'ho letta e riletta in italiano, l'ho amata ancora di più in inglese poi quando sono stata in grado di farlo. Mi ricordava, in un certo senso, i discorsi - pettegolezzi - interminabili di mia nonna con le sue amiche, cosa per cui io avevo e ho tuttora una passione - intrighi di paese e roba così. Ne tengo in casa almeno un paio di copie, che regalo alla gente significativa. Io amo questo libro, insomma.
(fine del commento biecamente autoreferenziale)
kaddish... di ginsberg
ne vale veramente la pena.
il post è molto bello, mi hai fatto ripensare al meccanismo della lettura, almeno in me. ho avuto la fortuna di leggere molto. verso tutti quegli autori, e a chi parlandone me li fece conoscere, ho un grande debito di riconoscenza. mi rendo conto oggi di averli letti con superficialità, ed oggi quindi li rileggo. tra dieci anni facilmente li riprenderò tra le mani e mi accorgerò di essermi ancora fatto sfuggire qualcosa.
Non lo capii oltre il 20%, mi sa, ma nel mio cuoricino è Il Mio Libro Preferito, che bizzarra la mente.
Rosi
spoon river in europa è quasi sconosciuto (basta vedere le voci di wikipedia su masters nelle varie lingue). secondo me è uno dei piccoli motivi per sentirsi fieri di essere italiani - fieri di una certa cultura italiana del secondo dopoguerra, intendo.
Io, però, la Pivano l'ho scoperta proprio attraverso quel tipetto con occhialini e braccia conserte effigiato qua sopra, e a lui ero arrivato via De André (che mi aprì la porta anche ai testi di Bob Dylan pubblicati in versione Lato/Side; in realtà, conoscevo quei testi meglio delle canzoni, anche se non mi sembravano quei capolavori che si diceva in giro).
Poi, col tempo, ho letto anche Ferlighetti; ma Corso no, quello confesso di non averlo mai conosciuto
Quanto a perché citare solo Spoon River, io ho una teoria. Perché così si cita de André, oramai icona pop universale e facile chiave di lettura di ogni cosa. Nota che anche i telegiornali hanno riassunto Fernanada Pivano come l'amica di de André e di Hemingway (e chi non ha letto Il vecchio e il mare...).
ho letto anche hemingway, ma a me il vecchio e tutta quell'acqua non mi sono mai piaciuti. Un discorso a parte meritano i cartoni animati.. sì sì, lo so, una volta tu hai scritto: i cartoni giapponesi hanno rotto i coglioni! e avevi ragionissima, anche io in quel periodo ne avevo piene le balle di passare serate in cui l'argomento andava sempre a cadere lì. ma adesso sono in ferie e a colazione mi capita di girare i canali in loop e finisco per lasciare su italia1 dove danno cose della mia infanzia. quando i cartoni erano per buona parte racconti animati, trasposizioni di romanzi per ragazzi, e la storia aveva una morale, le ambientazioni, la trama i personaggi erano realistici.
Con tutti i loro limiti, ma cazzo, sempre meglio che sponge bob.
Mari
Io non mi sento emiliano
11-08-2009, 00:16contro l'identità, cultura, fratelli d'I.Permalink
Confesso, la boutade sulle "bandiere e inni regionali" da introdurre nella Costituzione previa modifica dell'articolo 12 me l'ero persa.
Ora, è difficile reagire a una provocazione del genere senza avere l'aria pirla di uno che infila la zampa in una trappola apposta; per prima cosa occorre riconoscere che in quanto provocazione è persino ben congegnata, ideale per il ferragosto sotto l'ombrellone; immagino che qualche giornale abbia già organizzato il sondaggio sull'inno regionale, e il giochino "Indovina la bandiera", ad es.: "ippogrifo rampante in campo bianco contornato da bande orizzontali rosse" (Toscana, difficilotta); "tricolore verde, rosso, azzurro, con naviglio grigio centrale sormontato da vela crociata con quattro stelle a sei punte grige" (Liguria, bello schifo); "triangolo scaleno verde senza qualità in campo bianco" (Emilia Romagna, facilissimo).
Per seconda cosa, occorre chiedersi cosa angustia i leghisti, cosa li spinge a voler restare in prima pagina tutta l'estate con richieste cosi' coglionesche; ci dev'essere qualcosa che vogliono far passare a fondo pagina, ma cos'è? Le nuove politiche per il meridione (=i soldi che Berlusconi farà piovere su Sicilia e compagnia?) La nuova legge anti-clandestini che non funziona, perché i CIE continuano a non funzionare? La legge sulle ronde, che in pratica disarma e toglie i fondi alle ronde che ci sono già? In parte penso di condividere l'intuizione di Scalfari: al di là di tutto c'è una vertigine profonda: i capipopolo leghisti hanno raccontato per anni la favola del federalismo fiscale, e adesso che potrebbero realizzarla, esitano: l'economia reale fa paura, meglio ricomincuiare a parlare di cazzatine identitarie, l'inno, la bandierina, il dialetto, hai visto la Padania in campo come ha conciato i provenzali? Ale' ale'!
Per terza cosa (e qui nella trappola ci cado dentro proprio a piedi pari) vorrei far presente che si sta parlando di niente: non solo non esistono gli inni regionali; non solo non esistono le bandiere, a parte quelle inventate a posteriori (e a posteriori almeno potevano farle belle), ma in fin dei conti non esistono nemmeno le regioni. O vi pare troppo? Va bene, allora diciamo che non esiste l'identità regionale. E' un'invenzione, come gran parte dei concetti identitari: ma in mezzo a tante invenzioni ottocentesche che hanno una certa aria di nobiltà, se non altro per la polvere che ci si è posata sopra, le regioni spiccano come una mastella di Moplèn in mezzo all'argenteria. Dico, è roba del 1970. Qualcuno di voi è perfino più vecchio.
Come sia stato possibile nel giro di 40 trasformare una nozione artificiale (la regione) in un'identità, è una cosa che meriterebbe uno studio approfondito. Dico la mia: sono state le cartine politiche appese alle pareti scolastiche. Abbiamo cominciato a credere che esistesse una "Lombardia" e un'"Emilia-Romagna" perché le abbiamo viste appese a una parete. Di conseguenza, abbiamo anche cominciato a sentirci "lombardi" o "emilianoromagnoli" - miracolo! - e poi uno dice che la scuola non serve! Ma aspetta, forse è servita a dividerci un po' di più.
Sarebbe bastato leggere in fondo al sussidiario, per scoprire quanto fosse arbitraria la nozione di "Emilia" (che ai tempi di Augusto arrivava oltre Pavia) o "Lombardia" (tutta l'Italia del nord, fino a Napoleone); pero' a quella lettura profonda non ci siamo mai arrivati. Ci siamo fermati alle scritte sui muri, dove l'"Emilia" finisce a Piacenza, e se finisce li' ci sarà un motivo.
Che motivo c'è? I confini di qualche insulso ducato, qualche pace arrangiata alla bell'e meglio (se Napoleone III non si fosse fermato a Villafranca, oggi Brescia sarebbe in Veneto?) e per riempire le caselle coi nomi un potpurri di nozioni ripescate dallo stesso sussidiario di sopra: i Longobardi improvvisamente contemporanei dei Veneti e dei Liguri che vivevano negli stessi posti un millennio prima; i conti normanni des Moulins resuscitati col proconsole Emilio Lepido, la Puglia che Salvemini (mi pare) non si capacitava potesse arrivare dal Salento fino a Foggia; la Campania con quell'aria di ahem, abbiamo finito i nomi ("ma che terra è?" "che terra vuoi che sia... è campagna..." "Forse ho trovato! Come si scrive in latino?") Tutto questo sarebbe suonato implausibile, come in effetti è, se non ce lo fossimo trovato appeso davanti, tutte le mattine, un bel puzzle colorato che ravvivava i giorni di pioggia.
E il puzzle, tenete bene in mente, l'hanno disegnato a Roma.
Non sto dicendo, attenzione, che gli italiani non soffrano di localismi identitari. Altroché. Ma fino a trent'anni fa non si esprimevano certo attraverso le regioni (e tuttora c'è una certa diffidenza). Il vero perno del localismo è la provincia. Nessuno ricorda le bandiere o i motti regionali, ma quando ci tolsero le sigle delle province dalle targhe ci fu una mezza sollevazione. Oggi, pensateci, sono facoltative. Uno puo' scegliere se indicare la provincia sulla targa o no. Andate a vedere quanti ancora scelgono di farlo.
Non dico che l'identità provinciale sia meno sciocca della regionale, ma almeno ha fondamenti storici. La dialettica già medievale tra centro abitato e contado. La logica a scacchiera degli scontri tra i comuni, che persiste nelle rivalità tra le tifoserie. A proposito, le tifoserie: gliene frega veramente qualcosa di essere lombardi, agli ultras dell'Atalanta?
Tanto che potremmo leggere questa fase di dissoluzione localistica come una fase di guerra tra la nozione di provincia e di regione: mentre le regioni trionfano (la Lega è un partito che ragiona per regioni), la nozione stessa di provincia viene messa in discussione: pare che sia una burocrazia inutile... perché debba essere inutile proprio la provincia e non la regione, non si sa. Un vero decentramento dei servizi dovrebbe avrebbe un respiro provinciale. Ma la tendenza non è questa: la tendenza è quella di trasformare venti città d'Italia in venti capitali di staterelli autonomi, e chiamarlo federalismo. Se potessimo aprire la testa di un federalista milanese e dare un'occhiata al suo "federalismo"... sospetto che ci troveremmo davanti uno Stato assoluto e accentrato su Milano, peggio che ai tempi di Lodovico il Moro; nel frattempo pero' i comuni di confine fanno i referendum per passare al Trentino (si pagano meno tasse - a proposito: bella invenzione anche il Trentino Alto Adige), e in generale 'sti sudditi "lombardi" non c'è verso di farli passare per l'Hub Granducale di Malpensa: i bresciani hanno Montichiari, i bergamaschi Orio al Serio, e cosi' via.
A questo punto butto li' anch'io la mia idea per l'estate: perché non aboliamo le regioni? Hanno fatto più danni che utili. Eh? Come? Ma no, non dicevo sul serio. Era una "provocazione".
Quanto siamo suscettibili.
Credi che mi sarei disturbato ad inviare un errata corrige se non apprezzassi i tuoi post ?
p.s.: 'Della tastiera' lo davo per scontato :)
- «potpurri» >> pot-pourri
- «dovrebbe avrebbe»
- un po' di vocali accentate con l'apostrofo
Anche perchè suona male.
(per quello si dice "stonato come una campana")
(scusa, è il caldo)
Tangentopoli dice tibi, ci vorrebbe davvero un periodo come quello, quando si scoprì che la lega prendeva i soldi da Enimont.
Ma forse anche la statistica e' stata inventata da qualche polentone nell'ambito di un complotto stocastico ai danni del Sud, tutto puo' essere.
tibi
ma nessuno ha provato che i test siano stati taroccati.
lo hanno SUPPOSTO e da qui hanno fatto strane medie pesate per abbassare i voti dei ragazzi del sud.
sono delle merde.
Dimostra che la questione Nord-Sud non si riduce a questioni simboliche, men che meno a quanto sono brutti, sporchi, cattivi, leghisti, ignoranti, razzisti, etc. i settentrionali.
Le questioni simboliche fanno presa perche' sotto ci sono macroscopiche questioni reali: se gia' si taroccano massicciamente i test dei bambini delle medie, figurarsi quanto sono affidabili i concorsi per i presidi, che poi migrano massicciamente a nord.
Ecco allora che anche il polentone, nel suo piccolo, s'incazza.
Il razzismo c'entra 'na minchia, come dicono a Conegliano.
tibi
Sull'abolizione delle regioni: dici che è una provocazione, e va bene. Ma il punto è cancellare le ridondanze, per quale motivo, per esempio, ci siano così tante competenze sulla gestione della rete stradale io non l'ho mai capito. Avere un solo ente tra Stato e Comune, questo è l'importante.
La provincia è un'istituzione tipica dello stato centralista: ad esempio in Francia ci sono centinaia di dipartimenti. Se veramente crediamo nello stato federale, le province devono venire cancellate, o i loro poteri ridimensionati.
La regione deve essere il fondamento dello stato, ma va riformata: ce ne sono troppe. Da venti dovremmo passare a una decina, accorpate per omogeneità socioeconomica. Regioni come il Molise e l'Umbria non hanno ragione di esistere, se non per campanilismo. Il Nordest potrebbe essere riunito in un unica regione, con miniregioni a statuto autonomo a Bolzano e Trieste.
Pierpaolo
allo stato tre o quattro competenze di coordinamento nazionali (sanità, difesa, esteri) e poi tutto decentrato a livello provinciale con possibili tavoli interprovinciali (a progetto) su alcuni temi specifici legati alla tutela ambientale o alla viabilità
1) non esiste. dopo notevoli manifestazioni di massa al grido di "los von trient" negli anni sessanta e quelche esplosione un più d'élite, i tiroler sono riusciti nello scopo e con il secondo statuto di autonomia ('72) esistono le due province autonome e la regione è la semplice somma. cioè immagina, il consiglio regionale è quando i due consigli provinciali si riuniscono assieme.
2. nelle due province di trento e bolzano tasse non se ne pagano di meno, semmai di più: è stato calcolato che ogni residente paga circa 1.000 euro all'anno di tasse e imposte in più dei veneti, perché il fisco rimane disciplina statale anche nelle due province autonome e i veneti o sono più poveri o eludono di più, vedi un po' te.
mi hai dato un'idea, però: qualche bel post agostano sul trentino (blogging progresso, per combattere l'ignoranza, e comunque: los von carpi, ostia).
sull'identità provinciale sono d'accordo: pensa a quanta cultura identitaria devono avere quelli di barletta-andria-trani, carbonia-iglesias, medio campidano.
ultima cosa: l'idea di lombardo (fottere quanti più soldi possibili allo stato) è il progetto politico più organico e profondo degli ultimi vent'anni e i siciliani, dandogli il voto, hanno dimostrato grande coscienza politica: si sa che quanto più smodatamente uno mangia, tanto più fa cadere briciole, e il popolo può buttarsi a raccogliere qualcosa.
p.s. hai scritto ricomicuiare.
Parlare per non capirsi
31-07-2009, 02:15cultura, dialoghi, Pasolini, razzismi, scuola, ucroniePermalink
(2013. Il mondo non è finito, purtroppo, e così i leghisti sono rimasti al potere. Trieste, sede della Regione, Assessorato alla Pubblica Istruzione:)
“Ventiquattro. No! Daccapo. Per uno, sette; per due quattordici; per tre ventuno, per quattro... per quattro... Maledigne!”
Toc, Toc.
“E adesso chi è?”
“Commissario, avremmo un problema”.
“Adesso no, sono impegnato. Sto ripassando la tabellina del set...”
“Il fatto è che tra gli aspiranti insegnanti per la regione Friuli Venezia Giulia c'è un candidato che ci sta dando dei grossi problemi”.
“E alore bocciatelo, che problema c'è”.
“Ecco, il punto è proprio questo. Non possiamo bocciarlo. Ha superato tutti i test senza fare un errore”.
“Non capisco. Se è così bravo che problemi vi dà? Come si chiama?”
“Totò di Gennaro”.
“Ah, forse ho capito. Totò sta per Salvatore?”
“No”.
“Per Antonio?”
“Neanche. Totò sta per Totò e basta, ci ha fatto vedere i documenti, lui si chiama così. E pretende che lo assumiamo”.
“Eh, certo, poi quando si ritrovano in classe un maestro di nome Totò la colpa è nostra... va bene, ai casi estremi, estremi rimedi. Fategli il test sul dialetto”.
“Ma commissario...”
“Lo so, di solito non si fa, ma questo è appunto uno dei casi. Chiedetegli due frasi in triestino e mandatelo a casa. E se verranno i giornalisti, pazienza”.
“Commissario, non creda che non ci abbiamo già pensato”.
“E quindi?”
“Il punto è che il triestino non lo sa nessuno in commissione. Lei ne parla un po'?”
“Ma che razza di triestini siete?”
“O soi furlan, o ven di Udin”.
“Eh?”
“Dicevo che sono friulano, di Udine”.
“Ah! Ma che lingua parli?”
“Friulano”.
“Ma non mica una lingua quella lì”.
“Come no, certo che è una lingua”.
“Ma no, lo sanno tutti che vi capite a gesti, come i macachi... va bene, vengo io. Voglio proprio vedere come se la cava, il Totò Esposito”.
“Totò di Gennaro”.
“Esposito, di Gennaro, stessa roba. Faccia strada”.
(Entrano nell'aula. Al centro, una fila di esaminatori terrorizzati – tutti rigorosamente nativi della regione Friuli – Venezia Giulia. Davanti a loro, Totò di Gennaro si sta pulendo l'angolo di un'unghia con studiata non chalance. Ha appena finito di illustrare il teorema di Fermat, con una meravigliosa dimostrazione che per amor di sintesi qui vi risparmio).
TOTO': “Songhe io”.
“Lei mi sembra molto determinato a conquistare una cattedra nella nostra bella regione”.
“E cosa vuole mai, commissario... se debbo scegliere tra il Friuli e la disoccupazione...”.
“È meglio il Friuli”.
“Della disoccupazione? Mmmsì”.
“Però, vede, per insegnare qui da noi non basta conoscere le materie, anche alla perfezione, come lei... ci vuole un certo attaccamento che forse, da parte sua, ancora non abbiamo riscontrato... insomma, è sicuro di riuscire a interagire con gli studenti?”
“Ma sì, penso di sì”.
“Per esempio, metta che le chiedano che tempo fa... in triestino”.
“Sùfia 'n'arieta cruda e piovarà diboto: se se sera el capoto, se fica le man drento”.
“Eh?”
“Le ho risposto in triestino: soffia un'arietta cruda e pioverà fra poco: ci si chiude il cappotto...”
“Ma sì, sì, ho capito... più o meno... ma i triestini di solito non parlano così”.
“Dice di no?”
“Dico di no”.
“Sulla base di quali elementi?”
“Elementi? Non c'è bisogno di elementi, sono di Trieste e lo so”.
“Mi dispiace che lei triestino sconfessi in questo modo i versi di Virgilio Giotti”.
“E chi sarebbe questo Virgilio...”
“Il massimo poeta in lingua triestina del Novecento”.
“Poeta in lingua triestina?”
“Eh, sì”.
“Ma scusi, un conto è la poesia scritta, un conto è... il dialetto”.
“In che senso?”
“Il dialetto non è mica una cosa che si può imparare a memoria sui libri... è una cosa viva, mobile...”
“Può anche darsi: però un esame è una prova oggettiva, in cui lei mi fa una domanda e io le do una risposta. E c'è un verbale scritto, dal quale deve risultare che lei mi ha fatto una domanda in triestino e io le ho risposto”.
“E lei si aspetta che noi la promuoviamo semplicemente perché ha mandato a memoria due versi di un poeta triestino che...”
“Me 'speto senpre, 'speto incora, che fassa l'alba, che fassa aurora, e che la vegna a dame un baso, a ufrime el so geranio in vaso”.
“Ancora questo Virgilio...”
“No, questo è Marin”.
“Marino chi?”
“Biagio Marin, uno dei più grandi poeti...”
“Triestini?”
“Ma no, non lo sente? Marin è di Grado, provincia di Gorizia. Non si parla solo triestino, nella vostra bella regione”.
“Ah, perché se io le chiedessi di parlarmi in friulano, lei...”
“Na greva viola viva a savarièa vuèi Vinars”.
“Stop. Non ci ho capito niente, ma non m'importa. Lei non può fare così”.
“Così come? Sapevo che durante l'orale era previsto un esame di dialetto e me lo sono preparato; che altro avrei dovuto fare?”
“Lei non può fingere di conoscere i nostri dialetti”.
“Io non fingo niente. Ho solo imparato le vostre poesie”.
“Le nostre poesie, fantastico, adesso solo perché stiamo a Trieste o a Grado queste sono le nostre poesie”.
“Non lo sono?”
“Per esempio, io non le avevo mai sentite”.
“Ma sono sui libri, sulle maggiori antologie della letteratura italiana, e insomma io per superare la prova di dialetto cosa avrei dovuto fare? Studiarmi quindici grammatiche diverse che non sono neanche in commercio?”
“No. No. No. Il dialetto non s'impara”.
“O bella, e perché?”
“Perché... è la lingua che uno si trova in casa... ci nasce dentro, non ha bisogno di nessuno che te la insegni, capisce? È una radice. Uno ce l'ha o non ce l'ha”.
“E quindi non c'è neanche bisogno di un maestro che ve l'insegni a scuola, no?”
“Giusto. Però comunque i maestri li vogliamo tutti radicati”.
“Comincio a capire. Vi serviva qualcosa che fosse il contrario della cultura. Qualcosa che non si può insegnare, non si può imparare, non si può comunicare. E avete trovato il dialetto”.
“Appunto”.
“Ma è solo una vostra idea di dialetto. Bastava guardarsi un po' in giro per rendersi conto che anche i vostri dialetti sono lingue, con le quali sono stati scritti libri, che tutti possono leggere e apprezzare... persino un neolaureato avellinese, perché no”.
“Certo che voi meridionali siete tremendi. Facciamo una legge e trovate un inganno”.
“Credete che il triestino sia solo quello delle bestemmie dei bar, e ci hanno scritto poesie d'amore. Il più famoso poeta in friulano è nato a Bologna, è morto a Roma. E poi siete arrivati voi, che non sapete un cazzo”.
“Ehi, come si permette?”
“È un'espressione dialettale. Significa che vivete in una dimensione di non comprensione di sé e dell'altro”.
“Cioè in parole povere...”
“Non capite un cazzo, a un punto tale che vorreste fare esami sul cazzo che non capite. E pretendete pure di avere delle radici, le radici, ma dico io, del concime tossico sparso tutt'intorno ne vogliamo parlare?”
“L'esame è finito, può accomodarsi, grazie”.
“Un giorno o l'altro mi tornarò, / No' vùi fra zénte strània morir, / Un giorno o l'altro mi tornarò / Nel me paese”.
“E adesso che fa... scenda da quella cattedra”.
“Dentro le pière che i gà inalzà / Su le rovine, mi cercarò, Dentro le pière che i gà inalzà, Le vecie case”.
“Dobbiamo chiamare le camicie verdi? Scenda giù”.
“Sarò pai zòveni un forestier, / Che varda dove che i altri passa, / Sarò pai zòveni un forestier, / No' lori a mi”.
“Ma in che lingua sta parlando, qualcuno ci capisce? Sembra arabo”.
Però questo continuo sbeffeggiare da parte del sud gli abitanti del nord, è a mio parere anch'esso un dato di fatto...
Senza minimamente considerare dove viene prodotta la maggior parte della ricchezza in Italia.
Forse moltissimi meridionali (per lo meno quasi tutti quelli che conosco io) si credono più furbi e scaltri dei "polentoni". Probabilmente, anzi quasi sicuramente lo sono, ma non credo sia un vanto.
Le aziende nascono e crescono al nord, appena la fiat prova a costruire aziende dopo gli appennini, viene schiacciata dall'assenteismo, gli appalti spesso raggiungono cifre assurde, e guardacaso tutti i meridionali che vogliono crescere professionalmente, vengono al nord (vedi Totò di Gennaro...).
Perchè nessuno investe al sud? perchè le aziende non investono? Credo che nessuno avrà il coraggio di rispondere a questa mia domanda, anche se molti mi si scaglieranno contro indignati ed offesi, lo so, è scontato.
E giusto per restare in tema dialetti, per inciso il dialetto veneto, assieme al sardo, sono gli unici che sono stati riconosciuti dalla comunità europea lingue ufficiali.....
PS Sia il sindaco che la sua giunta (presenti diversi meridionali) parlano molto bene il triestino... il problema è l'italiano!
luciano er califfo.
Da un lato c'e' una pretesa di preservare la lingua germanica nel parlato, quindi la necessita' del suo apprendimento per chi a a che fare con il pubblico laddove il bilinguismo e' legge. Se un calabrese vuole fare l'impiegato alle poste a Bolzano, puo' fare un corso di tedesco e farsi mandare la 'nduja da casa. La cosa puo' essere protezionista quanto si vuole ma puo' essere legge in quanto ha una forma plausibile.
Dall'altro c'e' una pretesa di far rispettare dialetti o lingue locali, spesso non codificati in nessuna grammatica o letteratura (a dire il vero alcune lingue locali hanno una loro letteratura, ma pochissime hanno una loro grammatica). Quello che qui si mette alla berlina, per chi proprio non ci arriva, e' proprio il fatto di stabilire degli standard "non culturali", cioe' non codificati e non esistenti, se non in una tradizione orale, spesso piu' da strada che letteraria. Al contrario della conoscenza del tedesco, alla portata di tutti, questo ha quindi solo una valenza razzista, nel tentativo di allontanare i non nativi. Ovviamente non si considera che i dialetti variano molto piu' di frequente delle regioni (esempio Pavia-Bergamo fatto qui sopra) e che spesso anche i locali non capiscono i dialetti. Oltretutto le lingue locali "codificate" letterariamente sono anche spesso diversissime dalla vulgata.
Insomma, resta poco da difendere in questa proposta nata male e che verra' spacciata come sempre come una "provocazione".
;)
La tendenza dell'uomo sarà anche connaturata al razzismo, ma non per questo va assecondata: abbiamo superato, chi più, chi meno, anche le tendenze a scoreggiare quando capita e a violentare ogni femmina che ci stuzzica lo gnugnu. Fa parte della civiltà.
E per favore smettiamola con questi paragoni a sproposito con gli uomini rossi, coi nativi d'America o con i palestinesi, con l'Irlanda del Nord, col Rwanda: è roba seria, quella.
E’ vero che la Lega vince (ed avrà ancora margine per giocare sulle paure e sulla carta localista nella guerra tra poveri) anche per l’insufficienza di una “sinistra” che è stata spesso superficiale su molte complesse dinamiche e su ragioni legittime di disagio – in sostanza perché ha emarginato i Langer e promosso i Rutelli. (poi mi sfugge il passaggio logico per cui gli errori della sinistra –istituzionale, ché nella “base” le buone prassi, esperienze e competenze non mancano- giustificherebbero ed eleverebbero un’ideologia razzista a “politica pragmatica”, ma non divaghiamo)
Il “tentativo di decalogo per la convivenza inter-etnica” langeriano è un contributo fondamentale. Consiglio vivamente a tutti di leggerlo, è pure abbastanza breve.
http://www.alexanderlanger.org/cms/index.php?r=1&k=32&id=104
Il suo rinunciare, pur favorito, alla candidatura a sindaco di Bolzano per essersi rifiutato di sottoscrivere il censimento etnico, è un bell’esempio di politica. Che ha in mente beni comuni superiori agli interessi localistici e di parte, e li persegue con coerenza. Sapendo che poi si vive tutti molto meglio rispetto all’approccio “mors tua, vita mea”.
L’altra modalità, quella molto più facile (ma anche dannosa) che rimarca ossessivamente identità e appartenenza in senso esclusivo è quella che ha portato, ad esempio, a ripristinare l’antico nome di Piazza della Pace (in piazza della Vittoria).
Stavo per affermare che il decalogo langeriano è ignorato e poco noto, ma probabilmente non è vero.
Oggi in tanti (non solo la lega) pare che lo prendano punto per punto, per fare esattamente il contrario.
«_tutti_ __tendenzialmente__ razzisti», casomai.
Il passare dal tendenzialmente all'attualmente, poi, è responsabilità di ciascuno (pur con tutti i distinguo dei casi specifici).
Ma qui finora e' stato tutto un accorato appello alla comprensione dell'insormontabile trauma che l'annessione ha causato ai sudtirolesi, che dopo novant'anni e millanta miliardi di sovvenzioni e agevolazioni non si sono ancora ripresi, e ma bisogna considerare il fondamentale contributo alla cultura universale portato dai canederli coi funghi fertilizzati dalla pipi' di camoscio e dallo Jodel cantato con accento crucco-terrone, etc.
Comunque, se per 'razzismo' intendi la difesa (anche egoistica) dei propri interessi particolari (di clan, di nazione, etc.), siamo _tutti_ razzisti, non ti credere: anche gli Uomini Rossi dell'Amazzonia, se secondo loro voli troppo basso col Piper e gli invadi lo spazio aereo, ti tirano le frecce.
tibi
Sono i primi boia per quei PIRLA (o consapevoli canaglie) dei loro elettori, con le loro ladrerie (vedi sopra) e le loro disfatte (vedi Malpensa), nelle braghe hanno solo cotone.
Pur di fare ammuina diventano pure no global.
Peccato che le loro buffonate inneschino violenza vera. Per i vostri studi di dialetto un indirizzo sicuro non vi mancherà: Piazzale Loreto.
Nello
Ahò, io vorrei essere chiaro: gli Schuetzen sono dei razzisti di merda. I leghisti alla Borghezio sono dei razzisti di merda anche loro. E censuro i napoletani, gli israeliani e i marocchini quando si comportano e ragionano da razzisti di merda. Si possono usare canzoni, bastoni o leggi di merda e questo aiuta a classificare i razzisti in diverse sfumature, ma tali restano, anche se sono convinti di essere meno peggio perché, per ora, bastonano di piatto anzichè di taglio.
Io rivendico il diritto di andare dove diavolo mi pare, vestirmi come mi pare e avere gli stessi diritti di chiunque altro e penso che lo stesso diritto ce l'abbiano anche gli altri. Mi pare che i leghisti amino i diritti propri e schifino invece quelli degli altri.
Le tasse poi le pagano anche gli immigrati regolari. Perché non te la prendi con gli evasori?
Ne' son stato io, di fatto, a relativizzare o addirittura legittimare la strategia _attuale_ di mantenimento della preponderanza etnica germanofona, oggi che semmai la minoranza discriminata (le 'persecuzioni' sono una cosa seria) in AA e' quella italiana, con misure che, se appena ventilate altrove, vi fanno gridare tutti al razzismo, se invece vengono _attuate_, da decenni, in Sudtirolo, allora va tutto bene, e ma bisogna capire il trauma dell'annessione, li' prima erano tutti dei loro, blabla.
Bene. Anche in Veneto prima non c'erano innesti massicci di Terzomondo (non credo siano pianificati strategicamente, ci vedo piu' cialtroneria e opportunismo miope, ad esempio da parte del business della carita' pelosa cattolica). Ed esattamente come se in AA trapianti camionate d'italiani quella nel medio periodo diventa Italia, checche' dicano o facciano gli Schuetzen (che infatti si oppongono, ieri con le bombe oggi con le norme discriminatorie), cosi' se in Italia lasci entrare vagonate di terzomondini, oltre una certa massa critica questo diventa Terzomondo: mica per cattiveria, sono dinamiche socio-economico-demografiche oggettive.
Ora, non so qualche farlocco in fregola da cupio dissolvi della serie e' colpa nostra, e l'Ambaradan, e dobbiamo pagare fino alla settima generazione, etc., ma io, sommessamente, faccio notare che non aspiro particolarmente a diventare Terzomondo, non ho studiato, lavorato, pagato le tasse per poi vivere nel Terzomondo.
E se c'e' stato un referendum in tal senso, credetemi, nessuno ha chiesto il mio voto. Ne' quello dei cittadini italiani.
E' una semplice questione di sovranita' e autodeterminazione dei popoli, che non vale solo per i Jarawa, che se i turisti passeggiano vicino ai loro sentieri di caccia, capaci che gli attaccano le malattie.
tibi
NelloF
Le SS suditirolesi fanno il paio con gli italianissimi repubblichini della X MAS, continuo a non capire i tuoi paragoni farlocchi. Sei passato dallo "straw man argument" alla "reductio ad Hitlerum" in pochi post, complimenti vivissimi!
tibi
Beh, bastava saperlo.
tibi
E torniamo alla solita solfa "se non vi piace come siamo statevene a casa vostra". Be', ripeto, io sono italiano e mi sento a casa mia dalla Sicilia a Merano e mi godo il differente colore locale come una fantastica opportunità se non viene usato come una mazza chiodata.
Sono antimilitarista e antinazionalista però, per cui la mia identità italiana è basata su uno status quo geografico che accetto in toto e che vede bene gli svizzeri italiani in Svizzera e i corsi in Francia anche se l'isola "appartiene geograficamente all'Italia", boiata di residuo fascista che spero sia scomparsa dai libri di scuola.
La minoranza etnica altoatesina o sudtirolese non è minoranza a casa propria, ma lo è rispetto al resto della popolazione della repubblica, che si intende genericamente italiana. La Costituzione riconosce quindi ai tedeschi dell'AA il diritto di parlare la loro lingua, mangiare canederli e di non essere italianizzati a forza.
Potrei invertire il discorso e dire che se non vi sentite italiani potete anche sparpagliarvi in Austria, Slovenia o Svizzera, oppure che se siete contro l'immigrazione dovreste richiamare le torme di emigrati del nord che si sono allocate in America, o che se pensate che i Savoia vi abbiano fatto un torto ad annettervi dovreste ricordare che la prima borghesia burocratico-impiegatizia a campare sulle spalle dei conquistati è stata quella del Nord che ha seguito con famiglie e scatoffie le bombe e la guerriglia contro i cosiddetti briganti. Potrei fare anche un po' di retorica risorgimentale e ricordare quanti giovani del nord e del sud hanno perso la vita per la creazione di uno stato italiano oppure sull'Isonzo per difenderlo e poi in Russia per le cazzate di un romagnolo, o nella resistenza. Ma per me è solo un problema etico e legale: un cittadino di uno stato deve essere libero vivere la sua vita e di svolgere il suo lavoro in qualsiasi centimetro di territorio di quello stato e deve avere gli stessi diritti e le stesse opportunità di chiunque altro; la Costituzione dà indirizzo al potere legislativo di rimuovere ogni ostacolo a questi diritti fondamentali, mentre voi inventate orrori giuridici di spirito contrario che sanno di prevaricazione e di nazismo.
Tutto questo non c'entra con la sicurezza, con la difficoltà di trovare lavoro, con la crisi, con la politica sull'immigrazione, con l'hijab, cose che meritano attenzione e soluzioni da una classe politica che fosse appena decente, e non trovate idiote che sembrano pensate al bar tra un grappino e una partita a scopa.
Poi c'è un modo facilissimo per non fare scomparire i dialetti, se il problema è questo: parlare con le persone. Non chiedono di meglio, in genere, che sentirsi accettate.
http://ilblogdibarbara.ilcannocchiale.it/?TAG=scuola&YY=2009&mm=6&dd=9
tibi
Le sedi dell'Atalanta non so, ma a Padova le volanti isolate che si azzardano a chiedere documenti in zona stazione vengono spesse volte assaltate e gli agenti rischiano il linciaggio, mi pare gia' abbastanza grave, a te no?
Oh, ma se ti senti tanto solidale con i poveri piccoli sudtirolesi perseguitati, che non trovarono di meglio che arruolarsi in massa nel reggimento Bozen delle SS (do you remember via Rasella?), puoi sempre andare a lavorare la' con Andrea.
Se poi ti sentirai apostrofare, nel loro dolce e dignitoso idioma, al suono di "Wallisch isch Dreck",
http://bit.ly/M3LIU
consolati, poteva andarti peggio: potevi finire in mezzo ai feroci magnagati.
tibi
Non mi sembra di ricordare recenti assalti di mujaheddin alle sedi dell'Atalanta (dov'è finita la cellula Hezbollah al-Islamiya al-Breha?).
Nel dopoguerra, sono una delle minoranze piu' coccolate al mondo, con amplissima autonomia e abbondantissime risorse (che sprecano molto meno che al Sud, va pur detto): ci si farebbe la firma, ad esser 'perseguitati' come loro.
Storicamente, poi, c'entravano con l'Italia quanto i giuliani o i dalmati con la Jugoslavia (Stato di plastica inventato lì per lì, infatti guarda che fine ha fatto): shit happens, a volte si perdono le guerre e qualcuno ci rimette.
Ma tornando al topic, quello e' territorio italiano, fino a prova contraria, dove l'avere un lavoro, una casa, etc. è subordinato all'appartenenza etnico-linguistica: quindi, prima di dar di 'razzisti' ai vicentini, mi sa che devi guardare un po' piu' a nord.
Ah, se non piace vivere e (a volte) lavorare in mezzo ai polentoni stronzi, violenti (come no, bruciamo i negri senza prepuzio in piazza una sera sì e l'altra pure), etc., nessuno è 'costretto': costretti erano quelli 'dal colore sbagliato' che venivano portati a forza negli USA qualche secolo fa, al giorno d'oggi il mondo è grande e si può tranquillamente proseguire, se quel che trovi qui non ti garba.
tibi
I vicentini e i milanesi sono minoranze etniche quanto i baresi, i mancini, i dispeptici e i collezionisti di francobolli. Casomai saranno una minoranza etnica i poveracci che per campare sono costretti a lasciare casa propria per fare lavori di merda in terre governate da leggi cazzone votate da una maggioranza etnica isterica, violenta e piagnona. E qualsiasi lavoro diventa di merda quando ti trovi a svolgerlo in un ambiente ostile, dove ti guardano storto solo perchè hai un accento strano, un colore sbagliato o ti manca il prepuzio.
Chi paga le tasse - e non tutti di quelli che piangono per come vengono dilapidate le paga davvero, ma di certo le pagano gli insegnanti - ha un modo piuttosto semplice e anche abbastanza efficace di protestare: il voto. Se poi preferisce votare un partito che si allea con chi si accomoda con le mafie e con le sue clientele, e con chi sperpera i quattrini a capocchia per le proprie e per se stesso, direi che ha poco da lamentarsi perché è proprio lui a perpetuare il sistema che disprezza così tanto. Anche pagare la camorra per smaltire illegalmente i rifiuti pericolosi in Campania, fregandosene dei terroni che muoiono di tumore o che nascono deformi, non è proprio la furbata divertente che poteva sembrare in consiglio di amministrazione, perché poi camorra e 'ndrangheta ve li ritrovate a casa anche voi, con il loro dialetto così facile da imparare, dopo la prima bomba nella fabbrichetta.
Piantatela di giocare ai perseguitati e lasciate campare, forse camperete meglio anche voi.
http://www.amiscdlaladinia.info/index.php?option=com_content&task=view&id=235
(gia', ci sono anche i ladini)
"Lo Statuto di Autonomia garantisce ai cittadini di lingua tedesca della Provincia di Bolzano la facoltà di usare la loro lingua nei rapporti con gli uffici giudiziari e con gli organi e gli uffici della pubblica amministrazione situati nella Provincia o aventi competenza regionale, nonché con i concessionari di servizi di interesse pubblico.
Sono ad esempio concessionari di pubblici servizi le farmacie, imprese di autobus e di funivie, scuole private riconosciute dallo Stato. Anche i notai in Provincia di Bolzano devono essere bilingui in quanto sono tenuti a rogare gli atti in italiano o in tedesco, a richesta delle parti.
Riguardo a concessionari di servizi di pubblico interesse che non sono mai stati gestiti da un ente pubblico è stabilito che gli stessi devono organizzare la loro attività in modo da garantire il bilinguismo. Per accedere ai relativi posti però NON è prescritto il possesso del patentino di bilinguismo."
Non e' chiarissima l'ultima parte: ad esempio 'garantire il bilinguismo' mi pare implichi l'obbligo per (parte del) personale, se non del titolare, di avere il patentino, che comunque e' esplicitamente obbligatorio per tutta una serie di attivita' al servizio del pubblico, anche se gestite da privati.
Vedi anche qui:
http://www.italgiure.giustizia.it/nir/1988/lexs_120028.html
tibi
il discorso mi sembra implausibile semplicemente perché non vedo cosa c'entri. Io sono solidale con l'imprenditore brianzolo che protesta contro le tasse e la burocrazia, e anche contro certa furbaggine (non solo meridionale, è un vizio molto italico). Non posso essere solidale con chi si occupa di trasformare il legittimo malcontento in ridicole rivendicazioni identitarie che non servono a risolvere nessun problema.
Fra l'altro, c'entra poco, ma l'esempio del velo è sbagliato, perché almeno da noi la questione non è sull'obbligo di indossarlo, ma sulla scelta privata di mettersi un fazzoletto in testa, cosa che non danneggia nessuno.
In AA, se tu vuoi gestire qualsiasi attivita' aperta al pubblico (bar, ristoranti, negozi, etc.), o hai il patentino di bilinguismo, o nisba.
Questo perche' a livello _politico_ si e' deciso di dare al tedesco di quelle parti 'dignita' di lingua', che e' un concetto che di per se' significa un cazzo, o meglio: significa solo se e in quanto chi lo sotiene ha sufficiente peso _politico_. La 'dignita'' a una lingua non la da' ne' Wiki ne' il senso estetico di Leo cui suona 'sgradevole' il bergamasco (il modenese, invece, c'ha 'na musicalita' che levati), men che meno il fatto di avere o meno una letteratura, criterio, questo si', da imperialismo culturale occidentale che toglierebbe 'dignita'' alla stragrande maggioranza delle lingue parlate sul globo dalla comparsa della razza umana in poi.
Dopodiche', lo so anch'io che la mozione vicentina e' un auspicio che, sul piano legislativo, non modifica nulla. Ma non perche' non sia possibile, costituzionalmente (o anche cambiando la Cost., come ha fatto sia la dx che la sx), approvare leggi in quel senso: prova ne sia che, ad esempio, in AA si discrimina linguisticamente _e_ in base alla comunita' etnica di appartenenza (ci sono le quote, se non lo sai): quanto di piu' simile ci sia all'apartheid in un Paese occidentale, se ci pensi un attimo.
tibi
E infatti nel post sulle classi miste, molti commenti erano del tipo: "Ma come, Leo? Cosa vuol dire? Che su questo tema ha ragione la (glomp)... lega?"
Quindi, non qualunque rivendicazione è degna di peti, ma QUESTA rivendicazione, dell'esame di dialetto lo è. Ammetterai anche tu che è ipocrita, che dire I TERRONI CI FANNO SCHIFO pare brutto e quindi si è cercata una soluzione più soft.
l'"omm ad paja dal Leunard" consiste nell'usare la questione dialetto per buttare un po' di merda su qualunque istanza, diciamo, nordista, facendo passare tutti per mona e coglioni e ignorando bellamente le ragioni che stan dietro certe proteste (la furbata dei presidi meridionali, in questo caso).
Io son d'accordo che il dialetto, in molte regioni centro-settentrionali, non puo' piu' far concorrenza all'italiano (diverso e' il discorso per alcune zone del profondo sud, come ricordava qualcuno).
Tuttavia mi spiaciucchia vederlo preso a pesciate e sputazzato dal primo cretinetti di passaggio.
Sul perche' i leghisti ignorino i Longobardi, non saprei risponderti, dovresti chiedere ad un leghista. Immagino, perche' eran furest anche quelli li' :))
A Thomas Morton:
Facciamo che la sintesi del mio pensiero la faccio io con le mie parole e non te la inventi tu per farci la battuta del cazzo.
Vediamo. Molti sinistrosi barbuti son generalmente assai cauti quando si tratta di affrontare temi spinosi che coinvolgono i "migranti".
Non e' che difendano necessariamente il velo, la clitoridectomia, gli attentatori suicidi o i ladri, diciamo che esiste in loro una maggior volonta' di capire, approfondire, mettersi anche dal punto di vista dell'altro; il che e' cosa buona e giusta, intendiamoci.
Peccato che questo approccio non valga quando l'altro e' l'insegnante precario di Vicenza che protesta perche' colleghi piu' furbi di altre regioni gli passan davanti in graduatoria o l'imprenditore brianzolo che s'incazza perche' la burocrazia l'opprime e una parte consistente delle tasse sue e della sua azienda finisce nelle tasche di uscieri e forestali.
In questi casi, il buon barbetta di sinistra applica una sua personale versione del rasoio d'Occam e decide che qualunque rivendicazione, in qualunque forma, che arrivi da Bagnacavallo in su e' degna solo di peti e cachinni.
Ti sembra ancora cosi' implausibile questo discorso?
Sono sicuro che anche tu hai quanto basta che capire che bilinguismo e' diverso da "provenienza". Nello stesso Trentino Alto Adige (dove tra l'altro andro' forse a lavorare presto) non sarebbe legale impedire a qualcuno di alvorare se si e' laureato a Sud di Macerata. Tra l'altro cio' che dici si applica solo ai dipendenti pubblici (http://it.wikipedia.org/wiki/Storia_dell%27Alto_Adige) non "qualsiasi attivita' rivolta al pubblico".
Cosi' come se esiste un problema di concorsi "facili" in una zona geografica, il problema non puo' essere superato da una giunta comunale (o regionale) decidendo che quel risultato non e' equiparabile ad un altro conseguito altrove, perche', per quanto ne so, la giunta NON NE HA LA COMPETENZA.
Che ne dici, e' piu' chiaro?
Andrea
-perche' l'hanno votata tutti i partiti?
-perche' nessuno ha dichiarato 'illegale', men che meno abolito l'obbligo di bilinguismo per esercitare qualsiasi attivita' rivolta al pubblico in Alto Adige?
Forse perche' quella specie di dialetto crucco che parlano lassu' ha 'dignita' di lingua' e il veneziano, che era gia' lingua di cultura e diplomatica (lo parlava anche la regina Elisabetta, la Prima) quando gli antenati degli Schuetzen correvano ancora dietro agli stambecchi invece no?
E il siciliano, allora? Forse perche' in AA sono stati invasi? Embe', in Sicilia (e in Veneto) no?
C'entrasse qualcosa il fatto che le loro rivendicazioni farlocche i crucchi in questione le hanno suffragate con qualche argomento - come dire - esplosivo?
tibi
Né a me, né probabilmente a Leonardo, il dialetto fa venire l'orticaria, anzi; mi piace, lo uso spesso in famiglia e cerco di impararne anche di nuovi. Nessuno vuole importi di rinunciare al dialetto. Invece sono i leghisti a volere a tutti costi imporlo agli altri. Ma quale dialetto poi? In una sola regione ce ne sono almeno una decina di varianti, a volte mutualmente incomprensibili. Il tuo modello culturale di riferimento è quello medievale, del servo della gleba: identificazione uomo/territorio, "cuius regio, eius dialecto". Questo modello è morto e sepolto, per trovare lavoro bisogna emigrare in altre regioni o altri paesi, e figurati se uno ha il tempo di impararsi l'orzinovese retroverso carpiato (di cui non esistono né grammatiche codificate né testi scritti).
Un piccolo excursus: non ho mai capito come mai la Lega esalti i Celti e il Carroccio sorvolando sui prodi Longobardi. Proprio non li sopportano gli alloctoni? ;)
Leo è di sinistra, vero? (lo indovino dal fatto che ogni tanto parla male della Lega).
Quindi è di quelli che giustificano il velo e la clitoridectomia, che gli stanno simpatici i terroristi che si fanno saltare in aria, e che quando una zingara gli ruba il portafoglio gliene ragala un altro per compassione. Ovvero accetta tutto purché provenga da uno con la pelle nera, un brutto razzista alla rovescia, ma tratta male i leghisti e le loro legittime rivendicazioni culturali solo perchè sono bianchi e occidentali.
Ecco. adesso che ho messo il discorso chiaramente per iscritto, si capisce che è una stronzata?
Ma sebbene creda che i dialetti siano una ricchezza a vadano accuditi (il Siciliano ha persino dignita' di lingua, si veda wikipedia che qui non incollo perche' come spesso accade non si incolla), l'idea di fare dei test agli insegnanti e' ovviamente una cosa assurda e razzista, fatta solo per rendere la vita piu' dura agli insegnanti "trapiantati", ed e' per questo che il post e' cosi' bello e divertente. Perche' coglie in fallo la proposta mettendone a nudo le fragilita' insite. Come razzista e' quella dei presidi di cui sopra, che qualcuno ha linkato.
Si ricordi che in Europa nessuno puo' essere piu' discriminato sul lavoro per la provenienza da un altro paese comunitario, figuriamoci per le regioni!!! Ovviamente la delibera sui presidi e' illegale e un qualsiasi ricorso al TAR l'annullera'.
Andrea
Al massimo puoi alzare ad arte un polverone sulla questione farlocca del dialetto, esattamente come i leghisti.
E per lo stesso motivo: fare battaglie simboliche e di facciata e' poco impegnativo (tanto metterle in pratica e' irrealizzabile) e fa audience, mentre invece affrontare il problema effettivo vuol dire andare contro pratiche e interessi consolidati.
tibi
dai, su che non erano provocazioni da bassa pirleria, le tue.
Ci credi veramente a quello che scrivi e sei sempre tutto un trasudar d'indignazione e ti rode mica poco se vieni trolleggiato un po' anche te anziche' ricevere il solito commentino adorante da dodicenne sempliciotta (e alla dodicenne piace il tuo corpo trasudante indignazione).
Si' si', sei circondato da mona, ma non ti voglion far male, stai tranquillo, sciocchino.
Su, ora torna su Wikipedia a raccogliere materiale per la prossima pirleria e non perder piu' tempo a rispondere ai coglioni (perche' poi tutto questo tempo non lo usi per rispondere ai commenti delle fan in calore, invece?)
http://oneenergydream.blogspot.com/
Tibi, puoi sempre farti un blog in cui parli dei fatti tuoi. Ma qui si parlava della proposta di istituire esami di dialetto, mica del fatto che in meridione i concorsi si passano più facilmente.
Sono due problemi diversi. Si possono confondere, ad arte, per creare un polverone, ma non c'entra.
Sto discutendo con due persone. Una continua a vedermi scandalizzato per della provocazioni da bassa pirleria: l'altro non ha capito nemmeno di cosa stiamo parlando. E' un classico caso di accerchiamento da mona.
(Sono benissimo in grado di riconoscere un interlocutore non coglione. Purtroppo non è il tuo caso, è colpa mia? La prossima volta prova a fare l'interlocutore intelligente. Ma qui hai scritto dieci commenti il cui sunto è: a casa nostra siamo liberi di parlare dialetto e di fare i mona, scandalizzatevi! Di nuovo: nessuno si scandalizza, nessuno ve lo vieta, anzi a molti conviene che andiate avanti così).
'Mona' e' un epiteto che tu usi spesso, non so se per affettare o per ispessire, quindi:
-posso benissimo tenermelo, con lo stesso orgoglio con cui dei ragazzetti con la frangetta si tenevano 'scarrafoni' (magari ne faccio un brand);
-visto che il monismo/leghismo sta dilagando anche oltre Po, fallisce miseramente la tua equazione polentoni=mona, creandoti pure qualche problema identitario, mi sa tanto (non puoi piu' dire noi siamo meglio di voi, e quando vengo li' trovo quelli che rubano la benzina ai distributori, etc.).
Il che, devo ammettere, mi diverte.
Nel merito, il consiglio provinciale di Vicenza denuncia una discriminazione, ne' bella ne' buona: se al Sud si certificano come cavalli di razza pure gli asini, succede poi che i ciucci vengono esportati al Nord danneggiando sia i cavalli locali che i mussi, ai quali viene (giustamente) negato il pedigree.
Come se in Alabama per sedersi sugli autobus occorresse una tessera, la cui gestione venisse affidata alle comunita' etniche: ma mentre i neri la danno solo agli anziani nullatenenti (come da normativa), i bianchi la danno pure ai giovani aitanti e benestanti, col risultato che questi si spaparazzano a loro agio, mentre i neri restano in piedi.
Ma qualcuno qui l'ha chiamato 'arricchimento': delle due l'una, o e' del Klan o e' piu' mona di me.
tibi
ma se la Lega e i suoi accoliti ti paion cosi mona, 'gnuranti e poveretti, cosa ti agiti l'urina a fare (ti piace il dialettismo)?
Se se la fan mettere allegramente in culo peggio che da Prodi, todo va bien.
Si seppelliran da soli nella loro stupidita', sotto i loro cartelli marroncini, no?
Che danni vuoi che ti combinino questi quattro zotici pirlotti, che non san neanche chi e' il Marin, figurati il Marinetti.
Perche' ti inquieti, sbeffeggi, sputazzi a raffica (ma diobono, riesci, per una volta, a rispondere ad un commento senza dare del coglione cerebroleso al tuo interlocutore)?
Guarda che ho capito benissimo il tuo leitmotif (te lo sintetizzo qui sotto, cosi' se me lo confermi, evito di perdere altro tempo e banda):
- bestie, siete tutti bestie
- vabbe' magari la vediamo diversamente da te
- no, bestie senza cultura siete
- eddai, parliamone
- bestie, bestie e io non discuto con le bestie
- uff...
- di sciabola o di fioretto, io le ammazzo le bestie!
- ma che fai?
- Aaaarghhh!!! A matar!
Ciao, caro.
Avete votato Bossi? primo risultato: i rifiuti napoletani che prima non andavano più nelle discariche lombarde ci sono andati. Secondo risultato: lo Stato si è accollato i debiti del Comune di Catania. Nel giro di un mese il nuovo glorioso governo Pdl-Lega ve l'aveva già messa in culo come Prodi mai. Però vi fanno tenere i cartelli marroni e faranno l'esame di dialetto ai prof: un esame che un meridionale con un corso di dialettologia probabilmente avrà meno difficoltà a passare di un mona autoctono. Ma vi va bene così, lo rivendicate, ve lo scrivete addosso.
TheAnonimo e Tibi, questo affettare scarpe grosse nella speranza di suggerire un cervello fino fallisce miseramente. Bisogna essere coglioni per pensare che l'esame di dialettologia sia un modo di risolvere il problema dei concorsi regionali. Se c'è un problema nei concorsi, è là che bisogna intervenire. Forse, dico forse, in questo caso la situazione sarebbe anti-localista, ovvero dovrebbe superare l'idea di appaltare i concorsi alle regioni.
Ma per voi no: vi fottono? Chiedete il cartello marron. Il cartello marron fa ridere i polli? Ma voi ne andate fieri, siete convinti che qualcuno lo trovi "una spina nel culo". Ma l'hai mai sentita una spina nel culo? Ti garantisco che il cartello Munciar non mi fa lo stesso effetto. Al limite il sedere si stringe un po' nel retropensiero: Ma toh, che paese di pirla. Poi figurati, ci hanno anche l'aeroporto. Però si presentano da pirla.
Non è questione di differenziazione linguistica o culturale, capisci? No, lo so. Però guarda, qui il problema non è tra lingue e culture, ma tra lingua e non lingua, cultura e non cultura. Altro che relativismo. Al massimo sei tu che proponi un relativismo non culturale, ma di ignoranze: proponi che ognuno sia fiero della sua ignoranza. Ma io non sono fiero della mia, e la tua non mi scandalizza: mi fa ridere.
http://spagna-oggi.splinder.com/post/7611865
Per tutti quelli a cui il dialetto fa venire l'orticaria barbuta, che dire?
Nulla, se non che viviam in due universi diversi.
Nel nostro mondo, c'e' posto per il dialetto (foss'anche solo nella toponomastica stradale e nei gadgets legaioli), l'italiano e pure l'inglese (incredibile dictu).
Nel vostro, ogni richiesta di differenziazione linguistica e culturale e' vista come una spina nel culo (a meno che non arrivi da fratelli migranti, ça va sans dire) ed e' sinonimo certo di orrido egoismo localista.
Anche quando quell'egoismo significa solo non farselo mettere in tasca un giorno si' e l'altro pure da quell'altro egoismo chiagnone che sempre prende e pretende (parliamo dei 20.000 euri di saldo netto che una famiglia media lombarda paga, ogni anno che il buon Dio manda in terra, quale tassa di solidarieta' al resto del paese [http://tinyurl.com/knqyng] e di quante cose ci potrebbe fare quella famiglia con sti 20.000 euri, anziche' pagare sontuosi stipendi a torme di utilissimi impiegati pubblici siciliani [http://tinyurl.com/m3htw6]).
E forse si', siam propi mona.
TheAnonimo
Comunque è vero che le due lingue sono quasi interscambiabili. Al telegiornale nazionale i catalani non vengono nemmeno doppiati.
http://en.wikipedia.org/wiki/Bergamo
Bergamo (Bèrghem in Eastern Lombard and Bergum in Western Lombard , antiquated:Wälsch-Bergen in German)
http://en.wikipedia.org/wiki/Brescia
Brescia (Lombard: Brèsa)
eccetera eccetera. Perlomeno siamo in buona compagnia nell'internazionale dei mona:
http://en.wikipedia.org/wiki/Cologne
Cologne (German: Köln, local dialect: Kölle)
Come vedi, tu chiagni al razzismo, mentre a noi mona basterebbe non farsi fottere.
Non per pregiudizio ma per esperienza, tant'e' vero che quella mozione a Vicenza e' stata approvata da destra come da sinistra: e' una questione di elementare equita' e buona amministrazione (come previsto dalla Costituzione, che dovrebbe tutelare sia i lavoratori che gli utenti dei servizi pubblici anche a nord della Linea Gotica), gli schemini ideologici servono solo per incantare i fessacchiotti.
tibi
Nello F
Perche' poi sai che succede? Succede com'e' successo piu' volte, in una scuola dove lavoravo io, che arrivava il preside bello fresco di nomina dal Centro-Sud, prendeva servizio, rimaneva un paio di settimane, firmava qualche circolare e poi spariva. Letteralmente, spariva. Mandava su un qualche certificato farlocco, di depressione o altro, e intanto intascava il lauto stipendio e i punti che gli servivano per rientrare in graduatoria nella regione d'origine, dove evidentemente la depressione gli passava subito.
E quassu', a mandare avanti la baracca pro tempore, rimaneva il mona vicepreside di turno.
Se tu questo me lo chiami 'arricchimento', preferisco la poverta', grazie.
tibi
El fato l'e' ke noialtri polentoni se semo roti i vovi de ste furbade cua':
http://www.repubblica.it/2009/07/sezioni/scuola_e_universita/servizi/presidi-del-sud/presidi-del-sud/presidi-del-sud.html
Parke' va ben mona, ma cojoni propio dal tuto, no.
tibi
Quando capita di passare da Barcellona e trovare i cartelli bilingue, in due lingue che (almeno sui cartelli) sono perfettamente intelleggibili persino a uno che non ha studiato nessuna delle due (figurati a gente che a scuola dovrebbe averle imparate entrambe) si ha realmente la sensazione di viaggiare nella stupidità. E' un po' quella sensazione che le amministrazioni (non solo leghiste, purtroppo) stanno cercando di ricreare coi loro cartelli marron coi nomi dialettali dei comuni.
Ciao,
Lorenzo
1) io sono romagnolo, sono molto legato al mio dialetto, che per altro parlo e capisco perfettamente. Esiste una quantità di poesie, rime e canzoni in dialetto romagnolo (Guerra, Baldini, Baldassarri e pure Pascoli, toh) ma non esiste alcuna grammatica ufficiale. Ci sono vari volumi che si occupano di delineare una grammatica romagnola ma gli autori stessi si trovano in disaccordo tra loro. Il dialetto è di per se fondato su di una tradizione esclusivamente orale, vocaboli ed inflessioni variano ogni 50 km in linea d'aria (se un forlivese di Verghereto ed uno di San Mauro Pascoli si trovassero a parlare in dialetto avrebbero non poche difficoltà a capirsi). Quando nessuno avrà più bisogno di parlare il dialetto.. questo semplicemente morirà. E riposerà in pace, avendo svolto la propria funzione. Certo, qualcuno potrà studiarlo come oggi si studia l'etrusco antico, ma insegnarlo a scuola mi pare una corbelleria.
2) Gli esami di dialetto sono una pataccata (come si dice dalle mie parti). Ne convieni anche tu, mi par di capire. Tuttavia è proprio di questo che si parlava in questi giorni sui giornali. Non di cultura regionale, o lingue locali, proprio di dialetto. E non stento a credere che i fedelissimi della Lega vorrebbero proprio esami di bergamasco o di trevigiano piuttosto che di vercellese (magari declinato nelle possibili varianti all'interno dello stesso territorio comunale di Vercelli).
3) Il caso delle lingue basche e catalane mi pare diverso. Sono idiomi che identificano un preciso territorio o regione. I paesi baschi e la Catalogna sono da sempre inclini a pensare a se stessi come entità autonome e culturalmente indipendenti. Mi pare che la Padania non si possa minimamente avvicinare a questa concenzione di un'indipendenza cercata per rafforzare la propria identità "unitaria": la Catalogna è unica e ben distinta dal resto della Spagna. La Padania cos'è? Oltre ad essere un'invenzione dei leghisti, intendo.. La Padania non esiste, è un artificio sbattuto in faccia all'elettorato facilone e superficiale per far passare l'idea del "vogliamo fare il cazzo che ci pare a casa nostra". La stessa idea che, una volta unificata la Padania e resa indipendente dal resto d'Italia, porterebbe poi alla scissione della Lombardia dal Veneto ed alla nascita di chissà quante altre micro-identità separatiste. Cos'hanno in comune un commerciante triestino ed un imprenditore torinese? Direi poco o nulla, a parte forse la volontà di non pagare le tasse a Roma Ladrona. Sicuramente non hanno in comune lo stesso dialetto.
Punto secondo: i dialetti sono una ricchezza che andiamo perdendo, e non sono d'accordo sul fatto che servano solo a "cercare di capirsi". Io ho sempre sentito come "di plastica" fosse l'italiano, una lingua "voluminosa" (parole con troppe sillabe), poco immediata ed eccessivamente "colta" (per dire il congiuntivo è molto fine, ma se nella lingua parlata si usa il passato prossimo è perché di fondo non è così indispensabile...). Il confronto con l'efficienza e l'essenzialità dell'inglese è disarmante.
Punto terzo: pretendere di "difendere il dialetto" nelle forme proposte dalla Lega è ridicolo. Quello che andrebe fatto è semmai un lavoro di recupero e salvaguardia del "salvabile", subito. Intervistare e registrare le voci degli anziani che ancora lo parlano, codificare termini e grammatiche, preservare una cultura secolare che la "globalizzazione" sta spazzando via, per fare in modo che almeno non sia dimenticata.
Fermare l'evoluzione del linguaggio non è possibile. Io mi rendo conto di utilizzare, nel linguaggio di tutti i giorni, termini che vent'anni fa non esistevano nella forma attuale, perché non esistevano gli oggetti che descrivono. Internet, per dirne uno. Ma conciliare la padronanza e la memoria di più linguaggi (dialetti) è possibile, ed anzi è una buona ginnastica per il cervello.
Ricordo un viaggio in Olanda di una decina d'anni fa, in cui ci stupivamo che le casalinghe sessantenni che gestivano i bed&breakfast parlassero correntemente quattro o cinque lingue diverse. Ma lì, in una terra di navigatori e mercanti, è la norma.
P'r finì, pur'io ch' so' nat' e viv' a Roma parlo (malament') 'n dialett' marchigian' ch'ho 'mparat' da p'cino, e c' terrei ch' 'nnandass' sperso. S' po' fa qualcò?
(trad.: per finire, pure io che sono nato e vivo a Roma parlo un dialetto marchigiano che ho imparato da piccolo, e ci terrei che non andasse perso. Si può fare qualcosa?)
Uff! Da pugliese nato in Venezia Giulia e vissuto al nord, al centro e al sud mi sono un po' rotto di queste crisi identitarie di pianerottolo. Io sono sempre sentito italiano, anche se ammetto che non è mai stato un gran che, ed oggi è ancora peggio. E ne ho conosciuti pochi, di italiani: tutti sempre molto consci di essere prima di tutto triestini, piacentini, foggiani o romani de roma; sempre molto informati sui luoghi comuni circa polentoni, mangiarane e terroni vari.
Non capisco davvero: nel mondo degli affari già siamo out perchè sgnoccoliamo poco di inglese, quelli furbi imparano il cinese e noi cazzoni vogliamo insegnare a scuola il vicentino? E perchè non i dialetti albanesi della provincia di Foggia o il Griko salentino? Ma sì, basta con questa storia della modernità, che ci si capisce anche tra paesi distanti 20 km: torniamo all'età dell'oro.
Ma cosa c'è di serio e di sano e di progettuale nel mettersi un paio di corna di plastica in una sbevazzata domenicale tra meccanici, geometri e analfabeti di ritorno? Non è questo il modo di rispondere alla paura: il mondo cambia fottendosene di voi lumachine spaventate, e il vostro guscio è fragile. Crollano gli assolutismi, crollano i fascismi, crollano gli apartheid e voi pensate che qualche leggina vi impedirà di avere un nipotino "negher"?
La differenza abissale tra il popolo della Lega e quello del PCI è che per i comunisti la cultura è sempre stata la chiave per aprire le porte sbarrate per secoli tra classi e "razze": istruitevi, imparate, capite, comprendete e decidete. Per la Lega purtroppo basta assecondare le reazioni spinali della gente, quelle legate ai cinque sensi senza eleborazione intellettiva, va' a sapere se per convinzione o per deficienza personale. L'ignoranza diventa un diritto fondamentale, roba di cui vantarsi, e la chiave che invece chiude le porte.
Quanto ai livelli dei commenti, a volte i post sono così gradevoli e il significato così chiaro che non c'è molto da aggiungere se non un "bravo". Forse interventi come il tuo hanno il merito di animare la discussione. Magari il livello resterà comunque basso, ma sempre più alto di una riunione di segreteria della Lega.
E comunque:
1) Sì, ma quelli sono casi celebri. Ci sono dialetti minori che non hanno nomi così famosi. Se un insegnante bergamasco venisse trasferito a Pavia, dovrebbe impararsi le poesie di Mino Milan? Neanche 100 km nella stessa regione, e due dialetti completamente diversi.
2) Può aiutare, ma non deve essere un prerequisto. Ma poi qual'è la cultura del luogo? Se un insegante va ad insegnare in una scuola dell'hinterland milanese, non sarebbe meglio imparare l'arabo il calabrese il pugliese ecc.?
3) Indicami dove sta questa regola che non ci credo.
1) Sbagli a dire che i dialetti non sono codificati: nel suo post Leonardo cita poeti e scrittori dialettali del passato e tu puoi aggiungerne altri a piacimento da Eduardo De Filippo a Davide Van De Sfroos. Se i dialetti non fossero codificabili e codificati, come faresti a scriverci poesie, commedie e canzoni?
2) Chiedere un minimo di conoscenza dei luoghi e delle culture in cui si va ad insegnare non significa necessariamente fare gli esami di e in dialetto (questo e' lo strawman di Leonardo, non caderci anche tu).
3) Dovresti chiedere all'Unione Europea cosa pensa del catalano e del basco che sono considerate lingue ufficiali a tutti gli effetti, pur se all'interno della stessa nazione. Lo sai che se un commerciante di Barcellona si rivolge in castigliano ad un cliente puo' beccarsi una multa? Che dice la UE di questo?
Fra l'altro, l'autonomismo sia basco che catalano e' sempre stato sostenuto dalle sinistre locali.
Non è che i bergamaschi mi sono antipatici e gli avellinesi simpatici; non è che le aspirazioni degli islamisti mi siano più simpatiche di quelle dei leghisti.
Il punto è che io non vivo in un Paese governato da un partito islamico che vuole imporre la clitoridectomia, o un partito meridionalista che vuole imporre un test di avellinese agli insegnanti.
Io vivo in un Paese dove una ganga di malmaturi, dopo aver fallito come musicisti (Bossi chitarra, Maroni tastiera) si sono inventati la cultura padana e l'hanno rivenduta ai ciula: e adesso governano. Bravi, sì, ma anche molto ciula quelli che li han votati.
Per cui nessuno sta imponendo alle mie studentesse di mettere il velo, ma qualcuno sta chiudendo le frontiere e comincia a parlare di test di dialetto per gli insegnanti.
Adesso dammi del banale, del sinistroide, del barbuto, ma io in generale preferisco prendermela con chi al potere c'è davvero e i danni ha più possibilità di farmeli.
Se lo stesso PCI degli anni Settanta, con gli stessi "uomini del popolo", fosse al potere oggi, e cercasse d'impormi un esame di cultura sovietica per entrare in graduatoria, io me la prenderei con loro: nella misura in cui cercassero d'impormi la loro più o meno come facevano Pazienza o Scozzari nel '77 (si parva licet). Perché non ce l'ho in particolare coi lombardi (ci vado a letto quasi tutte le sere, guarda), ma con l'arroganza.
In più c'è una simpatia istintiva per tutti quelli che alle cosiddette "radici" devono o vogliono rinunciare.
Il paragone tra dialetti del nord e inglese indiano mi sembra sbilenco: hai in mente un "adatto a fungere da lingua franca e istituzionale per popolazioni con decine di dialetti diversi"? A me viene in mente solo l'italiano, e quindi di cosa stiamo parlando?
Li ho chiamati di plastica perché hanno un lessico impoverito. Giusto ieri, ti giuro, ne parlavo con mia madre - vivente, che si lamenta di tutte le parole che ogni tanto le vengono in mente e che non usa più da anni. Perché 30 anni fa il dialetto assolveva esigenze espressive che oggi sono assunte dall'italiano. Al dialetto resta spesso una funzione identitaria, come i gadget delle feste padane. Roba di plastica, appunto.
"Io non ho mai scritto "in casa nostra facciamo quel cazzo che ci pare"...
E poi l'hai scritto quattro righe sotto. Ma non è così che funziona, capisci? Nessuno sta constringendo i leghisti a fare cose che non vogliono. Sono loro, per adesso, che costringono gli altri. Questo rende la loro pirleria più degna di studio e di sdegno. Tutto qui.
leggo con interesse che il relativismo culturale non ti piace poi cosi' tanto e il discrimine ovviamente e' che non ti piace quando lo si applica per difendere cose e persone che ti stanno antipatiche.
Nulla di nuovo sotto il cielo, soprattutto la meta' sinistra del cielo, strumenti e metri di giudizio si cambiano a seconda dell'oggetto da misurare: se un extracomunitario pretende cose assurde, opperbacco, in fondo non son cosi' assurde, relativizziam, relativizziam; se un bergamasco (a quei de berghem fischieran le orecchie ormai), avanza una qualunque richiesta, allora lo si sdegna come zotico ubriacone.
L'elettore a basso "tenore culturale" che popola la pianura padana era un "uomo del popolo" quando votava PCI, e' un "paesan rifatto" ora che vota Lega. Sempre dello stesso individuo parliamo, ma, si sa, i tempi cambiano cosi' come i sistemi metrici, apparentemente.
Il dialetto di plastica continua ad esistere solo nella tua testa, perche' ti piace l'assonanza con il "partito di plastica" del Berlusca.
L'inglese parlato in India e' sicuramente un parente poverissimo del British English, ha una grammatica variabile, una pronuncia imbastardita, un lessico ridotto, ma e' adatto a fungere da lingua franca e istituzionale per popolazioni con decine di dialetti diversi. Cioe' ha molte delle caratteristiche che tu attribuisci al fantomatico dialetto di plastica, ma, nondimeno, una sua dignita' e funzione.
Ti faccio poi sommessamente notare che l'ultima generazione che tu sostieni parlasse ancora il vero dialetto, quella dei nostri genitori (chi ha dai sessant'anni in su, cosi' a spanne), e' ancora ben viva in mezzo a noi e, se andassi alla feste legaiole, ne troveresti un ampio campione. Per loro il dialetto e' ancora significativo e infatti la lega raccoglie consenso quando ne parla, ma probabilmente a sinistra quei voti non interessano, visto che vengon da "paesan rifatti" e pure vecchi.
Io non ho mai scritto "in casa nostra facciamo quel cazzo che ci pare": se ti fa piacere crederlo, accomodati, cosi' puoi sparare il trito pistolotto sui "popoli padani" (che se poi non ci credi ai popoli padani, che caspita li citi ad ogni pie' sospinto, lo vedi che sei ossessionato da fantasmi).
Relativamente parlando, poi, sempre meglio "a casa mia faccio quel che cazzo mi pare" di "a casa mia devo fare quel che cazzo pare te".
Nota a latere.
Ma non sei un po' imbarazzato dal livello medio dei commenti dei tuoi fan ("grande Leo, che bellino, Leo, chi dice di no e' tonto, ciula e balabiutt")?
Leggo cose piu' articolate nei forum delle Winx.
1) l'insegnamento del dialetto a scuola è la negazione della scuola stessa. A cosa serve insegnare qualcosa che non è codificato? Si va a fare lezione al bar tra i vecchietti che bestemmiano e giocano a carte? Ed i giovani laureati con 110 e lode che non capiscono una parola del proprio dialetto di origine che fanno, non possono lavorare nemmeno a casa loro?
2) Si dovrebbe valutare l'idoneità di un insegnante in base alla conoscenza del dialetto, ovvero una materia nemmeno lontanamente contemplata in alcun corso universitario?
2) Che ne penserebbe la comunità europea? Esiste un bel pacco di leggi comunitarie sul libero scambio di merci e credo anche sulle opportunità di lavoro di professionisti e dipendenti sul territorio europeo (di cui la padania fa ancora parte, per quanto ne so).. Secondo me gli insegnanti estromessi da concorsi perchè non sanno il dialetto scatenerebbero una serie di ricorsi destinati solo ad essere vinti per poi essere assunti in barba alle leggi discriminatorie della padania.
Potrei concludere con un bel "le solite cazzate leghiste" se non fosse che mi par di scendere pericolosamente al loro stesso livello.
giorgian
grande grandissimo Leo
cristina
All'anonimo che si lamenta che i meridionali vengano sempre dipinti come astutissimi: hai ragione, gente che prende i rifiuti tossici del nord, li sversa nel terreno, ci pianta le pummarole e ci si fa la conserva può davvero dirsi astuta? Quello del meridionale furbo è un mito nel quale molti di noi si cullano e che ci fa solo del male. Leo lo ha utilizzato perché era funzionale al racconto, e se invece di Di Gennaro fosse stato Parodi di Genova non sarebbe cambiato nulla. Quello del leghista tonto, invece, non è mica un mito, vedi Renzo Bossi (e non solo).
No, non è che sorvoli: è che proprio non l'hai capita.
Non ho detto che un bergamasco è quasi un pirla; ho detto che chiedere rispetto per una lingua quando codesta lingua è il dialetto bergamasco... sì, vabbè.
Il punto è che anche i dialetti hanno una storia: per esempio, nella storia del mio c'è il marchio a fuoco di Dante, che nel Vulgari Eloquentia lo segnala come l'idioma più rozzo che si parlasse in Italia. E ciapa sò e porta a ca' (non so come si dica in toscano).
In seguito si è diffusa una corrente di pensiero che sostiene che bisogna raccontare a ogni paesan rifatto che il suo dialetto è nobile, bello, degno di essere insegnato... ma è una corrente di pensiero che si chiama relativismo culturale.
Io sono relativista fino a un certo punto: il bergamasco lo trovo poco gradevole e lo scrivo.
Il "dialetto di plastica" non è che non mi faccia dormire la notte: constato semplicemente che si tratta di un dialetto impoverito rispetto a quello che parlavano ancora i nostri genitori 30 anni fa (dal punto di vista lessicale, soprattutto). Il fatto è che ancora una generazione fa si parlava in dialetto per capirsi, tra gente che non aveva alternativa; oggi si sceglie di parlare dialetto per identificarsi in una comunità, che però è fatta da gente che conosce dialetti diversi, e che quindi ha un lessico comune limitato. Se vogliamo, è il dialetto minimo che hanno imparato gli immigrati dagli anni '70 per non sentirsi esclusi al bar (gli stessi immigrati che oggi votano lega).
"Esistono decine di lingue e dialetti parlati da individui che ogni tanto votano per un certo partito e che, quando vanno al bar e stan fra loro, parlan un po' come cazzo gli pare. E quel certo partito per cui votano potrebbe chiamarsi Lega o PCI o PD e il concetto precedente non cambierebbe."
Ma guarda che il tuo non è nemmeno un concetto: è "in casa nostra facciamo quel cazzo che ci pare". Si tratta peraltro dell'unica radice comune dei popoli padani: fateci fare in casa nostra quel cazzo che ci pare. Potrebbe essere l'articolo unico della vostra costituzione: se solo si trovasse una lingua in cui scriverlo comprensibile da Ventimiglia a Trieste. Buffo, l'unica è l'italiano.
Leo - Aaarghhh, avete letto? Avete letto cosa ha detto Calderoli?
Collega Barbuto 1 - Leo, ma sei impazzito? Cosa urli? E metti via quel giornale, se no non finiamo piu' sti scrutini.
Collega Barbuto 2 - Si', dai, Leo. non ti incazzare cosi' tutte le volte che leggi una dichiarazione della Lega. Sai come son fatti, no?
Collega Baffuta - Iih, sui razzisti icci sui razzisti chilli munni...
Collega Barbuto 1 (sottovoce) - 'azzo ha detto, Baffona?
Collega Barbuto 2 (sottovoce) - Non so, non la capisco, il grave e' che neanche gli studenti capiscon quel che dice.
Collega Barbuto 1 (sottovoce) - Soprattutto non capisco come han fatto a darle la cattedra.
Collega Barbuto 2 (sottovoce) - E come facevano a non dargliela? Laureata in due anni all'Orientale di Avellino, magna cum laude, bacio e abbraccio accademico, PhD al Politecnico del Salento, prima al concorso, di ruolo a 23 anni, parla quattro lingue...
Collega Barbuto 1 (sottovoce) - ... fra cui non l'italiano, pare, eh eh
Preside Barbuto - Aheao', cuddi statti a fagghe sempi ciuppi ciuppi vui due?
Colleghi Barbuto 1 e 2 (all'unisono) - Ci scusi Signor Preside, ci scusi, stavamo rileggendo le valutazioni dell'alunno Franti, Signor Preside.
Preside Barbuto - Iiih, Franti e' nu bravu guaglione
Collega Barbuto 1 - Veramente Franti ha collezionato piu' note sul registro e denunce in questura di tutti gli studenti del Friuli messi insieme.
Preside Barbuto - Icchicci signiffica questa cosa? A me mi sembra chi Franti i nu bravu guaglione. Chiediammoci all'insegnante di sostegnu: professoressa Franti, cummi si e' cumpurtato l'alunnu Franti durante l'annu?
Prof.ssa Franti - L'alunnu Franti i nu bravo figghiu miu... ehm, vuleva dire, nu bravu guagliune.
Preside Barbuto - Ecchu, vistu? I adissu nu bella caffe'. Bidellu! ATA! Bidellu!
Bidello ATA Baffuto e Pizzuto - Aggiu chiamatu, Signor Preside?
Preside Barbuto - Icso, purtaci nu caffe', anzi, uscimmo tutti a prenderci lu caffi!
Collega Barbuto 1 - Hai sentito, Leo? Metti via il giornale e smettila di digrignare, che usciamo a prendere il caffe'.
Collega Barbuto 2 - Allora ci vediamo al bar? Io passo un momento a ritirare la macchina dal carrozziere, spero mi bastino 600 euro, che stavolta Franti c'e' andato giu' pesante col cacciavite, ahime'.
Collega Barbuto 1 - Al bar, allora. Dai Leo, togliti almeno la schiuma di bava dalla barba, sembri un pazzo.
Oggi ci siam ritrovati al Circolo Intellettuali Barbuti, ex Dopolavoro Insegnanti Sfaccendati, e abbiamo letto il tuo post sul dialetto a voce alta. Uh uh uh, le matte risate che ci siam fatti.
Ti prego, Leo, scrivine di piu' di posts contro i polentoni legaioli, che quelli sulla scuola e il Marinetti hanno un po' rotto il cazzo.
Tra l'altro, mi stavo chiedendo: io, piemontese nata e cresciuta in Piemonte, non so neanche una parola di dialetto. Significherebbe forse che non ho radici? Fa ridere...
Sorvolo sulla fine battuta "bergamasco quasi uguale a pirla". Se fatta con ironia, fa ridere quanto un rutto dei tuoi stereotipati leghisti; se fatta senza ironia, meriterebbe un vaffanculo (pur non essendo io bergamasco), ma mi limito a farmi cadere le braccia.
Ovviamente, ribaltone per ribaltone, si potrebbe sostenere che molte richieste che arrivano dalla comunita' islamica immigrata siano altrettanto plasticose e meritevoli di niuna considerazione quanto quelle leghiste. Tu ci credi veramente che tutte le ragazzine musulmane vogliano intabarrarsi in un velo o non sia piuttosto un desiderata di qualche fondamentalista con una sua agenda politica?
E poi tu, fratello, ci hai grande confusione in testa sul rapporto fra leghismo e genti che abitano a nord della tua linea gotica del discrimine morale.
Cos'e' 'sto "dialetto leghista stereotipato" che ti angoscia le notti? Esistono decine di lingue e dialetti parlati da individui che ogni tanto votano per un certo partito e che, quando vanno al bar e stan fra loro, parlan un po' come cazzo gli pare. E quel certo partito per cui votano potrebbe chiamarsi Lega o PCI o PD e il concetto precedente non cambierebbe.
Il dialetto di plastica esiste solo nei tuoi incubi e ti serve per costruirci le tue allostorie, perche' tu hai sempre bisogno di una qualche caricatura della realta' a cui calcare in testa un cappello a punta, issarla su un ciuchino e portarla in giro per le strade della blogosfera affinche' tutti possano sghignazzare e tirarle verze marce e poi andare a letto lieti della propria superiorita' etica.
Anonimo, si potrebbe ribaltare tutto il tuo argomento: perché i discorsi di attaccamento alle radici fatti dai magrebini devono condurre inevitabilmente allo stagliuzzamento di clitoridi mentre quelli di Calderoli meriterebbero rispetto?
C'è un discrimine, ovvero: quando i magrebini mostrano attaccamento alle loro radici, uno ci può anche credere (specie se sono qui da noi e hanno un po' di nostalgia). Ma quando Calderoli dice che tiene alle sue radici, tu gli credi? Qualcuno gli può credere? Il leghismo ha radici di plastica, un dialetto stereotipato post anni'60 che serve giusto per capirsi al bar sotto casa e soprattutto non capirsi con chiunque altro.
1) non ho mai scritto di non rispettare l'arabo, il napoletano o il molisano. Per carita'. Certo che quelle lingue e le rispettive culture vanno altrettanto valorizzate. Ci mancherebbe. Chiedevo solo rispetto per simili istanze provenienti da latitudini superiori.
2) prendo atto che tu liquidi con una risata uno dei punti piu' dolenti dell'integrazione islamica in occidente. E' una posizione legittima, anche se molto simile a quella di tal Borghezio. For your information.
2) a me par di no, e il burqa, niqab, veli di suore e scemenze varie li liquido con grasse risate e anche un po di profonda tristezza.
Con immutato affetto
Zagabart
1) chiedere rispetto per la propria lingua, pur se con modalita' non ortodosse, non implica pirlaggine. Cosi' come non la implica votare per Bossi e Calderoli, o almeno non piu' di quanto implichi mafiosita' il voto degli elettori di altre regioni a certi personaggi.
2) a me par di si' e non mi risulta che la richiesta di indossare e far indossare veli, burqa o niqab venga di solito liquidata con grassa risata e ironia facilona da quelli che hanno maggior comprensione di se' e degli altri.
1) forse perchè alcuni triestini o alcuni brianzoli dimostrano con le loro teorie di fare sempre le figure da pirla? (D'altronde, uno che vota Calderoli o Bossi....)
2)Da queste parti mi sembra non si siano mai fatte penose tavole rotonde sulle radici culturali di un magrebino.
Secondo me tu sei un esempio evidente di non comprensione di se e dell'altro.
Con affetto
Zagabart
Perche', in queste edificanti storielline, quelli che abitano in su (triestini, veneti, brianzoli che siano) fan sempre la figura dei cipollotti, mentre quelli che stan piu' giu' son sempre astutissimi? Solo perche' gli uni votan Calderoli? Micciche' invece fa smart?
Perche' le richieste di attenzione alle proprie radici vengono sistematicamente sbeffeggiate se arrivano da un bergamasco, mentre provocano pensose tavole rotonde con frotte di mediatori culturali se vengon poste da, che so, un maghrebino?
Parlare in dialetto? Ah ah ah, grasse risate.
Imbacuccare la moglie in un burqa o tagliuzzare il clitoride alla figlia? Beh, parliamone, approfondiamo, mediamo...
8/1/2009, 9:25:00 AM
Vito
just one of my favourite things
24-12-2007, 02:58anniversari, cultura, feste, non ho voglia di tuffarmi in un gomitolo, religioniPermalinkGli spettri dei Natali passati
Tutti mangiamo il panettone a Natale, ma solo i credenti sanno perché lo mangiano. Non è che il loro panettone sia necessariamente più buono di quello dei non credenti: è semplicemente più ragionevole. (Cardinale Biffi)
1) Publio Plinio a Domizio Rufo:
"Carissimo, ti auguro con questa epistola di trascorrere un buon Natale del Sole. Non so da voi, ma qui a Mediolanum ormai lo festeggiano tutti: persino i cristiani! Sì, anche quella setta di santoni pseudoebrei, gli adoratori dei crocefissi, dopo qualche resistenza ormai si sono decisi a festeggiare come tutti gli altri.
Non c’è che da apprezzare la saggezza del nostro grande imperatore Aureliano, che volle rendere ufficiale la festa, l’ottavo giorno prima delle Calende di Gennaio. Noi cittadini dell’impero siamo diversi per lingua, razza e religione, ma tutti siamo scaldati dallo stesso Sole, che dopo il freddissimo Solstizio d’Inverno ora ricomincia timidamente a riallungare le giornate. Né Aureliano volle inventarsi una Festa di sana pianta, ma lungamente studiò il problema coi suoi collaboratori, scoprendo che la festa della Rinascita del Sole è la più universale; anche se alcuni lo chiamano Mitra, altri Elagabal, altri Helios: in fin dei conti è sempre lo stesso per tutti, e tutti ugualmente ci riscalda.
Solo i cristiani, nella loro superstizione, sono convinti di non adorarlo. Ho appreso da un mio servo, che partecipa alle loro riunioni, che pure loro mangiano gli stessi dolci impastati con frutta candita e miele: ma non per festeggiare il Sole a cui devono la frutta e i fiori, bensì la nascita del loro Dio, o profeta (essi non hanno chiara la distinzione tra i termini), Gesù Cristo.
Confesso di essere affascinato dall’ignoranza che nutrono per la loro stessa religione. Avendo dato un’occhiata, per curiosità, ai loro libri sacri, so bene che in nessun giorno del calendario è fissata la data di nascita del loro eroe. Stavo quasi per dirlo al mio servo, ma a che pro? Non sa leggere. Ma lasciamolo pure mangiare il suo pane dolce e i suoi canditi, anche se ignora l’autentico significato di ciò che fa".
2) Ebrhardt a Kwenghjil
"Gran figlio di vacca visigota e padre ignoto, come va? Spero che in Hispania faccia meno freddo che qui. Tra un po’, grazie al cielo, le giornate si riallungheranno. Nel frattempo io me ne resto accampato in questa nebbiosa valle padana. E mi si gelano i coglioni.
Mi gelano anche perché la mia Orda ha deciso di convertirsi in blocco a quella religione del menga, il Cristianesimo.
Dicono che conviene farsi amici i vescovi, che sono i veri capi delle città. Mah. Fosse per me avrei giù brindato coi loro teschi disossati, ma forse hanno ragione. Ci vuole gente che sappia amministrare tutto questo casino.Del resto mi conosci, io di religione mi sono sempre interessato quanto bastava per portare le fanciulle alle orge. Però, boia d’un Thor, non toccatemi Odino! Te lo ricordi, Kwenghjil, quando eravamo bambini e la mamma ci diceva di mettere fuori gli stivali pieni di carote per il cavallo del dio Odino?
Era due giorni dopo il solstizio d’inverno, come oggi. Nella notte lunghissima il dio con la barba bianca portava gli eroi caduti a una battuta di caccia. E quando si fermava alla nostra stalla, dovevamo essere a letto e non fiatare, se volevamo che ci riempisse gli stivali di nocciole al miele e altre leccornie.
E adesso mi spieghi, Kwenghjil? Se mi converto al cristianesimo, cosa ci racconto al mio nipotino? Ha il diritto di credere in Odino anche lui, o no?
Ieri sera l’ho preso davanti al fuoco e ho attaccato con la storia del dio che cavalca nella notte. Si è messo a piangere come un puledrino! Ben ti sta, mi ha detto mia moglie. Basta con queste storie di Dei barbari a cavallo, mi dice, sei vecchio, aggiornati! Se non fossi il vecchione che sono l’avrei impalata lì dov’era! E invece l’ho lasciata fare: ha preso in braccio il marmocchio e (non credevo alle mie orecchie) ha completato il racconto spiegando che Odino era un dio cattivo e feroce, che abitava nei boschi, ma poi ha incontrato un tale San Nikolao, Santa Nicola, non so, che ha convertito pure lui, e da allora è buono e porta i dolci dal camino!
...E poi dimmi se a uno non devono gelarsi le palle. Dove sono finite le tradizioni dei nostri padri? È tutta una schifezza. Meno male che posso mangiarmi ancora le mie nocciole al miele. Le mangio alla tua salute, vecchio scannagalline".

"Ciao dutùr, spero che ti passi un buon Natale. Qui a Milano è un freddo cane come sempre (e poi dicono il riscaldamento globale, bah). Ma se Dio vuole, da qui in poi ci si riallungheranno le giornate.
Ti saluta anche tuo nipote – perlomeno ti saluterebbe, se riuscissimo a staccarlo da quella plaistescion rivoluzionaria che gli hai regalato. Che sia l’ultima volta: siamo seriamente preoccupati. Da mezzanotte alle nove del mattino è rimasto lì impalato a dimenarsi davanti al televisore. Al che mia moglie gli ha detto: “Ma devi proprio giocarci da solo? Perché non inviti i tuoi amici?”
Gli amici di mio figlio: un cinese, un turco e un Di Gennaro. Tre ore chiusi nella stanza a dar di matto con quell’affare. A un certo punto blocco mia moglie nel corridoio con in mano un vassoio di panettone: ma sei sicura? Le ho detto io. E se è contro la loro religione?
Ma che religione e religione, fa lei. È un dolce, non lo proibisce nessuno. Appunto, faccio io, è un dolce di Natale, cosa vuoi che sappiano in Cina? Loro mica ci credono, in Babbo Natale. E poi c’è un turco, figurati.
Proprio in quel momento dal bagno salta fuori Giampiero, e alza le spalle: Papà, dice, veramente Babbo Natale viene dalla Turchia. Ma che Turchia e Turchia, dico io, chi te le racconta queste cose? La prof di religione, dice lui. Ci ha spiegato che Babbo Natale è San Nicola, e San Nicola è nato in una città che adesso è in Turchia. Ah, sì? Vorrà dire che l’anno prossimo ti esentiamo dalla materia, visto che la tua prof non sa nemmeno che San Nicola sta a Bari!
E vai!, ha detto lui. Che stronzetto ho messo al mondo.
Alla fine se lo sono sbafato, il panettone. Glie n’è fregato assai, di sapere perché lo mangiano. Che mondo. Che mondo.
Speriamo soltanto che torni un po’ di sole".
(Un buon Natale di Sole a tutti quanti).
Nelle valli Giudicarie del Trentino aspettano ancora santa Lucia che porta dolci per i bambini nella "notte più lunga che ci sia" (13 dicembre, anche se il solstizio è il 21). Bisogna però lasciare qualcosa da mangiare per il suo asino. Non sapevo che fosse la versione addomesticata della caccia di Odino! Che sotto sotto s. Lucia sia una "potnia theron", una signora degli animali "?
Bellissima storia, comunque, grazie
La dama del lago
Auguri!
GePs
i mostri siamo noi
01-11-2007, 13:19cultura, feste, religioni, scontro di civiltàPermalink
Tutti questi finti o veri preti che continuano a prendersela con Halloween - festività - pagana, ma si rendono conto che dell’idiozia che incarnano? Halloween e Ognissanti cadono lo stesso giorno: possibile che una festa sia celtica e l’altro giudaico-cristiana? Che il Natale caschi la stessa notte in cui i romani celebravano il Sole Invitto e il Dio Odino cavalcava portando doni ai piccoli barbari non vi suggerisce proprio niente? Halloween-Ognissanti non sarà semplicemente la stessa festa filtrata in due culture diverse? E il fatto che una stia mangiando l’altra… non depone a sfavore della vitalità di quest’ultima? E una cultura in crisi di vitalità, come intendete curarla, con le messe in suffragio? Hai voglia.
Sedetevi, vah, che vi racconto una storia.
La tribù aveva paura dei morti, che tornavano di notte a tormentare il sonno dei bambini. Per ovviare al problema s’inventò la sepoltura; restava il problema dei morti dispersi. Si pensò allora di celebrare un rito anche per loro, una volta all’anno. Finché dalla città arrivò un predicatore, spiegò che Gesù era risorto anche per loro, e battezzò tutta la tribù in mezza giornata. Prima che andasse via gli chiesero: ma possiamo ancora festeggiare la prima notte di novembre?
“E cosa sarebbe?”
“È il giorno in cui lasciamo i dolci per i morti”.
“I dolci per i morti. Dunque… nel Vangelo non se ne parla. Ma cosa se ne farebbero, i morti, insomma?”
“Sono morti dissepolti, che altrimenti vanno negli incubi dei bambini”.
“Aaah, è per i bambini”.
“In pratica sì”.
“Ma se lasciate i dolci sui davanzali, le bestie selvatiche…”
“Dopo un po’ in effetti li togliamo e li diamo ai bambini. Dici che è una cosa troppo pagana?”
“Via, non si dica che Gesù è venuto a togliere i dolci ai bambini. Fate pure. E intanto dite delle preghiere”.
“Preghiere?”
“Pregate Gesù che porti i morti in paradiso. Teologicamente non fa una grinza, e rispetta anche le tradizioni del territorio. Col vescovo poi me la vedo io. C’è altro?”
“Nell’equinozio di primavera rubiamo un bambino alla tribù vicina e lo sgozziamo…”
“D’ora in poi sgozzerete un agnellino”.
“Ma l’agnellino è tanto carino…”
“No. Su questo Gesù Cristo non transige. Stop ai sacrifici umani”.
“Uffa”.
Sarà anche un’americanata, Halloween: ma se funziona (e funziona), forse risponde ad esigenze a cui la cattolica liturgia dei Morti non risponde più.
Per esempio, l’elemento paura. Non venite a dirmi che è un sostrato celtico: i morti fanno paura a tutte le tribù del mondo. Morte e Paura vanno a braccetto: ma Halloween celebra la paura, Ognissanti no.
Ora aspetto che arrivi uno laureato fresco pronto a spiegarmi che noi latini siamo troppo solari per celebrare questo tipo di cose. La letteratura gotica non l’abbiamo inventata noi. Le storie di fantasmi non sono roba nostra.
Fate che arrivi. Fate che ci provi, a spiegarmi questa cosa. Io lo aspetto al varco per sgozzarlo col mio italianissimo attrezzo da norcino. Noi italiani siamo il popolo del sangue e del terrore! Gli elisabettiani ambientavano le tragedie in Italia perché il pubblico si metteva paura solo a sentire i nomi delle città… Noi facevamo splatter nel Trecento, con Dante Alighieri e i suoi effettacci che gli americani ancora c’invidiano! E anche Boccaccio quando voleva sapeva mettere insieme storie di fantasmi mica male. E certe pagine di Ariosto, del Tasso… ma restiamo nel folklore. Prendiamo le Fiabe Italiane e andiamo a vedere quanti boschi oscuri e quanti diavoli incontriamo. No, quello che fa rabbia di Halloween, è che fino a due secoli fa avevamo tutto il materiale culturale per farcelo da soli, il nostro Halloween, anche più spaventoso di quello americano. E poi cos’è successo?
Sbaglio di troppo a dire che l’egemonia anglosassone nella letteratura fantastica nasce proprio dalla consuetudine di raccontarsi storie di fantasmi ad Halloween? Pensate a Henry James, a Dickens. Col suo Cantico, Dickens si è preso persino il Natale, l’ha trasformato in un’anglissima leggenda di fantasmi. Non solo, ma con i Fantasmi dei Natali Passati e Futuri, Dickens ha persino inventato la nozione moderna di viaggio nel tempo. La moderna letteratura fantastica e fantascientifica deve quasi tutto alle storie di fantasmi. Gli inglesi e gli americani sono abituati a raccontarsele da bambini, noi no.
Alla fine, sarà un caso? Loro hanno un immaginario vivace, pieno di variazioni sul reale, e noi ci becchiamo i filmetti minimalisti alla Soldini.
Non ditemi che è una questione culturale, perché noi italiani siamo quelli che abbiamo lanciato Dario Argento e Dylan Dog. Se penso a un film letteralmente terrificante, penso alla Casa delle Finestre che Ridono di Avati, che non solo è orrore puro, ma italiano al 100%: il pittore matto, il prete ambiguo… Il nostro problema è che tutto questo rimane confinato nel “genere”. La più grande fregatura degli ultimi vent’anni è stata appunto questa nozione del “genere”. Dieci anni fa era un ghetto, oggi ha messo i cancelli d’oro, ma sempre ghetto è. Nel mondo anglosassone la storia di fantasmi non è “genere”: può essere benissimo grande letteratura. Amleto è un groviglio di psicanalisi e antropologia, ma allo stesso tempo è anche una grande storia di fantasmi. Nessuno può scambiarla per evasione.
I fantasmi sono una cosa seria. Il racconto dell’orrore, quando lo scrive Kafka in una notte insonne, mette a fuoco l’umanità meglio di cento o mille romanzetti minimal-realisti. Se nei secondi tempi dei nostri film non atterrano mai gli alieni, se non si risvegliano gli zombie, se non si riesce mai a fare un discorso che vada un po’ più in là del nostro naso, è proprio perché a un certo punto abbiamo voluto tenere i fantasmi fuori dal nostro Ognissanti. Abbiamo fatto male. Ce lo meritiamo, Halloween. Ci serve proprio.
Non dite che i morti dissepolti non tormentano anche voi. Prendete un bambino sulle ginocchia, questa sera. Raccontategli qualche storia spaventosa. Ve ne sarà grato per la vita.
Non ci fosse la Pace potremmo continuare ad essere predatori di noi stessi, come negli ultimi millenni, ma allo stato attuale...
:-)
http://www.macchinadeisogni.org/corsi/pages/programmi/p_genere.htm
dice:
Nell’America puritana, figlia dei Padri pellegrini ma pur sempre terra di libertà e opportunità, la festa dedicata al travestimento e alla trasgressione (la chiamano Halloween) dura un giorno solo ed è legata ad un oscuro mondo di morti, spettri, streghe e zucche viventi. In Italia, invece, culla del cattolicesimo e domicilio prediletto del Papa, questa festa (il Devoto-Oli la cita come Carnevale) dura tre mesi ed è un inno alla trasgressione gioiosa delle regole, al divertimento colorato e al godersi la vita prima che arrivi la mestizia della Pasqua. Insomma, in questo caso Italia batte Stati Uniti 3 a 0.
Anche se - effettivamente - un film come Freddy vs. Jason ha un appeal un po’ meno di nicchia rispetto a Arlecchino vs. Balanzone.
Purtroppo non riesco a trovare un link a quel libro.
Vedevo ieri un film indiano (Moonsoon wedding) dove gli indiani della media borghesia cercano di vestirsi come gli yuppie occidentali e le donne hanno il sari ma usano telefoni cordless e girano in SUV.
Una cosa repellente, come Halloween da noi e qui son d'accordo con mammifero.
E' la globalizzazione dei costumi, che si rifà al modello vincente, gli USA.
Perchè è vincente ? Forse perchè è davvero il modello più giovane e più progredito e più divertente: son loro che ci hanno portato il chewing gum e i jeans, i supermarket e macdonald, il jazz e il rock, il western e il film d'azione, la TV e i pc, i grattacieli e i jumbojet, tutto il mondo balla alla musica (in senso lato) che ci viene dagli States, fra cento anni saremo tutti uguali a loro, con le storie davanti al caminetto non c'è gara.
In che senso Halloween funzionerebbe? A me sembra che se in qualcosa funziona, è nel mercato; o, in ambito più vasto, a dare l’ennesima dimostrazione della nostra sudditanza culturale nei confronti degli Stati Uniti.
Insomma, una decina di anni fa Halloween qua in Italia non esisteva proprio, poi un certo business l’ha lanciato con successo. Magari può essere vero, questo successo si fonda su elementi atavici o più o meno radicati: ma, mi chiedo, in questo caso è legittimo oppure piuttosto fuorviante impostare un discorso del genere?
Quanto alla letteratura fantastica (e fantastica nel senso moderno, occorre tenere presente questo distinguo), la scarsa produzione qui da noi secondo me è dipesa innanzitutto dalla nostra “cattiva” ricezione del Romanticismo. Non è un caso che le prime o più interessanti cose si siano viste con la Scapigliatura (ricordiamoci Tarchetti!); e poi nel primo Novecento ci sono state alcune cose di Pirandello, sebbene con diversa declinazione, quindi più nello specifico Papini, e più avanti Buzzati (seppure anche qui nella sua poetica personale).
Poi sono arrivati Croce e soprattutto il realismo marxista.
Che tanti danni hanno fatto, e penso per esempio alla cattiva luce gettata su Tolkien o su Lovecraft.
Alcune case editrici “di destra” ci hanno marciato e così via; ma questa è un’altra storia. (Forse.)
@ Leo: non so, mi sembra troppo riduttiva la spiegazione basata sull'unico motivo della mancanza di paura e/o fantasmi. Anche se ovviamente l'egemonia culturale anglosassone è indiscutibile. Il dubbio mi sorge leggendo le diverse radici culturali di Halloween (vedi Wiki in inglese), che non hanno solo la paura alla base, ma anche il contatto con l'oltremondano. Capisco comunque che la chiesa si preoccupi quando qualcuno cerca di rompere il monopolio di comunicazione con l'aldilà. Chiedano a telecom come si può combattere la concorrenza ;)
Non so quanto la censura cattolica abbia a che fare con la strada che ha preso la nostra letteratura.
La prima cosa che mi viene in mente è che la letteratura fantastica anglosassone nasce dall'entusiasmo positivista: Frenkenstein o il moderno Prometeo, Lo strano caso del dr. Jekyll e mr. Hyde, L'uomo invisibile, lo stesso Dracula sono storie positiviste, anzi, inni positivisti: hanno sì un finale tragico (tranne l'ultimo), ma non sarebbe stato possibile concepirle senza una cieca fede in questa nuova filosofia, che prometteva di spiegare il mondo e, appunto come in Frenkenstein, mettere il fuoco nelle nostre mani.
Non so se sia stata la paura del sambenito a frenare le penne italiane, o la mancanza, da parte dei nostri autori, di fede nell'emergere della scienza, o semplicemente una maggiore attenzione verso le umane vicende, a far sì che gli scrittori nostrani si concentrassero su queste ultime.
È però interessante che, lontano da quel mondo letterario, il fantastico, soprattutto il più spaventoso, affollasse i racconti e l'immaginario collettivo.
Nella mia zona ci sono tantissime storie di fantasmi e decine di "leggende contadine" (il contrario di quelle metropolitane) su grotte ricolme di tesori, che imprigionano per sempre chi tenta di derubarli; di preghiere segretissime, conosciute solo da pochi vecchi, che, se rivolte a certi santi (un po' stronzi) inducono questi ad uccidere immediatamente chi le ha rivolte loro; di lupinari che vagano di notte assalendo gl'incauti passanti, e di chissà cos'altro.
Ciò detto, a me piace tantissimo la letteratura fantastica, adoro i racconti del terrore, ma odio e schifo profondissimamente l'halloween nostrano, fatto di niente e lustrato ad arte da ventitori di paccottiglia scadente.
Non so ma credo che il punto è proprio questo.....per cercare un nome bisogna tirare fuori i soliti noti, e con qualche forzatura pure.
Dylan Dog è ambientato a Londra mi pare. E non si può rispondere a King o Koontz con Dante o Ariosto ci sono almeno un bel pò di secoli di distanza. E questo significa qualcosina.
La letteratura anglosassone è andata avanti e noi no. E' questo il punto, non ne vedo altri. Quelli continuano a sfornare scrittori buoni e scrittori pessimi...da noi spunta Dante anche per chi compila l'elenco telefonico. E questo mi dà da pensare. Molto.
In realtà la ragione non è quella. Per poter raccontare quel genere di storie in modo "credibile" occorreva un'ambientazione esotica. Le stesse storie ambientate nella città affianco non avrebbero risvegliato altrettanto interesse. E da qui la scelta dell'Italia...
Ad Halloween si possono vendere vestiti di carnevale, dolci e stronzatine varie, feste nei pub e cene nelle pizzerie. Per Ognissanti giusto dei fiori per le tombe.
Tutte queste cose portano a fare pubblicità in TV per convincere la gente a comprare.
E' ovvio che diventi di moda, è lo stesso meccanismo di S. Valentino.
S. Valentino mica risponde ad esigenze di amore, così come Halloween non risponde ad esigenze a cui la liturgia dei morti non risponde.
Tutte e due rispondono a qualcosa di molto prosaico e motivazionale: soldi.
Nessuno attacca nessuno, il tuo articolo sembra uno sfogo (molto) personale che non ha attinenza con la realtà.
Che halloween sia una festa pagana e celtica è un dato di fatto, che i cristiani festeggino il giorno dei morti anche, che la chiesa voglia tenere divise le due cose mi sembra più che lecito.
Mi pare di capire che a te piacerebbe vedere gente mascherata da cadavere a San Pietro.:)
centro Europa
16-08-2007, 11:30cultura, Euro, scontro di civiltàPermalinkRotterdam, a dirlo sembra un'astrazione, ma è al centro dell'Europa per davvero. E l'Europa non è centrifuga come l'America, l'Europa è centripeta, e quindi al centro ci trovi di tutto.
Per esempio, e generalizzando molto: se parcheggi intorno al centro di Oslo, e ti mancano le monetine per la macchinetta, l'ombra del vigile ti farà una certa paura.
Se invece parcheggi dalle parti di Bari vecchia, con o senza monetine, non sarà del vigile che avrai paura, quanto del furtivo estrattore di autoradio.
Se parcheggi a Rotterdam, invece, capita che ti succedano entrambe le cose: da un lato cercano di forzarti la serratura (senza riuscirci), dall'altro ti fanno pure la multa. Questa è Rotterdam, e adesso torniamo a casa.
Dirò allora che il parcometro in questione era proprio senza fessura per le monetine, e accettava solo carte di credito che non fossero le nostre. Dirò anche che in Belgio con venti centesimi parcheggiavi mezza giornata e che a Parigi almeno fino a due anni fa parcheggiare in agosto era gratis, non so se mi sono spiegato, gratis.
Riguardo all'America non so cosa succeda a parcheggiare perché ci sono andato in aeroplano. L'America (anche quella latina) è centrifuga perché tutti vanno a vivere ai bordi, sulle coste, c'è il mito della frontiera ecc ecc, mentre in Europa ci si tende ad agglutinare al centro.
In più preciso. Se parcheggi a Bari ti fottono l'auto e ci fanno una rapina, ti arriva prima una multa a casa dell'autovelox presa dai ladri che scappavano dalla banca, ma prima della tua denuncia di furto. Poi, di conseguenza, ti incriminano per concorso in rapina e associazione mafiosa. Ma non andrai mai in galera. Tutto sarà prescritto dopo 15 anni durante i quali hai pagato le vacanze in america a due famiglie di avvocati.
Se vuoi farti estrarre un autoradio è certo meglio Fesca o il mai dimenticato CEP.
e dimezzare i compensi a Citati?
04-07-2007, 02:151968, Citati, cultura, il cattivo supplente, leggere, ragazzini, scuola, SvevoPermalink
Uno fa il possibile per riuscire gentile e simpatico con tutti, o almeno con le signore, i bambini e gli anziani. Però non è sempre possibile.
A volte uno deve parlare chiaro, a costo di sembrare sgradevole. La verità è sgradevole. La verità è che Pietro Citati non ha capito nulla della scuola, della società e dell’Italia. Proprio lui, che vorrebbe raddoppiarmi lo stipendio? Proprio lui.
La sua totale ignoranza, nel senso etimologico naturalmente, il suo totale non capirci nulla di quello che gli succedeva 70 anni fa e di quanto gli sta succedendo oggi, getta un’ombra inquietante sulla cultura. Se avesse passato 70 anni legato in una grotta – ma no, Citati ha studiato, ha viaggiato, ha letto, ha scritto. Possibile che non sia servito a nulla?
Citati ha la sua ricetta per salvare la scuola in Italia. Ce l’abbiamo tutti. Siamo tutti esperti, dal momento che in una scuola italiana ci siamo pur entrati, anche se è stato 60 anni fa. Ma la scuola che descrive il pregiato critico è una decalcomania imbarazzante. Ci siamo tutti innamorati di una brava insegnante al ginnasio: ma appunto, è stato il ginnasio. La vita poi ci prende a ceffoni quanto basta per farci scoprire che dietro spiegazioni che sembravano chiare stanno fenomeni tutt’altro che semplici; che Machiavelli o Guicciardini non sono amici nostri, ma personaggi storici che vivevano in un mondo radicalmente diverso dal nostro. Perlomeno, oggi la nostra scuola lo fa, o ci prova. Citati no. Lui è rimasto al ginnasio. Lui gli autori li ama. Ci parla, li sogna, "si identifica", ci scrive le letterine.
Citati non è che abbia un progetto di scuola futura da proporre. Ci mancherebbe. Ha solo un’età dell’oro da rammentare. Indovinate un po’: è la sua infanzia. Le maestre erano più amorevoli, Machiavelli e Guicciardini due simpatici compagni di gioco, e probabilmente anche la marmellata nei panini imbottiti era di qualità superiore. Sì. Il mondo era veramente stupendo. In questo mondo, badate bene, le maestre venivano pagate male come adesso, ma erano brave lo stesso, perché… non c’è un perché, è così è basta.
Esisteva l'inconscia convinzione che i professori non appartenessero a nessuna classe sociale: ma ad uno strano regno, dove né danari né vestiti né vacanze costose avevano importanza.
Tutto questo sarebbe naturalmente durato per sempre, se l’armonia universale non fosse stata turbata da un mostro immateriale, chiamato da alcuni “Ministero” e da altri “politica”.
Ci furono periodi relativamente decorosi. Quello, per esempio, nel quale l'insegnamento nelle medie e nei licei fu assunto, quasi esclusivamente, dalle donne: lo stipendio era basso, ma integrava quello del marito; e poi rimaneva tutto il pomeriggio libero da dedicare ai figli. Ma questo interludio non fu lungo. Presto il Ministero elaborò una quantità mostruosa di materiale burocratico o semiburocratico e paraburocratico - riunioni, commissioni, moduli, discussioni, aggiornamenti, delirii - che distrussero i bei pomeriggi liberi, nei quali passeggiare o giocare con i figli.
La prima caduta dall’età dell’Oro, secondo Citati, fu il momento in cui l’insegnamento smise di essere una professione part time per diventare un delirio burocratico. E si capisce. Perché l’insegnante che amoreggia con Guicciardini dovrebbe “aggiornarsi”? Forse che Guicciardini ha pubblicato qualcosa di nuovo? Perché dovrebbe partecipare a riunioni coi colleghi sull’andamento della classe? Perché dovrebbe convocare genitori o essere convocato da psicologi? Citati non sa, non immagina, che anche nella sua epoca felice il pomeriggio delle brave maestrine era spesso consacrato alla correzione dei compiti, e non alle passeggiate al parco coi bambini.
Segue la descrizione del “rapido disastro” della scuola negli ultimi trent'anni. Le cause furono innumerevoli: le conseguenze del voto politico negli anni dopo il 1968 (Citati, che in quegli anni viveva sul pianeta Goethe, è convinto che gli insegnanti abbiano dato “voti politici” per lunghi anni: ci sarebbe da mettersi a ridere, se non ci si trovasse davanti a uno dei protagonisti della nostra cultura) la riforma della scuola elementare, che vide la dissennata suddivisione tra i maestri (come se un solo maestro non fosse capace di insegnare sia aritmetica sia italiano) (qui evidentemente il pregiato critico sta parlando di una riforma che non conosce; del resto, come si vedrà, la sua conoscenza dell’aritmetica è molto approssimativa, e forse la sua maestra delle elementari c’entra per qualcosa). L'immissione, per motivi politici, di moltissimi pessimi insegnanti: la conseguente mancanza di posti per i giovani laureati. Ecco.
Quando parlate di egemonia marxista nella cultura italiana, ricordatevi di Citati. Spiegatevi com’è possibile che in decenni di egemonia culturale questo personaggio abbia potuto sopravvivere, scrivere, vendere, farsi apprezzare, dal momento che la sua visione del mondo è quanto di meno marxiano si possa immaginare. Per lui le classi sociali non esistono: esistono solo maestre appassionate che vivevano in un mondo a parte dove potevano amare il loro lavoro, passare pomeriggi nelle panchine coi figli, e guadagnare nulla. I conflitti degli anni Sessanta non nascono dall’avvento della scuola e dell’università di massa; è solo stata una fase infelice segnata da cortei di ragazzacci che chiedevano il sei politico. Non ci sono nemmeno conflitti generazionali, no; la “Politica”, un mostro tritacarne, genera dal nulla “moltissimi pessimi insegnanti” e li immette nel mercato del lavoro per pura cattiveria. Don Milani non è nemmeno il simpatico prete veltroniano: Don Milani semplicemente non è mai esistito.
Così decrepito da avercela ancora con gli strutturalisti, Citati è convinto che i libri di testo siano infestati dai seguaci di Gérard Genette. E poi ce l’ha con Svevo. Secondo lui i quindicenni non lo possono capire, devono leggere Delitto e Castigo. Io l’ho letto, a 15, Delitto e Castigo. Parlava della Russia: mi ricordo un mazzo di chiavi un’accetta e poco altro. Della Coscienza di Zeno, a 16, ho un ricordo fulgido. È uno dei libri che mi hanno fatto capire cos’è l’uomo. Ricordo il mio compagno di banco, che non sottolineava mai nulla (disegnava soltanto qualche pisello con la matita nei momenti di stress), ma che in uno spazio bianco sotto al finale della Coscienza di Zeno aveva scritto SACROSANTO: a caratteri di scatola, come se si trattasse di scrivere Juve Merda. Lo avete presente tutti il finale di Svevo, no? Il pazzo un po' più ammalato degli altri che si arrampica al centro della terra e la fa esplodere.
(“Perché hai scritto questa cosa?”
“Perché è... sacrosanto”.)
Il pazzo un po' più ammalato degli altri che fa esplodere il mondo, e tutto torna pulito. C’è qualcosa che un quindicenne di oggi non possa capire? La scuola ha tanti problemi, ma Citati non è la soluzione. Al massimo è uno dei problemi.
Citati in realtà è il migliore rappresentante dei difetti della nostra scuola: difetti non sessantottardi, ma gentiliani. Le sue stime tese a dimostrare che economizzando qua e là si potrebbe raddoppiare il salario agli insegnanti testimoniano le carenze di una scuola tutta Latino e Greco, che partorisce ignoranti di matematica ed economia. La sua riduzione della Storia a grandi personaggi, la sua riduzione della Letteratura a grandi scrittori, la sua incapacità di vedere i problemi e le evoluzioni del mondo, testimoniano i ritardi di un sistema scolastico più vicino a Plutarco che a Foucault. È un mondo col quale dobbiamo chiudere, prima o poi. A costo di essere un po’ sgradevoli – del resto la vita è sgradevole.
Non è un sogno Biedermeier, con lungi pomeriggi tra passeggini e panchine; il lavello è pieno e non verrà nessun domestico a rigovernare. La cultura non è un'attività di lusso della classe agiata: è un lavoro che crea un valore, per una società che ne ha più o meno bisogno. E lo è sempre stato. E Citati dov'era? In casa sua, a identificarsi con Kafka e Proust. Va bene. Ma che non salti fuori adesso: senza offesa, è un po' tardi.
Lo so che la cosa ti può stupire e turbare, ma i poveri hanno affascinato milioni di persone. Anche Don Milani, che era un ragazzo di buona famiglia, e l'inglese probabilmente l'ha studiato da una prof simile alla tua.
Così alla fine io non mi ricordo di Marmeladov, e tu della Lettera a una professoressa (ammesso che tu l'abbia letta). Tranquillo, nessuno ti boccerà per questo, di vaste ignoranze è pieno il mondo. Uno di questi pomeriggi ti siedi sotto una kenzia e lo leggi. Probabilmente non ti dirà niente, perché è vero, i poveri sono difficili da capire, anche quando si sforzano di parlare chiaro.
Zen, siamo daccapo: forse hai ragione tu sui numeri, forse la media prof/studente in Italia è bassa (forse a causa dei prof di religione?) Il fatto è che non riesco a capire, nella mia quotidianità d'insegnante, come sarebbe possibile alzarla. Più di così in meno ore non ci riesco, e non mi pare che ci riescano neanche i miei colleghi. E comunque l'idea di correggere un solo compito all'anno (in qualunque materia, non solo in italiano) mi sembra fuori da qualunque idea della didattica: noi siamo insegnanti che coi ragazzi facciamo un percorso, non magistrati che una volta all'anno giudichiamo un imputato.
Credimi, i poveri e i brutti non hanno mai affascinato nessuno.
Giulio.
p.s. a 15 anni forse avresti potuto cogliere qualcosa di più in Delitto e castigo: che so, la morte del povero Marmeladov, per esempio.
p.p.s. la professoressa che bocciò gli alunni di don Milani, non credo fosse la perfida manifestazione di una reazione occhiuta e malevola. Probabilmente li bocciò perché erano una banda di somari. E, in questo caso, direi che fece benissimo.
Perdona , ma non esistono solo gli insegnanti di italiano e qui forse sei tu che ti confondi con la scuola rimpianta da Citati.
Lui dice anche un'altra cosa, di restituire prestigio attraverso anche lo stipendio, io (non solo io) sostengo che il personale e' troppo.
Non mi rallegro di questa diagnosi sommaria, ma credo sia il problema centrale delle riforme mancate e delle pseudo riforme: non e' facile dire una cosa simile, puo' apparire anche brutale, me ne rendo conto.
Non c'e' un prof medio ovviamente, ma tutti gli alunni diviso tutti gli insegnanti e le statistiche del Ministero sono queste : poco piu' di 11 alunni per insegnante (ci sono quelli di ed. fisica, i tecnico pratici, di religione etc.) e ci sono, anche si',le scuole di montagna o delle isolette, le scuole serali.
Il rapporto dice che mediamente ogni insegnante ha 10 studenti, che e' diverso dall'avere 10 allievi in classe. Infatti credo tu ne abbia tra 40 e 60 su due o tre classi. E' incredibile, questo 10 a 60 ? No.
Ripeto si puo' insegnare diversamente, da altre parti a quanto pare lo fanno , anche loro hanno fenomeni di dispersione, anche loro soffrono di calo demografico (sebbene inferiore al nostro).
Ai tempi della Gilda si parlava di professionalita' docente. Questa parola divenne un mantra buono per tutto; di li' , sarebbero passati, si riteneva, la riqualificazione, il prestigio e lo stipendio. La docimologia (la giusta valutazione) avrebbe abbianato tutto.
Domando : c'e' ancora qualcuno disposto a credere che questa rivendicazione abbia permesso di conseguire qualcosa ?
A me non sembra e ritengo che quel volontarismo orgoglioso abbia cozzato sempre contro il numero.
Forse gli insegnanti oggi sono mediamente piu' preparati, ma i promossi sono i medesimi (prossimi al 100%), i bulli son di piu', i genitori promuovono cause per ogni fesseria, l'aria nella scuola e' (credo) peggiorata rispetto a quando ho mollato, gli stipendi son parametrizzati (cioe' fermi) e si lavora di piu'.
Gli insegnanti son rimasti sempre troppi.
Non so, non voglio convincerti,ne' avviare un dialogo esclusivo tra noi, mi pare evidente che l'argomento non solleva grande dibattito.
Nemmeno sul tuo Blog.
Ed e' un peccato, perche' la questione e' all'incirca la stessa da 40 anni.
Toh , tuona e piove :)
Io ho classi di 28 alunni, e 80 ore di lezione le faccio in un mese. Certo, non sono il prof medio, però ce ne vogliono, di prof di montagna con classi di 3 persone, per equilibrare il mio dato personale. E gli statali che non fanno il part-time fanno 18 ore di lezioni settimanali, non ci piove. Ok, forse il calcolo è 'drogato' dai prof di sostegno, che sono una particolarità del sistema italiano - e peraltro funzionano. Forse in altri Paesi non li contano perché usano assistenti sociali. Forse. E forse non usano nemmeno quelli.
Insomma, scusa, ma questi calcoli fanno il paio con quelli di Citati che togliando il gelato a Buttiglione mi raddoppia lo stipendio. Siamo una nazione di allenatori, aspiranti veline e ministri della pubblica istruzione (e del bilancio).
Infine: tu proponi a me di correggere un tema e mezzo all'anno d'italiano per ragazzo? Sei serio? Lo sai perché lo strapagato insegnante dell'università può farlo? Perché l'insegnante della scuola elementare, media e superiore ne ha corretti a vagonate. No, scusa, secondo me non hai capito che la correzione delle verifiche e dei compiti a casa è parte integrante del lavoro dell'insegnante.
Forse bisogna cambiare modo nel condurre le cosidette verifiche. All'universita' ad es mediamente sono 1,5 all'anno per materia. Qualcuno dovrebbe spiegarmi perche' mai ad es. alle superiori non sia possibile questo sistema.
I dati sono un po' vecchi, che forse giudicherai di parte. Li trovi qui:
http://www.aranagenzia.it/homearan.nsf/doculinkN/rapptrim/$file/A5n1.pdf?openelement
Personalmente non credo sia di parte piu' di tanto.
In particolare a pag, 25,24,23 trovi rispettivamente alunni per insegnante, ore di insegnamento, retribuzioni. Tutte medie ovviamente. Si tratta di indicatori e come tali soggetti a incertezza. Quel che e' certo e' che in molti dei paesei europei segnati si lavora di piu', ci sono piu' allievi per insegnante, e le retribuzioni sono piu' elevate che in Italia (c'e' anche qualche scostamento dalla mia affermazione). L'italia ha poi un'altra, ovvia, caratteristica: le spese correnti per gli stipendi si mangiano quasi tutta la spesa, lasciando poco spazio agli investimenti nella scuola e alla formazione dei docenti.
Se non si entra in questa dimensione, nella scuola a mio avviso non si cava un ragno dal buco.
Tutto quel che ho trovato è questo saggio e questo report OCSE. Di classi tedesche con 56 alunni, francamente, non ho mai sentito parlare.
Nel tuo periodo breve hai insegnato a 50 alunni: quante verifiche hai corretto? Quanti colloqui coi genitori hai sostenuto? Quando si parla di lavori usuranti, si intende un certo tipo di fatica, l'usura, che prende piede col tempo.
Non amo le classifiche o le retoriche sulle "quote", ma nel caso difficile pensare che la scuola tedesca sia peggiore di quella Italiana. Diversa certo.
Non e' una ricetta la mia, ma se si smettesse di considerare (pubblicamente) l'insegnamento un ripiego per il lavoro intellettuale e lo si considerasse una professione forse si accetterebbe anche l'idea che gli insegnanti son troppi.
Pesonalemente, nel mio brevissimo periodo corsistico, ho insegnato a piu' di 50 allievi per volta; la cosa buffa e' che insegnavo le medesime cose della scuola pubblica , solo con qualche ausilio aggiuntivo, ma le lezioni erano apprezzate infinitamente di piu'. Non e' stata una soddisfazione.
Parafrasando, piu' che gli insegnanti occorre spostare gli studenti.
Ho letto che sei di ruolo da poco, ti auguro quindi per simpatia e amicizia di penna di avere meno alunni, ma non e' per nulla una soluzione collettiva.
La riforma delle medie del '64 fu fatta per rimediare al baby boom alle spalle che penalizzava i maestri, quella delle elementari , piu' recente per salvaguardare ancora gli insegnanti delle elementari; la pseudo riforma delle superiori per mantenere l'occupazione nella scuola superiore, garantendo li accessi d massa limitando i costi. Ho la sensazione che laq storia delle riforme della scuola siano piu' spesso la storia dei livelli occupazionali nella scuola.
Posso sbagliarmi, ma il pensiero , calcolatrice anche alla mano, non e' per nulla preregrino.
Troppi e malpagati. Poi evidentemente c'e' anche dell'altro, ma temo siano cose accessorie.
E' sommamente ingiusto fare parti uguali tra diseguali, ovvero occorre conoscere una parola piu' del padrone. Mi chiedo se in realta ' il meccanismo delle dstanze sociali cosi' non sia ben piu' perpetuato, piuttosto che accorciato. Se la famiglia d'origine e' solida economicamente e socialmente, difficile che il pupillo abbia una vita grama , anche se e' ignorante come un somaro.
Perdona la lunghezza.
Zen lento
Quest'anno ho fatto un sacco di supplenze extra perché il budget della scuola non permetteva di assumere supplenti (che comunque a metà anno non si trovavano). Se non ero io, o un mio collega, dovevano mandare il prof di alfabetizzazione, che invece di alfabetizzare gli alunni stranieri (ne abbiamo tanti, e arrivano anche in mezzo all'anno) usava il suo orario per supplire le assenze dei colleghi.
Prima di prevenire gli strali sull'assenteismo dei docenti: il 70% delle volte il collega non era assente per malattia o per motivi personali, ma perché accompagnava un'altra classe in visita d'istruzione, o a teatro, ecc.
Quando sento dire che gli insegnanti sono il doppio di quel che servono, non riesco esattamente a capire come riferire questo calcolo alla mia esistenza quotidiana: significa che dovrei avere classi di 56 persone? O che ne dovrei avere il doppio, e preparare 36 ore di lezione alla settimana? Ci sono Paesi in Europa dove questo succede?
E' vero che abbiamo tutti una ricetta per salvare la scuola. Però secondo me è quella sbagliata.
Sicuro, Citati rompe un po', come tutti coloro che per necessita' di portafoglio devono pur inventarsi qualcosa di serie B per arrotondare . Arrotondare e' anche il problema di molti insegnanti (non solo loro) che a mezzo servizio prestano intelletto a lezioni e corsi di dubbia necessita' o, in mezze maniche, le mani in qualche ristorante. Ne conosco parecchi che passano le ore dei pasti a smistare piatti.
Nulla di male , la fortuna dell'Italia, ripete qualcuno prestato alla politica lui pure a mezzo servizio, e' il doppio lavoro (in nero).
Ma il fucile a tappi della provocazione ha una sua ragione a mio avviso.
Ho abbandonato scuola 15 anni fa, per disperazione. Mi dice chi e' rimasto che le frustrazioni son peggio ora che allora, non fatico a credergli.
Qualcuno dovra' pur dirlo che gli insegnanti son il doppio del necessario (sopratutto oggi) , che percepiscono la meta' del necessario , e che schiacciati tra alunni , genitori e burocrazia arrancano trascinandosi di aula in aula . Anche quelli con la vocazione ,dopo una decina d'anni passati nel tritacarne.
I dati li sappiamo, e suppongo che anche Citati li conosca. Va bene, non sono i ricordi della riforma Gentile il faro , ma e' indubbio che la parola di un insegnante (frase celebre nelle aule) valga oggi ben meno di quella di un idraulico; conosco idraulici, ma anche elettricisti, che san ben di piu' di filosofia di quanti insegnanti (anche di materie tecniche) sappiano di idraulica spicciola.
Su due cose Citati ha torto marcio, riferirsi sempre alle materie umanistiche e credere che cinquant'anni fa un insegnante, a parte l'ascolto dei genitori, percepisse piu' di oggi. Rileggersi il Maestro di Vigevano dovrebbe convincere.
Non e' questione di competenze perse , magari a causa del basso prestigio, , ma di un fatto ahime' semplice: il sistema dell'istruzione in Italia ha almeno il doppio del personale necessario. Il tutto viene poi quasi di conseguenza. Sembra una banalita', lo so.
Certo, resta il problema di come occupare mezzo milione di persone in sovrannumero, tra le elementari e secondaria superiore. Piu' politica potrebbe dare una mano. stilare intricati programmi e disegnare architetture bizantine di riforma e' una mania nazionale, mettresi contro un bel po' di elettori per una decisione collettiva purtroppo non e' buona moneta . Pero' in silenzio ci son riusciti nelle fabbriche (con discrteta brutalita'), vuoi che non ci si riesca nelle scuole ?
Ma la politica difetta da tempo e nella PA almeno dal 1964 (dopo la riforma delle scuole medie).
Non e' piacevole, ma ritengo che il problema resti da tempo questo, : son troppi e malpagati, sopratutto oggi con la tecnologia che e' pur sempre un supporto forte, quasi insperato.
Resta, si fa per dire, un problema che riguarda la scuola piu' che gli insegnanti. Quello del valore legale del titolo di studio. Se venisse abolito, sarebbe proprio un gran male ?
La scuola di classe, gia'. Ma oggi e' ne piu' ne meno cosi' per gli alunni: se non hai una buona famiglia alle spalle ricca di risorse sociali ed economiche, col cavolo che puoi aspettarti una occasione decente di lavoro. Ne' piu' ne meno che un tempo, o nel bel tempo che fu (cito Citati).
A meno di espatriare.
Hai presente quanto si diceva lunedì, sulle persone che entrano nella Letteratura leggendo Liala (in pratica entrano dalla porta della servitù) e poi per tutta la vita, pur variando le copertine, gli autori e i prezzi, non riescono a leggere altro che Liala?
Ecco, i saggi di Citati sono produzione industriale di Liala con l'etichetta "Proust" in copertina. Se fosse un salumiere, si potrebbero chiamare i NAS, ma non ve n'è l'equivalente letterario, ed è un peccato.
E che dire di "Kafka". Nella stessa copertina, "Citati" e "Kafka". A volte sogno di andare in libreria e leggere "Citati" di Franz Kafka. Che libro, sarebbe.
Questa, pur non essendo supportata da nessuna evidenza scientifica né statistica, è una gran frase.
SACROSANTO
Il qualunquismo balordo di Citati non è occasionale. Il qualunquismo e l'uomo-di-cultura-alla-Citati sono figli della stessa matrice gentiliana. Una cultura che antepone le versioncine di Velleio Patercolo (e le maestrine che sanno tradurle così bene) alla cultura scientifica. Citati butta là un preventivo di spesa come se fosse un comico di Zelig (stavo per dire Beppe Grillo, ma persino Grillo è più rigoroso). La collettività ha speso per farlo studiare una trentina d'anni, e il risultato sono fondi inutili come questo.
La conseguenza è che Citati, e gli intellettuali come lui, siccome non producono conoscenza vengono disprezzati, e il disprezzo per la cultura umanistica diventa alla fine la cultura domincante. Citati è un sintomo del fascismo, come un foruncolo, appare prima durante e purtroppo anche dopo.
Non lavoro nella scuola ma sono convinto che, se esiste una ricetta, lo stipendio è così importante da poter esserne un punto di partenza.
Non per rinnovare indecorosi guardaroba di improbabili maestrine, ma per sostenere e riconoscere l'autorevolezza del ruolo.
Fare il prof. deve essere un'ambizione non un ripiego o una vocazione.
Ricordo un post dove la remunerazione della cultura difendeva la società dal "fascismo" come "arroganza dell'ignoranza".
Nonostante le argomentazioni un po' reazionarie il pezzo di Citati rimane una delle rare occasioni in cui si cita il borsello degli insegnanti fuori da un contesto di rivendicazioni sindacali.
guido
(di quanto è bello Delitto e Castigo ne parliamo un'altra volta)
1) aspettavo un tuo post 2) non riuscivo a smettere di pensare alla scena di "Bianca", in cui a scuola (guarda caso) c'è la conferenza che comincia con il celebre adagio «il Sessantotto è stato l'anno di prova della distruzione del mondo. Ma prima, prima c'è stata quest'epoca felice, incontaminata e pura in cui l'armonia (Claudia Cardinale), la bellezza (la Dino Ferrari), lintelligenza collettiva (la Juventus di Omar Sivori), l'uomo nella sua sintesi più alta (James Bond), raggiunsero l'acme, il vertice irripetibile della cultura occidentale»
Citati è figlio di un mondo in cui le riforme si possono sparare così, alla minchia, senza neanche una calcolatrice. Non ha la minima idea di quanti siano gli insegnanti in Italia e non ha la più assoluta cognizione di quanto serva a raddoppiargli lo stipendio. E'convinto che mangiando un gelato alla buvette, Buttiglione stia delapidando immense ricchezze statali. Non ha una semplice idea delle cifre in ballo: siamo più o meno al livello di un camionista al bar.
Il problema è che un camionista al bar sa benissimo che i suoi argomenti non finiranno sulle pagine del primo o secondo quotidiano italiano, e le spara grosse di conseguenza. Citati invece è sinceramente convinto di portare argomenti validi, e quel che è peggio, ne è convinto chi lo pubblica.
Sotto tutto questo c'è una maestrina che quando tracciava i più e i meno sulla lavagna doveva sembrare terribilmente convincente, e magari anche un po' carina, ma che non ha mai spiegato la necessità di articolare con uno straccio di un rigore scientifico le proprie asserzioni. Tanto i più o i meno non sono importanti: Cornelio Nepote è importante.
sacrosanto.
salvare le api, fottersi dei panda
08-05-2007, 03:08animali, cultura, tgPermalink
Voi popolo della pausa-pranzo v’immaginate che la Star assoluta del Tg2 delle Tredici sia, boh, Annamaria Franzoni? Il Principe William? Schifani? Macché. Chiedete a noi casalinghi cosa succede a premere il centro del telecomando all’una e venti: più forte del gossip, più forte della cronaca nera, più persistente dei portavoce di Montecitorio, c’è solo lui: Knut, l’orsetto bianco dello Zoo di Berlino.
(Lo so che voi gente còlta pensate subito al film di droga e poi agli U2: ma ci sono anche gli animali, allo Zoo di Berlino).
Altroché se ce n’è. A centinaia: ma adesso tutti vengono a guardare Knut. È bianco, morbido, tanto carino. Le nascite di orsi bianchi in cattività sono piuttosto rare. Knut in effetti è raro, ma non è unico: aveva un fratello gemello. Il punto è che la madre, dopo il parto, scelse di salvarne soltanto uno e scelse l’altro, che poi morì. E Knut? Sarebbe morto anche lui. È la natura, dicono. Natura? Che natura, è lo Zoo di Berlino. Dal momento che accetti di mettere in gabbia un animale, dal momento in cui scegli che un animale in gabbia è uno spettacolo, è inutile che ti poni il problema se l’animale si comporti in modo “naturale” o no. È lo stesso disagio del reality: metti in gabbia un tale e poi gli chiedi d’essere spontaneo. Perché le bestie dovrebbero essere spontanee? Naturali?
Insomma: che lo abbia fatto perché la Natura, matrigna, glielo ha ordinato, o perché l’Umanità, matrigna al quadrato, l’ha incattivita in una gabbia, fatto sta che l’Orsa Maggiore lo aveva ignorato, il povero Knut.

Ultimamente l’affare s’è ingrossato. Mentre il Principe William, per andare sul tg2, ha bisogno come minimo di ballare in pubblico con una sbarba, a Knut basta negarsi per occupare una striscia di tre minuti: il giorno che non si è fatto vedere, il tg2 ci ha fatto un servizio con tanto di riprese dei bambini che facevano la fila per non vederlo. È a causa del caldo, ha detto il giornalista. Perché anche il tg2 si preoccupa del riscaldamento globale.
Ma voi avete idea di che fonte di notizie sia un orsetto bianco? Pensate alla questione etica: è giusto salvare un orsetto che non si potrà re-inserire nella natura? Sì, no, mah. Minacce di morte a Knut dice il Bild: i soliti ecoterroristi? "Knut sarà morto a mezzogiorno". Macché, Knut è vivo e ingrassa. Anzi, rischia la bulimia. E così via, all’infinito.
Non saprei dire quand’è iniziata esattamente la conversione animalista del Tg2 delle Tredici. A un certo punto ricordo che Costume e Società si stava allargando ben oltre il primo stacco pubblicitario. Poi, lentalmente, gradualmente, gli animali si sono scavati una nicchia tra il nuovo imperdibile film della “sempre affascinante” Sharon Stone e la collezione Primavera-Estate (il grimaldello forse è stato Bruno, l’orso “naturale” che sconfinando in Germania e s’è fatto ammazzare. Non era affatto carino, lui: sgozzava il bestiame e causava incidenti stradali). Di questa svolta nessuno, che io sappia, si è lamentato: del resto non è che levando un po’ di gossip e mettendo due coccodrilli ed un ourang-outang tu ledi il servizio pubblico.
Inoltre gli animali piacciono, sono sempre piaciuti. Puoi mostrarli mentre si ammazzano, e nessuno griderà allo snuff. Puoi farli vedere mentre ci danno dentro, e nessuno griderà al porno. Non c’è nulla di più estremo di un documentario, e puoi mostrarlo anche ai bambini. Il tg2 in effetti si è specializzato negli animali pacioccosi, come i panda. Quest’anno torno presto a casa, e mentre apparecchio mi ascolto il tg2 e mi faccio una cultura sui panda. Voi avete mai pensato seriamente a cos’è un panda?
Un panda è un orsetto che si nutre esclusivamente di un tipo di germoglio di un esclusivo tipo di bacca, che naturalmente sta scomparendo. Un’altra caratteristica dei panda è che sono un po’ refrattari all’accoppiamento: non solo in cattività, dove cercano di invogliarli proiettando filmini di altri panda che si accoppiano (con risultati scarsi), ma anche au nature; perché, evidentemente, ai panda il sesso non piace.
A questo punto a me viene da fare due più due. A voi non viene? I simpatici orsetti (1) non mangiano e (2) non si riproducono. E rischiano l'estinzione? Io direi che la stanno cercando con tutte le forze; che sono disposti a qualsiasi sacrificio pur di ottenerla; e chissà, può anche darsi che abbiano ragione loro. La sopravvivenza dei panda non è un problema dei panda, ma degli uomini. Se riuscissimo a capire quello che ci dicono coi loro occhioni, probabilmente li sentiremmo grugnare: “Piantala di salvarmi: non hai letto Charles Darwin? Sono un perdente, perché non mi uccidi? Perché vuoi fare sopravvivere la mia specie in un mondo che evidentemente non m’interessa?”
“Perché sei tanto, tanto cariiiiino”.
“Questo è un problema tuo, non mio. Io non mi sento carino, è la selezione naturale che ha premiato quelli che avevano un manto un po’ bianco e un po’ nero, così. La stessa selezione naturale però mi sta facendo fuori, e vuoi sapere una cosa? A me sta bene. Per favore. Ci sono tante bestie importanti da salvare. I passeri. Le api. Se muoiono le api, muore tutto. Cambia il logo di quel cazzo di wwf, togli la mia faccia e metti le api”.
“Le api non sono carine. Tu sei tanto cariiiiiino! Fatti abbracciare!”
“T’ammazzo. Se t’avvicini t’ammazzo. Giuro. Stupido uomo”.
Ci estingueremo anche noi, non per mancanza di risorse, ma probabilmente per un problema di priorità. Abbiamo le risorse per salvare l’orsetto dello zoo di Berlino, ma non per salvare le api e gli esseri umani. Ma se invece in qualche modo sopravvivessimo altri cento, mille anni, in che natura vivremmo?
Io la natura non so cosa sia. Quand’ero bambino un giorno sentii dire da mio padre “noi di campagna”, e rimasi interdetto. Fino a otto anni non mi ero conto di vivere in campagna. Vedevo canali dritti come fusi, e boschi di pioppi ordinati come denti di spazzola. Tutto era umanizzato, ma risaliva a un tempo in cui l’umanità era un po’ rigida, efficientista, cartesiana.
Tempi finiti. Se l’uomo sarà vivo tra mille anni, probabilmente vivrà in un mondo di animali super-pacioccosi, con occhioni graaandi e pellicce foooolte. Che c’è successo? Siccome siamo intelligenti, a modo nostro, abbiamo abolito la selezione naturale e l’abbiamo sostituita con la selezione dell’animale più pacioccoso. Il futuro è di Knut, tutto bello bianco, un amoooore. E dei panda. E dei koala. E delle lontre che si tengono per mano.
Gli ultimi uomini vivranno in accampamenti fortificati dispersi in prati verde smeraldo, con fiori sgargianti tutto l’anno che non danno mai pollini sgradevoli, e passeranno il tempo a difendersi con spade e lance aguzze dagli assalti di enormi peluche che chiedono coccole, coccole, coccole in continuazione. I figli di Knut. E voi Figli dell’uomo, attenti. Andateci piano, con l'affetto.
(i pezzi su Uccelli e api sono stati segnalati da Cragno; le lontre da Wittgenstein)
(e sì, ci venga, al Litcamp di Torino, anche solo per mezzora, anche solo per dieci minuti: è garantita, eventualmente tramite pulizia etnica, la totale assenza di panda all'interno dei confini urbani - a parte le Panda, i catorci semoventi, dico)
secondo me il problema con le bestie è di dio: lui ha detto (ad adamo) pijate e mangiate.
sicché, qual è il problema?
il problema è lo sterminio senza apparente relazione con la fame, con la ricerca di cibo.
comunque vivere in accampamenti fortificati dispersi in prati verde smeraldo... mi sa che saremo circondati dalla monnezza, ah, sì, è vero: siamo già circondati di monnezza
http://www.gennarocarotenuto.it/dblog/articolo.asp?articolo=1096
Comunque il motivo dell'avanzata dei servizi pacioccosi è l'adeguamento del Tg2 al modello Studio Aperto, che comprende qualunquismo+gnocca+gossip+animaletti.
Mancano ancora i 10 minuti al giorno sul meteo, e ancora nei corsivi è più bollettino di AN che qualunquista: ma siamo sulla buona strada.
Lo avevo già detto. La Natura non è qui per noi. Nel bene e nel male.
A proposito. Sulla siccità: Qualcuno ha messo fuori qualche catino durante l'ultima pioggia?
Peraltro, chi siamo noi per decidere se sia meglio estinguersi o no.
c'era tanto tempo fa un'antica civiltà
13-03-2007, 01:53cinema, cultura, famiglie, film italiani bruttini, omofobiePermalink
Una storia originale e bellissima di amore e amicizia, che si svolge in una famiglia allargata, in cui convivono coppie etero e omosessuali, ex amanti e futuri amanti. (Onemoreblog)
Il peggio del cinema italiano. E non lo si dice esagerando: Saturno Contro ha tutti i difetti possibili immaginabili, tutte le mancanze che tengono ancorato il nostro cinema ad un livello bassissimo, incapace di raccontare altro che "crisi tra quarantenni" e tutte quello che ne consegue. (Secondavisione)
Sono in mezzo a noi. Sono come noi. Soltanto un po’ più ricchi.
Siccome sono un po’ più ricchi, colti e raffinati, gli Ozpetechi non hanno così tanto bisogno di Pacs o DiCo o QuelCheSia. Già c’è l’amore; poi c’è qualche soldino da parte; se ti muore il partner vedrai che suo padre, legittimo erede, sarà sensibile e recettivo. Anche se era omofobo fino a un istante prima. “Volevo seppellirlo con sua madre, ma lei dice che preferiva essere cremato …” Massì, volemose bbene, no? Tra gente d’un certo livello, vuoi che non ci si metta d’accordo?
(Ma chi l’ha poi detto, che ogni film italiano debba riflettere per forza il dibattito contemporaneo. Uno va al cinema a Una va al cinema a svagarsi con le amiche, per il dibattito contemporaneo c’è Vespa, e Mentana in sovrappiù. Non è che se tutti parlano di DiCo Ozpetek debba per forza dire la sua. E se avesse voluto soltanto fare un film sugli amici suoi? Qualcosa in contrario? In fondo ci sono due attori maschi che si baciano, per il pubblico italiano è già abbastanza forte).
La coppia di gay benestanti. Uno stereotipo oppure no? Esistono in Italia coppie di gay non benestanti? Se ci penso bene, altroché. Per esempio, gli studenti. Esiste gente che a venti, trent’anni convive, e non è benestante per forza. Insomma, questa idea che si possa essere gay consapevoli solo a partire da un certo scalino di reddito, è uno stereotipo e anche pericoloso. Lo scalino c’è, ma non è economico.
Probabilmente è culturale. Dati in mano non ne ho, ma potrei scommetterci qualcosa: si è gay consapevoli solo a partire da un certo titolo di studio. I soldi insomma c’entrano, ma indirettamente. In fondo anche gli Ozpetechi, per quanto benestanti, sono abbastanza sobri nei gusti e nei consumi. Non voglio dire che bisogna essere colti per essere gay. Ma senz’altro la cultura aiuta a capire che si è gay, e che si può esserlo in modo relativamente sereno.
Il problema è che in Italia – solo in Italia? – la cultura è un lusso. Di conseguenza è un lusso anche la possibilità di farsi una serena esistenza gay. E qui arriviamo al punto: per quanto possa essere irritante la campagna anti-DiCo dei cattolici, io non credo che i DiCo siano una priorità. La priorità è la cultura. In Italia non ce n’è ancora abbastanza per tutti. Ce ne deve essere di più.
In Italia non esistono solo rodate coppie di ozpetechi che leggono buoni libri e si guardano un film tutte le sere. Oso dire che gli ozpetechi non sono che la punta di un iceberg. D’accordo che bisogna tutelare le minoranze, ma ricordiamoci che sotto il pelo dell’acqua c’è una quantità enorme di persone che potrebbe essere gay ma non lo sa, o non lo dice, o non lo ammette, perché non ha avuto a disposizione gli strumenti per capirlo, o per accettarlo. Questi strumenti sono culturali.
Io non so se l’orientamento sessuale sia un destino o una scelta, ma sono abbastanza convinto che la cultura sia lo sbarramento fondamentale, e non solo in materia di sesso. Da una parte c’è chi ha i mezzi per capire gli altri e capire sé stesso: dall’altra c’è chi deve attenersi a una serie di moduli stereotipati di comportamento: maschio vs culattone, in questo caso. Detto questo, siete liberi di combattere per i propri diritti di qua o di là. Io continuo a pensare che vada abbattuto lo sbarramento. Tutti dobbiamo avere libero accesso alla cultura; tutti dobbiamo essere liberi di indirizzare la nostra preferenza sessuale, o almeno di riconoscerla. Un’Italia un po’ più democratica, un po’ più scolarizzata, un po’ più colta, sarebbe anche un po’ più gay. E un Italia un po’ più gay non avrebbe bisogno di tanti cortei e chiacchiere per vedere riconosciuti i propri diritti in Parlamento, Vaticano o non Vaticano.
Viceversa in questa Italia, con la scuola e l’università un po’ allo sfascio, sembra che il governo debba cadere perché non riconosce qualche diritto in più a una minoranza di fighetti con appartamento di proprietà in centro. Sul serio, questo è il messaggio che rischia di passare. Attenzione. Con tutte le minoranze da tutelare che ci sono in giro, a me non va di morire proprio per gli Ozpetechi. C’è gente che sta peggio (anch’io, forse, per esempio).
Ma che è, una nuova religione?
dimenticavo,
ho spostato tutto sul tema generale "ragazzini", solo rispetto alla questione "cultura e contorno" .
sui gay sei stato un po' duro, ok essere contro gli stereotipi e i brutti film tutti uguali di ozpetek.
il problema è che i Dico non passano perchè la maggioranza italiana non è culturalmente pronta per capire perchè sarebbe ora di passarli!
ma con quello che vedo attorno...
si domandano perchè i ragazzini (nostro futuro) sono tanto peggiorati...ma sarà perchè crescono in questa società che fa acqua da tutte le parti?
e di chi saranno mai figli ,fratelli, nipoti.....
mah
Finchè è sul pianerottolo del palazzo in centro che si affacciano convivenze di varia natura, gli ozpetechi rimarranno uno stereotipo lontano confinato e rassicurante, roba da ricchi. Lo scalino c'è, è economico e quindi culturale (o viceversa se si preferisce) e lo sbarramento rimane.
Questa penna non pare la solita penna.
guido
Per me Davide e Lorenzo erano una coppia come le altre, cioè avrebbero potuto essere un maschio e una femmina e il messaggio non sarebbe cambiato (è chiaro che volutamente Ozpetek non ha messo un maschio e una femmina, perché intanto ha veicolato un altro messaggio, ma non credo che fosse quello principale).
Perché il fil si chiama "Saturno contro"? Contro chi? ... Per me il film parlava del rapporto tra le scelte e, chiamiamolo così, il destino.
Certo la cultura incide sulle prime, e indirettamente sul secondo, ma non c'è pezza: se crepi, non te ne fai nulla della cultura.
E questo è uno dei motivi per cui la cultura non interessa più di tanto. (Anche se... ce ne vorrebbe proprio tanta di più e per tutti)
Anna_taglia46
-Papa', sono gay.
-Cosa sei?
-Sono gay, papa'
-Ma tu hai l'attico?
-No
-Hai la fuoriserie?
-No
-Hai la barca?
-No
-Tu non sei gay, tu sei un ricchione
rumenta, sembra che tu abbia la fiducia nel genere umano che a me manca; non credo (ma sarei felice di sbagliarmi) che sia un problema culturale, un problema...terzo. cosi' sarebbe in parte consolante in quanto rimediabile. a me sembra invece che la cultura (nel senso lato quanto si vuole) alla maggior parte degli uomini non interessi.
Ice
La cultura non sono solo i libri, questo dovremmo ricordarcelo tutti. Cultura è anche (soprattutto) il rispetto di determinati valori.
In Ozpetek si assiste alla nascita della nuova famiglia? Mah, appena nata scassa già i coglioni come quella vecchia: simpaticissimi borghesi che quando non si incrociano le corna devono per forza farsi i cazzacci tuoi.
Mi dispiace aver fatto incazzare un gay, ma credo che si sarebbe incazzato comunque. Specie se è tornato da una manifestazione piena di gay normalissimi (né ozpetechi né party-monsters come li ha presentati Santoro l'altra sera) e ha scoperto che in tv, e al cinema, i modelli restano gli stessi: Ozpetechi e travestiti. Incazzarsi è sacrosanto.
Il primo è il giudizio sul film di Ozpetek e l'idea che il regista abbia fatto un film sulla crisi dei quarantenni benestanti, un film banalmente intimista sugli amici suoi.
La crisi dei quarantenni c'è, sicuro, ma c'è anche un'idea di come la società stia affrontando la crisi. Non è né un film compiaciuto come "L'ultimo bacio", in cui i protagonisti sono dei bambinoni in capelli bianchi che sguazzano nella propria immaturità, né un film (inconsapevolmente?) reazionario come "Ricordati di me" in cui i protagonisti vivono drammaticamente la crisi e non sanno che pesci prendere per uscirne.
In Ozpetek non si parla solo di fine della vecchia famiglia, si assiste alla nascita della nuova.
Il secondo punto è l'idea che la cultura sia la salvezza. La cultura da sola non basta, di omofobi acculturati ce n'è quanti ne vuoi.
Invece: senza cultura non puoi difenderti da chi tira fuori dotte argomentazioni per dimostrare che sei in errore. La cultura è la spada con cui si affrontano laici e teocon .
Quindi dubito che Leonardo consideri letteralmente la comunità gay "una minoranza di fighetti".
Partire da un brutto film per arrivare a certe affermazioni è un esercizio di stile che non ti fa onore.
Un gay incazzato
Sabato scorso a Roma (per inciso, non si trattava di corteo, nonostante ciò che ha scritto l'informatissimo Osservatore Romano) di Ozpetechi ne ho visti pochi, mentre ne ho visto tanti di gente presumo simile a te (che fosse gay, etero o boh).
Ecco, più che le porcate che di volta in volta escono dalla bocca delle varie Bindi e Binetti, a me preoccupa che una parte del paese che stimo pensi queste cose. E' il segno che davvero ci sono poche speranze.
Io invece penso che quello dei diritti civili, anche per una piccola minoranza, sarebbe un ottimo motivo per la caduta del governo, in confronto al motivo futile per cui magari cadrà (perchè tanto, che cadrà ben prima della fine della legislatura é sicuro: e non sarà su uno scontro di valori ma su uno scontro di potere e poltrone)
in italia si registra, rispetto agli altri paesi europei, il più alto tasso di analfabetismo di ritorno.
in questo paese, mi pare, c'è un po' l'andazzo per cui è preferibile essere ignoranti epperò *furbi*, piuttosto che meno ignoranti ma *sfigati*. mi sembra tanto un cane che si morde la coda.
La cultura non e' un lusso; semplicemente, interessa a pochi.
Che sono in ogni caso di piu' che, x dire, negli anni cinquanta. L'ignoranza "imperante" e' appunto "imperante" non perche' ci sono piu' ignoranti, ma perche' sono piu' visibili e calcolabili e chiassosi. Per tornare al lusso, l'istruzione e' pubblica e un libro costa 1/100 di un cellulare. Solo che non interessa. Il libero accesso alle universita' nel ns paese genera gli studenti a vita, altro che abolire i numeri chiusi.
A me pare che ai gay "del popolo" interessino + Madonna e i vestiti di H&M piuttosto che la consapevolezza.
Bene, ho fatto un discorso che non sta in piedi, peraltro col continuo terrore di sbagliare la punteggiatura.
Ice
- non è Natale se non è relativista culturale
23-12-2006, 17:17cultura, festePermalinkTutti mangiamo il panettone a Natale, ma solo i credenti sanno perché lo mangiano. Non è che il loro panettone sia necessariamente piú buono di quello dei non credenti: è semplicemente piú ragionevole. (Cardinale Biffi)
1) Publio Plinio a Domizio Rufo:
"Carissimo, ti auguro con questa epistola di trascorrere un buon Natale del Sole. Non so da voi, ma qui a Mediolanum ormai lo festeggiano tutti: persino i cristiani! Sì, anche quella setta di santoni pseudoebrei, gli adoratori dei crocefissi, dopo qualche resistenza ormai si sono decisi a festeggiare come tutti gli altri.
Non c’è che da apprezzare la saggezza del nostro grande imperatore Aureliano, che volle rendere ufficiale la festa, l’ottavo giorno prima delle Calende di Gennaio. Noi cittadini dell’impero siamo diversi per lingua, razza e religione, ma tutti siamo scaldati dallo stesso Sole, che dopo il freddissimo Solstizio d’Inverno ora ricomincia timidamente a riallungare le giornate. Né Aureliano volle inventarsi una Festa di sana pianta, ma lungamente studiò il problema coi suoi collaboratori, scoprendo che la festa della Rinascita del Sole è la più universale; anche se alcuni lo chiamano Mitra, altri Elagabal, altri Helios: in fin dei conti è sempre lo stesso per tutti, e tutti ugualmente ci riscalda.2) Ebrhardt a Kwenghjil
Solo i cristiani, nella loro superstizione, sono convinti di non adorarlo. Ho appreso da un mio servo, che partecipa alle loro riunioni, che pure loro mangiano gli stessi dolci impastati con frutta candita e miele: ma non per festeggiare il Sole a cui devono la frutta e i fiori, bensì la nascita del loro Dio, o profeta (essi non hanno chiara la distinzione tra i termini), Gesù Cristo.
Confesso di essere affascinato dall’ignoranza che nutrono per la loro stessa religione. Avendo dato un’occhiata, per curiosità, ai loro libri sacri, so bene che in nessun giorno del calendario è fissata la data di nascita del loro eroe. Stavo quasi per dirlo al mio servo, ma a che pro? Non sa leggere. Ma lasciamolo pure mangiare il suo pane dolce e i suoi canditi, anche se ignora l’autentico significato di ciò che fa".
"Gran figlio di vacca visigota e padre ignoto, come va? Spero che in Hispania faccia meno freddo che qui. Tra un po’, grazie al cielo, le giornate si riallungheranno. Nel frattempo io me ne resto accampato in questa nebbiosa valle padana. E mi si gelano i coglioni.
Mi gelano anche perché la mia Orda ha deciso di convertirsi in blocco a quella religione del menga, il Cristianesimo.
Dicono che conviene farsi amici i vescovi, che sono i veri capi delle città. Mah. Fosse per me avrei giù brindato coi loro teschi disossati, ma forse hanno ragione. Ci vuole gente che sappia amministrare tutto questo casino.Del resto mi conosci, io di religione mi sono sempre interessato quanto bastava per portare le fanciulle alle orge. Però, boia d’un Thor, non toccatemi Odino! Te lo ricordi, Kwenghjil, quando eravamo bambini e la mamma ci diceva di mettere fuori gli stivali pieni di carote per il cavallo del dio Odino?
Era due giorni dopo il solstizio d’inverno, come oggi. Nella notte lunghissima il dio con la barba bianca portava gli eroi caduti a una battuta di caccia. E quando si fermava alla nostra stalla, dovevamo essere a letto e non fiatare, se volevamo che ci riempisse gli stivali di nocciole al miele e altre leccornie.
E adesso mi spieghi, Kwenghjil? Se mi converto al cristianesimo, cosa ci racconto al mio nipotino? Ha il diritto di credere in Odino anche lui, o no?
Ieri sera l’ho preso davanti al fuoco e ho attaccato con la storia del dio che cavalca nella notte. Si è messo a piangere come un puledrino! Ben ti sta, mi ha detto mia moglie. Basta con queste storie di Dei barbari a cavallo, mi dice, sei vecchio, aggiornati! Se non fossi il vecchione che sono l’avrei impalata lì dov’era! E invece l’ho lasciata fare: ha preso in braccio il marmocchio e (non credevo alle mie orecchie) ha completato il racconto spiegando che Odino era un dio cattivo e feroce, che abitava nei boschi, ma poi ha incontrato un tale San Nikolao, Santa Nicola, non so, che ha convertito pure lui, e da allora è buono e porta i dolci dal camino!
...E poi dimmi se a uno non devono gelarsi le palle. Dove sono finite le tradizioni dei nostri padri? È tutta una schifezza. Meno male che posso mangiarmi ancora le mie nocciole al miele. Le mangio alla tua salute, vecchio scannagalline".

"Ciao dutùr, spero che ti passi un buon Natale. Qui a Milano è un freddo cane come sempre (e poi dicono il riscaldamento globale, bah). Ma se Dio vuole, da qui in poi ci si riallungheranno le giornate.
Ti saluta anche tuo nipote – perlomeno ti saluterebbe, se riuscissimo a staccarlo da quella plaistescion rivoluzionaria che gli hai regalato. Che sia l’ultima volta: siamo seriamente preoccupati. Da mezzanotte alle nove del mattino è rimasto lì impalato a dimenarsi davanti al televisore. Al che mia moglie gli ha detto: “Ma devi proprio giocarci da solo? Perché non inviti i tuoi amici?”
Gli amici di mio figlio: un cinese, un turco e un Di Gennaro. Tre ore chiusi nella stanza a dar di matto con quell’affare. A un certo punto blocco mia moglie nel corridoio con in mano un vassoio di panettone: ma sei sicura? Le ho detto io. E se è contro la loro religione?
Ma che religione e religione, fa lei. È un dolce, non lo proibisce nessuno. Appunto, faccio io, è un dolce di Natale, cosa vuoi che sappiano in Cina? Loro mica ci credono, in Babbo Natale. E poi c’è un turco, figurati.
Proprio in quel momento dal bagno salta fuori Giampiero, e alza le spalle: Papà, dice, veramente Babbo Natale viene dalla Turchia. Ma che Turchia e Turchia, dico io, chi te le racconta queste cose? La prof di religione, dice lui. Ci ha spiegato che Babbo Natale è San Nicola, e San Nicola è nato in una città che adesso è in Turchia. Ah, sì? Vorrà dire che l’anno prossimo ti esentiamo dalla materia, visto che la tua prof non sa nemmeno che San Nicola sta a Bari!
E vai!, ha detto lui. Che stronzetto ho messo al mondo.
Alla fine se lo sono sbafato, il panettone. Glie n’è fregato assai, di sapere perché lo mangiano. Che mondo. Che mondo.
Speriamo in un po’ di sole".
(...E un buon Natale di Sole a tutti quanti).
da dove ha preso la citazione di Publio Plinio?
l'ha presa da un libro? se si mi può dire quale?
Grazie
Andrea
pegman85@gmail.com
franza o spagna purché se magna!
(o cercato una rima con tromba invece che magna e non l'ho trovata... che brutta cosa l'ignoranza)
auguri a tout le monde
marcell_o
Buon anno a tutti
Andrea Giova
A presto
Istanbul
Ma rimango comunque un cristianuccio.
Auguri, o meglio, buone feste, mito.
http://zdaura.splinder.com/post/9818362/L%27ANGOLO+DELLA+POSTA
buone scorpacciate, Leonà!
- post-marxista
10-02-2006, 09:52cultura, economie, Islam, neoconi, vignette satanichePermalinkGiuro, giuro, qui davvero non si parla più di vignette. Si parla però ancora di Luca Sofri, scusate (mi scusi anche lui, se lo riduco a uno stereotipo).
In un pezzo di due giorni fa, su Wittgenstein stigmatizzava...
...l’involontario ma esplicito razzismo che sta dentro il relativismo culturale: è la pretesa di essere indulgenti e rispettosi “perché loro sono fatti così”. Sono diversi, si incazzano e boicottano la Lurpak se un giornale ha pubblicato le vignette, “perché non capiscono la differenza, da loro non è così”. Manifestano e bruciano bandiere “perché per loro l’immagine del Profeta è sacra”. Pretendono le scuse del primo ministro “perché non conoscono la differenza tra governi e privati”. Sono diversi. […]Questa cosa del relativismo culturale sta diventando imbarazzante.
Dare il diritto a qualcuno di comportarsi da cretino, o anche solo trovargli giustificazioni e provocazioni, è dargli del cretino.
Insomma, no.
Non esiste il relativismo culturale, in questi termini – esisterà come chiacchiera da bar, o commento da blog, ma siamo un po' seri. È un fantoccio, un idolo baconiano, uno stereotipo culturale: quello del radical chic che apprezza i popoli barbarici nella loro rude e ingenua virilità. E se non erano i radical chic era Pasolini – comunque erano gli anni Settanta! Settanta! Io andavo ancora in triciclo.
Insomma, questi relativisti culturali, che vanno in giro dicendo che dobbiamo amare gli islamici anche se combinano macelli, ma chi li ha visti? cos'hanno in testa? Per loro se nasci occidentale sei democratico, mentre se nasci nella "cultura islamica", non c'è scampo, ti tocca bruciare le ambasciate e credere nelle 72 vergini. Dovrebbe dunque esservi al mondo un numero finito di "culture", che evidentemente sussistono come enti a sé, naturali (una contraddizione in termini), determinando infallibilmente il comportamento di chi nasce entro i confini di quella "cultura". Ma esiste davvero una corrente di pensiero così cretina? Sì, forse sì – salvo che non è la mia. Invece, mi sembra curiosamente più affine a quella dello scontro delle civiltà di Huntington. E io devo essere veramente uno che si spiega male, per suggerire l'idea che sto con Huntington.
Cercherò di spiegarmi meglio.
Io non sono un relativista culturale.
Io sono un assolutista culturale. Perché alla fine credo in un solo tipo di "cultura".
Per me – e per usare la definizione di un pensatore un po' out – la cultura è una sovrastruttura. Essa nasce, e si puntella, sulla vera struttura della società, che non è culturale, ma economica. Cito una sola frase, e poi basta: "Non è la coscienza degli uomini che determina la loro esistenza, ma la loro esistenza sociale che ne determina la coscienza". Se ho capito bene: non è che gli arabi bruciano le ambasciate perché il Corano glielo impone; ma è l'economia dei loro Paesi, la povertà, l'iniqua distribuzione delle risorse, che li fa crescere in un certo modo; e il modo in cui crescono li porta a non transigere sul Corano e a bruciare le ambasciate.
E a quel punto, è inutile che io mi metta a criticare la loro sovrastruttura. È una trappola. Il problema non è il Corano. È quello che sta dietro. L'economia. L'economia. Nessun relativismo. Esiste una sola economia, esistono sfruttatori e sfruttati; in questo si divide il mondo. Anche se la divisione è più corpuscolare, sfumata, fuzzy , di quanto si credeva un tempo. Ma c'è. Forse passa in mezzo a molti di noi – ma c'è. Io ci credo. Nella maniera più assoluta. Relativista a chi? Relativista sarà lei.
In questo caso pratico, io semplicemente non posso accettare l'idea (questa sì, perversamente politically correct) che il ragazzino arabo che tira sassi agli europei per via delle vignette abbia le stesse opportunità di comportarsi civilmente che ho io, qui in Europa, mentre scrivo questo blog. Ma scherziamo? La cultura è un lusso. Io me la posso permettere, il ragazzino no. Perché? Non per il colore della pelle – ma perché io vivo in uno Stato occidentale, faccio tre pasti al giorno, sono laureato, ho letto alcuni libri importanti, ho la tv, l'accesso a internet, l'automobile, l'acqua corrente. Lui no. Magari alcune di queste cose le ha, ma altre gli mancano.
Per favore, notate come io non nutra nessuna forma di multiculturalismo piacione nei suoi confronti. Non ho alcuna simpatia per questo ragazzino, così com'è. Mi odia e mi sgomenta. Vorrei che cambiasse le sue idee su di me, e alla svelta. Ma è inutile che me la prenda con lui per com'è adesso. Per cambiare, gli occorrono tre pasti al giorno, scuola pubblica, biblioteche, tv, internet, automobili, tubature... Occorre una rivoluzione, sì, una volta la chiamavamo così. I neoconi ora lo chiamano "choc democratico".
Salvo che sono terribilmente superficiali, i neoconi. Per loro tutti gli uomini sono uguali (davanti a chi?) In tutti alberga, naturalmente, l'anelito alla democrazia. Basta invaderli, distruggere tutte le infrastrutture tiranniche (incluse le linee elettriche e le tubature), e lasciare che quest'aspirazione liberata prenda forma. Per la verità le cose non sono andate così. Tre anni fa il primo atto pubblico della comunità sciita liberata fu correre in strada ad autoflagellarsi.
Il problema è che i neocon continuano a confondere sovrastruttura e struttura. La parola "democrazia" non rende liberi. La luce elettrica rende liberi. Se il popolo "liberato" rimane al buio, non sviluppa nessun tipo di "cultura democratica".
Abbattere un tiranno può essere il primo passo (se la guerriglia non diventa endemica). Ma ridistribuire le ricchezze è molto più difficile. Il comandante in capo si è riempito per tre anni la bocca di questa parola – "democrazia" – senza spiegare come intende ridistribuire al popolo iracheno le ricchezze dell'Iraq (se lo ha spiegato, non ero attento).
In generale, ahinoi, persino i neocon stanno scoprendo che le risorse non sono infinite. E questa è una tragedia. Perché se non possiamo esportare il nostro benessere, allora non possiamo nemmeno permetterci tutti il medesimo grado di cultura.
Se voglio che il ragazzino abbia l'acqua potabile, devo toglierla a qualcuno. Se voglio finanziare lo sviluppo dei Paesi bloccati sulla via dello Sviluppo, debbo pagare un prezzo più equo per le risorse che mi offrono.
Ma allora la mia benzina, le mie banane, i miei datteri, i pompelmi... mi costeranno di più. E questo comincerà a innervosirmi. Finché non dirò e commetterò scemenze. Inizierò a covare un'antipatia (del tutto sovrastrutturale) per gli arabi. Pubblicherò vignette cretine e provocatorie su un quotidiano. In pratica, comincerò a perdere pezzetti della mia squisita "cultura". È quello che sta succedendo, del resto. Mentre cerchiamo di esportare la democrazia, stiamo importando l'intolleranza religiosa e il razzismo. Servono esempi?
E per favore, non si dica che la guerra è anche "contro di loro", gli occidentali intolleranti e razzisti. Non è vero. Loro sono coccolati e incoraggiati. Hanno i loro spalti, e i loro giornaletti sui quali possono leggere vibranti appelli contro "i cretini multiculturali".
Nel frattempo, in un'altra parte del mondo, dopo aver mangiato discorsi sulla democrazia, bevuto discorsi sulla democrazia; dopo essersi illuminati la notte al fuoco astratto della parola "libertà" – gli iracheni sono andati alle urne e hanno eletto i candidati indicati dall'ayatollah al Sistani.
Non tanto perché al Sistani faccia parte della loro "cultura": ma per il solito, vetusto motivo: sono in guerra, sono poveri, sono disperati. E dove c'è disperazione, lì c'è religione. La religione è la tipica sovrastruttura dell'infelicità. Nella carestia, Sistani ha parole di vita eterna. Bush no.
Anche da noi la religione sta tornando, del resto. E molti iniziano a navigare nell'irrazionale spinto.
Irrazionale è Giuliano Ferrara, il nuovo ultrà cattolico che non so se si sia già preso la briga di cresimarsi. Comunque già avverte che non intende "morire per un branco di cretini". Cretini a chi? Ma "cretini multiculturali", naturalmente.
A questo livello, uno cosa può rispondere? Il relativismo culturale, nella sua versione for dummies, è un'invenzione dialettica di Ferrara e del suo giornaletto. Serve semplicemente ad abbassare il dibattito, al livello di: "tu-cretino-pensa-che-loro-non-capaci-di-democrazia, perché-sei-razzista".
No.
Io no cretino.
Io studiato queste cose e so che democrazia è processo graduale e difficile.
Che suffragio universale in situazione di crisi economica e no garanzie, porta quasi sempre a tirannide e guerra.
Ed ultime elezioni in Iran, Iraq, Palestina, sembrano dare a me ragione.
È chiaro?
Mi dispiace, ma dopo un po' dummy è chi dummy fa. Voi non siete ragazzacci di un Paese bloccato sulla Via di Sviluppo. Avete il gas, avete la luce, avete l'adsl e i trasporti pubblici. Quindi io vi considero in grado di formulare argomenti più complessi. (Senza tirar fuori l'annoso problema che, come contribuente, vi pago abbastanza bene proprio per questo. Per approfondire la complessità degli argomenti. Non per sentirmi dare del cretino a vanvera).
Dalla Scuola di Francoforte a Marcuse
di LAURA TUSSI
La scuola di Francoforte rifiuta il riduttivismo e la chiusura di pensiero attraverso un approccio critico alla società. Dalla delusione storica del marxismo il proletariato è incapace di assumere il protagonismo della rivoluzione in un divario tra teoria e prassi politica. La famiglia è il mezzo con cui i valori sociali e il potere collettivo si riproducono. Nel 1930 la scuola di Francoforte si trasferisce negli Stati Uniti per evitare persecuzioni, dove il potenziale marxista diminuisce, subentrando valori liberali omogenei al nuovo contesto sociale. Prima il padre era responsabile della sottomissione psicologica della riproduzione sociale operata dalla società borghese e capitalista con la critica di Reich alla personalità autoritaria contrapposta alla personalità rivoluzionaria. Ora il padre è inghiottito dall’anonimato dei rapporti massificati e in quest’ottica la famiglia risulta una possibile difesa dalla società disumanizzante. La personalità autoritaria contrapposta alla personalità democratica e tollerante nei confronti delle diversità diviene un paragone che suscita le critiche dei marxisti contrapposti ai conservatori, portando alle estreme conseguenze l’incontro con il marxismo perseguito da Reich. Questo porta ad una contraddizione: l’uomo non può essere libero perché è condizionato dalla società. Ogni progetto rivoluzionario decade perché inconscio e contrario alle sue modalità di trasmissione. La soluzione si trova nell’intellettuale critico che riattiva l’individualismo eroico nella filosofia idealistica, nell’ibridazione tra psicanalisi e filosofia come analisi esistenziale per cui si rivela la schizofrenia nell’ottica dell’esistenza umana e nella pura comprensione dell’altro. Il sintomo non risulta quale deviazione morbosa, ma fallimento esistenziale nella mancata realizzazione della libertà, per cui psicanalista e paziente comunicano, adottando modi di comunicare che generano fallimento e tendono ad assumere maschere con gli altri. Karl Abrham, maestro di Melanie Klein, dimostra con il suo lavoro il rapporto vitale tra psicanalisi e clinica, affrontando il problema delle psicosi e affermando le teorie di Freud sulle fasi precoci dello sviluppo infantile. Nel 1908 pubblica “Le differenze psicosessuali tra isteria e dementia precox”. Rivela la componente sessuale di entrambe le sindromi: nella sessualità isterica coesistono pulsioni parziali anarchiche la cui energia è rivolta all’oggetto di possibile sublimazione. Nella sessualità psicotica si verifica la privazione dell’oggetto sublimabile rivolta sul sé. Nella fase orale si denota l’abbozzo di un rapporto oggettuale.Il neonato esce dal narcisismo quando il seno materno diventa l’oggetto con cui intrattiene un rapporto funzionale. La poppata è un desiderio di incorporazione che suscita fantasie cannibaliche. La psicosi può spiegarsi con schemi risalenti a stadi più precoci dello sviluppo sessuale. Le psicosi organiche, epilettiche e senili si distinguono dalle psicosi indotte dal blocco di emotività nella dementia precox. Il blocco emotivo provoca fissazione, in un patrimonio intellettivo malato, causato dal trauma sessuale realmente accaduto, che secondo Freud consisteva in inconsce fantasie di seduzione. Il bambino ha provocato il trauma inconsciamente tramite un’intenzionalità inconscia che rende un rapporto sessuale prematuro psichicamente traumatico, dove il desiderio sessuale è inaccettabile e diventa senso di colpa nel blocco evolutivo: il trauma è il modo in cui il sintomo si manifesta. Esistono tre stadi di sviluppo della libido: stadio orale, stadio anale, stadio fallico. I punti in comune tra sogno e mito sono prodotti della fantasia mentale di appagamento di desideri inconsci deformati dalla censura. Il mito è un frammento della vita psichica infantile del popolo. Il sogno è il mito dell’individuo, è il desiderio di natura sessuale che compare in entrambi. Il mondo è trascritto nelle forme del desiderio sessuale. I simboli usati sono comuni anche alla malattia mentale frutto di analogie riconoscibili. Il mito scompare con un'evoluzione razionalistica dell'umanità e con il soddisfacimento dei desideri infantili. Nel 1926 la psicologia delle masse e l'analisi dell'io prevede la manipolazione delle masse da parte di capi carismatici. Con l'amore per il capo si realizzano le fantasie edipiche infantili, per cui la sessualità è più potente delle pulsioni di autoconservazione.
Stekel fu rimproverato da Freud perché propose una lista di simboli con significato fisso corrispondente. Freud accetta l'esistenza di pochi simboli universali, ma fu fedele alla teoria della creazione individuale e della plasmaticità del simbolo onirico.
Ferenczi neurologo e psichiatra tra i fondatori dell'associazione psicanalitica internazionale impone la purezza dottrinale. Vive nel periodo di Reich che recepisce l'insufficienza della terapia elitaria per il proletariato. Cerca di salvaguardare la dignità scientifica dell'intervento e di piegarlo alle esigenze di un'utenza più estesa. Considera le condizioni sociali che causano le nevrosi, convinto che la rimozione della pulsione sessuale genera energie psichiche atte a essere manipolate dall'autorità. Con il trauma più acuto è connesso al rapporto bambino madre nella prima infanzia. Egli ricrea le condizioni del trauma e vieta al paziente di esaudire i bisogni elementari comportandosi come il genitore frustrante. il sintomo è un accumulo di godimento, una regressione causata da carenze affettive inconsce. L'analista deve recuperare tali carenze con la disponibilità. Nel 1932 scrisse Thalassa, in cui il metodo psicanalitico converge con la biologia evolutiva e, con la paura per il conservatorismo e l'ortodossia. In origine la sessualità tendeva a stabilire un tutto unico con il corpo materno, in un desiderio della madre legato alla genetica. Vuole ricostruire la sua teoria dell'evoluzione genitale attraverso la biologia.
LAURA TUSSI
i diritti delle donne e dei gay (dei quali mi sembra di aver capito che non te ne freghi nulla)
Chissà dove l'hai capita, questa.
In America latina non esiste il fondamentalismo religioso, ma ci sono tante altre cose brutte. Ci sono state dittature militari feroci, c'è il narcotraffico, in certi paesi c'è la guerriglia endemica e una criminalità paurosa. Ma siccome tutto questo resta dall'altra parte dell'atlantico, ci fa meno paura.
Quello che ci fa veramente paura è l'immigrazione. Tu ti senti invaso e hai paura. Ma chi ha paura ha già perso.
Il Messico
La disparità tra uomo e donna non è un problema economico ma un problema di forza fisica. Non puoi ridurre tutto ad una questione economica. In America Latina sono più poveri delle monarchie saudite, eppure su certe questioni per esempio i diritti delle donne e dei gay (dei quali mi sembra di aver capito che non te ne freghi nulla) ci danno dei punti almeno a noi italiani. E l'america latina non lo ha subito l'imperialismo occidentale? In ogni caso ben presto alcune città dell'Europa come Amsterdam (fra cinque anni) saranno a maggioranza musulmana vedremo presto chi aveva ragione, spero abbia ragione tu, nel caso contrario non sarai comunque tu a pagare.
Ciao
Dove probabilmente io e te divergiamo è: tu forse pensi che sia una manovra dell'islam per musulmanizzare l'occidente: io tendo a vederci un problema economico. Dove c'è benessere e occupazione, secondo me, i tribunali islamici non attecchiscono (del resto fino a qualche anno fa non vigeva la sharia neanche nelle regioni islamiche della Nigeria).
Per me, più delle discutibili sentenze canadesi (come se da noi la Cassazione non cassasse cazzate) è drammatico che si ricominci a parlare di Sharia in Iraq o in Palestina, dove un tempo c'era oggettivamente più laicismo di adesso.
E allora il controsenso è: mentre abbiamo paura di qualche saltuaria infiltrazione della sharia in Canada, noi con le guerre in medio oriente, alimentiamo il risentimento islamico.
Che poi, magari fosse davvero un controsenso. No, ahimè, il senso c'è, ed è: stiamo laviorando per fare scoppiare il conflitto di civiltà. Se non è già scoppiato.
In Germania, nell'agosto del 1997, una ragazza di 18 anni è morta bruciata per mano del padre per aver rifiutato di sposare l'uomo che lui aveva scelto per lei. Il tribunale tedesco gli ha concesso una riduzione di pena, affermando che lui praticava la propria cultura e la propria religione.
Mai sentito parlare dei tribunali islamici in Ontario? Grazie alla mobilitazione delle donne sono state evitati. Ma per capire queste cose occorre abitare in paesi di più antica tradizione migratoria e avere un contatto più concreto con una vera società multietnica. Fortunatamente sono spesso le donne islamiche ad essere contro il relativismo culturale anche perché lo subiscono sulla pelle contrariamente a certi intellettuali.
Sing
Io sto qui a replicare con un anonimo che evidentemente non ha nemmeno letto il post che sta commentando, visto che mi chiede di spiegare "cos'è per me il relativismo culturale".
E dire che c'è scritto: se leggi in cima c'è scritto a chiare lettere che il relativismo culturale, come lo intendete voi, per me non esiste. E' un fantoccio retorico. Basta leggere.
Invece qui arriva uno che non legge e mi chiede di replicare. Anonimo, che io sappia non c'è una sola cultura che giustifichi il comportamento di una persona che senza presentarsi, e ignorando di cosa si sta parlando, pretende di interrogare immediatamente il padrone di casa su quello che pare a lui. Nessuna. In Iran ti darebbero del maleducato. In Cina, maleducato. Qui, maleducato.
A te consiglio una vacanza in Iran da dove è originaria la Namazie che ha appunto definito il relativismo culturale una forma di fascismo. Spiega che cos'è per te allora il relativismo culturale.
Che cosa ti permette a questo punto di condannare il fascismo, guantanamo l'infibulazione, la pena di morte se segui il relativismo culturale?
Io li condanno perché non credo al relativismo culturale. Per gli islamici la dichiarazione dei diritti dell'uomo è un'invenzione sionista. Sei d'accordo con loro?
In cima ai commenti c'è scritto che io sono libero di cancellare tutto, se mi va. Perché il blog è mio. Sono molto poco relativista al riguardo.
Il commento "censurato" aveva in realtà le dimensioni di un post. Se volessi che altri scrivessero post sul mio blog, darei loro l'accesso. Evidentemente non voglio.
Come saprà l'anonimo (se ha letto un po' in giro), io non credo che "il relativismo culturale" sia "il fascismo della nostra epoca". Una frase del genere mi sembra uno sproposito enorme. Chi dice queste cose non ha una minima idea di cosa sia né il relativismo culturale, né il fascismo. Io non ho tanta voglia che queste cose circolino sul mio blog. Anche perché c'è sempre qualcuno che non capirà che non l'ho scritta io, e che anzi non sono d'accordo.
Se chiamate questa "censura", avete veramente una scarsa nozione di cosa la censura sia. In Italia la libertà di espressione su internet è pressoché totale. Se volete che qualcuno legga la vostra *riflessione* sul relativismo culturale, non avete che ficcarla su vari forum o su un blog a nome vostro. Con una fatica minima, potete ottenere molta più visibilità di quanta ci sia qui.
Ma è evidente che vi piace giocare ai censurati, alle vittime del liberticidio. Mi verrebbe da consigliarvi una piccola vacanza in Cina, quella popolare. Credo che le vostre riflessioni su cosa sia il fascismo e la censura ne trarrebbero giovamento.
(Uno potrebbe anche domandare perché un flame delirante di Griso e Le sue Vacche sì e un pippone sul relativismo culturale no. Ebbene, in effetti dovrei cancellare tutto quanto. Ma la sola idea di Griso che libera le giovenche al grido di "Censura" mi fa tremare i polsi, e comincjao a farte ,ferorri di battrtfitura).
Carolina
Altro che shahid, sei un Cristiano senza Carità (e se deve venirtelo a dire un senzadio come me, siam messi male).
Siccome sono per la separazione fra Chiesa e Stato, non vedo perché dovrei denunciarti per questo.
PS: Dossier? Naaah: non sono mica l'Inter.
leo, ma ci credi veramente che la cultura sia sovrastruttura e l'economia spiega il mondo o l'hai scritto per verve polemica ?
perchè nel secondo caso va bè.
nel primo pure però.
lungi da me perdere tempo e lunghissimi post a contestare questa cosa però.
Non ho ben capito. Tu ritieni di aver trovato nel testo di una canzone degli Area (da me postato quest'estate su un altro blog) le prove che io sto difendendo gli shahid?
E ora che hai questa prove, Griso, che si fa? Uno serio mi denuncerebbe per apologia di reato.
Sai che io non capisco proprio cos'hai? Cosa vieni a cercare qui, esattamente? Compagnia, si direbbe. Si parla di cose che t'interessano. Bene.
Ma dopo un po', fatalmente, riesci a spostare il discorso a post di mesi fa in cui io avrei sostenuto questa o quella fazione del terrorismo mondiale.
Che è fantastico. Insomma, Griso, se io scrivo porcate, perché vieni continuamente a leggerle? Che gusto ci provi?
Stai preparando un dossier? E nel dossier, a parte la canzone dgli Area, cosa c'è? Che ho sbagliato la grafia di Shoah? E poi? E' davvero questo il tuo ruolo nel grande conflitto di civiltà? Romper l'anima a uno che ha un blog?
E tutto perché ti ho detto che avevi sbagliato la definizione di una parola, Griso. Ed è così, l'avevi sbagliata. Però non era una tragedia.
Anzi, facciamo così: hai vinto. D'ora in poi "martire" vuol dire "assassino".
Se vuoi continuare a divagare sulla pittura fiamminga, prego.
Perché non ti spieghi meglio? Perché non illustri a lettori meno ottusi di me l'intrigante complessità di affermazioni come 'non è colpa mia se la tua realtà mi costringe a fare guerra all'umanità' riferite a degli stragisti (capisco che chiamarli 'porci fascisti' dia fastidio, a uno cui non sono simpatici) di civili innocenti?
Vedi Leo, il tuo problema non sono io, ma quello che ha la password dei tuoi blog e ci scrive sopra le porcate (oppss: volevo dire 'cose complesse') Cow Size, firmandosi col tuo nick.
Il problema è la presenza della mucca, non chi la segnala.
Nella pittura paesaggistica olandese, la mucca è sempre stata uno dei soggetti preferiti, credo per tre ragioni:
-era facile da reperire: ce n'erano (ce ne sono tuttora) moltissime;
-è un soggetto grande: con una mucca, un albero e un ponticello-steccato su un fosso ci hai già riempito un quadro;
-è la modella ideale: sta lì, bruca, ti guarda e soprattutto non si muove.
Sì, Griso, effettivamente io sono complesso.
Più di quanto tu possa capire, temo.
La mia affermazione iniziale "per una certa cultura un assassino è un santo, anzi un 'martire'" non ha nulla che tu possa confutare.
Non ho detto che per quella cultura OGNI assassino è un martire (quindi è pretestuoso il tuo gnégné, non sei martire se non sei morto), ma che definisce martire (shahid) chi è morto ammazzando altra gente IN NOME DI DIO (scusa le maiuscole, son troppo pigro per mettere i tag).
Non è una tattica disperata di guerra (della quale abbiamo esempi anche in Occidente: Pietro Micca, Alamo, Balaklava, etc.): è UN ATTO RELIGIOSO.
Dubbi su Zarqawi non li hanno i vertici di AlQaeda, che infatti l'hanno nominato agente monomandatario in Iraq: o sono particolarmente scemi, o anche AlQaeda fa parte della CIA (oddio, c'è gente che dice anche questo), oppure i tuoi 'dubbi' erano quello che erano: spazzatura complottistica che avevi raccattato in rete. Capisco però l'interesse superiore della Complessità, del non inserire sbrigativamente tra i cattivi un signore che sgozza gente in mondovisione in nome del suo dio.
Non ti stanno sulle balle i martiri cristiani, però per fare degli esempi vai a cercare quelli al cui confronto gli shahid possano sfigurare meno, rovistando tra gli archivi polverosi e le pieghe del calendario, quando invece di martire cristiano ne hai uno ancora caldo, ammazzato guardacaso sempre da uno che lo faceva in nome del suo dio. Dici che è lo stesso dio? Eh, vaglielo a spiegare.
" Non troverai una sola riga dove confesso la mia simpatia per gli shahid. Capisco che tu vorresti trovarcela, questa simpatia, ma siccome io sono responsabile di me stesso, se ti dico che non c'è, non c'è."
E se dici che non c'è, non c'è. E se sei responsabile di te stesso, sei responsabile anche di aver commentato la strage di Sharm in questo modo:
"Quando guardi il mondo senza aver problemi,
cerca nelle cose l'essenzialità:
non è colpa mia se la tua realtà
mi costringe a fare guerra all'umanità.
Area (Frankenstein): Luglio, agosto, settembre (nero)
Prendetela un po' come vi pare. E lamentatevi per le ferie rovinate, fa parte della nostra, come si dice, civiltà."
Ovvero: dei porci fascisti si ammazzano ammazzando gente la cui unica colpa è di essere andata a portargli un po' di soldi e tu come commenti? Con una canzone dedicata a degli altri porci non meno fascisti la cui impresa più memorabile fu dimostrare il loro spirito olimpico sequestrando, torturando e ammazzando degli atleti ebrei.
Sì certo, anche loro erano 'costretti a fare guerra all'umanità'. Eh, quanto sei complesso.
Né gli shahid mi stanno simpatici, né i martiri cristiani mi stanno sulle balle. La mia "difesa d'ufficio della shahada" non è tale, è una tua volontaria deformazione di quello che dico, che ti qualifica come trollante. Non troverai una sola riga dove confesso la mia simpatia per gli shahid. Capisco che tu vorresti trovarcela, questa simpatia, ma siccome io sono responsabile di me stesso, se ti dico che non c'è, non c'è. Se ti è sembrato di trovarla, hai capito male. Se insisti, mi sa che sei in malafede. E che hai moltissimo tempo da perdere.
Se io ho dei dubbi su Al Zarqawi (come se ci fosse nell'universo mondo qualcuno che non ha dubbi su Al Zarqawi), questo non significa che mi stia simpatico. Siccome non divido il mondo in buoni e cattivi, ma sono in grado (più o meno dai tempi delle medie) di articolazioni più complesse. E se ti sfuggono, io non posso fare più di così per spiegartele.
IO ho introdotto il termine "kamikaze", per cercare (vanamente) di spiegarti che l'assassino suicida non è una pratica necessariamente islamica. Avrei potuto tirar fuori le tigri del tamil, che credo siano a tutt'oggi il gruppo terroristico che ha il record di rivendicazioni di attentati suicidi, e NON sono di religione islamica.
Griso, questa ridicola discussione parte dal fatto che hai scritto una sciocchezza grande come una vacca: "per una certa cultura un assassino è un santo, anzi un 'martire'".
Ora, per quanto tu possa rigirartela, quest'affermazione è sbagliata, e io te l'ho detto. Fine.
NOn è che un'affermazione sbagliata diventa giusta aggiungendovi altre sentenze più o meno discutibili (lo shahid è martire perché muore mentre uccide,il martire cristiano invece no, ecc.). No. La logica non funziona così. Se A è sbagliato, A è sbagliato. Non te la cavi dicendo che A è sbagliato, però B è giusto.
Sul piano umano, avresti potuto dire, "Sì, mi sono sbagliato, in realtà con A volevo dire B".
Ma a questo punto non si parla più di logica, si parla di educazione. E io non ho intenzione d'insegnartela.
-"SE gli shahid vi stanno tanto simpatici (O COMUNQUE NON PIU' SULLE BALLE DEI MARTIRI CRISTIANI)" ecc.
diventa:
"gli shahid vi stanno tanto simpatici", ecc.)
Il che voleva dire, appunto, che tu / i tuoi simpatici alter ego anti-martiri cristiani li mettevano sullo stesso piano degli shahid - anzi, li trattavano peggio, visto che non ti davi certo briga di citare la biografia di un assassino-suicida per fare il confronto.
Se questa non è simpatia, non so cosa lo sia. Se a me stesse sulle balle Zarqawi, per esempio, non scriverei nel giro di pochi giorni (come facesti tu) tre post complottisti-negazionisti zu Zarqawi, tesi a dimostrare verità un sacco alternative, tipo quello non era Zarqawi, Zarqawi non ha nulla a che fare con AlQaeda, Zarqawi è un servo della CIA, etc. Sempre perché ti stava sulle balle, immagino.
Altra mistificazioncina maldestra (che ti qualifica):
"Infatti non a caso in lingua italiana lo chiamiamo "kamikaze", che è una parola di chiarissima derivazione araba. Ma ci sei o ci fai?"
Infatti qualcuno ha introdotto il termine kamikaze in questa discussione. Sono stato io? I? Not I, sir. Ma ci fai o ci sei?
E potrei continuare, ma in fondo perché. Continua a cancellare le mucche, se ti rende felice. Una soddisfazione tanto misera non si toglie a nessuno.
Finché non riuscirà a capire che non deve affibbiare agli interlocutori opinioni che non hanno ("gli shahid vi stanno tanto simpatici", ecc.), per quanto mi riguarda è un troll e lo tratto come tale.
Naturalmente potrai stracciarti le vesti contro i biechi censori jihadisti. Il fatto è che non ti rendi proprio conto di quando è l'ora di smetterla.
Ti faccio un riassuntino delle tue dichiarazioni:
- Hai dichiarato che "per una certa cultura un assassino è un santo, anzi un 'martire'". Questo è sbagliato. Essere un assassino non è sufficiente, in nessuna cultura, per essere definito "martire". Per essere martiri bisogna morire, come tutti sanno nelle nostre multiculturali scuole elementari. Ti consiglio anche di consultare un multiculturale dizionario. Uno qualsiasi.
- "il copyright dell'assassinio-suicidio a maggior gloria di dio ce l'ha la 'cultura degli altri'"
Infatti non a caso in lingua italiana lo chiamiamo "kamikaze", che è una parola di chiarissima derivazione araba. Ma ci sei o ci fai?
- "esistevano i santi guerrieri, wow, che scopertona, mi avete spiazzato. Ho un'altra notizia in esclusiva: da allora la Chiesa si è leggermente evoluta"
Ne deduco che li avrà tolti dal calendario. Non mi risultava, ma ok.
- "gli shahid vi stanno tanto simpatici"
Vorrei proprio sapere chi su questo sito ti ha confessato la tua simpatia per gli shahid. Così di punto in bianco, tu ti metti ad accusare la gente di cose che non ha mai detto. Fosse la prima volta che lo fai. No, purtroppo è un atteggiamento che ti qualifica.
- "se non si tirano fuori gli ebrei, non si è contenti."
E tu ne sai qualcosa.
- "la tua difesa d'ufficio della shahada (non nel VII secolo A.D. - o I dopo l'Egira, se preferisci - ma OGGI) è quasi commovente, come quella di Taormina con la Franzoni"
Guarda, non riesco neanche a commentare. Voleva far ridere? Non fa ridere. Fa tristezza. Adesso sono triste. Per favore, basta.
Chissà perché i laici come te, che distribuiscono patenti di libertà e giustizia, poi alla fin fine tirano fuori sempre la religione cristiana....
Comunque, vogliamo continuare a metterci medaglie (= contare i martiri e valutarne la qualita')? Allora io richiamo Socrate, qualche decennio prima dei martiri cristiani. Pero' perche' Pera e Fallaci non parlano di difendere Apollo e Zeus, Vulcano e Venere? La cultura occidentale e' lì che nasce. Alla fin fine, anche i cristiani hanno ripreso Aristotele tra loro...
-lei ha (si presume) solo ammazzato suo figlio, mica l'ha mandato ad ammazzare altri;
-lui lo pagano bene.
E' possibile che uno venga accusato di razzismo per aver riso alla vignetta delle vergini ormai finite?
Ma no, perché. Poteva continuare a fare il pagliaccio dei filistei, e nessuno gli dava noia.
"Nicasio e Giovanna non si sono uccisi per uccidere, rassegnatevi"
Ma neanche Alì, il martire sciita per definizione. Insomma, perché ti ostini a offendere l'intelligenza tua e nostra?
Se 'ateo cristiano' (per essere più precisi) è teso ad accomunarmi a Zia Oriana, ti ringrazio, troppo onore. Più semplicemente, per me le religioni sono tutte fiction, il che non vuol dire che tutte le fiction siano uguali.
Mamma mia, pinux: sempre gli ebrei bisogna tirar fuori? Sansone sarà anche stato un kamikaze, ma nella situazione in cui era sarebbe morto comunque, quindi ha pensato di portarsene dietro qualcuno. Nella situazione in cui era ce l'avevano messo i filistei, però. Non è passato prima, di sua iniziativa, dal fotografo a farsi la foto ricordo col Corano, il mitra e i baffetti da sparviero, in posa con la orgogliosa fattrice di Figli da donare alla Patria, per poi avviarsi bel bello a prendere l'autobus.
Faccio comunque notare che qui si discuteva il diverso concetto di 'martire' nella cultura cristiana e in 'quella degli altri'; però, se non si tirano fuori gli ebrei, non si è contenti.
Un ebreo, Sansone, è stato il primo kamikaze della storia. Eppure viene considerato un martire.
E Sandokan? Un pericoloso terrorista che si oppone all'esportazione della democrazia o un "resistente"?
Si scherza, eh. Mica tanto.
Come a dire, un eunuco porcellone.
Vogliamo ricordare Stepinac, complice degli ustascia e appena beatificato?
Ognuno beatifica chi puo'. Io, ateo, non beatifico nessuno.
Per evitare che si faccia di ogni erba un fascio, guarda ogni tanto anche nei banchi in cui siedi.
-Nicasio e Giovanna non si sono uccisi per uccidere, rassegnatevi: il copyright dell'assassinio-suicidio a maggior gloria di dio ce l'ha la 'cultura degli altri' (anzi, non cercate di fregarglielo, perché si sa come sono suscettibili, idiosincratici e sensibili: capaci di sbudellarvi per meno - per dei disegni, perfino);
-esistevano i santi guerrieri, wow, che scopertona, mi avete spiazzato. Ho un'altra notizia in esclusiva: da allora la Chiesa si è leggermente evoluta, ho visto con i miei occhietti in TV la madre di un prete testé ammazzato perdonare l'assassino di suo figlio (lodata pubblicamente da un cardinale: che ferocia, che religione guerriera), che guarda a caso gridava anche lui che 'dio è grande', vedi a volte le coincidenze.
-se gli shahid vi stanno tanto simpatici (o non più sulle balle dei martiri cristiani) immagino non avrete alcuna obiezione, in nome dell'interculturalità e del dialogo, ad offrirvi volontari per testare l'efficacia di qualche nuova cintura esplosiva: sapete, i dummy usati dalle case automobilistiche costano (e poi vuoi mettere, il sangue vero che schizza), voi invece mi sa che venite via un tanto al mazzo, come i carciofi.
* anonimo, sei uno sciocchino. Nei dieci Paesi africani di cui parli ci sono guerre civili e condizioni di vita assai più gravi che in Medio Oriente. Ma siccome si sfogano tra loro, a te non risulta il problema. Il problema è solo quando cade un grattacielo in occidente, o qualcuno si fa saltare in un luogo turistico.
* griso. "per una certa cultura un assassino è un santo, anzi un 'martire'."
Sbagliato. Martire sei solo se muori, nella tua cultura e in quella degli altri.
Quando ancora in piazza c'era poca gente, un drappello di polizia ha sequestrato con la forza uno striscione che diceva: "Ratzinger e Ruini pericolosi impiccioni".
Pero' poi dicono che sono gli islamici quelli fondamentalisti e intolleranti.
Tutto ciò nel silenzio mediatico: secondo repubblica.it la manifestazione non c'e' stata, né quella di Roma né quella di Napoli.
Su google news non esce praticamente nulla.
"Ma questo non vuol dire che [...] chi uccide è un assassino per una cultura e per l'altra è un santo."
Invece è proprio così, per una certa cultura un assassino è un santo, anzi un 'martire'. Per un'altra cultura, invece, 'martire' è chi si lascia ammazzare. Il mondo è bello perché è culturalmente vario.
"Guai se il relativismo culturale invece diviene il pretesto per [...] giudicare o giustificare i comportamenti alla luce di una diversità culturale."
Infatti siamo nei guai (anche) perché c'è chi lo fa.
i passaggi che non convincono sono i seguenti:
il primo è la contrapposizione sfruttati-sfruttatori: gli sfruttati saranno sempre tali e l'incremento del pil significa che sei passato nel novero degli sfruttatori.
beh, cina ed india - paesi di estrema povertà fino a pochi anni orsono - stanno a dimostrare che così non è.
il secondo è questo: "sono terribilmente superficiali, i neoconi. Per loro tutti gli uomini sono uguali (davanti a chi?) In tutti alberga, naturalmente, l'anelito alla democrazia".
eh, si, è proprio così:
a tutti piace la coca cola o, se vuoi, la libertà di berla.
oppure, detto in altre parole:
nessun uomo aspira ad avere un dittatore sopra di sè; tutti desiderano poter concorrere, in qualche modo, alle scelte che li riguardano.
a.
Eccolo cos'è l'essere umano. Il resto sono tutte formalità o inconvenienti.
Sempre lungo, quasi logorroico, ma un punto di vista onesto e ben argomentato.
Proprio pezzi come il tuo e quello di Luca Sofri aiutano a mantenere alto il livello della discussione "vignette" nella blogosfera.
P.S.: ADORO che la gente, nei propri blog risponda ai commenti.
"Io dico che le vignette sono state una catastrofica provocazione, che rischia di portare nelle manifestazioni anti-danesi anche cittadini islamici che fino a ieri avremmo definito "moderati".
Leo, scusa se insisto. Se seguiamo il tuo ragionamento, allora uno potrebbe dire che la reazione abnorme di alcuni estremisti islamici è una catastrofica provocazione che rischia di portare nell'anti islamismo becero anche quegli occidentali che fino a ieri abbiamo definito "moderati", oltre a quel minuscolo insieme di occidentali che sono i blog e i lettori del Foglio
E non ha senso ribattere "va beh, chi ha iniziato?". Sarebbe un pò infantile.
O no?
Salvatore
* Pinux: non credo che gli occidentali moderati si siano tutti buttati sulla Fallaci. Ma sono proeccupato dalla deriva di quel minuscolo insieme di occidentali che sono i blog e i lettori del Foglio.
* Wile, per l'amor del cielo, io non sto giustificando gli assalitori di ambasciate, né qui né altrove, e non credo che Lia lo faccia. Io dico che le vignette sono state una catastrofica provocazione, che rischia di portare nelle manifestazioni anti-danesi anche cittadini islamici che fino a ieri avremmo definito "moderati".
Sul problema della laicità, hai ragione, ho sorvolato: devo scrivewre lunedì. Sto cercando di essere breve e performante, e a volte è una fatica maledetta.
E comunque... non sei tu contro Ferrara o Sofri... qui il problema e' generale: sei l'unico (insieme a Lia) che continua a cercare argomenti per spiegarci come mai hanno ragione a bruciare un'ambasciata per delle vignette. Perdona, ma visto che i tentativi precedenti sono andati a vuoto per massivo uso di argomenti capziosi, potresti volare un filo indietro e farmi capire cosa (fatta eccezione per l'odio viscerale verso Ferrara/Sofri e Teoconi e Neoconi...) ti fa ancora convinto?
Sono curioso, mica altro.
Sì, da antologia del cattocomunismo, malattia infantile dell'altermondialismo.
Che poi oggi sia diventato una definizione alla moda utilizzata a sproposito da persone che ne ignorano completamente il significato, beh, questo é un altro discorso.
(Per inciso, il relativismo culturale non è affatto un modo per "apprezzare i popoli barbarici nella loro rude e ingenua virilità"; anzi, è l'esatto opposto).
Però. Leo, una cosa non mi convince dei tuoi ragionamenti, spesso condivisibili, su tutta la questione. Tu hai paura che tutto questo can can - eufemismo - possa portare parecchi musulmani "moderati" (la maggioranza, ne convengo)a pensare che la maggioranza degli occidentali abbia dato maggiore importanza di quella che hanno a delle stupide vignette. E che forse Bin laden non aveva tutti i torti.
Prova a capovolgere il ragionamento. Davero credi che tutto questo can can - eufemismo - abbia portato la maggioranza degli occidentali "moderati" a sposare la tesi dello scontro di civiltà e a dare ragione ai deliri della Fallaci?
Secondo me sottovaluti un pò la capacità critica "loro" e "nostra".
Detto questo, la tua analisi "sovrastrutturale" resta da antologia.
Ciao
Ed è meglio così, perché hai scritto tutto tu, ed io, pienamente d'accordo, satollo e soddisfatto, avrei ben poco da aggiungere.
ciao, retore
Ero in astinenza da post come questo e il precedente da molto tempo.
Grande Leonardo, bentornato dal 2025.
Si sentiva la tua mancanza.
Stefano.
Ora, se io comincio un pezzo citando Ferrara che distribuisce patenti da cretino, il pezzo mi va in autocombustione dopo due capoversi. Per ragionare servono le buone maniere.
Invece, verso la fine, quando inevitabilmente ci si sbraca, citare Ferrara ci può stare, è il colpo di grancassa. Poi non è colpa mia se lui si qualifica così. Non è il migliore avvocato delle sue idee.
Infine, secondo me, la cosa che tu scrivi non esiste. Perlomeno, non esiste in me e in nessun altra persona con cui mi sono confrontato (forse mi confronto poco). Nessuno che io conosca difende gli islamici "perché sono fatti così". Nessuno gli riconosce il diritto a essere violenti e intolleranti per nascita. Il discorso che abbiamo in mente è più complesso. E forse se non riusciamo a spiegarci è anche responsabilità nostra. A volte. Altre volte è un deliberato gioco al fraintendersi.
Ti attirerai accuse di marxismo, probabilmente. E trovare ancora chi si espone questi pericoli, è consolante. Ci si sente meno soli :)
- prima pagare
05-01-2006, 05:01coop-landia, cultura, DS, Fassino, feste dell'unità, prima pagarePermalink
Ma lo sapevano, i simpatici arancioni ucraini dell'anno scorso, che la Libertà tanto sospirata implicava pagare la bolletta del gas almeno due volte tanto? Probabilmente no. Adesso che l'hanno scoperto (proprio sotto il solstizio d'inverno), forse sono meno arancioni – e anche meno simpatici. L'Europa che l'anno scorso li appoggiava con tanta determinazione, si è sgonfiata al primo calo di pressione, e Putin ha vinto il negoziato. E noi cittadini del libero occidente? Continueremo a incoraggiare i nostri liberi, freddolosi amici ucraini con tante belle parole, consigli preziosi. Questi del Riformista, ad esempio.
La libertà ha un prezzo, no free lunch. Dovranno pagare l'energia a prezzi di mercato, diversificare i fornitori, riconvertire la loro industria. Non è una operazione che si fa in poco tempo, tanto meno va fatta sotto il bastone di Putin. Però non si scappa. Gli arancioni di Kiev, verso i quali continua ad andare la nostra simpatia e il nostro sostegno, debbono dirlo chiaramente agli ucraini e non gridare soltanto al grande complotto.
Notate: non è che gli ucraini devono preoccuparsi del "bastone di Putin". Però, siccome il bastone c'è, e funziona, "non si scappa". Ed è inutile gridare al complotto, perché questa è semplicemente la libertà secondo il Riformista: un libero mercato in cui i prezzi per ora li stabilisce Putin (che ha il libero bastone più lungo), e poi si vedrà.
Poi uno ha voglia a dire: sono tramontate le ideologie. E discutere così, per assoluti, di "Libertà", "Democrazia", "Cultura", "Cristianesimo", "Islam", che cos'è, se non purissima ideologia? Trentenne come sono, devo dire che questi discorsi mi circondano da sopra e da sotto; e non so dire se mi nausea di più la malafede dei vecchi o la dabbenaggine dei giovani. Ma i vecchi ormai la testa l'hanno fatta e finita: non mi resta che guardare in giù e avvisare: guardate che si sta parlando di nulla, qui. La Libertà con la "L" non esiste, non esiste la Democrazia, la Cultura è più delle volte un complesso mix d'ignoranze, eccetera. Tutta ideologia, per l'appunto: specchi per le allodole, sovrastrutture. L'unica cosa di cui abbia senso parlare è l'economia, per cui (vi prego) ogni volta che qualcuno vi propone esportazioni di democrazie, rivoluzioni pacifiche e liberali, o anche solo riforme e privatizzazioni e liberalizzazioni… voi, prima di dire di sì o di no, ponetevi l'unico quesito che valga la pena: chi paga? Per favore, non fate come gli ucraini, che ci hanno messo il cuore e si sono visti arrivare il conto un anno dopo.
E questo è un principio generale, che vale anche per il caso Fassino: prima di qualunque moralismo, di qualunque autocritica o passo indietro, fatevi una domanda semplice: ma chi lo paga, poi, Fassino? Chi dovrebbe finanziarlo? Non crediate che la risposta stia scritta nera su bianca da qualche parte: non è vero. A 15 anni da Mani Pulite noi cittadini non ci siamo ancora chiariti su come si debbano finanziare i partiti. Ma i partiti, nel frattempo, esistono: e costano. Il centrodestra una soluzione provvisoria l'ha trovata: si è messa a libro paga del riccone. Bene, bravi, anzi no, corrotti, buuh! Ma la sinistra, intanto? Dovrebbe campare d'aria e di gettoni di presenza? Un partito come i DS non è solo una consorteria di parlamentari e amministratori: sotto c'è una struttura, i quadri, il servizio d'ordine, le redazioni di giornali e rivistine che nessuno acquista ma che vanno scritte bene, per le rassegne stampa, e i redattori devono sapere anche l'inglese per scrivere no free lunch senza errori… e poi c'è da studiare una fuoriuscita per i mediocri, quelli che non ce l'hanno fatta e si sono persi lungo il cursus honorum (la settimana scorsa, su Diario (23/12/05, pag. 6), Deaglio ricordava i trascorsi di Sandro Bondi: Era il sindaco del Pci di Fivizzano, cittadina della Lunigiana. Una congiuretta di paese lo fece fuori e lui si rivolse al partito: avete lavoro per me? Sì, gli dissero, va’ a raccogliere polizze per l’Unipol a Pontremoli. Lui rispose: “È un umiliazione!” (Erano gli anni in cui Consorte rendeva forti le coop). E bussò a casa Berlusconi, che lo assunse).
…E last but not least ci sono le spese di campagna elettorale, col non trascurabile dettaglio che l'Italia è in campagna elettorale permanente da dieci anni; e che l'avversario, le regole, non le ha mai rispettate e mai le rispetterà, per definizione. Lui ha il quasi-monopolio del mercato pubblicitario, può tappezzare le città di manifesti stampati e incollati a prezzo di favore, e Fassino intanto che fa? Prendi anche solo un consulente all'immagine del calibro di Klaus Davi, l'uomo che ha portato Fassino da Maria De Filippi: chi lo paga, il conto di Klaus? I mangiatori di porchetta al Festival dell'Unità? Ma anche i Festival hanno un loro prezzo (sia detto per inciso che la generazione dei volontari di ferro, patrimonio inestimabile di friggitori di porchetta, non durerà in eterno, e forse neanche altri dieci anni). Per fortuna che c'è Unipol che sponsorizza. E quanto costa, all'Unipol, sponsorizzare il Festival dell'Unità? E chi decide dove termina la sponsorizzazione e dove comincia il collateralismo? Non lo decide nessuno. O se preferite, lo decidiamo adesso qui. Ma sì: proponiamo una legge che proibisca qualunque sponsorizzazione a qualunque evento di natura politica. La moglie di Cesare dev'essere al di sopra di ogni sospetto, e anche le cugine e le cognate fino alla settima generazione – non ha nessuna importanza se qui di fronte la moglie di Gneo Pompeo ha aperto un lupanare.
Quello che indispettiva tanto in Craxi, quindici anni fa, era quel tutti rubavano, tutti sapevano. Quello che oggi indispettisce in Fassino è quel gesuitismo di ritorno, quel mettere le mani avanti, abbiamo una banca, anzi no, scusa, non vorrei che gli intercettatori equivocassero, la banca è solo tua, mi informo solo per cultura generale. C'era della grandezza in quel mariuolo di Ghino di Tacco, c'era della spavalderia, c'erano gli anni Ottanta. Fassino invece è uno che non si può nemmeno dire che rubi, tecnicamente, ma comunque già se ne vergogna. Craxi – certo – era molto più facile da odiare. Fassino fa semplicemente cascare le braccia. Ma scusa, ti fai chiamare sul cellulare? Ti fai dettare le percentuali? E scriversi una mail, ordinata, criptata, no?
Sia Craxi che Fassino, in ogni caso, non hanno fatto che cercare a modo loro una risposta alla sola domanda che valga la pena: chi paga? Dice Prodi che bisogna tracciare nuovi confini. Perfetto, sono d'accordo. E a quella "massiccia maggioranza, di Italiani per bene (per bene, non perbenisti), di cittadini onesti (moralmente onesti e non moralisti)", propongo allora di tracciare il seguente confine: mettete nero su bianco quanto siete disposti a sborsare, per avere una politica non commista alla finanza. Unipol-BNL non deve finanziare la campagna elettorale? Perfetto: fate un prezzo voi. Quanto sarebbe disposto a dare, ciascuno di noi, per togliersi Berlusconi dai piedi e avere un partito solido, strutturato e "pulito"? Bando alle ciance e alle autocritiche: fuori i soldi. Prima pagare, poi democrazia. In Ucraina hanno fatto il contrario: a momenti finivano sottozero.
Porcaccio.
Quando facevi il pazzo nessuno faceva commenti del genere.
E' proprio vero che a fare i discorsi seri sono capaci tutti...
Poi tanto basta dire che No l'ignorante sei tu, e si può continuare all'infinito.
Ora, naturalmente in una situazione di rete, con tanti competitori, i diritti di passaggio varranno il 15%. E sarebbe tutto bello, nel migliore dei mondi possibili (dove la gente compra e legge il Riformista).
Ma se io sono il collo di bottiglia, e tu non hai ancora vie alternative, io posso benissimo farti il 95%, perché anch'io detengo un monopolio: il monopolio della tratta dell'oleodotto senza la quale il tuo gas in Europa non ci arrivi. E' una gabella, è odiosa, ma finora i russi l'avevano pagata senza problemi.
Se ora Putin ha deciso che non la paga più, non è perché improvvisamente si è aperto un "mercato", ma semplicemente perché Putin è un colosso militare e Yuschenko no. Se, per assurdo, l'Ucraina avesse il monopolio del gas, e il suo unico oleodotto passasse per la Federazione Russa, oggi ci troveremmo nella stessa situazione: pagheremmo il 95% ai russi e il 5% agli ucraini. E questa non è economia di mercato: è pura prosecuzione della guerra con altri mezzi.
il discorso è molto più complicato di come lo fai tu. diciamo che gli ucraini il gas lo avevano "regalato", perché lo pagavano 50$, e poi ne avevano 47 indietro per il diritto di passaggio. ti assicuro che i diritti di passaggio valgono, si, ma non tanto da far avere gas/petrolio gratis: in genere sono a un 15% del prezzo di mercato del prodotto "che passa"... insomma, diritti di passaggio per i 230$ che pagano gli europei, ma gas a 50$. good deal, direbbe qualcuno. Putin deve fare il benefattore agli arancioni, a quale titolo? sennò gli americani gli dicono che è un dittatore?
tutti a dire che è un soviet, un autoritario ecc, ma nessuno ancora spiega a quale titolo gli ucraini debbano avere sovvenzioni dallo stato russo.
(se sapete dove si fa domanda, magari possiamo provarci anche noi.)
bdd
Che poi, democrazia, libero mercato, son definizioni a coprire un sistema che potremmo chiamare, in alternativa: C'è Anche Di Peggio, Ma Pure Questo Non E' Che Sia Un Granché.
Tecnicamente, gli Stati Uniti sono un Paese democratico (questo non impedisce loro di aver un atteggiamento estero dispotico, ma è discorso vecchio)
Tecnicamente, Putin è un liberista, ma questo non gli impedisce di comportarsi da piccolo zar.
Tecnicamente, abbiamo un PdC che dice: basta con gli intrecci tra politica e affari. E questa è satira, signori miei.
Ora, visto e considerato che l'Ucraina, per quanti riguarda la strozzatura degli oleodotti, è il classico "collo di bottiglia": visto che grandi vie alternative per portare il gas dai clienti europei la Russia ancora non le ha: come si spiega, secondo il "mercato", che improvvisamente il diritto di passaggio vale un quarto di quello che valeva l'anno scorso? Davvero l'ha deciso il "mercato"? O non lo ha semplicemente deciso Putin? E Putin può decidere di farlo perché "sta sul mercato" o non semplicemente perché è il padrone del colosso ex sovietico, ha il monopolio del gas siberiano, e l'Europa deve abbozzare?
Allora, capiamoci: qui non c'è nessun "liberista" che riscuote. Qui c'è un sovietico monopolista che fa il brutto e il cattivo tempo, e l'occidente fa finta che sia "il libero mercato". E gli ucraini, che credevano veramente di avere l'appoggio dell'Europa, l'hanno presa in quel posto.

“Presente”
“Hassan”
“Presente”
“Insomma”
“…”
Le difficoltà del giovane Insomma
Col tempo cominci a fidarti del linguaggio. Non ti accorgi più di quanto sia astratto, malfunzionante, in genere poco performativo. Ti muovi tra adulti che bene o male comunicano. Tutto regolare, a parole. Ma il destino è in agguato. Il tuo destino ha un nome. E un cognome. Insomma Pierluigi, nato a Barletta il 26/26/92.
“Insomma! Dico a te!”
“Cosa c’è, prof?”
“Sei presente oppure no?”
“…”
Quando mi guarda con quegli occhi azzurri, profondi, vacui, io so che è tutto vano. Insomma non è stupido. Ma non sa di cosa stiamo parlando.
“Sei indeciso? Non sei sicuro di esserci? Vuoi fare un salto a casa a controllare se ti sei dimenticato là?” (Risate di convenienza)
“Mica posso andare a casa, prof”.
“E perché?”
“Perché…”
“Perché sei qui!”
“…”
“Quindi sei presente, o no? Ti segno presente? Vuoi pensarci ancora su? Insomma!”
“…”
Quegli occhi azzurri, profondi, vacui.
Insomma non è stupido. In un qualche modo sappiamo tutti che è intelligente. Ma in mezzo c’è il linguaggio. Questo diaframma tra la sua intelligenza e quella degli altri. È occluso.
O forse è una sorda rivolta contro le istituzioni. Insomma sa di essere qui. Ma non risponde. Neanche sotto tortura.
La tortura consiste nel cercare di spiegargli i problemi di geometria solida un pezzo alla volta.
“Il volume si trova moltiplicando l’area di un lato per l’altezza. Insomma, io direi che è chiaro”.
“…”
“Ora, sta molto attento…”
(Insomma non è sfrontato. Anzi ha buone maniere, e in generale si mostra malleabile. Se gli chiedi di stare attento, lui si concentrerà e ti darà la migliore faccia attenta che tu abbia visto mai).
“…se l’area abbiamo detto che è 3 e l’altezza è 4, quanto sarà il volume?”
“…”
“Ti ricordi? Abbiamo detto (dito sulla regola) che il volume si calcola moltiplicando questo per quello. Questo (dito sull’area) è 3. Questo (dito sull’altezza) è 4. Quindi il volume sarà…”
“…”
Ho usato le dita. Errore. Si è distratto. Ha guardato le dita del prof sul disegno. Non ha guardato il disegno. Dita, disegno, linguaggio. Non funziona. Non spiega niente, è solo un’inutile distrazione. Musica di fondo. Diaframma occluso.
Con l’algebra va meglio, grazie a qualche accorgimento. Il più universalmente noto è il denaro. Un linguaggio che funziona sempre. (Perché?)
“E ti ritrovi con dodici fratto due. Ora devi semplificare”.
“…”
“Insomma, Pierluigi”.
“Ma prof!”
“Insomma, cosa vuol dire fratto due? Che devi dividere per due, no? E quindi…”
“…”
(Sospiro) “Insomma, hai dodici euro. Li devi fare a mezzo”.
“Con chi?”
“Con me. Quanti me ne dai?”
Mi guarda male, ho voglia di fregarlo? Lo sanno tutti che la metà di dodici euro è…
“Sei euro, prof”.
“ooooh. E Insomma, ci voleva tanto?”
Perché un’operazione è più comprensibile se dietro alle cifre metti il segno di una valuta? Fatto attestato a tutte le latitudini: dollari, yen, rubli, qualsiasi pezzo di carta emesso da qualche banca centrale è più comprensibile di un’unità astratta che si legge su un libro di matematica. Ma perché? Forse che un dollaro è meno astratto di un numero? Mica è un dollaro vero. È immaginario. Ma allora Insomma ha immaginazione. Allora è intelligente. Ma ha bisogno di parole sue. Unità di misura sue. Dai quattordici anni in poi, per un certo periodo, esisterà una sola unità di misura su cui valga la pena lavorare d’immaginazione:
“…E hai trovato ‘due mezzi’. Cosa vuol dire?”
“…”
“Cosa sono ‘Due mezzi’? Non c’è un modo migliore per scriverlo? Hai una metà di qualcosa. Poi anche l’altra metà. Due metà. Due metà insieme fanno un…”
“…”
“(Sospiro) Insomma, hai un motorino”.
“Eh, prof, magari”.
“Diciamo che ce l’hai proprio. Adesso te lo taglio a metà”.
“No!”.
“Però ti lascio entrambe le metà. Quanti motorini hai?”
“Uno”.
“Ecco. ‘Due mezzi’ sono ‘uno’, Insomma! Hai capito o no?”
“Ma prof, dopo posso rimontarlo?”
L’importanza dell’immaginazione. Il linguaggio non funzionerebbe non perché è astratto (anche la parola “dollaro” o “motorino” è astratta), ma perché non è abbastanza “evocante”. In inglese direi: sexed up.
Allora è così? Il ruolo dell’insegnante è sex-uppare il linguaggio? Aveva ragione quella classe che si lamentava perché non facevo abbastanza battute nelle lezioni di Storia? “Oggi studiamo la peste nera wow! Fichissimo!”
A parte che non è facile. A furia di inventarmi storie di denaro e motorini, finisco per pescare nel torbido dell’inconscio collettivo. Come si gestisce l’immaginario dei quattordicenni? La tv insegna: sesso e violenza, ma il sesso soltanto dopocena. Io lavoro al mattino: vai di violenza.
“…e adesso devi risolvere: (– 26 – 6) =”
“Ventisei meno sei…”
“Nononono. C’è un meno davanti. Quindi si legge: Meno Ventisei Meno Sei. Come si risolve?”
“…”
“Non guardarmi così, Insomma. Lo sai. Te lo abbiamo spiegato varievolte. E ti ho appena mostrato come si fa. Quindi tu adesso lo fai. Senti… è come un… un… un frigorifero”.
“Un frigorifero?” (Sbuffa: il frigorifero, in sé, non è sexy proprio per niente).
“Sì, ma lo usi per torturare una persona. Allora: all’inizio il frigo è a meno ventisei gradi. Ci ficchi dentro questa persona..."
"Sì".
"Secondo te soffre?”
Nel vacuo dei suoi occhi, un bagliore luciferino. E mi ricordo improvvisamente di una cosa. È proprio lui, Insomma Pierluigi, l’appassionato della Storia del Novecento. A 14 anni c’è un solo motivo per appassionarsi delle lezioni di Storia sul Novecento: sete di sangue.
(Flashback
Due settimane fa, si ripassava la Repubblica di Weimar:
“E poi, come dice il vostro libro, c’era anche la questione del debito di guerra! I tedeschi avevano perso la guerra e dovevano pagare un debito spaventoso! Era una cosa molto umiliante. Per questo si esasperarono…”
“… e poi votarono per Hitler”.
“Beh, diciamo che è uno dei motivi. Si sentivano umiliati. Fu un grave errore. Non bisogna mai umiliare i propri nemici, ridurli alla disperazione”
“Meglio ucciderli”.
“Ecco, sì. Cioè, No! Pierluigi, ti rendi conto di quel che hai detto?”
Lo stesso lampo negli occhi. Ecco quando glielo avevo visto).
“Insomma, secondo te a Meno Ventisei soffre?”
“Un po’…”
“Mica tanto, eh? Allora togliamo altri sei gradi. Meno Ventisei… Meno Sei. A quanti gradi siamo, adesso?”
Funziona. Non ha più uno sguardo vuoto. Si sentono le meningi cigolare. Sta calcolando. Abbiamo passato il diaframma! Vittoria!
(E che importa se, oltre a calcolare, sta immaginando il suo acerrimo nemico Carbone Nicola in una cella frigorifera a –26°)
“…Meno Venti”.
“Ma no, scusa! Così diventa meno freddo, e lui sta meglio! Invece tu vuoi farlo soffrire di più, no? Quindi devi togliere altri gradi…”
“Aaaaaah?”
Un piccolo istante. Ormai ce l’ha fatta.
“Meno Trentadue, prof”.
“Vedi che ci arrivi, Insomma?”
“Eh, prof…”
“Io lo so che sei intelligente. Te lo dico sempre”
(Sei anche un po’ sadico, ma a 14 non è grave).
“Prof, tornando a noi…”
“Sì”.
“Secondo lei, a Meno Trentadue, muore?”
“Sì. No. Chiedi alla prof di scienze”.

(e neanche una nozione superflua)
Io non so, onestamente quanti anni impieghi un corpo umano a rigenerare tutte le sue cellule, per cui si possa dire che è realmente diventato un altro corpo rispetto a tot anni prima. Sarà scritto da qualche parte che non trovo.
Non so neanche dopo quanti anni un’accusa cada in prescrizione.
Quello che so è che tre anni di solito sono il limite a partire dal quale le cose che ho scritto non le ho più scritte io, le ha scritte un altro, e non ha più molto senso correggerle o tentare di fare una figura migliore di quella che ormai s’è fatta. Magari se rileggo posso essere d’accordo, come capita di andare d’accordo con estranei che non si è mai visti in faccia (“toh! Questa cosa avrei voluto scriverla io… ah, aspetta, l’ho scritta io”).
Questo significa, tra l’altro, che le ragazze, signorine e signore in possesso di lettere firmate da me entro e non oltre la data del 26 gennaio 2001 sono pregate di non ritenerle più valide, distruggerle se è il caso, oppure continuare a leggerle e sghignazzare ma non attribuirle più al qui presente, che nel frattempo ha totalmente rigenerato le sue cellule ed è un altro uomo.
Significa anche che le pagine più antiche di questo sito, che sabato ha compiuto tre anni, stanno per scivolare inesorabilmente nella maturità: sono documenti di una persona che esisteva tre anni fa e che non ha ormai più nessun potere su di loro. Il bello è che tra tre anni succederà lo stesso di queste righe. (L’idea che si muore un po’ tutti i giorni mi dà una certa vertigine).
***
Il bilancio del 2003 ve lo risparmio. Fino a novembre gli accessi sono cresciuti, poi sono un po’ calati. È anche calato il mio interesse per gli accessi. Per un po' sono diventato il primo risultato mondiale per “Leonardo” su Google, il che è assurdo (in questo momento sono il n.2). Stavo pensando di usare il blog diversamente, scrivere meno e un po’ meglio, ma non è semplice. Scrivere è una ginnastica, e purtroppo per avere un paio di cose buone la settimana devo riscaldarmi con altre due o tre scemenze di contorno.
A complicare la cosa, molto spesso quello che io reputo scemenza può piacere a parecchi, e la “cosa buona” passare nell’indifferenza (o nell’imbarazzo) più totale. È per questo motivo che quindici giorni fa avevo chiesto ai lettori di esprimere una preferenza sui post di quest’anno: non è che abbiano risposto in tantissimi, eh? In ogni caso il vincitore della consultazione è questo. E mi pare un degno vincitore, per vari motivi:
1. Mentre di solito faccio le ore piccole a limare periodi, questa è appunto una scemenza scritta di getto in un dopopranzo.
2. Mentre di solito d’inverno qui si scrive a lambrusco, questo post andava a trebbiano.
3. Alla faccia di tutti quelli che mi danno del professorino, questo post è un inno alla crassa ignoranza.
4. Varie persone ci si sono riconosciute, e hanno voluto contribuire. Io non sono molto bravo nei lavori di gruppo, però sono contento di averci provato.
5. Per quanto scemenza, il Simulator ha dimostrato di funzionare benissimo, e io ne sono la prova vivente. Sul serio, io mi sto facendo strada continuando a raccontare palle come la leggerezza di Calvino. E la gente mi dà del professorino. Nel mondo dei ciechi il guercio è un re, chi l’ha detto? (non so neanche quello).
6. Per quanto scemenza, il Simulator è un’applicazione di uno dei principi fondamentali di questo blog sin da quando un tale (che nel frattempo non esiste più) cominciò a scrivere i primi post nel gennaio 2001: la critica al concetto di cultura. Cosa intendiamo con cultura? L’insieme di cose che sappiamo? Non più. Da un po’ di tempo a questa parte la cultura è diventata l’insieme di cose che fingiamo di sapere, o (nel migliore dei casi) le strategie che mettiamo in atto per fingere di sapere alcune cose.
I primi mesi di quel 2001, del resto, furono un periodo molto interessante. Tra le altre cose si finì di mappare il genoma umano, giungendo così (credo) alla dimostrazione scientifica che il concetto di razza non ha senso. Un po’ troppo tardi per evitare la tratta degli schiavi e Auschwitz, ma meglio di niente.
La destra identitaria aveva però già fiutato l’aria da un pezzo, e si stava ricalibrando su un nuovo concetto: la cultura, la “civiltà”: The Clash of Civilizations, come si chiamava il saggio di un professore americano che sbagliava le cartine. E fu il defunto Edward Said a ribattezzarlo The Clash of Ignorance. Avevano ragione entrambi: Civilization, Ignorance e Cultura sono tre parole per la stessa cosa. Una cultura non è fatta di nozioni, ma di finzioni, e si caratterizza più per le cose che sceglie di escludere che per quelle che include. E qui arrivano i blog, che ci servono proprio a definire la nostra “Cultura”, la nostra “Civilization”, la nostra “Ignorance”: si tratta di scegliere quali nozioni non c’interessano e quali vogliamo fingere di possedere.
Dal 2001 in poi ne abbiamo fatta di strada, e ne abbiamo scritte e lette, di scemenze. Cultura occidentale, Guerra Globale, Guerra al terrorismo, Islam terrorista, Islam moderato… un giorno (spero in meno di tre anni) tutti questi concetti ci sembreranno campati per aria come oggi ci sembrano campate per aria le speculazioni degli scienziati ‘ariani’ sul “primato della razza”.
Nel frattempo, se il discorso v’interessa, credo che continuerete a trovarmi in questo settore della barricata: là dove non solo si rifiuta a priori il concetto di “cultura”, il concetto di “civiltà”: ma si cerca in un qualche modo di dimostrarne l’impossibilità scientifica, così come nel 2001 è stata dimostrata l’impossibilità scientifica del concetto di “razza”. La demolizione della razza spettava ai biologi: la demolizione della cultura dovrebbe essere il lavoro degli umanisti. Non male come missione.
Ma credo che a un obiettivo del genere valga la pena di dedicare il proprio tempo libero, se non la propria vita. (Magari tra tre anni la penserò diversamente).
(I Marlene Kuntz sull'Espresso...)

Basic Culture Simulator 1.3
(mai più nozioni superflue)
La citazione qui sopra è un semplice esempio di come fare per non sembrare colti in due righe. Infatti:
– Non si dice mai, mai che un libro “ci è stato regalato di recente”! La vera persona colta ha già letto tutti i libri del mondo prima che qualcuno glieli regalasse.
– In effetti, la persona veramente colta non usa mai il verbo “leggere” riferito a un libro. I libri non si leggono mai! I libri si rileggono soltanto! (“Rileggevo giusto ieri le lezioni americane di Calvino, e sono rimasto ancora una volta folgorato…”)
– Infine, se proprio dobbiamo folgorarci con un libro, sarebbe opportuno evitare di farlo nelle prime pagine, perché così suggeriamo l’idea di non avere letto oltre. Uno dei motivi per cui in tanti citano la leggerezza di Calvino, è che si trova nelle prime dieci pagine delle Lezioni Americane. Per questo il mio consiglio è: cominciate a leggere un libro da pagina 100. Poi, alla prima folgorazione, potete pure fermarvi, ma darete un’impressione di maggior serietà.
E proseguiamo coi vostri dotti contributi:
da Vinci, Leonardo: questa ditela che fa effetto: “Ha attraversato tutte le arti con il talento del neofita”. Nella sua bottega ha inventato, scoperto, dipinto, scolpito, inchiappettato i suoi apprendisti. Ma soprattutto non dimenticatevi di dire che mangiava e defecava allo stesso tempo (non ditelo a tavola!)! (Uiallalla)
D’Annunzio, Gabriele: I maschietti lo ricordano per l’uso piuttosto scanzonato delle costole (una leggenda che passa di spogliatoio scolastico in spogliatoio scolastico); le femminucce gradiranno sapere che ha dato il nome alla Rinascente. Entrambi poi ricordano la Pioggia nel Pineto, una poesia che descrive con un profluvio di versi brevi la tipica situazione degli spot badedas: una tipa cammina in un bosco con una maglietta bagnata.
(Uno dei miei massimi successi come prof fu quando lessi la Pioggia nel Pineto in classe, per dimostrare come si leggono le poesie. All’ultimo “Ermione” partì un applauso spontaneo:
“Ma almeno avete capito di cosa parla?”
“Assolutamente no, prof!”)
Mann, Thomas: scrittore tedesco. Da non confondere con il fratello, comunista. Lui invece era omosessuale. Quando ti parlano di un libro noioso citare "La montagna incantata" : 1000 pagine in un sanatorio dove non succede assolutamente nulla. Tanto nessuno l'ha letto, hanno letto tutti "la morte a venezia" perché è corto.
(Massimo)
Mendel, Gregor: Abate boemo, naturalista. Evidentemente i frati non hanno molto da fare nei conventi, sicche' il buon Gregor si mise a studiare le piantine di piselli. In pratica, la prima teoria degli OGM. (Marcello Barisonzi)
Pascal, Blaise: personaggio confuso, religioso, filosofo, matematico...Ha inventato la calcolatrice da piccolo per aiutare il papà a fare i conti, ma la cosa più famosa è il linguaggio Pascal per il computer (per una spruzzata di conoscenza di computer: "ma ormai non lo usa più nessuno: meglio il C++!") (Apicella)
Rousseau, Gian Giacomo: ha scritto l'"Emilio" per spiegare all'umanità come si allevano i bambini e come si educano i giovani. Peccato che poi ha mandato i suoi 5 figli in orfanotrofio!
Gli anarchici, poi, vedono in Rousseau il punto di riferimento culturale. Ah, chiamava la sua morosa "Mamma". Era permalosissimo e si faceva fino a 10 clisteri al mese. (Bramiero Pinna)
Saba, Umberto : Saba è da citare solo con gli amici gay o triestini, dal momento che nessun altro lo conosce. E' una versione contemporanea di Leopardi ma essendo gay non fa battere il cuore alle prof.
(Luca)
Schroedinger, Erwin: Fisico austriaco, fondatore della meccanica quantistica.
Famoso il suo esperimento del "gatto di Schroedinger": se chiudamo un gatto in una scatola, non possiamo sapere se sia morto o vivo finche' la scatola non viene riaperta; quindi, finche' il gatto si trova dentro la scatola, lo possiamo definire come 50% vivo e 50% morto. Scrisse il suo piu' famoso lavoro sulla meccanica quantistica in uno chalet di montagna, spassandosela con l'amante. Ebbe tre figli ileggittimi da mogli di colleghi. (Marcello Barisonzi)
la fisica quantistica: "e, come diceva aisenberg [mi raccomando! mai aspirare la "a" iniziale!], se conosci la velocità di un oggetto non conosci la sua posizione - o era viceversa? bè, comunque, fai conto che sei in macchina: se sei dentro leggi il tachimetro e vedi a quanto vai, ma non puoi sapere in che punto della strada sei finché non ti fermi".(Delio)
Queneau, Raymond: enigmista francese, in un libro (Esercizi di stile) ha scritto la stessa piccola storia in cento stili diversi. Una bazzecola. Zop è molto più bravo…

Per questo sono grato a tutti quelli che hanno voluto partecipare alla nuova release del
Basic Culture Simulator 1.1
(Colti in cinque minuti!)
Prima di partire coi contributi (ringrazio tutti e mi scuso per i tagli), vi chiedo un’altra cortesia: se incontrate qualcuno che fa uso inconsapevole del Simulator, segnalatemelo!
Stasera ho trovato Antonio Di Pietro. Ma si può fare di meglio. Per esempio, ho sentito dire che i Marlene Kuntz di recente hanno citato la leggerezza di Calvino… esistono riscontri?
Archimede: inventore greco che facendo il bagno ha scoperto che un corpo immerso in liquido riceve una spinta eguale al contraria al suo peso... Prepararsi per la contestazione: "perchè una nave affonda se si riempie di acqua?"...."ma perchè è fatta di un materiale che a contatto con l'acqua perde peso!" ....per stupire tutti, ricordarsi che ha inventato anche gli specchi ustori per abbronzarsi. Eh, non ci sono più gli inventori di una volta, che sapevano far di tutto. Noi siamo molto più ignoranti di loro… (Apicella)
Beethoven, Ludwig: compositore dell'ottocento, se sia stato classico o romantico non lo sapeva nemmeno lui. Citare se possibile la "furia" e il "titanismo". Per un affondo finale alla Cyrano chiudere la combinazione "titanismo" + "michelangiolesco". Noto per aver scritto mari e monti da sordo. C'è chi sostiene che si fece il nipotino, ma il nipotino non ha sporto denuncia. Comunque buttare lì il dubbio sfoggia entrature particolari. (Effedipi)
Cartesio, Renato: era mezzo filosofo e mezzo matematico...non so di dove era, però i francesi ce lo vogliono rubare, anche se ha un tipico nome italiano (loro lo traducono con Descartes). Citare:
1) "Cogito, ergo sum", che vuol dire che se non uno pensa, non vale niente;
2) gli assi cartesiani
3) Via Paolo Fabbri 43 di Guccini: in fondo mi sono simpatici,
da quando ho incontrato Descartes,
ma pensa se le canzonette me le recensisse
Ronald Barthes. ...prepararsi per la domanda su Roland Barthes (vedi sotto)
Barthes, Ronald: famoso critico musicale francese che non voleva recensire le canzoni di Guccini, che ci restava male e si arrabbiava con Bertoncelli. (Apicella).
Einstein, Albert: Fisico tedesco, ebreo. Visse gli anni della gioventu' in Italia, poiche' il padre aveva una fabbrica di lampadine a Pavia. Anche lui come noi non era bravo in matematica. Ha inventato la teoria della relatività, molto complessa, che si può spiegare così: "10 minuti seduti sulla sedia del dentista passano piú lentamente di un'ora con la tua ragazza”.
Nei salotti a prevalenza femminile, accennare con garbo al fatto che i calcoli glieli faceva la moglie bulgara, e che lui la picchiava.
(un po’ Delio, un po’ Marcello, un po’ no).
Euclide: matematico greco, ha inventato la geometria con i quadrati...per fare vedere di saperne, citare sempre le "geometrie non euclidee", che vanno davvero forte..."siete ancora lì con le rette e i piani"?? (Apicella)
Gödel: inventore dell’omonimo teorema: "guarda che ti sei appena contraddetto" "ma che c'entra, gödel ha dimostrato che non esiste la verità assoluta". (Delio)
Hegel, Friedrich: filosofo tedesco vissuto fra il 700 e l'800, uno con le idee molto chiare, ma che amava scrivere in modo molto difficile. Pochissimi capivano quello che scriveva e per non passare male dicevano che era bravo.
I maligni però sostengono che il suo successo derivi dalla disinvolta capacità di cambiare idea. Rivoluzionario ai tempi della rivoluzione francese, Napoleonico ai tempi di Napoleone, conservatore dopo il congresso di Vienna.
Se fosse vivo oggi probabilmente sarebbe direttore di un quotidiano e conduttore tv. (Franco)
Hobbes, Thomas: diceva che l'uomo è fondamentalmente cattivo (quindi c'è bisogno dello Stato sennò gli uomini si scannano tra loro), Rousseau invece sosteneva che l'uomo è fondamentalmente buono (lo Stato non serve a un cazzo). (Bramiero Pinna)
Kerouac, Jack : Citabilissimo con 40/50enni con i jeans che si fanno le canne, fa molto figo. Basta farfugliare On the Road e Beat Generation con aria sognante da Isola di White. Nel caso il 50enne vi importunasse con la sfilza di concerti a cui ha assistito, vi è sufficiente dire che in fondo il finale di Easy Rider era l'unico possibile... e poi darvela a gambe! (Luca)
la teoria del caos: "ebbè, si sa, quando una farfalla sbatte le ali in brasile si scatena una tempesta in giappone". (Delio)
la legge dei grandi numeri: da quel che ho capito, significa che quando una cosa non è mai successa, ci sono molte probabilità che succeda presto. E per ora basta così. Ha suonato il citofono, e magari è Carla Bruni.

Leonardo’s Basic Culture Simulator!
Se lavorate dalle sei alle otto ore al giorno (e non dite di più, cazzeggiatori dissimulati che non siete altro), se passate un’ora nel traffico urbano e un’altra oretta e mezza nel traffico telematico, a evadere posta elettronica e leggere blog sempre interessantissimi, come questo; se appartenete a quella bolsa schiera di persone che non riescono a fare a meno di dormire almeno sei ore su 24; se mangiate, bevete, evacuate con la medesima banale regolarità; se avete una famiglia che gradirebbe in qualche modo interagire con voi nelle restanti ore del giorno (tacendo degli amici, della tv, dei concerti e di quando forse vale la pena di restare fermi a fissare il soffitto), la domanda sorge spontanea: che tempo vi resta per farvi una cultura?
Una cultura seria, dico, mica i fumetti.
“Adesso che ci penso hai proprio ragione, è da tanto che non leggo un libro, e l’ultimo era una scemenza pompata dal tale ufficio stampa, ma quando in società si parla di Dostoevskij mi faccio piccolo piccolo”.
Beh, non temere, amico utente! Sono qua per aiutarti col mio nuovo trendissimo progetto! Il Leonardo’s Simulatore di Cultura di Base 1.0!
Come si usa? Facile. Tu impari a memoria la frase e non devi più leggere nulla dello specifico autore. Lo so che sembra assurdo, ma ti garantisco che funziona! Io lo sperimento da anni, e la gente mi porta rispetto. Provalo! È gratis!
Calvino, Italo: scrittore del Novecento. Ha scritto da qualche parte che bisogna essere leggeri, sempre molto leggeri. Ogni volta che qualcuno tira fuori la parola “leggerezza”, voi rubategli le parole di bocca ribadendo immediatamente: “Eh, sì, la leggerezza di Calvino”. La discussione si avvierà rapidamente alla conclusione.
(Calvino è uno degli scrittori italiani più complessi e pesanti, ma questo non occorre saperlo).
Pasolini, Pierpaolo: gay del Novecento. Quando i poliziotti menavano i sessantottini, lui stava coi poliziotti, perché erano veri proletari. Citarlo il giorno prima e il giorno dopo di qualsiasi scontro di piazza.
(Poi un giorno qualcuno, probabilmente più vicino a un poliziotto che a un sessantottino, gli passò e ripassò sopra con una macchina, ma questo non occore saperlo).
Brecht Bertolt: chi dice un comunista, chi un rapinatore, comunque del Novecento. Di lui bisogna saper recitare: “il vero ladro non è chi rompe una banca, ma chi la fonda”. È una frase che ti dà un tono, specie se ti trovano con una spranga davanti a un bancomat. Ha detto anche che, se tutti i posti sono occupati, bisogna sedersi dalla parte del torto. Cosa volesse dire non lo so, ma intanto accomodiamoci.
Manzoni, Alessandro: scrittore che si studia a scuola, quindi l’avete studiato anche voi, fa nulla se non vi ricordate il finale, tanto si sapeva fin dall’inizio che quei due si sposano. Cattolico, noioso, superato. La Divina Provvidenza, figurati. Una volta, al dipartimento d’Italianistica, una tipa mi disse che forse era gay.
Leopardi, Giacomo: poeta che si studia a scuola, di solito in quinta superiore a novembre (e le statistiche sui suicidi degli adolescenti levitano). Gobbo che viveva a Recanati e odiava tutti, tranne le donzellette già morte. Ha scritto poesie immortali sull’infelicità, però, diciamocelo, in quanto gobbo gli venivano facili.
Baudelaire, Charles: poeta dell’Ottocento. Eh, chissà che roba che si fumava. Ha scritto… ha scritto… ha scritto delle poesie indimenticabili, come per esempio… per esempio… il Battello Ebbro, non era suo? Ah, era di Rimbaud? Vabbè, tanto più o meno si fumavano la stessa roba.
Schopenhauer, Arthur: filosofo dell’Ottocento. Insegnava nelle stesse ore di Hegel per fargli dispetto. Diceva che tutto è vanità. Ai banchetti si abbuffava e tesseva le lodi del suicidio. Buttò una vecchietta giù dalle scale.
Wittgenstein, Ludwig: filosofo del Novecento. Ha scritto: “di quello che non si può parlare bisogna tacere”: è una frase che può venire molto utile, specie dopo le due del mattino. Picchiava i bambini.
Dostoevskij, Fëdor: scrittore dell’Ottocento. Nei suoi romanzi ci si interroga sul cos’è il Bene, così il Male, e se esista Dio: problemi che potevano venire in mente solo a un vecchio russo pazzo come lui. Forse ha s t u p r a t o dei bambini, ma non è sicuro.
Heidegger, Martin: filosofo del Novecento, uno dei più importanti. Ecco, io, se devo essere onesto, non ho mai capito assolutamente di cosa parlasse, e nelle conversazioni mi sono più di una volta rifugiato nel luogo comune: “Heidegger, ah, sì, quel nazista di merda”. Ma sotto sotto mi vergognavo. Poi, finalmente, domenica scorsa ho trovato sulla Repubblica un pezzo di Gianni Vattimo (pag. 35), e mi ci sono buttato con impegno:
La filosofia di Heidegger è una filosofia dell’emancipazione attraverso la riduzione del peso dell’essente a favore dell’essere. La frase di Sein und Zeit: “Essere, non ente, si dà nella misura in cui c’è verità; e verità c’è solo in quanto c’è l’esserci”, va letta, alla luce di tutta l’opera heideggeriana e anche dell’ermeneutica che si è sviluppata da lui, come un “imperativo” più che un indicativo. Dal resto non si può pensare che Heidegger voglia mai comunque “descrivere” o enunciare una qualche verità su come l’essere, le cose, l’esserci, è: giacché non ha mai creduto alla corrispondenza e dunque alla filosofia come descrizione dell’essere o del reale…
Heidegger dunque, beh…
Che nazista di merda.
(volete collaborare alla prossima release del Leonardo’s Simulatore di Cultura di Base?: scrivete!)
Mi dispiace infierire su un'anziana signora, ma sono fatto così (è la mia "cultura").
Allora cambiai sistema. Chiamai un simpatico poliziotto che dirige l'ufficio-sicurezza e gli dissi: «Caro poliziotto, io non sono un politico. Quando dico di fare una cosa, la faccio. Inoltre conosco la guerra e di certe cose me ne intendo. Se entro domani non levate la fottuta tenda, io la brucio. Giuro sul mio onore che la brucio, che neanche un reggimento di carabinieri riuscirebbe a impedirmelo, e per questo voglio essere arrestata. Portata in galera con le manette. Così finisco su tutti i giornali». Bè, essendo più intelligente degli altri, nel giro di poche ore lui la levò. Al posto della tenda rimase soltanto un'immensa e disgustosa macchia di sudiciume.
Gli italiani, questi sanguinari:
basta che qualche centinaio di somali occupa Piazza del Duomo a Firenze per tre mesi, ed ecco che una simpatica vecchietta si trasforma in minacciosa stragista piromane (e anche un po' mitomane).
Voglio dire, se i palestinesi dovessero reagire tutti così – è da cinquant'anni che gli occupano piazze, strade, campi, tutto…
…Ecco: vedi? Ho scritto un'altra volta «perdio»…
Non è mica grave. Si può anche cancellare. (È quella freccetta in alto a destra, vedi?)
…Con tutto il mio laicismo, tutto il mio ateismo, son così intrisa di cultura cattolica che essa fa addirittura parte del mio modo d'esprimermi. Oddio, mioddio, graziaddio, perdio, Gesù mio, Dio mio, Madonna mia, Cristo qui, Cristo là. Mi vengon così spontanee, queste parole, che non m'accorgo nemmeno di pronunciarle o di scriverle. E vuoi che te la dica tutta?
Sebbene al cattolicesimo non abbia mai perdonato le infamie che m'ha imposto per secoli incominciando dall'Inquisizione che m'ha pure bruciato la nonna, povera nonna, sebbene coi preti io non ci vada proprio d'accordo e delle loro preghiere non sappia proprio che farne, la musica delle campane mi piace tanto. Mi accarezza il cuore. Mi piacciono pure quei Cristi e quelle Madonne e quei Santi dipinti o scolpiti. Infatti ho la mania delle icone. Mi piacciono pure i monasteri e i conventi. Mi danno un senso di pace, a volte invidio chi ci sta. ..
Una nonna bruciata sul rogo? Quanti anni fa, esattamente, signora?
È proprio vero: la nostra cosiddetta civiltà, la nostra cosiddetta 'cultura', è costruita in buona parte da cose che non conosciamo affatto.
La Fallaci non ha mai letto il Corano. Ma neanche la Bibbia, un testo molto più sanguinario (che pure dovrebbe piacerle, con tutto quel sangue e quelle battaglie…) Posta davanti all'effigie di una Madonna o di un Santo, Oriana avrebbe grosse difficoltà a riconoscere il Santo, o a spiegare cosa rappresentino quelle stelline intorno al capo della Madonna. Ma siccome da bambina ha sentito picchiare le campane; siccome in qualche gita fuori porta è passata davanti a un monastero o un convento, ecco improvvisamente che la signora Fallaci si scopre 'intrisa' di cultura cattolica.
Secondo me, quella delle 'culture' che si respirano da bambini, senza bisogno di leggere una parola o di mandare a memoria un precetto, è una stronzata. Pura e semplice. (Più di 'culture', sarebbe il caso di chiamarle 'ignoranze').
I suoi nonni, Illustre Signor Arafat, non ci hanno lasciato che qualche bella moschea e un libro col quale da millequattrocento anni mi rompono le scatole più di quanto i cristiani me le rompano con la Bibbia e gli ebrei con la Torah. E ora vediamo quali sono i pregi che distinguono questo Corano…
È così, signora? Allora lei ha 1400 anni? Tutto sommato li porta bene.
Ma allora come la mettiamo con la storia dell'Occhio-per-Occhio-Dente-per-Dente?[…]
Anche questo sta nel Corano.
Sicura? Secondo me sta nella Bibbia. Può darsi che stia in tutti e due. Ma che figure, signora, che figure che ci fa fare…
I buoni musulmani il Corano lo conoscono per forza (questo getta una strana luce sugli "studenti" Talebani, molti dei quali sarebbero analfabeti). Anche i cristiani dovrebbero, anche se la Chiesa cattolica non ha mai insistito molto sulla lettura delle Scritture. Se vuole partire alle crociate, è meglio che la signora si documenti un po'. Scoprirebbe che il Corano impone rispetto per cristiani ed ebrei.
L'affetto di Oriana per le immaginette, per le suorine, per la sua cappelletta privata che ogni tanto va a spolverare, per quanto toccante, non fa di lei una zelante cristiana. Sconsigliamole di giocare, come un'apprendista streghina, allo "scontro di civiltà": queste supposte civiltà ormai sono spettri, ma quando si destano sono ancora pericolosi.
Se vuole convertirsi, immagino che sappia già a che portone di convento bussare (là magari le insegneranno un po' di educazione, a tenere la testa bassa, ad amare i poveri, a non nominare il nome di Dio invano).
Se invece vuole restare quello che è, una fiera laica con tante idee spregiudicate, sia laica fino in fondo. Quei volti "distorti, cattivi", che le guastano il panorama di Firenze non sono dei musulmani: sono dei poveri. Non vengono in Italia per distruggerle "la Torre di Pisa o di Giotto", ma perché qui ci sono soldi. E perché sono poveri, malgrado abbiano più petrolio di noi? Domanda interessante. È colpa del Corano? No, non credo. È più probabilmente responsabilità di classi dirigenti corrotte e strategie geopolitiche spregiudicate. I Talebani, oltre a essere fanatici religiosi, sono raffinatori e commercianti di droga, un bene di consumo soprattutto in occidente. I Talebani hanno guadagnato il potere in Afghanistan anche grazie all'appoggio degli "iuessei". Questi sono fatti. Si leggono sui giornali. Quelli seri.
(ancora e sempre contro il concetto di differenza culturale)
…Noi però ci domandiamo come mai la Cina pretenda con tanta cocciutaggine delle scuse formali e non si accontenti del dispiacere espresso dagli Stati Uniti. Pensiamo allora che scusarsi abbia, nell'ottica cinese, lo stesso significato del nostro "chiedere perdono" e poniamo quindi la questione a partire da noi, cioè dall'Occidente.
Ed ecco che abbiamo, in scala per fortuna ridotta e soltanto sul piano culturale, almeno fino a questo momento, un tipico esempio di scontro tra civiltà. Se chiedere perdono e scusarsi avessero la stessa valenza, si capirebbe immediatamente perché l'America non accetta e sembrerebbe per lo meno temerario da parte cinese pretenderlo: chiedere perdono implica ammettere la propria colpa e nella nostra civiltà, che è quella della "colpa" - mentre quella cinese sarebbe invece la civiltà della "vergogna" - scusarsi e chiedere perdono hanno lo stesso significato, ovvero rimandano alle stesse categorie morali.
Renata Pisu, "Repubblica" di oggi.
Quanto siamo diversi. Quanto facciamo fatica a capirci. Già fra di noi che ci conosciamo la comunicazione non è che un reciproco patto di fraintendimento. Figurarsi poi quelli che non condividono la nostra lingua, la nostra "cultura"… I cinesi, per esempio. Scrivono con gli ideogrammi. Mangiano con le bacchette. Non bevono latte animale. E chiedono scuse formali quando gli americani violano il loro spazio aereo e fanno schiantare un loro pilota. Che gente strana. Che concetti misteriosi. "Scuse formali". Tradotto in occidentale cosa vorrà dire?
L'altro giorno ho lavorato con una traduttrice cinese. Lei leggeva delle frasi da turista ("Dov'è il bagno", "Mi sono perso", ecc.) e io incidevo. È stata un'emozione, perché il cinese (il mandarino, credo), è una lingua veramente diversa dalle nostre. Ma anche perché ci sono alcune cose che, malgrado millenni di sviluppo linguistico autonomo, malgrado gli ideogrammi, malgrado tanta cultura e tanta civiltà, ho capito al primo colpo. Le parole "mamma" e "papà", per esempio. E poi un tipo d'intonazione veramente universale, che fanno tutti i traduttori del mondo quando leggono una lista: ad esempio, quando arrivano alla penultima voce della lista, che siano persiani, cinesi o modenesi, fanno sempre la stessa nota, una specie di segnale: "e adesso sto per finire" (provate a leggere una lista a voce alta e capirete cosa intendo).
La cosa mi ha messo di buon umore. Va bene, siamo diversi, ma non così tanto. Probabilmente possiamo emozionarci e indignarci per le medesime cose. Purtroppo non avevo ancora letto l'interessante approfondimento culturale di Renata Pisu sulla Repubblica di oggi. No, i cinesi sono veramente diversi da noi, e non li capiremo mai – almeno finché non ce li spiega la Pisu o qualche altro giornalista con velleità antropologicoculturali.
Per esempio: se qualcuno li offende, pretendono che gli si chieda scusa. Ma pensa un po'. In Cina, questo "altro polo dell'esperienza umana", scusarsi, non implica a priori nessun riconoscimento di colpa, è un atto dovuto e senza drammatiche conseguenze, una ritualità da compiere, un'esigenza da rendere presente e da riproporre ogni qual volta se ne presenti l'occasione. Non si riconosce il valore catartico del perdono che per questo non si chiede e, di conseguenza, non viene concesso. Il fatto è che noi viviamo nella civiltà della "colpa", mentre i cinesi vivrebbero nella civiltà della "vergogna". La differenza non mi è molto chiara. I cinesi si scusano anche se non hanno colpa? Gli occidentali costretti a scusarsi non si vergognano? Mi pare di capire che per i cinesi "scusarsi" e "chiedere perdono" sono due concetti diversi. Sarà. Ma mi sembra una finezza, nel caso in questione.
Ecco, parliamo del caso in questione. Un aereo americano intercettato nel mar cinese. Per i trattati internazionali, si tratta di un luogo extraterritoriale. Per i cinesi no, perché è il mare che separa la Cina da Taiwan, e l'indipendenza di Taiwan non è mai stata riconosciuta. Per cui i cinesi si sentono violati, vanno a contrastarlo, succede un po' di confusione e ci scappa il morto. I cinesi sequestrano l'aereo americano, controllano se c'è qualche innovazione tecnologica da far propria, e intanto chiedono scuse formali agli americani, un po' per prendere tempo, un po' per non perdere la faccia con l'opinione pubblica (considerate che due anni fa la Nato gli ha bombardato un'ambasciata per sbaglio, a Belgrado). Gli americani non vogliono scusarsi, perché equivarrebbe a riconoscere che stavano violando lo spazio aereo cinese, cioè a riconoscere la sovranità cinese sull'omonimo mare. Mi sembra che questo sia tutto. Perché scomodare inedite categorie culturali, il confucianesimo, il cristianesimo? Non siamo mica dei barbari che si capiscono a gesti. E, se è per questo, non siamo più neanche tanto cristiani. (Né, sospetto, confuciani).
Il problema è che fino a oggi gli americani non avevano chiesto scusa: il massimo a cui si era arrivati era un "ci dispiace". Come a dire: "Sono cose che capitano". Non bisogna davvero immergersi nella cultura cinese per capire la differenza: un fatto "spiacevole" può avvenire senza la nostra responsabilità. Chiedere scusa invece significa ammettere la propria responsabilità. Quindi chiedere perdono. Forse i cinesi la vedono in maniera differente (da come si sono comportati in questo caso, mi sembra di no). Ma soprattutto: ammettere le proprie responsabilità significa ammettere che si violava lo spazio aereo cinese. Guerriglia diplomatica, altro che scontro culturale.
A meno che… ma che non sia questo il motivo per cui i top gun americani che si divertono a volare sotto le teleferiche nel territorio italiano, provocando decine di morti, non devono chiedere scusa a nessuno? Perché la nostra è la "cultura del perdono"? E allora come mai questa sensazione di… io sento come una specie di… ma sì, di rabbia, d'indignazione. Come mai? Devo avere un lontano parente a Pechino, o a Shanghai.
Ps.
Ho cercato "Sorry" nel bellissimo dizionario inglese-cinese www.zhongwen.com... e non l'ho trovato! E se non esistesse proprio la parola? Alla faccia della Pisu. Mi è andata meglio con "excuse":


Ho raccolto diverse risposte, alcune fuorvianti, altre ingegnose, tutte vagamente surreali. Il bello è che tra tutte c'è anche quella giusta, e credo di averla trovata. Ma non la dirò… temo il ridicolo.
Sulle montagne fa più freddo perché:
Sono più lontane dal centro della terra (dove fa caldo… o fa più freddo?).
Sono più lontane dalla crosta terrestre (in realtà le montagne fanno parte della crosta terrestre).
Sono più lontane dagli strati bassi dell'atmosfera (mica tutte).
Sono più alte dello strato dell'ozono (sicuro?).
Sono più vicine allo spazio.
Sono più lontane dal mare.
Trattengono i venti.
Lasciano passare i venti.
Trattengono il ghiaccio (ma chi ce l'ha portato là sopra?)
Trattengono le nuvole.
La pressione atmosferica è più bassa.
L'aria è meno densa e disperde il calore.
La loro forma convessa non trattiene il calore.
C'è meno ossigeno, che trattiene il calore.
C'è meno vegetazione (ma perché?)
C'è più umidità
C'è meno umidità
Ci sono più rocce.
Sono a nord.
Il mio campione statistico non è assolutamente rappresentativo. Ma è interessante notare come gli interrogati non siano affatto digiuni di nozioni scientifiche: lo strato dell'ozono, la pressione atmosferica, la crosta terrestre e l'ossigeno come conduttori di calore, ecc.. Il problema è saper organizzare queste nozioni secondo un principio di causa ed effetto. Le montagne sono fredde a causa dei ghiacciai, o i ghiacciai sono causati dal freddo delle montagne?
Forse è sbagliato voler istituire cause ed effetti. O voler stabilire una causa sola per un effetto solo. Pochissimi comunque davano per scontato di sapere il perché. I più procedono per tentativi.
L'inchiesta continua. (In attesa di un fine settimana col bel tempo).

– Ieri si parlava di "valori", si notava come la parola si sia imposta soltanto verso la fine degli anni Ottanta (subentrando a "ideali") e si proponeva questa definizione: i valori sono ciò che abbiamo la paura di avere già perso. (Nelle vicinanze di valori però si trovano spesso verbi col prefisso ri-: "riappropiarsi", "riscoprire"…). Gli "ideali", invece, si "tradivano", si "rinnegavano".
– Si parla di valori sempre al plurale: li si proclama per enumerazione, con coordinazioni copulative: mai avversative o disgiuntive. Non si sceglie un valore piuttosto di un altro. Non esistono valori contrapposti (a differenza degli ideali). I valori sono tanti (il plurale è fondamentale) e vanno presi tutti in blocco.
– Il primo è quasi sempre la famiglia. A volte non si sa andare avanti.
– La radice economica della parola è fuori discussione: talmente evidente da passare inosservata. Anni fa Rai Uno fece un programma sull'argomento (Frajese conduttore) e lo intitolò: "Borsa Valori": voleva essere un simpatico gioco di parole, era un lapsus colossale. Tipico esempio di una parola che torna su sé stessa e non si riconosce. Crediamo di parlare di famiglia, fraternità, amore... in realtà parliamo di soldi. Oppure: vorremmo parlare di famiglia, maternità, e amore... ma le uniche parole che ci sono rimaste sono le parole dei soldi.
– Per acquisire i suoi ideali, l'idealista (che non era una persona qualunque) doveva apprenderli da qualche parte: da un buon/cattivo maestro, a scuola, in chiesa, in strada, in guerra, in fabbrica, leggendo libri. Non esiste invece una vera e propria letteratura sui valori. Un po' come un certo concetto di cultura, di cui parlavamo qualche settimana fa, i valori sono probabilmente acquisiti alla nascita: infatti, a differenza degli ideali, tutti avevamo in partenza i nostri bravi valori - o se non noi, i nostri genitori e nonni. E qui casca l'asino: se nasco italiano, avrò determinati valori; se invece nasco in Birmania… ecc.. Ma siccome io i miei valori li sto perdendo (per definizione), sto anche perdendo la mia identità, la mia cultura. (Ma per fortuna posso riscoprirla, riappropriarmene).
Il problema è che i giovani non hanno più valori. Abbiamo tutti perduto i nostri valori. L'espressione è talmente vulgata che sembra provenirci dalla notte dei tempi.
In realtà se ci mettessimo a studiare seriamente la ricorrenza della parola "valori", sospetto che rimarremmo sorpresi. Scopriremmo che fino a quindici-vent'anni fa, la parola non veniva adoperata in questo senso. Quello dei "valori" è un concetto recentissimo.
Questo non vuol dire che vent'anni fa non ci si lamentasse perché ai giovani mancava qualcosa. Si usavano però parole diverse. All'inizio degli anni Ottanta si sarebbe detto, per esempio:
Oggi i giovani son tutti uguali
Perché mancano gli ideali
(Edoardo Bennato, Tutti insieme lo denunciam)
Ecco uno spunto interessante: i valori sono subentrati agli ideali. Questo ci dà anche una possibile spiegazione, e uno spartiacque cronologico: alla fine del 1989 cade il muro di Berlino e cominciamo a sentirci dire che le ideologie sono tramontate. Evidentemente anche la parola ideali ha patito il colpo.
Non è stata una grandissima perdita. La parola conservava un dolciastro retrogusto romantico (per gli Ideali si fanno sempre le barricate), e una latente etimologia platonica (il mondo delle idee), che fa sì che il detentore di ideali debba sempre scontrarsi con la dura realtà.
La parola valori sembra meno sospetta. Ha un'aria pragmatica, concreta. La sua origine è tanto evidente, che nessuno ha mai pensato di rifletterci sopra. È un termine del lessico economico. Più chiaro di così…
I valori sono le cose che valgono. Più uno ha valori, più uno vale. Attenzione, però: i valori si possono anche perdere, ed è esattamente quello che stiamo facendo, sin dal momento in cui abbiamo iniziato a parlarne seriamente (1990): in pratica i valori sono "quello che rischiamo di perdere, o abbiamo già perso".
Insomma, ogni volta che parliamo di valori commettiamo un lapsus. Crediamo di parlare dell'amicizia, dell'amore , della solidarietà, di Dio, della Patria, della Famiglia… in realtà stiamo parlando di noi, della nostra ossessione di valere di più o di meno rispetto a ieri, rispetto a domani (rispetto ai giovani e rispetto agli anziani).
Ma è poi così scandaloso Eminem?
Può anche darsi che inciti "alla violenza contro i genitori, all'odio razziale, alla trasgressione". In inglese. E a noi italiani cosa resta? Un vago abbaiare anglofono su basi ben confezionate, in una manciata di video simpatici. E un'immagine di orgoglio razziale, questa sì preoccupante: vedete, anche un bianco può fare il rap (Eminem non è un tipo qualunque: è il bianco qualunque).
Ma qualcuno si è veramente preoccupato di tradurre i testi di Eminem? I ragazzini vegliano la notte compulsando il booklet del CD con a fianco l'Hazon Garzanti? Ma dai.
Io da piccolo ero andato a ripescarmi The End dei Doors, dove c'è quel verso che dice "Father – yes son? – I want to kill you". Ma era un inglese molto basico, come si vede. Invece non riuscirò mai a capire chi ascolta rap inglese in Italia. Bisogna avere una conoscenza della lingua, e perfino della cultura, molto approfondite, per capirci qualcosa.
Altrimenti, si simula. Ci si affeziona a qualcosa perché ci hanno detto che è bello. Ci si scandalizza, perché ci hanno detto che è scandaloso. Ama, odia, scandalizzati, consuma, crepa. Che lo facciano i ragazzini, passi. Ma anche i vescovi. Tirando fuori anche quello che è successo a Novi Ligure. Per carità d'Iddio.
Forse è la prima volta che ho provato a cavalcare l'onda dell'argomento del giorno.
Una di quelle sere Buttiglione a porta a porta affermò che era in grado di capire perfettamente quel che cantava Eminem, al primo ascolto.
Si vide su blob anche uno spezzone in cui Eminem cantava e la voce off di un traduttore simultaneo spiegava. La gente non doveva avere dubbi che E. fosse davvero un ragazzaccio.
"I ragazzini vegliano la notte compulsando il booklet del CD con a fianco l'Hazon Garzanti"?
Fabri Fibra, probabilmente.

Cosa sanno gli europei della letteratura italiana?
Intervista a uno spagnolo e una francese ventitreenni, ad alto grado di scolarità (laurea breve). "Ditemi quello che vi viene in mente sull'argomento, non abbiate paura di essere imprecisi".
Prima di tutto c'è Dante, anzi, Dante Alighieri, un autore teatrale del Cinquecento, che ha scritto la Divina Commedia, un testo piuttosto breve che parla… vediamo, "dell'uomo… del suo cielo… del suo inferno" ("C'è anche una spirale da qualche parte", bisbigliano in dissolvenza).
Poi c'è Machiavello, autore del Prince, in cui parla di Borgia, uno statista malvagio e senza scrupoli, insomma, machiavellico. Sei-Settecento.
Seguono poi due nomi del Novecento; Italo Calvino e Umberto Eco. Ma siccome l'esperimento riguardava soltanto la letteratura fino all'Ottocento (la cultura scolastica), andiamo oltre (bisogna dire che per un breve attimo Calvino è scivolato nell'Ottocento).
Arriviamo così a "uno scrittore di poesie erotiche che aveva una casa a Pescara, inizia con la a". Dopo molto penare, mi rendo conto che si tratta di D'Annunzio – nelle altre lingue la particella non fa parte del cognome. "Ma ha scritto poesie erotiche, no?" Certo che le ha scritte.
Poi c'è il silenzio, che provo a sbloccare suggerendo un… "Petrarca?".
"Ah, Petrarca, certo. Ma era un romano, no?" [Nel senso di latino].
"Nooo, è dell'Ottocento".
Vi siete divertiti? Spaventati? Sentiti soli in un'Europa troppo grande che non sa niente di voi, della vostra preziosa cultura? Chiedetevi però cosa sanno i vostri amici con un'educazione non letteraria, o cosa sapete voi stessi, mettiamo, della storia letteraria castigliana.
Il gioco partiva dall'idea che ciascuno di noi, per il solo fatto di vivere continuamente esposto a messaggi, deve per forza trattenere nozioni, benché imprecise. Dovendo iniziare un breve corso sulla cultura italiana, mi piacerebbe partire da queste nozioni confuse e inconsapevoli piuttosto che da due tabule rase. Scoprire che in fondo si sa già qualcosa è rassicurante; scoprire quanto poco in realtà si sa è stimolante; correggere e approfondire una nozione, invece di apprenderla da zero, dovrebbe comportare un minimo risparmio di energia mentale
Infine, il gioco dà preziose informazioni all'istruttore, che può servirsene immediatamente per correggere il tiro.
In questo caso abbiamo una lezione interessante sulla percezione dell'Italia all'estero: ed è consolante, in fondo, che l'"inferno dantesco" e il "machiavellico Borgia" abbiano così poco a che fare cogli spaghetti e i mandolini.
Ha vinto l'ambiente
Non so voi, ma io sono proprio contento. Anche se non saprei dire cosa sia esattamente questo famoso genoma, se è vero che l'ambiente ha vinto sull'ereditarietà, io sono proprio contento. Ho sempre tifato ambiente; sin da quando vidi per la prima volta Una poltrona per due di Landis (con Eddie Murphy e Dan Aykroid, Akyroid... acc... insomma lui) io ero il vecchietto che puntava sull'ambiente e alla fine si aggiudicava il dollaro in palio.
Ci sono stati anni cupi in cui i dubbi mi tormentavano. Ogni tanto accendevi la tv e sentivi dire: Abbiamo scoperto il gene di questo, abbiamo scoperto il gene di quello. Il gene della timidezza. Il gene dell'intelligenza. Il gene dell'esuberanza sessuale. E insomma! Non solo i nostri guai diventavano incurabili, ma dovevamo anche passarli ai nostri discendenti. Questi insigni ricercatori non saranno mai sfottuti abbastanza. Sborsate pure cifre abominevoli per aggiudicarvi il copyright sul gene dell'autostima... Oggi leggo che il concetto di razza è scientificamente out, dico, non è una bellissima notizia?
Però anche i quei giorni mi dicevo, come Dostoevskij, che anche se si fosse scoperto che l'ambiente non c'entrava, noi dovevamo ostinarci a credere nell'ambiente, altrimenti dove andrebbe, tutta la poesia della nostra umanità, il famoso libero arbitrio? Noi valiamo qualcosa soltanto per la nostra capacità di cambiare le carte in tavola, di tradire le premesse da cui siamo generati. Almeno io la penso così, ma fino a ieri questo era solo un atto di fede. Adesso è qualcosa di più.
Chissà, forse da qui può nascere un'inversione di tendenza. Ora che sappiamo che l'ambiente è il importante, forse ricominceremo a occuparcene. Potrebbe persino tornare di moda la politica, intendo quella seria. Insomma complimenti. Oggi mi sento come se se stessero distribuendo il gene dell'allegria. Gratis.
Dostoevskij, in una lettera a qualcuno, scrisse che avrebbe creduto in Dio anche se fosse stato certo della sua non esistenza. Allo stesso modo, bisognerebbe credere nell'Ambiente, anche se non esistesse.
Ma esiste, acciderbola se esiste.
Continuano a trovare geni farlocchi di questo o quest'altro (Crichton ci ha appena scritto un libro). Ma la vostra fede nella genetica dipende dall'ambiente in cui siete cresciuti.
Sappiamo scrivere italiano?
Perché a scuola non si insegna come si mettono gli accenti? D’accordo, è una cretinata, ma proprio perché è una cretinata andrebbe imparata molto presto, e poi non ci sarebbe da pensarci più. Come le tabelline.
Sono stufo di correggere gli accenti ai docenti universitari… e poi mi confondo anch’io… ma insomma.
Oppure diciamolo, che tanto vale lasciar perdere e imparare sul serio l'inglese (o lo spagnolo).
Sappiamo parlare italiano?
In questi giorni il mio birignao modenese sta diventando una delle voci ufficiali del portale della Logos. Potrete sentirmi leggere, secondo le circostanze, notizie, favole e poesie.
Sì, e non mi vergogno.
Mah, forse dovrei.
Forse perché i miei datori di lavoro sono ispanofoni, e non se ne rendono conto… un modenese al microfono è una sinfonia di sibili, sputacchiate, con un vago sapor di strafottenza provinciale.
E siamo da capo: perché a scuola non insegnano dizione? Nella vita potrebbe tornare più utile che, poniamo, il latino.
Me per me è troppo tardi, e poi al diavolo, per-quel-che-mi-pagano. Continuerò a declamare e sputacchiare finché la pronuncia modenese non diventerà l’accento standard su internet, come il romanesco è lo standard in tv e il milanese lo standard in radio.
A's'vdam
Sto passando la parte migliore della mia vita a combattere con gli apostrofi e gli accenti, e sto perdendo.
Nei giorni del concorso ho studiato un po’ di geografia fisica, questa cenerentola tra le materie. Per esempio, ho re-imparato come funziona la dinamica astronomica delle stagioni, l’influsso dell’inclinazione dell’asse terrestre, etc.. È una nozione che mi tocca recuperare da capo diciamo ogni cinque-dieci anni, tutte le volte a prezzo di un enorme sforzo di astrazione.
In geografia le cose più difficili sono quelle più scontate. Per esempio: la luna ruota o no su sé stessa? Voi cosa ne dite? Io e F. ne discutiamo spesso, di solito di notte e coi bicchieri mezzi vuoti.
Ed eccone un’altra ispirata dal cielo di oggi, perfetto cielo limpido di febbraio con le nevi del Cimone sullo sfondo… siete pronti? Bene. Perché sulle montagne fa più freddo?
Questo, per esempio, sul mio manuale di geografia (per le superiori) non c’era. Probabilmente è considerata una nozione troppo elementare. Dovrebbe far parte di quella ‘cultura di base’ geografica che dovremmo già avere assunto… dove? Alle elementari? Dal seno materno? In uscita con gli scout?
Bene, io so benissimo che sulle montagne fa più freddo, ma non credo di sapere esattamente il perché. Ho alcune teorie, ma mi piacerebbe sentire le vostre. (Qui a fianco ho aggiunto un link per scrivermi). Per ora nessuno mi ha risposto con la perentorietà di una nozione assunta una volta per tutte.
Vorrei poter dimostrare come in realtà la maggior parte di noi non sappia perché sulle montagne faccia freddo, anche se crede di saperlo.
E cioè: quello che noi chiamiamo cultura è ciò che noi crediamo (o facciamo finta) di sapere…
Stasera per sicurezza ho controllato (ai tempi google era meno attendibile). Finalmente so perché in montagna fa freddo, credo. Ma la domanda rimane spiazzante.
Ho provato anche a farla in classe. Ma forse è troppo spiazzante. Prima di infondere i dubbi, vale la pena di dare qualche fiducia.

La cultura è un virus
Cultura e conoscenza
Sarebbe interessante poi cercare di capire in cosa consistano effettivamente quel tipo di culture di cui parlavo qualche giorno fa, quelle al centro di ogni discorso sull'identità e l'appartenenza. In una somma di nozioni, di concetti, di valori, di miti? Un po' di tutto questo, e anche un po' di nulla.
Non bisogna sopravvalutare i documenti scritti, quelli forse non sono mai stati così importanti. Il corano non basta a capire l'Islam, la Bibbia non basta a capire il cristianesimo, anzi è quasi fuorviante (per un po' di tempo credo che fu persino messa all'indice). E sono due religioni cosiddette "del Libro": figurarsi altre culture più orali.
Ma in genere mi sembra che queste 'culture' non si situino mai troppo vicino a qualsiasi fonte di informazioni o conoscenze. Il sospetto è che della conoscenza facciano volentieri a meno. La nostra 'cultura occidentale' ci permette di sentirci tutti un po' marxisti, un po' nietzchani, un po' froidiani, ecc... anche se non c'è mai venuto il benché minimo desiderio di leggere o studiare questi autori così importanti. Dei quali in fondo, cosa sappiamo? Cosa ne sappiamo veramente, della nostra cultura occidentale? Non c'è bisogno di saperne niente perché tanto la respiriamo tutti i giorni. Ci svegliamo la mattina, beviamo un caffè, la marca del caffè appartiene a una multinazionale, e in questo modo noi assorbiamo la cultura occidentale...
oppure andiamo in vacanza, in vacanza si beve sangue di serpente, e può essere il modo più spiccio per assorbire una cultura orientale...
(insomma la cultura come qualcosa da mangiare piuttosto che da leggere).
Ne emerge anche una sensazione di disagio nei confronti della mia stessa cultura. Cominciavo a capire che non avrei mai avuto il tempo (né la voglia) per capire cos'avevano veramente detto Marx, Nietzsche e Freud. Mi aspettava un futuro da cialtrone culturale.
La parola “cultura” ha un’enorme pregnanza di significati, ed è al centro di infiniti dibattiti. Eppure fino a qualche anno fa non avevo problemi a maneggiarla.
Davo per scontato che “Cultura” fosse sinonimo di “conoscenza”, “educazione”, “civiltà”.
Una classica opposizione era quella tra “natura/cultura” (che a seconda dei casi poteva anche diventare “eredità/ambiente”).
Oggi mi sembra che il significato della parola, nel suo uso comune, sia impercettibilmente mutato, seguendo una certa tendenza politica. Se in precedenza la “cultura” poteva essere considerata, magari ingenuamente un concetto progressista, oggi a rivendicare il diritto a “riscoprire la propria cultura” sono soprattutto quei movimenti che potremmo chiamare identitari, perché insistono sul valore dell’identità, dell’appartenenza. Parlano di cultura i leghisti, quando si radunano sul Po; parlano di cultura i cattolici, invece di insistere sulla fede (anche fede e cultura un tempo potevano essere considerati antinomici); parlano di cultura i postfascisti (e non scendono in dettaglio)… e poi, di riflesso, parlano di “cultura” e “radici” varie realtà anche a sinistra (vedi pochi giorni fa l’anniversario della scissione di Livorno): ma è il segno appunto di un ripiegamento, di un fare quadrato su un passato remoto che dovrebbe dare un senso al presente.
Così lentamente, ma inesorabilmente, “cultura” diventa il primo termine di nuove antinomie: “cultura/modernità”, “cultura/globalizzazione”, perfino “cultura/progresso” a guardar bene.
Un libro che ci fa discutere è “The clash of civilizations”: dove il termine “civilization”, che lo si voglia tradurre “cultura” o “civiltà” e già completamente riciclato in questo senso.
Volendo riassumere alcuni passaggi di questa progressiva deriva della parola “cultura”:
1. La cultura non è appannaggio di un’élite, ma di qualsiasi comunità.
2. Non esiste una sola cultura, ma ne esistono tante.
3. Nessuna cultura ha il diritto di imporsi sulle altre.
(Fin qui, come si vede, restiamo in un’ottica progressista: la scoperta delle culture popolari, la difesa delle minoranze, ecc.).
4. Ogni cultura ha diritto di difendere la propria identità dagli attacchi dell’esterno.
5. Ogni cultura ha il diritto di rifiutare gli apporti dell’esterno.
6. Il progresso, la globalizzazione, l’immigrazione, minacciano l’identità delle culture.
(Siamo in questa fase. La seguente, se il pendolo non si sbriga a oscillare, potrebbe essere sintetizzata in questi paradossi:)
7. Ogni cultura è incomunicabile e incomprensibile alle altre.
8. La cultura è innata (se non è comunicabile, essa non può che provenirci dalla nascita; e infatti si è ariani, o celti, ecc. per nascita, e non serve studiare, anzi lo studio è rischioso, perché può portare alla conoscenza di altre culture).
9. Ogni cultura è in lotta con le altre per la sopravvivenza: ma siccome le culture non sono comunicabili, questa lotta non può basarsi sulla forza di convinzione, ma soltanto sulla riproduzione forzata e sul genocidio.
Il punto 9 potrebbe sembrare esageratamente apocalittico, non fosse che il Novecento è stato un secolo di genocidi (alcuni sono in corso tuttora).
Quanto alla riproduzione forzata, si veda come la maggior parte delle comunità integraliste rifiutino di praticare il controllo delle nascite. Quello della Chiesa cattolica è il caso più eclatante… avremo occasione di riparlarne.
È interessante come in un tempo relativamente breve l’uso di una parola possa trasformarsi in qualcosa di così diverso… oggi tutti vogliamo tornare alle nostre radici: recuperare una cultura ancestrale che nessuno ci ha mai insegnato, e che ci appartiene per solo diritto di nascita. Le minoranze non sono meno aggressive delle maggioranze in questa riscoperta dei dialetti, delle identità, delle appartenenze. Meglio ancora se di queste culture ne abbiamo due, perché siamo meticci (e intimamente ne soffriamo, ovvio: l’inevitabile ‘lacerazione’), o perché siamo nati in un posto e cresciuti in un altro, e quindi in entrambi possiamo rivendicare la nostra estraneità, quando serve.
Stavo studiando per il concorso, e ne approfittavo per mettere in discussione tutta la mia "cultura": cos'è che "conoscevo" realmente?
In seguito mi sembra di aver girato sempre intorno alla stessa idea: quella che chiamiamo Cultura è proprio quello che abbiamo deciso di dare per scontato (e che quindi non conosciamo). E' il paradosso per cui oggi Vittorio Feltri e i suoi lettori sono diventati buoni esegeti del Corano, e ancora non hanno aperto una Bibbia.
L'altra definizione interessante, quella di "Traffico di senso", è rimasta in ombra: ed è un peccato. Ero affascinato dal fatto che le parole, nel tempo, cambino di senso, per cui molto spesso il dialogo tra noi e i nostri antenati sia reso impossibile da questo *traffico* di significati che viaggiano da una parola all'altra.
Per fare un esempio non so più quanto preciso, "gelosia" è una parola di origine biblica: all'inizio si riferiva alla gelosia di Dio nei confronti dell'uomo ("Non avrai altro Dio all'infuori di me!") All'inizio, anche parlando di gelosia degli uomini, la si paragonava alla gelosia divina.
Finché a un certo punto (quando?) "gelosia" ha assunto il significato di un sentimento del tutto umano, troppo umano. E a quel punto, se rileggiamo la Bibbia, dove dice "Io sono un Dio geloso", ci sembra che Jahve faccia una scenata in un interno borghese. La "gelosia" umana ci impedisce di capire cosa fosse, esattamente, la "gelosia" divina.
Ai tempi di Francesco Merlo, i mali del mondo erano causati dal fatto che poca gente andava al classico. In fondo la questione era facile, così come agevole la soluzione: meno liceo classico, più problemi; ergo più liceo classico, meno problemi. Facile come bere un bicchiere d'acqua.
Qui invece la situazione è più subdola: Elkann vive una sofferenza interiore, un tarlo interno capace di erigere una barriera comunicativa fra lui e il mondo, oscillando fra il male di vivere di Montale e le paranoie di Zerocalcare.
Questo rovello intimo purtoppo non si risolve e sembra essere invalidante poiché il nemico non è fuori: e qualcosa che cova nell'animo.
L'autore ci comunica che sta leggendo il Financial Times, il lettore si aspetterebbe che tale informazione venga sviluppata in qualche modo, invece muore lì.
Ci sarebbero stati tanti modi per sviluppare lo spunto: dal più banale ("Venni colpito dalla notizia..."), a soluzioni dinamiche ("Usai il FT per uccidere una mosca"), oppure citando Conand Doyle ("I tipici e inconfondibili caratteri si stampa erano gli stessi della lettera anonima ricevuta ieri"), eccetera... invece no, lo spunto narrativo muore lì.
I ragazzi vestono in maglietta, lui in lino: siamo nel mese più caldo mai registrato, i vestiti in oggetto erano adatti? E come va con l'aria condizionata?
L'autore ignora la geografia dell'Italia centro meridionale, ma anche tale spunto non viene sviluppato: perché la ignora?
L'autore legge "Alla ricerca del tempo perduto". Occhei, cosa ci vuoi dire con questo? Potresti sviluppare un po', lanciare un parallelismo, osare una metafora... niente. Anche questo spunto rimane non sviluppato.
I ragazzi discutono di gnocca, ma lo fanno in maniera impacciata, come degli adolescenti in vacanza... mica sono per caso degli adolescenti in vacanza?
Ah, e poi buttano le lattine nei cestini. Dettaglio che non aggiunge nulla, come quando Dumas scriveva "si alzò dalla sedia sulla quale era seduto" giusto per allungare il testo, visto che era pagato a riga.
Forse l'autore vorrebbe ispirarsi a "Cuore di tenebra" e al suo grandioso immobilismo, oppure alle "Sorelle Materassi" che inizia con 80 pagine di descrizione, ma invece riesce solo a gettare tanti argomenti senza svilupparne nessuno risultando noioso e basta.