Immersioni, tutti i segreti della muta stagna
24/12/2018 Archiviato in: LiguriaNautica
Immergersi anche in inverno è possibile grazie a queste speciali mute che isolano il corpo del subacqueo dall'acqua fredda
Un subacqueo in immersione con una muta stagna
Il subacqueo che non vuole rinunciare ad immergersi in inverno in mari come i nostri che non godono della mitezza di quelli tropicali, non ha alternative a quella di convertirsi alla muta stagna. In questo articolo, vedremo come è costruita e come funziona questo particolare tipo di muta che consente a chi la indossa di immergersi senza entrare in contatto con l’acqua marina. Spiegheremo anche chi la può adoperare, come si usa e vi consiglieremo anche qualche accorgimento per gestirla al meglio.
Cominciamo subito col dire che le mute stagne si possono dividere in due grandi categorie: quelle in neoprene e le altre. Le prime, sono realizzate in neoprene spesso dai 7 ai 9 millimetri, protetto da uno strato di nylon che ne garantisce l’impermeabilità. Sono mute molto comode, anche se piuttosto costose. Hanno il difetto di essere molto delicate in immersione e necessitano di molte attenzioni anche durante il “riposo” nei nostri armadi.
In compenso, tengono caldo il corpo e sotto non c’è bisogno di vestirsi molto. Solitamente è sufficiente una tuta da ginnastica o una felpa leggera. Ma dipende ovviamente dalla temperatura esterna, dai tempi di immersione e, come è facile immaginare, da quanto freddoloso è il subacqueo che la indossa. Queste mute sono le preferite dai subacquei ricreativi e da quelli sportivi.
Chi scende in acqua per mestiere, e magari deve rimanere per lunghi periodi a lavorare sul fondo del mare, sceglie una stagna in trilaminato, realizzata incollando vari strati di “fogli” di nylon e di gomma butilica. Ne consegue un tessuto molto resistente anche agli strappi, e quindi preferito dalle agenzie professionali per “vestire” i loro subacquei.
Un altro tipo di muta scelto dai professionisti, ma anche da subacquei ricreativi che non vogliono spendere troppi soldi, è quella realizzata in gomma vulcanizzata, che ha anche il vantaggio di difendere il sub dai vari agenti inquinanti che, ahimè, sono sempre più frequenti nei nostri mari.
Sotto queste mute, è necessario infilare vesti molto pesanti. Un certo mio amico – subacqueo professionista – ci indossa sotto la tuta e i maglioni con i quali va a sciare! Al contrario della muta in neoprene, queste in trilaminato o in gomma si riparano velocemente appiccicando una toppa nello strappo con una colla speciale.
A completare il quadro, bisogna ricordare anche le mute semistagne. Le mute cioè che non mantengono completamente asciutto il corpo ma garantiscono comunque un minor ricambio di acqua tra il neoprene e la pelle. Io non ne sono un fan. Le ritengo inutili in inverno e insoddisfacenti d’estate, quando ci si immerge anche per sentire la piacevole sensazione dell’acqua marina che ti carezza la pelle.
Alcuni miei amici – molto freddolosi, in verità! – ne parlano invece in maniera entusiastica. Ma anche loro la usano solo d’estate e non si sognerebbero mai di scendere con una semistagna nelle gelide acque invernali.
Una coppia di subacquei in immersione
Come funzionano le stagne?
Come abbiamo spiegato in apertura, le mute stagne, siano esse in neoprene o in trilaminato, hanno un effetto impermeabile e impediscono all’acqua di entrare in contatto col corpo del sub. Quando ci si immerge con la stagna, si prova la straniante sensazione di rimanere asciutti come a casa propria pure se si sta pinneggiando nel fondo del mare! Fatto salvo, ovviamente, le guance e, se non si usano guanti o calzari particolari, anche le mani ed i piedi che sono destinati a bagnarsi.
Va da sé che l’aria che sta tra la stagna e il nostro corpo è soggetta alle leggi della pressione. Per evitare quindi che la muta ci stringa eccessivamente – cosa molto spiacevole soprattutto se non avete optato per una stagna in morbido neoprene – bisogna insufflarci dentro dell’aria a compensazione. Un po’ come facciamo dal naso con la nostra maschera.
Per questo, la stagna è collegata, tramite una valvola posta sul petto, con una frusta alla rubinetteria della nostra bombola. Quando sentiamo la muta “abbracciarci” troppo calorosamente, basta premere la valvola e l’aria della bombola viene sparata nella muta. In risalita, l’aria esce naturalmente da un altra valvola sistemata sul braccio sinistro e che possiamo regolare a mano.
Chi può adoperare la stagna?
L’uso di questo tipo di muta è riservato a subacquei di una certa esperienza. Subacquei, in altre parole, che abbiano acquisito una sufficiente padronanza del loro assetto in immersione. A questo proposito, è utile ricordare che la muta stagna non è alternativa al gav!
L’assetto in immersione va sempre mantenuto “giocando” con la frusta del nostro giubbotto ad assetto variabile. L’aria dentro la stagna va insufflata soltanto per il minimo che basta a non sentirci stringere il corpo. Ma, in ogni caso, prima di indossare una stagna, vi consigliamo caldamente di seguire un corso specifico che senza dubbio alcuno la vostra didattica avrà predisposto.
Qualche consiglio in più
I punti delicati della stagna sono il collo ed i polsini che sono realizzati in materiale molto delicato. Prima di riporla, sciacquate bene tutto ma in particolare queste zone. In commercio ci sono dei talchi speciali con i quali spolverare abbondantemente queste parti prima di mettere la vostra stagna a riposo in attesa della prossima avventura.
La stessa attenzione va riservata alla cerniera. Siete attenti a non piegarla mai, fatevi consigliare dal vostro negoziante di fiducia una cera apposita e dategliene con generosità, da tutte le parti. Se si rompe la cerniera o se il colletto lascia passare l’acqua, potete buttare via tutto, che vi costerebbe meno comperarla nuova che farla riparare.
L’ultimo consiglio riguarda la pesata. Nella stagna è meglio usare un chilo o anche due di più rispetto a quando ci sembrerebbe sufficiente quando facciamo le prove di galleggiamento in superficie. Una buona idea è non mettere tutto il peso in cintura o nel gav ma usare anche cavigliere da mezzo chilo o, al massimo, da un chilo che aiutano il sub a mantenere un assetto regolare.
Un subacqueo in immersione con una muta stagna
Il subacqueo che non vuole rinunciare ad immergersi in inverno in mari come i nostri che non godono della mitezza di quelli tropicali, non ha alternative a quella di convertirsi alla muta stagna. In questo articolo, vedremo come è costruita e come funziona questo particolare tipo di muta che consente a chi la indossa di immergersi senza entrare in contatto con l’acqua marina. Spiegheremo anche chi la può adoperare, come si usa e vi consiglieremo anche qualche accorgimento per gestirla al meglio.
Cominciamo subito col dire che le mute stagne si possono dividere in due grandi categorie: quelle in neoprene e le altre. Le prime, sono realizzate in neoprene spesso dai 7 ai 9 millimetri, protetto da uno strato di nylon che ne garantisce l’impermeabilità. Sono mute molto comode, anche se piuttosto costose. Hanno il difetto di essere molto delicate in immersione e necessitano di molte attenzioni anche durante il “riposo” nei nostri armadi.
In compenso, tengono caldo il corpo e sotto non c’è bisogno di vestirsi molto. Solitamente è sufficiente una tuta da ginnastica o una felpa leggera. Ma dipende ovviamente dalla temperatura esterna, dai tempi di immersione e, come è facile immaginare, da quanto freddoloso è il subacqueo che la indossa. Queste mute sono le preferite dai subacquei ricreativi e da quelli sportivi.
Chi scende in acqua per mestiere, e magari deve rimanere per lunghi periodi a lavorare sul fondo del mare, sceglie una stagna in trilaminato, realizzata incollando vari strati di “fogli” di nylon e di gomma butilica. Ne consegue un tessuto molto resistente anche agli strappi, e quindi preferito dalle agenzie professionali per “vestire” i loro subacquei.
Un altro tipo di muta scelto dai professionisti, ma anche da subacquei ricreativi che non vogliono spendere troppi soldi, è quella realizzata in gomma vulcanizzata, che ha anche il vantaggio di difendere il sub dai vari agenti inquinanti che, ahimè, sono sempre più frequenti nei nostri mari.
Sotto queste mute, è necessario infilare vesti molto pesanti. Un certo mio amico – subacqueo professionista – ci indossa sotto la tuta e i maglioni con i quali va a sciare! Al contrario della muta in neoprene, queste in trilaminato o in gomma si riparano velocemente appiccicando una toppa nello strappo con una colla speciale.
A completare il quadro, bisogna ricordare anche le mute semistagne. Le mute cioè che non mantengono completamente asciutto il corpo ma garantiscono comunque un minor ricambio di acqua tra il neoprene e la pelle. Io non ne sono un fan. Le ritengo inutili in inverno e insoddisfacenti d’estate, quando ci si immerge anche per sentire la piacevole sensazione dell’acqua marina che ti carezza la pelle.
Alcuni miei amici – molto freddolosi, in verità! – ne parlano invece in maniera entusiastica. Ma anche loro la usano solo d’estate e non si sognerebbero mai di scendere con una semistagna nelle gelide acque invernali.
Una coppia di subacquei in immersione
Come funzionano le stagne?
Come abbiamo spiegato in apertura, le mute stagne, siano esse in neoprene o in trilaminato, hanno un effetto impermeabile e impediscono all’acqua di entrare in contatto col corpo del sub. Quando ci si immerge con la stagna, si prova la straniante sensazione di rimanere asciutti come a casa propria pure se si sta pinneggiando nel fondo del mare! Fatto salvo, ovviamente, le guance e, se non si usano guanti o calzari particolari, anche le mani ed i piedi che sono destinati a bagnarsi.
Va da sé che l’aria che sta tra la stagna e il nostro corpo è soggetta alle leggi della pressione. Per evitare quindi che la muta ci stringa eccessivamente – cosa molto spiacevole soprattutto se non avete optato per una stagna in morbido neoprene – bisogna insufflarci dentro dell’aria a compensazione. Un po’ come facciamo dal naso con la nostra maschera.
Per questo, la stagna è collegata, tramite una valvola posta sul petto, con una frusta alla rubinetteria della nostra bombola. Quando sentiamo la muta “abbracciarci” troppo calorosamente, basta premere la valvola e l’aria della bombola viene sparata nella muta. In risalita, l’aria esce naturalmente da un altra valvola sistemata sul braccio sinistro e che possiamo regolare a mano.
Chi può adoperare la stagna?
L’uso di questo tipo di muta è riservato a subacquei di una certa esperienza. Subacquei, in altre parole, che abbiano acquisito una sufficiente padronanza del loro assetto in immersione. A questo proposito, è utile ricordare che la muta stagna non è alternativa al gav!
L’assetto in immersione va sempre mantenuto “giocando” con la frusta del nostro giubbotto ad assetto variabile. L’aria dentro la stagna va insufflata soltanto per il minimo che basta a non sentirci stringere il corpo. Ma, in ogni caso, prima di indossare una stagna, vi consigliamo caldamente di seguire un corso specifico che senza dubbio alcuno la vostra didattica avrà predisposto.
Qualche consiglio in più
I punti delicati della stagna sono il collo ed i polsini che sono realizzati in materiale molto delicato. Prima di riporla, sciacquate bene tutto ma in particolare queste zone. In commercio ci sono dei talchi speciali con i quali spolverare abbondantemente queste parti prima di mettere la vostra stagna a riposo in attesa della prossima avventura.
La stessa attenzione va riservata alla cerniera. Siete attenti a non piegarla mai, fatevi consigliare dal vostro negoziante di fiducia una cera apposita e dategliene con generosità, da tutte le parti. Se si rompe la cerniera o se il colletto lascia passare l’acqua, potete buttare via tutto, che vi costerebbe meno comperarla nuova che farla riparare.
L’ultimo consiglio riguarda la pesata. Nella stagna è meglio usare un chilo o anche due di più rispetto a quando ci sembrerebbe sufficiente quando facciamo le prove di galleggiamento in superficie. Una buona idea è non mettere tutto il peso in cintura o nel gav ma usare anche cavigliere da mezzo chilo o, al massimo, da un chilo che aiutano il sub a mantenere un assetto regolare.