Alla ricerca dei relitti delle navi negriere per non dimenticare le proprie radici: la sfida di 500 sub afroamericani
“Quando sei un afroamericano e ti immergi sul relitto di una nave di negrieri lo fai con uno spirito completamente diverso dagli altri subacquei. Non puoi non renderti conto pienamente di due cose: la prima è che forse qualche tuo antenato è stato imprigionato su quella nave, la seconda è che hai una storia diversa da quella degli altri americani. Una storia che non è cominciata nei mercati degli schiavi sulla costa degli Stati Uniti ma molto, molto prima, nel continente africano”. Così racconta i suoi sentimenti l’archeosub ed istruttore Albert José Jones, uno dei fondatori della National Association of Black Scuba Divers, un’associazione americana di subacquei di origine africana.
Jones è anche membro del consiglio di amministrazione della Dwa, acronimo di Diving With a Purpose, traducibile con “immergersi con uno scopo”, un’organizzazione internazionale che si occupa di fornire ai subacquei la formazione necessaria a supportare progetti di ricerca e di conservazione del nostro patrimonio sommerso.
Proprio su proposta dei subacquei afroamericani, la Dwa ha recentemente varato un programma di ricerca dei relitti delle navi negriere che per più di tre secoli hanno fatto la spola tra le coste africane e quelle americane per trasportare una “merce speciale”: gli schiavi. La prima nave negriera batteva bandiera spagnola e salpò nei primi anni del 1500 per portare in Centro America quella forza lavoro che nel Nuovo Continente, tra un massacro e l’altro, cominciava a scarseggiare. L’ultima nave schiavista lasciò la costa africana nel 1866 diretta a Cuba. Continua
Il subacqueo che consegna le pizze in fondo al mare
Thane Milhoan prepara le pizze da consegnare ai clienti del Julius Lodge, in Florida
Facciamo che ve ne stiate in fondo al mare e che vi venga improvvisamente voglia di una “Quattro stagioni”. Due sono le opzioni che avete a disposizione: tornare in superficie, liberarvi della muta e di tutto l’equipaggiamento per correre alla pizzeria più vicina, oppure potete chiamare lui, Thane Milhoan, che in men che non si dica, vi raggiungerà con pinne e boccaglio, per consegnarvi la vostra pizza ancora calda e fumante.
No, no. Non stiamo scherzando. Quanto abbiamo scritto è tutto vero ed accade giornalmente nella splendida cittadina di Key Largo, bagnata dall’azzurro mare della Florida. I clienti di Thane sono gli ospiti di un famoso hotel subacqueo: il Jules Undersea Lodge. “Jules” sta per Giulio Verne, quello delle “Ventimila leghe sotto i mari”.
L’hotel che si onora del suo nome non scende così in profondità e si ferma ai primi 10 metri sotto il livello del mare. Ma il Julius rimane comunque un vero hotel subacqueo. Unico negli Stati Uniti e, per quanto ne sappiamo, nel mondo. Per accedere alle stanze, gli ospiti non hanno altra scelta che infilare maschera e pinne e tuffarsi nel blu, perché la reception è sul fondale e non ci sono, come in altre strutture simili, tunnel che lo colleghino alla superficie. Continua
Ritrovato il relitto dell’Endurance, la nave polare di Sir Shackleton
Il timone ancora intatto dell'Endurance nei fondali del gelido mare di Weddell
E’ una autentica leggenda dei mari quella ritrovata nelle profondità del mare di Weddell dalla spedizione guidata dall’archeologo marino Mensun Bound e dal geografo John Shears.
Il Maritime Heritage Trust, il giornale on line delle isole Falkland che per primo ha dato la notizia al mondo, ha definito il ritrovamento “la ricerca di relitti più impegnativa del mondo”. E l’obiettivo non poteva che essere una delle navi più famose del mondo. Una nave che ha scritto la storia delle esplorazioni polari: il veliero Endurance di Sir Ernest Shackleton.
Il grande esploratore salpò a bordo del suo tre alberi dalla Georgia Australe, ad est delle Falkland, nel dicembre 1914, con 27 compagni di viaggio. Lo scopo della spedizione era quello di attraversare l’immensa calotta glaciale antartica e doppiare il polo sud.
L’Endurance aveva fatto rotta verso la baia di Vahsel, sul lato orientale del Mare di Weddell, la parte meridionale dell’Oceano Atlantico che bagna il continente antartico. Una volta raggiunto il polo sud, la nave avrebbe dovuto i proseguire verso il mare di Ross, dall’altra parte del continente e fare ritorno in patria. Una sorta di giro del mondo ma da nord a sud, invece che da est a ovest.
Un’impresa epica ma destinata a naufragare. Dopo due giorni di navigazione nel mare di Weddell, che lo stesso Shackleton definì “la parte peggiore del peggior mare del mondo”, il veliero fu imprigionato nella morsa dei ghiacci polari. Presto fu chiaro che la nave non avrebbe retto all’urto del ghiaccio che si stringeva sempre più e l’equipaggio dovette trasferirsi sulla banchisa polare con le scorte di cibo e tre scialuppe di salvataggio. Continua
Il mare riporta ad una dottoressa scozzese una bottiglia con una lettera di quando era bambina
Venticinque anni dopo il messaggio è ritornato nelle mani della donna che l’aveva lanciato. Un messaggio di se stessa bambina, arrivato nella maniera più romantica possibile: all’interno di una bottiglia trasportata dalle onde del mare. Tutto cominciò nel 1996, quando una bambina scozzese di nome Joanna Buchan lanciò in mare una bottiglia al cui interno aveva inserito una lettera che aveva scritto per un progetto scolastico.
Le correnti oceaniche hanno trasportato la bottiglia per oltre 800 miglia e, 25 anni dopo, è stata raccolta sulla costa norvegese da una signora, Elena Andreassen Haga, che ha cercato immediatamente di mettersi in contatto con l’allora bambina scozzese cercandola nel grande oceano in cui tutti oggi abbiamo imparato a navigare: quello di internet.
Joanna, che oggi è una dottoressa e si è trasferita in Australia, è rimasta sorpresa quando questa sconosciuta signora norvegese l’ha contattata su Facebook per raccontarle che aveva trovato la sua bottiglia, riportandole alla mente un episodio che oramai aveva relegato ai confini della memoria. Immaginiamo l’emozione della dottoressa Buchan nel leggere quella lettera scritta da lei stessa bambina in cui confidava a se stessa adulta l’amore per i dolci e per gli orsacchiotti di peluche. Al contrario, i ragazzi delle sua età le stavano piuttosto antipatici!
ContinuaCosta Rica, un paradiso tropicale per gli amanti della subacquea e del surf
Ai confini settentrionali di Panama, nel bel mezzo del Centro America, troviamo la Costa Rica, uno dei pochi Paesi al mondo che può vantarsi di affacciarsi su due oceani: l’Atlantico ed il mar dei Caraibi ad est, il grande oceano Pacifico ad ovest.
La Costa Rica , così perlomeno raccontano orgogliosamente i suoi abitanti, i ticos in dialetto locale, è una sorta di Svizzera del Centro America. Ed, in effetti, qualcosa di vero c’è in questo paragone, rapportando i livelli di vita dei ticos a quello degli abitanti degli altri Paesi del Centro America. Un balzo in avanti che, ti aspiegano tutti i ticos che trovi per strada, ha un nome, un cognome e pure un soprannome: José Figueres, detto don Pepe.
Fui lui che, dopo che l’ennesimo golpe militare che aveva insanguinato il Paese, scese dalle montagne con un gruppo di amici e fece la rivoluzione. Proclamato presidente, decise che l’esercito è una di quelle cose come il morbillo: meglio non averlo anche se gli altri attorno a te ce l’hanno. Il 1 dicembre del 1948 riuscì ad inserire nella Costituzione un articolo che aboliva definitivamente le forze armate. Continua
La strana isola dove le donne parlano una lingua e gli uomini un’altra
Sapwuahfik è un piccolo atollo perso nel ben mezzo del grande oceano Pacifico. Geograficamente appartiene all’arcipelago delle isole Caroline e batte la bandiera della Stato di Pohnpei che fa parte delle Federazione di Micronesia. Se non l’avete mai sentito nominare prima, non datevene pensiero che non siete i soli. L’atollo è composto da una decina di minuscole isolette la cui superficie complessiva arriva a malapena a superare 160 ettari.
L’isolotto più grande, Ngatik, è il solo ad essere abitato da una popolazione, secondo la stima più recente, di 682 persone. Sapwuahfik ha anche una pista d’atterraggio per piccoli aerei che sino a qualche anno fa si trovava a Ngatik, ma recentemente l’erosione marina e le mareggiate legate ai cambiamenti climatici, l’hanno trasformata in un’isola a se stante, per buona parte semi sommersa. Oggi gli aerei atterrano praticamente in mezzo al mare e se qualche buona anima non ti viene a traghettare in barca, tocca tuffarsi in mare per raggiungere il villaggio. Continua
Perché i serpenti di mare australiani cercano di “accoppiarsi” con i subacquei
Un serpente marino sulla barriera corallina
Immergersi nell’incontaminata barriera corallina australiana è il sogno di tutti i subacquei ma possono capitare avventure quantomeno sconcertanti quando hai a che fare con le 32 specie di serpenti marini velenosi che vivono in quei mari azzurri. Abbiamo scritto “sconcertanti” e non “pericolose” perché queste specie di rettili anfibi sono tutt’altro che aggressive e non presentano veri propri pericoli per i subacquei che adottino comportamenti consapevoli, tipo quello di evitare di afferrarli per la coda!
L’ultima vittima di un serpente marino australiano si è registrata nel 2018 e non era un subacqueo ma un giovane pescatore appena 23enne che aveva infilato inavvertitamente la mano in una reta da pesca che aveva catturato uno di questi rettili.
I serpenti marini australiani rimangono comunque tra gli animali più velenosi del pianeta, il loro morso non lascia scampo, ed comprensibile il terrore che molti subacquei hanno provato quando si sono imbattuti in questi rettili, non di rado lunghi sino ad un paio di metri, che gli si sono avvolti alle gambe e hanno cominciato a leccarli come un bambino con il suo Chupa Chups!
Un comportamento strano, segnalato da molti subacquei australiani che, se pure non ha mai causato vittime, è rimasto inspiegabile sino a che tre biologi australiani, Tim Lynch, Ross Alford e Richard Shine, hanno pubblicato sulla celebre rivista Nature uno studio scientifico dal titolo “Mistaken identity may explain why male sea snakes ‘attack’ scuba divers”. Traduzione per i non anglofoni: un errore di identità spiega perché i serpenti marini maschi ‘attaccano’ i subacquei. Continua
Col progetto “MedFever” i subacquei misurano la febbre del Mediterraneo
La rete di termometri marini del progetto MedFever
Il Mediterraneo ha la “febbre” e saranno i subacquei a misurargliela. Secondo le più recenti statistiche, infatti, negli ultimi vent’anni la temperatura del nostro mare, continuamente monitorata in superficie dai satelliti, è costantemente aumentata rispetto al trentennio precedente.
Nel luglio del 2019, per esempio, è stata registrata una temperatura di 1,9 gradi Celsius superiore alla media dello mese misurata nel triennio 1961-1990. Nell’agosto dello stesso anno, invece, la temperatura era superiore di 1,4 gradi. Dati preoccupanti e dalle imprevedibili conseguenze che ci dicono come stiamo perdendo la battaglia contro i cambianti climatici.
I nostri mari, con la loro capacità di fare da “camera di compensazione“, assorbendo all’incirca il 90% del calore in eccesso che si sviluppa sul pianeta, rappresentano infatti l’ultimo baluardo per contenere quell’aumento delle temperature mondiali che è già in atto.
Esistono ancora i pirati? Ecco il rapporto dell’International Maritime Bureau
Una imbarcazione di pirati si prepara all'abbordaggio nel delta del Niger
La pirateria non è stata ancora debellata dai mari del mondo. Esiste infatti tuttora una speciale organizzazione internazionale, l’International Maritime Bureau (Imb), legata all’Interpol ed alla Camera di commercio mondiale, che si occupa specificatamente di monitorare e contrastare gli atti di pirateria compiuti in tutti i mari e che ogni sei mesi compila un dettagliato rapporto che mette a disposizione di tutte le polizie e le guardie costiere del mondo.
Secondo l’ultimo monitoraggio, nei primi mesi del 2021 sono stati compiuti in tutta la terra 68 atti che possiamo definire senza mezzi termini di pirateria. C’è da sottolineare che è un numero in calo. Addirittura il più basso degli ultimi 27 anni. Per fare un paragone, lo scorso anno, nello stesso periodo di tempo, gli atti di pirateria erano stati 98. Anche il numero delle vittime è stato contenuto. Dal primo gennaio al 30 giugno, c’è stato solo un morto: un marinaio del cargo MV Mozart, abbordato il 23 gennaio al largo di São Tomé e Príncipe, mentre si dirigeva a Città del Capo. Continua
La barca-violino di Venezia: fungerà da palco per i concerti in laguna
La barca violino ai cantieri della Giudecca pronta per il varo
L’idea gli è venuta con lo scoppio della pandemia. Voleva realizzare qualcosa di bello da dedicare alla sua città, Venezia, come auspicio di una pronta rinascita. Qualcosa che fosse una raffigurazione di tutto ciò che la Città dei Dogi rappresenta nell’immaginario di ciascuno di noi. Qualcosa che coniugasse artisticamente musica, poesia e laguna. E’ nata così, nella vulcanica mente del mastro falegname Livio De Marchi, l’idea di realizzare una imbarcazione tutta speciale. Una imbarcazione con la forma di un violino.
La barca è stata realizzata in collaborazione con le maestranze del Consorzio Venezia Sviluppo, utilizzando tutte le varietà di legno adoperate per le tradizionali imbarcazione veneziane: abete, larice, tiglio, rovere, ciliegio e mogano. Il nome pensato dall’artista è “il Violino di Noè” con un evidente riferimento alla celebre arca che ha traghettato l’umanità verso un nuovo futuro, dopo la catastrofe di un diluvio paragonato alla pandemia. Continua
In Namibia la misteriosa costa dei relitti sommersi dalla sabbia
Vi appassiona l’idea di visitare un relitto inesplorato ma non sapete immergervi come dei subacquei esperti? In questo caso, la vostra destinazione è la Skeleton Coast, in Namibia. In questo incredibile tratto di litorale atlantico che dal deserto del Namib scende fino al grande fiume Orange, giacciono centinaia e centinaia di relitti spiaggiati: carghi da trasporto, corvette militari, grossi mercantili, gloriose imbarcazioni a vela e non solo.
La Costa degli Scheletri è uno spettrale cimitero di navi semi coperte dal deserto, con le prue che ancora si ostinano ad emergere dalle dune, come se volessero continuare a navigare anche in quell’infinito mare di sabbia. Così come avviene per gli oceani, i relitti della Skeleton Coast non sono facili da trovare.
Se è vero che sono centinaia – non esiste tutt’oggi una stima più precisa – è anche vero che sono sparpagliati in un’area completamente desertica grande come la Sicilia e la Sardegna messe assieme. E come gli oceani celano i loro tesori nelle profondità più inaccessibili, anche la Skeleton Coast nasconde i suoi relitti coprendoli con la sua sabbia sino ad inghiottirli per sempre. Continua
L’isola dove se sbarchi ti ammazzano
Se mai vi capitasse di far vela nell’arcipelago delle Andamane, evitate di dare alla fonda davanti all’isola di North Sentinel. Rischiate seriamente di venire accoppati. E non sareste neppure le prime vittime di una tribù indigena che non fa sconti a nessuno e che non vuole saperne di avere a che fare con la, chiamiamola così, civiltà moderna.
Persa nell’azzurro mare del Golfo del Bengala, North Sentinel è formata da 72 chilometri quadrati di spiagge da paradiso terrestre e di foresta ancora incontaminata. Niente alberghi, niente turismo, a North Sentinel. E neppure sportelli del bancomat. La tribù che vive su questo atollo è considerata dagli antropologi una delle più isolate – termine appropriato se consideriamo che vivono, per l’appunto, su un’isola – del mondo. Si tratta di indigeni cosiddetti “non contattati”, come se ne trovano, sempre più raramente, in alcune zone della foresta amazzonica. Continua
Un tesoro dentro la balena. Ed i poveri pescatori diventano miliardari
Un pescatore yemenita fa festa. Non capita tutti i giorni di trovare un milione e mezzo di dollari nel ventre di una balena!
Il ventre di una balena è un luogo sempre pieno di sorprese. Puoi trovarci dentro Pinocchio o il profeta Giona. O anche un tesoro da un milione e mezzo di dollari, se sei un po’ più fortunato! E questo è, per l’appunto, quanto accaduto ad un gruppo di fortunatissimi, è proprio il caso di dirlo, pescatori del villaggio di al-Khaisah, sulla costa dello Yemen.
Un’angolo di mondo, tra l’altro, sconvolto da guerre e carestie dove hanno trovato un effimero rifugio molti scampati dalla città di Hodeidah, massacrata da incessanti bombardamenti aerei. La pesca è l’unica fonte di sopravvivenza per gli abitanti di al-Khaisah, che ogni giorno salgono sulle loro fragili imbarcazioni e si avventurano nel golfo di Aden per gettare le loro reti e pregare dio di riempirle con qualcosa. Una volta tornati sulla spiaggia del villaggio, il pesce viene diviso con tutti gli abitanti e i primi a prendere la loro parte sono coloro che, per età, per malattia o per ferite di guerra, non possono uscire in mare per lavorare come pescatori. Continua
Immergersi sul Titanic? Da oggi è possibile
Il relitto del Titanic a 3800 metri di profondità
Se avete 130 mila euro da spendere e non avete ancora scelto dove andare di bello in vacanza, potete prendere in considerazione l’idea di farvi una bella immersione sul Titanic. Nei prossimi giorni, il primo gruppo di 40 turisti scenderà in fondo agli abissi marini per ammirare quello che rimane del celeberrimo transatlantico ma, assicura l’Ocean Gate Expeditions, la compagnia di esplorazioni subacquee che ha ottenuto la concessione per l’organizzazione dell’incredibile tour, le prenotazioni per i prossimi viaggi sono aperte a chiunque si farà avanti. Continua
“Fie a manetta”. Così le ragazze di Venezia si riprendono la loro laguna
"A manetta" per la laguna di Venezia!
Ma dove è scritto che il mondo dei motori debba essere appannaggio solo degli uomini? Eppure, perlomeno sino a qualche anno fa, era rarissimo imbattersi tra i canali di Venezia in una imbarcazione condotta da una mano femminile.
Nelle tradizionali gite domenicali per far picnic nelle isole o nelle barene lagunari, a guidare la barca era sempre il papà, col figlio maggiore accanto ad imparare come si conduceva lo scafo. Mamma e figlie se ne stavano spaparanzate verso prua, a prendere il sole e a gestire la borsa termica con le bibite e la merenda. Per imparare ad andare in barca autonomamente, una ragazza aveva solo due strade: la vela o il remo sportivo. Ma il motore no. Quella era “roba da uomini”.
“Ancora oggi, quando giro per canali con la mia barca a motore, mi capita che i trasportatori, che sono tutti uomini, mi guardino come una bestia rara – racconta a Liguria Nautica divertita Marta Canino – per non parlare dei consigli non richiesti o delle offerte di aiuto di cui non ho affatto bisogno. Ma ormai ho imparato a non dargli bada neppure di striscio. Basta una occhiataccia e scappano via”. Continua
Al Salone di Venezia presentata Stramba, la barca a vela senza albero e senza boma
La rivoluzionaria barca a vela Futura nata da una start up Stramba
Stramba di nome e di fatto. In effetti, la prima cosa che gli appassionati di vela in visita al Salone Nautico di Venezia hanno pensato, quando si sono trovati di fronte Futura è proprio “Che stramba!”. Anzi, diciamo meglio. Questa è la seconda cosa che hanno pensato. La prima è stata: “Ma quella roba là è proprio una barca a vela?”. Sì, sì. Non ha il boma, non ha un albero centrale, sostituito da una struttura ad U rovesciato, ed il pozzetto delle manovre sembra un tinello, ma per il resto è proprio una barca a vela.
Di quelle che si mettono in mare e vanno avanti solo se il vento le spinge. Ed è proprio quello che Daniele Mingucci, ideatore del progetto e dalla startup che lo ha lanciato,”Stramba”, spera di fare appena possibile. “La barca non è ancora rifinita – spiega Mignucci – abbiamo bruciato le tappe per presentarla al Salone di Venezia, ma contiamo di finire la velatura e di fare una prova in mare nel più breve tempo possibile. Ci sono ancora tante cosa da mettere a punto, ma direi che siamo sulla buona strada”. Continua
L’arzanà de’ Viniziani, da Dante Alighieri a Corto Maltese
La porta dell'antico arsenale di Venezia
Per almeno sette secoli, l’Arsenale di Venezia è stato il cuore dell’industria navale del Mediterraneo. Il Libro delle Maestranze, che conteneva i nomi degli “arsenalotti”, cioè dei lavoratori che quotidianamente si recavano nei grandi cantieri per prestare la loro opera, arrivò a contare anche più di 5 mila iscritti.
L’attività negli ampi cantieri, gli stessi dove sabato prossimo si aprirà il Salone Nautico 2021, non si arrestava mai. Nei periodi di guerra, gli arsenalotti erano in grado di varare una galea da battaglia al giorno. Dentro le “tese”, i capannoni, si realizzava tutto quello che poteva servire al varo completo di una nave, dallo scafo ai cordami, dalle vele ai remi. La frenetica attività del grande cantiere navale colpì anche Dante Alighieri che nella sua Commedia paragonò l’Arsenale all’ottavo Cerchio infernale, quello delle Malebolge:
“Quale nell’Arzanà de’ Viniziani bolle l’inverno la tenace pece a rimpalmare i legni lor non sani”.
Nella pece bollente descritta in questo canto, l’Alighieri ci infilò i “barattieri”, coloro cioè che praticavano l’arte del baratto, più o meno lecito, più o meno fraudolento. Neppure questo è un caso. A Venezia, rispetto a Firenze, il baratto veniva considerato con molta indulgenza e c’è tutt’ora un ponte dedicato a questo non troppo nobile mestiere. Continua
Dall’America all’Europa su un veliero sgangherato: 7 indigeni messicani ripercorrono al contrario la rotta di Cristoforo Colombo
Il veliero "La Montagna" su cui viaggiano gli indigeni zapatisti
La “Montagna” è salpata il 3 maggio scorso dal porto di Isla de Las Mujeres, sulla costa orientale del Messico. La prua è ad est, verso l’Europa. L’obiettivo di questo rabberciato veliero, che definire “scassato” è fargli un complimento, è nientemeno che quello di attraversare l’oceano Atlantico e sbarcare ad Amburgo. A bordo ci sono quattro donne, due uomini e una transgender che non avevano mai visto prima il mare.
Sono indigeni di lingua Tzotzil che, quasi sicuramente, non avevano mai messo prima il naso fuori da quell’inestricabile intrico di vegetazione che è la Lacandona, la selva che copre le alture messicane dello Stato del Chiapas. Fanno parte della “squadra 421” dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (Eznl). “Il nostro scopo – hanno spiegato – è quello di ripercorrere a ritroso la rotta che Cristoforo Colombo ha percorso più di 500 anni fa. Quella stessa rotta che poi ha portato gli invasori spagnoli a conquistare il nostro mondo. Ma, al contrario degli invasori, noi non porteremo la morte ma la vita”. Continua
Il primo uomo a circumnavigare la terra non fu Magellano ma il suo schiavo Enrique
Cinquecento anni fa, per esattezza il 27 aprile dell’anno del Signore 1521, nella remota isola di Mactan, nell’arcipelago delle Filippine, una lancia di bambù metteva fine alla vita ed alle imprese del grande navigatore portoghese Fernão de Magalhães.
Nei libri di storia Ferdinando Magellano, per usare il suo nome italiano, è celebrato come il primo uomo a circumnavigare la terra. In realtà, sebbene fosse stato lui a ideare questa impresa e ad ottenere dal re di Spagna, Carlo V d’Asburgo, cinque vascelli con l’obiettivo di scoprire una nuova rotta verso le indie, il destino volle che a portarla a termine fosse il suo secondo, lo spagnolo Juan Sebastián Elcano che prese il comando della spedizione dopo la sua morte.
Quando l’unica nave sopravvissuta, la Victoria, fece ritorno nel porto di Siviglia, nel settembre del 1522, tanto Elcano quanto il fedelissimo scrivano vicentino Antonio Pigafetta, che aveva redatto il diario della spedizione, furono d’accordo ad attribuire tutti i meriti della prima circumnavigazione del globo al loro ammiraglio, Ferdinando Magellano. Ma non furono neppure loro – salpati da Siviglia e ritornati a Siviglia – i primi uomini a compiere il giro completo della terra ritornando nello stesso luogo da cui erano partiti! Continua
Le isole più sexy del mondo? Stromboli e Filicudi!
Che l’arcipelago delle Eolie fosse un piccolo paradiso in terra, capace di combinare mare limpido ed azzurro ed incantevoli panorami naturali alle gioie gastronomiche di una cucina che non ha rivali nel mondo, come quella siciliana, lo sapevamo anche noi italiani. A spiegarci che queste isole sono il luogo più afrodisiaco del pianeta, però, ci sono voluti gli americani.
La Cnn, una delle più seguite emittenti statunitensi, ha realizzato un lungo reportage in cui battezza Filicudi e Stromboli come isole dai mistici poteri afrodisiaci. Due luoghi magici – i più magici di tutta la terra! – per far esplodere, o riaccendere, la passione, trovare l’anima gemella e favorire pure la procreazione. Due veri e propri “atolli della fertilità“, così li ha descritti l’emittente televisiva, “due isole incontaminate, selvagge ed estremamente calde, e non solo per le alte temperature e lo straordinario paesaggio vulcanico dove le piccole eruzioni sono pressoché continue”. Continua
L’isola che venerava Filippo d’Edimburgo come un dio
Più acqua che terra, nella libera Repubblica di Vanuatu. Se le cucissimo tutte assieme, le 83 piccole isole che compongono lo Stato insulare, a malapena coprirebbero una superficie di 12 mila chilometri quadrati. Come dire, un paio delle nostre provincie di medie dimensioni. In compenso, non manca l’acqua salata da quelle parti, considerato che l’arcipelago si distende per una lunghezza di oltre 800 chilometri che, tanto per fare un paragone, è pressappoco la distanza in linea d’aria che intercorre tra Genova e Palermo.
Siamo sul limite orientale del mar dei Coralli, nel bel mezzo del grande oceano Pacifico. A settentrione dell’arcipelago di Vanuatu, conosciuto anche col nome di Nuove Ebridi, troviamo le Isole Salomone, a levante le Figi ed a meridione la Nuova Caledonia. Le guide subacquee dipingono il mare che bagna le isole di Vanuatu come un vero paradiso per gli amanti delle immersioni e non soltanto per le sconfinate e coloratissime barriere coralline. Continua
Le “navi gialle” che rimasero bloccate nel canale di Suez per 8 anni
Una delle navi che rimasero bloccate nel Lago Amaro di Suez per otto anni (foto tratta da un video di Al Jazeera)
Le chiamavano le “navi gialle” per via della sabbia del deserto che si depositava sui ponti e che solo il vento, di tanto in tanto, spazzava. Quattro battevano bandiera britannica, le altre appartenevano alle marine mercatili di Svezia, Germania, Polonia, Bulgaria, Cecoslovacchia, Usa e Francia. Quindici grandi navi mercantili, tutte bloccate nel bel mezzo del canale di Suez. E… no, non avevano compiuto una manovra sbagliata, come l’ormai celeberrima Ever Given! La colpa, quella volta, era tutta della guerra. Quella che passerà alla storia come la Guerra dei Sei Giorni e che ebbe come conseguenza la nascita dello Stato di Israele. Continua
“Dieci fiumi e un oceano” per denunciare l’invasione della plastica
“Ciao, mi chiamo Alex e sono un avventuriero”. Così si presenta Alex Bellini, classe ’78, di professione, leggiamo sempre nel suo blog, “mental training” e “personal coaching”. “Tutti noi – spiega Alex – possediamo le risorse necessarie per fare cose apparentemente impossibili nella nostra vita. Basta solo allenarle o riscoprirle. E trovare la strada per praticarle”.
Un strada che Alex ha imboccato sin da piccolo, quando si arrampicava sulle aspre montagne di quel piccolo paese alpino dove è nato. Poi la sua vita è stata tutta un susseguirsi di avventure. Avventure che lo hanno portato a camminare sulle strade di tutti i continenti e a navigare, per lo più a remi, nei mari e nei fiumi di tutto il mondo. Ricordiamo solo i 33 mila chilometri percorsi a remi nell’oceano Pacifico tra Lima e Sidney, per esempio. Oppure la maratona di 70 giorni e 5 mila e 300 chilometri da Los Angeles a New York. O l’attraversamento del più grande ghiacciaio d’Europa, il Vatnajokull in Islanda, su una slitta.
Tutte avventure che Alex ha vissuto come un percorso di consapevolezza interiore che lo hanno avvicinato all’ambientalismo. Perché imparando a conoscere se stessi, si impara a conoscere, e ad amare, anche questa terra su cui viviamo. E così l’ultima avventura partorita dalla fervida immaginazione di Alex Bellini è una campagna di sensibilizzazione sul problema della plastica che sta asfissiando il pianeta, cominciando dai mari e dai fiumi.
Continua
Rino Island: la Repubblica delle isole che non ci sono
“L’isola sconosciuta era lunga all’incirca un miglio marino ma larga al massimo un centinaio di metri. Quello che colpiva di più era la sua ricchissima vegetazione che brillava di un verde pallido tendente all’azzurrognolo. E ancora di più stupivano le centinaia e centinai di uccelli di specie che non avevo mai visto prima, che le volteggiavano sopra in danze folli e sfrenate”. Il capitano che in quel lontano 1879 veleggiava al largo della costa cilena di Valparaiso era un italiano e volle dare all’isola il nome della sua nave: Barone Podestà. Sui suoi diario di bordo segnò diligentemente la posizione dell’isola: 32° 14′ di latitudine sud e 89° 08′ di longitudine ovest. Continua
Le altre Isole delle Rose: il regno di Tavolara
L'isola di Tavolara è stata proclamata da Carlo Alberto regno indipendente
Racconta la leggenda che nell’anno del Signore 1836 re Carlo Alberto di Savoia raggiunse Tavolara per una battuta di caccia alle capre selvatiche e lì incontrò uno strano personaggio, metà pastore e metà pescatore, che si vantò di essere l’unico e autentico monarca dell’isola, oltre che l’unico abitante. La sbruffonaggine dell’uomo, che non aveva né riguardo né timore nel trattare il re del Piemonte come un suo pari, divertì Carlo Alberto che alla fine della giornata fu prodigo di doni nei confronti dell’isolano che lo aveva accolto in maniera così poco ortodossa.
Tra questi figurava una pergamena in cui il sovrano piemontese gli accordava la proprietà feudale di Tavolara e lo proclamava, con editto reale, re dell’isola. Se fu uno scherzo o meno, la storia non ce lo racconta. Fatto sta che il pastore, che si chiamava Giuseppe Bertoleoni, prese la faccenda alquanto sul serio e si precipitò a Sassari per depositare il prezioso documento. Continua
Le altre Isole delle Rose: il Regno di Gay e Lesbo nel Mar dei Coralli
Gli attivisti gay e lesbo occupano un'isola del mar dei Coralli e fondano un regno indipendente
Dall’altra parte della terra, immerso nell’azzurro Mar dei Coralli, al di là della Grande Barriera Corallina, sorge un arcipelago di isolotti dimenticati e disabitati. Sul più grande di questi, il 14 giugno del 2004, sbarcò un gruppo di attivisti australiani per i diritti dei gay che lo occupò e lo proclamò Stato indipendente. Dopo regolari e democratiche elezioni, Dale Parker Anderson fu proclamato imperatore col nome di Dale I e l’isolotto assunse il rango di Regno di Gay e Lesbo.
Come avrete intuito, l’iniziativa aveva un chiaro sapore provocatorio nei confronti del Governo australiano che tentennava nel riconoscere il matrimonio tra persone dello stesso sesso. Gli attivisti erano comunque ben intenzionati a difendere l’indipendenza del loro neo costituito Regno e per sostenere l’occupazione si organizzarono realizzando un campeggio che chiamarono Heaven (Paradiso in inglese), in onore del famoso nightclub gay di Londra, eleggendolo a capitale del Regno.
Tirarono su anche un ufficio postale in cui cominciarono a stampare banconote a corso legale nell’isola e francobolli che oggi sono diventati rari oggetti di culto per tanti collezionisti. Il Regno di Gay e Lesbo si dotò anche di una regolare dichiarazione di indipendenza e di un ordinamento giuridico basato su una sola legge detta dell’arricchimento ingiusto. Questa norma recitava più o meno così: “Se qualcuno ti prende qualcosa ingiustamente, allora questo qualcuno ti deve risarcire”. Continua
Le altre Isole delle Rose: Nauru, Tuvalu e le micronazioni dei mari
Una veduta aerea dell'isola Stato più piccola del mondo: Nauru
Non c’è solo l’isola delle Rose. Sono tante le isole Stato sparse nei mari del pianeta che battono bandiera indipendente. Alcune sono nate per scherzo, altre per scopi fraudolenti. Altre ancora sulle ali di utopie politiche o di rivendicazioni sociali. Per alcune di queste isole sono state combattute guerre. Altre, sono nate semplicemente perché il mondo, e chi scrive la sua storia, si era dimenticato della loro esistenza.
Nella specialissima classifica delle nazioni più piccole della terra, tutt’ora esistenti e riconosciute a livello internazionale, troviamo in cima proprio due isole: Nauru, Tuvalo. Ad onor del vero, non sono loro le nazioni più piccole del mondo. Il primato ce lo abbiamo noi in casa e spetta tutto allo Stato del Vaticano, neanche mezzo chilometro quadrato di superficie per poco più di 800 abitanti. Ma qui vogliamo parlare di isole e l’isola Stato più piccola del pianeta è senza dubbio alcuno Nauru.
Nauru è un isolotto di appena 21 chilometri quadrati. Tanto per fare un raffronto, San Marino che ne possiede ben 61, di chilometri quadrati, è tre volte più grande. L’atollo si trova in Micronesia e, a quanto ci risulta, è anche l’unico Stato a non avere una capitale. Più che altro, a Nauru, non hanno spazio per fare una capitale. E così hanno deciso di nominare “capitale” le quattro case del quartiere centrale dell’unico villaggio presente nell’atollo, che hanno chiamato Yaren. Continua
La triste storia del veliero Cristoforo Colombo: ecco che fine ha fatto la gemella dell’Amerigo Vespucci
Il veliero scuola Cristoforo Colombo, gemello dell'Amerigo Vespucci, dipinto in un quadro d'epoca.
Se chiedete ad un marinaio quale sia la nave più bella del mondo, è facile che vi risponda: “l’Amerigo Vespucci”, la celeberrima nave scuola della Marina italiana. Sono in pochi però a ricordare che lo spettacolare veliero aveva una gemella: una nave bella quanto la Vespucci ma con un destino ben diverso al suo orizzonte. Il nome di questa nave era “Cristoforo Colombo“.
Entrambe le navi furono progettate negli anni ’20 dello scorso secolo dal tenente colonnello del Genio Navale Francesco Rotundi che volle ispirarsi al veliero Monarca, l’ammiraglia della flotta del Regno delle Due Sicilie. Costruite negli allora “Regi Cantieri” di Castellammare di Stabia, le gemelle furono varate a poca distanza l’una dall’altra nel 1928, e presero servizio nella Divisione Navi Scuola col compito di addestrare i cadetti della Regia Marina Militare dei Savoia.
Le due navi, pur essendo considerate gemelle, avevano qualche leggera differenza. Stesso dislocamento, 4146 tonnellate, stessa stazza lorda, 3410 tsl, solo mezzo metro di differenza nella lunghezza fuori tutto: 101 metri l’Amerigo contro i 100 metri e mezzo della Cristoforo. Differenza dovuta probabilmente alla diversa inclinazione del bompresso che rispondeva ad un differente attacco delle sartie, a filo di murata per la Vespucci, cadenti verso l’esterno per la Colombo. Continua
L’incredibile storia dell’Isola delle Rose, la piattaforma artificiale che si autoproclamò Stato indipendente
Una scena del film trasmesso da Netflix
Quel lunedì del 24 giugno 1968, a Rimini, un’allora sconosciuto ingegnere di 43 anni, al secolo Giorgio Rosa, tenne una conferenza stampa che lasciò allibiti i pochi giornalisti presenti. In soldoni, l’ingegner Rosa, ma forse dovremmo chiamarlo il “presidente” Rosa, informò l’Italia, l’Europa ed il mondo intero che a sei miglia marine al largo della costa romagnola – appena 500 metri al di fuori della acque territoriali italiane – era appena stato proclamato Stato indipendente.
Uno Stato sovrano, con tutti gli annessi ed i connessi di una nazione in piena regola: una propria valuta, il Milo (1 milo equivaleva ad una lira), una stamperia per l’emissione di francobolli, una Costituzione, un sistema giuridico, un ordinamento democratico con tanto di governo regolarmente eletto di una mezza dozzina di ministri. Che poi questa mezza dozzina di ministri fosse anche l’intera popolazione dell’isola, è un dettaglio di poca importanza. Continua
In Polonia inaugurata “Deepspot”, la piscina per subacquei più profonda del mondo
La piscina polacca che ha il record mondiale di profondità: 45,5 metri
Si chiama Deepspot ed è la piscina più profonda del mondo: 45 metri e mezzo di profondità. La grande vasca, che necessita di oltre 8 mila metri cubi d’acqua per essere riempita, è stata inaugurata pochi giorni fa a Mszczonow, una anonima città nella contea di Żyrardów, nel cuore della Polonia.
Deepspot ruba, per pochi metri, un primato che apparteneva all’Italia. Sino all’inaugurazione dell’impianto polacco, il record di “piscina più profonda del mondo” apparteneva alla Y-40 Deep Joy di Montegrotto Terme, in provincia di Padova, profonda 42 metri, nota anche per la sua ineguagliabile acqua termale sempre tiepida.
Nelle intenzioni dei suoi costruttori, la piscina servirà non solo come palestra di addestramento per i subacquei polacchi, compresi i professionisti della marina e dei vigili del fuoco, ma anche come luna park sommerso. Nel fondale della piscina infatti sono stati sistemate grotte, il relitto di una nave e addirittura delle rovine maya! Tutta roba falsa come una moneta da un euro e mezzo, naturalmente, che faranno di Deepspot non soltanto la piscina più profonda del mondo ma anche la più kitsch. Continua
Il “battello dei sogni” di Venezia: la casa sull’acqua della famiglia danese che sconfisse la burocrazia italiana
La prua del battello dei sogni trasformato in casa da una famiglia danese
Se lo cerchi non lo trovi. Neanche con Google Maps. Ci si arriva, per lo più, per sbaglio, perdendosi tra le calli e le fondamente della Giudecca. “Ma tu guarda! Un vaporetto della Linea 1″, ti vien da chiederti quando te lo trovi davanti. “Come avrà fatto a finire qua, incastrato su questo canale, così lontano dai consueti approdi di navigazione?”. Quando ci sei più vicino, ti accorgi che c’è qualcosa di strano. Di molto strano.
Il bottazzo è stato trasformato in una fioriera per i gerani. Agli oblò ed ai finestrini sono appese tendine colorate. Nel ponte di comando fa bella mostra di sé un accogliente divano con tavolino. Spinto dalla curiosità, ti avvicini alla passerella d’entrata, con tanto di tappetino per pulirti le suole, e subito capisci che la faccenda è ancora più strana di quel che potevi immaginare. Il battello ha un numero civico! Su un cartello in legno, inchiodato su una “bricola” di ormeggio, si legge: “399a”. Continua
Alla scoperta del bisso, l’indescrivibile “seta di mare” troppo preziosa per essere venduta
Un batuffolo di bisso proveniente dalla secrezione di una pinna nobilis
Si narra che di bisso fosse intessuta la tunica che il saggio re Salomone indossava nei giorni di festa. Troppo prezioso per essere venduto o acquistato, il bisso poteva essere solo il regalo che un monarca fa ad un altro monarca. O, per tornare ai nostri giorni, che un presidente fa ad un altro presidente. Come Bill Clinton che ne possedeva un’intera cravatta, oggi esposta al museo presidenziale di Washington.
Per secoli, la sua origine fu tenuta segreta, per secoli la sua lavorazione venne occultata. Finché una principessa di Caldea di nome Giulia Berenice, figlia del re Erode Agrippa, si invaghì di Tito, figlio dell’imperatore Vespasiano Augusto e futuro re di Roma, che all’epoca era un semplice generale. La tradizione giudaico cristiana vede in Berenice una peccatrice irrecuperabile, un ricettacolo di tutti i peccati del mondo, ma noi preferiamo dare retta al commediografo francese Jean Racine che ha poeticamente raccontato la tragica storia del suo amore reso impossibile dalla “ragion di Stato”. Continua
La rompighiaccio Polarstern torna dal suo avventuroso viaggio nel Mar Artico. E non porta buone notizie
La nave Polarstern naviga in un mare Artico senza ghiacci
L’avevamo lasciata mentre faceva rotta per i mari artici, col suo carico di scienziati, per studiare l’effetto dei cambiamenti climatici in una delle zone più delicate del pianeta. Era il 20 settembre del 2019 e la nave rompighiaccio Polarstern, battente bandiera tedesca, mollava gli ormeggi dal porto norvegese di Tromsø.
Qualche giorno fa, e precisamente lo scorso 12 ottobre, la nave-laboratorio ha concluso il suo lungo viaggio attraccando nel porto di Bremerhaven, in Germania. Un viaggio lungo 388 giorni seguendo le correnti del mare, da cui arriva nessuna buona notizia. “Il grande Oceano Artico è in agonia – ha spiegato lo scienziato Markus Rex, responsabile dell’equipe scientifica della spedizione – abbiamo navigato in mare aperto sino all’orizzonte, in zone che prima erano coperte dai ghiacci”. Continua
Le immersioni ai tempi del Coronavirus: le seconde 5 regole da rispettare
Immergersi in sicurezza ai tempi del Covid è possibile. Ecco le 10 regole del Dan
Come immergersi senza paura di contrarre il Covid? Continuiamo in questo secondo post a riassumere il vademecum in 10 punti predisposto dal Dan, il Divers Alert Network, e rivolto ai sub ed ai gestori di diving center per minimizzare i rischi di contrarre il virus durante la pratica subacquea. Ecco gli ultimi 5 capitoli.
6) Buddy check ed emergenze. Ci eravamo lasciati con l’inquietante domanda postami da un allievo: “Ma se ho finito l’aria e sto per annegare, posso respirare dall’erogatore del mio compagno?”. La risposta è ovviamente “Prima pensa a restare vivo e poi a non contrarre il Covid”. Ma, a parte gli scherzi, come eseguire in sicurezza il cosiddetto “Buddy check”, cioè il controllo reciproco delle attrezzature col compagno prima di immergersi? Cerchiamo di usare più gli occhi che le mani. Evitiamo, in particolare, di toccare il primo stadio e tutto quello che viene a contatto con occhi e bocca. Anche la condivisione dell’aria, in caso di emergenza, va fatta tramite il secondo erogatore. Non si passa al compagno in difficoltà l’erogatore dal quale si sta respirando (come insegnavano tante didattiche prima che arrivasse il Covid) ma quello di riserva. Continua
Le immersioni ai tempi del Coronavirus: le prime 5 regole da rispettare
Un subacqueo dà il segnale di Okay al suo compagno
La sicurezza del subacqueo è il caposaldo imprescindibile attorno al quale tutte le didattiche impostano l’addestramento. Nessuna didattica però era preparata all’arrivo del Coronavirus. E’ possibile effettuare immersioni in sicurezza anche dal contagio?
Una domanda alla quale ha cercato di dare una risposta il Divers Alert Network, meglio conosciuto da tutti i sub come Dan, la nota fondazione senza fini di lucro che conduce ricerche scientifiche in merito all’attività subacquea e si è prefissa il compito di assistere i subacquei in difficoltà tramite la sua rete mondiale di centrali d’allarme e di soccorso.
Il protocollo diffuso dal Dan indica 10 punti fondamentali su cui diving e subacquei debbono porre la massima attenzione per mitigare il rischio di contagio. Vediamoli brevemente. Continua
A Cervo l’arte scende sott’acqua grazie alle installazioni di Elena Mazzi
Elena Mazzi si prepara ad accompagnare sott'acqua le sue sculture
Nell’azzurro mare di Cervo, a cinque metri di profondità, tra branchi di colorate castagnole e fluttuanti praterie di posidonia, la pietra prende vita. E se vi state domandando quale magia può donare la vita alla pietra, la risposta è una sola: l’arte. E’ un museo sommerso infatti, quello che dal 11 settembre è stato installato nella cittadina ligure, vicino al Pilone. Quattro grandi spugne che, col trascorrere del tempo, si coloreranno di vita, offrendo ospitalità a tutti gli organismi incrostanti del Mar Tirreno come spugne, alghe, anellidi e tanti altri ancora.
“L’arte – ha commentato l’artista Elena Mazzi, autrice delle opere sommerse – non è didascalica. Realizzando queste sculture ho tenuto conto dei consigli della biologa marina Monica Previati che mi ha fornito preziose informazioni sul mondo marino locale, in modo tale che potessi non soltanto rispettare, come è doveroso, l’ecosistema marino, ma anche fornire un habitat naturale per favorire il proliferare di tante specie animali. Il mio sogno è che adulti e bambini possano nuotare tra le mie opere, osservando forme sconosciute e prendendo coscienza degli organismi che vivono il mare e di come questi possano dar vita ad un ecosistema affascinante e complesso, tutto da scoprire”. Continua
Naufragati su un’isola deserta, si salvano grazie ad un Sos tracciato sulla sabbia
L'aereo dell'Us Air Force avvista l'Sos tracciato sulla sabbia dell'atollo dai tre naufraghi
Sono naufragati su un’isola deserta della Micronesia e sono stati salvati grazie ad un’aereo che ha notato il grande Sos che avevano tracciato sulla spiaggia. Sembra la trama di un romanzo di avventure marinare ed invece è accaduto davvero. La notizia viene dalla Cnn. I tre naufraghi sono tutti cittadini degli Stati Federati di Micronesia.
Erano salpati il 30 luglio verso l’atollo Pulap, nelle isole Caroline, quando, per cause non specificate, hanno perso la rotta e hanno vagato nell’oceano Pacifico sino ad esaurire la scorta di carburante. A questo punto, hanno deciso di fermarsi nella prima isola sconosciuta che hanno trovato e che, come hanno saputo dopo, era il piccolo isolotto di Pikelot, poco più di un lembo di sabbia disabitato a cento miglia marine dalla loro destinazione. Continua
Un marinaio di nome Giuseppe Garibaldi – parte 2
Un ritratto di Giuseppe Garibaldi
Nel maggio del 1848 troviamo il nostro eroe dei due mondi a Roma, impegnato a difendere la neonata Repubblica da soverchianti forze nemiche. All’alba del 3 giugno, le truppe francesi comandate dal generale Victor Oudinot assalirono la Città Eterna. I patrioti riuscirono a resistere fino al 1 luglio, quando fu chiaro anche ai più ottimisti che la battaglia ormai era persa. Giuseppe Mazzini parlò all’Assemblea Costituente per spiegare che l’alternativa era tra la resa e la battaglia all’interno dell’Urbe con inevitabili saccheggi e conseguente distruzione del patrimonio storico e artistico.
L’Assemblea scelse la strada di una resa dignitosa ma Garibaldi, pur non contestando la decisione di Mazzini, non era il tipo da consegnare la spada al nemico. La mattina del 2 luglio andò in piazza San Pietro e fece un discorso divenuto celebre. “Io esco da Roma: chi vuol continuare la guerra contro lo straniero, venga con me. Non prometto paghe, non ozi molli. Acqua e pane quando se ne avrà”. Quella sera stessa, il Generale lasciò Roma alla testa di circa 4 mila fedelissimi. L’obiettivo era raggiungere Venezia assediata dagli asburgici e dare man forte a Daniele Manin combattendo per la Repubblica di San Marco.
I garibaldini attraversarono l’Appennino inseguiti dagli eserciti di mezza Europa, tra marce forzate e combattimenti, diserzioni e tradimenti, ma respingendo ogni offerta di amnistia in cambio della resa. Le avventure del Generale e dei suoi irriducibili sono davvero troppe per poter essere qui riassunte. Arriviamo quindi alla mezzanotte del 1 agosto 1849, quando Garibaldi raggiunse via terra Cesenatico, allora sotto il dominio dello Stato Pontificio. Continua
Un marinaio di nome Giuseppe Garibaldi – parte 1
Una stampa ottocentesca raffigura il generale Garibaldi a pesca
Nel registro dei mozzi di marina di Nizza dell’anno 1821 compare il nome di un ragazzino appena 14enne destinato a diventare famoso nella storia d’Italia e del mondo: Giuseppe Garibaldi. Oggi sono in pochi a sapere che il vero mestiere dell’eroe dei due mondi era quello di marinaio e che, proprio come marinaio, Garibaldi ha trascorso incredibili esperienze paragonabili a quelle vissute a terra quando comandava i Mille o quando combatteva per la Repubblica del Rio Grande del Sud nei grandi fiumi dell’America Latina.
“Le competenze marittime del Generale sono sempre state liquidate nelle biografie in poche righe. In realtà Garibaldi resta sempre e profondamente un marinaio e anche gran parte dei suoi successi militari si debbono alle sue attitudini e competenze nautiche”, racconta a LiguriaNautica Davide Gnola, autore del libro “Diario di bordo del capitano Giuseppe Garibaldi”, pubblicato da Mursia.
Gnola è anche direttore del Museo della Marineria di Cesenatico e l’anima delle celebrazioni in onore dell’eroe dei due mondi che si celebrano ogni anno, la prima domenica di agosto, nella cittadina portuale romagnola con fuochi d’artificio e una sfilata di barche tradizionali d’epoca. “Solitamente – spiega – organizzavamo anche un grande pranzo proprio all’interno degli spazi espositivi del museo ma quest’anno, per l’emergenza Covid, abbiamo dovuto rinunciarvi purtroppo”. La ricorrenza sarà comunque celebrata anche quest’anno e sul sito dell’ufficio turistico di Cesenatico trovate tutto il programma nel dettaglio. Continua
La muta da sub? L’ha inventata Leonardo Da Vinci!
Leonardo con la maschera da sub, disegnato dal writer fiorentino Blub
Non soltanto elicotteri, paracadute e macchine volanti. Tra le invenzioni moderne che furono anticipate dal genio di Leonardo Da Vinci, c’è anche la muta da sub. E con tanto di borse di zavorra, scafandro e due tubi per prendere aria dalla superficie.
Come accadde per altre invenzioni leonardesche, il progetto non fu mai sviluppato ma un prototipo fu realizzato nei primi anni 50 del secolo scorso da uno studioso dell’opera del maestro toscano, Luigi Tursini, che ha seguito scrupolosamente le indicazioni contenute nel Codice Atlantico. Oggi possiamo ammirare il risultato, che sembra uscito da un fumetto steampunk, al Museo della Scienza e della Tecnologia di Milano, intitolato, non a caso, a Leonardo. Continua
L’animale più velenoso del pianeta è una medusa: uccide più di 70 persone all’anno
La vespa di mare, tanto bella quanto terribile, è l'animale più velenoso del pianeta Terra
L’animale più velenoso del pianeta? Non è la tarantola, non è nemmeno il cobra. Se volete provare l’emozione di incontrare l’animale con il veleno più letale di tutta la terra, dovete indossare pinne e maschera e tuffarvi in mare. Già, perché l’animale con il veleno più potente, quello in grado di accoppare in meno di in minuto anche un uomo di robusta costituzione, è una medusa. Precisamente la Chironex fleckeri, meglio conosciuta come Vespa di Mare. Ma state tranquilli! Non è una di quelle meduse in cui possiamo imbatterci nel nostro Mediterraneo e che si limitano a secernere un liquido urticante dai tentacoli. Continua
La temibile piovra gigante, il più famoso mostro degli oceani - Parte 3
Un calamaro gigante di "soli" 4 metri trovato da tre fratelli subacquei in Nuova Zelanda
Siamo così arrivati a raccontare del vero “mostro degli abissi” per antonomasia: il calamaro gigante che qualcuno, erroneamente, continua a chiamare “piovra”, anche se con i polpi ha poco a che fare. Ricordiamo che i calamari, sia quelli di piccole dimensioni che quelli giganteschi, possiedono 10 tentacoli di cui due più lunghi e appartengono al superordine dei Decapodiformes, mentre le piovre ne hanno solo 8 e sono chiamati Octopodiformes.
Il nome scientifico del calamaro gigante è Architeuthis e se ne conoscono, per ora, otto specie. Scrivo “per ora” perché questo ragguardevole animale predilige gli inaccessibili abissi marini che, come sappiamo, rimangono l’ultimo continente per lo più inesplorato del nostro pianeta. Il calamaro gigante, in altre parole, è ancora lontano dal valicare i confini del mito per approdare ai libri di scienza. Continua
La temibile piovra gigante, il più famoso mostro degli oceani – Parte 2
Il più pericoloso dei mostri del mare nella fantasie degli scrittori: il kraken
Il polpo, come abbiamo già intuito nella prima parte di questo nostro racconto, non è mai stato un animale capace di attirarsi le simpatie dell’uomo. Alle leggende antiche, come quella di Plinio il Vecchio di cui abbiamo scritto, si sono aggiunte le fantasie dei cartografi medioevali che, quando si trattava di adornare le loro mappe con i presunti mostri che, a loro dire, abitavano gli oceani, non mancavano mai di disegnare mostruosità tentacolate dalle enormi e zannute fauci.
Questi fantasiosi cartografi, altro non facevano che ripercorrere le antiche mitologie in cui la piovra veniva sempre rappresentata come un essere abominevole scaturito dagli abissi infernali. Così era il Kraken che incuteva timore anche agli impavidi marinai vichinghi o il meno conosciuto alle nostre longitudini, ma non per questo meno terrificante, dio Akkorokamui, al quale il popolo ainu, che vive nel nord dell’arcipelago giapponese, dedica ancora oggi santuari e cerimonie sacrificali affinché non trascini negli abissi gli incolpevoli pescatori, ghermendoli con i suoi lunghi tentacoli. Continua
La temibile piovra gigante, il più famoso mostro degli oceani – Parte 1
Un quadro raffigurante una calamaro gigante che attacca un veliero
Fu Plinio il Vecchio, da quanto ne possiamo sapere, il primo a raccontare della piovra gigante e del terrore che questo animale spargeva tra i marinai. Nella sua opera più conosciuta, Naturalis Historia, che poi è anche l’unica che sia giunta sino a noi, il grande naturalista vissuto nel primo secolo D. C. racconta che un misterioso animale marino, da lui chiamato “ozena”, aveva l’abitudine di uscire di notte per saccheggiare i vivai di ostriche destinati alle tavole dei ricchi patrizi romani.
Inutile tentare di difendere i pregiati molluschi con reti e barriere marine. L’ozena, termine che potremmo tradurre con “puzzolente” (nella moderna medicina infatti il termine indica una fastidiosa rinite caratterizzata dal rilascio di abbondante muco nasale), riusciva sempre a carpire le sue prede, lasciando ai pescatori solo i gusci vuoti ed un persistente e nauseabondo odore. Come facesse l’ozena ad entrare nei vivai, lo si scoprì una notte di luna piena, grazie ai cani con i quali i pescatori avevano preso a pattugliare i dintorni dell’area adibita alla coltivazione dei molluschi. Continua
Il mare al tempi del coronavirus: la meraviglia dei fondali che riprendono vita
Il fondale attorno alla petroliere Haven si è riempito di vita marina
Un’esperienza unica quella vissuta dai subacquei che si sono immersi in questi tempi di lockdown. Sono bastati pochi mesi di interruzione delle attività umane perché la natura si riappropriasse dei suoi spazi e l’ambiente marino tornasse cristallino, come doveva essere quando le grosse eliche delle navi non spazzavano i sedimenti dei fondali.
Una esperienza unica che i subacquei dell’equipe guidata da Andrea Bada hanno potuto vivere grazie ad un progetto scientifico e cinematografico condotto in sinergia tra la Marina Militare Italiana, la Capitaneria di porto di Genova e la casa di produzione multimediale E-motion. L’obiettivo della missione era per l’appunto quello di documentare gli effetti che il blocco delle attività umane a causa dell’emergenza Coronavirus, ha avuto sul mare. Continua
L’Olandese Volante, la più nota e maledetta leggenda del mare
The Flying Dutchman dipinto da Charles Temple. Uno dei tanti quadri raffiguranti l'Oalndese Volante
Il vecchio Eznaola è un impenitente vagabondo dei mari. A 82 anni suonati continua a navigare sulle burrascose acque del Rio de la Plata sul suo cutter “sventolando bandiere di amnistia”. I suoi figli, come ci racconta il grande scrittore recentemente scomparso Luis Sepulveda, sono comprensibilmente preoccupati ma anche divertiti e rassegnati. “Il vecchio non cambia e non cambierà mai”, dicono.
Il leggendario Eznaola ha una missione da compiere: trovare il vascello fantasma di una nave di pirati inglesi condannati a vagare in eterno per il golfo di Buenos Aires, senza poter mai uscire in mare aperto, prigionieri di una maledizione per essersi ammutinati e aver assassinato due capitani. La faccenda va avanti da 400 anni e il vecchio Eznaola, che è persona di buon cuore, ritiene che quei poveretti abbiano sofferto abbastanza. E così naviga alla loro ricerca per annunciare loro che sono stati perdonati dal Buon Dio, e poi guidarli, come deve fare un bravo marinaio, “fino alla grande libertà del mare aperto”.
Questa del vecchio Eznaola, che Sepulveda ci racconta in Patagonia Express, altro non è che la versione australe di una leggenda che, pur con nomi diversi, ha attraversato tutti i mari di tutti i popoli di tutte le ere dell’umanità. Una leggenda antica come la prima zattera che l’uomo ha gettato in acqua: quella del vascello condannato a navigare all’infinito, senza mai trovare pace in un porto, per aver violato una legge non scritta o dell’onore o del mare o degli dei. Continua
Nella Laguna di Venezia l’isola più “infestata” del mondo
La maschera del dottore della peste. Il lungo becco serviva a tenere a distanza di sicurezza il malato mentre gli si esaminavano le piaghe
La mattina del 18 luglio del 2016, scorrendo le pagine di cronaca locale del Gazzettino e delle Nuova, i veneziani appresero, e non senza un certo sgomento, che l’isola più infestata da fantasmi e presenze demoniache di tutta la terra, se ne stava tranquilla e beata nel bel mezzo della loro laguna, a 15 minuti di voga da calli e campielli.
Proprio così. L’isolotto di Poveglia, ad un tiro di schioppo da Malamocco, era abitato da spaventosi spettri. Quell’isola disabitata dove tutti coloro che abitano in laguna vi sono sbarcati perlomeno una volta nella loro vita in compagnia di amici per grigliare branzini appena pescati o per saltare i “peoci” (come li chiamate in terraferma? Cozze, giusto?), beh… quell’isola dove hanno trascorso tante serate spensierate ad intonare canzonacce sotto la luna, è in realtà un mistico portale di comunicazione tra il nostro universo e quello dominato dalle potenze infernali. E la cosa più incredibile di tutta la faccenda è che tutto il mondo era a conoscenza di questa truce reputazione, tranne i… padroni di casa!
Ma cosa era successo di così tremendo da squarciare il velo del mistero, in quella fatidica notte? Era successo che un gruppo di cinque ragazzotti del Colorado armati di registratori ad alta sensibilità, macchine fotografiche con pellicole ad infrarossi e scanner capaci di rilevare ogni aura spiritistica, si era fatto portare da un tassista nostrano sull’isola, con il coraggiosissimo intento di passarci l’intera nottata, documentare le presenze ultraterrene e potersi poi vantare dell’intrepida impresa una volta tornati negli States. Continua
L’avventuroso viaggio di Pietro Querini, nobiluomo veneziano che partì per le Fiandre, naufragò in Norvegia e scoprì il baccalà – parte 3
L'isola di Røst nell'arcipelago delle Lofoten, teatro del tragico naufragio di Pietro Querini
Approfittando di uno dei rari momenti in cui la tempesta smorzò il suo furore, i marinai veneziani calarono in mare le scialuppe di salvataggio e gli affidarono le loro vite. Due erano i battelli a disposizione. Su quello più piccolo salirono 21 uomini, 47 su quello più grande. Qui prese posto anche Pietro. Le imbarcazioni si sforzarono di procedere vicine, ma presto, il vento riprese a battere l’oceano. Dopo un solo giorno di navigazione, l’imbarcazione più piccola si perse dietro l’orizzonte di Pietro Querini.
Nulla ci è dato sapere sulla sorte dei suoi 21 marinai. Per i 47 uomini rimasti sulla scialuppa più grande cominciò la parte più tragica dell’avventura. Alcuni morirono assiderati dal freddo. Altri perché le provviste e le scorte di acqua terminarono presto, ed impazzirono al punto di bere l’acqua del mare. Venti giorni ancora durò il loro tormento, in balia delle onde, della fame, della sete, del vento gelido che soffiava sopra il circolo polare artico. Sino a che, all’improvviso, la tempesta si placò e un “suavissimo vento per greco (un vento da nord est. Ndr)”, scrive il Querini, spinse la scialuppa su un’isola sconosciuta. Continua
L’avventuroso viaggio di Pietro Querini, nobiluomo veneziano che partì per le Fiandre, naufragò in Norvegia e scoprì il baccalà – parte 2
La stele commemorativa del naufragio di Pietro Querini nell'isola di Røst
Il viaggiatore che si trovasse a passeggiare lungo la costa selvaggia dell’isola di Røst, che spazia su un mare in perenne burrasca tra stormi di chiassosi gabbiani, colonie di eleganti pulcinelle di mare ed imponenti cormorani in volo, rimarrebbe stupito nel trovarsi davanti ad una grande stele commemorativa. Difficile capirci qualcosa dalle scritte, a meno che il nostro viaggiatore non mastichi un po’ di norvegese, ma rimarrebbe senz’altro colpito nel leggere sopra una data, quella dell’anno domini 1432, il nome di un italiano: Pietro Querini.
La stele ricorda il naufragio nello scoglio di Sandoy, a poche miglia di distanza, della caracca Gemma Querina che batteva la bandiera rosso dorata della Serenissima Repubblica. L’altra data che si legge sulla stele è quelle del 1932, che è l’anno del cinquecentesimo anniversario del naufragio, durante il quale gli isolani vollero realizzare il monumento a perenne ricordo dell’avvenimento.
Siamo nell’arcipelago delle isole Lofoten, poco più di 50 miglia a ponente dalla costa norvegese. Come fu che una caracca veneziana venisse a naufragare proprio qui, in questi gelidi mari a nord del circolo polare artico, è una di quelle storie che vale la pena di leggere e raccontare.
La Gemma Querina, un vascello commerciale dalla stazza lorda di circa 700 tonnellate, era salpata dal porto di Candia, nome con cui era chiamata Creta ai tempi in cui era un possedimento veneziano, il 25 aprile del 1432. Il suo comandante ed armatore, Pietro Querini, commerciante, navigatore e patrizio veneziano con diritto a sedere nel Maggior Consiglio, l’aveva riempita di spezie, allume di rocca, cotone e soprattutto botti di pregiato vino Malvasia Continua
L’avventuroso viaggio di Pietro Querini, nobiluomo veneziano che partì per le Fiandre, naufragò in Norvegia e scoprì il baccalà – parte 1
Pietro Querini in un quadro dell'epoca
“Per tre mesi all’anno, cioè dal giugno al settembre, non vi tramonta il sole, e nei mesi opposti è quasi sempre notte… gli isolani, un centinaio di pescatori, si dimostrano molto benevoli et servitiali, desiderosi di compiacere…vivevano in una dozzina di case rotonde, con aperture circolari in alto, che coprono con pelli di pesce”. Così, Pietro delle nobile e dogata famiglia dei Querini descriveva agli attoniti senatori della Serenissima quella strana e lontana isola in cui aveva fatto naufragio.
Un’isola, narrava, in cui la notte durava 22 ore e faceva talmente freddo che, al confronto, l’inverno a Venezia, pare un’estate. L’isola in questione era quella di Sandoy, nell’arcipelago norvegese delle isole Loften, sopra il Circolo Polare Artico. Pietro che non parlava una sola parola di norvegese, tradusse artigianalmente il nome con “isola dei Santi”. Perché, sosteneva, ci doveva essere voluta l’intercessione di tutti i Santi del paradiso per farcelo arrivare vivo sin là!
Non sappiamo se i serenissimi senatori abbiano prestato fede al’incredibile racconto del nostro viaggiatore o se l’abbiano preso per un altro conta balle del calibro di Marco Polo. Di sicuro è che, da mercanti navigati quali erano tutti, devono aver rizzato le orecchie quando il Querini ha cominciato a raccontare di quegli strani pesci che gli isolani chiamavano stocfisi, “duri come il legno”, e che si conservava più a lungo di qualsiasi altra pietanza allora conosciuta. Continua
La gloriosa storia della Modesta Victoria, la nave che attraversò un oceano e un deserto per navigare in un lago
Il varo della motonave Modesta Victoria a San Carlos de Bariloche
Raccontano le cronache locali che quel giorno, il 10 novembre 1938, sulle sponde del grande lago Nahuel Huapi ci fosse tutta la città di Bariloche. Gauchos a cavallo erano arrivati da tutte le fazende del Rio Negro. Dalle alture andine e dai campi, erano scesi a valle anche i popoli originari della Patagonia: mapuche, tehuelche e anche aonikenk, che Ferdinando Magellano scambiò per dei giganti probabilmente per lo strano cappello che portavano in testa.
Quel memorabile giorno di novembre, che in Argentina significa estate inoltrata, erano tutti là sulle sponde del Nahuel Huapi, ad assistere ad un avvenimento che mai si era verificato in quell’immenso lago dove nelle terse notti brilla l’inconfondibile costellazione della Croce del Sud: il varo di una nave.
Una nave che non era stata costruita in Argentina ma nei cantieri Verschure di Amsterdam, otto anni prima. Una nave che era il sogno di don Exequiel Bustillo, l’uomo che ebbe dal governo argentino l’incarico di realizzare una politica di tutela e di sviluppo dei vasti territori a sud di Buenos Aires. Fu proprio don Exequiel a decidere che un lago delle dimensioni del Nahuel Huapi, 530 chilometri quadrati, doveva per forza avere una sua nave. Ma non una nave qualsiasi. Continua
Gli urinatores, i primi subacquei della storia. E gli scherzi di Cleopatra
Un bassorilievo assiro mostra un subacqueo che respira da un otre gonfio d'aria
Tito Livio, uno che le cronache le sapeva scrivere, racconta che nell’anno 168 a.C. Perseo, re di Macedonia, saputo dell’arrivo dell’esercito romano, si spaventò a tal punto che ordino di gettare tutto il suo immenso tesoro nel mar Egeo. Le cose poi andarono diversamente. Il re si pentì del suo gesto e decise di ricorrere agli urinatores per recuperare il malloppo.
Mal gliene incorse, a questi poveri subacquei dell’antichità. Per tutta ricompensa, infatti, il re macedone fece mozzare loro la testa. Che non andassero in giro a raccontare che un monarca del suo calibro si fosse lasciato intimorire da una potenza straniera a tal punto da gettare il suo oro in pasto ai pesci!
Eh sì! A quei tempi, non era cosa facile avere a che fare con i re. Le cose andavano un po’ meglio sulla sponda romana del Mediterraneo dove gli urinatores si erano costituiti in una vera e propria corporazione (oggi diremmo sindacato..), avevano stabilito un preciso tariffario sulle prestazioni che effettuavano ed un compenso sui recuperi marini proporzionale al valore degli oggetti che riportavano in superficie.
Chi lo sa? Magari un tariffario simile, legato al valore del recupero, esisteva anche in Macedonia ed è questo il vero motivo che è costato la testa agli urinatores di re Perseo! Ma per quanto ne sappiamo ora, è in epoca romana che gli urinatores si costituiscono come corpus. Tanto è vero che molte epigrafi d’epoca riportano le cause civili che questi intentavano a coloro che, usufruito dei loro servigi, si rifiutavano di pagare il dovuto. Continua
Alessandro Magno e il mostro marino. La leggenda del primo subacqueo al mondo
Alessandro si immerge nel mar Egeo. Immagine tratta dal Manoscritto Bodley 264, XIV secolo, Oxford, Bodleian Library.
Se non vi siete mai chiesti chi fu il primo subacqueo al mondo, rimarrete sorpresi quando vi racconterò che fu nientepopodimeno che Alessandro Magno. Già, proprio lui, il grande conquistatore macedone che nel IV secolo Avanti Cristo guidò le sue invincibili falangi sino alla valle dell’Indo travolgendo un colosso secolare come l’impero persiano della dinastia Achemenide.
Certo, si tratta poco di più che di una leggenda costruita dalla straordinaria macchina di propaganda dal geniale stratega greco che nelle sua campagne si faceva accompagnare da un autentico battaglione di storici e di scrittori. Oggi lo chiameremo “ufficio stampa”. Fatto sta che tra i racconti fatti circolare dagli scribacchini per esaltare la grandezza del nostro Magno, assieme alla faccenda della sua discendenza da parte materna dal pelide Achille (quello omerico dal tallone difettoso), c’è la storia di una sua immersione negli abissi del mare.
Proprio così. Dopo aver conquistato tutto quello che c’era da conquistare sulla terraferma, il prode generale macedone decise di andare a vedere cosa ci fosse negli abissi del mare, casomai trovasse qualcosa da invadere anche là. Fatto sta che si fece chiudere in una grande palla di vetro e ordinò ai suoi soldati di calarla appesa ad una cima negli abissi del mar Egeo. Continua
La spiaggia della California invasa dai pesci-pene
Un pesce-pene raccolto nella spiaggia della California (Photo by Kate Montana, iNaturalist Creative Commons)
La costa di San Francisco invasa dei pesci-pene. Sembra uno scherzo, e di quelli volgari pure, ma non lo è. E’ accaduto il 6 dicembre nella spiaggia di Drakes, pochi chilometri a nord della celebre città della California. La battigia è stata trovata letteralmente coperta da migliaia e migliaia di strane creature dall’aspetto decisamente fallico.
Secondo il biologo americano Ivan Parr, subito accorso sulla spiaggia per studiare l’insolito fenomeno, si tratta di esemplari di Urechis caupo, un particolare tipo di anellide, il phylum cui appartengono i vermi, meglio conosciuto dagli studiosi col nome di Penis Fish, pesce pene. E se avete guardato le foto, non sto a spiegarvi il perché. Questo particolare tipo di verme dal colore rosato e lungo dai 20 ai 25 centimetri, è abbastanza frequente nei fondali della costa del Pacifico, anche se non è molto conosciuto perché prolifera in acque profonde e sotto uno spesso strato di sabbia e fango. Continua
Dall’isola d’Elba arriva il Vinum Insulae prodotto con l’uva fatta appassire in fondo al mare
Un subacquo controlla lo stato di macerazione dei vitigni nelle speciali nasse di vimini
Una ricetta dimenticata, un vino antico, un’immersione subacquea e un esperimento coraggioso. Ci sono tutti gli ingredienti per un romanzo d’avventura. Si tratta invece di un vino. Ma una vino come nessun altro al mondo. Un vino prodotto da un vitigno antico, i cui grappoli sono stati fatti appassire negli azzurri fondali dell’isola d’Elba. Su Liguria Nautica avevamo già scritto di un vino sommerso. L’azienda Bisson di Sestri Levante, infatti, fa invecchiare le sue bottiglie più pregiate sul fondale. Ma in questo caso, è proprio l’uva che viene immersa in mare.
Proprio come tanti romanzi d’avventura, tutto nasce da un incontro casuale, quello tra il professore di Viticoltura dell’Università di Milano, Attilio Scienza e il l’agricoltore elbano Antonio Arrighi. Il docente aveva studiato le antiche tecniche di viticoltura applicate dai produttori greci dell’isola di Chio oltre 2500 anni fa. Per accelerare la fase di disidratazione dell’uva ed eliminare la pruina dalla superficie degli acini, gli antichi viticoltori greci infilavano i grappoli in ceste di vimini che calavano nel fondale. Il sale marino fungeva da conservante e antiossidante, permettendo ai viticoltori di evitare l’uso dei solfiti e di altre sostanze chimiche che erano sconosciute ai tempi degli antichi greci.
“Da tanto tempo sognavo di incontrare qualcuno disposto a sperimentare questa tecnica – ha dichiarato in un’intervista a Radio Capital il dottor Scienza – quando si è fatto avanti Antonio Arrighi, uno dei più importanti produttori di vino dell’isola d’Elba, quasi non ci credevo!”. Continua
Alla deriva nel Mar Glaciale Artico. L’avventurosa missione della nave rompighiaccio Polarstern
La rompighiaccio Polarstern
Una nave carica di scienziati intrappolata per un anno nei ghiacci dell’Artide. Sembra la trama di un romanzo di Jules Verne ed invece è una avventura vera. E’ l’avventura che si prepara ad affrontare la Polarstern: una nave rompighiaccio di 118 metri di lunghezza, varata nel 1982 e battente bandiera tedesca, che nel momento in cui scriviamo sta andando alla deriva al di sopra dell’85esimo parallelo nord, lasciandosi trascinare dalle impetuose correnti oceaniche verso l’Artico.
Nessun guasto ai motori. Si tratta di una missione scientifica volta a studiare e a documentare gli effetti dei cambiamenti climatici nei non più “eterni” – come venivano definiti una volta – ghiacci del Polo Nord. La Polarstern non è una semplice nave, ma una sorta di “cittadella della scienza”, come l’hanno definita gli amici di Focus, incaricata di portare a termine la missione Mosaic. Acronimo che sta per “Multidisciplinary drifting Observatory for the Study of Arctic Climate”.
“L’Artico si trova nell’epicentro del riscaldamento globale. Eppure quello che accade a quelle latitudini estreme, soprattutto in inverno, ci è ancora del tutto ignoto. Lo scopo della nostra missione è proprio quello di fare luce sui profondi e veloci cambiamenti che si stanno verificando in questi mari e che avranno una profonda ripercussione su tutta la terra”. Così la biologa marina Antje Boetius ha sintetizzato, in una intervista al Corriere della Sera, lo scopo della missione Mosaic. Continua
Dall’ultima battaglia dell’Artigliere all’auto distruzione dell’incrociatore San Giorgio: intervista alla figlia di Giosuè Nuscis, il marinaio sopravvissuto a due affondamenti
Una immagine d'epoca del cacciatorpediniere Artigliere con la foto del marinaio Giosuè Nuscis
“Mio padre era là, tra le fiamme e le esplosioni di quella nave di cui lei ha raccontato la storia. Era un marinaio e tante volte, nelle serate famigliari che trascorrevamo nella nostra casa di Terralba, ha raccontato a noi bambini le tragiche ore dell’ultima battaglia dell’Artigliere. Ne era ossessionato. Capitava spesso che di notte urlasse il nome del suo capitano, Carlo Margottini e degli amici morti ed inghiottiti dal mare davanti ai suoi occhi”. Marinella Nuscis è una gentilissima signora di 66 anni. E’ nata a Terralba, nell’oristanese, che è anche il paese di origine del padre marinaio, Giosuè Nuscis, di cui racconteremo la storia.
Marinella ha vissuto per molti anni a Torino, gestendo assieme al marito uno studio commercialista. Chiusa l’attività, è ritornata nella natia Sardegna ed è da qua che ci ha scritto per ringraziarci dell’articolo che abbiamo dedicato all’Artigliere su Liguria Nautica. “Quando papà mi raccontava quella storia io, glielo confesso, non lo stavo ad ascoltare troppo. Non era una storia che potesse far piacere ad una bambina! Parlava solo di guerra e di morte. Leggendo il suo articolo, ho capito tante cose che non sapevo, collegandole con i racconti di papà che all’epoca dell’affondamento aveva soltanto 24 anni. Soltanto adesso mi sono resa conto di quanto fosse stata tragica la sua vita”. Continua
Il Baron Gautsch, il relitto più famoso dell’Adriatico e la paradossale storia del suo affondamento
Lo spettacolare relitto del Baron Gautsch giace su un fondale di 40 metri al largo di Rovigno
Il relitto più famoso del Mar Adriatico è senza dubbio quello del Baron Gautsch. Il relitto giace in assetto di navigazione su un fondale di 40 metri nel mare antistante la bella città di Rovigno, sulla costa croata. I subacquei delle città adriatiche, considerano il Baron Gautsch coma la “tesi di laurea” del sub. Chi lo ha raggiunto, può vantarsi senza tema di smentita di essere un “subacqueo esperto”. L’immersione infatti è piuttosto impegnativa, sia per la corrente che non manca mai, sia per la temperatura dell’acqua, che per la notevole profondità ai limiti del brevetto di terzo grado.
Per chi sa usare le miscele, è una buona idea ascendere con il nitrox, solitamente un Ean 32, che, oltre ad una maggior sicurezza in curva, ti consente di rimanere a bassa quota più a lungo. La nave è piuttosto grande, la sua struttura ancora in buono stato e non basta una sola immersione per godersela tutta, soprattutto se mettete in conto anche qualche penetrazione nello scafo. Il piroscafo è sempre generoso con i sub che lo vanno a trovare e non manca mai di regalare loro qualche sorpresa. Continua
La storia vera di Sean Smyrichinsky, il subacqueo che cercava cetrioli di mare e trovò una bomba atomica
Sean Smyrichinsky, il sub che ha trovato una bomba atomica persa da un aereo Usa
“Credevo di aver trovato un ufo”. Così, il subacqueo canadese Sean Smyrichinsky ha raccontato alla Bbc il suo, a dir poco, sorprendente ritrovamento in mare. La vicenda risale all’autunno del 2016, quando il nostro Smyrichinsky aveva infilato le pinne per immergersi al largo dell’isola di Banks, nel mar Glaciale Artico, a nord del Canada. Uno di quei mari dove, tanto per capirci, sotto la muta stagna devi infilarti un impianto di riscaldamento, se non vuoi morire assiderato. Il suo obiettivo era quello di raccogliere oloturie, organismi marini volgarmente conosciuti col nome di “cetrioli di mare”.
Per un motivo che esula completamente dalle mie capacità comprensive, questi echinodermi sono considerati una “ghiottoneria” in certi posti del mondo. E proprio mentre pinneggiava sul fondo alla ricerca di cetrioli, il nostro subacqueo si imbatté in un bizzarro oggetto metallico. “Era grande come una letto matrimoniale e aveva la forma di un bagel”, ha spiegato il sub canadese. I bagel sono quei panini a forma di ciambella, molto comuni nel nord America.
“Vuoi vedere che mi sono imbattuto in un ufo? Mi sono detto. E così, dopo averci girato un po’ attorno, sono risalito e ho immediatamente comunicato alle autorità il mio strano ritrovamento”, ha raccontato Smyrichinsky. La faccenda è passata così nelle mani della Marina Canadese che ha studiato lo strano oggetto, senza peraltro venire a capo del mistero che racchiudeva. L’ipotesi più probabile è anche la più incredibile: si tratta di una bomba atomica “persa” da un aereo statunitense in seguito ad un incidente di volo. Continua
Un mare di bombe. Ogni anno i palombari della Marina Militare disinnescano decine di migliaia di ordigni esplosivi abbandonati nelle nostre acque
Gli artificieri della marina Militare fanno brillare l'ordigno trovato dal pescereccio di Bari
Oltre 35 mila grossi ordigni esplosivi recuperati soltanto quest’anno. Senza contare 18.826 proiettili di calibro inferiore ai 12,7 mm. E’ davvero incredibile la quantità di manufatti potenzialmente pericolosi che i reparti subacquei della Marina Militare Italiana hanno trovato e recuperato nelle nostre acque. Mari, fiumi e laghi italiani sono infatti ancora “seminati” con bombe e proiettili inesplosi, rimasti in eredità dalle guerre mondiali. Bombe che ancora oggi possono rivelarsi pericolosissime tanto per i subacquei quanto per i marinai dei pescherecci. Lo scorso anno, gli ordigni bonificati sono stati oltre 44 mila. Ma tutto lascia presagire che alla fine di questo 2019, i manufatti bellici saranno assai di più.
Una delle ultime operazioni compiute dagli artificieri e dagli esperti palombari del Comsubin – il raggruppamento subacquei e incursori “Teseo Tesei” della Marina – riguarda la mina navale che i pescatori del motopeschereccio Aquila Reale di Bari, avevano inavvertitamente issato sul ponte della loro barca con la rete. Gli artificieri della Marina, prontamente avvertiti dalla prefettura, sono intervenuti rimuovendo con la massima delicatezza l’ordigno, risalente alla seconda Guerra Mondiale, per poi rimorchiarlo lontano e farlo brillare in un’area sicura, usando la massima attenzione per non provocare danni all’ecosistema marino. La manovra è stata portata a termine il 18 settembre, con pessime condizioni di tempo e di mare. Continua
A Rapallo va in scena l’Euditek, la più grande convention mediterranea dedicata alla subacquea tecnica
A Rapallo va in scena la subacquea tecnica
L’Euditek è senza dubbio il più importante e formativo evento dedicato alla subacquea tecnica che viene organizzato in Italia. L’appuntamento con la seconda edizione del salone è a Rapallo, venerdì 11 e sabato 12 ottobre. Stando alla quantità e alla qualità degli sponsor, così come degli eventi già in programma, gli organizzatori sono sicuri che Euditek 2019 bisserà il già notevole successo ottenuto nella precedente edizione. Continua
Carri armati, cannoni e aerei da combattimento affondati per realizzare un enorme parco acquatico nel Mar Rosso
Un mezzo militare dell'esercito giordano affondato nel Mar Rosso
Qualche tempo fa avevamo riportato la notizia di un intero aereo di linea, un Boeing 747, appositamente affondato nel golfo Persico per realizzare un sito di immersione artificiale. Una sorta di “parco divertimenti” sommerso per la gioia dei subacquei. Tutto questo a Manama, capitale del piccolo quanto ricco sceiccato del Bahrein. Un’iniziativa condotta sotto l’alto patrocinio del re, lo sceicco Ḥamad bin ʿĪsā Āl Khalīfa, che ci ha messo i 260 milioni di dollari necessari all’impresa. Tutta l’operazione, a dar credito alle dichiarazioni dello sceicco Āl Khalīfa, sarebbe stata condotta nel pieno rispetto dell’ambiente marino allo scopo di dare lustro al regno con la presenza del “parco subacqueo più grande del mondo”, come lo hanno chiamato i suoi realizzatori.
La notizia deve essere arrivata anche al re di Giordania, Abd Allah II, che ha deciso di fare di meglio. O di peggio, secondo i punti di vista. In una sola settimana, nel reef corallino antistante la splendida città di Aqaba, sono stati affondati elicotteri da combattimento, carri armati, mezzi cingolati, cannoni antiaerei e pure una enorme gru, utilissima ai sub per scendere nel blu senza neanche il fastidio di piazzare un pedagno. In totale sono finiti in fondo al Mar Rosso una ventina di mezzi corazzati da combattimento, gentilmente forniti dalle Forze Armate giordane, col risultato di trasformare quel tratto di fondale nel più grande museo militare sommerso del mondo e di declassare immediatamente il “misero” Boeing 747 nel “secondo” parco acquatico più grande del mondo. Continua
Drone esplora il relitto sorprendentemente intatto dell’Hms Terror nelle gelide acque del Mar Artico
Una scena dalla serie televisiva The Terror dedicata alla perduta spedizione Franklin
La nave di sua maestà britannica Terror lasciò il piccolo porto di Greenhithe, nel Kent, il 19 maggio del 1845, assieme alla sua gemella, l’Hms Erebus. La spedizione era comandante dall’esploratore John Franklin ed aveva l’incarico di disegnare la rotta del mitico passaggio a Nord Ovest che doveva collegare l’oceano Atlantico a quello Pacifico, attraversando le zone artiche. Nell’agosto di quello stesso anno, alcune baleniere riferirono di aver visto le due navi inglesi entrare a vele spiegate nella baia di Baffin e dirigersi a ovest. Poi, nessuno ne seppe più nulla.
La scomparsa della Terror e della Erebus inghiottite dal gelido pack polare fu insieme un mistero ed una tragedia. Nei libri di storia delle esplorazioni artiche, la “perduta spedizione di Franklin” viene considerata come il più grande insuccesso inglese che costò la vita di tutti i 129 membri dell’equipaggio. Successive spedizioni britanniche partirono alla ricerca delle due navi scomparse, senza però mai riuscire a trovare i resti delle due imbarcazioni. I soccorsi riuscirono comunque, grazie all’aiuto di cacciatori inuit, a raccogliere i corpi di alcuni marinai incastrati nei ghiacci. Continua
I più bei siti di immersione della costa toscana – le isole
Le incredibili auto pargheggiate sul fondale marino del Nasim II
Non si va all’Argentario senza fare tappa all’isola del Giglio. E questa regola vale anche per i subacquei. Nelle sue acque dal caratteristico color smeraldo si possono programmare decine di immersioni, una più spettacolare dell’altra e adattabili a tutti i brevetti.
Cominciamo con l’immersione più famosa dell’isola, quella di Punta Fenaio, il capo più a nord del Giglio. Qui i percorsi da consigliare sono almeno una mezza dozzina. Si passa dai 15 ai 42 metri di profondità. Consigliatissima ai fotosub per la ricchezza della fauna marina è la discesa sulla franata. Chi vuole spingersi più in fondo, può scegliere di affrontare la bella parete, piena di tane e di anfratti. Attenzione che la parete scende oltre i limiti dei brevetti sportivi. Mantenetevi sempre nelle quote di sicurezza. Continua
I più bei siti di immersione della costa toscana – l’Argentario
Tutti i colori di Punta Finestra
Alzi la mano il subacqueo che non ha mai fatto un’immersione all’Argentario! Questo promontorio ci offre le più belle immersioni di tutto il Mediterraneo, è una delle mete preferite dei sub di tutta Europa e una delle palestre preferite per gli istruttori per addestrare allievi di tutti i gradi.
Cominciamo con quella che è forse l’immersione più nota del promontorio: l’Argentarola. Lo spettacolare scoglio perennemente circondato da nubi di pesci pelagici e coperto da coloratissimi ventagli di mare, ombrellini, axinelle e gorgonie gialle e rosse, comincia a 20 metri per scendere sino a 42. Su questo sito si possono programmare più immersioni, di vari livelli, tutte diverse una dall’altra.
Molto varia è anche l’immersione allo scoglio del Corallo. Si può scendere lungo la parete ad est o pinneggiare nella secca vicina. Ma non perdetevi le due gallerie che attraversano lo scoglio parte a parte a quote diverse. Le profondità variano dai 20 ai 30 metri. A fare da protagonista sono naturalmente i lunghi rami di corallo rosso. Continua
I più bei siti di immersione della costa toscana – il promontorio di Piombino
Nella costa toscana è facile imbattersi in resti di epoca romana
Continuiamo il nostro personalissimo elenco dei migliori siti di immersione della costa toscana con un relitto, quello del Tabarca. Questa motonave adibita a trasporto truppe fu teatro di una tragedia durante il secondo conflitto mondiale. La nave, diretta ad Ostia, cozzò contro una mina nella notte tra il 30 novembre e il primo dicembre del 1942 e affondò portandosi dietro oltre 250 soldati italiani e tedeschi. La vicenda ha accora dei lati oscuri e magari ce ne occuperemo in un prossimo articolo. In quanto all’immersione, i resti della nave si trovano tra i 25 e i 30 metri. Attorno al relitto, si trovano ancora armi, equipaggiamento e anche quel che rimane delle piastrine di riconoscimento di quei sfortunati soldati.
L’area minata che difendeva le coste della toscana, non ha affondato solo il Tabarca, ma anche il Genepesca. La nave, che era stata varata appena 5 anni prima, affondò dopo uno spaventoso urto con una mina il 26 maggio 1945. L’essere una nave da pesca e non da guerra, non le risparmiò una fine violenta. Rientrava dopo una stagione di pesca sui mari della Tunisia e non trasportava né soldati né armi. La mina la spezzò in due e i due tronconi si trovano nel fondale a 33 metri di profondità ed a ben 80 metri di distanza l’uno dall’altro, a testimoniare la violenza dello scoppio. I troncone di prua è coricato su un fianco. Più spettacolare la poppa che giace in assetto di navigazione con il fumaiolo ancora ritto. Continua
I più bei siti di immersione della costa toscana – il mare di Livorno
I resti dell'ancora Ammiragliato che danno il nome ad una delle più celebri immersioni del mar Tirreno
La grande varietà dei siti di immersione che troviamo lungo la costa toscana consente a tutti i subacquei, qualsiasi siano il loro livello e le loro preferenze, di vivere splendide avventure sommerse. Se consideriamo anche l’innegabile qualità dei diving presenti nella zona, che offrono garanzie di sicurezza e preparatissime guide, si capisce come mai questa regione sia tra le più selezionate per lo svolgimento di corsi didattici e di esami per i vari brevetti dai club subacquei di tutta Italia. Vediamo ora una carrellata dei siti in cui, perlomeno una volta nella vita, un subacqueo dovrebbe immergere le sue pinne.
Da settentrione a meridione, la prima immersione che non possiamo fare a meno di segnalare à la splendida grotta del Boccale, che si trova di fronte ad Antignano. Si tratta di un “foro” naturale che taglia l’omonima cigliata ricca di spugne e, perlomeno quando ci sono stato io, qualche anno fa, anche di corallo rosso. L’entrata è a 25 metri e l’uscita a 18. Un brevetto di secondo grado è più che sufficiente per affrontare questa divertente immersione. La corrente non è mai forte e la visibilità sempre buona. State attenti a non danneggiare i coralli con incaute pinneggiate. Continua
La tragedia del Mars e la maledizione della nave dai cento cannoni sorvegliata da uno spettro
Un subacqueo tecnico esplora i resti del Mars a 75 metri di profondità
Il suo nome per esteso era Makalös, aggettivo svedese che potremmo tradurre con “incomparabile” o “eccezionale”. Ma venne presto chiamata solo Mars ed era la nave più potente del suo secolo, orgoglio della Marina svedese e del suo grande re, Enrico XIV. Tre grandi alberi a vela spingevano sui freddi mari del nord il Mars e i suoi cento cannoni.
Una potenza di fuoco superiore a quella di tutti i vascelli di tutte le flotte messe in acqua dai regni di Grand Bretagna, di Danimarca, di Prussia e dell’Elettorato di Hannover, che contendevano alla corona svedese la supremazia sul golfo baltico.
Cento cannoni maledetti, ricavati dalla fusione di altrettante campane di bronzo che re Enrico, protestante, aveva confiscato alle chiese cattoliche. Una decisione “blasfema” che, secondo le leggende dell’epoca, fu la causa del tragico destino dell’incomparabile Mars.
Il vascello fu varato nel 1564 e – tanto per dimostrare che la storia sarà anche maestra di vita ma l’umanità ci mette niente a lasciarsela alle spalle – anticipò di 64 anni la tragedia del Vasa, altro superbo ed “inaffondabile” veliero svedese, che affondò a cento metri dal varo. Il Mars, perlomeno, alla sua prima e unica battaglia riuscì ad arrivarci.
Lo stesso anno del varo, la nave “incomparabile” affrontò la flotta danese al largo dell’isola Öland. Ironia della sorte volle che questa fu la prima battaglia navale in cui i cannoni, di cui il Mars era fornitissimo, furono adoperati per affondare le navi nemiche, invece di limitarsi a sparare a mitraglia per “spazzare” i ponti e facilitare l’abbordaggio, come si era fatto sino ad ora. Continua
Ancora un incidente sfiorato a Venezia. Il forte Libeccio spinge la Costa Deliziosa a pochi metri da piazza San Marco
Un altro incidente sfiorato a Venezia. Incidente che avrebbe potuto avere conseguenze molto più disastrose rispetto a quello verificatosi qualche settimana fa, perché stavolta la nave non ha cozzato contro le banchine del porto ma ha sfiorato di pochi metri la Riva dei Sette Martiri, in bacino di San Marco, a poca distanza dalla celebre Basilica. Continua
La nave che non ha bisogno di marinai. In Norvegia sta per essere varato il primo mercantile comandato completamente da remoto
Una simulazione della Yara Birkeland, il primo mercantile senza equipaggio
Si chiamerà Yara Birkeland e sarà la prima nave senza marinai. Il varo di questo mercantile lungo 79,5 metri con una stiva capace di trasportare 120 container, è previsto per il gennaio del prossimo anno. Navigherà nei freddi mari della Norvegia, trasportando fertilizzanti dal porto di Porsgrunn a quello di Larvik, su una rotta lunga appena una quarantina di miglia nautiche.
La Yara Birkeland sarà la prima nave al mondo completamente priva di equipaggio. Ad occuparsi delle manovre sarà una equipe di tecnici altamente specialistici che opereranno da una sala di controllo a terra dotata di sofisticate tecnologie. Qualcuno ha già parlato – non senza un pizzico di ironia – di una nave comandata da casa con un joystick, proprio come in uno di quai giochi di simulazione al computer che ci hanno tanto appassionato quando eravamo più giovani. Paragone che, in effetti, non è poi così distante dal vero. Continua
Al via il Salone Nautico di Venezia nell’antico Arsenale: un palcoscenico unico per yacht, accessori e motori
Il bacino acqueo dell'Arsenale di Venezia
“L’arte navale torna a casa”. E’ lo slogan del Salone Nautico di Venezia in programma fino a domenica 23 giugno nella città lagunare. La “casa” in questione è il grande bacino dell’Arsenale. Storica fucina di galee e cocche che negli anni d’oro della Serenissima, era in grado di mettere in acqua una nave da guerra al giorno, completa di vele e attrezzature, pronta per navigare. Quell’arsenale che tanto colpì Dante Alighieri che volle paragonarlo al girone infernale in cui sono puniti i barattieri: “Quale nell’arzanà de’ Viniziani bolle d’inverno la tenace pece”. Continua
A Venezia la Msc Opera travolge un battello e si schianta sulla banchina: si riapre il dibattito sulle grandi navi in laguna
I danni causati dalla nave Opera al battello fluviale
Un incidente annunciato, quello verificatosi alle ore 8,34 di domenica nel porto di Venezia. La Msc Opera – 56 mila tonnellate – procedeva nel canale della Giudecca, appena dopo il bacino di piazza San Marco, alla velocità sostenuto di 5,5 nodi e si stava preparando per attraccare alle banchina, quando un improvviso black out dei comandi (stando perlomeno alla prima ricostruzione dell’incidente) non ha consentito alla nave di manovrare e di ridurre la velocità. Inutile l’intervento del rimorchiatore di sicurezza, perché il forte abbrivio ha spezzato la gomena di traino e la grande nave da crociera è andata a schiantarsi tra la banchina e un battello fluviale ormeggiato sul pontile di San Basilio.
Attimi di paura tra i 110 passeggeri a bordo della lancia e tra le persone che attendevano in riva l’arrivo della nave. I video messi in rete dai testimoni sono davvero impressionanti, considerata la mole enorme della Msc Opera, un “bestione” lungo 275 metri, largo 32 e capace di trasportare circa 2.679 ospiti e 728 membri dell’equipaggio. Per fortuna, l’abbordo si è concluso con tanta paura, la caduta in acqua di diverse persone ma “solo” tre feriti. Poteva andare molto peggio.
Un incidente annunciato, abbiamo scritto in apertura, perché da quasi dieci anni gli ambientalisti di Venezia denunciano l’intrinseca pericolosità del transito di navi superiori alle 50 tonnellate, costruite per navigare in alto mare, in canali stretti e poco profondi come quelli lagunari. Senza tener conto di incidenti come questo, che nel lungo periodo possiamo considerare inevitabili, bisogna considerare anche fattori non affatto secondari come l’inquinamento atmosferico (il porto di Venezia è a ridosso della città storica e nelle calli si registrano più polveri sottili che a ridosso di un’autostrada a due corsie). Continua
Immergersi all’Elba: la costa meridionale
I resti del cargo greco affondato nella costa meridionale dell'isola d'Elba
E’ proprio nella costa che butta a meridione, che troviamo i siti di immersioni che hanno resa famosa tra i subacquei di tutto il mondo l’isola d’Elba. Ecco i punti migliori in cui tuffarsi con pinne ed erogatore.
Secche di capo Fonza Le secche in realtà sono due, entrambe limitate da due belle pareti colorate da gorgonie, margherite e, dopo una certa profondità, anche da rami di corallo rosso. Nella secca più vicina alla costa, potete visitare anche delle belle grotte. La profondità va dai 3 ai 45 metri.
Punta Fetovaia
A ponente di Marina di Campo, si trova questa celebre immersione che è tra le più morfologicamente varie che ci possano essere. Ci si immerge su una franata sino ad una prateria di posidonie che, procedendo verso il largo, si trasforma in una cigliata che a sua volta, scendendo verso i 40 metri, si spacca in larghi canaloni! Vi chiederete come fanno a starci tutte queste cose in un solo sito di immersione! Anche se il paesaggio la fa da padrone, la vita marina non manca e i fotosub torneranno a galla con belle immagini di vita marina.
Relitto della nave greca Una palestra perfetta per i “relittari” alle loro prime esperienze. La nave mercantile è praticamente integra, a parte la prua devastata, è appoggiata sulla fiancata destra ed è possibile penetrarvi attrave Continua
Immergersi all’Elba: il promontorio di Capolivieri
Il relitto di una aereo da turismo su una prateria di posidonie. Una delle immersioni più famose dell'isola d'Elba
Le costa meridionale e la costa occidentale dell’Elba sono quelle a maggior vocazione marinara. Sia Porto Azzurro che Marina di Campo, ma anche la bella Capolivieri, che pure sorge sopra una verde collina, sono borghi di pescatori, dove si respira aria di mare. Nelle zone orientali dell’isola è più forte invece una tradizione montanara e pastorizia.
Ma la grande bellezza dell’Elba è proprio quella di essere un vivace mosaico di culture, di dialetti e di paesaggi. Per un appassionato di subacquea in visita all’isola, il mare che regala le immersioni più emozionanti rimane comunque quello che butta a meridione. Qui si trovano i siti più spettacolari che vi proponiamo come palcoscenico per le vostre avventure sommerse.
Cannelle Cominciamo dall’elegante paese di Porto Azzurro. Nelle acque a nord del borgo, troviamo una delle immersioni più belle dell’isola ed anche una delle più caratteristiche per l’incredibile tunnel sottomarino tutto rivestito da margherite di mare ed i cui ingressi sono coronati da grandi gorgonie rosse. Al tunnel ci si arriva dopo un pianoro situato ad una profondità di 20 metri, costeggiando una cigliata che picchia verso il fondale. La profondità massima è di 40 metri ed è consigliabile essere subacquei con una certa esperienza per affrontare questa immersione.
Relitto aereo Proseguiamo il nostro viaggio costeggiando in senso orario l’isola. Da maniaco “relittaro”, non posso non segnalare questa immersione proprio davanti a Porto Azzurro. I resti di un bimotore da turismo giacciono a 15 metri adagiati su un fondale di alta posidonia. Il velivolo è molto ben conservato ma, oltre a questo, non c’è altro da vedere. La visita ad un aereo che ha terminato i suoi giorni in fondo al mare, perlomeno per me, è comunque sempre una esperienza emozionante. Inoltre, l’immersione è una buona palestra per i neo brevettati, considerando la bassa profondità. Continua
Immergersi all’Elba: la costa settentrionale
Un sub fa il "passo del gigante" per immergersi nelle acque dell'Isola d'Elba
Le acque sempre azzurre che circondano l’Elba rispecchiano fedelmente la varietà linguistica e morfologica dell’isola. Così come la terraferma è un “melting pot” di dialetti e di culture – dai ponzesi di Campo ai toscani di Portoferraio, sino ai corsi nelle sponde occidentali – sotto il mare, l’isola offre un mosaico invidiabile di immersioni: secche, cigliate, pareti, grotte, relitti…
Praticamente è possibile programmare immersioni di tutti i generi, a tutte le profondità e per tutti i brevetti. Grazie anche all’alta qualità dei diving presenti sull’isola, l’Elba è diventata una meta imprescindibile per tutti gli appassionati di subacquea ed una delle più ambite palestre per i neofiti e per chi cerca di conquistare il suo brevetto da sub. Un vero paradiso sotto il mare che, come abbiamo sottolineato in apertura, rispecchia l’Eden di paesaggi delle dolci colline e delle verdi vallate che riesce sempre ad incantare i nostri occhi.
Ecco un elenco dei migliori punti i d’immersione della costa settentrionale dell’isola, partendo da Portoferraio e spostandoci verso ovest. Continua
Dal porto sommerso di Thonis-Heracleion riemerge la nave di Erodoto
Un archeologo subacqueo esegue rilevamenti sul relitto della nave che conferma la descrizione di Erodoto
“L’albero era fatto di acacia e le vele di papiro. Questi battelli non possono risalire il fiume se non sotto la spinta di un forte vento, altrimenti vengono tirati da terra”, scriveva Erodoto nel secondo libro delle sue Storie. Il grande storico greco visitò l’Egitto attorno nella metà del V secolo avanti cristo. Da viaggiatore curioso ed attento come era, Erodoto non trascurò di visitare i cantieri navali del Paese dei Faraoni, descrivendo minuziosamente le imbarcazioni locali e le loro tecniche costruttive.
Tra le barche che solcavano le placide acque del Nilo, Erodoto racconta in particolare di insoliti battelli chiamati “baris” che venivano usati dagli egiziani per il trasporto delle merci. E per gli archeologi comincia un mistero destinato a rimanere tale nei secoli a venire, sino all’incredibile scoperta avvenuta poche settimane or sono, nella acque antistanti il porto sommerso di Thonis-Heracleion. Continua
HackerInBoat: salperà da Genova la nave dei pirati informatici
Il logo della crociera per hacker in partenza da Genova il 2 maggio
Una nave tutta piena di hacker. Partirà dal porto di Genova, giovedì 2 maggio, e navigherà per quattro giorni nel Mediterraneo su una imbarcazione della flotta Costa Crociere, con tappe a Marsiglia e a Barcellona. E sarà certo un bel diversivo per gente abituata a navigare sì, ma soltanto nel “mare” di internet. Ad organizzare la crociera è l’associazione di hacker “etici” – poi spiegheremo cosa si intende con questo termine – HackInBo che ha pensato di spostare in mare aperto, possibilmente fuori dalle acque territoriali italiane, il suo evento annuale dedicato ai sistemi di sicurezza informatica e che hanno chiamato HackInBoat. Hacker in barca. Continua
Missione “Re d’Italia” e “Palestro”: l’immersione nei relitti e la leggenda della cassaforte piena d’oro
Un subacqueo della Wse ispeziona lo scafo della corazzata Re d'Italia
Il sogno si avvera lunedì 28 maggio 2018. La spedizione World Submarine Exploration è pronta per scendere sino a 115 metri, dove giace il relitto della corazzata italiana. “Dopo gli ultimi controlli alle attrezzature e dopo aver caricato la barca, ci mettemmo in navigazione verso il Re d’Italia”, racconta Davide Ciampalini.
“Il mare era calmo, il tempo buono e il morale alto, anche la trepidazione era elevata, il sogno che stavo aspettando da più di 2 anni si stava per realizzare. Allo stesso tempo -ricorda Davide- cresceva anche la paura che all’ultimo momento qualcosa potesse andare storto, mille pensieri mi passavano per la testa. Dopo circa un oretta di navigazione arrivammo sul punto. Eccoci, ci siamo, questo è lo specchio di mare dove si svolse la battaglia di Lissa e qui sotto a 115 metri di profondità giace da 152 anni la Corazzata Re d’Italia”.
“Era arrivato il momento di fare sul serio -prosegue Ciampalini- ora dovevamo pedagnare il relitto. Alessio e Rolando si misero a prua con il pedagno pilota pronto ad essere lanciato, Veljano al timone ed io insieme a lui controllavamo lo scandaglio. Dopo qualche passaggio per trovare la posizione esatta del relitto, gridiamo ‘Vai! Vai! Butta!’, Ale e Rol gettano così il primo pedagno. Quello più grande, che ci servirà per la discesa, lo gettammo subito dopo, non appena ci fummo sincerati che il primo pedaggio era finito nel posto giusto”.
“Abbiamo indossato le nostre mute in silenzio -spiega Davide- con la massima calma. Eravamo entrati in modalità ‘diver’ e la concentrazione era al massima. È difficile spiegare cosa passasse per la testa di ognuno di noi in quel momento, l’emozione era indescrivibile. In acqua tutti intorno al pedagno, facemmo gli ultimi controlli, ci scambiammo gli ‘ok’ di rito e iniziammo a scendere verso il fondo. Il cuore mi batteva all’impazzata, mi accorsi subito che i miei amici durante la discesa lasciarono a me l’onore di arrivare per primo sul relitto”. Continua
Missione “Re d’Italia” e “Palestro”: la tragica storia delle prime corazzate italiane
Il team subacqueo che si è immerso nel Re d'Italia
Al lavoro burocratico e quello organizzativo, Davide Ciampalini affianca, come abbiamo detto nella prima parte dell’articolo, una fitta ricerca d’archivio per sapere tutto quello che si può sapere sulla nave. La fregata Re d’Italia insieme alla cannoniera Palestro e ad altre 10 corazzate, “facevano parete del progetto di rinnovamento e potenziamento della Regia Marina iniziato da Cavour ancor prima dell’unità d’Italia”, racconta Ciampalini.
Inizialmente la Marina italiana era composta dalla fusione della Marina sarda, borbonica, siciliana, toscana e pontificia e possedeva soltanto vascelli in legno. Per rafforzare la flotta furono commissionate 12 nuove corazzate, navi di nuova generazione per l’epoca. Queste avevano lo scafo in legno corazzato da piastre di ferro e disponevano sia di vele che di eliche, erano armate con cannoni in bordata e grossi speroni a prua sotto la linea di galleggiamento. Continua
Missione “Re d’Italia” e “Palestro”: come è nata l’avventura
La squadra di Davide Ciampalini riemerge dopo essere penetrata nella corazzata Palestro
Non ha trovato l’oro, immergendosi ad oltre 100 metri di profondità, dentro le contorte lamiere del Re d’Italia. I lingotti d’oro che la leggenda racconta siano rinchiusi nella cassaforte del Re d’Italia, e che molto probabilmente – come spiegheremo più avanti – non sono mai esistiti non erano l’obiettivo di Davide Ciampalini, istruttore trimix Utr e team leader del World Submarine Exploration, nonché “relittaro” come pochi altri al mondo. Pinneggiando tra i resti di quella che era stata la prima, orgogliosa, corazzata della Marina Militare dei Savoia, il nostro esploratore subacqueo cercava qualcosa di incomparabilmente più prezioso: l’avventura.
Ho avuto il piacere di conoscerlo all’ultimo Eudi Show che si è da poco svolto a Bologna. Disponibile e sorridente, mi ha raccontato la sua immersione mozzafiato dentro la Re d’Italia e la Palestro, con la semplicità di chi dà per scontato che tutti siano in grado di immergersi con un treno di bombole attaccato al gav e che sorbirsi tre ore di decompressione attaccati ad una fune, in mezzo al blu, sia una cosa da farsi tutte le domeniche. Continua
L’esperimento di Filadelfia: la nave che superò i confini dello spazio e del tempo
Una immagine del film The Philadelphia Experiment che racconta la leggenda delle sparizione del cacciatorpediniere Uss Eldridge
Il 28 ottobre 1943, alle ore 17,15 precise, il cacciatorpediniere della Marina statunitense Eldridge, ormeggiato al molo di Filadelfia, scomparve sotto un grande lampo di luce verde. Qualche minuto dopo, la nave da guerra ricomparve nelle acque antistanti la città di Norfolk, 500 chilometri più a nord. Quindi svanì un’altra volta nel nulla, per tornare a materializzarsi a Filadelfia, nello stesso identico punto in cui era sparita la prima volta.
La storia – vera – del cacciatorpediniere americano Tulsa, invisibile ai radar grazie alla tecnologia Stealth di cui abbiamo raccontato in questo articolo di Liguria Nautica, non poteva non riportarci a memoria la fantastica leggenda dell’Eldridge. La nave dove due scienziati del calibro di Albert Einstein e Nikola Tesla, avrebbero, in gran segreto, sperimentato la tecnica del teletrasporto.
Fantascienza? Anche. La leggenda del cacciatorpediniere che per qualche minuto avrebbe viaggiato nel tempo e nello spazio, era un boccone troppo appetitoso per gli appassionati del genere mystery ed è stata infatti ripresa da alcuni film hollywoodiani tra i quali il più famoso è stato “The Philadelphia experiment” del regista Stewart Raffill (1984), che ottenne un tal successo al botteghino che nove anni dopo uscì un sequel omonimo: “The Philadelphia experiment 2”. Continua
La Marina degli Stati Uniti vara la prima nave invisibile
L’incrociatore Lcs-16 Tulsa classe Zumwalt
“Difesa On Line”, testata giornalistica specializzata nel settore dell’industria bellica, le definisce come “le navi più potenti mai progettate dall’uomo”. E se lo dicono loro, c’è da crederci. Stiamo parlando della cosiddetta classe Zumwalt, cacciatorpedinieri di modernissima progettazione, il cui primo esemplare è stato varato il 28 ottobre del 2013. Ma l’ultima nata della famiglia – la quindicesima di una serie che prevedeva una trentina di navi – messa in acqua sabato 16 febbraio nei cantieri navali di Bath, nel Maine, ha qualcosa in più: è invisibile.
Fantascienza? No, ma ci siamo vicini! L’incrociatore Lcs-16, che ha preso il nome dalla città di Tulsa, nell’Oklahoma, è dotato di una tecnologia simile a quella degli aeroplani Stealth, volta a ridurre il calore, il rumore e le altre emissioni che rendono la nave percepibile dai sensori di rilevamento nemici. Se consideriamo che anche la stessa costruzione del cacciatorpediniere è disegnata lungo linee ”avveniristiche” appositamente studiate per mimetizzarlo nell’ambiente marino, si comprende come la nave risulti pressoché inindividuabile dai radar. Invisibile, insomma. Continua
La fritola venexiana. La regina del Carnevale che viene dal mare
Un pasticcere mostra i tre tipi di frittella più noti: alla crema, allo zabaione e alla venexiana
Ciacole, ombre, cicheti e fritole, si racconta in laguna, sono il respiro stesso della città. Per coloro che vivono al di là del lungo ponte che collega Venezia alla terraferma, stiamo parlando di chiacchiere, bicchieri di vino, stuzzichini e frittelle. Tutti prodotti da consumarsi preferibilmente in buona compagnia, seduti in un bacaro, in una furatola o in una malvasia, per ricordare solo tre delle tante categorie in cui a Venezia si classificano le osterie. E il carnevale, che neppure quest’anno siamo riusciti ad evitare, è il momento migliore per assaporare queste specialità. Una su tutte, la celebre fritola venexiana che nel Settecento, secolo d’oro della Serenissima, fu incoronata nientepopodimeno che dal Doge in persona, Regina del carnevale, nonché dolce ufficiale della Repubblica di San Marco. Continua
A Bologna torna l’Eudi Show, il salone europeo della subacquea
Un'immagine che mostra la grandissima affluenza all'Eudi Show 2017
Una storia lunga 27 anni. Dalla prima edizione di Verona nel 1992, l’Eudi Show, quello che poi sarebbe diventato il principale salone italiano dedicato alle attività subacquee, è migrato a Roma, Genova e Milano, per trovare casa infine, negli ultimi sette anni, a Bologna, ottenendo successi sempre maggiori sia in termini di visitatori che di stand espositivi.
Numeri in costante crescita, proprio come è in costante aumento l’attenzione mediatica riservata alla subacquea e gli appassionati che la praticano. L’edizione dello scorso anno ha visto la partecipazione di ben 285 espositori e poco meno di 30 mila visitatori, il 48% dei quali si è dichiarato “soddisfatto” dell’offerta fieristica ed il 28% “molto soddisfatto”.
L’edizione 2019, promossa come di consueto da Assosub, si svolgerà nelle giornate di venerdì 1, sabato 2 e domenica 3 marzo negli spazi di BolognaFiere. Tra gli stand espositivi, i subacquei troveranno senza dubbio quello della loro didattica di riferimento. Inoltre, le maggiori aziende di attrezzature subacquee approfitteranno della vetrina internazionale per presentare i loro nuovi prodotti. Continua
In Bahrein apre il parco sommerso più grande del mondo attorno al relitto di un Boeing 747
Il relitto del Boening 747 affondato per farne una giostra subacquea
Una cosa così se la potevano immaginare solo gli sceicchi arabi. Affondare un Boeing 747 soltanto per farne una “giostra” acquatica e divertire i subacquei! E non è una fake news ma una notizia vera. Siamo nel Bahrein, piccolo staterello incastonato nel bel mezzo del Golfo Persico, con una superficie 13 volte più piccola della Basilicata, metà degli abitanti di Roma ma con un prodotto interno lordo da paura. Una isola-Stato governata da una monarchia costituzionale de iure ma monarchia assoluta de facto, che naviga in un mare di petrolio.
Noto per gli audaci skyline della sua capitale, Manama, dalle avveniristiche architetture che qualcuno, a digiuno di moderno design, potrebbe anche definire “spaventose”, il Bahrein è noto per non avere introdotto nella sua giurisdizione neppure un accenno al rivoluzionario concetto di “diritti umani”, per non parlare di quella bizzarria chiamata “emancipazione femminile”. Ma soprattutto il Bahrein è famoso per buttare vagonate di soldi in qualsiasi stravagante impresa che gli assicuri una qualsiasi visibilità a livello mondiale. Il parco subacqueo che aprirà quest’estate a poca distanza dalla capitale (che poi è l’unica città del Paese) è appunto una di queste. Continua
Il coltello subacqueo. Quale scegliere, come usarlo e perché portarlo sempre con noi sott’acqua
Un coltello ben affilato può rivelarsi utilissimo in immersione
Diciamo subito a cosa non serve e come non lo si deve usare. Per prima cosa, il coltello subacqueo non va mai estratto dalla fondina quando si è in superficie. Non ci si gioca (ci si potrebbe far male), non lo si usa per passare il tempo intagliando il legno e neppure per raschiare le cozze o tagliare le torte (sì, ho visto fare anche questo!). Se lo adoperate per accorciare le cime o per altri lavori in barca, non lamentatevi se, al momento del bisogno, la lama smussata dall’uso improprio si rivelerà inefficace.
Un coltello ben tagliente, invece, potrà, non dico salvarci la vita, ma toglierci dai guai quando la nostra rubinetteria si impiglierà in una delle sempre più numerose reti abbandonate nei fondali o abbarbicate ai relitti. E’ una situazione che, statisticamente, prima o poi capita a tutti i sub. Non c’è da aver paura ma solo da rimanere calmi.
Ricordiamo che, in un caso come questo, non deve essere il sub impigliato ad agire ma il suo compagno. Spetta a chi è libero estrarre il coltello e liberare dalla rete o dalle lenze l’amico imprigionato come un insetto in una ragnatela. E’ questa la procedura più sicura. Il sub impigliato rischia di impigliarsi ancora di più nel tentativo di liberarsi. Meglio rimanere tranquilli e affidarsi al compagno che può raggiungere meglio la nostra rubinetteria. Continua
Il mistero del Lusitania, il “levriero dei mari” silurato da un U Boot tedesco
Una stampa dell'epoca racconta l'affondamento del Lusitania ad opera di un U boot tedesco
Il primo maggio del 1915, il transatlantico Lusitania lasciò il porto di New York per dirigersi verso Liverpool. A bordo di quella che era, all’epoca, la nave più veloce del mondo, lunga 240 metri e capace di raggiungere i 25 nodi, salirono 1964 persone, tra passeggeri e membri dell’equipaggio (circa un terzo del totale).
Non era un porto sicuro, Liverpool. L’intera Europa era precipitata in quel gigantesco ed inutile bagno di sangue che è stata la prima Guerra Mondiale e le coste inglesi erano pattugliate dai sottomarini della Kriegsmarine, i temibili U Boot.
Nei giorni precedenti alla partenza, le autorità portuali americane avevano diffuso manifesti e volantini per avvisare i viaggiatori del rischio in cui ponevano la loro vita cercando di raggiungere l’Inghilterra. Pochissimi saranno coloro che vi daranno retta e rinunceranno al viaggio. Molti passeggeri erano cittadini americani diretti al Vecchio Continente per affari o per congiungersi con familiari.
Gli Stati Uniti, nel maggio del 1915, erano ancora un Paese neutrale, pure se rifornivano non ufficialmente di armi i loro ex colonizzatori. Ma il Kaiser Guglielmo II aveva dato mandato ai suoi Unterseeboot, battelli sottomarini, di attaccare solo navi militari o carghi che trasportavano materiale bellico. Non aveva nessun interesse a far entrare gli Usa nel conflitto.
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La folle impresa dei terrapiattisti: in crociera attorno al mondo per dimostrare che la terra non è tonda
Siete convinti che il mondo sia tondo come un pallone, magari solo un po’ schiacciato attorno ai poli? Ed invece la terra è piatta come un frisbee, con il polo nord al centro ed una barriera di invalicabili montagne di ghiaccio tutto intorno. La luna? Piatta anche lei e l’uomo, naturalmente, non c’è mai salito sopra. Tutta quella sceneggiata dello sbarco – tra pompose frasi storiche e gran sventolio di bandiere a stelle e strisce – altro non è che un filmetto girato ad Hollywood per cercare di farci credere quello che non è.
E poi, diciamocela tutta, Guerre Stellari e Luke Skywalker sono assai più credibili di Apollo 11 e Neil Armstrong, che ci potevano investire una po’ di più negli effetti speciali, se volevano sperare di farci fessi! La terra tonda? Che scemenza! E quelli che stanno dall’altra parte del “globo” allora? Vivono attaccati al soffitto per non cadere giù?
Eh sì! Per i cosiddetti terrapiattisti della Feic (Flat Earth International Conference), convinti che la terra sia davvero piatta, il termine “evidenza scientifica” ha un significato diverso che per il resto dell’umanità. Tanto è vero che hanno deciso di fare i Cristofori Colombi della situazione, armare una nave da crociera, che di caravelle non se ne trovano più e navigare sino ai confini del mondo per dimostrare all’umanità la fondatezza della loro teoria sulla forma della terra. Continua
Il meccanismo di Antikythera, uno dei più grandi misteri che il mare ci abbia mai restituito
Il misterioso meccanismo di Antikythera esposto al museo archeolgico di Atene
Era l’estate del 1901 quando una violenta tempesta costrinse un gruppo di pescatori di spugne greci a cercare approdo sulle rocciose spiagge di Antikythera. L’isola, indicata col nome di Cerigotto nelle mappe della Serenissima Repubblica, era stata un possedimento autonomo della nobile famiglia dei Viaro e, in seguito, delle famiglie dogate dei Giustinian e dei Foscarini.
Antikythera sorge a poche miglia marine dalla più famosa Citera, che dette i natali niente popò di meno che alla dea della bellezza, Afrodite o, se preferite il latino, Venere. Cessata la tempesta, i pescatori che provenivano dalla vicina Creta, decisero di fare qualche tuffo nei fondali allora inesplorati dell’isola nella speranza di raccogliere qualche pezzo di spugna pregiato e fu così che scoprirono, adagiato nell’azzurro del fondale, a 43 metri di profondità, il relitto di una nave che, come fu stabilito in seguito, risaliva alla metà del primo secolo avanti Cristo.
Quando ritornarono a Creta, i pescatori riferirono del ritrovamento alle autorità e gli archeologi greci si misero subito al lavoro per esaminare il relitto e riportare in superficie un gran numero di interessanti reperti come anfore e statue in bronzo e in marmo. Il 17 maggio del 1902, i reperti più voluminosi e ritenuti inizialmente più importanti erano già stati puliti e classificati e Valerios Stais, l’archeologo a capo della spedizione, decise di dare una occhiata più approfondita a quello che sembrava un blocco di pietra scrostato dall’azione del mare.
Possiamo solo immaginare la sua sorpresa quando, dopo una veloce pulizia, l’oggetto apparve per quello che era: un meccanismo in bronzo e altre leghe di metallo formato da un numero imprecisato di ruote dentate, tutte incastrate tra di loro, di cui purtroppo solo le più grandi erano sopravvissute alla devastazione del tempo. Tutto l’oggetto, che diventerà famoso come il meccanismo di Antikythera, era inserito in una specie di cornice o scatola di legno, lunga 30 centimetri, larga 15 e alta circa 5 centimetri ed era destinato a diventare uno dei più grandi misteri che il mare abbia mai restituito all’umanità. Continua
Immersioni, tutti i segreti della muta stagna
Un subacqueo in immersione con una muta stagna
Il subacqueo che non vuole rinunciare ad immergersi in inverno in mari come i nostri che non godono della mitezza di quelli tropicali, non ha alternative a quella di convertirsi alla muta stagna. In questo articolo, vedremo come è costruita e come funziona questo particolare tipo di muta che consente a chi la indossa di immergersi senza entrare in contatto con l’acqua marina. Spiegheremo anche chi la può adoperare, come si usa e vi consiglieremo anche qualche accorgimento per gestirla al meglio.
Cominciamo subito col dire che le mute stagne si possono dividere in due grandi categorie: quelle in neoprene e le altre. Le prime, sono realizzate in neoprene spesso dai 7 ai 9 millimetri, protetto da uno strato di nylon che ne garantisce l’impermeabilità. Sono mute molto comode, anche se piuttosto costose. Hanno il difetto di essere molto delicate in immersione e necessitano di molte attenzioni anche durante il “riposo” nei nostri armadi.
In compenso, tengono caldo il corpo e sotto non c’è bisogno di vestirsi molto. Solitamente è sufficiente una tuta da ginnastica o una felpa leggera. Ma dipende ovviamente dalla temperatura esterna, dai tempi di immersione e, come è facile immaginare, da quanto freddoloso è il subacqueo che la indossa. Queste mute sono le preferite dai subacquei ricreativi e da quelli sportivi.
Chi scende in acqua per mestiere, e magari deve rimanere per lunghi periodi a lavorare sul fondo del mare, sceglie una stagna in trilaminato, realizzata incollando vari strati di “fogli” di nylon e di gomma butilica. Ne consegue un tessuto molto resistente anche agli strappi, e quindi preferito dalle agenzie professionali per “vestire” i loro subacquei.
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Sui fondali di Rhode Island ritrovato il relitto dell’Hms Endeavour, il brigantino del capitano James Cook
Il capitanto James Cook in un famoso ritratto di Nathaniel Dance-Holland. Nello sfondo, l'Hms Endeavour
Scritto per LiguriaNautica - La lunga caccia al relitto dell’Hms Endeavour sembra sia giunta al termine. Dopo due anni di ricerche, il team di archeologi subacquei della Royal Australian Navy ha ristretto la possibile zona di affondamento della nave attorno ad un punto situato a poche miglia dalla costa dello Stato americano di Rhode Island.
La spedizione, salpata lo scorso settembre da Newport Harbour, una cittadina portuale situata tra Boston e New York, è stata guidata addirittura da un “pezzo grosso” della marina australiana, il vice ammiraglio Michael Noonan, cha ha voluto infilarsi personalmente le pinne ai piedi per scendere sino al relitto e verificare se i resti dei cannoni corrispondevano alle attese degli archeologi. Alla fine dei rilevamenti l’ammiraglio ha tenuto una conferenza stampa in cui ha annunciato che il relitto ritrovato potrebbe essere davvero quello della nave europea che per prima è sbarcata nel suo Paese: l’Australia.
Una storia tanto gloriosa quanto sfortunata, quella dell’Hms Endeavour. Ricordo che “Hms” è la sigla usata da tutte le navi britanniche o del Commonwealth, e significa Her Majesty’s Ship ovvero “Nave di Sua Maestà”. Varata nel 1764 come una semplice nave da carico per i trasporto di carbone, l’Endeavour fu acquistata 4 anni dopo dalla Marina inglese che la trasformò in un agile brigantino a palo per poi affidarla al comandante James Cook cha aveva la missione di esplorare i mari del sud alla ricerca di un mitologico continente che allora non si sapeva se esistesse o no: la Terra Australis Incognita. Continua
Immergersi sotto i ghiacci – parte seconda
Un subacqueo in immersione sotto il ghiaccio
Scritto per LiguriaNautica - Vediamo ora cosa serve per per immergersi sotto i ghiacci. Di sicuro è indispensabile la muta stagna. Non sognatevi di provare ad usarne una umida e neppure una semistagna da 7 millimetri! Ci vuole necessariamente la stagna. E, naturalmente, bisogna essere stati addestrati al suo utilizzo. Ricordatevi, in ogni caso, che se è vero che la muta stagna non ti fa bagnare, è anche vero che da sola non basta a ripararti dal freddo. Neppure se è una di quelle in neoprene. Sotto bisogna coprirsi bene ma evitando di infagottarci in modo tale da non riuscire più a muovere un muscolo.
In commercio ci sono degli indumenti in pile pensati apposta per questo scopo. In alternativa vanno bene anche delle tute da ginnastica pesanti, magari con una calzamaglia di lana sotto. Nei negozi di subacquea più forniti, si trovano anche dei sistemi di riscaldamento a batteria. In tutta franchezza, li ritengo più adatti a dei professionisti che devono lavorare in acque gelide per molte ore al giorno. Ricordiamoci che una immersione sotto i ghiacci dura al massimo una mezz’oretta o poco più. Continua
Immergersi sotto i ghiacci – parte prima
Un subacqueo fa il segno della risalita dopo una immersione in un lago ghiacciato
Scritto per LiguriaNautica - L’inverno ormai è arrivato ma anche voi, come me, non avete nessuna intenzione di impacchettare l’attrezzatura e di riporla in soffitta in attesa della prossima estate, giusto? Magari, approfittando delle festività natalizie, avete già programmato qualche viaggio nel Mediterraneo meridionale, dove le acque sono sempre tiepide ed è ancora possibile fare qualche immersione senza morire di freddo.
Io, ad esempio, me ne andrò a svernare a Creta e di sicuro scriverò qualche reportage per Liguria Nautica sui fondali dell’isola greca e magari raccoglierò anche qualche bella storia di mare dai pescatori locali. Qualcun altro starà pensando al mar Rosso dove le acque sono sempre azzurre. O magari ai paradisi d’Indonesia o alla splendida Cuba che non delude mai. Continua
Il misterioso relitto di Punta Bianca: storia del piroscafo Almerian, l’ultima nave che salutò il Titanic
Gli archeologi subacquei esplorano il relitto di Punta Bianca
Scritto per LiguriaNautica - Senza voler essere superstiziosi, ci sono navi che non hanno certo portato fortuna a chi le ha incrociate. Ed è stato questo il destino del piroscafo inglese Almerian, l’ultima nave che vide il Titanic nel suo primo e ultimo viaggio e l’ultima nave ad essere affondata dal combattivo sommergibile tedesco U-Boat 73 che fece colare a picco ben 12 navi inglesi, senza contare i mercantili, prima di auto affondarsi davanti alle coste francesi per non consegnarsi al nemico.
Anche la storia del ritrovamento dell’Almerian è una di quelle cha val la pena di essere raccontate ed è emblematica di come agiscono i subacquei appassionati di archeologia del mare, o se preferite chiamarli come li chiamo io, i “cacciatori di relitti”.
Comincia tutto come comincia sempre. Con un amico pescatore che ti racconta una storia. “Nel 1991 sono venuto a conoscenza del relitto di Punta Bianca grazie al mio amico Luigi Bisulca che mi ha portato a fare un’immersione in apnea nel luogo del ritrovamento. Mi sono chiesto che tipo di relitto fosse, l’anno e le cause dell’affondamento. Le acque del sito, quasi sempre torbide, mi hanno però impedito in quel momento di rendermi conto delle reali misure del relitto”, ricorda Stefano Vinciguerra, subacqueo della Lega Navale di Agrigento e del Giass, Gruppo Indagine Archeologica Subacquea Sicilia. Continua
Nelle profondità del Mar Nero scoperto il relitto di “Ulisse”. E’ la nave intatta più antica del mondo
Scritto per LiguriaNautica - E’ il relitto più antico del mondo. Per 2 mila e 400 anni è rimasto addormentato nelle abissali profondità del Mar Nero, sdraiato in assetto di navigazione a oltre duemila metri di profondità. Trovarlo e restituirlo alla storia, è stata una impresa del celebre Map, acronimo di Maritime Archaeology Project. Una troupe internazionale di archeologi e scienziati che fa riferimento all’Università di Southampton e che dal 2015 sta setacciando con un alcuni droni abilitati per le alte profondità e attrezzati per raccogliere immagini a tre dimensioni, le coste della Bulgaria dove un tempo approdavano le navi provenienti dalla Grecia e, in generale, dai porti mediterranei.
La scelta del mar Nero non è casuale. Non soltanto per la grande attività commerciale e marittima che vi si svolgeva nell’antichità, ma per le profondità delle sue acque che assicurano una sorta di ibernazione del possibile relitto. La quasi totale assenza di ossigeno riscontrabile nelle acque profonde, impedisce infatti il proliferare degli organismi acquatici che sono la causa principale del deterioramento del legno. Continua
Il bombardiere sotto il mare: una delle più belle immersioni in Liguria
Il relitto del bombardiere BR 20 sul fondale di Santo Stefano al Mare
Scritto per LiguriaNautica -La seconda guerra mondiale ha disseminato i fondali del Mediterraneo di relitti. Ognuno di loro ha una sua storia da raccontare. Storie di uomini e di mare. Storie che qualche volta arrivano dal cielo e che nella profondità del mare hanno trovato la loro conclusione. Una di queste storie è quella del bombardiere italiano BR 20, immatricolato MM 21503, i cui resti giacciono ad una profondità di circa 47 metri ad un miglio e mezzo dal porto di Santo Stefano al Mare, in provincia di Imperia.
L’aereo realizzato dalla Fiat nel 1936 era un bombardiere leggero, 22 metri circa di apertura alare, 16 metri di lunghezza, armato con tre mitragliatrici e poteva trasportare un carico di mille e 600 chili di bombe da sgancio stivate, a differenza degli altri modelli di bombardieri, orizzontalmente e non verticalmente, così da privilegiare la precisione del lancio. Fu il primo bombardiere italiano realizzato completamente in metallo ed ebbe il suo battesimo di fuoco nella guerra civile di Spagna. Continua
Sui fondali di Capo Passero torna a galla l’ultima battaglia dell’Artigliere
Il relitto del cacciatorpediniere Artigliere affondato dalla Royal Navy
Il mare è un grande narratore di storie ed i relitti sono i suoi libri preferiti. Ma è un narratore capriccioso. Chi ha orecchie per ascoltarlo, può attendere pazientemente che cominci a narrarci miti e leggende ma non chiedetegli mai nulla: è lui che decide quando e cosa raccontare. Prendete il signor David Reams. Uno scienziato di fama internazionale, nonché responsabile della attività marine di Vulcan, la fondazione per lo sviluppo di alte tecnologie creata da Paul Allen. Che non è un miliardario qualsiasi ma il cofondatore dell’impero Microsoft. Ebbene, Reams stava testando un nuovo sonar, dalle prestazioni a dir poco fantascientifiche, a bordo della sua nave laboratorio, la Vulcan, scandagliando a casaccio il fondale tra Malta e la Sicilia, quando all’improvviso… Continua
A Venezia va in scena lo spettacolo di “Abissi”, concorso internazionale dedicato alla fotografia subacquea
Tutta la spettacolarità del mare rinchiusa in una fotografia. L’11esima edizione di Abissi non è venuta meno alle aspettative e ci ha regalato una carrellata di immagini talmente emozionanti che non avranno senz’altro facilitato il compito della giuria incaricata di scegliere i vincitori.
Con tanti partecipanti provenienti da tutti i continenti del mondo, il concorso internazionale di fotografia subacquea Città di Venezia, promosso dall’associazione culturale Abissi Underwater, si conferma uno degli appuntamenti più importanti per gli appassionati di scatti sommersi. E come è tradizione di questo concorso, nato nel 2008, sono stati premiati gli scatti più tradizionali, con un uso minimo di filtri ed effetti photoshoppati, senza che per questo la spettacolarità delle immagini sia venuta meno. Continua
Al largo di Framura il relitto Marcella: fu il più moderno peschereccio artico al mondo
La prua in verticale del relitto della nave Marcella
Scritto per LiguriaNautica - Tra tutti i relitti in cui mi sono immerso quello del cacciasommergibili Marcella è senz’altro il più bizzarro, con quella grande prua in verticale diretta verso il cielo. Sembra che la nave non si rassegni al suo naufragio e cerchi ancora disperatamente di navigare verso la superficie. Ancora più bizzarra è la storia del Marcella. Sono pochi, anche tra coloro che ci si immergono, che sanno che questa non era una nave da guerra destinata al Mediterraneo, ma un peschereccio che solcava il mare Artico!
Il Marcella è stato varato in Francia, nei cantieri navali di Saint Nazaire, nel 1932. Prima che la Kriegsmarine – la marina militare nazista – la confiscasse nel 1942 per trasformarlo in una corvetta antisommergibile con la sigla UJ 2210, il Marcella era considerata il più moderno peschereccio artico del mondo e, grazie alla sua elevata autonomia, riusciva a raggiungere le coste della Groenlandia per calare le sue grandi reti. Oggi, quello che resta del Marcella, o della corvetta UJ 2210 se preferite, giace ad una profondità massima di 65 metri a poca distanza dalle coste di Framura, in provincia della Spezia. Continua
Il mistero della Mary Celeste. Parte terza: il ritrovamento della nave maledetta
Ecco come si presentano oggi i resti della Mary Celeste abbandonati nel reef di Haiti
Una nave maledetta, la Mary Celeste. L’inquietante mistero della scomparsa dell’intero equipaggio non fu la sola disavventura che il brigantino collezionò nella sua breve vita marinara. Sin dal suo varo, nel 1861 nelle acque dell’isola di Spencer, nella Nuova Scozia, il veliero si guadagnò la fama di nave porta sfortuna.
Il suo primo capitano, Robert McLellan, che era anche uno dei proprietari del brigantino, contrasse la polmonite e morì a bordo nove giorni dopo aver assunto il comando, senza neppure portare a termine il viaggio inaugurale. Fu il primo di altri tre capitani che morirono sopra la Mary Celeste, senza contare Benjamin Briggs, scomparso nel nulla dell’oceano. In uno dei suoi primi viaggi, il brigantino cozzò violentemente contro un peschereccio. Fu rimorchiato al cantiere per le riparazioni e, durante i lavori, scoppiò un incendio a bordo della nave che devastò l’opera morta.
Durante la sua prima traversata oceanica, la Mary Celeste causò poi un secondo grave incidente contro un’altra imbarcazione, proprio mentre stava per entrare nella Manica. La faccenda ebbe come conseguenza la destituzione del capitano, che fu comunque uno dei pochi ad uscirne vivo! E la lista delle disgrazie non è ancora conclusa. Qualche anno dopo, la nave si arenò nella baia di Glace, in Canada. A questo punto, i suoi proprietari decisero di disfarsene e di svenderla al primo acquirente. Cosa che avvenne nel 1867.
Il nuovo proprietario, l’armatore newyorkese Richard Haines, spese più soldi per le riparazioni che per l’acquisto, tanto era malridotta. Haines, che evidentemente non dava credito alle superstizioni della gente di mare, pensò di cambiarle il nome. Fu lui a chiamare il nostro brigantino Mary Celeste. Continua
Il mistero della Mary Celeste. Parte seconda: le ipotesi
I marinai del brigantino Dei Gratia avvistano al Mary Celeste
Come abbiamo visto nella puntata precedente, sono moltissimi gli scrittori, gli esperti di navigazione e gli “indagatori del mistero” che si sono cimentati nel tentare di dare una risposta alla domanda: cosa può aver spinto l’equipaggio ad abbandonare la Mary Celeste in pieno oceano?
C’è chi ha tirato in ballo il Triangolo delle Bermude, scordandosi che il brigantino le Bermuda non le ha viste manco col cannocchiale! Chi il rapimento da parte di una astronave aliena. Ipotesi questa più difficile da smentire. Chi ancora l’attacco di una piovra gigante, che avrebbe inghiottito tutto l’equipaggio e, come dessert, si sarebbe pappata pure il sestante ed una scialuppa.
IL SOPRAVVISSUTO E IL TUFFO IN MARE
Nel 1913 apparve un diario, scritto da un tale Abel Fosdyk, che si professava amico del capitano Briggs e raccontava di essere stato imbarcato segretamente nella Mary Celeste per fuggire dalla giustizia americana. Secondo Fosdyk le cose sarebbero andate così: Briggs avrebbe scommesso con l’equipaggio di riuscire a nuotare anche vestito e si sarebbe tuffato in acqua per dimostrare la sua tesi, preparando prima uno speciale pontile provvisorio per dare modo alla moglie ed ai marinai di affacciarsi sull’oceano per seguire l’impresa.
Il pontile sarebbe però crollato e un branco di squali affamati avrebbe fatto il resto, mentre Fosdyk, unico sopravvissuto, riuscì a salvarsi aggrappandosi ad una trave nuotando sino alle coste africane. La cosa più stupefacente è che ci furono dei lettori che credettero a questa improbabilissima versione. Poi qualcuno dimostrò che Abel Fosdyk non era mai esistito e che la notizia era, come diremmo adesso, una fake news creata senza lesinare la fantasia, solo per vendere qualche copia di giornale in più. Continua
A Varazze il primo Seabin V5, il “cestino dei mari” per ripulire il Mediterraneo dalla plastica
La posa del Seabin V5 nelle acque del porto turistico di Varazze
Scritto per LiguriaNautica - Si chiama Seabin V5, viene dall’Australia e serve a ripulire il mare dalla plastica. In Italia, il primo porto ad installalo sarà quello turistico di Marina di Varazze che ha preceduto sul filo di lana Cattolica e Venezia, pronte a seguire l’esempio della cittadina ligure nei prossimi giorni. Detto in parole semplici, Seabin V5, che potremmo tradurre come “cestino porta-rifiuti del mare“, è una specie di bidone semi sommerso, fissato ad un pontile, che filtra 24 ore su 24 l’acqua marina trattenendone anche i più piccoli detriti plastici. Il Seabin riesce a trattare 25 mila litri d’acqua all’ora, senza causar problemi alla fauna marina, raccogliendo sino a un chilo e mezzo di inquinanti al giorno. Più di mezza tonnellata all’anno. Continua
Il mistero della Mary Celeste. Parte prima: i fatti
Una rara immagine della Mary Celeste e il ritratto della moglie Sarah e della figlia Sophia Matilda del capitano
Scritto per LiguriaNautica - La notizia del cargo indonesiano senza equipaggio, riapparso dopo nove anni dalla sua presunta scomparsa davanti alle coste del Myanmar, ci ha riportato in mente il caso, ben più misterioso e tutt’ora irrisolto, del brigantino Mary Celeste.
Tra le tante leggende che arricchiscono la letteratura di mare, quella del vascello maledetto che continua il suo viaggio a vele spiegate senza nessuno a reggerne il timone, come se fosse dotato di una propria volontà, è forse una delle più riproposte nei canoni classici dell’avventura. Ognuno di noi ricorderà certamente qualche versione cinematografica di questo mito del mare. Pochi però sanno che a diffondere la leggenda contribuì più di tutti il papà di Sherlock Holmes, lo scrittore Arthur Conan Doyle, prendendo spunto proprio dalla storia vera della Mary Celeste. Ma cominciamo col raccontare come si svolsero i fatti. Continua
Nelle stive sommerse del Re d’Italia trovata la cassaforte con l’oro della battaglia di Lissa
Lorenz Marović si immerge sul relitto della pirofregata Re d'Italia
Scritto per LiguriaNautica - Nel 2005, il subacqueo croato Lorenz Marović fu il primo a localizzare il relitto del Re d’Italia affondato durante la battaglia di Lissa e ad entrare nelle sue stive. Oggi, lo stesso Marović ha annunciato ai media croati che la sua squadra è riuscita a raggiungere la cassaforte che, secondo conteneva l’oro che il Regno d’Italia aveva stanziato per aprire un sistema bancario in Dalmazia, nell’ipotesi, molto accreditata all’epoca, di una prossima colonizzazione italiana delle terre dall’altra sponda dell’Adriatico, in caso di sconfitta austriaca.
Secondo le fonti, la cassaforte dovrebbe contenere 250 mila lire dell’epoca in monete d’oro, per una valore stimato di varie decine di milioni di euro. “Non sappiamo ancora cosa contenga la cassaforte -ha spiegato Andy, figlio di Lorenz Marović che fa parte della sua squadra di cacciatori di tesori di Komiža– non è facile immergersi a quelle profondità ed organizzare il recupero ma sono certo che ce la faremo. Il Ministero per i Beni Culturali croato ci ha assicurato il permesso di continuare ad immergerci sul relitto e di tentare l’operazione. Ce la faremo. In fondo, abbiamo portato in superficie ancore romane che pesavano anche di più”.
Il relitto del Re d’Italia giace in assetto di navigazione, leggermente reclinato sul lato di dritta, su un fondale che va dai 105 ai 115 metri di profondità, a circa 7 miglia nautiche a nord di Lissa. L’immersione è riservata a subacquei super esperti, in grado di usare complesse miscele e di sopportare tappe di decompressione dalla durata di non meno di 5 ore. La Re d’Italia era una pirofregata – cioè una nave dotata sia di impianto velico che di motore a vapore – varata nel 1863 a New York. Assieme alla sua gemella, Re del Portogallo, faceva parte del piano di potenziamento della Regia Marina Militare voluto da Camillo Benso, conte di Cavour. Continua
Un relitto al largo delle isole Aland affondato nel 1842 ci regala la birra e lo champagne più vecchi del mondo
Un tesoro rimasto per 170 anni sotto il mar Baltico: birra e champagne
Scritto per LiguriaNautica - Non è un cofano straripante di dobloni d’oro ma è sicuramente un grande tesoro, quello che una equipe di archeologi ha scoperto all’interno del relitto di un brigantino naufragato al largo della costa delle isole Aland nel 1842. Nelle stive della nave, a 50 metri di profondità, i subacquei hanno trovato 168 bottiglie di champagne e 5 di birra. Bottiglie perfettamente conservate ed ancora ben tappate nonostante siano rimaste sui fondali bui, gelidi e profondi del mar Baltico per quasi 170 anni. La scoperta è avvenuta nell’estate del 2010.
Le bottiglie di champagne, che sono state identificate come appartenenti a tre storiche case produttrici francesi, la Veuve Clicquot Ponsardin, la Heidsieck e la Juglar (poi diventata Jacquesson & Fils), sono state battute all’asta per circa 15 mila dollari l’una dopo che uno studio scientifico, pubblicato niente di meno che dalla prestigiosa rivista Pnas, edita dall’accademia delle Scienze Usa, ne aveva studiato a fondo le caratteristiche organolettiche, chimiche, fisiche, batteriologiche. Il lavoro, portato a termine da una equipe di scienziati francesi, col titolo Chemical messages in 170-year-old champagne bottles from the Baltic Sea: Revealing tastes from the past, ha dimostrato come l’ultracentenaria immersione delle bottiglie non avesse compromesso il gusto dello champagne ed ha consentito di scoprire notizie interessanti sulla vinificazione in atto nel XIX secolo e sul gusto dei suoi estimatori dell’epoca che preferivano un prodotto più dolce e meno alcolico rispetto agli standard odierni. Continua
Immergersi in Sardegna. La costa settentrionale
In immersione nella secca delle Cernie, nel parco marino di Lavezzi
Scritto per LiguriaNautica - Andiamo ora nel nord della Sardegna. Il tratto di costa che guarda alla vicina Corsica è ricchissimo di magnifici siti di immersione, alcuni davvero unici. Cominciamo con Castelsardo. A poca distanza dalle sue mura troviamo due belle secche: quella di Treazzi e quella di Frigiano. Qui la corrente può fare qualche scherzo ed è bene scendere preparati. Ci si immerge a – 9 metri per scendere, volendo, sino al fondo sabbioso e ammantato di posidonia e pinne nobili a – 35 metri.
Ancora più interessante è la vicino secca di Castelsardo che si presenta come una grande torre dal diametro di circa 300 metri. La parte più alta della torre si trova a 11 metri ma si può scendere in profondità sino ai – 35. Si tratta di un sito di immersione molto variegato, dove si possono programmare molti itinerari subacquei adatti a tutti i livelli di preparazione.
Procedendo verso ovest troviamo il canyon delle Gorgonie, una sorta di panettone tagliato a fette dove si pinneggia tra foreste di gorgonie gialle e coralli rossi. Al largo di Porto Leccio è ubicata la secca cosiddetta del Vichingo. Immersione interessante soprattutto per i neofiti, considerando che comincia a soli 5 metri. Davvero particolare è il sito chiamato lo Stazzu. L’itinerario si snoda dagli 11 ai 28 metri di profondità. Il nome deriva da una serie di strane grotte che si incontrano e che somigliano agli agglomerati rurali tipici dei pastori della Gallura e che sono, per l’appunto, chiamati, “stazzi”.
Ma la più bella e famosa immersione di Costa Paradiso è senza dubbio la Tana di Gavino che si snoda tra i – 27 e i – 28 metri in uno spettacolare e coloratissimo scenario: si segue infatti un canalone per arrivare poi ad una parete e destreggiarsi infine tra alcuni scogli ricchissimi di vita. Gavino, che dà il nome all’immersione, era un enorme astice che i subacquei non mancavano di omaggiare quando passavano davanti alla sua tana. Continua
Immergersi in Sardegna. La costa orientale
Una facile immersione a Cala Mariolu. La subacquea è uno sport per tutti e tutte!
Scritto per LiguriaNautica - Col parco del Giannargentu e spettacolari paesi incastrati tra mare e montagne come l’indimenticabile Cala Gonone, la costa che butta ad oriente è – a mio personalissimo giudizio – la più bella della Sardegna. Senza dimenticare una strada come l’Orientale Sarda che va fatta perlomeno una volta nella vita. La costa est dell’isola offre anche incantevoli siti di immersione.
Nel promontorio di Golfo Aranci, tra Porto Rotondo e Olbia, segnaliamo la parete del Mamuthone che comincia appena sotto la superficie del mare e scende a meno 25 metri. Mamuthones sono chiamati quei terrificanti mascheroni sardi che alcune rocce della parete sembrano, con un po’ di fantasia, richiamare. A poca distanza da questa parete, si trova la cosiddetta Città delle Nacchere. Immersione facilissima, tra i 6 e i 10 metri, che ci porta in una piana letteralmente coperta da grandi pinne nobilis. Alcune superano il metro e mezzo! Da non credere!
A sud, a ridosso dell’isola Tavolara, troviamo tre siti famosi. La secca del Papa (15 – 37 metri), tra pareti ricche di vita, la Tedja Liscia (5 – 27 metri), tra massi, archi e spaccature della roccia e la secca dell’Elefante (16 – 32 metri), che prende il nome da una strana roccia che ricorda la testa di uno di questi bestioni con tanto di proboscide. Altre due secche ci aspettano nella vicina isola Molara, quella di Punta Arresto (3 – 28 metri), tra guglie altre sino a tre metri e del Molarotto (9 – 26 metri), dove ci attende una numerosissima colonia di murene. Animali, ricordiamolo, che non sono pericolosi per il subacqueo ma che comunque non vanno stuzzicati. Continua
Immergersi in Sardegna. La costa occidentale
Un subacqueo in immersione nelle colorate acque della Sardegna
Scritto per LiguriaNautica - Continuiamo il nostro viaggio ideale lungo la costa della Sardegna, salendo sino ad Oristano. Tra Marina di Torre Grande e Bosa troviamo un tratto di costa molto interessante caratterizzato da colorate secche e formazione rocciose che fanno ritornare in mente i versi dell’Ariosto “per balze, per pendici orride e strane. Dove non via, dove sentier non era. Dove né segno di vestigie umane”-
Cominciamo con la secca di Corona Niedda, dai 14 ai 26 metri, ricca di anfratti e tane di animali, ed in particolare la secca Su Puntillone che sorge su alla cima di una imponente torre naturale (a meno 19 metri). Non trascurare di fare un giro anche lungo le pareti del torrione, piene di animali e colorate concrezioni. La visibilità è quasi sempre ottima e non ha nulla da invidiare al decantato mar Rosso.
La grotta dei Saggi è una delle poche immersioni in grotta consentite anche ai principianti, ovviamente seguiti da una guida esperta. Ci si immerge da 5 a 20 metri, nella parte finale, e tra anfratti e canaloni, non è difficile imbattersi in grossi pesci pelagici. Un’altra immersione facile e divertente è quella a S’Architetto, così chiamata proprio perché gli archi e i brevi tunnel che si incontrano paiono proprio progettati da un architetto! La profondità arriva al massimo a 17 metri. Archi e passaggi “orridi e strani” anche Su Tinzosu, tra pareti che sembrano condomini di murene e gronghi. Ai Denti di Libeccio (dai 3 ai 18 metri) invece ci si immerge facendo lo slalom tra delle sorte di grandi stalagmiti che altro non sono che scogli che in alcuni casi salgono sino alla superficie e che vengono, per l’appunto, chiamati “denti”. Questa è una zona di antichi naufragi e non è raro trovare nel fondo cocci di anfore e altri manufatti navali. Per ultimo ricordiamo il Carosello. Anche in questo caso, come si dice, in nome omen. L’immersione infatti si snoda in invero carosello di spaccature, tunnel, archi e selle scavate dal mare nelle rocce granitiche. Continua
Immergersi in Sardegna. La costa meridionale
Un subacqueo gioca con la mitragliatrice di una nave da guerra sommersa
Scritto per LiguriaNautica - I miei amici sardi mi ripetono sempre che “In Sardegna non c’è il mare”, citando lo splendido libro di Marcello Fois e alludendo alla scarsa propensione degli abitanti di quella stupenda regione italiana a rapportarsi col Mediterraneo che circonda la loro isola. Sin dalla storia antica, le aspre coste della Sardegna si sono sempre rivelate poco adatte alle attività portuale ma favorevoli alla proliferazione di malaria. Se si aggiunge che il mare è sempre stato visto come un ponte per le invasioni straniere, si capisce come mai i sardi abbiano sempre preferito arroccarsi nei monti e nelle aspre gole della loro isola, dedicandosi più alla pastorizia che alle pesca.
Ciò non toglie che il mare che circonda la Sardegna sia uno dei più belli in cui un subacqueo si possa immergere e che quelle stesse asperità che donano alla sua costa una selvaggia bellezza si riflettano anche nel mondo marino regalandoci grotte, scarpate, crepacci e fondali e incomparabili paesaggi sommersi. Se si aggiunge la presenza di molti scafi sommersi che fanno la felicità dei “relittari” come me, la grande varietà della fauna marina, anche si specie di grosse dimensioni, e la visibilità che è tra le migliori di tutto il Mediterraneo, allora capirete coma mai quest’isola sia una delle mie mete preferite per immergermi. E’ vero che la temperatura dell’acqua, per i criteri di un sub da Alto Adriatico quale io sono, è sempre piuttosto fredda. Ma a questo inconveniente si rimedia facilmente indossando un leggero sottomuta da compensare con un chilo in più rispetto alla consueta pesata.
Vediamo ora quali sono i migliori siti di immersione della Sardegna, cominciando con la costa meridionale. Ad est di Cagliari, tra capo Sant’Elia e Capo Ferrato si trovano tre relitti particolarmente interessanti.
Cargo Isonzo Questo cargo armato è una delle tante vittime del famoso sommergibile inglese Safari che nel 1943, durante la seconda guerra mondiale, compì una vera e propria strage delle navi della regia marina che solo si azzardavano ad avvicinarsi ai porti della Sardegna. Il relitto è in ottimo stato di conservazione, con tanto di cannoni e mitragliere ancora riconoscibili. La profondità, dai 42 ai 62, metri, ci consiglia di catalogare l’immersione come impegnativa. Continua
Stress, ansia e panico in immersione – parte 3
L'importante è mantenere la calma in ogni occasione!
Scritto per LiguriaNautica - Concludiamo la nostra breve trattazione sull’ansia e sullo stress nella subacquea sportiva con qualche nota pratica su come affrontare situazioni di questo tipo. Cominciamo col ricordare la “formula magica” da recitare ogni volta che, anche soltanto avvertiamo in lontananza i segnali dell’ansia.
Fermati, respira, pensa, agisci
Prima di tutto, fermati. La subacquea non è una gara di corsa. Prenditi qualche secondo di pausa tutto per te. Respira concentrandoti sull’aria che entra nei tuoi polmoni e che esce dal tuo erogatore, se sei in immersione. Guarda le bolle e pensa a quanto siano belle. Lascia perdere il problema che ti angustia. Respira piano e con calma, lasciando andare l’aria un po’ alla volta e poi prenditi una bella boccata piena, sino riempire tutta la cavità toracica. Segnala al tuo compagno di immersione che hai bisogno di calmarti un po’ e solo adesso pensa alla questione. Ma prima ripeti dentro di te che affrontare irrazionalmente il problema non ti aiuterà a risolverlo ma anzi te lo farà sembrare insormontabile.
ContinuaFilmato per la prima volta l’incredibile “salto integrale” di una balena da 40 tonnellate
L'incredibile salto di una enorme balena
Scritto per LiguriaNautica - Un evento unico e spettacolare quello immortalato dal blogger e subacqueo americano Craig Capeheart e subito postato nel suo canale YouTube: il salto di una enorme megattera completamente fuori dalla superficie dell’acqua. L’avvenimento è accaduto in Sudafrica, un anno fa, in occasione della cosiddetta “Sardine Run“, la corsa della sardina, la più grande migrazione di pesci del mondo.
Tra giugno e luglio – in pieno inverno da queste parti del mondo – nei freddi mari del Sudafrica le sardine si ritrovano e si aggregano in branchi di formato sferico per migrare verso est, verso le più temperate acque della costa del KwaZulu-Natal. Un avvenimento che attira, oltre a milioni di sardine, anche frotte di uccelli predatori, foche golose e animali di grandi dimensioni come delfini, squali, orche e, per l’appunto, balene. Continua
Ritrovato il relitto della Dmitri Donskoi, la nave dello zar con 133 miliardi di dollari in oro nella stiva
L'incrociatore pesante Dmitrii Donskoi che trasportava l'oro dello zar
Scritto per LiguriaNautica - Per anni i cacciatori di tesori del Shinil Group hanno battuto il gelido mare della Corea alla sua ricerca. Finalmente, qualche giorno fa, sono riusciti a trovarlo. A darne notizia è il South China Morning Post che nell’edizione del 18 luglio riporta il comunicato dell’equipe subacquea Shinil. “Lo scafo della nave pare pesantemente danneggiato dai bombardamenti giapponesi, ma il ponte e le fiancate sono ben conservati. L’identificazione del relitto è stata resa possibile grazie al nome scritto in cirillico sulla poppa: Dmitri Donskoi“.
I resti di quella nave che giacciono su un fondale profondo 434 metri, a circa sette miglia dall’isola coreane di Ulleungdo, sono quindi proprio quelli dell’incrociatore pesante Donskoi, la nave che trasportava l’oro dello zar di tutte le Russie. E, se le cronache della marina Imperiale riportano il vero, nelle sue stive ci sono 5 mila e 500 forzieri carichi di lingotti d’oro per un valore di 133 miliardi di dollari. O 114 miliardi di euro al cambio attuale, se preferite. Continua
Stress, ansia e panico in immersione – parte 2
Immergergiamoci sempre con la massima tranquillità
Scritto per LiguriaNautica - Nella puntata precedente abbiamo tracciato un bel campionario di tipiche situazioni d’ansia che ogni istruttore si sarà trovato ad ad affrontare nella sua carriera. Che fare in questi casi? L’appello alla logica – l’erogatore è a posto, la pinna ce l’hai in mano, la bombola è carica, i tempi e le profondità sono sempre quelli e ora te li scrivo sulla lavagnetta così non mi rompi più – è utile ma funziona solo fino ad un certo punto. L’ansia, se non rimossa, potrebbe trasferirsi da un problema ad un altro.
E’ importante quindi far star bene l’allievo, tranquillizzarlo e fargli capire che è assolutamente in grado di affrontare l’esperienza e, soprattutto, che stiamo andando a divertirci. Una soluzione è metterlo in coppia con un compagno particolarmente esperto, con l’aiuto istruttore o anche con lo stesso istruttore. Personalmente, in queste situazioni, ho trovato molto utile responsabilizzare la persona ansiosa, facendogli prima qualche complimento per la sua preparazione e, magari, affidandogli qualche compito, sia pure di secondaria importanza. “Mi tieni il filo d’Arianna agganciato al tuo gav? Così, se te lo chiedo, me lo dai. Ok? Grazie. So che posso contare su di te!”. Continua
Stress, ansia e panico in immersione – parte 1
In immersione senza ansia e senza stress!
Scritto per LiguriaNautica - Finalmente si va in acqua. Tutto è pronto per un’immersione che si preannuncia spettacolare. E’ il momento che attendevamo da giorni e, come ci hanno insegnato al corso, abbiamo organizzato tutto alla perfezione. L’attrezzatura è pronta, abbiamo stabilito tempi, percorso e profondità con i compagni, ci siamo messi d’accordo sui segnali e su come affrontare eventuali problemi. Non ci resta che infilare pinne ed erogatore e saltare in acqua felici come foche.
Eppure… eppure dentro di noi sentiamo che stavolta c’è qualcosa che non va. Piccole preoccupazioni che si fanno sempre più grandi, ci trasmettono un fastidioso senso di insicurezza e ci fanno pensare di essere inadeguati a quell’immersione. Continuiamo a guardare le tabelle, a verificare se il gav si gonfia correttamente, controlliamo dieci volte che la rubinetteria sia aperta e se l’aria esce correttamente dall’erogatore.
Niente da fare. Un pensiero maligno sembra suggerirci che c’è qualcosa che non va. Non ci dice cosa. Solo che qualcosa non va per il verso giusto. Controllare per l’ennesima volta che tutto sia ok, a questo punto, serve solo a confermarci che il problema è più grande di come credevamo all’inizio perché non riusciamo a vederlo e, di sicuro, si presenterà nel momento più delicato dell’immersione.
Quella che ho appena descritto è una situazione che tutti i subacquei hanno vissuto. Anche coloro che vantano 500 e più immersioni nei loro logbook e non ammetterebbero mai di essere stati dei principianti come tutti gli altri. Non c’è quindi da aver paura. Uno psicologo la definirebbe una situazione di stress. Qualsiasi sia il nostro addestramento, le profondità marine rimangono comunque un ambiente totalmente estraneo all’uomo ed è normalissimo che chi si accinge ad affrontarlo debba superare un senso di disagio che può essere più o meno forte a seconda della nostra esperienza e della nostra personalità.
Uno psicologo specializzato nelle prestazioni sportive aggiungerebbe anzi, che lo stress in questione, se contenuto dentro determinati limiti, è positivo e aiuta a concentraci sull’obiettivo e a dare il meglio di noi stessi. E’ così per tutte le prestazioni, sia intellettuali che sportive. Vi immaginate uno studente che sbadiglia di noia all’esame di laurea o il portiere di una nazionale che scende in campo talmente tranquillo da addormentarsi appoggiato al palo durante una finale?
Il problema è quando il livello di stress aumenta sino al malessere e si acutizza sino a farci precipitare in uno stato d’ansia. Su Wikipedia l’ansia è definita come “uno stato psichico cosciente, caratterizzato da una sensazione di intensa preoccupazione o paura, spesso infondata, relativa a uno stimolo ambientale specifico, associato a una mancata risposta di adattamento”. Una definizione che si adatta perfettamente alla pratica subacquea. Al contrario di uno stress moderato, l’ansia non porta mai risultati positivi, e, in immersione, può rivelarsi davvero pericolosa. Oltre a guastarci tutto il divertimento.
Per affrontare l’ansia, il primo e più importante passo da compiere è saperla riconoscere. Ai corsi istruttori molte lezioni vengono infatti dedicate a come capire se i nostri allievi siano in uno stato ansioso. Uno degli effetti dell’ansia è quello di farci fare cose che solitamente non faremmo. Facciamo qualche esempio. I nomi sono a caso ma le situazioni, ve lo assicuro, sono assolutamente vere e vissute in prima persona. Franco, che per tutto il corso non ha mai detto più di dieci parole in fila, sta chiacchierando da mezz’ora e non accenna a smettere. Paolo, che era sempre stato l’anima della compagnia, stavolta se in disparte, non proferisce parola. Leo si sta infilando la muta al rovescio.
Sebastiano, su cui potevi sincronizzare l’orologio da quanto era puntuale, è arrivato in ritardo e si sta attardando troppo nella vestizione. Francesca ti chiede per la decima volta in dieci minuti quali saranno i tempi e le profondità. Sandro ha smarrito una pinna e la sta disperatamente cercando per tutta la barca, senza accorgersi che ce l’ha in mano (sì, anche questa situazione mi è capitata!). Aldo si è tuffato senza maschera. Roberto senza pinne. Chiara ha caricato tutta l’attrezzatura sull’auto del fidanzato e poi è venuta al diving con la sua auto (ma, in questo caso, più che l’ansia, credo sia il caso di considerare la personalità assai distratta dell’allieva). Federica è ossessionata dall’idea di rimanere senza aria e preme in continuazione il bottone dell’erogatore per assicurarsi che funzioni.
Continua nella seconda parte Continua
Uno squalo bianco lungo 5 metri è stato avvistato nelle isole Baleari
La foto della squalo bianco pubblicata dalla pagina Facebook di Alnitak
Scritto per LiguriaNautica - Un grande squalo bianco è stato fotografato mentre nuotava a fior di superficie nelle acque delle Isole Baleari, a 8 miglia dall’Isola di Cabrera. Un avvistamento storico che conferma la presenza della specie Carcharodon carcharias, comunemente nota come squalo bianco, nel nostro Mar Mediterraneo.
L’ultimo avvistamento certo di questa specie che, nelle credenze popolari e nella fantasia di registi con Steven Spielberg, rimane il predatore per eccellenza degli oceani, risale infatti a più di trent’anni fa. E’ vero che, anche negli ultimi tempi, molti marinai e molti subacquei hanno raccontato di essere stati avvicinati da squali bianchi ma – diciamocela tutta – né i marinai né i subacquei sono la categoria di persone più affidabili quando cominciano a raccontare le loro avventure di mare! Continua
Jacques-Yves Cousteau, l’uomo che ci ha regalato le profondità del mare
Le Commandant Jacques-Yves Cousteau al timone
Scritto per LiguriaNautica - Ventun anni fa, più precisamente il 25 giugno del 1997, a Parigi, se ne andava per sempre l’uomo che ci ha regalato un continente. I più lo ricordano per gli splendidi documentari, come Il mondo del silenzio, premiato con l’Oscar e realizzato a bordo del mitico dragamine Calypso che un miliardario irlandese gli aveva noleggiato per la simbolica cifra di un franco all’anno, ma Jacques-Yves Cousteau è stato molto, molto di più. Scienziato, inventore, scrittore, regista, esploratore, divulgatore, navigatore, oceanografo, ambientalista e tante altre cose ancora.
“Le missioni impossibili -diceva- sono le sole ad avere successo”. Tante sfaccettature di un personaggio unico con un solo comune denominatore: l’amore per il mare. Cousteau è l’uomo che ha aperto all’umanità le porte dell’ultimo continente inesplorato: le profondità dell’oceano. Continua
Bahía del Correo, alle Galapagos la cassetta delle poste più incredibile del mondo
Bahia del Correo, l'ufficio postale dei bucanieri a Floreana, Galapagos
Scritto per LiguriaNautica - Lontano. Dietro le Americhe. A tre giorni di mare – tempeste permettendo – da Puerto Baquerizo Moreno, ultimo avamposto umano di quello stupefacente arcipelago di meraviglie che sono le Galapagos, troviamo l’isola che chiamano Floreana, l’isola fiorita. Il suo vero nome, per la verità, sarebbe Santa Maria, in onore della caravella che trasportò Cristoforo Colombo. Ma El Descubridor, lo scopritore delle Americhe, da questo lato del mondo non è particolarmente amato. Vai a capire il perché ma i nativi americani continuano a pensare che non avevano nessun bisogno di essere “scoperti” da un avventuriero europeo per esistere.
Così preferiscono chiamare la loro isola Floreana per gli incantevoli colori della vegetazione. Su queste sabbie dorate, circondate da una foresta verde brillante sparpagliata di grandi fiori multicolori, approdavano i marinai per le ultime riserve d’acqua prima della grande traversate oceanica. Floreana era l’ultima pennellata di colore per occhi che, per i lunghi mesi a venire, avrebbero vagato tra l’azzurro profondo del mare e l’azzurro terso del cielo. Continua
Blu Frontiers, la nave-isola del signor PayPal
Così i progettisti immaginano Blue Frontiers, l'isola Stato di Mister PayPal
Scritto per LiguriaNautica - Sarà una grande isola artificiale, libera di fluttuare per gli oceani, dal nome alquanto evocativo, “Blu Frontiers”. Un’isola capace di scegliere la sua rotta e di navigare, come una qualsiasi imbarcazione, libera ed indipendente, in acque internazionali, un’isola – Stato, con la sua bandiera e con le sue leggi, autonoma da qualsiasi nazione costituita ed al di la di qualsiasi ordinamento giuridico oggi esistente. Nella Polinesia francese, dove l’isola sarà varata, i lavori sono già cominciati e Nathalie Mezza Garcia, scienziata e direttrice del progetto chiamato “Floating Island”, assicura che il sogno diventerà realtà entro il 2022. Continua
La compagnia I Venturieri festeggia il suo trentennale con un raduno di vele storiche a Venezia
Raduno di vele d'epoca a Venezia organizzato da I Venturieri
Scritto per LiguriaNautica - Uno spettacolo davvero superbo e, per di più, andato in scena in un palcoscenico d’eccezione come il bacino di San Marco, tra palazzo Ducale e l’isola di San Giorgio. Decine e decine di velieri d’epoca a vele spiegate che dal Lido si dirigevano alla marina di Sant’Elena e all’Arsenale. Una grande festa della vela storica e delle imbarcazioni tradizionali, quella che si è svolta nella laguna di Venezia sabato 26 e domenica 27 maggio. Continua
La Vogalonga di Venezia: la più grande manifestazione al mondo dedicata alle barche a remi
Vogalonga 2018. L'entrata a Venezia nel canal di Cannaregio
Scritto per LiguriaNautica - Colpo di cannone, remi puntati al cielo e un grande urlo collettivo: “Viva Venezia, viva San Marco!”. E si parte. Lo sfondo della Basilica e del Palazzo Ducale lascia presto spazio alle barene e alle verdi isole della laguna nord. Le barche sfiorano le Vignole e costeggiano tutto il lato interno di Sant’Erasmo, l’orto di Venezia. Poi raggiungono San Francesco del Deserto, dove il santo di Assisi fece tappa al suo ritorno dalla Terrasanta, placando con le sue preghiere una violenta tempesta.
Quindi la prua volge verso gli sgargianti colori delle case di Burano, l’isola del merletto, che già appaiono in lontananza. Lasciano a nord Torcello e, dopo Mazzorbo, si infilano nel Canal Bisatto, zigzagando tra le piccole isole di San Giacomo in Paludo e Madonna del Monte che, nel corso della loro millenaria storia, furono sia eremi monacali che depositi militari. Finalmente all’orizzonte ricompare Venezia, ma prima bisogna attraversare il canale di Murano, la cui gente attende festosa l’arrivo del corteo acqueo. Continua
Immergersi nei limpidi mari d’Austria
L'Austria offre numerosi punti di immersione nei suoi laghi cristallini
Scritto per LiguriaNautica - Neppure un centimetro di costa, eppure l’Austria è uno dei Paesi europei dove lo sport della subacquea è più diffuso. Non gli mancano le scuole di immersione, i club subacquei ed i diving perfettamente attrezzati. Gli manca il mare, questo sì.. e non è una cosa da poco per un subacqueo! Eppure l’Austria è ricca di siti di immersione ed offre emozionanti scenari sommersi nelle acque cristalline dei suoi laghi montani e addirittura nei suoi fiumi azzurri.
Un’occasione unica per abbinare la passione per la montagna a quella per la subacquea e vivere esperienze davvero fuori dalla norma che, per certi versi, non hanno nulla da invidiare ai “soliti” paradisi tropicali. E poi volete mettere la faccia dei vostri amici quando raccontate che andate a godervi un vacanza subacquea, vi chiedono dove e voi rispondete “In Austria”? Continua
Immergersi tra Sestri Levante e la Spezia. La guida di Liguria Nautica
Tra Sestri e la Spezia si trovano dei veri paradisi subacquei
Scritto per LiguriaNautica - Continuiamo il nostro viaggio virtuale tra i punti di immersione più spettacolari della Liguria, prendendo in esame la costa che scende da Sestri Levante al Golfo della Spezia. Un’area marina ricca non solo di secche e franate ma anche di grotte e canaloni. Senza contare la presenza di uno dei relitti più interessanti del Mar Tirreno, l’Equa. Cominciamo il nostre elenco, come di consueto, scendendo da nord a sud. Continua
Al largo di Capo Noli i resti degli antichi velieri francesi affondati da Orazio Nelson durante la battaglia di Genova
Un sub della Gue scopre i resti di un cannone francese al largo di Capo Noli
Scritto per LiguriaNautica - Era il marzo del 1795. A Parigi Napoleone Bonaparte, non ancora proclamatosi imperatore, stava preparando la campagna d’Italia con il duplice obiettivo di attaccare l’Austria da sud e di contrastare la crescente potenza inglese nel Mediterraneo. L’esercito di Sua Maestà britannica Giorgio III controllava la Corsica e la flotta francese comandata dall’ammiraglio Pierre Martin si mise in mare per tentare l’invasione. Cominciò così la battaglia di Genova, conosciuta anche come battaglia di Capo Noli, perché proprio davanti al bel promontorio ligure si svolsero le fasi più cruente dello scontro navale che si protrasse dall’8 al 14 marzo e che vide impegnate 13 navi di linea francesi contro 14 britanniche. Continua
Da Cervia a Venezia lungo la Rotta del Sale per rinnovare un’antica alleanza marinara
Sulla Rotta del Sale, da Cervia a Venezia su vele al terzo.
Scritto per LiguriaNautica - Sin dalla fine del XII secolo la rotta che collegava Venezia a Cervia divenne una delle principali arterie commerciali marittime dell’Adriatico. Sulle loro tipiche imbarcazioni armate al terzo, i marinai cervesi salivano a nord per riempire i magazzini della Repubblica Serenissima con i loro carichi di prezioso sale. Alimento indispensabile, oltre che per insaporire i cibi, anche per conservare le provviste a bordo e consentire alle galee veneziane di salpare per lunghi viaggi sino ai porti d’Oriente o ai gelidi mari del Nord Europa.
Non è un sale qualsiasi, quello di Cervia, che viene ricavato filtrando l’acqua marina in quella che è la salina più a nord della nostra penisola. E’ un sale dolce, purissimo, ad altissima solubilità, non filtrato artificialmente. Un sale dal sapore inconfondibile, leggermente speziato e tendente all’amarognolo, che tutt’ora viene prodotto in quantità limitata, secondo antichi procedimenti, non essiccato, non sbiancato. Continua
“Così Moore scoprì il continente di plastica”: intervista esclusiva allo scrittore Nicolò Carmineo – Pt 2
Il Pacific Trash Vortex visto dal fondale
Scritto per LiguriaNautica - Tu hai visitato il continente di plastica assieme a Charles Moore. Come è stata questa tua esperienza?
“Per un amante del mare come me è stata una esperienza senza dubbio dolorosa. Ma dovevo farlo, proprio per l’amore che nutro verso il mare. Sono salito sul catamarano del comandante Moore e abbiamo circumnavigato l’isola. Ci sono voluti ben 21 giorni per tornare al punto di partenza. Una navigazione estremamente difficile perché era quasi impossibile usare il motore, considerata la quantità di immondizia che si attorcigliava sull’elica. Ci incagliavamo continuamente”.
Di che tipo di rifiuti stiamo parlando? Continua
“Così Moore scoprì il continente di plastica”: intervista esclusiva allo scrittore Nicolò Carmineo – Pt 1
Nicolò Carnimeo
Scritto per LiguriaNautica - Dalle grandi vetrate della libreria che porta il nome di quell’indimenticabile disegnatore di sogni che è stato Hugo Pratt, c’è una vista talmente bella su San Marco e sulla laguna che non riesci neanche ad immaginare come possa esistere gente capace di vederla solo come un bancomat per cavarne profitti. Ed è proprio qui, nel bel mezzo del Lido di Venezia, che incontriamo Nicolò Carnimeo, venuto a presentare il suo ultimo libro “Come è profondo il mare“, edito da Chiarelettere.
Anche lui rapito da quell’orizzonte che ha rapito me. “Sarà per motivi spirituali o magari di semplice respiro ma non potrei mai vivere in una casa che non abbia almeno una finestra sul mare”, confida. Docente di Diritto della navigazione a Bari, città in cui è nato, scrittore, giornalista, consulente della trasmissione Linea Blu di Rai 1, delegato Wwf per la Puglia e tante altre cose ancora. Ma la qualifica che meglio lo descrive è “innamorato pazzo del mare”. Continua
Come dire di “Sì” sotto un mare d’amore con un matrimonio subacqueo
Scritto per LiguriaNautica - Matrimoni per amore, matrimoni per forza, ne ho visti di ogni tipo, di gente d’ogni sorta”, cantava l’indimenticabile Fabrizio de André. Ma neppure il grande poeta e cantautore genovese avrebbe mai pensato che un giorno qualcuno avrebbe infilato le pinne ai piedi e l’erogatore in bocca per scendere sotto la superficie del mare e sposarsi davanti a branchi di pesci.
Ed invece c’è chi lo ha fatto. E non sono neppure pochi. Il matrimonio subacqueo, per dirla come i colleghi giornalisti che scrivono di moda, è “trendy“. I diving che organizzano sposalizi in muta, infatti, sono sempre di più e sempre di più sono le coppie che scelgono il fondale del mare come cornice al cosiddetto “giorno più bello della loro vita”. Continua
Anche i Caraibi coperti dai rifiuti. L'isola di Roatán trasformata in una discarica
Scritto per LiguriaNautica - Al largo delle coste dell'Honduras, nel cuore del mar dei Caraibi, circondata da un coloratissima barriera corallina, si trova l'isola di Roatán. E' la più grande dell'arcipelago delle Islas de la Bahía ed è famosa tra gli storici della filibusta perché il famigerato pirata Henry Morgan l'aveva scelta come suo covo segreto. Chi lo sa? Secondo alcune leggende il corsaro del Galles avrebbe nascosto sotto le candide sabbie di Roatán parte del suo leggendario tesoro depredato ai galeoni di Sua Maestà Cattolica di Spagna. Tesoro che, ammesso che esista, adesso è coperto da vari strati di plastica e immondizia. Già, perché questa perla dei Caraibi, da incontaminato paradiso tropicale, si è trasformata in una discarica a cielo aperto. Scordatevi le azzurre acque cristalline ed i candidi banchi di sabbia che riverberano al sole. Se avete (s)fortuna di sbarcare a Roatán, non vedrete altro che un orizzonte coperto da rifiuti di plastica e la prua della vostra imbarcazione sembrerà il rostro di una rompighiaccio che si apre a fatica la strada in un pack di bottiglie, piatti, scatolette e schifezze varie. Continua
La storia del sommergibile Sebastiano Veniero, dal tragico affondamento all’omaggio di una immersione in saturazione di 104 ore condotta dalla Marina Militare
Una immagine d'epoca del sommergibile Sebastiano Veniero all'ormeggio
Scritto per LiguriaNautica - Una immersione in saturazione per ricordare uno dei padri della subacquea italiana, Enzo Maiorca, scomparso poco più di un anno fa e la tragica fine del sommergibile Sebastiano Veniero, affondato nell’azzurro mare di Sicilia il 26 agosto 1925. A scendere sino a 52 metri di profondità sono stati gli esperti subacquei di Comsubin, il Comando Subacquei ed Incursori della Marina Militare italiana, supportati dalla nave Anteo.
Con loro, ospite d’onore, la figlia di Enzo Maiorca, Patrizia. L’operazione, durata ben 4 giorni e 8 ore (per questo si è resa necessaria la tecnica della saturazione) si è svolta nel giugno dello scorso anno ed è stata seguita anche da alcuni esperti sub della Soprintendenza che hanno provveduto a verificare lo stato di conservazione del relitto ed a mappare il fondale. Continua
Il messaggio in bottiglia più antico del mondo trovato su una spiaggia australiana
La bottiglia con il messaggio più antico del mondo ritrovata in Australia
Scritto per LiguriaNautica - Cominciano così tante storie di pirati e tesori nascosti: con un messaggio trovato dentro una bottiglia che le onde del mare hanno cullato sino a depositarla su una spiaggia. Ma le storie, qualche volta accadono davvero, se ci si crede. E così, quando la signora Tonya Illman ha notato in mezzo alle dune quella vecchia bottiglia mezzo incrostata di alghe e patelle marine, ha avuto la curiosità di andarla a prendere pensando che “sarebbe stata bene nella nostra biblioteca, accanto ai libri antichi”, come dichiarerà in seguito alla Bbc.
Solo più tardi, mentre tentava di pulirla, la signora si è resa conto con grande sorpresa che all’interno si trovava una rotolino di carta che sembrava un sigaro, legato da un cordino. Era un messaggio lanciato ben 132 anni fa. Il messaggio in bottiglia più antico del mondo. Il record precedente spettava ad un altro messaggio lanciato “solo” 108 anni prima del suo ritrovamento. Continua
Il mistero del mercantile Minden che trasportava l’oro di Hitler – parte seconda
Una rara immagine del cargo tedesco Ss Minden auto affondatosi per non cadere in mani inglesi
Scritto per LiguriaNautica - Abbandoniamo i tetri giorni della Seconda Guerra Mondiale per tornare ai nostri tempi. Più precisamente alla metà di aprile dello scorso anno, quando sui media inglesi rimbalza la notizia di un incidente diplomatico tra l’Islanda e la Gran Bretagna. Notizia che proviene dal giornale on line IcelandMonitor e che racconta di una attrezzatissima ed ultra sofisticata nave oceanografica norvegese sorpresa ad effettuare ricerche non autorizzate nelle acque costiere dell’isola e costretta dalla marina islandese a dirigersi al porto di Reykjavik per gli accertamenti del caso.
“Quando la guardia costiera chiese alla ciurma che cosa stava facendo qui -si legge sul sito inglese del DailyMail– questa fornì ‘spiegazioni vaghe e incongruenti’, spingendo la guardia costiera ad ordinare alla nave di attraccare su un molo di Reykjavik e di mandare la polizia ad interrogare l’equipaggio”. Continua
Il mistero del mercantile Minden che trasportava l’oro di Hitler
Secondo alcuni storici, la ss Minden trasportava lingotti d'oro destinati a finanziare la guerra di Adolf Hitler
Scritto per LiguriaNautica - Un cargo brasiliano che nascondeva nelle sue stive un carico d’oro destinato alle casse del Terzo Reich, un affondamento misterioso nei ghiacciati mari artici, un relitto inaccessibile, un ritrovamento inaspettato ed un incidente diplomatico tra il governo islandese e la più grande e misteriosa associazione di cacciatori di tesori del mondo. Sembra la trama di un romanzo di Clive Cussler ed invece, quella che vi stiamo per raccontare, è una storia vera, per quanto ancora ammantata dai veli della leggenda e del mistero. Ma cominciamo dal principio. Continua
Come parlare sott’acqua: l’alfabeto dei sub. Parte terza: notturne, tavolette e segnali sonori
I subacquei usano un particolare dizionario di comunicazione basato su segnali con le mani
Scritto per LiguriaNautica - E in notturna? Il “dizionario” del subacqueo rimane lo stesso ma con la differenza che si fa di notte e, di conseguenza, se non ci si auto illumina con la propria torcia, nessuno vedrà i nostri segnali. Evitate sempre di accecare istruttori o compagni di immersione puntando il faro sulle loro maschere. E’ più utile, invece, illuminare noi stessi e le nostre mani mentre comunichiamo. Ricordiamoci anche che la torcia è comunque un mezzo di comunicazione subacquea. Disegnare lentamente uno zero, significa “Ok”. Agitarla velocemente dal basso all’alto e viceversa, vuol dire che ci sono problemi o, più semplicemente, “Aspettatemi!”
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Come parlare sott’acqua: l’alfabeto dei sub. Parte seconda: i segnali speciali
Un gruppo di subacquei in tappa di decompressione segnala che tutto è Ok
Scritto per LiguriaNautica - Vediamo adesso i segnali subacquei meno adoperati e quindi anche meno intuitivi. Mano chiusa e pollice che punta verso l’alto, significa “Risaliamo” e non “Ok” come qualche volta si usa in superficie. Mano chiusa e pollice verso il basso, sta a dire “Scendiamo“. Mano aperta che oscilla leggermente significa “Calma” oppure “Vai piano”. Stiamo facendo un’immersione e non una corsa subacquea! Mano tesa che ruota velocemente a disegnare una O sta invece a significare l’opposto “Accelerate“. Ho capito che vi state divertendo ma datevi una mossa che non possiamo star qua tutta la mattina! Questi ultimi due sono i tipici segnali delle guide che conducono il gruppo. Continua
Come parlare sott’acqua: l’alfabeto del subacqueo. Parte prima: i segnali convenzionali
Il segnale subacqueo che indica che tutto va bene
Scritto per LiguriaNautica - La necessità di comunicare sott’acqua, anche solo per far sapere al compagno che “tutto va bene”, ha spinto i subacquei ad inventarsi un vero e proprio “linguaggio muto” da immersione che è lo stesso in tutti i mari del mondo.
Conoscerlo – ed assicurarsi che anche il tuo compagno lo conosca! – è indispensabile per immergersi in sicurezza e anche per evitare figure barbine. Come quell’allievo subacqueo, tanto per citare un’esperienza personale, che all’Ok dell’istruttore risponde con un Ok alla Fonzie di Happy Days, col pugno chiuso e il pollicione alzato. Col risultato di farsi trascinare subito in superficie dal compagno di immersione, che aveva letto quel gesto come: “Risaliamo immediatamente”.
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Ad Alessandria d’Egitto gli archeosub riportano a galla i tesori della città sommersa di Heracleion
Un archeologo subacqueo esamina una grande statua trovata a Heracleion
Scritto per LiguriaNautica - Per gli antichi greci era Heracleion, per gli egizi Thonis. Per noi è ancora un mistero. Sprofondando nel Mediterraneo, per motivi ancora ignoti, all’inizio del VII secolo Avanti Cristo, la città si è trascinata nei fondali marini anche la sua storia. Solo il mito è riuscito a volare sino ai nostri tempi e ci ha riportato la leggenda di una grande metropoli sulla foce del Nilo, fulcro nevralgico dei commerci tra l’Africa e i porti mediterranei.
Una grande e nobile città fondata dagli amanti Paride ed Elena, in fuga da Menelao, re di Sparta e legittimo consorte della donna che Afrodite stessa aveva eletto come la più bella del mondo. Successivamente il semidio Ercole, peregrinando per il mondo alla ricerca delle sue Dodici Fatiche, ci si fermò e le dette il suo nome, “Heracleion”.
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I relitti di Sestri Levante
In perfetto assetto di navigazione, la Bettolina attende i subaquei
Scritto per LiguriaNautica - Il mare antistante la bella cittadina ligure di Sestri Levante è stato teatro di sanguinose battaglie durante il secondo conflitto mondiale. Il mare conserva il ricordo di queste tragedie ospitando molti relitti di navi militari interessanti sia dal punto di vista storico che da quello biologico.
Come spesso accade infatti, le lamiere delle navi inabissate sono diventate le casa di molte specie ittiche. Anemoni, spugne e altri organismi incrostanti hanno ricoperto e colorato i relitti, donando loro una nuova vita. Ecco i tre relitti più famosi e frequentati della zona. E diciamo subito che si tratta di immersioni riservate a subacquei esperti. Continua
Pavlopetri, la città inabissata del Peloponneso
Le costruzione di Pavlopetri, la città inghiottita dal mare Egeo
Scritto per LiguriaNautica - Una città perduta in fondo al mare. Una città con tanto di case, strade, palazzi. Una città che risale ad una remota civiltà, tanto lontana nel tempo da essere stata dimenticata anche dai nostri miti più antichi. Quanti libri, film o fumetti ci hanno appassionato e regalato emozioni seguendo questa traccia narrativa? Il mito dell’Atlantide sommersa risale agli albori della civiltà dell’uomo e si sempre è rivelato un fertile terreno per l’immaginazione di innumerevoli romanzieri, sceneggiatori, disegnatori, registi. Continua
Immergersi tra Genova e Rapallo: la guida di Liguria Nautica (parte seconda)
Il Cristo degli Abissi sul fondale di San Fruttosio
Scritto per LiguriaNautica - Continuiamo l’elenco dei più bei siti di immersione all’interno del promontorio di Portofino.
La Statua del Cristo degli Abissi
Per quanto famosa, a mio modestissimo parere non vale un’immersione. Non a caso, l’hanno posta proprio nel tratto di mare meno interessante del parco. L’opera di bronzo realizzata dallo scultore Guido Galletti, è stata ideata dal padre storico della subacquea italiana, Duilio Marcante, per ricordare un amico scomparso in mare e posata sul fondale della baia di San Fruttoso il 29 agosto del 1954.
Ai suoi piedi, successivamente, è stata sistemata una targa in ricordo di Marcante. Il Cristo si trova a meno 17 metri. Se proprio volete andarci, dopo averci girato attorno un paio di volte, fate una pinneggiata verso la bella parete che si trova là vicino e godetevi un po’ di biologia marina. Continua
Immergersi tra Genova e Rapallo: la guida di Liguria Nautica (parte prima)
Nel Parco di Portofino è ancora possibile imbattersi nel corallo rosso
Scritto per LiguriaNautica - Il tratto di mare che va da Genova a Rapallo è uno dei più ricchi di spettacolari siti di immersioni di tutto il Mediterraneo. E non soltanto per la presenza di un gioiello come il Parco di Portofino che ci offre la possibilità di immergersi in un vero e proprio museo vivente di biologia. In queste acque, infatti, si trovano anche numerose navi sommerse, quasi tutte ben conservate, che fanno la gioia di tutti i “relittari”.
Inoltre, l’area costiera è ben fornita di diving molto attrezzati e professionali, ai quali un subacqueo di qualsiasi livello e con qualsiasi esperienza può affidarsi in tutta tranquillità, sia per una immersione sportiva o rilassante che per un’esperienza più tecnica e profonda. Ecco a voi un breve elenco di siti che proprio non potete perdervi! Continua
“Nel mare dell’intimità”: a Trieste la più grande mostra di archeologia subacquea sul Mar Adriatico
La nave romana Iulia Felix sommersa nelle acque adriatiche
Il carico originale della Iulia Felix, assieme ad una ricostruzione a grandezza naturale della sezione traversale della famosa nave romana, sono al centro della grande esposizione “Nel mare dell’intimità” che si è aperta domenica 17 dicembre a Trieste, nella splendida cornice dell’ex Pescheria, Salone degli Incanti.
A far da contorno all’opera, appositamente realizzata dal maestro d’ascia di Chioggia, Gilberto Penzo, su indicazioni di storici e archeologi dell’Erpac, ente regionale patrimonio culturale del Friuli, ci saranno un migliaio di reperti subacquei provenienti da musei italiani, montenegrini, croati e sloveni, sino a ricoprire l’intera area espositiva di oltre 2 mila metri quadrati. Continua
Il "saor": più che un piatto, una tradizione della Venezia marinara
Un tipico piatto dei marinai della Serenissima
Scritto per LiguriaNautica - Giuseppe “Bepo” Maffioli lo definiva “il vero cibo dei marinai”. Il celebre gastronomo veneto -nonché scrittore, attore e tanto altro ancora- che era uno che di buona tavola se ne intendeva, aggiungeva: “nonché scorta indispensabile per marinai di terraferma”.
Stiamo parlando del “saor“. Un piatto che è una autentica tradizione a Venezia ma anche Pellestrina, Chioggia e negli altri porti dell’Adriatico settentrionale. Una tradizione che nasce da lontano, da quando le navi della Serenissima Repubblica solcavano le rotte mediterranee dirette ai porti d’Oriente ed i marinai veneziani avevano necessità di imbarcare viveri che fossero allo stesso tempo sostanziosi e di lunga conservazione.
I celebri “baicoli“, i biscotti dolci e secchi dei dogi che ancora si consumano nella città lagunare, ne sono un esempio. Ma il monarca dei piatti tradizionali da barca resta sempre lui: il saor. Termine che in dialetto veneziano significa “sapore”. Le ricetta, come tutti i piatti tradizionali, è molto semplice e povera ma, sempre come tutti i piatti tradizionali, non per questo meno saporita. Continua
La piramide di Yonaguni, l'Atlantide del Sol Levante
La misteriosa piramide al largi dell'isola di Yonaguni
Scritto per LiguriaNautica - Al largo della costa meridionale dell’isola di Yonaguni si trova quello che possiamo senz’altro definire come il sito sommerso più misterioso del mondo. A trent’anni esatti dalla sua scoperta, gli studiosi stanno ancora dibattendo se si tratti di una conformazione naturale, per quanto bizzarra ed inusuale, oppure dei resti di un’antica e finora sconosciuta civiltà, una sorta di Atlantide giapponese. Continua
A Lanzarote il primo museo sottomarino
Una installazione subacquea di Jason deCaires Taylor
Scritto per LiguriaNautica - Tra le tante meraviglie accessibili solo a chi è in possesso di un brevetto subacqueo, vanno annoverate anche i cosiddetti “musei sommersi”. Ci sono parchi archeologici come quello di Baia, nel napoletano, dove il sub può pinneggiare tra spettacolari rovine di epoca romana. Molto frequenti sono anche le statue sommerse, come il celebre Cristo degli Abissi, scultura bronzea dell’artista Guido Galletti, che il padre della subacquea italiana, Duilio Marcante, ha posato nella baia di San Fruttuoso all’interno dell’Area marina protetta di Portofino. Ma quello che si può ammirare nelle acque antistanti l’isola di Lanzarote, alle Canarie, è davvero qualcosa di unico al mondo! Continua
Trucchi e segreti della compensazione (parte 3)
Ad un Ok del compagno di immersione, bisogna sempre rispondere con un altro Ok
Scritto per LiguriaNautica - Ed ora che abbiamo imparato queste manovre, quando le dobbiamo applicare? Appena mettete la testa sott’acqua. La pressione, infatti, aumenta maggiormente nei primi metri che sono quindi i più critici. Qui bisogna compensare più spesso. Non attendete di sentire il fastidio al timpano. A meno che non siate apneisti con l’esigenza di centellinare l’aria, è molto meglio compensare cento volte in più che una sola volta in meno.
Se soffrite di una irritazione alle tube causata da un raffreddore o da qualche altro motivo (ma in questi casi non dovrebbe neppure saltarvi in mente di andare sott’acqua), è qui che ci si ferma e si rinuncia. Pazienza. Come ho già detto, è capitato a tutti. Non ostinatevi e, soprattutto, non forzate mai la compensazione. E’ una manovra che va fatta con dolcezza. Forzare è inutile, controproducente e pure pericoloso. Questo deve essere chiaro come il sole a mezzogiorno in un deserto e in una giornata senza nubi. Mi sono spiegato? Ve lo ripeto pure: forzare la compensazione è inutile, controproducente e pure pericoloso.
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Trucchi e segreti della compensazione (parte 2)
Un sub dà l'ok. E' giunto sul fonale compensando correttamente
Scritto per LiguriaNautica - Come abbiamo spiegato nel post precedente, tanto agli apneisti quanto ai “bombolari” rimane il problema di riequilibrare la pressione di quella parte dell’orecchio chiamata “medio”. Ma prima di affrontare la questione, per amor di verità, dobbiamo citare anche i seni nasali. Anche queste sono cavità che, dopo un raffreddore o altre irritazioni, potrebbero presentarsi come bolle gassose isolate e darci dei problemi con l’aumento di pressione. Ma il massimo che possono causare, oltre ad un po’ di fastidio, è quello di farci uscire un po’ di muco dal naso. Non sarà una cosa bella da vedere dentro una maschera ma sott’acqua -per fortuna! – non valgono le regole di un pranzo in società. Continua
Trucchi e segreti della compensazione (parte 1)
L'ok dei sub. Significa che tutto sta andando bene
Scritto per LiguriaNautica - Chi ha avuto il piacere di insegnare in un corso subacqueo di primo livello conosce bene quelle smorfie di perplessità e di preoccupazione che si dipingono nei volti degli allievi quando comincia ad introdurre l’argomento “compensazione“. Personalmente, non sono mai riuscito a concludera una spiegazione della Valsalva senza che tutti i miei primi gradi fosserò già là, a tenersi il naso con le dita, soffiando come se dovessero spegnere un incendio: “Boh? Si saranno aperte o no queste tube d’Eustachio?” Continua
Immergersi tra Varazze e Arezzano: la guida di Liguria Nautica
Un parcheggio in fondo al mare!
Scritto per LiguriaNautica - La costa ligure presenta parecchi punti di immersione particolarmente interessanti per chi cerca la spettacolarità nei fondali ma anche per chi ama i relitti e l’archeologia sommersa. Vediamo in questo articolo, procedendo lungo la costa da ovest verso est, le migliori “pinneggiate” subacquee tra Varazze e Arenzano, località servite da ottimi diving che facilitano l’attività subacquea e garantiscono elevati standard di sicurezza a chi ci si affida. Continua
Il tesoro della Nuestra Señora
Il cacciatore di tesori Mel Fischer mostra alcune collane d'oro trovate nel galeone spagnolo
Scritto per LiguriaNautica - Lei era la nave più bella di tutta la flotta spagnola. Lui un allevatore di polli dell’Indiana con una sola grande passione: la ricerca di tesori perduti. E poi c’è il destino che aveva dato loro un appuntamento. Lei si chiamava Nuestra Señora de Atocha ed era ricca, ricchissima. Veleggiava verso i porti di Spagna con le stive cariche di oro, argento, preziosi smeraldi. Lui, Mel Fischer, era un uomo testardo. Tanto testardo da vendere la fattoria, diventare subacqueo e immergersi alla ricerca di lei per più di 16 anni e mezzo di fila. E ogni volta, prima di infilarsi l’erogatore in bocca e tuffarsi nell’immenso mare blu della Florida, ripeteva alla moglie, ai figli e agli amici che lo prendevano per matto: “Oggi sarà il gran giorno!”
E il gran giorno arrivò. Era il 20 luglio dell’85. Una sabato. In futuro, quando racconterà la sua avventura ai giornalisti di mezzo mondo, Mel Fischer non riuscirà mai a trovare le parole sufficienti a descrivere l’emozione infinita che gli fece sobbalzare il cuore quando riconobbe il relitto della Nuestra Señora, adagiato sul fondale che lo stava aspettando. Continua
L’avventuroso ritrovamento della torpediniera Andromeda. Una memorabile impresa dei subacquei della Iandt (seconda parte)
Scritto per LiguriaNautica - Come sempre accade in queste situazioni, i pescatori si rivelano un’importante fonte di informazione. Cesare Balzi, annota nel suo Gps molti punti interessanti dove vale la pena fare una immersione. Lo aiuta anche una nave oceanografica che gli concede l’opportunità di visionare i tracciati del suo side scan sonar che rileva il relitto di una nave spezzata in due tronconi adagiato a 53 metri proprio in uno di questi punti. Balzi non trascura le ricerche d’archivio e si reca a Roma, all’Ufficio Storico della Marina Militare, dove recupera molto materiale interessante, tra cui il teledispaccio del Comando di Valona che comunicava alla Regia Marina l’affondamento della torpediniera. Continua
L'avventuroso ritrovamento della torpediniera Andromeda. Una memorabile impresa dei subacquei della Iandt (prima parte)
Scritto per LiguriaNautica - Nel dicembre dello scorso anno, la notizia di un eccezionale ritrovamento subacqueo rimbalzò dal mondo dei “relittari” a quello degli studiosi della storia della navigazione e della seconda guerra mondiale. Un’equipe di subacquei affiliati alla Iantd, l’International Association Nitrox & Technical Divers, aveva scoperto nelle acque antistanti il porto di Valona, in Albania, i resti sommersi della torpediniera Andromeda.
La spedizione era guidata da Cesare Balzi, sicuramente uno dei più esperti cacciatori di relitti del nostro Paese, cui va anche il merito del riconoscimento del relitto della nave militare italiana, silurata dagli inglesi durante il secondo conflitto mondiale.
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Tutti i tesori del relitto dell’Incredibile a Venezia. Tra realtà, gioco e finzione
Un sub recupera Topolino Opera di Damien Hirst
Scritto per LiguriaNautica - Narrano le cronache che l’immensa nave, che mai uguale aveva solcato il Mediterraneo, veleggiasse verso la ricca città di Asit Mayor, colma di tali tesori da suscitare la cieca invidia degli dei.
Cif Amotan, il liberto originario di Antiochia, l’uomo più ricco del suo tempo, aveva chiamato il suo vascello Apistos, che nella lingua dell’epoca significava “Incredibile”. Quindi lo aveva riempito all’inverosimile di gioielli, monete, sculture in marmo, onice, malachite, argento, oro e tanti altri manufatti preziosi come lo scudo del Pelide Achille, nel cui orbe è inscritta la terra, il cielo, il mare e le costellazioni tutte. Tali erano i tesori che il liberto Cif Amotan aveva raccolto in tutta l’Asia Minore per impreziosire il tempio del dio del Sole, che lui stesso aveva fatto edificare nel cuore della superba Asit, la maggiore. Continua
Ecco le foto vincitrici del premio Città di Venezia di fotografia subacquea promosso da Abissi
Scritto per LiguriaNautica - Immagini che tolgono il fiato. Vien solo da domandarsi come ha fatto la giuria a scegliere le più belle. La decima edizione del premio Città di Venezia sul tema BioPhotography ha confermato l’altissimo livello di professionalità dei tanti partecipanti a questo concorso di fotografia subacquea che nei suoi dieci anni di vita si è via via imposto sul palcoscenico europeo come uno dei più prestigiosi del settore.
Ma non sprecherò altre parole per descrivere le stupefacenti foto selezionate come vincitrici nelle 12 categorie, rimandando il lettore alla galleria che troverà in fondo alla pagina. Continua
Immergersi tra la Gallinara e Spotorno: la guida di Liguria Nautica
Immersione negli abissi
Scritto per LiguriaNautica - A poco meno di un miglio al largo di Albenga sorge l’isolotto della Gallinara, famoso per ospitare una delle più grandi colonie di gabbiani reali del Mediterraneo e giustamente tutelato dai vincoli di riserva regionale con adiacente area marina protetta.
Sino a poco tempo fa, le immersioni attorno all’isolotto erano vietate non tanto per ragioni di tutela naturalistica, quanto per la pericolosa presenza di ordigni bellici delle seconda Guerra Mondiale affondati ed inesplosi. Oggi l’area è stata bonificata, grazie all’opera degli archeologi subacquei che vi hanno rinvenuto molti manufatti risalenti ai commerci del V secolo tra le coste liguri e quelle francesi e anche svariate anfore della Roma repubblicana. Chi è interessato all’archeologia, non dimentichi di visitare il museo navale di Albenga dove sono conservati questi preziosi ritrovamenti che tanto sanno raccontarci della nostra storia. Continua
Immersioni: come diventare cacciatori di relitti (parte 3)
Una nave da trasporto sommersa nel mar Rosso
Scritto per LiguriaNautica - Eccoci alla terza e ultima puntata di questa nostra breve guida su come si scoprono i relitti sommersi. Abbiamo visto come cercare informazioni, chiedendo ai pescatori o consultando le biblioteche. E, a proposito di biblioteche, non trascurate gli archivi della marina militare. Le grandi città di mare hanno sempre una scuola navale, un museo storico gestito dalla marina o comunque un ammiragliato con archivi ricchi di materiali ed informazioni. Non è sempre facile accedervi. La trafila burocratica varia da luogo a luogo. Meglio non presentarvi come “aspiranti cacciatori di relitti subacquei” ma qualificarsi come “appassionati studiosi di storia e tradizioni militari e marine” e spiegare che state compiendo una ricerca per un libro o qualche altra pubblicazione. Cosa che, per certi versi, potrebbe anche essere vera! Continua
La Trombonave pronta a salpare dal porto di Venezia
In partenza da Venezia la crociera dell'amore. Proprio come nei famosi telefilm degli anni '70
Scritto per LiguriaNautica - Tutti la chiamano la Trombonave, ma il vero nome di questo transatlantico del sesso è Azamara Quest. Una nave da crociera in grado di ospitare 690 turisti alla ricerca di emozioni piccanti. L’Azamara salperà da Venezia il 26 settembre per offrire ai suoi ospiti la “Desire Cruise”, la crociera del desiderio. Le tappe saranno Ravenna, Spalato, Dubrovnik, Zara, Capodistria, per rientrare in laguna il 3 ottobre. Ma, diciamolo subito, non sono le bellezze della Città dei Dogi, dei porti d’Istria o dei mari croati ad attirare i clienti della Trombonave. Continua
Immersioni: come diventare cacciatori di relitti (parte 2)
Davanti alla spiaggia di Pomonte, all'isola d'Elba, si trova il relitto di una nave da carico
Scritto per LiguriaNautica - Siamo arrivati alla biblioteca dunque. Luogo che, al pari dei fondali del mare, è l’ambiente più consono ad un cacciatore di relitti che si rispetti. Solitamente, questo non è solo il punto di partenza della nostra caccia ma anche quello di ritorno perché, una volta visitato il relitto, vorremmo sapere più notizie possibili sulla nave sommersa, sul suo carico, sulle sue vicende marine e sulle cause del naufragio. Continua
Immersioni: come diventare cacciatori di relitti (parte 1)
Il relitto della nave Thistlegorm Mar Rosso
Scritto per LiguriaNautica - Forse accade anche voi, proprio come accade a me: per quanto ci riflettiate sù, non riuscire a darvi una spiegazione del fascino che i relitti sommersi esercitano su di voi. Misteriosi testimoni di una tragedia come l’affondamento, l’abbraccio mortale del mare ha regalato loro una nuova vita trascinandoli giù, giù nelle profondità degli abissi marini sino a raggiungere una nuova dimensione d’esistenza. Adagiati nei punti più inaccessibili del mare, cristallizzati in uno scorrere di tempo più lento del nostro nel decadimento, i relitti continuano a raccontare le loro impalpabili storie ai subacquei che le vogliono ascoltare. Continua
Abissi lancia la decima edizione del premio Città di Venezia di fotografia subacquea
Scritto per LiguriaNautica - Gli appassionati di fotografia subacquea hanno tempo sino a mercoledì 20 settembre per partecipare al prestigioso concorso internazionale Città di Venezia, proposto dall’associazione culturale Abissi Underwater Photo Venice.
Il premio è arrivato alla sua decima edizione raccogliendo di anno in anno sempre maggiori successi di pubblico e di critica. Continua
Il relitto dell'Equa
Un sub si immerge nel cacciasommergibile affondato Equa
Scritto per LiguriaNautica - Strano destino, quello dell’Equa. Costruita per diventare una nave da trasporto merci, durante il secondo conflitto mondiale fu armata con cannoni e mitragliatrici e trasformata in fretta a furia in una motovedetta con funzioni antisommergibile. Ma il tragico 10 giugno del 1944 la nave, che stava uscendo dal porto di La Spezia per pattugliare il Mar Ligure, fu scambiata per un’unità nemica da un sommergibile dell’Asse che la speronò e la affondò senza pietà. Da allora l’Equa giace sul fondale, in perfetto assetto di navigazione, a due miglia marine da Riomaggiore con il cannone ancora minacciosamente puntato verso prua, in perenne attesa di un improbabile nemico. Continua
I migliori siti di immersione tra Sanremo a Ventimiglia
Fauna del relitto Cycnus
Scritto per LiguriaNautica - Secche, pareti, scogli e anche relitti. Il tratto di mare che va da Imperia ai confini con la Francia è un vero e proprio campionario completo di immersione e presenta alcuni dei siti più spettacolari nei quali mi sia mai tuffato. La visibilità, come sempre in Liguria, va dal “buono” all’ “ottimo”. Le profondità sono tante e adatte ad ogni livello di esperienza. Unico neo, in questa costa, sono le correnti che montano impetuose e repentine seguendo le condizioni del meteo e delle maree. In questo caso, non rimane che affidarsi all’esperienza e alla professionalità dei gestori del diving cui ci siamo rivolti. Continua
Una esperienza irrinunciabile per un subacqueo: l'immersione notturna
Immersione di notte
Scritto per LiguriaNautica - “La notte è magnifica per ascoltare storie”, scriveva Antonio Tabucchi. E quali storie sono così magnifiche come quelle che ci racconta il mare? Immergendovi quando il sole è tramontato scoprirete che il buio non esiste e che il mare non dorme mai. La maggior parte dei pesci e delle altre specie animali che troviamo sott’acqua si risvegliano proprio durante le ore notturne per cacciare o per uscire dalla tana in cerca di nutrimento. Per questo l’immersione notturna è una esperienza a cui un subacqueo non dovrebbe mai rinunciare. Continua
Dieci immersioni per tutti - parte seconda
Il Cristo degli Abissi
Scritto per LiguriaNautica - Continuiamo il nostro elenco dei migliori siti di immersione per neo brevettati.
Miramare (Trieste)
L’oasi marina di Miramare è gestita dal Wwf. Prima di infilare la muta, non perdetevi il museo dedicato alle specie ittiche dell’alto adriatico che poi ritroverete nell’immersione. Si entra in acqua dalla riva e si pinneggia fino a raggiungere il costone, proprio sotto l’imponente castello di Miramare, dove si comincia l’immersione. La profondità non supera mai gli otto metri. Di conseguenza, ci si può godere immersione senza stare troppo a pensare ai consumi d’aria o ai tempi di permanenza. Sotto, trovate un completo campionario di fauna adriatica. La visibilità è quasi sempre buona e non ho mai trovato forti correnti. Quasi tutti i subacquei del Veneto e del Friuli hanno fatto la loro prima notturna in questo splendido specchio d’acqua illuminato dalla luna che si riflette sui bastioni della fortezza regalandoci ricordi indimenticabili. Continua
10 immersioni per tutti (pt 1)
Le antiche statue romane sommerse del parco archeologico di Baia - Foto Bacoli
Scritto per LiguriaNautica - Il corso è finito e il vostro istruttore vi ha appena consegnato il brevetto di primo grado, o open water diver, che vi consente di immergervi sino a 18 metri di profondità. Le esperienze in mare che avete fatto durante la scuola sub a seguito del vostro club vi hanno entusiasmato e adesso non vedete l’ora di tornare in acqua per innamorarvi definitivamente della subacquea. Continua
Come acquistare la maschera giusta
Immersione negli abissi
Scritto per LiguriaNautica - Tempo fa mi è capitato di accompagnare una allieva del mio corso di primo grado in una grande rivendita di attrezzature subacquee per aiutarla a scegliere una maschera. C’è voluto un pomeriggio di prove e tanta pazienza da parte del negoziante per capire che il suo criterio di scelta era… il colore! Colore che doveva necessariamente stare in tinta con la sua nuova muta e le nuove pinne.
Non ritengo quindi affatto scontato dare qualche consiglio più serio su come dobbiamo scegliere la nostra prima maschera per le immersioni. Una maschera non adatta al nostro viso, infatti, rischierà di allagarsi continuamente rovinandoci l’avventura subacquea. Continua
Le secca dell'Isuela
La secca dell'Isuela, tra le più belle immersioni del Mediterraneo
Scritto per LiguriaNautica - Nelle classifiche delle dieci immersioni più belle del Mediterraneo che le riviste specializzate in subacquea puntualmente compilano ogni estate, a contendersi il primo posto, compare immancabilmente la secca dell’Isuela. Una posizione d’alta classifica senz’altro meritata per la spettacolarità del paesaggio che si apre davanti agli occhi del subacqueo che ha la fortuna di immergersi in quel paradiso di coloratissime spugne, coralli rossi e neri, madrepore gialle e gorgonie scarlatte.
La secca dell’Isuela si trova al largo di Punta Chiappa, all’interno dell’Area Marina Protetta di Portofino, in una zona classifica come “B”, ovvero riserva generale. Il che significa che è consentito immergersi con la supervisione di un diving autorizzato. Continua