Alla deriva nel Mar Glaciale Artico. L’avventurosa missione della nave rompighiaccio Polarstern
26/11/2019 Archiviato in: LiguriaNautica
Una nave carica di scienziati sta cercando di raggiungere il Polo Nord per studiare i cambiamenti climatici
La rompighiaccio Polarstern
Una nave carica di scienziati intrappolata per un anno nei ghiacci dell’Artide. Sembra la trama di un romanzo di Jules Verne ed invece è una avventura vera. E’ l’avventura che si prepara ad affrontare la Polarstern: una nave rompighiaccio di 118 metri di lunghezza, varata nel 1982 e battente bandiera tedesca, che nel momento in cui scriviamo sta andando alla deriva al di sopra dell’85esimo parallelo nord, lasciandosi trascinare dalle impetuose correnti oceaniche verso l’Artico.
Nessun guasto ai motori. Si tratta di una missione scientifica volta a studiare e a documentare gli effetti dei cambiamenti climatici nei non più “eterni” – come venivano definiti una volta – ghiacci del Polo Nord. La Polarstern non è una semplice nave, ma una sorta di “cittadella della scienza”, come l’hanno definita gli amici di Focus, incaricata di portare a termine la missione Mosaic. Acronimo che sta per “Multidisciplinary drifting Observatory for the Study of Arctic Climate”.
“L’Artico si trova nell’epicentro del riscaldamento globale. Eppure quello che accade a quelle latitudini estreme, soprattutto in inverno, ci è ancora del tutto ignoto. Lo scopo della nostra missione è proprio quello di fare luce sui profondi e veloci cambiamenti che si stanno verificando in questi mari e che avranno una profonda ripercussione su tutta la terra”. Così la biologa marina Antje Boetius ha sintetizzato, in una intervista al Corriere della Sera, lo scopo della missione Mosaic.
Antje Boetius è la direttrice del celebre Awi, l’istituto per la ricerca marina e polare dedicato al grande geologo Alfred Wegener, l’ideatore della teoria della deriva dei continenti. L’Istituto Wegener è l’armatore della Polarstern e il promotore di questa missione scientifica che coinvolgerà oltre 600 scienziate e scienziati, tra cui anche due fisiche italiane, appartenenti ad enti di ricerca e università di tutto il mondo. Perché nulla è così globale come i cambiamenti climatici.
Due scienziati effettuano dei rilevamenti davanti alla rompighiaccio Polarstern incastrata nel pack
La rompighiaccio Polarstern è salpata dal porto di Tromsø, in Norvegia, che, sin dai tempi di Roald Amundsen, è la tradizionale porta delle spedizioni dirette al Polo Nord. Gli scienziati hanno scelto un venerdì, quello dello scorso 20 settembre, come data di partenza per rimarcare la loro vicinanza allo sciopero globale per il clima indetto da Fridays for Future, che ha mobilitato le ragazze ed i ragazzi di tutto il pianeta.
La nave, ma forse sarebbe meglio scrivere il “laboratorio galleggiante”, si farà trasportare dalle correnti artiche sino ai mari della Siberia, per poi lasciarsi incastrare dalle fredde tenaglie del pack. Qui, nel buio della notte polare, con temperature prossime ai 45 gradi sotto zero, fisici, climatologi, glaciologi e biologi marini raccoglieranno campioni di ghiaccio e di microfauna ed effettueranno le misurazioni e gli esperimenti programmati per tutta la durata del lungo inverno artico.
Non saranno soli, naturalmente. La spedizione sarà supportata da tre aerei e da quattro rompighiaccio che faranno la spola tra la Polarscan e le basi di sostegno localizzate nelle isole Svalbard e in Groenlandia. Tutti i ricercatori coinvolti in Mosaic si daranno il cambio. Soltanto il capo missione, il tedesco Markus Rex, rimarrà sulla nave per tutta la durata delle missione: un anno esatto. “Resteremo tutto il tempo sopra l’80° parallelo – racconta – spingendoci fino a 200 chilometri dal Polo magnetico. Nessuno, oltre a Fridtjof Nansen, è mai riuscito a spingersi così a nord in pieno inverno”.
Un precedente coraggioso ma poco fortunato, quello ricordato da Rex. Tra il 1893 e il 1896, l’esploratore norvegese Fridtjof Nansen tentò infatti di raggiungere il Polo Nord lasciandosi trasportare dalle correnti, proprio come sta facendo oggi la Polarstern, ma le impossibili condizioni metereologiche lo costrinsero a rinunciare ed a mettersi fortunosamente in salvo grazie ad una slitta trainata da dei cani. Storie dell’altro secolo. Oggi molte cose sono cambiate e la Polarstern ha tutte le carte in regola per riuscire nell’impresa e laurearsi come la nave che è riuscita ad avvicinarsi di più al Polo Nord in inverno.
“Sono cambiate tante cose dai tempi di Nansen, certo – conclude amaramente Markus Rex – ma non solo nella tecnologia. Possiamo dire con certezza che noi troveremo molto meno ghiaccio di quanto ne trovò l’esploratore norvegese, purtroppo. Ed anche temperature molto più alte“. Non è una buona notizia. Come dicono le ragazze ed i ragazzi di Fridays For Future: “Qualcuno nel nostro pianeta ha lasciato la porta del frigorifero aperta”. Speriamo solo di riuscire a chiuderla prima che sia troppo tardi.
La rompighiaccio Polarstern
Una nave carica di scienziati intrappolata per un anno nei ghiacci dell’Artide. Sembra la trama di un romanzo di Jules Verne ed invece è una avventura vera. E’ l’avventura che si prepara ad affrontare la Polarstern: una nave rompighiaccio di 118 metri di lunghezza, varata nel 1982 e battente bandiera tedesca, che nel momento in cui scriviamo sta andando alla deriva al di sopra dell’85esimo parallelo nord, lasciandosi trascinare dalle impetuose correnti oceaniche verso l’Artico.
Nessun guasto ai motori. Si tratta di una missione scientifica volta a studiare e a documentare gli effetti dei cambiamenti climatici nei non più “eterni” – come venivano definiti una volta – ghiacci del Polo Nord. La Polarstern non è una semplice nave, ma una sorta di “cittadella della scienza”, come l’hanno definita gli amici di Focus, incaricata di portare a termine la missione Mosaic. Acronimo che sta per “Multidisciplinary drifting Observatory for the Study of Arctic Climate”.
“L’Artico si trova nell’epicentro del riscaldamento globale. Eppure quello che accade a quelle latitudini estreme, soprattutto in inverno, ci è ancora del tutto ignoto. Lo scopo della nostra missione è proprio quello di fare luce sui profondi e veloci cambiamenti che si stanno verificando in questi mari e che avranno una profonda ripercussione su tutta la terra”. Così la biologa marina Antje Boetius ha sintetizzato, in una intervista al Corriere della Sera, lo scopo della missione Mosaic.
Antje Boetius è la direttrice del celebre Awi, l’istituto per la ricerca marina e polare dedicato al grande geologo Alfred Wegener, l’ideatore della teoria della deriva dei continenti. L’Istituto Wegener è l’armatore della Polarstern e il promotore di questa missione scientifica che coinvolgerà oltre 600 scienziate e scienziati, tra cui anche due fisiche italiane, appartenenti ad enti di ricerca e università di tutto il mondo. Perché nulla è così globale come i cambiamenti climatici.
Due scienziati effettuano dei rilevamenti davanti alla rompighiaccio Polarstern incastrata nel pack
La rompighiaccio Polarstern è salpata dal porto di Tromsø, in Norvegia, che, sin dai tempi di Roald Amundsen, è la tradizionale porta delle spedizioni dirette al Polo Nord. Gli scienziati hanno scelto un venerdì, quello dello scorso 20 settembre, come data di partenza per rimarcare la loro vicinanza allo sciopero globale per il clima indetto da Fridays for Future, che ha mobilitato le ragazze ed i ragazzi di tutto il pianeta.
La nave, ma forse sarebbe meglio scrivere il “laboratorio galleggiante”, si farà trasportare dalle correnti artiche sino ai mari della Siberia, per poi lasciarsi incastrare dalle fredde tenaglie del pack. Qui, nel buio della notte polare, con temperature prossime ai 45 gradi sotto zero, fisici, climatologi, glaciologi e biologi marini raccoglieranno campioni di ghiaccio e di microfauna ed effettueranno le misurazioni e gli esperimenti programmati per tutta la durata del lungo inverno artico.
Non saranno soli, naturalmente. La spedizione sarà supportata da tre aerei e da quattro rompighiaccio che faranno la spola tra la Polarscan e le basi di sostegno localizzate nelle isole Svalbard e in Groenlandia. Tutti i ricercatori coinvolti in Mosaic si daranno il cambio. Soltanto il capo missione, il tedesco Markus Rex, rimarrà sulla nave per tutta la durata delle missione: un anno esatto. “Resteremo tutto il tempo sopra l’80° parallelo – racconta – spingendoci fino a 200 chilometri dal Polo magnetico. Nessuno, oltre a Fridtjof Nansen, è mai riuscito a spingersi così a nord in pieno inverno”.
Un precedente coraggioso ma poco fortunato, quello ricordato da Rex. Tra il 1893 e il 1896, l’esploratore norvegese Fridtjof Nansen tentò infatti di raggiungere il Polo Nord lasciandosi trasportare dalle correnti, proprio come sta facendo oggi la Polarstern, ma le impossibili condizioni metereologiche lo costrinsero a rinunciare ed a mettersi fortunosamente in salvo grazie ad una slitta trainata da dei cani. Storie dell’altro secolo. Oggi molte cose sono cambiate e la Polarstern ha tutte le carte in regola per riuscire nell’impresa e laurearsi come la nave che è riuscita ad avvicinarsi di più al Polo Nord in inverno.
“Sono cambiate tante cose dai tempi di Nansen, certo – conclude amaramente Markus Rex – ma non solo nella tecnologia. Possiamo dire con certezza che noi troveremo molto meno ghiaccio di quanto ne trovò l’esploratore norvegese, purtroppo. Ed anche temperature molto più alte“. Non è una buona notizia. Come dicono le ragazze ed i ragazzi di Fridays For Future: “Qualcuno nel nostro pianeta ha lasciato la porta del frigorifero aperta”. Speriamo solo di riuscire a chiuderla prima che sia troppo tardi.