March 2019
Missione “Re d’Italia” e “Palestro”: l’immersione nei relitti e la leggenda della cassaforte piena d’oro
30/03/2019 Archiviato in: LiguriaNautica
Oltre un secolo a mezzo dopo la battaglia di Lissa, Davide Ciampalini e il suo team Wse riescono a penetrare ad una profondità di 115 metri nelle stive delle corazzate italiane affondate dalla marina asburgica
Un subacqueo della Wse ispeziona lo scafo della corazzata Re d'Italia
Il sogno si avvera lunedì 28 maggio 2018. La spedizione World Submarine Exploration è pronta per scendere sino a 115 metri, dove giace il relitto della corazzata italiana. “Dopo gli ultimi controlli alle attrezzature e dopo aver caricato la barca, ci mettemmo in navigazione verso il Re d’Italia”, racconta Davide Ciampalini.
“Il mare era calmo, il tempo buono e il morale alto, anche la trepidazione era elevata, il sogno che stavo aspettando da più di 2 anni si stava per realizzare. Allo stesso tempo -ricorda Davide- cresceva anche la paura che all’ultimo momento qualcosa potesse andare storto, mille pensieri mi passavano per la testa. Dopo circa un oretta di navigazione arrivammo sul punto. Eccoci, ci siamo, questo è lo specchio di mare dove si svolse la battaglia di Lissa e qui sotto a 115 metri di profondità giace da 152 anni la Corazzata Re d’Italia”.
“Era arrivato il momento di fare sul serio -prosegue Ciampalini- ora dovevamo pedagnare il relitto. Alessio e Rolando si misero a prua con il pedagno pilota pronto ad essere lanciato, Veljano al timone ed io insieme a lui controllavamo lo scandaglio. Dopo qualche passaggio per trovare la posizione esatta del relitto, gridiamo ‘Vai! Vai! Butta!’, Ale e Rol gettano così il primo pedagno. Quello più grande, che ci servirà per la discesa, lo gettammo subito dopo, non appena ci fummo sincerati che il primo pedaggio era finito nel posto giusto”.
“Abbiamo indossato le nostre mute in silenzio -spiega Davide- con la massima calma. Eravamo entrati in modalità ‘diver’ e la concentrazione era al massima. È difficile spiegare cosa passasse per la testa di ognuno di noi in quel momento, l’emozione era indescrivibile. In acqua tutti intorno al pedagno, facemmo gli ultimi controlli, ci scambiammo gli ‘ok’ di rito e iniziammo a scendere verso il fondo. Il cuore mi batteva all’impazzata, mi accorsi subito che i miei amici durante la discesa lasciarono a me l’onore di arrivare per primo sul relitto”. Continua
Un subacqueo della Wse ispeziona lo scafo della corazzata Re d'Italia
Il sogno si avvera lunedì 28 maggio 2018. La spedizione World Submarine Exploration è pronta per scendere sino a 115 metri, dove giace il relitto della corazzata italiana. “Dopo gli ultimi controlli alle attrezzature e dopo aver caricato la barca, ci mettemmo in navigazione verso il Re d’Italia”, racconta Davide Ciampalini.
“Il mare era calmo, il tempo buono e il morale alto, anche la trepidazione era elevata, il sogno che stavo aspettando da più di 2 anni si stava per realizzare. Allo stesso tempo -ricorda Davide- cresceva anche la paura che all’ultimo momento qualcosa potesse andare storto, mille pensieri mi passavano per la testa. Dopo circa un oretta di navigazione arrivammo sul punto. Eccoci, ci siamo, questo è lo specchio di mare dove si svolse la battaglia di Lissa e qui sotto a 115 metri di profondità giace da 152 anni la Corazzata Re d’Italia”.
“Era arrivato il momento di fare sul serio -prosegue Ciampalini- ora dovevamo pedagnare il relitto. Alessio e Rolando si misero a prua con il pedagno pilota pronto ad essere lanciato, Veljano al timone ed io insieme a lui controllavamo lo scandaglio. Dopo qualche passaggio per trovare la posizione esatta del relitto, gridiamo ‘Vai! Vai! Butta!’, Ale e Rol gettano così il primo pedagno. Quello più grande, che ci servirà per la discesa, lo gettammo subito dopo, non appena ci fummo sincerati che il primo pedaggio era finito nel posto giusto”.
“Abbiamo indossato le nostre mute in silenzio -spiega Davide- con la massima calma. Eravamo entrati in modalità ‘diver’ e la concentrazione era al massima. È difficile spiegare cosa passasse per la testa di ognuno di noi in quel momento, l’emozione era indescrivibile. In acqua tutti intorno al pedagno, facemmo gli ultimi controlli, ci scambiammo gli ‘ok’ di rito e iniziammo a scendere verso il fondo. Il cuore mi batteva all’impazzata, mi accorsi subito che i miei amici durante la discesa lasciarono a me l’onore di arrivare per primo sul relitto”. Continua
Missione “Re d’Italia” e “Palestro”: la tragica storia delle prime corazzate italiane
23/03/2019 Archiviato in: LiguriaNautica
Oltre un secolo a mezzo dopo la battaglia di Lissa, Davide Ciampalini e il suo team Wse sono riusciti a scendere ad una profondità di 115 metri ed a penetrare per primi nelle stive delle corazzate italiane affondate dalla marina asburgica durante la terza guerra di Indipendenza
Il team subacqueo che si è immerso nel Re d'Italia
Al lavoro burocratico e quello organizzativo, Davide Ciampalini affianca, come abbiamo detto nella prima parte dell’articolo, una fitta ricerca d’archivio per sapere tutto quello che si può sapere sulla nave. La fregata Re d’Italia insieme alla cannoniera Palestro e ad altre 10 corazzate, “facevano parete del progetto di rinnovamento e potenziamento della Regia Marina iniziato da Cavour ancor prima dell’unità d’Italia”, racconta Ciampalini.
Inizialmente la Marina italiana era composta dalla fusione della Marina sarda, borbonica, siciliana, toscana e pontificia e possedeva soltanto vascelli in legno. Per rafforzare la flotta furono commissionate 12 nuove corazzate, navi di nuova generazione per l’epoca. Queste avevano lo scafo in legno corazzato da piastre di ferro e disponevano sia di vele che di eliche, erano armate con cannoni in bordata e grossi speroni a prua sotto la linea di galleggiamento. Continua
Il team subacqueo che si è immerso nel Re d'Italia
Al lavoro burocratico e quello organizzativo, Davide Ciampalini affianca, come abbiamo detto nella prima parte dell’articolo, una fitta ricerca d’archivio per sapere tutto quello che si può sapere sulla nave. La fregata Re d’Italia insieme alla cannoniera Palestro e ad altre 10 corazzate, “facevano parete del progetto di rinnovamento e potenziamento della Regia Marina iniziato da Cavour ancor prima dell’unità d’Italia”, racconta Ciampalini.
Inizialmente la Marina italiana era composta dalla fusione della Marina sarda, borbonica, siciliana, toscana e pontificia e possedeva soltanto vascelli in legno. Per rafforzare la flotta furono commissionate 12 nuove corazzate, navi di nuova generazione per l’epoca. Queste avevano lo scafo in legno corazzato da piastre di ferro e disponevano sia di vele che di eliche, erano armate con cannoni in bordata e grossi speroni a prua sotto la linea di galleggiamento. Continua
Missione “Re d’Italia” e “Palestro”: come è nata l’avventura
16/03/2019 Archiviato in: LiguriaNautica
Oltre un secolo a mezzo dopo la battaglia di Lissa, Davide Ciampalini e il suo team Wse sono riusciti a scendere ad una profondità di 115 metri ed a penetrare per primi nelle stive delle corazzate italiane affondate dalla marina asburgica durante la terza guerra di Indipendenza
La squadra di Davide Ciampalini riemerge dopo essere penetrata nella corazzata Palestro
Non ha trovato l’oro, immergendosi ad oltre 100 metri di profondità, dentro le contorte lamiere del Re d’Italia. I lingotti d’oro che la leggenda racconta siano rinchiusi nella cassaforte del Re d’Italia, e che molto probabilmente – come spiegheremo più avanti – non sono mai esistiti non erano l’obiettivo di Davide Ciampalini, istruttore trimix Utr e team leader del World Submarine Exploration, nonché “relittaro” come pochi altri al mondo. Pinneggiando tra i resti di quella che era stata la prima, orgogliosa, corazzata della Marina Militare dei Savoia, il nostro esploratore subacqueo cercava qualcosa di incomparabilmente più prezioso: l’avventura.
Ho avuto il piacere di conoscerlo all’ultimo Eudi Show che si è da poco svolto a Bologna. Disponibile e sorridente, mi ha raccontato la sua immersione mozzafiato dentro la Re d’Italia e la Palestro, con la semplicità di chi dà per scontato che tutti siano in grado di immergersi con un treno di bombole attaccato al gav e che sorbirsi tre ore di decompressione attaccati ad una fune, in mezzo al blu, sia una cosa da farsi tutte le domeniche. Continua
La squadra di Davide Ciampalini riemerge dopo essere penetrata nella corazzata Palestro
Non ha trovato l’oro, immergendosi ad oltre 100 metri di profondità, dentro le contorte lamiere del Re d’Italia. I lingotti d’oro che la leggenda racconta siano rinchiusi nella cassaforte del Re d’Italia, e che molto probabilmente – come spiegheremo più avanti – non sono mai esistiti non erano l’obiettivo di Davide Ciampalini, istruttore trimix Utr e team leader del World Submarine Exploration, nonché “relittaro” come pochi altri al mondo. Pinneggiando tra i resti di quella che era stata la prima, orgogliosa, corazzata della Marina Militare dei Savoia, il nostro esploratore subacqueo cercava qualcosa di incomparabilmente più prezioso: l’avventura.
Ho avuto il piacere di conoscerlo all’ultimo Eudi Show che si è da poco svolto a Bologna. Disponibile e sorridente, mi ha raccontato la sua immersione mozzafiato dentro la Re d’Italia e la Palestro, con la semplicità di chi dà per scontato che tutti siano in grado di immergersi con un treno di bombole attaccato al gav e che sorbirsi tre ore di decompressione attaccati ad una fune, in mezzo al blu, sia una cosa da farsi tutte le domeniche. Continua
L’esperimento di Filadelfia: la nave che superò i confini dello spazio e del tempo
16/03/2019 Archiviato in: LiguriaNautica
Una leggenda racconta che il cacciatorpediniere Uss Eldridge scomparve improvvisamente dal porto di Filadelfia per materializzarsi a Norfolk con un lampo di luce verde
Una immagine del film The Philadelphia Experiment che racconta la leggenda delle sparizione del cacciatorpediniere Uss Eldridge
Il 28 ottobre 1943, alle ore 17,15 precise, il cacciatorpediniere della Marina statunitense Eldridge, ormeggiato al molo di Filadelfia, scomparve sotto un grande lampo di luce verde. Qualche minuto dopo, la nave da guerra ricomparve nelle acque antistanti la città di Norfolk, 500 chilometri più a nord. Quindi svanì un’altra volta nel nulla, per tornare a materializzarsi a Filadelfia, nello stesso identico punto in cui era sparita la prima volta.
La storia – vera – del cacciatorpediniere americano Tulsa, invisibile ai radar grazie alla tecnologia Stealth di cui abbiamo raccontato in questo articolo di Liguria Nautica, non poteva non riportarci a memoria la fantastica leggenda dell’Eldridge. La nave dove due scienziati del calibro di Albert Einstein e Nikola Tesla, avrebbero, in gran segreto, sperimentato la tecnica del teletrasporto.
Fantascienza? Anche. La leggenda del cacciatorpediniere che per qualche minuto avrebbe viaggiato nel tempo e nello spazio, era un boccone troppo appetitoso per gli appassionati del genere mystery ed è stata infatti ripresa da alcuni film hollywoodiani tra i quali il più famoso è stato “The Philadelphia experiment” del regista Stewart Raffill (1984), che ottenne un tal successo al botteghino che nove anni dopo uscì un sequel omonimo: “The Philadelphia experiment 2”. Continua
Una immagine del film The Philadelphia Experiment che racconta la leggenda delle sparizione del cacciatorpediniere Uss Eldridge
Il 28 ottobre 1943, alle ore 17,15 precise, il cacciatorpediniere della Marina statunitense Eldridge, ormeggiato al molo di Filadelfia, scomparve sotto un grande lampo di luce verde. Qualche minuto dopo, la nave da guerra ricomparve nelle acque antistanti la città di Norfolk, 500 chilometri più a nord. Quindi svanì un’altra volta nel nulla, per tornare a materializzarsi a Filadelfia, nello stesso identico punto in cui era sparita la prima volta.
La storia – vera – del cacciatorpediniere americano Tulsa, invisibile ai radar grazie alla tecnologia Stealth di cui abbiamo raccontato in questo articolo di Liguria Nautica, non poteva non riportarci a memoria la fantastica leggenda dell’Eldridge. La nave dove due scienziati del calibro di Albert Einstein e Nikola Tesla, avrebbero, in gran segreto, sperimentato la tecnica del teletrasporto.
Fantascienza? Anche. La leggenda del cacciatorpediniere che per qualche minuto avrebbe viaggiato nel tempo e nello spazio, era un boccone troppo appetitoso per gli appassionati del genere mystery ed è stata infatti ripresa da alcuni film hollywoodiani tra i quali il più famoso è stato “The Philadelphia experiment” del regista Stewart Raffill (1984), che ottenne un tal successo al botteghino che nove anni dopo uscì un sequel omonimo: “The Philadelphia experiment 2”. Continua
La Marina degli Stati Uniti vara la prima nave invisibile
03/03/2019 Archiviato in: LiguriaNautica
Dotata di tecnologia Stealth e di cannoni elettromagnetici, il cacciatorpediniere Tulsa è la nave più potente mai realizzato dall’uomo
L’incrociatore Lcs-16 Tulsa classe Zumwalt
“Difesa On Line”, testata giornalistica specializzata nel settore dell’industria bellica, le definisce come “le navi più potenti mai progettate dall’uomo”. E se lo dicono loro, c’è da crederci. Stiamo parlando della cosiddetta classe Zumwalt, cacciatorpedinieri di modernissima progettazione, il cui primo esemplare è stato varato il 28 ottobre del 2013. Ma l’ultima nata della famiglia – la quindicesima di una serie che prevedeva una trentina di navi – messa in acqua sabato 16 febbraio nei cantieri navali di Bath, nel Maine, ha qualcosa in più: è invisibile.
Fantascienza? No, ma ci siamo vicini! L’incrociatore Lcs-16, che ha preso il nome dalla città di Tulsa, nell’Oklahoma, è dotato di una tecnologia simile a quella degli aeroplani Stealth, volta a ridurre il calore, il rumore e le altre emissioni che rendono la nave percepibile dai sensori di rilevamento nemici. Se consideriamo che anche la stessa costruzione del cacciatorpediniere è disegnata lungo linee ”avveniristiche” appositamente studiate per mimetizzarlo nell’ambiente marino, si comprende come la nave risulti pressoché inindividuabile dai radar. Invisibile, insomma. Continua
L’incrociatore Lcs-16 Tulsa classe Zumwalt
“Difesa On Line”, testata giornalistica specializzata nel settore dell’industria bellica, le definisce come “le navi più potenti mai progettate dall’uomo”. E se lo dicono loro, c’è da crederci. Stiamo parlando della cosiddetta classe Zumwalt, cacciatorpedinieri di modernissima progettazione, il cui primo esemplare è stato varato il 28 ottobre del 2013. Ma l’ultima nata della famiglia – la quindicesima di una serie che prevedeva una trentina di navi – messa in acqua sabato 16 febbraio nei cantieri navali di Bath, nel Maine, ha qualcosa in più: è invisibile.
Fantascienza? No, ma ci siamo vicini! L’incrociatore Lcs-16, che ha preso il nome dalla città di Tulsa, nell’Oklahoma, è dotato di una tecnologia simile a quella degli aeroplani Stealth, volta a ridurre il calore, il rumore e le altre emissioni che rendono la nave percepibile dai sensori di rilevamento nemici. Se consideriamo che anche la stessa costruzione del cacciatorpediniere è disegnata lungo linee ”avveniristiche” appositamente studiate per mimetizzarlo nell’ambiente marino, si comprende come la nave risulti pressoché inindividuabile dai radar. Invisibile, insomma. Continua