L’esperimento di Filadelfia: la nave che superò i confini dello spazio e del tempo

Una leggenda racconta che il cacciatorpediniere Uss Eldridge scomparve improvvisamente dal porto di Filadelfia per materializzarsi a Norfolk con un lampo di luce verde

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Una immagine del film The Philadelphia Experiment che racconta la leggenda delle sparizione del cacciatorpediniere Uss Eldridge
Il 28 ottobre 1943, alle ore 17,15 precise, il cacciatorpediniere della Marina statunitense Eldridge, ormeggiato al molo di Filadelfia, scomparve sotto un grande lampo di luce verde. Qualche minuto dopo, la nave da guerra ricomparve nelle acque antistanti la città di Norfolk, 500 chilometri più a nord. Quindi svanì un’altra volta nel nulla, per tornare a materializzarsi a Filadelfia, nello stesso identico punto in cui era sparita la prima volta.
La storia – vera – del cacciatorpediniere americano Tulsa, invisibile ai radar grazie alla tecnologia Stealth di cui abbiamo raccontato in questo articolo di Liguria Nautica, non poteva non riportarci a memoria la fantastica leggenda dell’Eldridge. La nave dove due scienziati del calibro di Albert Einstein e Nikola Tesla, avrebbero, in gran segreto, sperimentato la tecnica del teletrasporto.
Fantascienza? Anche. La leggenda del cacciatorpediniere che per qualche minuto avrebbe viaggiato nel tempo e nello spazio, era un boccone troppo appetitoso per gli appassionati del genere mystery ed è stata infatti ripresa da alcuni film hollywoodiani tra i quali il più famoso è stato “The Philadelphia experiment” del regista Stewart Raffill (1984), che ottenne un tal successo al botteghino che nove anni dopo uscì un sequel omonimo: “The Philadelphia experiment 2”.
Senza contare libri molto noti tra gli appassionati come “Thin air” di George E. Simpson e Neal R. Burger, “Invisible horizons: true mysteries of the sea” di Vincent Gaddis o “Senza traccia” di Charles Berlitz, autore ben noto per il suo libro sul triangolo delle Bermude. Non manca neppure una vera valanga di fumetti tra i quali non possiamo non citare uno dei nostri personaggi preferiti, l’archeologo dell’impossible Martin Mystere, le cui avventure sono edite dalla Bonelli che riprende la storia in alcuni suoi albi come “Sulle tracce dell’invisibile”.
Ma cosa c’è di vero nella leggenda dell’Eldridge? Tutto comincia con uno strano personaggio, lui sì realmente esistito, di nome Morris K. Jessup. Uno strano miscuglio di scienziato senza nessun titolo di studio e ufologo convinto. Jessup trascorreva il suo tempo a osservare i dischi volanti per catalogare gli extraterrestri che c’erano dentro ed a litigare con la Nasa sostenendo su dei pamphlet autoprodotti che la propulsione a razzo non era adatta alla conquista dello spazio. Aveva formulato una serie di teorie basate sui campi elettromagnetici che, secondo lui, sarebbero stati molto più funzionali per lanciare le nostre astronavi alla conquista dello spazio. Teorie che gli stessi extraterrestri gli avrebbero suggerito.

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Una immagine d’epoca del cacciatorpediniere statunitense Eldridge in navigazione

Un bel giorno dell’anno 1955, il signor Jessup riceve una lettera firmata da un fantomatico Carlos Miguel Allende che racconta di essere un testimone oculare della sparizione del cacciatorpediniere Eldridge, in quanto, al momento dell’esperimento, era imbarcato come marinaio nella nave Furuseth che era ormeggiata al suo fianco.
Jessup e Allende – personaggio che non fu mai rintracciato e che spediva le sue lettere scrivendo come indirizzo del mittente una fattoria abbandonata abitata da fantasmi – si scambiarono nei mesi a venire un fitto carteggio e ad ogni lettera emergevano particolari sempre nuovi e sempre più inquietanti. La Marina Militare avrebbe sperimentato la pericolosa ed incontrollabile tecnica del teletrasporto, utilizzando enormi bobine, messe a punto da Tesla, come arma di difesa dai sottomarini nazisti (nel ’43 infatti eravamo nel bel mezzo della seconda guerra mondiale).
L’esperimento non andò a buon fine: la nave fu sì teletrasportata per 500 chilometri avanti e indietro ma molti membri dell’equipaggio si persero nel “continuum” dello spazio-tempo e non fecero più ritorno. La Marina decise così di sospendere la sperimentazione di questa pericolosa tecnica e sottopose ad ipnosi tutti i marinai sopravvissuti ed i testimoni dell’avvenimento per fargli dimenticare quanto successo.
La cosa davvero incredibile è che molte persone prestarono fede alle dichiarazioni che Allende, che in seguito spiegò di chiamarsi in realtà Carl M. Allen, faceva per bocca di Jessup. I giornalisti si misero a caccia dei marinai della Eldridge e della Furuseth. Si scoprì così che quest’ultima, il giorno dell’esperimento, navigava addirittura in un altro oceano ma la cosa non scalfì le solide certezze dei molti sostenitori del signor Jessup che spiegarono come tutto questo facesse parte di un complotto messo in atto dalla Marina Militare. Ma i giornalisti trovarono anche altri testimoni, pronti a giurare e spergiurare che era tutto vero.
Tra questi, il più famoso fu Alfred Bielek, che raccontò di essere uno dei marinai perduti nel salto dimensionale e di essere stato catapultato 6 settimane nell’anno 2137 e poi 2 anni nel 2749. Per spiegare come diavolo avesse fatto a tornare nel nostro presente, Bielek scomodò un altro genio della fisica, John Von Neumann, che sarebbe riuscito solo nel 1983 a spegnere le apparecchiature elettromagnetiche ancora funzionanti a bordo della nave.
Bielek divenne comunque una vera celebrità e i talk show se lo contendevano a colpi di migliaia di dollari. Lui non deludeva mai i suoi ascoltatori e ne sparava molte di più di quanto riusciremmo a scriverne in questo articolo. A chi gli faceva notare che nei suoi raconti c’era più di una incoerenza, rispondeva: “Beh… dopo tre salti nel tempo e nello spazio, è normale che i miei ricordi siano un pochino confusi, o no?”.