cambiamenti climatici
Col progetto “MedFever” i subacquei misurano la febbre del Mediterraneo
11/11/2021 Archiviato in: LiguriaNautica
L’associazione MedSharks ha sistemato una rete di termometri nei fondali marini per misurare e combattere i cambiamenti climatici
La rete di termometri marini del progetto MedFever
Il Mediterraneo ha la “febbre” e saranno i subacquei a misurargliela. Secondo le più recenti statistiche, infatti, negli ultimi vent’anni la temperatura del nostro mare, continuamente monitorata in superficie dai satelliti, è costantemente aumentata rispetto al trentennio precedente.
Nel luglio del 2019, per esempio, è stata registrata una temperatura di 1,9 gradi Celsius superiore alla media dello mese misurata nel triennio 1961-1990. Nell’agosto dello stesso anno, invece, la temperatura era superiore di 1,4 gradi. Dati preoccupanti e dalle imprevedibili conseguenze che ci dicono come stiamo perdendo la battaglia contro i cambianti climatici.
I nostri mari, con la loro capacità di fare da “camera di compensazione“, assorbendo all’incirca il 90% del calore in eccesso che si sviluppa sul pianeta, rappresentano infatti l’ultimo baluardo per contenere quell’aumento delle temperature mondiali che è già in atto.
La rete di termometri marini del progetto MedFever
Il Mediterraneo ha la “febbre” e saranno i subacquei a misurargliela. Secondo le più recenti statistiche, infatti, negli ultimi vent’anni la temperatura del nostro mare, continuamente monitorata in superficie dai satelliti, è costantemente aumentata rispetto al trentennio precedente.
Nel luglio del 2019, per esempio, è stata registrata una temperatura di 1,9 gradi Celsius superiore alla media dello mese misurata nel triennio 1961-1990. Nell’agosto dello stesso anno, invece, la temperatura era superiore di 1,4 gradi. Dati preoccupanti e dalle imprevedibili conseguenze che ci dicono come stiamo perdendo la battaglia contro i cambianti climatici.
I nostri mari, con la loro capacità di fare da “camera di compensazione“, assorbendo all’incirca il 90% del calore in eccesso che si sviluppa sul pianeta, rappresentano infatti l’ultimo baluardo per contenere quell’aumento delle temperature mondiali che è già in atto.
La rompighiaccio Polarstern torna dal suo avventuroso viaggio nel Mar Artico. E non porta buone notizie
11/09/2020 Archiviato in: LiguriaNautica
La nave laboratorio era partita da Tromsø più di un anno fa con una equipe di scienziati per studiare gli effetti dei cambiamenti climatici
La nave Polarstern naviga in un mare Artico senza ghiacci
L’avevamo lasciata mentre faceva rotta per i mari artici, col suo carico di scienziati, per studiare l’effetto dei cambiamenti climatici in una delle zone più delicate del pianeta. Era il 20 settembre del 2019 e la nave rompighiaccio Polarstern, battente bandiera tedesca, mollava gli ormeggi dal porto norvegese di Tromsø.
Qualche giorno fa, e precisamente lo scorso 12 ottobre, la nave-laboratorio ha concluso il suo lungo viaggio attraccando nel porto di Bremerhaven, in Germania. Un viaggio lungo 388 giorni seguendo le correnti del mare, da cui arriva nessuna buona notizia. “Il grande Oceano Artico è in agonia – ha spiegato lo scienziato Markus Rex, responsabile dell’equipe scientifica della spedizione – abbiamo navigato in mare aperto sino all’orizzonte, in zone che prima erano coperte dai ghiacci”. Continua
La nave Polarstern naviga in un mare Artico senza ghiacci
L’avevamo lasciata mentre faceva rotta per i mari artici, col suo carico di scienziati, per studiare l’effetto dei cambiamenti climatici in una delle zone più delicate del pianeta. Era il 20 settembre del 2019 e la nave rompighiaccio Polarstern, battente bandiera tedesca, mollava gli ormeggi dal porto norvegese di Tromsø.
Qualche giorno fa, e precisamente lo scorso 12 ottobre, la nave-laboratorio ha concluso il suo lungo viaggio attraccando nel porto di Bremerhaven, in Germania. Un viaggio lungo 388 giorni seguendo le correnti del mare, da cui arriva nessuna buona notizia. “Il grande Oceano Artico è in agonia – ha spiegato lo scienziato Markus Rex, responsabile dell’equipe scientifica della spedizione – abbiamo navigato in mare aperto sino all’orizzonte, in zone che prima erano coperte dai ghiacci”. Continua
Alla deriva nel Mar Glaciale Artico. L’avventurosa missione della nave rompighiaccio Polarstern
26/11/2019 Archiviato in: LiguriaNautica
Una nave carica di scienziati sta cercando di raggiungere il Polo Nord per studiare i cambiamenti climatici
La rompighiaccio Polarstern
Una nave carica di scienziati intrappolata per un anno nei ghiacci dell’Artide. Sembra la trama di un romanzo di Jules Verne ed invece è una avventura vera. E’ l’avventura che si prepara ad affrontare la Polarstern: una nave rompighiaccio di 118 metri di lunghezza, varata nel 1982 e battente bandiera tedesca, che nel momento in cui scriviamo sta andando alla deriva al di sopra dell’85esimo parallelo nord, lasciandosi trascinare dalle impetuose correnti oceaniche verso l’Artico.
Nessun guasto ai motori. Si tratta di una missione scientifica volta a studiare e a documentare gli effetti dei cambiamenti climatici nei non più “eterni” – come venivano definiti una volta – ghiacci del Polo Nord. La Polarstern non è una semplice nave, ma una sorta di “cittadella della scienza”, come l’hanno definita gli amici di Focus, incaricata di portare a termine la missione Mosaic. Acronimo che sta per “Multidisciplinary drifting Observatory for the Study of Arctic Climate”.
“L’Artico si trova nell’epicentro del riscaldamento globale. Eppure quello che accade a quelle latitudini estreme, soprattutto in inverno, ci è ancora del tutto ignoto. Lo scopo della nostra missione è proprio quello di fare luce sui profondi e veloci cambiamenti che si stanno verificando in questi mari e che avranno una profonda ripercussione su tutta la terra”. Così la biologa marina Antje Boetius ha sintetizzato, in una intervista al Corriere della Sera, lo scopo della missione Mosaic. Continua
La rompighiaccio Polarstern
Una nave carica di scienziati intrappolata per un anno nei ghiacci dell’Artide. Sembra la trama di un romanzo di Jules Verne ed invece è una avventura vera. E’ l’avventura che si prepara ad affrontare la Polarstern: una nave rompighiaccio di 118 metri di lunghezza, varata nel 1982 e battente bandiera tedesca, che nel momento in cui scriviamo sta andando alla deriva al di sopra dell’85esimo parallelo nord, lasciandosi trascinare dalle impetuose correnti oceaniche verso l’Artico.
Nessun guasto ai motori. Si tratta di una missione scientifica volta a studiare e a documentare gli effetti dei cambiamenti climatici nei non più “eterni” – come venivano definiti una volta – ghiacci del Polo Nord. La Polarstern non è una semplice nave, ma una sorta di “cittadella della scienza”, come l’hanno definita gli amici di Focus, incaricata di portare a termine la missione Mosaic. Acronimo che sta per “Multidisciplinary drifting Observatory for the Study of Arctic Climate”.
“L’Artico si trova nell’epicentro del riscaldamento globale. Eppure quello che accade a quelle latitudini estreme, soprattutto in inverno, ci è ancora del tutto ignoto. Lo scopo della nostra missione è proprio quello di fare luce sui profondi e veloci cambiamenti che si stanno verificando in questi mari e che avranno una profonda ripercussione su tutta la terra”. Così la biologa marina Antje Boetius ha sintetizzato, in una intervista al Corriere della Sera, lo scopo della missione Mosaic. Continua