Immersioni: come diventare cacciatori di relitti (parte 3)
06/10/2017 Archiviato in: LiguriaNautica
Vi piacerebbe scoprire un relitto sommerso? E' tutta questione di buona volontà! Ecco qualche utile consiglio per diventare dei veri e propri cacciatori di navi sommerse
Una nave da trasporto sommersa nel mar Rosso
Scritto per LiguriaNautica - Eccoci alla terza e ultima puntata di questa nostra breve guida su come si scoprono i relitti sommersi. Abbiamo visto come cercare informazioni, chiedendo ai pescatori o consultando le biblioteche. E, a proposito di biblioteche, non trascurate gli archivi della marina militare. Le grandi città di mare hanno sempre una scuola navale, un museo storico gestito dalla marina o comunque un ammiragliato con archivi ricchi di materiali ed informazioni. Non è sempre facile accedervi. La trafila burocratica varia da luogo a luogo. Meglio non presentarvi come “aspiranti cacciatori di relitti subacquei” ma qualificarsi come “appassionati studiosi di storia e tradizioni militari e marine” e spiegare che state compiendo una ricerca per un libro o qualche altra pubblicazione. Cosa che, per certi versi, potrebbe anche essere vera!
Gli archivi militari, posso assicuravelo per esperienza, non sono ordinati e facilmente consultabili come le biblioteche pubbliche. Meglio entrare in queste sale quando avete già una idea precisa su cosa cercare. Di solito, il “relittaro” le frequenta dopo aver trovato il relitto, per avere qualche informazione in più sulle vicende terrene – ma forse è meglio scrivere “marine” – della nave che ha scoperto.
Ma la parte più emozionante della ricerca è senza dubbio quella in mare. Abbiamo segnato sul nostro Gps il punto approssimato del naufragio oppure il nostro amico pescatore ci ha raccontato che in quella zona di mare c’è “qualcosa” che strappa le reti. E’ il momento di infilare le pinne e andare a vedere cosa c’è sotto. Come dite? Non ci sono sistemi più tecnologici? Certamente. Ci sono speciali Side-scan Sonar che scovano relitti anche sepolti sotto parecchi metri di terra del fondale, favolosi droni subacquei e anche satelliti specializzati per le ricerche in mare. Se avete questi mezzi a disposizione, questa guida non vi serve. Io, al massimo, uso un piccolo sonar per individuare qualche sospetta irregolarità del fondale. In qualche occasione ho adoperato anche un cercametalli stagno ma con scarso successo. Anche se lo strumento segnala qualche cosa, scavare sul fondo marino non è come scavare in terra.
Meglio muovere le pinne e far conto sulla buona volontà. Un consiglio che posso dare è quello di seguire un corso di archeologia subacquea. I club Fipsas ne organizzano periodicamente in tutte le città e sempre in collaborazione con la locale Soprintendenza. Oltre ad imparare o affinare le tecniche di ricerca subacquea ed a fornirvi nozioni di storia della navigazione indispensabili per una cacciatore di relitti, questi corsi rappresentano una formidabile occasione per entrare nel mondo dell’archeosub e conoscere altre gente con la vostra stessa passione per il mare e la storia navale. E magari anche trovare qualcuno con cui fare “squadra”. Anche i cercatori di relitti, ricordatevelo, non si immergono mai da soli!
In questi corsi, viene sempre insegnato come effettuare una ricerca in mare. Il sistema principale è quello di dividere, sulla carta nautica, l’area attorno al possibile punto di naufragio in quadrati, come a “battaglia navale” e di esplorarne uno alla volta.
Scesi sul fondale, si aggancia al gavitello o all’ancora un filo d’Arianna dove avrete fatto un nodo ad ogni metro e si comincia a girare in tondo, tenendolo teso. Una bussola vi dirà quando avrete compiuto un giro completo della boa. A questo punto, allungate il filo di qualche metro e ricominciate la danza. Quanti metri? Dipende dalla visibilità. Nella mia laguna due o tre metri al massimo, se va bene! Continuate così fino a coprire tutta l’area del quadrato segnato. L’area del quadrato deve essere fissata in proporzione alla profondità e ai tempi di permanenza in sicurezza di curva e di consumi d’aria.
E dopo la scoperta? Ricordatevi che il relitto non è vostro. La nave appartiene alla storia, al mare ed anche a tutti i subacquei e agli appassionati di narrazioni e di tradizioni marine come voi. La scoperta va subito segnalata alla Soprintendenza archeologica. Ricordate anche che non potete prendere nulla di quello che trovate e neppure spostarlo. Spetta ad un archeologo professionista visionare il sito e stabilire le procedure per la conservazione e la tutela del relitto.
A questo punto, non mi resta che augurarvi un “in bocca al lupo”. Il più delle volte non troverete nulla e razzolerete nel fango per tutta l’immersione. Così capiterà di pensare anche a voi che era meglio andare con gli altri amici del club ad immergersi in una “tegnua” piena di pesci che stare a perdere tempo con la squadra archeosub. E poi… poi sbatti con la maschera nella grande àncora di salvezza che il capitano del brigantino Hellmuth aveva gettato in mare nel vano tentativo di salvare la sua imbarcazione, trascinata sotto costa dal vento di bora e dal mare in tempesta. Segui col cuore in gola la catena arrugginita, liberandola dal fango del fondale, sino a che metti i guanti sul legno del brigantino sommerso. Allora capisci. La nave sommersa ti aveva dato un appuntamento in fondo al mare per regalarti una delle emozioni più intense della tua vita.
Una nave da trasporto sommersa nel mar Rosso
Scritto per LiguriaNautica - Eccoci alla terza e ultima puntata di questa nostra breve guida su come si scoprono i relitti sommersi. Abbiamo visto come cercare informazioni, chiedendo ai pescatori o consultando le biblioteche. E, a proposito di biblioteche, non trascurate gli archivi della marina militare. Le grandi città di mare hanno sempre una scuola navale, un museo storico gestito dalla marina o comunque un ammiragliato con archivi ricchi di materiali ed informazioni. Non è sempre facile accedervi. La trafila burocratica varia da luogo a luogo. Meglio non presentarvi come “aspiranti cacciatori di relitti subacquei” ma qualificarsi come “appassionati studiosi di storia e tradizioni militari e marine” e spiegare che state compiendo una ricerca per un libro o qualche altra pubblicazione. Cosa che, per certi versi, potrebbe anche essere vera!
Gli archivi militari, posso assicuravelo per esperienza, non sono ordinati e facilmente consultabili come le biblioteche pubbliche. Meglio entrare in queste sale quando avete già una idea precisa su cosa cercare. Di solito, il “relittaro” le frequenta dopo aver trovato il relitto, per avere qualche informazione in più sulle vicende terrene – ma forse è meglio scrivere “marine” – della nave che ha scoperto.
Ma la parte più emozionante della ricerca è senza dubbio quella in mare. Abbiamo segnato sul nostro Gps il punto approssimato del naufragio oppure il nostro amico pescatore ci ha raccontato che in quella zona di mare c’è “qualcosa” che strappa le reti. E’ il momento di infilare le pinne e andare a vedere cosa c’è sotto. Come dite? Non ci sono sistemi più tecnologici? Certamente. Ci sono speciali Side-scan Sonar che scovano relitti anche sepolti sotto parecchi metri di terra del fondale, favolosi droni subacquei e anche satelliti specializzati per le ricerche in mare. Se avete questi mezzi a disposizione, questa guida non vi serve. Io, al massimo, uso un piccolo sonar per individuare qualche sospetta irregolarità del fondale. In qualche occasione ho adoperato anche un cercametalli stagno ma con scarso successo. Anche se lo strumento segnala qualche cosa, scavare sul fondo marino non è come scavare in terra.
Meglio muovere le pinne e far conto sulla buona volontà. Un consiglio che posso dare è quello di seguire un corso di archeologia subacquea. I club Fipsas ne organizzano periodicamente in tutte le città e sempre in collaborazione con la locale Soprintendenza. Oltre ad imparare o affinare le tecniche di ricerca subacquea ed a fornirvi nozioni di storia della navigazione indispensabili per una cacciatore di relitti, questi corsi rappresentano una formidabile occasione per entrare nel mondo dell’archeosub e conoscere altre gente con la vostra stessa passione per il mare e la storia navale. E magari anche trovare qualcuno con cui fare “squadra”. Anche i cercatori di relitti, ricordatevelo, non si immergono mai da soli!
In questi corsi, viene sempre insegnato come effettuare una ricerca in mare. Il sistema principale è quello di dividere, sulla carta nautica, l’area attorno al possibile punto di naufragio in quadrati, come a “battaglia navale” e di esplorarne uno alla volta.
Scesi sul fondale, si aggancia al gavitello o all’ancora un filo d’Arianna dove avrete fatto un nodo ad ogni metro e si comincia a girare in tondo, tenendolo teso. Una bussola vi dirà quando avrete compiuto un giro completo della boa. A questo punto, allungate il filo di qualche metro e ricominciate la danza. Quanti metri? Dipende dalla visibilità. Nella mia laguna due o tre metri al massimo, se va bene! Continuate così fino a coprire tutta l’area del quadrato segnato. L’area del quadrato deve essere fissata in proporzione alla profondità e ai tempi di permanenza in sicurezza di curva e di consumi d’aria.
E dopo la scoperta? Ricordatevi che il relitto non è vostro. La nave appartiene alla storia, al mare ed anche a tutti i subacquei e agli appassionati di narrazioni e di tradizioni marine come voi. La scoperta va subito segnalata alla Soprintendenza archeologica. Ricordate anche che non potete prendere nulla di quello che trovate e neppure spostarlo. Spetta ad un archeologo professionista visionare il sito e stabilire le procedure per la conservazione e la tutela del relitto.
A questo punto, non mi resta che augurarvi un “in bocca al lupo”. Il più delle volte non troverete nulla e razzolerete nel fango per tutta l’immersione. Così capiterà di pensare anche a voi che era meglio andare con gli altri amici del club ad immergersi in una “tegnua” piena di pesci che stare a perdere tempo con la squadra archeosub. E poi… poi sbatti con la maschera nella grande àncora di salvezza che il capitano del brigantino Hellmuth aveva gettato in mare nel vano tentativo di salvare la sua imbarcazione, trascinata sotto costa dal vento di bora e dal mare in tempesta. Segui col cuore in gola la catena arrugginita, liberandola dal fango del fondale, sino a che metti i guanti sul legno del brigantino sommerso. Allora capisci. La nave sommersa ti aveva dato un appuntamento in fondo al mare per regalarti una delle emozioni più intense della tua vita.